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Minime. 420
- Subject: Minime. 420
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 9 Apr 2008 00:39:08 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 420 del 9 aprile 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. "Peacereporter": Decine di civili uccisi da un bombardamento aereo Usa 2. Alcuni incontri in Veneto dal 9 al 15 aprile 3. Anna Bravo: Resistenza e riduzione del danno 4. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 5. Elena Loewenthal presenta "Paul Celan. Biografia della giovinezza" di Israel Chalfen 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. AFGHANISTAN. "PEACEREPORTER": DECINE DI CIVILI UCCISI DA UN BOMBARDAMENTO AEREO USA [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo la seguente notizia del 7 aprile 2008 dal titolo "Afghanistan, decine di civili uccisi in bombardamento aereo Usa in Nuristan"] Il governatore della provincia orientale del Nuristan, Tamim Nuristani, ha denunciato oggi in un'intervista all'agenzia di stampa tedesca "Dpa" che piu' di venti civili, fra cui molte donne e bambini, sono rimasti uccisi ieri in un bombardamento aereo condotto dall'aviazione statunitense sul villaggio di Shorak, nel distretto di Dawaba. L'informazione e' stata confermata da Ramatullah Rashed, esponente politico di spicco locale, secondo il quale i civili uccisi nel raid aereo, che ha completamente distrutto il villaggio, sono almeno 23 e 50 i feriti. Secondo l'agenzia di stampa afgana "Pajhwok", i civili uccisi sono addirittura 40, e 30 i feriti. Ieri sera, fonti militari Usa avevano reso nota l'uccisione di un numero "significativo" di insorti nell'operazione lanciata in risposta a un attacco costato la vita a tre soldati afgani, escludendo vittime civili. Sia nell'est che nel sud dell'Afghanistan, i bombardamenti aerei condotti dall'aviazione Nato e Usa nell'ambito dell'operazione "Scimitarra" stanno causando un alto numero di vittime tra la popolazione civile. L'offensiva alleata e' scattata all'inizio di marzo in tutto il Paese nella speranza di prevenire l'offensiva di primavera dei talebani. 2. INCONTRI. ALCUNI INCONTRI IN VENETO DAL 9 AL 15 APRILE [Da Michele Boato (per contatti: micheleboato at tin.it) riceviamo e volentieri diffondiamo. Per ulteriori informazioni: www.ecoistituto-italia.org Michele Boato e' nato nel 1947, docente di economia, impegnato contro la nocivita' dell'industria chimica dalla fine degli anni '60, e' impegnato da sempre nei movimenti pacifisti, ecologisti, nonviolenti. Animatore di numerose esperienze didattiche e di impegno civile, direttore della storica rivista "Smog e dintorni", impegnato nell'Ecoistituto del Veneto "Alexander Langer", animatore del bellissimo periodico "Gaia" e del foglio locale "Tera e Aqua". Ha promosso la prima Universita' Verde in Italia. Parlamentare nel 1987 (e dimessosi per rotazione un anno dopo), ha promosso e fatto votare importanti leggi contro l'inquinamento. Con significative campagne nonviolente ottiene la pedonalizzazione del centro storico di Mestre, contrasta i fanghi industriali di Marghera. E' impegnato nella campagna "Meno rifiuti". E' stato anche presidente della FederConsumatori. Gia' apprezzato assessore regionale del Veneto. Con Mao Valpiana e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". E' una delle figure piu' significative dell'impegno ecopacifista e nonviolento, che ha saputo unire ampiezza di analisi e concretezza di risultati, ed un costante atteggiamento di attenzione alle persone rispettandone e valorizzandone dignita' e sensibilita'. Per le elezioni politiche dell'aprile 2008 e' capolista della lista "Per il bene comune" in Veneto e prestigioso candidato di sostegno in altre regioni. Tra le opere di Michele Boato: ha curato diverse pubblicazioni soprattutto in forma di strumenti di lavoro; cfr. ad esempio: Conserva la carta, puoi salvare un albero (con Mario Breda); Ecologia a scuola; Dopo Chernobyl (con Angelo Fodde); Adriatico, una catastrofe annunciata; tutti nei "libri