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Minime. 408
- Subject: Minime. 408
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 28 Mar 2008 00:59:38 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 408 del 28 marzo 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Mentre proseguono le stragi 2. Enrico Piovesana: La truffa degli aiuti mentre le stragi proseguono 3. Michael Moore: La guerra di Bush 4. Il 28 marzo a Roma 5. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 6. Luca Cangemi presenta "Il mondo nel mirino" di Rey Chow 7. Alessandro Corio presenta "Il mondo nel mirino" di Rey Chow 8. "Le Monde Diplomatique" presenta "Il mondo nel mirino" di Rey Chow 9. Chiara Marchetti presenta "Giovani musulmani d'Italia" di Annalisa Frisina 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. MENTRE PROSEGUONO LE STRAGI Mentre proseguono le stragi in Afghanistan, i corresponsabili italiani di esse chiedono ai cittadini italiani un voto per poter continuare a provocare la morte di tanti innocenti. Evidentemente per i signori che dalla destra nazista giungono alla ex-sinistra arlecchina l'Italia e' una repubblica fondata sull'assassinio. * Non un voto ai partiti della guerra e del razzismo. Non un voto ai partiti della partecipazione militare italiana alla guerra terrorista e stragista, alla guerra imperialista e razzista, alla guerra nemica dell'umanita', violatrice del diritto internazionale e della legalita' costituzionale. Non un voto al superpartito degli assassini che raccoglie il mucchio selvaggio che va dalla destra nazista alla ex-sinistra arlecchina. * Votare occorre per quelle liste che si oppongono alla guerra e al razzismo. Votare occorre per quelle liste che difendono i diritti umani, il diritto internazionale, la legalita' costituzionale, la civilta' giuridica e la democrazia. Votare occorre. Contro la guerra. Contro il razzismo. Votare occorre. Per salvare le vite. 2. AFGHANISTAN. ENRICO PIOVESANA: LA TRUFFA DEGLI AIUTI MENTRE LE STRAGI PROSEGUONO [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 27 marzo 2008, dal titolo "Afghanistan, la truffa della ricostruzione. Un rapporto svela la farsa degli aiuti internazionali". Enrico Piovesana, giornalista, lavora a "Peacereporter", per cui segue la zona dell'Asia centrale e del Caucaso; e' stato piu' volte in Afghanistan in qualita' di inviato] Un duro rapporto stilato dall'Oxfam per l'Acbar, l'agenzia internazionale che coordina un centinaio di Ong che operano in Afghanistan, denuncia la grande farsa degli aiuti internazionali destinati alla ricostruzione e all'assistenza umanitaria. * Soldi promessi e mai dati Il primo problema evidenziato dal rapporto e' la scarsita' dei finanziamenti a cui si aggiunge la mancata erogazione di gran parte dei fondi promessi. La comunita' internazionale spende circa 4,5 milioni di euro al giorno in attivita' umanitarie e di ricostruzione; per le operazioni militari i soli Stati Uniti spendono quotidianamente oltre 60 milioni di euro: una differenza che ben descrive quali siano le reali priorita' della comunita' internazionale. Se questo gia' si sapeva, risulta invece degno di nota il fatto che degli oltre 15 miliardi di euro promessi dai donatori (governi e istituzioni internazionali) dal 2001 a oggi, meno di 10 sono stati effettivamente spesi. I soli Stati Uniti, ad esempio, hanno dato solo la meta' dei 6 miliardi di euro promessi negli ultimi anni. Gli altri Paesi, in media, hanno dato due terzi delle cifre impegnate. * Soldi che tornano indietro Ma la rivelazione piu' scioccante del rapporto dell'Acbar, e' che dei pochi finanziamenti internazionali effettivamente erogati per i progetti umanitari e di ricostruzione, quasi la meta' torna nelle tasche dei Paesi donatori sotto forma di contratti d'appalto fatti ad aziende occidentali o di spese per gli stipendi, il vitto, l'alloggio, la sicurezza e la mobilita' del personale espatriato. Per esempio, quasi la meta' dei finanziamenti della Cooperazione statunitense (UsAid) sono finiti in appalti a cinque multinazionali Usa (Kbr-Halliburon, Louis Berger Group, Chemonics International, Bearing Point e Dyncorp). Lo stipendio medio di un operatore umanitario occidentale che lavora in Afghanistan e' di 20.000 euro al mese. Per non parlare delle case con piscina e aria condizionata in cui vengono alloggiati, delle guardie armate che