Minime. 422



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 422 dell'11 aprile 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: La sfera di cristallo
2. Giulio Vittorangeli: Tra elezioni e lotta politica
3. Giobbe Santabarbara: Domenica e lunedi'
4. Severino Vardacampi: Il ricatto al mittente
5. Lea Melandri: L'ambiguo confine tra etica e politica
6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: LA SFERA DI CRISTALLO

"Johnny Platone: Cosi' finisci per restare senza un amico. Ma chi te lo fa
fare?
Philip Marlowe: L'orrore e il disgusto che provo per ogni omicidio"
(Cinque minuti a mezzanotte, atto terzo, scena terza)

"Non disse piu' nulla. Si ritiro' in un angolo,
si sedette su uno strumento innominabile e stette,
come Mario sulle rovine di Cartagine,
a meditare sulle proprie illusioni perdute"
(Antonio Gramsci, Lettera a Tania del 19 febbraio 1927)

Mi sembra molto meno interessante considerare l'estemporanea esternazione di
un generale (che dice cio' che tutti sappiamo la generalita' dei generali
generalmente pensano) che non la politica concretamente compiuta dal governo
e dal suo blocco di potere negli ultimi due anni.
E questa politica e' stata assassina e razzista, antidemocratica e
incostituzionale.
La politica che serve per riportare al potere Berlusconi. La politica che
serve a favoreggiare la crescita e la vittoria dell'eversione dall'alto dei
golpisti e dei razzisti, dei mafiosi e dei neofascisti.
La politica che non solo non ha abolito i campi di concentramento per i
migranti, ma anzi ne ha intensificato la persecuzione razzista, la riduzione
in schiavitu', le deportazioni e le uccisioni.
La politica che non solo non e' tornata nell'alveo dell'articolo 11 della
Costituzione, ma anzi ha proseguito e prosegue la guerra e il riarmo, ha
proseguito e prosegue le stragi in Afghanistan. Le stragi in Afghanistan. Le
stragi in Afghanistan.
*
Faccio dal 2000 questo notiziario. Si occupa di nonviolenza. Se si occupasse
di cinegetica o di filatelia, nel redigerlo non me la prenderei tanto a
cuore, tanto a male, per i massacri della guerra, per la persecuzione dei
migranti, per il fascismo che vince. Ma di questo si occupa questo foglio.
So bene che tanti ex-pacifisti si sono prostituiti alla guerra: quelli che
or non e' guari sedevano al governo o in parlamento l'hanno pressoche'
totalmente, totalitariamente votata; e non pochi di quelli che non sedevano
al governo o in parlamento ma che pur erano e sono in qualche modo e misura
prominenti l'hanno appoggiata in tutti i modi, i piu' arroganti e i piu'
viscidi. Anche persone che abbiamo lungamente ospitato su questo foglio,
anche persone che talvolta ospitiamo tuttora. Mi fanno una pena infinita.
Non ho bisogno della sfera di cristallo per sapere che tra dieci o cent'anni
quando altri esseri umani - se vi saranno ancora esseri umani - si
chiederanno come e' potuto accadere che tante gia' brave persone si siano
prostituite alla guerra e al razzismo, si diranno di primo acchito che
questi gentili signori certo dovevano aver perso la brocca, per usare di
questa squisita metafora (ma temo che useranno espressioni un po' meno
concettiste o culterane); e non ho bisogno della sfera di cristallo per
sapere che quei futuri storici andranno poi a spulciare negli archivi chi si
faceva pagare le trasferte dal sottosegretario, chi prendeva i finanziamenti
pubblici per l'onlus e l'ong, chi aspirava all'incarico, alla consulenza, al
progetto, chi doveva pagare quel vecchio debituccio al partito e
all'assessore... E si diranno allora sorridendo quegli storici futuri:
"Ecco, ecco", lieti di scoprire ancora una volta che a questo mondo tutto ha
una spiegazione razionale. Son cose misere, son cose che noi vecchi barbogi
sappiamo.
Mi piace pensare che quegli storici futuri troveranno anche che ci furono
persone che alla guerra e al razzismo non si prostituirono. Che alla guerra
e al razzismo si opposero. Io voglio essere tra loro.
*
Io non voto per gli assassini.
