Minime. 421



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 421 del 10 aprile 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
2. Giuliano Battiston intervista Nadine Gordimer
3. Nadia Fusini presenta "Il cuore e' un cacciatore solitario" di Carson
McCullers
4. Elisabetta Colla presenta "Persepolis" di Marjane Satrapi
5. La "Carta" del Movimento Nonviolento
6. Per saperne di piu'

1. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per
molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per
la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza.
Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del
commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di'
chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

2. RIFLESSIONE. GIULIANO BATTISTON INTERVISTA NADINE GORDIMER
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'8 aprile 2008, col titolo "Amo la forma
racconto, e' completa come un uovo" e il sommario "Poiche' il razzismo e'
radicato nella nostra storia fin dal 1652, sarebbe stato assurdo pretendere
che il Sudafrica eliminasse l'eredita' negativa dell'apartheid in soli
quattordici anni. Protagonista della rassegna 'Dedica', la scrittrice
sudafricana incontrera' giovedi' a Pordenone Kofi Annan e presentera' con
lui i suoi ultimi racconti usciti da Feltrinelli, Beethoven era per un
sedicesimo nero".
Giuliano Battiston, giornalista, ricercatore, saggista, docente, e'
ricercatore di "Mediawatch" e tutor presso la Scuola di giornalismo della
Fondazione Basso di Roma.
Nadine Gordimer e' una delle piu' grandi scrittrici contemporanee,
sudafricana, impegnata contro líapartheid, Premio Nobel per la letteratura.
Opere di Nadine Gordimer: oltre i suoi numerosi volumi di racconti e romanzi
(tra cui: Un mondo di stranieri, Occasione d'amore, Il mondo tardoborghese,
Un ospite d'onore, La figlia di Burger, Luglio, Qualcosa la' fuori, Storia
di mio figlio, L'aggancio, Sveglia, tutti presso Feltrinelli; Il bacio del
soldato, presso La Tartaruga) segnaliamo Vivere nell'interregno,
Feltrinelli, Milano 1990; Scrivere ed essere, Feltrinelli, Milano 1996.
Opere su Nadine Gordimer: AA. VV., Nadine Gordimer: a bibliography of
primary and secondary sources, 1937-1992, Hans Zell, London 1994]

Come racconta in uno dei saggi raccolti in Vivere nell'interregno, Nadine
Gordimer ha cominciato a scrivere quando aveva appena nove o dieci anni, e
lo fece con "un atto senza responsabilita'". Con il passare degli anni,
pero', grazie all'"apparentemente esoterica speleologia del dubbio, guidata
da Kafka piu' che da Marx", questa scrittrice naturale - dotata della
capacita' di cogliere nelle vite degli altri "vapori di verita' condensata"
e, "come un dito che disegna su un vetro", di scriverne la storia - ha
cominciato a riconoscere la vergognosa politica razzista del governo
sudafricano, e a interrogarsi sul paradosso che lega il regno
dell'immaginazione creativa a quello dell'impegno sociale. Infatti, piu' si
immergeva nel primo, "per attraversare gli abissi dell'aleatorio e
assoggettarli alle parole", e piu' i suoi libri si caricavano
inaspettatamente di valenza politica; piu' si abbandonava, senza resistenza,
al soggetto da cui veniva scelta - perche', come spiega, ogni scrittore e'
scelto dal suo tema, e non viceversa - e piu' la sua scrittura diventava un
potente e sensibile scandaglio delle contraddizioni del Sudafrica. Per
questo, pur non rinunciando mai a combattere pubblicamente il regime
dell'apartheid, perfino quando farlo significava essere accusati di
"pornografia politica" o finire in carcere, Nadine Gordimer si e' poi
convinta che il suo compito principale fosse quello di rivendicare ed
esercitare il diritto all'autonomia e all'integrita' artistica, perche' -
sostiene - solo mantenendo un equilibrio instabile tra la storia e
l'immaginazione uno scrittore puo' illuminare, con "la debole luce di una
piccola torcia" o con "una fiaccola improvvisa", "il labirinto sanguinoso ma
ricco di bellezza dell'esperienza umana e dell'essere", dando vita all'unica
vera rivoluzione: "la rivoluzione dell'immaginazione".
A Pordenone per partecipare alla XIV edizione di "Dedica", la rassegna
culturale curata dall'Associazione Thesis che termina il 19 aprile e che
prevede diverse occasioni per incontrarla, abbiamo approfittato della visita
di Nadine Gordimer per discutere con lei del suo lavoro, del Sudafrica e
della sua ultima raccolta di racconti, Beethoven era per un sedicesimo nero
(Feltrinelli, euro 16, trad. di Grazia Gatti), che lei stessa presentera'
giovedi' prossimo insieme all'ex segretario delle Nazioni Unite, Kofi Annan.