proteggono abitazioni e uffici (10.000 uomini solo a Kabul), dei rifornimenti di cibo occidentale spediti dalla madrepatria e delle flotte di lussuosi fuoristrada Toyota. * Soldi spesi malissimo Tolto tutto questo, i soldi effettivamente spesi per gli afgani sono stati circa 9 miliardi di dollari. Che pero', spiega il rapporto, sono stati spesi nella peggior maniera possibile. I progetti, infatti, non sono stati decisi dalle Ong in base alle effettive esigenze della popolazione, ma sono stati gestiti dai Prt provinciali della Nato in base a logiche militari, vale a dire allo scopo di "conquistare le menti e i cuori" delle popolazioni che vivono nelle aree controllate dai talebani. Un sistema che spesso finisce con il diventare un aperto ricatto nei confronti delle comunita': "Se volete che vi costruiamo la scuola o il pozzo o la strada, dovete fornire informazioni sui talebani e non sostenerli piu'". Una strategia che si e' rivelata fallimentare sia sul piano militare (l'insurrezione talebana si e' estesa di anno in anno) che su quello umanitario, dato che i progetti spesso vengono abbandonati per le scarse condizioni di sicurezza. 3. RIFLESSIONE. MICHAEL MOORE: LA GUERRA DI BUSH [Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 marzo 2008, col titolo "La guerra di Bush. Quattromila morti. E allora?". Michael Moore, una delle figure piu' vivaci ed acute del pacifismo americano, e' regista cinematografico; giornalista e scrittore. Dal sito della casa editrice Feltrinelli riprendiamo la seguente scheda: "Michael Moore e' il piu' famoso e brillante regista di documentari degli Stati Uniti. Nato nel 1954 a Flint, nel Michigan, ha lavorato per diversi anni come giornalista in riviste indipendenti, per poi passare al cinema. Ha scritto, diretto e prodotto Roger e io (New York Film Critics Circle Award 1989), Bowling a Columbine (Premio speciale della giuria al festival di Cannes 2002 e Oscar come miglior documentario 2003), Fahrenheit 9/11 ha vinto la Palma d'oro al festival di Cannes 2004 e, in una settimana, ha incassato piu' di qualsiasi altro documentario nella storia. Moore e' autore di best seller quali Stupid White Men (Mondadori 2003) e Come hai ridotto questo paese? (Mondadori 2003). Ha inventato alcune fortunate serie televisive satiriche". Tra i libri di Michael Moore: Stupid White Men, Mondadori, Milano 2003; Ma come hai ridotto questo paese?, Mondadori, Milano 2003; Giu' le mani!, Mondadori, Milano 2004; L'esecuzione, Mondadori, Milano 2004; Ingannati e traditi. Lettere dal fronte, Mondadori, Milano 2005] Doveva capitare la domenica di Pasqua, no? che il quattromillesimo soldato americano morisse in Iraq. Fatemi risentire quel folle predicatore, volete? sul perche' forse Dio, nella sua infinita saggezza, non abbia esattamente benedetto l'America in questi giorni. Qualcuno si sorprende? 4.000 morti. Stime non ufficiali dicono che possono esserci piu' di 100.000 feriti, offesi, o mentalmente rovinati da questa guerra. E potrebbero esserci un milione di iracheni morti. Pagheremo le conseguenze di tutto cio' per lungo, lungo tempo. Dio continuera'' a benedire l'America. Dov'e' Darth Vader in tutto questo? Una reporter della Abc News questa settimana ha detto a Dick Cheney, rispetto all'Iraq, che "due terzi degli americani dicono che non vale la pena di combattere". Cheney l'ha stoppata con una sola parola: "Allora?". Allora? Come in "Allora che?". O come in "Non puo' fregarmene di meno". Vorrei che ogni americano vedesse Cheney che gli mostra il virtuale dito medio: cliccate http://thinkprogress.org/2008/03/19/cheney-poll-iraq/ e diffondete. Poi chiedetevi perche' non ci siamo ribellati e non abbiamo cacciato lui e il suo burattino dalla Casa bianca. I democratici, negli scorsi 15 mesi, hanno avuto il potere di staccare la spina alla guerra - e hanno rifiutato di farlo. Cosa dobbiamo fare? Continuare ad affogare nella nostra disperazione? O diventare creativi, davvero creativi. So che molti di voi leggendo queste righe avranno l'impudenza o l'ingenuita' di rivolgersi al vostro deputato locale. Lo farete, per me? Cheney ha passato il mercoledi', quinto anniversario delle guerra, non a piangere i morti che ha ucciso, ma a pescare sullo yacht del sultano dell'Oman. Allora? Chiedete al vostro repubblicano preferito che ne pensa. I Padri fondatori non avrebbero mai pronunciato quelle presuntuose