La domenica della nonviolenza. 159



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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 159 del 13 aprile 2008

In questo numero:
Giuseppe Aragno ricorda Gaetano Arfe'

MEMORIA. GIUSEPPE ARAGNO RICORDA GAETANO ARFE'
[Ringraziamo di tutto cuore Maria Teresa Proto Pisani (per contatti:
mtpropi at iol.it) per averci gentilmente inviato questo commovente ricordo di
Gaetano Arfe' - dal titolo originale "Devo tornare al ciclostile" - tenuto
da Giuseppe Aragna il 17 gennaio scorso all'Universita' "Federico II" di
Napoli.
Giuseppe Aragno (Napoli, 1946), storico, saggista, docente, militante
sindacale, studioso del movimento operaio, collabora con la cattedra di
Storia contemporanea dell'Universita' degli Studi "Federico II" di Napoli;
ha pubblicato vari libri di ricerca storica e scrive su riviste
specializzate. Ha curato l'edizione degli Scritti di storia e politica di
gaetano Arfe'. Tra le opere di Giuseppe Aragno: Siete piccini perche' siete
in ginocchio. Il "Fascio dei lavoratori" prima sezione napoletana del Psi
(1893-1894), Bulzoni, Roma 1989; (con Gloria Chianese, Andrea De Santo,
Alexander Hobel), Fascismo e lavoro a Napoli. Sindacato corporativo e
antifascismo popolare, Ediesse, Roma 2006.
Gaetano Arfe', figura illustre della sinistra italiana, e' deceduto nel
2007. Dal sito della Fondazione Turati (www.pertini.it/turati) riprendiamo
alcune stralci della scheda a lui dedicata: "Gaetano Arfe' e' nato a Somma
Vesuviana (Napoli) il 12 novembre 1925. Si e' laureato in lettere e
filosofia all'Universita' di Napoli nel 1948. Si specializzo' in storia
presso l'Istituto italiano di studi storici presieduto da Benedetto Croce,
con cui entro' in contatto fin dal 1942. Nel 1944 si arruolo' in una
formazione partigiana di "Giustizia e Liberta'" in Valtellina. Nel 1945 si
iscrisse al Partito socialista e divenne funzionario degli Archivi di Stato
intorno al 1960. A Firenze era gia' entrato in contatto con Calamandrei,
Codignola e il gruppo de "Il Ponte" e aveva collaborato con Gaetano
Salvemini alla raccolta dei suoi scritti sulla questione meridionale. Nel
1965 ottenne la libera docenza in storia contemporanea e insegno' a Bari e a
Salerno. Nel 1973 divenne titolare della cattedra di storia dei partiti e
dei movimenti politici presso la facolta' di Scienze Politiche
dell'Universita' di Firenze. Nel 1959 venne nominato condirettore della
rivista "Mondo Operaio", carica che conservera' fino al 1971. Dal 1966 al
1976 fu direttore dell' "Avanti!". Dal 1957 al 1982 fu membro del comitato
centrale e della direzione del Psi. Nel 1972 venne eletto senatore... Nel
1976 venne eletto deputato... Nel 1979 venne eletto deputato al Parlamento
europeo... Nel 1985 lascio' il Psi, motivando la sua scelta nel volumetto La
questione socialista (1986). Nel 1987 venne eletto senatore per la sinistra
indipendente. Ha scritto numerosi libri e saggi, tra cui la Storia
dell'"Avanti!" (1958) e la Storia del socialismo italiano 1892-1926 (1965)".