*
- Giuliano Battiston: Nel "Dialogo del tardo pomeriggio", uno dei saggi
raccolti nel volume Vivere nella speranza e nella storia, lei cita una
intervista fatta a Nagib Mahfuz, durante la quale una giornalista chiede
allo scrittore egiziano: "Qual e' il tema che piu' le sta a cuore?", e lui
risponde: "La liberta'". Anche lei potrebbe rispondere lo stesso, e potrebbe
forse aggiungere quell'"indicatore del livello dello spirito dall'origine
misteriosa" che definisce come "il senso della giustizia"?
- Nadine Gordimer: In chi fa il mio mestiere lo scrittore convive sempre con
l'individuo e con la sua responsabilita'. Quando si e' musicisti, pittori o
scrittori, il proprio talento implica la responsabilita' di portare la
liberta' e la giustizia in quel che si suona, si dipinge o si scrive. Chi
svolge questo tipo di professioni, infatti, ha in prestito un talento che
deve restituire, il piu' onestamente possibile. Allo stesso tempo, ognuno di
noi - indipendentemente dall'ambito nel quale si esprime - e' dotato della
responsabilita' di rendersi consapevole dei modi in cui vivono le persone e
delle leggi alle quali sono sottomesse. Dunque, dobbiamo assumerci la
responsabilita' di quanto accade non solo nel nostro paese, ma in tutto il
mondo, e fare tutto cio' che ci e' possibile per promuovere la liberta' e il
senso di giustizia.
*
- Giuliano Battiston: Non e' un caso che lei si sia spesso interrogata sul
rapporto che lega creativita' e responsabilita'. A giudicare dai suoi
scritti, sembrerebbe che, secondo lei, lo scrittore possa adempiere ai
propri doveri verso la societa' solo se, innanzitutto, riesce a
salvaguardare l'integrita' della propria immaginazione. Questo significa che
la responsabilita' dello scrittore verso la scrittura precede quella verso
la societa'?
- Nadine Gordimer: Si', la nostra prima responsabilita' e' nei confronti del
nostro lavoro, verso la nostra liberta' in quanto scrittori. Se non
salvaguardassimo questa liberta', correremmo facilmente il rischio di
diventare dei propagandisti. Certo, come tutti anche noi scrittori abbiamo
delle forti convinzioni politiche, ma non possiamo permetterci che queste
convinzioni interferiscano con il nostro lavoro o peggio lo fagocitino.
Ottenere una sorta di bilanciamento e' lo scopo per il quale ho cercato di
combattere lungo tutto il corso della mia vita: in quanto essere umano sono
stata una fiera oppositrice del regime dell'apartheid, e in quanto cittadina
del Sudafrica mi sono assunta una serie di rischi, ma in tutti i momenti in
cui ho indossato la veste di scrittrice non ho mai presentato le persone di
cui condividevo le idee politiche come angeli: sento il dovere di mantenere
la mia liberta' artistica e di mostrare l'essere umano nella sua interezza.
Tutti, compresi gli eroi, hanno le loro ombre e le loro duplicita'.
*
- Giuliano Battiston: In diverse occasioni lei non si e' limitata a
ragionare in termini generali sul ruolo dello scrittore nella societa', ma
si e' anche chiesta dove situarsi, ammettendo di aver oscillato tra la
voglia di lasciare il paese e un "terribile, ostinato e inquietante
desiderio di rimanere". Eppure, anche nei periodi piu' difficili, non ha mai
scelto l'esilio. Dipende forse dal fatto che sente la responsabilita' anche
come un impegno verso il luogo a cui si "appartiene"?
- Nadine Gordimer: Si', la intendo anche cosi'. Come diceva Jean-Paul
Sartre, andare in esilio e', in qualche modo, come perdere il proprio posto
nel mondo. In Sudafrica, molti sono stati costretti all'esilio perche'
altrimenti sarebbero stati uccisi o avrebbero trascorso tutta la vita in
prigione, mentre altri hanno deciso volontariamente di andar via perche' non
sopportavano piu' di vivere in un paese che imponeva ai neri condizioni di
vita cosi' ingiuste. Nel mio caso, forse non sono stata sufficientemente
coraggiosa da compiere azioni che mi avrebbero portata dritta in prigione,
ma ne ho fatte alcune per le quali ho rischiato molto. Comunque, io e mio
marito, Reinhold Cassirer, abbiamo ragionato in termini vaghi su questa
ipotesi, e abbiamo deciso di restare: sono nata in Sudafrica, sono
un'africana bianca e per me abbandonare il mio paese, proprio quando viveva
momenti cosi' difficili, avrebbe significato veramente perdere il mio posto
nel mondo. Comunque, siamo stati ampiamente ricompensati nel 1994, quando
per la prima volta tutti i sudafricani di ogni colore, hanno votato insieme
per le elezioni democratiche.
*
- Giuliano Battiston: E oggi che il Sudafrica si trova a vivere quello che
lei chiama "il giorno dopo la festa", qual e' la situazione? In che modo i
sudafricani stanno affrontando il compito che Flaubert - da lei citato -
definiva come "il piu' difficile e il meno attraente", ossia la transizione?