parole, "Dio benedica l'America". Per loro sarebbe suonato come un ordine anziche' un'invocazione, e non si ordina a Dio, anche se sei l'America. In effetti essi erano preoccupati che Dio potesse punire l'America. Durante la rivoluzione George Washington temeva che Dio avrebbe reagito male con i suoi soldati per il modo in cui si stavano comportando. John Adams si chiedeva se Dio potesse punire l'America e farle perdere la guerra, giusto per provare il suo argomento che l'America non era degna di vincere. Essi credevano che sarebbe stato arrogante ritenere che Dio avrebbe benedetto soltanto l'America. Quanta strada abbiamo fatto da allora. Ho visto sulla Pbs che Frontline di questa settimana conteneva un documentario intitolato "La guerra di Bush". Io la chiamo cosi' da molto tempo. Non e' "la guerra dell'Iraq". L'Iraq non ha fatto nulla. L'Iraq non c'entra con l'11 settembre. Non aveva armi di distruzione di massa. Invece aveva cinema e bar e donne che vestivano come volevano, una consistente popolazione cristiana e una delle poche capitali arabe con una sinagoga aperta. Ma tutto questo, adesso, non c'e' piu'. Proiettate un film e vi spareranno un colpo in testa. Piu' di cento donne sono state sommariamente giustiziate perche' non si coprivano la testa con un fazzoletto. Sono felice, come americano benedetto, di avere contribuito a tutto questo. Io pago le tasse e questo significa che ho contribuito a pagare per questa liberta' che noi abbiamo portato a Baghdad. Allora? Dio mi benedira'? Dio benedica tutti voi in questa settimana di Pasqua in cui entriamo nel sesto anno della Guerra di Bush. Dio aiuti l'America. Per favore. 4. INCONTRI. IL 28 MARZO A ROMA [Dal Cipax - Centro interconfessionale per la pace, (per contatti: tel. e fax: 0657287347, e-mail: cipax-roma at libero.it) riceviamo e diffondiamo. Oscar Arnulfo Romero, nato nel 1917, arcivescovo di San Salvador, voce del popolo salvadoregno vittima dell'oligarchia, della dittatura, degli squadroni della morte. Muore assassinato mentre celebra la messa il 24 marzo 1980. Opere di Oscar Romero: Diario, La Meridiana, Molfetta 1991; Dio ha la sua ora, Borla, Roma 1994 Opere su Oscar Romero: AA. VV., Il vescovo Romero, martire della sua fede, per il suo popolo, Emi-Asal, Bologna 1980; AA. VV., Romero... y lo mataron, Ave, Roma 1980; James R. Brockman, Oscar Romero: fedele alla parola, Cittadella, Assisi 1984; Placido Erdozain, Monsignor Romero, martire della Chiesa, Emi, Bologna 1981; Claudia Fanti, il vangelo secondo gli insorti. Monsignor Romero e i movimenti popolari rivoluzionari, Sankara, Roma 2007; Abramo Levi, Un vescovo fatto popolo, Morcelliana, Brescia 1981; Jose' Maria Lopez Vigil, Oscar Romero. Un mosaico di luci, Emi, Bologna 1997; Ettore Masina, Oscar Romero, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole 1993 (poi riedito, rivisto e ampliato, col titolo L'arcivescovo deve morire, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1995); Jon Sobrino, Monsenor Romero, Uca, San Salvador 1989. Marianella Garcia Villas, nata nel 1949, attivista per i diritti umani salvadoregna, collaboratrice di monsignor Romero, amica della nonviolenza, "avvocato dei poveri, compagna degli oppressi, voce degli scomparsi", fu assassinata il 13 marzo del 1983 dai soldati del regime. La sua vita e' narrata nel bel libro (ampiamente basato sulla registrazione di conversazioni con lei svoltesi nel 1981 e nel 1982) di Raniero La Valle e Linda Bimbi, Marianella e i suoi fratelli, Feltrinelli, Milano 1983, Icone, Roma 2007] In questi giorni in tutto il mondo si ricordano Monsignor Oscar Arnulfo Romero, il vescovo di San Salvador ucciso 28 anni fa, e accanto a lui Marianella Garcia Villas, come lui martire per la giustizia e la pace "avvocato dei poveri, sorella degli oppressi, voce degli scomparsi". Quest'ultima va ricordata in modo particolare poiche' venticinque anni fa, il 13 marzo, veniva ritrovato nelle campagne di San Salvador il suo cadavere tremendamente mutilato. Con estremo coraggio si era dedicata a documentare e denunciare le centinaia di vittime della repressione militare nel Salvador. Come lei tre anni prima l'arcivescovo Oscar Romero, suo carissimo amico, aveva pagato con la vita, la fedelta' ai valori evangelici della giustizia e della pace. A Roma, data la coincidenza con le feste pasquali, le tradizionali celebrazioni sono stata rinviate