verdi", Mestre; nella collana "tam tam libri" ha curato: Invece della tv rinverdire la scuola (con Marco Scacchetti); Erre magica: riparare riusare riciclare (con Angelo Favalli); In laguna (con Marina Stevenato); Verdi tra governo e opposizione (con Giovanna Ricoveri). Un'ampia intervista a Michele Boato curata da Diana Napoli e' apparsa nei nn. 157-158 di "Voci e volti della nonviolenza"] Mercoledi' 9 aprile, alle ore 20,30 a Vittorio Veneto in Biblioteca Civica a Ceneda, piazza Giovanni Paolo I, incontro su "Verso un'economia nonviolenta, dalla sobrieta' personale alla giustizia sociale" con Michele Boato, Ecoistituto del Veneto, Toio de Savorgnani, Comitato parco Cansiglio, Giancarlo Gazzola, Mountain Wilderness. * Giovedi' 10 aprile, alle ore 18 a Mestre, Centro culturale Citta'perta, in via Col Moschin 20 (angolo via Felisati a 300 metri dalla stazione), incontro mensile con Giulio Labbro Francia del Movimento dei consumatori su "Stiamo battendo l'inflazione con l'alleanza diretta tra Gruppo di acquisto e produttori biologici". * Sabato 12 aprile, alle ore 21 a Badia Polesine (Ro), sala civica Gidoni inaugurazione di Apida-incontri-giornate per l'ambiente con la conferenza di Michele Boato, direttore dell'Ecoistituto su "Alla ricerca di un'economia nonviolenta: dalla sobrieta' personale alla giustizia sociale". * Martedi' 15 aprile, alle ore 18 a Mestre, presso il Centro culturale Citta'perta, secondo incontro, aperto a tutte/i, del Movimento Nonviolento su "Donne e nonviolenza": Tiziana Valpiana, presidente de "Il melograno" di Verona, presenta la figura di Maria Montessori, pedagogista, scienziata, femminista. 3. RIFLESSIONE. ANNA BRAVO: RESISTENZA E RIDUZIONE DEL DANNO [Dal sito www.provincia.bologna.it riprendiamo la trascrizione dell'intervento di Anna Bravo sul tema "Movimenti di liberazione e riduzione del danno" svolto alla cerimonia di consegna del Premio "Diana Sabbi", presso la Provincia di Bologna, il 12 maggio 2006. Anna Bravo, storica e docente universitaria, vive e lavora a Torino, dove ha insegnato Storia sociale. Si occupa di storia delle donne, di deportazione e genocidio, resistenza armata e resistenza civile, cultura dei gruppi non omogenei, storia orale; su questi temi ha anche partecipato a convegni nazionali e internazionali. Ha fatto parte del comitato scientifico che ha diretto la raccolta delle storie di vita promossa dall'Aned (Associazione nazionale ex-deportati) del Piemonte; fa parte della Societa' italiana delle storiche, e dei comitati scientifici dell'Istituto storico della Resistenza in Piemonte, della Fondazione Alexander Langer e di altre istituzioni culturali. Luminosa figura della nonviolenza in cammino, della forza della verita'. Opere di Anna Bravo: (con Daniele Jalla), La vita offesa, Angeli, Milano 1986; Donne e uomini nelle guerre mondiali, Laterza, Roma-Bari 1991; (con Daniele Jalla), Una misura onesta. Gli scritti di memoria della deportazione dall'Italia, Angeli, Milano 1994; (con Anna Maria Bruzzone), In guerra senza armi. Storie di donne 1940-1945, Laterza, Roma-Bari 1995, 2000; (con Lucetta Scaraffia), Donne del novecento, Liberal Libri, 1999; (con Anna Foa e Lucetta Scaraffia), I fili della memoria. Uomini e donne nella storia, Laterza, Roma-Bari 2000; (con Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia), Storia sociale delle donne nell'Italia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001; Il fotoromanzo, Il Mulino, Bologna 2003; A colpi di cuore, Laterza, Roma-Bari 2008] Grazie per questo invito che per me e' un onore ed una gioia. Ovviamente non solo per me, perche' e' come se ci fosse un filo di continuita', tra la grande donna che ha fatto cosi' tante cose nella sua vita, e alcune rappresentanti delle nostre istituzioni elettive, storiche, ricercatrici giovani, filo che lascia pensare ad una tradizione che corre attraverso persone diverse. Una tradizione in cui sono benvenuti gli uomini, quelli che sono interessati a questo tema e portano un contributo nuovo. * Ho pensato di presentare alcune riflessioni su un