- Nadine Gordimer: In effetti si tratta di un compito difficilissimo: nel
corso di una battaglia si e' talmente concentrati sull'obiettivo di
sconfiggere il nemico che le uniche cose a cui si pensa sono i modi per
vincerla. Allo stesso modo, in Sudafrica si pensava solo a demolire il
regime oppressivo dell'apartheid, e non c'era il tempo ne' l'energia per
pensare a quanto sarebbe dovuto accadere dopo. Mi sembra comunque che in
Europa e negli Stati Uniti si faccia molta fatica a comprendere un fatto
essenziale: l'apartheid si fondava sul razzismo, ma il razzismo e' ben piu'
radicato dell'apartheid, perche' ha accompagnato la nostra storia, privando
dei loro diritti coloro che risiedevano nel paese, sin dal 1652, quando Jan
van Rebeeck, uno dei leader della Compagnia olandese delle Indie orientali,
mise piede in Sudafrica. Mi sembra assurdo pretendere che il mio paese, in
soli quattordici anni, riesca a eliminare l'eredita' negativa costituita da
questa storia secolare di razzismo. Alcuni paesi europei godono della
democrazia da diversi secoli, eppure non riescono a eliminare la disparita'
fortissima tra ricchi e poveri. Come potete pretendere da noi quel che voi
non siete riusciti a fare nel corso di secoli?
*
- Giuliano Battiston: Torniamo alla letteratura: nel corso della sua lunga
attivita' di scrittrice - a partire dalla sua prima pubblicazione, quando
era poco piu' che una bambina - lei non ha mai smesso di scrivere racconti,
e ha anche cercato di spiegarne l'origine. Ci puo' raccontare perche', nella
sua personale collezione di metafore letterarie, il racconto e' paragonato a
un uovo di gallina?
- Nadine Gordimer: Mi piace usare questa metafora perche' l'uovo e'
completo: e' costituito dal bianco e dal tuorlo, da cui sarebbe potuta
nascere una gallina, dunque potenzialmente contiene la vita. Quando mi
prende il desiderio di scrivere un racconto, e comincio a ragionare sulla
forma che potrebbe assumere, la storia mi appare nella sua totalita',
dall'inizio alla fine: come un uovo, e' tutta li', in quell'idea. Quando
scrivo un romanzo, invece, mi viene da pensare piuttosto alle cose che poi
finiranno col trovarsi nel mezzo, e devo ragionare sul modo in cui potrebbe
iniziare la storia. La scrittura di un romanzo, dunque, e' una sorta di
viaggio, fatto di tappe e di passaggi, una strada che cambia mentre la
percorriamo, anche se conosciamo la partenza e la meta finale. I racconti,
invece, come un uovo si possono tenere completamente in una mano.
*
- Giuliano Battiston: In questa ultima sua raccolta di racconti ce n'e' uno
particolarmente insolito perche' sembra attingere in modo esplicito alla
sfera privata: e' intitolato "Dreaming of the Dead" e racconta di un
incontro tra lei, Edward Said, Susan Sontag e Anthony Sampson in un
ristorante cinese di New York. Lo ha scritto come un omaggio all'amicizia?
- Nadine Gordimer: Sebbene le storie che racconto non abbiano mai avuto a
che fare con la mia vita personale, in questo caso, invece, ho scritto un
racconto molto intimo: e' un omaggio ad alcuni amici amati, che hanno avuto
un ruolo essenziale nella mia vita e con i quali ho avuto il privilegio di
condividere momenti importanti. Ho messo insieme i miei sogni, i ricordi che
ho di loro, e mi sono presa la liberta' di usare la conoscenza che avevo
delle loro personali idiosincrasie per dare vita a una storia, ironica e
affettuosa, ambientata in un ristorante cinese, che ricorda quello in cui
era solita portarmi Susan Sontag quando capitavo negli Stati Uniti. Anche i
riferimenti alla musica non sono casuali: ricordo che Edward Said, con il
quale mi capitava di discutere sul rapporto tra la scrittura e la vita, mi
diceva sempre: "siamo entrambi degli scrittori, ma io ho una cosa piu' di
te, perche' sono musicista". E in effetti era un grande musicista. Per quel
che riguarda Anthony Sampson, lo ricordo come un grande scrittore e un
grande storico. Dunque si', Dreaming of the Dead e' il mio personale tributo
al valore dell'amicizia.
*
- Giuliano Battiston: Un'ultima domanda su una questione contingente, che
pero' rimanda anch'essa al rapporto tra politica e letteratura. Recentemente
alcuni si sono appellati all'esempio del Sudafrica dell'apartheid per
giustificare il fatto che, a volte, il boicottaggio e' un'arma legittima.
Questa volta il bersaglio sarebbe il Salone del libro di Torino, che
quest'anno e' dedicato a Israele, nel sessantesimo anniversario della sua
nascita. Lei cosa ne pensa?
- Nadine Gordimer: Ritengo che il boicottaggio sia assolutamente sbagliato.