alla fine di questa settimana. Monsignor Oscar Romero e Marianella Garcia saranno ricordati in varie iniziative sia religiose che laiche. Sottolineiamo in particolare la celebrazione ecumenica di venerdi' 28 marzo alle ore 19 nella chiesa di San Marcello al Corso. Le preghiere, le riflessioni e i canti saranno centrate sul tema "donne annunciatrici della resurrezione". Daranno la loro testimonianza Monsignor Demetrio Valentini, presidente della Caritas brasiliana, la pastora battista Silvia Rapisarda, suor Rita Giaretta di Caserta e Ana Ortiz delle comunita' di base di El Salvador. Da ormai piu' di venticinque anni questo appuntamento, nato per iniziativa di mons. Luigi Di Liegro e continuato da un comitato al quale aderiscono organizzazioni e chiese cattoliche ed evangeliche (chiesa valdese di Piazza Cavour, chiese battiste di Teatro Valle, Centocelle e Garbatella), e' l'occasione per rinnovare ammirazione ed impegno a seguire l'esempio di quanti hanno dedicato la loro vita alla giustizia e alla pace. * Per informazioni: Cipax - Centro interconfessionale per la pace, via ostiense 152, 00154 Roma, tel. e fax: 0657287347, e-mail: cipax-roma at libero.it, sito: www.cipax-roma.it e anche www.evangelodalbasso.net 5. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di' chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 6. LIBRI. LUCA CANGEMI PRESENTA "IL MONDO NEL MIRINO" DI REY CHOW [Dal sito www.meltemieditore.it riprendiamo la seguente recensione apparsa nel quotidiano "La Sicilia" il 14 febbraio 2008 col titolo "Il rapporto tra sapere e potere". Rey Chow, nata a Hong Kong e formatasi culturalmente prima nella ex colonia britannica poi negli Stati Uniti, e' docente di Humanities alla Brown University di Providence, Rhode Island. Tra le opere di Ry Chow, tradotte in molte lingue: Woman and Chinese Modernity (1991), Writing Diaspora (1993), Primitive Passions (1995), Ethics after Idealism (1998), The Protestant Ethnic and the Spirit of Capitalism (2002). In italiano: Il sogno di Butterfly, Meltemi, 2004; Il mondo nel mirino, Meltemi, 2007] E' un'occasione importante per il lettore italiano la traduzione, frutto di un complesso lavoro di Maria Rosaria Dagostino, del volume di Rey Chow, The Age of the World Target (Il mondo nel mirino, Meltemi editore). Rey Chow, nata a Hong Kong e con una lunga esperienza accademica negli Stati Uniti, e' una importante intellettuale la cui opera si colloca in un terreno attraversato dal femminismo e segnato da semiotica, scienze del visivo, studi postcoloniali. Il nucleo tematico fondamentale di questo libro e' l'analisi - compiuta dall'osservatorio degli Stati Uniti - del rapporto tra sapere e potere. Il mondo e' nel mirino come obiettivo allo stesso tempo degli apparati della conoscenza e del potere politico e militare. "La guerra e ed il sapere - scrive Rey Chow - si sostengono e si incrementano a vicenda. In particolar modo attraverso un fantasticare collettivo su qualche corpo straniero o alieno che crea pericolo al 'se'' ed all''occhio' che e' la nazione". Nella lingua inglese le parole "eye" (occhio) ed "I" (io) registrano una omofonia che viene utilizzata dall'autrice come metafora della connessione tra visione ed autoreferenzialita'. L'immagine dell'"Altro" costruita dalle strutture di studio e ricerca rafforza la logica dicotomica "West/(R)est": l'occidente - ed in particolare il suo asse centrale, l'Anglo-America - contro il resto del mondo - ed in particolare contro un oriente dai contorni mutevoli: ieri l'Urss, oggi il mondo islamico, in un prevedibile futuro la Cina. Atti tremendamente distruttivi sono esiti possibili di questo binarismo costitutivo: Rey Chow disegna una linea di continuita' tra le atomiche su Hiroshima e Nagasaki, sganciate dagli Usa a guerra ormai vinta, e i bombardamenti sull'Iraq. Lo strumento intellettuale fondamentale per il rafforzamento della logica dicotomica sono stati i cosiddetti "area studies", quei complessi apparati di conoscenza sulle culture delle aree fuori dall'occidente, che gia' Edward Said segnalava essere la forma principale in cui l'eredita' "orientalista" delle potenze coloniali europee era transitata nelle strutture della superpotenza statunitense. Il modello degli "area studies" e' strutturato intorno ad una sorta di "comparativismo debole" - come lo ha definito qualche anno fa Susan Hegeman - in cui molte