concetto a me molto caro in questo periodo: quello della riduzione del danno. Negli anni c'e' stata una campagna mediatica e di molti libri completamente centrata sull'aspetto cruento della Resistenza (non credo assolutamente che bisogna sacralizzare la Resistenza) che ha favorito un'immagine non rispondente al vero. Parlero' di riduzione del danno non per contrapporre dei pro a dei contro, per fare la conta del bene e del male che c'e' stato (non penso sia un tema interessante), trattero' invece questo concetto, perche', insistere tanto sull'aspetto cruento della Resistenza ha causato un effetto deleterio: quello di smembrare, di sminuzzare l'interezza dell'esperienza partigiana. Il secondo pericolo che vedo e' che si crei un solco tra resistenza armata e resistenza non armata: due fenomeni diversi ma con punti in comune importanti da rintracciare per evitare contrapposizioni inutili che non fanno procedere nella ricerca storica. Quindi si tratta di prendere lo spunto da una campagna mediatica "brutta" per capire se ci sono delle cose da ricavare per andare avanti. * Vorrei, preliminarmente, dire due cose: primo, quando si parla di riduzione del danno, non si parla del cosiddetto male minore che significa contemplare una situazione e scegliere il male meno grave. Parlare di riduzione del danno, in particolare in una situazione di guerra, significa, invece, agire perche' un danno diventi piu' piccolo, si tratta di una posizione molto attiva e forte in cui le donne sono state particolarmente protagoniste. Secondo, il concetto di riduzione del danno non appartiene solo ai movimenti di resistenza; nella corrente giuridica del pacifismo, che nasce gia' nella seconda meta' dell'800, vi e' un grande lavoro di riduzione del danno affidata ad accordi bilaterali, a trattati internazionali che fissano divieti ed obblighi sia per i prigionieri di guerra sia per i civili (la massima esponente di questa corrente pacifista e' una donna che si chiamava Bertha von Suttner, che ha avuto il premio Nobel nel 1905), vi e' il tentativo di creare una struttura giuridica che ponga dei limiti oltre i quali erano previste ritorsioni piu' gravi. (Purtroppo tutto questo e' sempre accaduto solo dopo una guerra, basti pensare alla Dichiarazione dei diritti dell'uomo). * L'aspetto interessante delle pratiche di riduzione del danno nella Resistenza, intesa nel suo senso piu' ampio, e' che avvengono dentro la guerra, in piena guerra. Parlero' della Resistenza in Italia per squarci, poiche' il tempo e' poco. Comunque, lo sforzo di ridurre il danno e' un punto tipico, per certi versi ovvio. Il partigiano combatte nel suo territorio, ha a che fare con i suoi connazionali, concittadini, compaesani, e' interessato a proteggere il paese, pertanto e' quantomai scontata questa caratteristica dell'azione. Ma il movimento partigiano, il movimento armato, ha anche una priorita', quella di contribuire alla sconfitta di fascisti e tedeschi. Far saltare un treno mette in difficolta' il nemico, ma c'e' la consapevolezza che tale ponte nel dopoguerra non ci sara' piu'. Qui emerge l'aspetto drammatico che il partigiano in armi spesso vive. Vi e' un insieme di ricerche italiane molto belle, parlo di Pezzino, Contini, Portelli, Paggi, che hanno analizzato tale dilemma nelle conseguenze della memoria di cittadini vittime di stragi naziste, registrando contraddizioni, come e' normale che sia. Il partigiano, percio, si trova di fronte questo dilemma, che non si puo' risolvere in modo indolore, mentre la Resistenza disarmata, civile, ha come sua priorita' quella di diminuire al massimo il dominio e lo sfruttamento che il nazismo esercita sulle popolazioni occupate. Ossia, limitare la razzia di beni, di persone, le deportazioni degli ebrei e quelle politiche. La resistenza civile si muove molto all'interno di questa logica attiva di diminuzione del danno. * Pensando alla contrapposizione che poteva nascere dalla campagna mediatica in cui da un lato c'e' la resistenza armata uguale sangue e violenza, la resistenza civile uguale salvezza ed