Io sono contro la guerra e il razzismo.
Ed anche se non c'e' la lista elettorale che sarebbe necessaria, la lista
della sinistra della nonviolenza, votero' per una delle liste a sinistra
della ex-sinistra i cui candidati non abbiano mai votato a favore della
guerra, delle stragi, del razzismo, della violazione della legalita'
costituzionale, non abbiano mai sostenuto il superpartito della guerra.
Forse una o due ve ne sono. Meglio di niente.
Almeno non sara' una delega agli assassini. Almeno non saro' loro complice.

2. EDITORIALE. GIULIO VITTORANGELI: TRA ELEZIONI E LOTTA POLITICA
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento.
Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo
notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre
nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di
solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di
condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione
Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di
studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta'
concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione
di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra
soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha
svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e
riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti
interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui
promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra
altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre
1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara,
la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo,
Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996;
Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La
solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I
movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto
politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria,
una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra
neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della
solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno,
luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio
2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per
anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della
solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha
cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che
solidarieta'"]

Allo stato attuale non sappiamo, con certezza, come si concluderanno le
elezioni.
Se ci aspetteranno (come sembra probabile) altri cinque anni di
berlusconismo, che vuol dire l'assestamento definitivo di atteggiamenti
malsani e di comportamenti odiosi, di valori finti e di norme sbagliate, in
una parola di una atmosfera culturale francamente irrespirabile. O peggio,
contagiosa. La storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la
seconda come farsa; in questo caso Berlusconi ci mostrera' (se guidera'
l'Italia per la terza volta, quindi anni dopo il suo ingresso in politica)
cosa ci riserva la storia la terza volta.
Oppure se il Partito Democratico riuscira' a porre un freno alla vittoria
berlusconiana; non proponendo pero' nessuna alternativa di sistema,
affermando l'antico e interclassista luogo comune della comunita' nazionale
ben governata.
Se finira' cancellata la "sinistra arcobaleno" dalla politica italiana.
Quella massacrata da un'esperienza di governo disastrosa. Quella che (per
fare un solo esempio) pur criticando le missioni militari all'estero, le ha
sempre approvate per "lealta'", incrinando il rapporto con il movimento
contro la guerra. Quella che promette per un domani la costruzione di un
vero soggetto politico, mentre si propone oggi come opposizione senza le
idee e le forze per praticarla. E' mancata una seria riflessione
sull'esperienza di governo, e un lutto non elaborato e' velenoso come ogni
rimosso. Messi insieme i partiti "arcobaleno" valgono il 13%, ma pregano per
l'8% e qualcosa vorra' dire.
Restano le liste di "sinistra critica" e poco altro; ma su tutte pesa
l'astensionismo di sinistra, che non e' generica "antipolitica".
L'incertezza rispetto al voto di ampi strati della sinistra "sociale"
(astenersi o votare, e per chi votare) non e' riconducibile all'alternativa
fra il richiamo ricattatorio al "voto utile" al Partito Democratico e il
richiamo identitario al "voto necessario" alla Sinistra Arcobaleno.
*
Ha ragione Rossana Rossanda: "Loro hanno i 'valori'. Meno stato piu' mercato
per i beni, meno repubblica piu' Vaticano. I 'valori' di Berlusconi, quelli
di Casini, quelli di Veltroni, quelli di Emma Marcegaglia, quelli del
cardinal Bagnasco. Se ne fa un gran parlare. Un 'valore' accompagna ogni
vassallata, ogni porcheria. Se mi si permette (e anche se non mi si
permette), molti di noi ne hanno abbastanza. Inciampiamo a ogni passo in
valori di latta, mentre si torna a guardare con piu' disprezzo che un secolo
fa alla vita e alla liberta' di chi lavora nel frenetico accendersi e
spegnersi di migliaia di imprese senza regole. Assimilati ormai ai poveri,
cui si deve al piu' un briciolo di compassione. Se non e' declino morale
questo, travestito da affidamento ai principi della Borsa, della
Confindustria e di oltretevere, la ragione non ha piu' corso".