discipline, attorno ad un nucleo forte individuato nelle scienze sociali, concorrono ad una rappresentazione in cui l'analisi delle "altre" realta' e' strumento di conferma della natura e del ruolo speciale degli Stati Uniti. Le diverse "aree" vengono indagate, dietro lo schermo di una pretesa oggettivita', secondo una precisa logica strategica e diventavano obiettivi in un mirino che e' contemporaneamente culturale, politico, militare. Lo stesso ambito della letteratura comparata vive dinamiche simili: al suo centro vi e' l'idea di Europa come "insieme di effetti ideologici ed emozionali persistenti", da qui si costruisce "la comparazione", ulteriore segno dell'egemonia globale dell'occidente, lungo una linea di successione euroamericana. Il libro di Rey Chow spinge la sua indagine critica anche dentro i confini della teoria poststrutturalista, che ha segnato tanta parte della produzione intellettuale di opposizione ai poteri dominanti. Le letture sfumate ed instabili del soggetto, se hanno aperto possibilita' di indagare criticamente le identita', rischiano di ignorare ogni istanza di trasformazione che matura nei processi reali. Le teorie critiche possono cosi' diventare una "merce globale di tendenza", caratterizzata dallo stridente contrasto tra una scrittura sempre piu' impenetrabile e i mondi dell'oppressione di cui afferma di occuparsi. Da qui l'indicazione di una prospettiva di lavoro transculturale, capace di incrinare gli apparati egemonici globali, per costruire un nuovo rapporto tra la riflessione intellettuale e le lotte di liberazione che attraversano il mondo. 7. LIBRI. ALESSANDRO CORIO PRESENTA "IL MONDO NEL MIRINO" DI REY CHOW [Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 marzo 2008, col titolo "Se il decostruzionismo incontra la condizione postcoloniale" e il sommario "Una raccolta di saggi titolata Il mondo nel mirino, della teorica delle culture moderne Rey Chow, tradotta da Meltemi". Alessandro Corio si occupa di letterature francofone presso la facolta' di lingue e letterature straniere dell'Universita' di Bologna, dove collabora col Centro di studi sulle letterature omeoglotte dei paesi extraeuropei. Laureato in lettere moderne all'Universita' di Urbino con una tesi sullo scrittore martinicano Edouard Glissant, dal titolo "Il sale della diversita'. Identita', erranza e relazione nella poetica e nella narrativa di Edouard Glissant", master in studi interculturali all'Universita' di Padova con una tesi dal titolo "Precipitando nel presente. Lineamenti di una critica postcoloniale del culturalismo". Si occupa di letterature e di teorie postcoloniali, di biopolitica e razzismo, di letterature francofone africane e caraibiche (con particolare attenzione ai temi della creolizzazione e del neo-barocco, del rapporto tra rappresentazione della storia e allegoria, della problematizzazione dell'autorita' dello scrittore e della voce del subalterno nelle ambivalenze del discorso postcoloniale) e di letterature della migrazione e della diaspora. Collabora in modo continuativo con la rivista on line "El-Ghibli" per la quale ha curato un dossier sulle letterature del genocidio in Rwanda dal titolo "Rwanda: scrivere per dovere di memoria" (numero 9, settembre 2005). Collabora inoltre con la rivista "Experience" ed e' redattore della rivista on-line "Trickster" del master in studi interculturali di Padova. E' inoltre fotografo ed ha realizzato un'esposizione dal titolo Meninos no Brasil, in seguito ad un viaggio di conoscenza del movimento dei lavoratori sem terra (Mst) svoltosi in Brasile nell'estate 2005] Nei suoi saggi raccolti nel volume titolato Il mondo nel mirino (Meltemi, euro 16) la teorica postcoloniale Rey Chow affronta il paradosso costituito dall'incontro fra la teoria occidentale, in particolare il poststrutturalismo e il decostruzionismo, e quei "mondi della vita altri", quei gruppi emarginati e subalterni, quelle culture non-occidentali che rivendicano sempre piu' il loro spazio specifico di presa di parola. Paradosso che consiste soprattutto, ci spiega Chow, nel contrasto tra un atteggiamento benevolo nei confronti della teoria critica "continentale" e l'insistenza sul fatto che essa resta comunque eurocentrica e inadeguata a rendere conto della specificita' e della singolarita' che sono a fondamento delle pratiche postcoloniali di opposizione e di resistenza. L'impatto