Dalla Wikipedia, edizione italiana (http://it.wikipedia.org), riprendiamo
per stralci la seguente scheda: "Gaetano Arfe' (Somma Vesuviana, 12 novembre
1925 - Napoli, 13 settembre 2007) e' stato un politico, giornalista e
storico italiano. Nel 1942, subito dopo la licenza liceale, entra a far
parte di "Italia Libera", un gruppo clandestino di ispirazione azionista e
viene presentato a Benedetto Croce da Ettore Ceccoli, editore e libraio ex
comunista e amico del padre. All'universita' conosce Giorgio Napolitano e
prende a frequentare giovani antifascisti. La polizia pero' lo tiene
d'occhio e i genitori lo mandano da uno zio a Sondrio. Giunto nella citta'
lombarda ai primi del 1943, collabora con alcuni azionisti che aiutano
prigionieri di guerra, perseguitati politici ed ebrei a varcare il confine
svizzero. Arrestato e tornato libero dopo alcune settimane, svolge attivita'
di collegamento tra il Cln di Sondrio e Milano e i partigiani della
Valtellina ai quali si unisce nel 1944 militando in una formazione di
Giustizia e LIberta' fino alla Liberazione. Dopo la guerra, nel 1945 si
iscrive al partito socialista, nel quale rimarra' fino al 1985, e ricomincia
a studiare. Laureatosi in lettere e filosofia a Napoli nel 1948, si
specializza in storia presso l'Istituto Italiano per gli Studi Storici
presieduto da Benedetto Croce. Negli anni Cinquanta, mentre e' funzionario
presso l'Archivio di Stato di Napoli, partecipa ad una manifestazione per la
pace organizzata dalla "Gioventu' meridionale" con l'appoggio del Pci, e per
questo viene trasferito d'autorita' a Firenze, dove entra in contatto con la
rivista "Il Ponte" e con personalita' dell'antifascismo quali Romano
Bilenchi, direttore del "Nuovo Corriere", Delio Cantimori, Cesare Luporini,
Piero Calamandrei e Tristano Codignola. Collabora inoltre con Gaetano
Salvemini alla raccolta degli scritti sulla questione meridionale. Dal 1965
e' libero docente di Storia contemporanea nelle Universita' di Bari e
Salerno. Nel 1973 diviene titolare della cattedra di Storia dei partiti e
movimenti politici presso la facolta' di Scienze politiche dell'Universita'
degli Studi di Firenze. Dal 1959 al 1971 e' condirettore della rivista
socialista "Mondo Operaio", e dal 1966 diviene direttore del quotidiano
socialista "Avanti!", alla cui guida restera' per dieci anni. Proprio a
causa delle inchieste sulle "trame nere" pubblicate sul giornale da lui
diretto, Arfe' e' vittima di un attentato terroristico che il 2 aprile del
1975 devasta la sua abitazione con un ordigno esplosivo, provocando il
ferimento di tre persone. Nel Psi fa parte del comitato centrale e della
direzione del partito dal 1957 al 1982; nel 1972 e' eletto senatore nel
collegio di Parma, e ricopre il ruolo di vicepresidente della Commissione
istruzione e poi della Commissione esteri, ed e' relatore della legge sui
Provvedimenti urgenti per l'Universita'. Nel 1976 e' eletto deputato nel
collegio di Parma-Modena-Reggio-Piacenza; entra nella Commissione affari
costituzionali e rappresenta il gruppo socialista nelle trattative sul
Concordato. Nel 1979 viene eletto deputato al Parlamento europeo per il
collegio Nord-est per le liste del Psi: e' relatore sul tema della politica
televisiva europea e promuove la Carta dei diritti delle minoranze etniche e
linguistiche. E' stato membro della Commissione per la gioventu', la
cultura, l'educazione, l'informazione e lo sport e della Delegazione al
comitato misto Parlamento europeo/Assemblea della Repubblica del Portogallo.
Ha aderito al gruppo parlamentare del Partito del Socialismo Europeo. La
Risoluzione del Parlamento europeo dedicata alla tutela delle minoranze
etniche e linguistiche, approvata il 16 ottobre 1981, e' anche nota come
"Risoluzione Arfe'". Nel 1986, in totale disaccordo col segretario Bettino
Craxi, lascia il partito socialista, e da' alle stampe lo scritto La
questione socialista, con cui motiva la fuoruscita dal Psi. Nel 1987, e'
eletto senatore nel collegio di Rimini come indipendente nelle liste del
Pci. Muore a Napoli il 13 settembre 2007 in seguito ad una crisi
respiratoria. Fra i suoi scritti piu' importanti: Storia dell'Avanti!,
edizioni Avanti!, Milano 1956-1958, ristampato a cura di Franca Assante,
Giannini, Napoli, 2002; Storia del socialismo italiano 1892-1926, Einaudi,
Torino 1965; Storia delle idee politiche economiche e sociali, (cura del V
volume, sull'eta' della rivoluzione industriale), Utet, Torino 1972; La
questione socialista: per una possibile reinvenzione della sinistra.