Anche per questo abbiamo assistito ad una campagna elettorale accartocciata
sui problemi interni, senza un respiro e una visione internazionali. Sarebbe
veramente lungo fare l'elenco dei "grandi assenti" in questa triste campagna
elettorale, tutta all'insegna della virtualita' e della simbolizzazione:
dalla rimozione della guerra (l'opposizione alla guerra non e' un vestito da
cambiare a seconda delle stagioni), alla lotta alla mafia (con qualche
solitaria eccezione). Per proseguire con le torture di Bolzaneto (G8 di
Genova del luglio 2001), che sono entrate per un momento e di striscio nella
campagna elettorale: eppure Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi dovrebbero
saperne qualcosa e Walter Veltroni non dovrebbe cavarsela con un generico
"voltiamo pagina". Ed ancora, quasi nessuno ha parlato di beni comuni
mercificati e di privatizzazione dei servizi pubblici locali. Per finire con
il silenzio pavido della politica che in pieno fervore elettorale non osa
toccare argomenti ad alta "sensibilita' etica" per non alienarsi il favore
ecclesiastico. Una politica, quindi, sempre piu' mediatica che non incontra
mai i corpi sociali, anzi li nega, che parla solo ai cittadini consumatori.
Che non si accorge neppure che e' in atto un attacco forte alla libera
scelta delle donne in carne ed ossa.
*
E' una situazione decisamente difficile, che trova un riscontro ancora piu'
drammatico nella spiacevole sensazione che molta parte degli elettori sta
dalla parte dell'interesse privato contro ogni atto pubblico, dell'egoismo
pietoso e dell'altruismo peloso, del malcostume e della maleducazione, della
comodita' alla sudditanza e della vocazione al servilismo.
Eppure non possiamo permetterci il lusso del pessimismo; bisogna tenere
aperta la possibilita' di una lotta politica, di una speranza. Del resto
voto o non voto lo scontro politico, e soprattutto sociale e culturale,
continua anche dopo il 13 aprile. E bisogna ricostruire una cultura della
solidarieta', del rispetto, dell'accoglienza, della diversita', della
convivenza e delle relazioni pacifiche, perche' quell'insieme di grandi
mutazioni che vanno sotto il nome sintetico di globalizzazione, hanno messo
in discussione e sconvolto, devastato e negato, non solo ideologie e forme
di pensiero consolidate, ma molti dei modelli quotidiani di convivenza.

3. LE ULTIME COSE. GIOBBE SANTABARBARA: DOMENICA E LUNEDI'

Si vota domenica e lunedi' per le elezioni politiche in cui ancora una volta
le camarille della ex-sinistra corrotta consegneranno il potere nelle mani
dell'eversione berlusconiana. Ed e' la terza volta che certi geniali
strateghi e statisti fanno questo bel regalo ai razzisti, ai golpisti e ai
mafiosi.
Si vota domenica  e lunedi' e ancora una volta sulla scheda elettorale manca
una lista della sinistra che abbia fatto la scelta della nonviolenza, la
scelta necessaria ed urgente per affrontare i compiti dell'ora.
Si vota domenica e lunedi' dopo due anni di governo Prodi, e i partiti che
tuttora lo compongono hanno fatto di tutto per farlo dimenticare, tanta e'
la vergogna che provano per la prova che di se' hanno dato in questo biennio
di governo caratterizzato dalla scelta delle guerra, dalla scelta del
razzismo: scelte criminali, scelte omicide.
Si vota domenica e lunedi' mentre l'Italia sta partecipando ai massacri di
cui consiste la guerra terrorista e stragista in Afghanistan. Mentre i
migranti che giungono in Italia trovano schiavitu' e deportazione e morte.
Mentre continua nell'indifferenza generale la violazione della legalita'
costituzionale. Mentre prosegue una politica economica che sta distruggendo
la biosfera e radicalmente denega i diritti umani della gran parte
dell'umanita'.
Si vota domenica e lunedi', e sembra una beffa o un incubo.