Non partecipare a un incontro letterario, evitando di incontrare scrittori
che provengono da un paese di cui non si condividono le azioni governative,
mi sembra una assurda riduzione della letteratura al comune denominatore
della politica. Non dimentichiamoci, poi, che ci sono diversi scrittori
israeliani che non condividono o che condannano le politiche adottate dal
loro governo. Comunque, e' ridicolo paragonare questo conflitto alla
situazione sudafricana: li' i bianchi non potevano reclamare alcun vero
diritto, perche' gli unici che detenevano erano quelli guadagnati con la
forza del dominio coloniale. Nel caso degli israeliani e dei palestinesi,
invece, la complessita' della situazione deriva proprio dal fatto che
entrambi hanno diritti incontestabili.
*
Postilla. I suoi libri. E a "Dedica" una mostra fotografica
Nata a Springs, in Sudafrica, nel 1923, da madre inglese e padre russo,
Nadine Gordimer racconta di essersi formata sui libri e nelle biblioteche,
piuttosto che nelle aule scolastiche. Simbolo della lotta contro
l'apartheid, premio Nobel per la letteratura nel 1991, nel corso della sua
attivita' la "doyenne delle lettere sudafricane" ha scritto romanzi,
racconti, saggi, adattamenti cinematografici e, insieme al figlio Hugo
Cassirer, anche alcuni documentari. Tra le opere narrative (tradotte da
Feltrinelli): Un mondo di stranieri (1961), Un ospite d'onore (1985), Il
mondo tardoborghese (1989), Storia di mio figlio (1991), La figlia di Burger
(1992), Un'arma in casa (1998), L'aggancio (2002); Sveglia (2006). Una parte
della sua produzione saggistica e' raccolta nei volumi Vivere
nell'interregno (1990), Scrivere ed essere. Lezioni di poetica (1996),
Vivere nella speranza e nella storia. Note dal nostro secolo (1999). Insieme
al fotografo David Goldblatt (di cui "Dedica" ospita una mostra, che verra'
inaugurata dai due autori e Giancarlo Pauletto, il 12 aprile), Nadine
Gordimer ha pubblicato On the Mines (1973), e Lifetimes: Under Apartheid
(1986).

3. LIBRI. NADIA FUSINI PRESENTA "IL CUORE E' UN CACCIATORE SOLITARIO" DI
CARSON McCULLERS
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo la seguente recensione apparsa sul quotidiano "La Repubblica"
del 19 marzo 2008 col titolo "L'ambigua Carson" e il sommario "Il cuore del
Grande paese. Ristampato il libro d'esordio della McCullers. Era una specie
di bambina prodigio e scrisse all'inizio cose piuttosto stravaganti. La
scrittrice (1917-1967) che adorava i deformi e' tutta da riscoprire. La sua
apparenza androgina affascino' fotografi come Dahl-Wolfe e Richard Avedon. A
Brooklyn ando' a vivere in una specie di comune e divenne amica di Auden e
Britten"
Nadia Fusini, nata ad Orbetello nel 1946, acuta intellettuale, fine
saggista, narratrice, traduttrice e curatrice di edizioni di classici,
docente universitaria (laureata in lettere e filosofia all'Universita' La
Sapienza di Roma nel luglio 1972 con Agostino Lombardo e Giorgio Melchiori
con una tesi sul tema dell'iniziazione nella letteratura del Novecento; dopo
un periodo di studi nel campo della letteratura americana negli Stati Uniti
presso le universita' di Ann Arbor e di Harvard, ha studiato Shakespeare e
il teatro elisabettiano presso lo Shakespeare Institute di Birmingham, in
Gran Bretagna; e' stata nel 1978-'82 professore incaricato di lingua e
letteratura inglese all'Universita' di Bari e dal 1982 ha la cattedra di
lingua e letteratura inglese all'Universita' La Sapienza di Roma; dal
2000-2001 insegna, oltre letteratura inglese, critica shakespeariana), e'
impegnata nelle esperienze del movimento delle donne. Opere di Nadia Fusini:
segnaliamo particolarmente (a cura di, con Mariella Gramaglia), La poesia
femminista, Savelli, Roma 1974; La passione dell'origine. Studi sul tragico
shakespeariano e il romanzesco moderno, Dedalo, Bari 1981; Pensieri di pace
e di guerra, Centro Virginia Woolf, Roma 1984; Nomi. Dieci scritture
femminili, Feltrinelli, Milano 1986, nuova edizione Donzelli, Roma 1996;
Due. La passione del legame di Kafka, Feltrinelli, Milano 1988; La luminosa.
Genealogia di Fedra, Feltrinelli, Milano 1990; B e B. Beckett e Bacon,
Garzanti, Milano 1994; La bocca piu' di tutto mi piaceva, Donzelli, Roma
1996; Due volte la stessa carezza, Bompiani, Milano 1997; Uomini e donne.