angelismo, il concetto di riduzione del danno e' interessante, poiche' presenta punti di contatto tra questi due settori della Resistenza, che noi donne non abbiamo mai contrapposto l'uno all'altro, ma che spesso sono stati tenuti divisi. Durante le pratiche armate c'era infatti la possibilita' di ridurre il danno. Partiro' portando l'esempio di alcune donne che erano contemporaneamente partigiane in armi o gappiste e membri di Gruppi di difesa delle donne che come noto sono l'organizzazione piu' attenta a salvaguardare la comunita', la sua sopravvivenza ed i suoi valori. (Un esempio vicino a noi, dallíaltra parte dell'Italia, e' quello dei gruppi di Carrara, che riescono a bloccare gli sfollamenti forzati vanificando il piano tedesco di ritirarsi attraverso territori sgombri. Essi impediscono questa manovra e la distruzione completa della citta' di Carrara). Una donna che lavora nei due settori e' Nelia Benissone, una delle partigiane intervistate da Anna Maria Bruzzone e Rachele Farina per La Resistenza taciuta. Nelia aveva come specializzazione il sequestro di fascisti e tedeschi da scambiare con partigiani o con ostaggi, una classica azione che si fa con le armi, prendendo una persona per strada e portandola ai comandi per dare avvio alla trattativa. Nello stesso tempo era molto impegnata nel Soccorso rosso, nei Gruppi di difesa della donna, contribuiva a creare ambulatori per i giorni della liberazione, essendo cosi' parte di una cosa e dell'altra. Sentendola raccontare dopo tanti anni, non si capisce la cosa che piu' le dava soddisfazione, gioia di se', l'unica cosa che si comprende e' che le mancava la politica, perche' i casi della vita hanno fatto si' che lei non potesse piu' avere un impegno politico. Comunque, come si e' potuto vedere, anche il partigiano in armi, in questo caso la partigiana, puo' muoversi nell'ottica della diminuzione del danno, insieme ad altre donne, determinando un punto di convergenza. * Un secondo terreno, che stranamente non e' emerso durante la polemica di due o tre anni fa intorno al libro di Pansa, e' costituito dalle pratiche armate che nascono proprio per ridurre il danno. Uno degli aspetti meno citati e' il fatto che, se l'Italia nel dopoguerra ha avuto danni limitati all'apparato industriale, e' perche' i partigiani hanno difeso le fabbriche. Militarmente, con le armi in pugno, hanno salvaguardato gli impianti industriali. Infatti, gli indici di distruzione sono piu' alti per quanto concerne l'agricoltura rispetto all'industria, proprio per questa azione difensiva dei partigiani. Nelle campagne vi era l'abitudine dei fascisti di bandire gli ammassi e di requisire gli animali, mucche, cavalli ecc. I partigiani spesso arrivavano disturbando e facendo fallire la requisizione, sapendo bene che requisire una mucca, significava togliere ad una famiglia il modo di tirare avanti ancora per un anno di guerra o di quanto sarebbe stato. Tali casi sono di grande interesse, ma poco valorizzati. Un altro caso in cui bisognerebbe far partire delle ricerche e' il problema delle tregue, visto finora in maniera molto limitativa. Spesso le tregue venivano fatte per motivi politici, per isolare una certa parte politica rispetto ad altre, ma in alcuni casi, come nel biellese, sono state fatte per dare un po' di respiro alle popolazioni, per consentire di fare uscire dalle valli i tessuti e far entrare denaro per la sopravvivenza. In tal caso, concordare una tregua e' proprio un atto di riduzione del danno, abbandonando l'idea di bellicosita' come valore da perseguire sempre e comunque; vuol dire aver capito quando e' piu' importante che si possano esportare tessuti e dar da mangiare alle persone piuttosto di fare uno scontro a fuoco. Sempre nel biellese, nella primavera del '45, viene firmato un contratto molto avanzato nell'industria tessile, con ridistribuzione del potere e ridistribuzione economica. Esso e' stato "incoraggiato" dai partigiani dimostrando un altro modo di intervenire nella societa' civile: essi mostrano le armi ma non le utilizzano. E' possibile