Einaudi, Torino 1986; I socialisti del mio secolo, a cura di Donatella
Cherubini, Lacaita, Manduria-Bari-Roma, 2002; Scritti di storia e politica,
a cura di Giuseppe Aragno, La Citta' del Sole, Napoli 2005. Numerosi i suoi
scritti ed interventi su personaggi e tematiche di storia dei movimenti
politici, con attenzione anche alle vicende di Giustizia e Liberta',
dell'anarchismo, su momenti e personaggi minori della storia del movimento
operaio. Negli ultimi anni della sua vita ha collaborato con la rivista
online "Fuoriregistro". Opere su Gaetano Arfe': Ciro Raia, Gaetano Arfe'. Un
socialista del mio paese, Piero Lacaita editore, Manduria-Bari 2003". Molti
utili materiali sono nel sito www.amicidigaetano.ilcannocchiale.it]

Mi manca l'esperienza per capire se sia dipeso da un elemento costitutivo
della mia struttura psicologica, o, tutto sommato, si sia trattato della
reazione naturale, comune a molti, di fronte ad un dolore intenso, per
quanto non inatteso. Non lo so. Sono certo, comunque, che una coscienza
veramente chiara del fatto che Gaetano non ci sia piu' ho cominciato ad
averla davvero solo quando, con Andrea Graziosi e Gia Caglioti, si e'
pensato di ricordarlo qui, nell'universita' in cui ha chiuso la sua
carriera, e ho capito che non potevo sottrarmi. Toccava anche a me
stamattina prendere la parola per parlarvi di lui. Toccava anche a me e non
potevo ne' volevo evitarlo, perche' la buona sorte che mi ha regalato la sua
splendida amicizia chiedeva che finalmente prendessi coscienza concreta
della sua scomparsa, accettassi di soffrirne, invece di rifiutarmi come ho
fatto finora e, in ultima analisi, provassi a ricordarlo a me stesso prima
ancora che a voi.
Con Gaetano ho mille debiti che non potro' saldare. Anche questa mia
esperienza all'universita', la collaborazione e l'amicizia con Andrea e Gia
devo a lui. L'ultimo debito e' quello che vi sto confessando: mi sono
impedito finora di pensare a lui, mi sono costretto a ignorare che da tempo
non lo sento piu' al telefono, non mi siedo piu' nel suo studio e non me lo
trovo davanti ormai curvo per gli anni, ma lucidissimo, acuto, ironico e,
negli ultimi anni, pensieroso e sconfortato. Mi sono costretto a ignorare
tutto questo con tale ostinata pervicacia, che solo domenica scorsa, a tarda
sera, mi sono deciso a sedermi alla scrivania per provare a mettere insieme
due parole, una scaletta, la bozza di un ragionamento da fare qui oggi con
voi. Di fatto, solo domenica sera e con grande fatica ho ammesso con me
stesso che e' andata cosi': Gaetano non c'e' piu'.
Quando ho cominciato a pensarci, due momenti mi sono subito tornati alla
mente. Due, in un ordine cronologico forse non a caso rovesciato: la fine
prima dell'inizio. Due momenti diversi tra loro, che hanno, tuttavia, in
comune un particolare: in entrambi la mia vita si intreccia
significativamente con quella di Gaetano. Due punti, insomma, che aprono e
chiudono il circolo virtuoso nel quale mi piace collocare il nostro
rapporto. Scegliendo di raccontarveli e di aprire in questo modo il mio
ricordo di Gaetano, scelgo, di fatto, anche il taglio che vorrei dare al mio
intervento, che non pretende di volare alto, ma si contenta di far
riferimento soprattutto all'uomo e all'amico. Del politico,
dell'intellettuale, dello storico militante, credo di aver detto gia' tutto
cio' che sono in grado di dire nella prefazione ai suoi scritti di storia e
politica e, poco o molto che valga, tornarci su ora sarebbe solo un inutile
ripetersi.
I due momenti da cui intendo partire per parlarvi di Arfe', cosi' come l'ho
visto e lo ricordo, sono di natura estremamente diversa tra loro, eppure in
qualche modo collegati. Ci sono, a mio avviso, ed e' quello che piu' conta,
l'uomo e le sue migliori qualita'.
*
In occasione del suo ottantesimo compleanno, l'Istituto Italiano per gli
Studi Filosofici presento' la raccolta di suoi scritti che avevo curato.