Una fratellanza inquieta, Donzelli, Roma 1996; Il figlio negato, Mondadori,
Milano; L'amor vile, Mondadori, Milano 1999; Lo specchio di Elisabetta,
Mondadori, Milano 2001; I volti dell'amore, Mondadori, Milano 2003; La bocca
piu' di tutto mi piaceva, Mondadori, Milano 2004; Possiedo la mia anima. Il
segreto di Virginia Woolf, Mondadori, Milano 2006. Ha curato traduzioni e
edizioni, tra gli altri, di testi di Mary Shelley, Keats, Ford, Shakespeare,
Wallace, Virginia Woolf (di cui ha curato l'edizione delle opere nei
Meridiani Mondadori).
Carson McCullers, scrittrice statunitense (1917-1967) le cui opere anche noi
abbiamo molto amato. Opere di Carson McCullers: Il cuore e' un cacciatore
solitario (1940); Riflessi in un occhio d'oro (1941); Invito a nozze (1946);
La ballata del caffe' triste (1951); Orologio senza lancette (1961); Il
cuore ipotecato (postuma, 1968)]

Quando scrive Il cuore e' un cacciatore solitario (che ora riappare nella
collana Stile Libero di Einaudi, traduzione di Irene Brin, introduzione di
Goffredo Fofi, pp. 368, euro 11,80), Carson McCullers ha appena ventitre'
anni. E da questo punto di vista, puramente anagrafico, il risultato e'
straordinario. Apre attese di capolavori a venire. Tanto che la promessa
della casa editrice Einaudi di iniziare con questo romanzo giovanile la
pubblicazione di tutta l'opera della scrittrice americana, nata nel 1917,
morta nel 1967, ci fa molto piacere.
Non abbiamo dubbi che McCullers sia una scrittrice notevole; anche se non
concordiamo del tutto con l'affermazione esagerata, strillata in quarta di
copertina, che con questo romanzo, e con i romanzi di Flannery O' Connor,
sia cambiato il corso della letteratura americana. Ma se l'invito e' a
ragionare della letteratura americana a partire da questo romanzo,
volentieri lo accettiamo. Perche' non c'e' paese che piu' dell'America si
identifichi con la propria letteratura. O diciamo meglio, non c'e' paese che
la letteratura, e dunque i suoi scrittori abbiano servito meglio, vegliando
sulla sua coscienza, criticandolo con spirito libero, e insieme amandolo
senza riserve. D'altra parte, il paese ha ricambiato i suoi scrittori.
Ditemi di un altro luogo al mondo dove con le piu' varie forme di fondazioni
si sostenga chi voglia dedicarsi alla letteratura. McCullers stessa godette
di lunghi periodi passati a Yaddo, una colonia per scrittori a Saratoga
Springs, dove visse e scrisse e riposo' e incontro' altri come lei. Amici e
nemici importanti. Per Carson McCullers, Yaddo e le varie forme pubbliche di
sostegno al suo ruolo furono fondamentali. Non soltanto per ragioni
economiche, ma perche' le servirono a costruire la propria identita' intorno
al gesto in cui si manifestava la sua passione.
In ogni altro senso, l'identita' di Carson e' ambigua; nasce donna, ma non
si identifica alla propria identita' di genere, le piacciono gli uomini, ma
ama soprattutto le donne, e rimane fondamentalmente fino alla fine, se non
una bambina, una adolescente. Adora i deformi, i ritardati, gli anormali;
insomma, i capricci della natura, quelli che chiama "freaks". Spiega: la
maggior parte della gente passa la vita nel terrore di avere esperienze
traumatiche, il freak convive con il trauma fin dalla nascita. Quanto a se',
in molti modi accentua la sua apparenza androgina, che affascino' fotografi
come Louise Dahl-Wolfe e Richard Avedon.
Sta di fatto che gia' nel Cuore si accampa con ruolo di protagonista e
potenza allegorica il sordomuto Jack Singer. Ma vi compare anche il
sentimento autentico della fatica e della sofferenza dei poveri e dei
diseredati, il marxista bianco Blount, il medico nero Copeland. Dalla casa
in cui era nata, a Columbus, in Georgia, che apparteneva alla nonna materna,
e affacciava sulla strada che portava alle fabbriche del cotone, fin da
bambina Carson vedeva passare mattina e sera gli operai che andavano e
tornavano dal lavoro. Fu allora che nacquero in lei certe tendenze diciamo
cosi' "operaiste"? O se non altro, una fortissima simpatia proletaria? Il
motivo autobiografico e' sempre presente, in ogni suo scritto. E se non e'
autobiografico il motivo, sono ricordi veri il caldo, la fiamma della luce
estiva, la noia, la monotonia, la pena delle piccole citta' meridionali,
dove l'anima imputridisce nella noia. Chi vive li', sogna incantato la
neve - sogno che con lei un altro scrittore sudista condivide (oppure, la
copia?): Truman Capote.