cosi' individuare il valore di riduzione del danno connaturato a certe pratiche armate. * Infine l'aspetto, di cui si e' discusso poco, ossia la riparazione del danno sul piano simbolico. E' vero che c'e' stato un dibattito molto forte intorno all'idea di morte della patria (penso da un lato a Ernesto Galli della Loggia e Elena Aga Rossi, dall'altro a Claudio Pavone, Vittorio Foa e molti altri). Alcuni sostengono che l'8 settembre con il disfacimento dell'esercito vi e' la fine della patria, altri come Vittorio Foa pensano, diversamente, alla rinascita della patria, perche' quella che muore e' la patria fascista. Si tratta di due posizioni inconciliabili se viste a livello dei vertici, come questione di apparati, crollo dell'esercito e degli alti comandi, disfacimento degli uffici ecc. In ogni caso, pensando ad alcune ricerche che ho fatto tanti anni fa, mi rendo conto che il concetto di morte della patria non colpisce solo i fascisti, i monarchici o chi pensa che la sfera pubblica delle istituzioni debba mantenere il suo potere, per essere rispettabile e rispettata. Ci sono anche borghesi "piccoli-piccoli" che non sono particolarmente legati a queste tesi, ma che si sentono, in qualche modo, vicini al destino dell'esercito e delle istituzioni e che, trovandosi occupati, vivono l'umiliazione di un popolo che non osa agire perche' occupato e sfruttato dai nazisti. E' chiaro che il riscatto dall'occupazione fascista e dalla sua primogenitura, nonche' la riduzione del danno, sono rappresentati dalla Resistenza, come movimento. Guardando la storia ad un livello micrologico, si vede l'esistenza del disagio, della sofferenza, dello smarrimento, in persone che non sono legate ad ideali militaristi, patriottici o monarchici. E si vedono situazioni in cui le armi possono funzionare come riscatto sul piano simbolico. Avevo un amico, un giovane operaio di famiglia contadina, Giovanni Rocca, nome di battaglia Primo, che aveva combattuto con i partigiani in Jugoslavia e poi era tornato al suo paese nel Monferrato. Era molto combattivo e in poco tempo aveva tirato su' un gruppo di amici e fatto molti colpi rifornendosi ampiamente di armi nemiche. Nel giro di poco piu' di un anno era diventato capo di una divisione garibaldina grande e combattiva. La sua inclinazione "anarcoide", "ribellistica", aveva causato in parte screzi con la dirigenza garibaldina composta da persone molto piu' adulte e con una storia molto diversa. Prima ancora di conoscere questa persona, di diventare sua amica, ho sentito parlarne proprio da questi borghesi "piccoli piccoli" che ho nominato. Come sapete le trattative tra partigiani e tedeschi esistevano per lo scambio di ostaggi di prigionieri, trattative per stabilire una tregua momentanea, per non fare rappresaglie in un certo paese. Nel momento della trattativa ad un lato del fiume vi erano gli ufficiali e dall'altro questo mio amico (vestito in maniera spettacolare: con i pantaloni corti, gli stivali, un berretto con una enorme stella rossa, giubbotto di pelle e carico dalla testa ai piedi di armi tedesche) che pianissimo senza scorta attraversava questo ponte. Questi borghesi piccoli piccoli avevano paura della durezza leggendaria di questo comandante partigiano, paura dei grandi rivolgimenti che la Resistenza prometteva all'Italia. Avrebbero forse preferito restare come erano, ma vivendo quella situazione di umiliazione, di non osare di ribellarsi, di sentirsi nessuno, come si sente chi e' occupato, si identificavano moltissimo con questo ragazzo, utilizzando la frase "andava a trattare da pari a pari". Tale puo' definirsi una forma di riduzione del danno simbolico, attuata paradossalmente, attraverso l'ostensione di un corpo maschile ricoperto completamente di armi. Si tratta di una forma di riduzione del danno molto vicina ad una cosa che forse puo' sembrare il suo contrario. Parlando dei Gruppi di difesa della donna ho dimenticato di dire una cosa molto importante. Essi cercavano di dare sepoltura ai morti partigiani. (Qualcuno ricordera' le ragazze dei