*
Uno dei privilegi, o dei crucci, dell'eta', e' che in questi giorni molti
vecchi o giovani amici chiedono a chi scrive queste righe se votera' e per
chi. Certo che votero', rispondo: ho dedicato i quattro quinti della mia
vita alla lotta politica nel movimento di lotta degli oppressi e se appena
ho la possibilita' di esprimere un voto non intendo rinunciarvi (se appena
ne ho la possibilita': non sempre l'ho avuta). Ma e' dal secolo scorso che
riesco a votare solo contro, e non piu' a favore. Sara' cosi' anche in
questa occasione. Votero' per una di quelle residue liste di sinistra che
esplicitamente si oppongono alla guerra e al razzismo. Sapendo che anch'esse
sono tutt'altro che limpide. E votero' tappandomi le orecchie, perche' ogni
volta che sento i portavoce di queste liste parlare mi chiedo come si possa
essere ad un tempo tanto ipocriti e tanto protervi, tanto ignoranti e tanto
sbruffoni, tanto irresponsabili e tanto pieni di se'.
E a chi mi chiede a quale di queste liste daro' il voto rispondo che ancora
non lo so, che se vivessi a Venezia voterei per la lista che presenta
Michele Boato capolista alla Camera. Ma vivendo qui nel Lazio ancora sono
incerto per quale delle liste a sinistra del superpartito della guerra alla
fine turandomi il naso votero': nessuna di esse rappresenta cio' che penso,
qualificati esponenti di tutte hanno fatto dichiarazioni che trovo
semplicemente ripugnanti, ma tutto il resto mi sembra essere di gran lunga
peggiore e quindi per una di esse gettero' il mio voto. Sperando che sia
l'ultima volta che debba votare cosi'. Sperando che dalle prossime elezioni
ci sia finalmente una lista della sinistra della nonviolenza.

4. LE ULTIME COSE. SEVERINO VARDACAMPI: IL RICATTO AL MITTENTE

Prima hanno governato il paese e le citta' facendo la politica della guerra
e del razzismo, poi pretendono di estorcere il voto di chi quella politica
assassina non condivide. Non vi e' limite alla tracotanza di chi e' stato
accecato dall'esercizio del potere.
La decisione di far vincere le elezioni politiche a Berlusconi e alla cricca
eversiva dal cavaliere capitanata l'hanno presa Veltroni e Bertinotti
decidendo di rompere la coalizione antiberlusconiana, e decidendolo d'intesa
(non si pretenda di offendere la nostra intelligenza con il solito teatrino
"e' stato lui; no, lui...", certe operazioni hanno la coda lunga e si fanno
di comune accordo); si capisce anche perche': dopo il disastro dei due anni
di governo Prodi, Bibi' e Bibo' hanno pensato di non potersi ripresentare al
le elezioni se non sotto mentite spoglie, e cosi' hanno inventato Pd e Sa
(sigla funesta quant'altre mai: possibile che nessuno glielo abbia
ricordato?) e deciso di andare al voto divisi, dando per scontata la
vittoria berlusconiana. Punto. E il resto sono chiacchiere per i gonzi.
*
E' ovvio che, sic stantibus rebus, se qualcuno ha lo stomaco per votare
ancora Bibi' o Bibo', dovrebbe votare Bibi', poiche' se vi fosse anche solo
una possibilita' su cento di prendere alla Camera piu' voti del blocco
berlusconiano, questa possibilita' l'ha solo il Pd. Ma cosa volete che
gliene freghi a Bibo' e alla sua corte? Non sarebbe la prima capriola del
loro eterno trasformismo, e qualche pollo o compare disposto a dargli il
voto lo troveranno comunque. Ma noi non votiamo ne' per Bibo' ne' per Bibi',
noi non votiamo chi ha fatto la politica effettuale della guerra e del
razzismo.
*
Noi non voteremo per nessun partito che abbia violato la Costituzione.
Noi non voteremo per nessun partito che abbia votato per la guerra.
Noi non voteremo per nessun partito che abbia adottato e mantenuto politiche
razziste.
Perche'? Perche' noi non votiamo per gli assassini. Punto. Perche' noi non
votiamo per i golpisti. Punto. Perche' noi non votiamo per chi ha deciso di
far vincere Berlusconi. Punto.
*
E per chi votiamo allora?
Ahinoi, quale ardua domanda.
Per quel che puo' valere un'opinione personale: per una delle liste a
sinistra della ex-sinistra che si dichiarano contro la guerra e contro il
razzismo. In molte circoscrizioni ve ne sono piu' d'una (che poi siano
sincere e credibili, e' un altro paio di maniche - stendiamo un pietoso
velo). E ciascuno s'arrangi come riesce.