*
Lula Carson Smith - cosi' nasce Carson - e' un Wunderkind, un prodigio. I
genitori l'assecondano nelle sue fantasie di eccellenza: immagina di
diventare una grande pianista e i genitori le comprano il piano. Cambia
idea, e il padre subito provvede a comperare una macchina da scrivere. Ora
che ha la macchina da scrivere, Carson si lancia nella carriera letteraria
senza timori e scrive un racconto, Il fuoco della vita, con due personaggi;
uno e' Gesu', l'altro e' Nietzsche. E comincia un romanzo, su un musicista
di jazz di New York, il quale vende l'anima al diavolo. Non ha mai visto New
York, ma inventa a ruota libera. Inventa, ad esempio, che per la
metropolitana si compri un biglietto dal conducente, piu' o meno come per
salire sul bus. L'agente letterario, a cui l'ha spedito, meravigliato le
rimanda il manoscritto e le fa presente l'incongruenza, ma lei non si
scompone. E si dedica a un secondo romanzo; questa volta imita D. H.
Lawrence. Siccome va pazza per Eugenie O' Neill, scrive tre drammi uno dopo
l'altro, e li inzeppa di tutto quello che le viene in mente: incesto,
pazzia, delitti. Situa la prima scena direttamente in un cimitero,
nell'ultima, tra le suppellettili, impone un catafalco. Poi un giorno legge
l'autobiografia di Isadora Duncan. E subito plagiata proclama a chiare
lettere in famiglia che lei non si sposera'. Non vuole mariti, ma amanti. E
spiega ai genitori adoranti che deve partire: con tutto quello che ha in
testa non si puo' fermare a Columbus, Georgia; deve andare "abroad".
All'estero. Arriva a New York. E si trova a vivere a Brooklyn in una specie
di comune, i cui pilastri fondanti sono per l'appunto lei e l'amico George
Davis, mondanissimo editor di "Harper Bazaar". A questa "vie de Boheme" si
aggregano W. H. Auden, Benjamin Britten e Louis MacNiece. E partecipano
Leonard Bernstein, Virgil Thomson, Salvador Dali', Denis de Rougement,
Truman Capote, Anais Nin, artiste dello spogliarello ecc. ecc.
E' una fuga? un'evasione? E' in realta' il modo concreto in cui Carson
sperimenta alive uno dei grandi temi della letteratura americana: flight,
escape sono, in effetti, due termini senza i quali non si potrebbe
descrivere la civilta' di quel paese. Dalla fuga dall'Europa dei pilgrim
fathers sono nati gli Stati Uniti d'America; dall'evasione verso gli spazi
sconfinati del West nascono i valori americani della frontiera, che
conosciamo grazie ai western. La verita' e' che l'azione di fuggire per
salvarsi, implicita nei termini flight e escape, riguarda nella sua essenza
l'individuo americano, la sua coscienza puritana. Per tale individuo
nell'orizzonte della fuga si apre la via della salvezza; come a dire, la
fuga non e' diserzione, e' conquista di nuovi spazi e territori, anche
interiori. E la salvezza personale si realizza con la testimonianza qui e
ora, in questo mondo, della necessita' della giustizia. Intesa come il
problema dell'essere giusti. E giustificati nelle proprie opere dalla
propria coscienza.
*
Questo vale anche per i personaggi del Cuore, che all'inizio si chiamava Il
muto. Cosi' avrebbe voluto intitolarlo Carson, ma il suo editore fu piu'
bravo e trovo' un titolo che e' una delle ragioni del successo, nel "cuore"
e nella "solitudine" indicando le due realta' a cui la sensibilita' della
giovanissima scrittrice rimarra' per sempre fedele. Insieme al senso
doloroso di una disumana verita', che la ragazzina bianca del romanzo
condivide con il mondo degli "schiavi" neri liberati nei fatti, ma ancora
perseguitati per antico pregiudizio: non esiste l'eguaglianza. Carson
McCullers e' bianca e cresce in uno stato del Sud profondamente tormentato
dall'ingiustizia della schiavitu'. E ne patisce la colpa. Richard Wright, lo
scrittore nero che ha appena pubblicato il romanzo autobiografico Native Son
(da noi tradotto con Paura), le tributo' un grande onore, quando le
riconobbe che aveva saputo rappresentare la condizione esistenziale e le
ragioni dei neri. Parlo' di "grande umanita'". Ma del resto, la letteratura
americana questo esercizio lo sa fare, quando e' davvero grande; si veda la
fuga insieme di Huck il bianco e Jim il nero nel piu' meraviglioso romanzo
americano su questo tema, Huckleberry Finn.
Quel che colpisce, nel caso di McCullers (come nel caso di Truman Capote,
che le fu prima amico, poi nemico), e' la piega particolare che tale
sensibilita', che potremmo definire sudista, sudista abolizionista, sudista
progressista, ma pur sempre sudista, prende. E cioe', come essa tramuti in
un'attitudine queer, in tutte le accezioni del termine, le piu' antiche e le
piu' moderne. Intendo dire che lo scrittore, in entrambe le incarnazioni
offerte da Capote e McCullers, dimostra un feticismo della devianza che lo
stringe in morbosa, appassionata empatia con ogni genere di devianza dalla
normalita'. E' il lato Dostoevskij della sua personalita'. O il lato Arbus
dell'attrazione per l'irregolare.