Prima che la parola toccasse a lui, i relatori parlarono a lungo di Arfe'
partigiano, storico, protagonista della battaglia per l'autonomia del
partito socialista, giornalista, dirigente politico di livello nazionale,
parlamentare, eurodeputato, avversario irriducibile del craxismo, lucido
critico del revisionismo e strenuo difensore dei valori e dell'impianto
della Costituzione repubblicana. Quando finalmente tocco' a lui di parlare,
con la leggerezza e la semplicita' che appartiene agli uomini di pensiero
veramente alto, Gaetano ci condusse tutti, come per incanto, ad anni lontani
della sua vita e della nostra storia. Andava sempre cosi' quando raccontava:
la sua vita era anche la nostra storia. Tornando indietro, ci condusse a
Nenni, ai cinquant'anni che il leader socialista aveva trascorso
all'"Avanti!", e al discorso che un giovanissimo Arfe' aveva pronunciato per
l'occasione. Giunto al momento della risposta commossa e profondamente umana
di Nenni, ricordo' che, ringraziandolo, l'anziano leader socialista,
emozionato, aveva confessato di essersi chiesto talvolta cosa avrebbe mai
detto l'oratore chiamato a ricordarlo dopo la sua scomparsa. "Ora lo so -
aveva concluso - e devo ringraziarti. Ho ascoltato da vivo cosa si dira' di
me pubblicamente quando non ci saro' piu'". A questo punto Gaetano fece una
pausa brevissima, guardo' intensamente chi ascoltava, poi aggiunse: "Anche a
me e' capitato oggi in sorte questo privilegio e ve ne sono grato".
L'emozione dei presenti fu enorme e a me, che pure lo conoscevo bene ed ero
abituato a questi suoi momenti, quelle parole sembrarono di una umanita'
rara a trovarsi. Arfe' era cosi', un uomo incredibilmente semplice e umano.
Stanco e malandato in salute, con quelle parole aveva voluto cogliere
l'occasione per congedarsi dagli amici e dalle persone care che quel giorno
erano li' per festeggiarlo, alla fine di un percorso per molti aspetti
irripetibile. Il saluto di un uomo semplice, ma allo stesso tempo complesso,
mai prevedibile, e capace di sorprenderti.
*
Quella sera io non potei fare a meno di ricordare la maniera in cui l'avevo
conosciuto. La stessa semplicita', la stessa modestia, lo stesso spessore
umano del giorno dell'addio, con in piu' una coerenza, una intelligenza
politica, una profondita' di analisi che sono state una caratteristica
costante della sua vita.
Ricordo come fosse oggi. All'universita' di Messina si teneva un convegno
sul socialismo nel Mezzogiorno. I relatori erano tutti socialisti, tutti,
chi piu' chi meno, di area craxiana e tutti piu' o meno riformisti, di un
riformismo - oggi mi pare chiaro - che anticipava i toni e le scelte di cio'
che si intende attualmente con questa parola; un riformismo che non ha nulla
a che vedere col socialismo di Turati. Per un mistero destinato a chiarirsi
di li' a poco, al convegno ero stato invitato anch'io, comunista eretico e
libertario, che ha commesso molti peccati e mille errori nella sua vita, ma
e' stato sempre fermamente ostile al socialismo targato Amato e Martelli.
Cominciai a parlare davanti a un uditorio immediatamente distratto e gelido,
per certi versi addirittura ostile, e mi resi conto ben presto che in quella
freddezza c'era qualcosa di pregiudiziale. Avrei interrotto polemicamente il
mio intervento se non mi fossi accorto che in prima fila, seduto proprio di
fronte a me, c'era un uomo che mi ascoltava con grande attenzione e spesso
annuiva, manifestando un consenso che mi conforto' e mi aiuto' a concludere
nell'indifferenza generale. Alla fine me ne sarei andato certamente via, se
l'uomo non mi fosse venuto incontro, non mi avesse intercettato abilmente,
tagliandomi la strada e presentandosi: "Sono Gaetano Arfe'. Volevo dirle che
e' stato bravo".
Mi fermai a Messina fino al pomeriggio del giorno seguente e trascorsi
moltissimo tempo a conversare con Arfe' che per la prima volta non era per
me carta stampata che avevo letto o studiato, ma un uomo cosi' affabile e
amichevole che, dopo un'ora, mi pareva di conoscerlo da anni. Scoprii che
era stato lui a fare in modo che mi invitassero al convegno e quel giorno
nacque tra noi, diversi per eta', cultura, esperienza di vita e opinioni
politiche, un'amicizia intensa, un rapporto capace di arricchirmi, che ha
influito molto sui miei successivi orientamenti culturali e sul quadro dei
miei valori di riferimento.