della "condizione postcoloniale" sui campi tradizionali del sapere ha reso oggi inaggirabile una riflessione critica su quegli strumenti teorici elaborati in Europa, e in particolare in Francia nel secondo dopoguerra, che hanno progressivamente assunto - in America - una dimensione egemonica nell'ambito della teoria critica delle formazioni culturali e ideologiche del tardo capitalismo. Uno degli elementi piu' innovativi tra quelli introdotti dalla riflessione poststrutturalista - da Barthes a Foucault a Derrida - consiste proprio nella considerazione del complesso rapporto che le variazioni storiche dell'episteme instaurano tra le parole e le cose; mentre le poetiche moderniste prima e la teoria francese del secondo dopoguerra poi, tendevano all'autoreferenzialita' del linguaggio e a una profonda sfiducia nei confronti di qualsiasi originarieta', autenticita' ed autoevidenza dei processi semiotici. Diventa piu' chiaro, dunque, perche' negli ultimi decenni uno degli usi piu' frequenti e politicamente incisivi del linguaggio poststrutturalista della differenziazione sia stato fatto in quei campi, all'apparenza ben distanti dall'ambito del linguaggio in senso stretto, dove piu' si riflette sulla costituzione delle soggettivita' e delle identita': il multiculturalismo, l'ambito postcoloniale, l'etnicita'. Ma cosa succede quando la spinta teorica anti-essenzialista incontra la necessita' strategica, da parte dei gruppi oppressi o "silenziati" dall'omolinguismo del capitale, di articolare una politica dell'identita' che riconosca la tragica concretezza della discriminazione e dell'esclusione? Inoltre, l'insistenza del poststrutturalismo sulla non coincidenza del presente, e della "presenza", con se stessi, una volta applicata al rapporto dell'occidente con i suoi "altri" colonizzati rischia di diventare una variante di quello che l'antropologo Johannes Fabian ha stigmatizzato come "discorso allocronico": ossia quella concezione discontinuista dell'altro che lo ghettizza e al tempo stesso lo rende disponibile e manipolabile in quanto "oggetto esotico". Su questa strada, sostiene Rey Chow ispirandosi a Foucault, non faremmo altro che riproporre, dietro la maschera della benevolenza nei confronti della diversita', quella violenza epistemica che rappresenta l'altro come oggetto, come obbiettivo o target del nostro sapere/volere, intrappolandolo cosi', sostanzialmente, in un silenzio inerme. Questa struttura epistemica strumentale e' stata fatta propria, ad esempio, dagli area studies, nati negli Stati Uniti durante la guerra fredda, iscrivendo la linguistica, l'antropologia e l'economia nella logica della guerra e delle sue "tecnologie del vedere". Per far fronte a una simile strumentalizzazione del sapere, la teoria contemporanea ispirata al linguaggio anti-essenzialista dovrebbe tornare, uscendo dalla prigione dell'autoreferenzialita', a "rendere" - come affermava Deleuze - "alle parole e alle cose la loro costitutiva esteriorita'". 8. LIBRI. "LE MONDE DIPLOMATIQUE" PRESENTA "IL MONDO NEL MIRINO" DI REY CHOW [Da "Le Monde Diplomatique", edizione italiana, del gennaio 2008 riprendiamo la seguente recensione] Rey Chow - che si situa all'incrocio tra studi culturali, scienze del visivo, femminismo, studi postcoloniali - sostiene, ispirandosi ad Heidegger, che con la geopolitica, dominata dagli Stati Uniti, il mondo e' diventato un "obiettivo" (target), nel senso militare e teorico: in un tale contesto come articolare la problematica della produzione di saperi? Lo sgancio delle bombe nel 1945 significa "l'evento di incoronazione dell'ascesa degli Usa alla posizione di suprema potenza mondiale", mentre la teoria poststrutturalista rafforza "i muscoli del pensiero occidentale". Le attivita' intraprese sotto la voce "area studies" - dalla formazione linguistica all'economia - sono cosi' inscritte nella politica e nell'ideologia della guerra, per cui anche la conoscenza si presenta come un circuito che considera l'altro un obiettivo da afferrare e distruggere, in un'orbita propria dei percorso visivo della bomba. Bombardare l'altro e' stato infatti giudicato il mezzo piu' efficace per porre fine a una guerra (Hiroshima), per fermare la violenza ed affermare la giustizia (Iraq e via dicendo). La letteratura comparata si declina cosi' come "L'Europa e i suoi altri", dove l'Europa si pone come griglia di riferimento