Nel caso particolare di Carson McCullers coloro che l'amarono testimoniano
come nel corso degli anni si fece smodata la richiesta di attenzione, come
crescesse l'avidita' di piaceri, che non sapeva cogliere, se non in modo per
l'appunto smodato. E autodistruttivo. Se amo' in modo appassionato il mondo
del cinema e del teatro, fu anche per questo aspetto: avrebbe voluto essere
una star. Avrebbe voluto essere una queen. E in un certo senso lo fu, queen
e queer.
Ma fu soprattutto un eroe della scrittura. Che affermo' con sicurezza che
non c'e' niente di umano che lo scrittore possa allontanare da se': se
esiste al mondo un uomo umiliato, perseguitato, oltraggiato, ecco, allora ci
deve essere uno scrittore che sappia identificarsi con lui, e ricrearlo. E
dargli la parola. Anche, soprattutto, quando sia muto. Perche' per lo
scrittore la parola salva.

4. CINEMA. ELISABETTA COLLA PRESENTA "PERSEPOLIS" DI MARJANE SATRAPI
[Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org), col titolo "Persepolis e il
profumo della liberta'" e il sommario "Il celebre fumetto dell'artista
iraniana Marjane Satrapi al cinema".
Elisabetta Colla, giornalista, scrive su "Noi donne".
Su Marjane Satrapi dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo la
seguente scheda: "Marjane Satrapi (Rasht, 22 novembre 1969) e' una
fumettista e illustratrice iraniana contemporanea. Passa l'infanzia a
Tehran, cresciuta in una famiglia di idee progressiste; frequenta il Lycee
Francais locale e, da bambina, e' testimone del travagliato processo che
portera' l'Iran da monarchia a repubblica teocratica, passando per la
rivoluzione islamica. La madre di Marjane e' bisnipote di Nasser-al-Din
Shah, scia' di Persia dal 1848 al 1896. Tuttavia, la stessa Marjane Satrapi
nota come 'i re della dinastia Qajar... avevano centinaia di mogli, le quali
hanno partorito migliaia di bambini; se si moltiplica il numero di tali
bambini per le generazioni si ottengono, non so, da dieci a quindicimila tra
principi e principesse. Non c'e' nulla di particolarmente eccezionale in
tutto questo'. Nel 1983 i genitori di Marjane, allora quattordicenne,
decidono di mandarla a Vienna, in Austria, allo scopo di tenerla lontana da
un regime divenuto sempre piu' oppressivo, in particolare verso le donne.
Secondo quanto narrato nell'autobiografia a fumetti Persepolis, pubblicata
in Italia da Sperling & Kupfer e in seguito da Lizard, la Satrapi trascorre
nella capitale austriaca gli anni dell'adolescenza (scuole superiori),
tornando poi in Iran per frequentare l'universita'. Li' conosce un ragazzo
di nome Reza, con il quale si sposera'; il matrimonio pero' non dura a
lungo, e dopo il divorzio la Satrapi si trasferisce in Francia. Oggi vive a
Parigi, dove lavora come illustratrice ed autrice di libri per bambini. La
carriera della Satrapi parte dall'incontro con David B., un fumettista
francese, del quale ha adottato lo stile, soprattutto nelle sue prime opere.
La Satrapi ha acquisito fama mondiale grazie alla serie Persepolis, romanzo
a fumetti autobiografico elogiato dalla critica, nel quale descrive la sua
infanzia in Iran e la sua adolescenza in Europa attraverso una serie di
intelligenti quanto avvincenti episodi di vita quotidiana. E' stata
insignita dell premio per il miglior albo all'Angouleme International Comics
Festival del 2004 per il suo Broderies (in Italia Taglia e cuci), pubblicato
l'anno precedente e per il piu' recente Pollo alle prugne. Attualmente cura
per il "New York Times" una colonna illustrata, pubblicata nella sezione
Op-Ed del giornale con frequenza apparentemente irregolare. Nel 2006 la Sony
Pictures Classics ha annunciato che avrebbe trasformato Persepolis in un
film d'animazione, la cui diffusione e' prevista per il 2007. Scritto e
diretto da Vincent Paronnaud assieme alla stessa Satrapi, la pellicola
dovrebbe annoverare tra le sue voci quelle di Chiara Mastroianni, Catherine
Deneuve, Danielle Darrieux, e Simon Abkarian". Dal sito www.mirada.it
riprendiamo la seguente scheda: "Marjane Satrapi e' nata il 22 novembre 1969
a Rasht, sulle rive del mar Caspio. Discendente di una nobile famiglia, ha
avuto un nonno comunista e la madre femminista dai quali ha ereditato la
coscienza politica. Ha passato la sua infanzia a Teheran dove ha conosciuto
la rivoluzione e la guerra contro l'Iraq. Durante la guerra Marjane ha
dovuto lasciare il suo paese mal sopportando il clima instaurato dal nuovo
regime: ha appena 14 anni quando viene mandata a Vienna in un liceo
francese. Tornata in Iran studia Belle arti, ma i suoi progetti sugli eroi,
e soprattutto sulle eroine della mitologia iraniana, non convincono il
regime e deve lasciare di nuovo il suo paese. Dopo aver studiato Arte a
Strasburgo si trasferisce a Parigi, dove tuttora abita. Dal 1977 scrive e
illustra libri per i bambini. Nel 2000 esce il suo primo volume, Persepolis,
in cui racconta la storia del suo paese e di come, ragazzina di nove anni,
ha vissuto la rivoluzione degli anni Ottanta. Nel secondo volume di
Persepolis parla della guerra, dell'esilio e del ritorno. I suoi racconti a
fumetti svelano un mondo in parte sconosciuto adottando una formula di
grande suggestione e aiutano a penetrarlo forse meglio di tanti saggi".