*
Gaetano fu per me, allievo di Renzo De Felice caduto precocemente in
disgrazia, una scoperta sorprendente, e la sintonia fu immediata. Col tempo,
mi resi poi conto che quell'incontro costituiva per me una circostanza tanto
fortunata quanto singolare. Altri probabilmente, al mio posto, venuti su a
scuole di pensiero storiografico cosi' diverse tra loro, ma entrambe fertili
e di grande valore scientifico, avrebbero fatto prova migliore della mia, ma
questo conta poco. Ho avuto la fortuna di conoscere due modi molto
significativi di intendere il lavoro dello storico e posso dire in tutta
onesta' che De Felice era maestro certamente capace di offrire ad un giovane
gli strumenti indispensabili per chi fa "il mestiere dello storico"; per
quanto mi riguarda, pero', ho imparato ad usarli per davvero quando ho
conosciuto Gaetano. Renzo De Felice, di questo sono stato testimone diretto,
riconosceva ad Arfe' il merito di aver ricostruito la storia del socialismo
italiano con estrema perizia e indiscutibile onesta' intellettuale. Arfe'
riconosceva a De Felice il contributo fondamentale dato agli studi di storia
contemporanea nel nostro paese e, tuttavia, con lo sguardo acuto di chi vede
lontano perche' da lontano proviene, scorgeva il vizio di fondo della sua
ricostruzione: la pretesa di mantenersi sul terreno della "storiografia
pura" in risposta a quella "militante", influenzata da ideologie apertamente
professate, era destinata a costruire una nuova ideologia, di segno opposto,
taciuta e per questo piu' fuorviante. Era una maniera acuta e lucidissima di
capovolgere il ragionamento di De Felice: il vero discrimine tra
storiografia ideologica e storiografia etico-politica si faceva
inequivocabile: "alla formulazione del giudizio storico, sosteneva Arfe',
non e' mai estraneo il momento etico, animato dalle esperienze morali e
politiche della realta' del proprio tempo".
Ho sentito personalmente una volta De Felice confessare il bisogno di
concludere al piu' presto la sua monumentale biografia di Mussolini. "E' una
personalita' cosi' complessa che mi stanca e non voglio correre il rischio
che sia lui a scrivere per me". Questo Arfe' non poteva saperlo, ma intui'
ugualmente e precocemente la fatica che costava al biografo di Mussolini la
natura ideologica della sua ricostruzione e il rischio che il revisionismo,
sommandosi alla crisi del sistema politico nato dalla Resistenza e alla
miopia suicida del gruppo dirigente del Psi guidato da Craxi diventasse uno
degli ingredienti di una miscela esplosiva che, a lungo andare, avrebbe
investito come un'improvvisa valanga quella che oggi chiamiamo "Prima
Repubblica".
*
Con grande lucidita' politica e acume storico Arfe' individuo' in Bettino
Craxi l'ideatore e il promotore di una operazione politico-culturale che,
riducendo l'antifascismo ad un fatto storico da archiviare, non colpiva al
cuore semplicemente la tradizione comunista che dall'antifascismo aveva
tratto i titoli della propria legittimazione, ma si rivolgeva direttamente
contro le istituzioni repubblicane cosi' come esse erano state delineate
nelle Carta costituzionale. Senza mai arroccarsi su posizioni di pura e
semplice conservazione o di nostalgia del passato, Arfe' riconobbe lealmente
che l'assalto alla Prima Repubblica, partito dalla sbandierata necessita' di
una anacronistica "riconciliazione nazionale" e giunto fatalmente ad una
spuria e strumentale "equiparazione" tra fascisti e antifascisti, non era da
addebitarsi ai revisionisti, che facevano semplicemente il proprio mestiere,
ma alla "indigenza culturale, all'anemia morale, alla inintelligenza
politica dei gruppi dirigenti della sinistra" che, ebbe a dire piu' volte,
si trovarono "su questo terreno sconfitti, senza essersi nemmeno accorti che
c'era stata battaglia".