5. RIFLESSIONE. LEA MELANDRI: L'AMBIGUO CONFINE TRA ETICA E POLITICA
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano
(www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo dal titolo
"L'ambiguo confine tra etica e politica" apparso su "Queer", inserto del
quotidiano "Liberazione" del 6 aprile 2008.
Lea Melandri, nata nel 1941, acutissima intellettuale, fine saggista,
redattrice della rivista "L'erba voglio" (1971-1975), direttrice della
rivista "Lapis", e' impegnata nel movimento femminista e nella riflessione
teorica delle donne. Opere di Lea Melandri: segnaliamo particolarmente
L'infamia originaria, L'erba voglio, Milano 1977, Manifestolibri, Roma 1997;
Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli, Milano 1988, Bollati Boringhieri,
Torino 2002; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga, Milano 1991; La mappa
del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia di foglietti, Moby
Dick 1996; Una visceralita' indicibile, Franco Angeli, Milano 2000; Le
passioni del corpo, Bollati Boringhieri, Torino 2001. Dal sito
www.universitadelledonne.it riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha
insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene
corsi presso l'Associazione per una Libera Universita' delle Donne di
Milano, di cui e' stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. E' stata
redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba
voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il
desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al
movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla problematica
dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni:
L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997);
Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 ( ristampato da Bollati
Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991;
La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996;
Una visceralita' indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle
donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000;
Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati
Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: 'Ragazza
In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto', 'L'Unita''. Collaboratrice della
rivista 'Carnet' e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la
rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione femminile', di cui ha curato,
insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista,
Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle donne scrive per le
rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'"]

Sul risveglio religioso, che e' venuto a turbare quello che sembrava in
Occidente un processo consolidato di secolarizzazione, sono state date
interpretazioni diverse, ma tutte concordi nel rilevare certezze che sono
venute meno. C'e' chi lo ha messo in relazione con il riproporsi di un Islam
arcaico, fondamentalista, che avrebbe riattivato pulsioni analoghe, mai del
tutto spente, da parte della Chiesa cattolica.
A Benedetto XVI non sembra essere sfuggita ne' la violenza dell'antico
contendente, oggi largamente insediato dentro la fortezza cristiana, ne' la
forza con cui continua a radicarsi tra i suoi fedeli. Confronto, timore,
invidia, sembrano muovere anche la campagna antiabortista di Giuliano
Ferrara, fatta sotto l'insegna della croce e contro la poco prolifica
liberta' delle donne occidentali.
Per altri, l'aggrappamento ai valori tradizionali sostenuti dalla religione,
ed evocati da figure di leader carismatici, sarebbe la risposta al disagio
di una civilta' che ha perso il rapporto ottimistico con le sue mete
tecnico-scientifiche.
Se all'inizio del '900 il magnifico "dio-protesi", equipaggiato di tutti i
suoi organi accessori, appariva a Freud soltanto meno felice di quanto si
potesse immaginare, oggi l'onnipotenza tecnologica non riesce piu' a
cancellare l'ombra di morte che si porta dietro, sia quando estende le sue
sperimentazioni sulla materia vivente, sia quando se ne vedono le ricadute
sull'ambiente, sulle risorse naturali, sul rapporto tra le classi sociali e
tra i popoli del mondo.
Dall'"orrore economico", dal sentimento diffuso di insicurezza, dalla
perdita di puntelli identitari, rinascerebbe, per contrasto, il bisogno di
spiritualita', rispolverando fasti antichi senza disdegnare, al medesimo
tempo, la mode dolciastre della New Age.
Ma c'e' un altro aspetto che merita attenzione, benche' abbia legami meno
evidenti con il fenomeno religioso, ed e' la crisi della politica, che oggi
sconta in modo vistoso una separatezza dalla vita quotidiana e dalle persone
reali gia' inscritta nel suo atto fondativo: l'espulsione delle donne dalla
sfera pubblica, la scissione tra corpo e linguaggio, tra casa e citta', tra
biologia e storia.