Opere di Marjane Satrapi: Persepolis, L'Association, Paris (tradotto in
Italia da Sperling & Kupfer e Lizard Edizioni), voll. 1-4; (con Lila
Ibrahim-Ouali e Bahman Namwar-Motlag), Sagesse et malices de la Perse, Albin
Michel, Paris 2001; Les monstres n'aiment pas la lune, Nathan, Paris 2001;
(con Jean-Pierre Duffour), Ulysse au pays des fous, Nathan, Paris 2001;
Adjar, Nathan, Paris 2002; Broderies, L'Association, Paris 2003 (in Italia
Taglia e cuci, Lizard); Pollo alle prugne, Sperling & Kupfer, Milano 2005;
Le Soupir, Breal Jeunesse, Rosny-sous-Bois 2004]

Tutti, davvero tutti, dovrebbero leggere la bellissima graphic novel ideata
e realizzata dalla disegnatrice iraniana Marjane Satrapi, classe 1969, che
oggi vive e lavora a Parigi pur senza mai dimenticare la sua Teheran, le sue
origini, ne' il paese in cui e' nata e cresciuta.
Persepolis e' divenuto anche un bellissimo film, gia' in sentore di cult
ancor prima di uscire, scritto e diretto dalla stessa Satrapi e da Vincent
Paronnaud, e ha avuto il premio della giuria all'ultima edizione del
festival di Cannes.
In Persepolis Marjane racconta, con incredibile poesia e sentimento, la sua
autobiografia e, al tempo stesso, attraverso gli occhi di una bambina, poi
adolescente e infine donna, traccia la storia del suo paese e del suo
popolo, oppressi da regimi totalitari (prima lo scia', poi gli ayatollah)
nonostante il desiderio di vivere liberi e le speranze riposte inizialmente
nel cambiamento di governanti. Il tratto di Marjane - infantile, surreale e
raffinato - esprime interamente l'amore per la sua famiglia e la nostalgia
per le persone care e per il paese che difficilmente potra' rivedere:
l'adorata nonna, trasgressiva ed ironica, rifugio nei momenti piu' bui, che
le ha lasciato indelebili istruzioni per la vita; gli straordinari genitori,
intellettuali pacifisti, sempre pronti a sostenere la figlia nelle
avversita', e gli amici perseguitati dal regime; lo zio comunista, idolo
della nipote, costantemente imprigionato e braccato dalla polizia.
Marjane e' una bambina curiosa e comincia presto la sua crisi nei confronti
delle istituzioni e della religione. Gli insegnamenti laici della sua
famiglia si mescolano alle fantasie adolescenziali e a poco a poco inizia la
ribellione verso la cultura di regime circolante nelle scuole, finche', a
causa dell'intensificarsi delle rigide regole imposte dai pasdaran della
rivoluzione, i genitori non decidono di mandare Marjane a studiare a Vienna.
In Europa, i chiaroscuri dell'adolescenza e della vita da esiliata, i primi
amori, la solitudine e la ricerca del proprio ruolo nel mondo, sono
descritti con toni ora drammatici, ora ironici, ora malinconici. Marjane
tornera' nel suo paese per poi distaccarsene definitivamente con il
trasferimento a Parigi alla ricerca della propria strada umana e
professionale.
Oltre alla bellezza dei disegni (il film e' realizzato all'antica, immagine
dopo immagine, niente digitale), colpisce in Persepolis la profondita' dei
contenuti e lo sguardo offerto sul normale quotidiano degli iraniani
"comuni", in equilibrio tra il desiderio di vivere in pienezza e dignita' e
la repressione del fondamentalismo, col cui marchio troppo spesso civilta'
millenarie vengono distrattamente e genericamente bollate.
La storia di Marjane, intensamente espressiva, ci fa riflettere e ci fa
piangere al di la' di ogni credo politico. In Francia il film e' stato
doppiato da Chiara Mastroianni e Catherine Deneuve, mentre la versione
italiana ha avuto le voci di Paola Cortellesi, Licia Maglietta e Sergio
Castellitto. In Iran il film e' stato censurato e la Satrapi bollata di
atteggiamento antireligioso, antiraniano e comunista. Vedere questo film e'
come sentire il profumo dei gelsomini dell'Iran, che la nonna di Marjane
metteva nella biancheria, o dei fiori del nostro paese, annusando a pieni
polmoni il preziosissimo aroma della liberta'.

5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

6. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 421 del 10 aprile 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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