alla quale possono solo aggiungersi le altre culture in modo subordinato. La congiunzione "e" non sancisce uguaglianza ne' reciprocita' nella comparazione. Alcuni critici spingono percio' ad "abbandonare le abitudini tassonomiche inclusive", per interpretare le narrazioni culturali altre "come frammenti che recano segni - spesso indiretti, impropri e pregiudicati - di una storia fatta di coercizioni ideologiche e di esclusioni". II lavoro transculturale del futuro richiedera' pratiche di lettura che restituiscano "le parole e le cose alla loro esteriorita' costitutiva". Possono gia' farsi strada, negli studi letterari, differenti cornici di comparazione non ancora realizzate, di cui pero', in una prospettiva post-europea, possiamo cominciare ad immaginare la potenzialita' della portata. 9. LIBRI. CHIARA MARCHETTI PRESENTA "GIOVANI MUSULMANI D'ITALIA" DI ANNALISA FRISINA [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo la seguente recensione del libro di Annalisa Frisina, Giovani musulmani d'Italia, Carocci, Roma 2007. Chiara Marchetti, docente, ricercatrice e saggista, dopo una laurea in Scienze internazionali e diplomatiche all'Universita' di Trieste svolge attivita' di ricerca in sociologia presso l'Universita' Statale di Milano; da alcuni anni si occupa di migrazioni forzate e di diritto d'asilo nei paesi del sud del mondo e in Europa; come membro dell'associazione Kwa Dunia svolge attivita' di educazione interculturale nelle scuole. Opere di Chiara Marchetti: Un mondo di rifugiati. Migrazioni forzate e campi profughi, Emi, Bologna 2006. Annalisa Frisina, docente all'universita' di Padova, ha svolto rilevanti ricerche ed attivita' di formazione nel campo dell'intercultura ed e' autrice di molte pubblicazioni. Tra le opere di Annalisa Frisina: "Desiderando un gruppo di donne musulmane migranti. Riflessioni di una ricercatrice su incontri e confronti appena sfiorati", in Narrare il gruppo, Unipress, Padova, 1999; "Cuestionando los estereotipos recÌprocos", in "Tiempo y Tierra", n. 11, autunno-inverno 2000/1; "Vivere l'Europa per sentirsi europei", con M. Clementi, in Una bussola per l"Europa, Ismu, Milano 2000; "Donne immigranti in Veneto, alla ricerca di partecipazione sociale e di cittadinanza", in "Veneto, economia e societa'", n. 5, II quadrimestre 2001; "La mediazione interculturale in Spagna", in TamñTam. Indirizzi, fatti, notizie di una societa' multietnica, Cdie, Milano 2001; "Donne, religioni e globalizzazione", in Allievi S. (a cura di), Donne e religioni. Il valore delle differenze, Emi, Bologna 2002; "Quale islam si propone e quale islam si recepisce? Un'analisi tra le scolaresche italiane. Il caso milanese", in Un'immigrazione normale, a cura di G. Sciortino e A. Colombo, Il Mulino, Bologna 2003; "Le donne musulmane in Italia", in AA.VV., I molti volti dell'islam, monografia promossa dalla Regione Toscana e dalla rete Porto Franco, "Guerra e Pace", ottobre-novembre 2003; "L'inserimento lavorativo e l'imprenditorialita' degli immigrati marocchini a Milano", coautrici Gandolfi P. e Schmidt di Friedberg O., in Ambrosini M. e Abbatecola E. (ed.), Immigrazione e metropoli. Un confronto europeo, Franco Angeli - Iard, Milano 2004; "Welfare, Church and Gender in Italy", in N. Edgardh Beckman (ed.), Welfare, Church and Religion in Eight European Countries, Uppsala Institute for Diaconal and Social Studies, Uppsala 2004; "Youth Culture and Movements: Western Europe", in S. Joseph (ed.), Encyclopedia of Women and Islamic Cultures, Vol. II, Brill Academic Publishers, Leiden 2004; "Musulmani e italiani, tra le altre cose. Tattiche e strategie identitarie di giovani figli di immigrati" e "Giovani musulmani d'Italia. Trasformazioni socioculturali e domande di cittadinanza", in A. Pacini e J. Cesari (a cura di), Giovani musulmani in Europa, Centro E. Agnelli, Torino 2005; "Famiglie musulmane immigrate e scuola. La parola alle donne" e "Potersi sentire a casa anche qui", in A. Marazzi (a cura di), Voci di famiglie immigrate, Fondazione Ismu, Milano, 2005; "L'impegno dei giovani musulmani dopo l'11 settembre tra mass-media e vita quotidiana", in M. Salem Elsheikh (a cura di), Giovani nella societa' dell'incertezza, Edizioni Cantagalli, Firenze 2005;"La differenza: un vincolo o un'opportunita'? Il caso dei giovani musulmani di Milano", in Valtolina G. e Marazzi A. (a cura di), Appartenenze