gruppi che nei funerali portavano un garofano rosso e alle quali i fascisti giravano intorno) ed alle vittime dei tedeschi anche non partigiani. Il tentativo era di rendere giusto onore alle vittime e di sanare quella ferita enorme che prova una comunita' quando i morti non vengono sepolti. Le esequie rappresentavano un'alta strategia politica simbolica che paradossalmente rientrava nello stesso piano di ricostituzione della fiducia in se', del senso dell'onore che aveva questo mio caro amico. * Partendo dal fastidio di vedere questa campagna che ha smembrato l'interezza di un'esperienza molto complicata, in cui nessuno ha parlato del fatto che si stabilivano tregue che consentivano alla gente di sopravvivere, di questi funerali ancora molto vivi nella memoria delle persone anziane, credo, per concludere, che gli storici uomini, per lo meno alcuni, sono stati troppo legati a questa immagine della lotta armata come sola vera forma di lotta antifascista, mentre e' acclarato che ci sono forme di lotta altrettanto importanti come ad esempio la protezione degli ebrei che significa sottrarre prede ad Hitler, fatti che hanno lo stesso valore. Nel dibattito di due-tre anni fa, non sono venuti fuori questi temi, impoverendolo molto, ma aprendo per alcuni un altro punto di vista, con uno sguardo di riflessione di genere maschile e femminile, libero da questo primato delle armi e dalla falsa idea che non usarle costituisca un atto di codardia, di rinuncia al conflitto. * Chiudo dicendo che sono di fede atea e nonviolenta. In giro domina l'immagine di nonviolenza come assenza di conflitto, ma non e' cosi', poichee' la nonviolenza riconosce che vi e' in atto un conflitto terribile e cerca di gestirlo riducendo al massimo il danno, quindi e' la forma piu' alta a cui noi possiamo rifarci e che esisteva gia' nella Resistenza. 4. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di' chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 5. LIBRI. ELENA LOEWENTHAL PRESENTA "PAUL CELAN. BIOGRAFIA DELLA GIOVINEZZA" DI ISRAEL CHALFEN [Dal supplemento "Tuttolibri" del quotidiano "La stampa" del 5 aprile 2008, col titolo "Celan, il nero latte dell'abisso". Elena Loewenthal, limpida saggista e fine narratrice, acuta studiosa; nata a Torino nel 1960, lavora da anni sui testi della tradizione ebraica e traduce letteratura d'Israele, attivita' che le sono valse nel 1999 un premio speciale da parte del Ministero dei beni culturali; collabora a "La stampa" e a "Tuttolibri"; sovente i suoi scritti ti commuovono per il nitore e il rigore, ma anche la tenerezza e l'amista' di cui sono impastati, e fragranti e nutrienti ti vengono incontro. Nel 1997 e' stata insignita altresi' del premio Andersen per un suo libro per ragazzi. Tra le opere di Elena Loewenthal: segnaliamo particolarmente Gli ebrei questi sconosciuti, Baldini & Castoldi, Milano 1996, 2002; L'Ebraismo spiegato ai miei figli, Bompiani, Milano 2002; Lettera agli amici non ebrei, Bompiani, Milano 2003; Eva e le altre. Letture bibliche al femminile, Bompiani, Milano 2005; con Giulio Busi ha curato Mistica ebraica. Testi della tradizione segreta del giudaismo dal III al XVIII secolo, Einaudi, Torino 1995, 1999; per Adelphi sta curando l'edizione italiana dei sette volumi de Le leggende degli ebrei, di Louis Ginzberg. Israel Chalfen nacque nel 1909 a Paltinossa (Bucovina); dopo aver frequentato le scuole a Vienna e a Cernowitz, studio' medicina a Praga e a Parigi e dopo la guerra emigro' in Israele dove esercito' la professione medica. Opere di Israel Chalfen: Paul Celan. Biografia della giovinezza, Giuntina, Firenze 2008. Paul Celan, poeta di lingua tedesca, nato a Czernowitz nella Bukovina nel 1920, perseguitato e internato in campo di concentramento. Visse poi a Vienna e a Parigi; si e' tolto la vita nel 1970. Opere di Paul Celan: Poesie, Mondadori, Milano 1998; La verita' della poesia, Einaudi, Torino 1993. Dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo i seguenti stralci dalla voce a lui dedicata: "Paul Celan (Cernowitz, 23 novembre 1920 - Parigi, 