Oggi le "questioni della vita", uscite da un millenario esilio, irrompono
la' dove non erano previste, oggetto di capillari controlli, manipolazione e
interventi da parte dei maggiori poteri - Stato, Chiesa, mercato, tribunali,
scienza, media -, ma anche soggetto di possibili cambiamenti culturali e
politici.
Si incrinano la visione biologistica e sacralizzata della famiglia, del
corpo femminile, della coppia, del nascere e del morire, l'idea di un
"ordine naturale e divino" presupposto indiscutibile della morale, della
scienza e della legge. A metterle in discussione e' la liberta' con cui gli
individui pretendono di decidere della propria vita.
*
Di fronte a questo rivolgimento, a essere in difficolta' e' soprattutto la
politica di sinistra, mentre la destra sembra muoversi con disinvolta
spregiudicatezza su un terreno che le e' storicamente familiare:
l'antipolitica, il populismo, la retorica dei valori tradizionali, la
mozione degli affetti e dell'immaginario collettivo, oggi potenziato
dall'uso dei media.
In questo caso, si potrebbe dire che e' la vita a divorare la politica. "La
democrazia - ha scritto Giorgio Agamben alcuni giorni fa su "il Manifesto" -
diventa sinonimo di una gestione razionale degli uomini e delle cose
(oikonomia): le guerre diventano operazioni di polizia, la volonta' popolare
un sondaggio di opinione, le scelte politiche una questione di management, i
cui modelli di riferimento sono la casa e l'impresa, non la citta'. Lo
spazio della politica tende a scomparire".
Apparentemente e' la rivalsa del corpo e di tutto cio' che e' stato
confinato nella sfera privata, e' quella che viene definita la
"femminilizzazione" del lavoro e della politica. Di fatto, il corpo e il
femminile riemergono senza perdere i segni del lungo asservimento al "potere
sovrano" che li ha ridotti a vita biologica, capacita' domestiche,
attitudini servili e complementari.
Le forze politiche conservatrici, che traggono da questo amalgama un
consenso ampio e popolare, rischiano di assorbire anche l'ultima resistenza
a quel "potere sulla vita", che impronta la storia umana fin dal suo
principio. L'inadeguatezza della sinistra, l'impressione che abbia visto
aprirsi davanti a se' un vuoto, viene dai suoi fondamenti teorici e
ideologici, a partire dall'illuminismo e dal materialismo storico, una
ragione e una materialita' proiettate quasi unicamente sulla questione dei
diritti e dei rapporti di produzione, incapaci di andare alle radici
dell'umano, di dare voce, attraverso l'impegno politico, a quella che Marx
chiamava "la passione dell'uomo", il suo bisogno di "autorealizzarsi".
Anche se nessuno parla piu' di "sovrastrutture", rispetto a un economicismo
di fondo, le "questioni della vita" restano marginali, passate sotto formule
generiche, talora palesemente strumentali.
E' inevitabile percio' che il vuoto di analisi e di cultura politica venga
occupato da chi, come la Chiesa e la destra integralista, oggi alleate,
considerano questi temi un loro appannaggio.
Il modo con cui la sinistra liberale, laica, democratica, ha finora
affrontato l'invasivita' delle gerarchie vaticane e' stata la
contrapposizione frontale Stato-Chiesa, morale religiosa - etica pubblica:
una scelta volontaristica e poco produttiva di cambiamenti.
Piu' utile sarebbe analizzare i legami che ci sono stati storicamente tra
due ambiti del potere che si sono sorretti a vicenda, legami che oggi si
rinsaldano producendo figure ibride, come gli "atei devoti".
Soprattutto, bisogna chiedersi come cambia l'idea di laicita', come si
modificano i confini tra religione e politica - ma anche tra etica e
politica -, nel momento in cui viene alla coscienza il fatto che nessuna di
queste due sfere e' "neutra", dal punto di vista del sesso. Detto
altrimenti: al di la' di tutto cio' che le differenzia e le oppone, c'e'
quantomeno un elemento comune, l'appartenenza alla storia del dominio
maschile.
Una guarda piu' alla sfera privata, alla vita personale, l'altra e'
proiettata verso la sfera pubblica, ma e' proprio questa complementarieta' a
rivelare la loro parentela, la comune matrice in quel protagonista unico
della storia, il sesso maschile, che ha diviso, contrapposto, gerarchizzato
aspetti indisgiungibili dell'essere umano: il corpo biologico e il pensiero,
la sopravvivenza economica e quella affettiva, la necessita' e la liberta'.