multiple. L'esperienza dell'immigrazione nelle nuove generazioni, Franco Angeli - Ismu, Milano 2006; "Back-talk Focus Groups as a Follow-Up Tool in Qualitative Migration Research: The Missing Link?", in Forum Qualitative Sozialforschung / Forum: Qualitative Social Research [On-line Journal], 7 (3), Art. 5 www.qualitative-research.net (2006, May); "The Invention of Citizenship among Young Muslims in Italy", in Politics of Visibility: Young Muslims in European Public Space (eds. G. Jonker & V. Amiraux), 2006, Transcript-Verlag/Rutgers University; Giovani musulmani d'Italia, Carocci, Roma 2007] Mai come negli ultimi anni l'Islam e' stato sotto i nostri riflettori. Almeno dal 2001 in avanti, le societa' occidentali hanno cominciato a posare con sempre maggiore insistenza il loro sguardo inquieto, intimorito e sospettoso su donne e uomini musulmani, lontani e vicini. Improvvisamente per molti e' diventato quasi normale vedere in ogni uomo musulmano un possibile terrorista o quantomeno un pericoloso fondamentalista e in ogni donna un'oppressa, una vittima, magari bisognosa del nostro aiuto per essere liberata. L'immagine dell'Islam come minaccia e' diventata un grande fantasma, pronto a incarnarsi nei tanti episodi di cronaca e negli infiniti salotti televisivi che non fanno che confermare un'idea monolitica, unidimensionale, senza profondita' storica e geografica delle molteplici culture e nature che in realta' attraversano l'universo islamico. Ecco allora che un piccolo libro come Giovani musulmani d'Italia arriva prezioso e puntuale ad arricchire un dibattito troppo spesso sterile e involuto. Un libro che, se letto con attenzione e disponibilita' di ascolto, puo' scompaginare alcune delle categorie piu' radicate nel nostro lessico quotidiano che in pochissimo tempo ha assunto per lo piu' acriticamente nuove parole, attribuendo loro significati pesanti come macigni. Annalisa Frisina, la giovane ricercatrice autrice di questo volume, ci guida in un mondo fatto di ragazze e ragazzi musulmani che abitano le nostre citta', ma che rimangono sconosciuti alla gran parte di noi. Scopriamo allora che l'Islam nel nostro paese ha anche il nome di un'associazione - i "Giovani musulmani d'Italia" del titolo - che e' composta in maggioranza da ragazzi e soprattutto ragazze tra i 16 e 18 anni che dal 2001 si sono trovati a riflettere sulla loro identita' di giovani-e-musulmani, di musulmani-e-italiani, di italiani-e-stranieri. Chiamati a rispondere pubblicamente di fatti lontani da loro quasi quanto dai loro coetanei italiani, hanno in realta' colto l'occasione per uscire dal silenzio, tanto da sentire la necessita' di costituirsi in associazione per cercare di dare visibilita' e voce ai tanti che intendono rinunciare alle facili dicotomie e rifiutare una dichiarazione unilaterale di appartenenza. Un'identita' forse in bilico, sottoposta a continue negoziazioni, tanto con la societa' e le istituzioni italiane quanto con la generazione dei genitori che vivono in modo diverso la loro presenza in Italia, il rapporto con il paese d'origine, la stessa fede islamica. Ma proprio per questo un'identita' feconda, flessibile, capace di continui spostamenti e ridefinizioni. Negli anni di ricerca che Annalisa Frisina ha dedicato ai giovani musulmani ha incontrato e intervistato decine di ragazzi e ragazze. Le storie riportate nel libro sono tante e rendono giustizia alle diversificate esperienze vissute da questi giovani nelle nostre citta': dai dibattiti televisivi agli incontri con i compagni di scuola e universita', dalla ricerca di una spiritualita' e una religione non necessariamente tradizionalista al confronto con i genitori e le associazioni musulmane degli adulti, dai rapporti con il movimento pacifista e no-global alle rivendicazioni di veri diritti di cittadinanza, passando per la sfida di vivere con liberta' e soddisfazione le relazioni di amicizia e amore superando barriere e confini che spesso ostacolano il loro cammino. Un'occasione per vedere, nello specchio dell'Islam, i volti freschi e affascinanti di ragazzi e ragazze che si stanno coraggiosamente giocando il loro presente e il loro futuro in una societa' italiana, che e' anche la loro. 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 408 del 28 marzo 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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