A questo punto, pero', la lucidita' dell'analisi non lasciava vie d'uscita
ad un uomo della coerenza e dell'onesta' intellettuale di Arfe'. Rivolte a
sinistra le armi della sua pacata, ma spesso tagliente parola, e della sua
passione civile e politica, Gaetano ingaggio' quella che a mio avviso e'
stata l'ultima e, per certi versi, la piu' significativa ed esemplare delle
sue battaglie e la piu' bella lezione che egli lascia alle giovani
generazioni: quella coraggiosa e difficile combattuta in difesa della
Costituzione. Una battaglia condotta, anche di questo sono testimone
oculare, in una condizione di crescente isolamento, contro la crisi di
identita' di una sinistra senz'anima e sempre piu' priva di solida cultura.
Ricordo quasi fosse oggi il 1994 come una vera svolta. Gaetano registrava
ironicamente il mutato atteggiamento de "l'Unita'" che apriva le sue colonne
alla "diffusione del pensiero politico dell'onorevole Buontempo", metteva in
evidenza la liquidazione dal Parlamento dei presidenti dell'Anpi e della
Fiap, l'atteggiamento degli intellettuali e di numerosi storici di sinistra
"collocatisi in aspettativa", per dirla alla sua maniera, il campo tenuto
ormai da astrologi politologi e la "grottesca boria di casta" dei politici
incapaci di aprirsi al dialogo.
Una critica mai sterile, sempre pronta a cercare vie nuove, ma anche
intransigente e difficile da tollerare per gruppi dirigenti incapaci di fare
i conti col passato e pronti ormai a liquidare i valori delle tre grandi
componenti storiche della civilta' europea: cristiana, liberale e
socialista.
Arfe' ha pagato a caro prezzo la sua coerente intransigenza. Per dare un
titolo a questo mio intervento, ho fatto ricorso ad una frase che piu' volte
egli ripeteva negli ultimi anni durante le nostre discussioni: "dovro'
tornare al ciclostile". La tiro' fuori quando senti' che aumentavano il
senso di solitudine e la consapevolezza di una emarginazione che si
trasformava spesso in censura, coi giornali che gli cestinavano articoli e
contributi. Con grande amarezza raccontava a chi gli era vicino che, tornato
a Napoli per concludervi la sua carriera dopo decenni di lontananza, era
stato accolto da un telegramma del presidente della Regione, Rastrelli,
esponente di Alleanza Nazionale, e dal silenzio assoluto dell'allora sindaco
di sinistra Bassolino. Si era dato una spiegazione di tutto cio' ma, sempre
attento alla misura dei toni e sempre estremamente modesto, attribuiva la
frase che la riassumeva al suo vecchio amico Francesco De Martino; quel
silenzio, diceva, era la manifestazione d'un disagio: "siamo un rimprovero
vivente".
*
Quando mi chiese di curare la pubblicazione dei suoi scritti sparsi in mille
rivoli tra lavori collettanei, giornali e riviste, opposi una strenua
resistenza, ma Gaetano non era uomo che si arrendesse facilmente. Ero a Roma
per una ricerca in archivio, quando mia moglie mi avverti' che erano giunti
a casa scatoloni pieni di scritti e documenti. Capii subito e la pregai di
averne il massimo riguardo. Gaetano aveva rotto gli indugi e non mi lasciava
scelta.
Devo dire che fu un'esperienza irripetibile, soprattutto per i mille
racconti che ebbi poi modo si ascoltare da Arfe', per le indicazioni
preziose che mi diede e per una ricerca che iniziai, che non ho mai condotto
a termine e che mi consenti' di seguire le tracce di Gaetano facendo ricorso
ad una fonte che non avrei mai immaginato di prendere in considerazione.
Cercavo notizie dell'arresto del padre, tra le carte della Prefettura, e mi
imbattei in due Arfe': padre e figlio, Raffaele e Gaetano. Ma c'era di piu'.
Superati gli anni del fascismo, in quelle carte c'era il giovane Arfe',
intellettuale e dirigente socialista che, da "sovversivo antifascista",
diventava lentamente "elemento sospetto" per la polizia di Scelba. Trovai
cosi' traccia di pedinamenti, cenni al "Gruppo Gramsci", di cui Arfe' era
esponente di primo piano e che, nei primi anni '50, rivisitava a Napoli la
cultura di sinistra, provando a rompere la cappa di conformismo che pesava
sulla citta', mettendo a confronto giovani intellettuali di diversa
formazione politica, quali Gerardo Marotta, Guido Piegari e Giorgio
Napoletano.