*
La consapevolezza nuova, che fa il suo ingresso nella storia col movimento
delle donne, negli anni '70 - il rapporto tra i sessi visto attraverso le
problematiche del corpo, della sessualita', dell'esperienza personale -
modifica sia il confine tra religione e laicita', sia quello piu' ambiguo
tra etica e politica, mostrando come la morale abbia fatto da schermo,
occultandoli, a rapporti di potere che attengono alla politica.
L'equivocita' in cui sono stati tenuti i due termini diventa piu' chiara se
si pensa al modo con cui si e' fatta strada, nel dibattito interno alla
sinistra, l'urgenza di costruire un'"etica pubblica".
Nessuno dubita che nella storia della sinistra manchino valori, principi
morali, eppure da molte parti si e' detto e scritto che su questo versante
occorreva colmare un vuoto, ed e' stato quando si e' cominciato a parlare di
"questioni eticamente sensibili": aborto, fecondazione assistita, eutanasia,
ricerca sulle cellule staminali. Ci si e' accorti che, su queste vicende,
mancava una visione propria da contrapporre a quella dell'integralismo
cattolico.
La definizione di un'etica laica si e' venuta cosi' configurando, per
analogia, come l'equivalente dell'etica religiosa; qualcuno ha pensato che
potessero persino dialogare, tracciare nuovi equilibri. Cio' significa che,
al di la' dei contenuti diversi, c'e' concordanza nel ricondurre esperienze
essenziali dell'umano, che hanno il corpo come parte in causa, al campo
della morale, come se fossero problemi di coscienza, da lasciare alla
responsabilita' del singolo.
Viene cosi' occultato sia il fatto che le "questioni di vita" parlano, piu'
o meno direttamente, del rapporto di potere tra i sessi, sia il profondo
rivolgimento che le ha portate oggi a collocarsi "nel cuore della politica",
sintomo della sua crisi e, insieme, possibilita' di una sua ridefinizione;
possono decretarne la fine, la consegna ad altri poteri - mercato,
religione, scienza, media -, a quella che viene chiamata "antipolitica", o
avviare un processo di rinnovamento.
Per tutte queste ragioni, penso sia importante parlare di "cultura
politica", anziche' di "etica pubblica", per uscire dall'ambiguita', ma
anche per rendersi conto che su questo terreno la sinistra, se non avesse
operato tagli, cancellazioni all'interno del suo percorso, non sembrerebbe
affatto sguarnita.
*
Come dimenticare il contributo che, negli anni '70, il movimento non
autoritario e il femminismo - analizzando il potere a partire dalle sue
radici corporee e psichiche - hanno dato alla "de-naturalizzazione" e alla
"de-sacralizzazione" di esperienze come il nascere e il morire, la relazione
di coppia, i ruoli del maschile e del femminile?
Insieme a "soggetti imprevisti", come i giovani e le donne, sono comparse
allora sulla scena pubblica, a segnare la discontinuita' con la storia
precedente - compresa quella delle rivoluzioni socialiste - categorie
considerate fino allora "impolitiche": desiderio, autocoscienza,
appropriazione del corpo, pratica dell'inconscio. Parole chiave del lessico
politico della sinistra, come "democrazia", "liberta'", "uguaglianza", sono
state rivisitate e riformulate, avendo presente non piu' la figura astratta
del cittadino o della classe, ma l'individuo nella sua interezza, corpo
pensante, segnato dall'appartenenza all'uno o all'altro sesso, cosi' come
dai rapporti famigliari e sociali.
Nella conversazioni radiofoniche che Rossana Rossanda tenne allora con donne
del femminismo (R. Rossanda, Le altre, Feltrinelli), la parola "liberta'",
per esempio, si modifica sensibilmente, quando si scoprono le tante
illiberta' che ci portiamo dentro, incorporate.