20 aprile 1970) e' stato un poeta francese ebreo, di madrelingua tedesca, nato in una citta' della Bucovina austroungarica, oggi sotto l'Ucraina. Il futuro scrittore, sin dalla sua infanzia, trascorsa quasi interamente a Czernowitz e caratterizzata dall'educazione rigida e repressiva del padre, apprende la conoscenza della lingua e della letteratura tedesca in particolare grazie alla madre. Nel 1938, ottenuta la maturita', decide di iscriversi alla facolta' di medicina a Tours, in Francia; il treno sul quale viaggia sosta a Berlino proprio durante la Notte dei cristalli. Poco piu' tardi, nel 1942, in seguito all'occupazione tedesca della Bucovina, Celan sperimenta direttamente, a causa delle sue origini ebraiche, le deportazioni che in quel periodo condussero gli ebrei di tutta Europa all'Olocausto. Il giovane Antschel (Celan, il suo nome d'arte e' l'anagramma del suo vero cognome) riesce a sfuggire alla deportazione vera e propria e viene spedito in diversi campi di lavoro in Romania, ma perde definitivamente i suoi genitori, catturati dai nazisti: il padre muore di tifo e la madre viene fucilata nel campo di concentramento di Michailovka, in Ucraina. Nel 1944, con la liberazione da parte delle truppe sovietiche, Celan torna a Czernowitz per completare gli studi nella facolta' di anglistica; nel 1945 parte per Bucarest, dove trova lavoro come traduttore e conosce alcuni importanti poeti romeni, fra cui Petre Solomon; e' di questo periodo la nascita dello pseudonimo Paul Celan e la pubblicazione della prima versione di Todesfuge. E' pero' costretto a fuggire nuovamente, attraverso l'Europa, a causa delle persecuzioni del regime comunista, e trova ospitalita' in Francia, a Parigi. Qui si sposa nel 1951 con la pittrice Gisele de Lestrange e pubblica, nell'anno successivo, il suo scritto piu' famoso, Mohn und Gedaechtnis, contenente la sua celeberrima poesia "Todesfuge", cioe' "fuga (musicale) della morte". Nel 1953, ormai inseritosi nel tessuto culturale francese, subisce gravissime e ingiuste accuse di plagio da parte della vedova del poeta Yvan Goll; Celan riuscira' a scagionarsi, ma queste accuse mineranno profondamente le sue condizioni psichiche, gia' provate dagli avvenimenti dell'infanzia e del periodo bellico. Sempre piu' frequenti divengono in quegli anni i contatti con gli ambienti culturali tedeschi, con il Gruppo 47 (anche in seguito a una breve relazione, risalente al 1948, con la poetessa Ingeborg Bachmann) e altri poeti e scrittori. Occasione di questi incontri sono diverse letture pubbliche di poesie, e in particolare alcuni premi, fra cui quello della citta' di Brema, nel 1958, in occasione della cui consegna Celan descrive la sua poesia come "un messaggio nella bottiglia". Nel 1960, in occasione della consegna del premio Buechner, pronuncia un importante discorso sul valore della poesia, dal titolo "Der Meridian". Nel 1967, in seguito a un progressivo peggioramento delle sue condizioni psichiche, si separa dalla moglie, dalla quale aveva avuto due figli, Eric e Francois (quest'ultimo morto dopo pochi giorni di vita). Sempre nel 1967, dopo aver tenuto pubblica lettura delle sue poesie a Friburgo, si incontra nella baita di Todtnauberg con il pensatore tedesco Heidegger, cui chiedera', senza successo, un ripensamento sulla sua silenziosa complicita' col nazismo. Nella notte tra il 19 e il 20 aprile del 1970 si toglie la vita gettandosi nella Senna dal Ponte Mirabeau. Opere di Paul Celan: Der Sand aus den Urnen, 1948 (trad. it.: "La sabbia delle urne"); Mohn und Gedaechtnis, 1952 (trad. it.: "Papavero e memoria"); Von Schwelle zu Schwelle, 1955 (trad. it.: "Di soglia in soglia"); Sprachgitter, 1959 (trad. it.: "Grata di linguaggio"); Der Meridian, 1961 (trad. it.: "Il meridiano"); Die Niemandsrose, 1963 (trad. it.: "La rosa di nessuno"); Atemwende, 1967 (trad. it.: "Svolta del respiro"); Fadensonnen, 1968 (trad. it.: "Filamenti di sole"); Lichtzwang (postumo), 1970 (trad. it.: "Luce coatta"); Schneepart (postumo), 1971 (trad. it.: "Parte di neve"); Zeitgehˆft (postumo), 1976 (trad. it.: "Dimora del tempo"). Opere su Paul Celan: Wolfgang Emmerich, Paul Celan, Reinbek (Rowohlt) 1999; Barbara Wiedemann, Paul Celan. Die Goll-Affaere, Dokumente zu einer "Infamie", Frankfurt/Main (Suhrkamp) 2000; Andrei Corbea-Hosie (Hrsg.), Paul Celan. Biographie und Interpretation, Bukarest und Konstanz 2000; Jacques Derrida, Schibboleth, Ferrara, Gallio, 1991; Hans-Georg Gadamer, Chi sono io, chi sei tu, Genova, Marietti, 1989; Maurice Blanchot, L'ultimo a parlare, Genova, Melangolo, 1990; Ilana Shmueli, Di' che Gerusalemme e'. Su Paul Celan ottobre 1969 - aprile 1970, Macerata, Quodlibet 2003; Camilla Miglio, Vita a fronte. Saggio su Paul Celan, Macerata, Quodlibet 2005"; Israel Chalfen, Paul Celan. Biografia della giovinezza, Giuntina, Firenze 2008] Paul Celan nacque a Czernowitz, citta' della Bucovina attualmente in Ucraina, il 23 novembre del 1920. Nel nome che porta, anzi nei nomi mutevoli che la sua biografia gli ha assegnato, sta in fondo gia' inscritto il suo destino. Viene al mondo, infatti, in una famiglia di dotta tradizione religiosa, originaria della Galizia. Il padre Leo aveva conservato il doppio cognome, quello paterno (Teitler) e quello materno, Antschel, che, con una sofferta permutazione di lettere dell'alfabeto ebraico, sarebbe diventato la sigla dell'arte poetica di suo figlio: si tramuto' infatti in Celan. Anche la madre di Paul proveniva da un'illustre famiglia chasidica: sara' lei a dargli accesso alla letteratura e alla lingua tedesca. Ma Paul riceve alla nascita, o meglio in quell'ottavo giorno dopo il parto che segna l'ingresso di un ebreo nel patto di Abramo e della sua discendenza con il Signore, attraverso la circoncisione, anche un altro nome. Che come sempre per i neonati d'Israele, viene impartito durante la cerimonia. Il nome ebraico di Paul e' Pessach, cioe' Pasqua, o ad essere piu' precisi "passaggio", perche' tale e' la traduzione letterale di questo termine. In un giorno imprecisato verso la fine di aprile del 1970, Paul Celan si butto' nella Senna. La Pasqua ebraica - Pessach - cadeva in quei giorni, come a siglare l'appartenenza a un destino che il nome porta inevitabilmente con se'. Perche' e' cosi' vero che la vita di Celan fu un passaggio, un transito da un dolore a una nostalgia, da una perdita a un ricordo. Dalla Bucovina alla Francia e ritorno - durante gli studi e dopo la guerra. Dal campo di lavoro alla casa dove non trovo' piu' madre e padre, scomparsi nella Shoah. Da una solitudine a un'altra, malgrado gli amori e le amicizie. Israel Chalfen, nato anch'egli in Bucovina dieci anni e piu' prima di Celan, emigrato a Praga, Parigi e definitivamente in Israele dove ha fatto il medico, narra ora ai lettori la biografia di questo poeta cosi' enigmatico eppure cosi' aperto sulla pagina: Paul Celan. Biografia della giovinezza (per Giuntina editrice, traduzione di Alessandra Luise, pp. 196, euro 14). E' una biografia parziale, perche' si ferma all'indomani dell'ultimo "passaggio" di Celan, che nel 1948 si trasferi' definitivamente a Parigi. Ma in fondo ci racconta, con garbo narrativo e una vicinanza che il tempo e la distanza geografica non hanno scalfito, gli anni che fondano tutta l'esperienza umana e artistica del poeta. Quest'esperienza si avvita tutta intorno al terribile momento in cui Celan trova vuota la casa di famiglia. Vuota e serrata dall'esterno. I suoi sono stati deportati: "Albarella, e' bianca la tua fronda che guarda nel buio. Bianchi non si fecero i capelli di mia madre. Dente di leone, cosi' verde e' l'Ucraina. Non fece ritorno mia madre ch'era bionda". Celan continuera' per il resto della vita a usare un'unica lingua - matrigna per lui: il tedesco. Che nei suoi versi distilla l'indicibile, da' voce - forse per nostalgia straziata, fors'anche per vendetta, l'unica che la storia gli avesse concesso - al "nero latte" dell'abisso. 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 420 del 9 aprile 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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