Io reperivo carte in archivio e Arfe' ricordava e spiegava. Dalle sue parole
emergeva un mondo. Giovanni Pirelli, incontrato all'Istituto Croce, e le
lunghe conversazioni avute con lui, dalle quali, riconosceva con grande
umilta', aveva tratto criteri metodologici decisivi per la sua formazione
professionale. Da quelle conversazioni e dalla lettura di Gramsci, era
giunto alla conclusione che la teorizzazione crociana era contaminata da una
"visione classista" che attribuiva solo alle classi dirigenti e, per esse,
ai loro intellettuali, la capacita' di esprimere valori e riprodurre
cultura; esisteva invece, Gaetano lo scopri' discutendo con Pirelli e altri
giovani socialisti, "un ethos politico delle classi subalterne, che si
esprimeva al passo con la conquista della coscienza di classe e della loro
autonomia nella societa'". Piu' parlavamo, piu' mi trovavo davanti il mondo
del giovane Arfe', un mondo complesso e assai poco conosciuto, nel quale
avevano un ruolo di primo piano, non solo e non esclusivamente Croce e
Chabod ma, ognuno secondo la propria vocazione, esperienza e sensibilita',
intellettuali di sinistra quali Bosio, Panzieri e lo stesso Pirelli.
Un mondo che si muoveva lungo la linea di una ricerca delle radici
originarie del movimento operaio italiano e prendeva a rivalutare la sua
autonomia storica e culturale. I racconti sembravano frammentari ed erano
certamente occasionali, ma colpiva la lucidita' con cui Arfe' collegava
l'azione di questi intellettuali non solo a questioni di natura metodologica
della ricerca storiografica, ma anche alle crescenti difficolta' dei
rapporti tra politica culturale del Psi e partito comunista, e al fermento
di idee che non fu poi estraneo alla contestazione del Sessantotto. Un
fermento cui fece eco, sul versante cattolico, don Milani, col quale Arfe'
aveva persino "collaborato". Anche il Sessantotto usciva cosi' dalla nebbia
in cui lo si e' voluto relegare, perdeva la sua connotazione di generica
"furia iconoclastica e nichilista" e assumeva un ruolo di forte rottura nei
confronti del dogmatismo, del burocratismo e del "convenzionalismo
filisteo".
Su tutto - davvero sorprendente per un uomo che e' stato certamente un
protagonista della battaglia per l'autonomia socialista - una ispirazione
unitaria che, sotto l'onda battente del revisionismo di destra e di
sinistra, rifiutava la strumentale equazione tra comunismo e nazismo. Una
equazione la cui soluzione non trovava riscontro nei ricordi della comunanza
di intenti nella lotta al fascismo sui monti della Valtellina, la' dove
operavano anche "combattenti garibaldini, disposti a tutto soffrire e tutto
offrire per la causa a cui si erano votati". Una fede e una umanita' del
tutto estranei al nazismo che aveva prodotto una generazione di Torquemada e
non un solo Francesco che potesse riscattarli. Ci sono momenti che lasciano
il segno nella vita di un uomo: alla fine delle nostre lunghe conversazioni,
ogni ricordo, ogni spiegazione di Gaetano diventava per me una
indimenticabile lezione di vita.
*
Quando finalmente ebbe tra le mani la mia lunga e appassionata prefazione,
Arfe' fece di tutto per smorzare i toni e non accetto' che concludessi
definendolo maestro. In lunghi anni di amicizia e collaborazione, non ci
sono mai stati tra noi ragioni di dissenso. In quell'occasione ci
irrigidimmo, io a ricordargli la mano libera che Salvemini gli aveva
lasciato quando lui si era trovato al mio posto, lui a ripetere che non
intendeva costruirsi un monumento da vivo.
Il libro probabilmente non sarebbe uscito senza la mediazione di Maria
Teresa Proto Pisani, donna e amica eccezionale, che ha reso meno amari gli
ultimi anni di Arfe'. Io pero' tenni duro: maestro era per me, Gaetano, e
tale rimase nel libro.
*
Maestro e' anche oggi, soprattutto oggi, mentre provo a ricordarlo a voi,
prendendo cosi' coscienza veramente piena che non c'e' piu'. La commozione,
ripeteva spesso, e' un sentimento che non appartiene al nostro tempo,
tuttavia si commuoveva. E lottando con la commozione sono venuto qui tra voi
oggi e vi ho parlato di Gaetano cosi' come l'ho conosciuto. Avrei voluto
fare meglio. Conto pero' sulla vostra indulgenza e sono sicuro di quella di
Gaetano.

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