Per le donne, liberta' e' innanzitutto liberta' di essere, non essendo state
considerate ne' soggetti morali ne' soggetti spirituali, come ricordava
ancora Otto Weininger all'inizio del '900. Non puo' esserci alcuna liberta'
dove c'e' stata una cosi' profonda alienazione di esistenza. Cambia
sostanzialmente anche l'idea di "partito" - le sue impalcature formali,
gerarchiche, burocratiche, i suoi rituali, i suoi miti -, nel momento in cui
si vede l'importanza delle relazioni personali, della "modificazione di se'"
come presupposto per la "modificazione del mondo".
*
Al centro dell'agire politico si e' posta allora l'intera vita, e non solo
il lavoro che, affrontato dal punto di vista dei sessi, avrebbe a sua volta
cambiato volto, come dimostra la risposta di Pietro Ingrao a Rossanda: "E'
che affrontare le questioni dell'emancipazione femminile comporta affrontare
punti di fondo dell'organizzazione della societa' in generale. Ti faccio un
esempio: se vuoi affrontare davvero il problema donna/lavoro, devi investire
caratteri e dimensioni dello sviluppo, occupazione, qualita' e
organizzazione del lavoro, fino allo stesso senso del lavoro.
Contemporaneamente - ecco dove la dimensione diventa diversa - vai a
incidere sulle forme di riproduzione della societa', sul modo di concepire
la sessualita', i rapporti di coppia, i rapporti tra padri e figli,
l'educazione, il rapporto tra passato e presente, forme e natura
dell'assistenza, ecc. Cioe' una concezione storica, secolare del privato,
tutta una concezione dello stato, tutto il rapporto tra stato e privato".
Usando una definizione di Roberto Esposito (Esposito, Bios, Einaudi, 2004)
si puo' dire che, a fronte di una biopolitica concepita come
"immunizzazione" della vita, della societa', da fatti patogeni, e percio'
stesso posta a rischio di autodistruzione per "eccesso di difesa", i
movimenti non autoritari hanno rappresentato, al contrario, un inizio di
"biopolitica affermativa", capace di produrre una soggettivita' inedita, e
una altrettanto inedita politica non sulla vita, ma della vita.
Il gruppo promotore dell'asilo autogestito di Porta Ticinese, in un
documento uscito dal controcorso di pedagogia dell'Universita' statale di
Milano nell'autunno 1968, scriveva: "necessita' di recuperare alla lotto
politica i rapporti col corpo, con la dimensione biologica degli individui,
anche in contrasto con la lunga tradizione ascetica del movimento
rivoluzionario nella societa' capitalistica gli aspetti e le realta'
biologiche dell'uomo, inerenti la sua vita sessuale, il parto, la nascita,
l'educazione e la crescita dei bambini, sono tutte quante realta' frustrate,
tutte quante sottomesse a una negazione radicale del loro valore" (L'erba
voglio, Einaudi, 1971).
*
Nel mantenere ai margini della politica le "questioni della vita", la
sinistra che si dice "radicale" non sembra essersi allontanata dalle
priorita' che il capitalismo ha dato alla dimensione economica, come se la
vita di un essere umano fosse tutta nel posto che occupa nella produzione,
come se momenti cruciali del vivere - l'amore, la maternita', la nascita,
l'invecchiamento, la morte - non fossero a loro volta sottoposti a pressioni
istituzionali, sia a scopo repressivo che di controllo, esperienze di
disumanizzazione non inferiore, anche se diversa da quella che comporta il
lavoro sfruttato.
Per costruire una nuova cultura politica, che abbia presente l'intera vita,
occorre, come "mettere in gioco il proprio corpo", interrogare la propria
esperienza, pensare la soggettivita' come corpo pensante, sessuato, plurale,
capace di riconoscersi nella sua singolarita' e, al medesimo tempo, in cio'
che lo accomuna agli altri, consapevole che solo avanzando verso strati
sempre piu' profondi di noi stessi si puo' accedere a un orizzonte piu'
generale.
E' l'uscita da tante rovinose contrapposizioni, tra particolare e
universale, necessita' e liberta', dipendenza e autonomia, individuo e
collettivita', che costruite come poli complementari, portano fatalmente
agli accorpamenti che sono oggi sotto i nostri occhi e che chiamiamo
genericamente "antipolitica".

6. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per
molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per
la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza.
Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del
commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di'
chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 422 dell'11 aprile 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it