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Nonviolenza. Femminile plurale. 171
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 171
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 27 Mar 2008 10:25:29 +0100
- Importance: Normal
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 171 del 27 marzo 2008 In questo numero: 1. Emily Dickinson: Questi stranieri, in un mondo straniero 2. Marinella Correggia: Morire di diarrea a tre anni 3. Il gruppo di via Ricordi presenta "Dopo la solitudine" di Barbara Mapelli 4. Umberto Bottazzini presenta "The World of Maria Gaetana Agnesi, Mathematician of God" di Massimo Mazzotti 5. Veronica Pravadelli presenta "Il sogno di Butterfly" di Rey Chow 1. MAESTRE. EMILY DICKINSON: QUESTI STRANIERI, IN UN MONDO STRANIERO [Da Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, p. 1137. Emily Dickinson visse ad Amherst, Massachusetts, tra il 1830 e il 1886; molte le edizioni delle sue poesie disponibili in italiano con testo originale a fronte (tra cui quella integrale, a cura di Marisa Bulgheroni: Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005; ma vorremmo segnalare anche almeno la fondamentale antologia curata da Guido Errante: Emily Dickinson, Poesie, Mondadori, Milano 1956, poi Guanda, Parma 1975, e Bompiani, Milano 1978; e la vasta silloge dei versi e dell'epistolario curata da Margherita Guidacci: Emily Dickinson, Poesie e lettere, Sansoni, Firenze 1961, Bompiani, Milano 1993, 2000); per un accostamento alla sua figura e alla sua opera: Barbara Lanati, Vita di Emily Dickinson. L'alfabeto dell'estasi, Feltrinelli, Milano 1998, 2000; Marisa Bulgheroni, Nei sobborghi di un segreto. Vita di Emily Dickinson, Mondadori, Milano 2002] Questi stranieri, in un mondo straniero chiesero asilo a me - abbili per amici, per non essere in Cielo trattato tu da esule - 2. MONDO. MARINELLA CORREGGIA: MORIRE DI DIARREA A TRE ANNI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 marzo 2008, col titolo "Il giorno dell'acqua e l'anno della toilette". Marinella Correggia e' nata a Rocca d'Arazzo in provincia di Asti; scrittrice e giornalista free lance particolarmente attenta ai temi dell'ambiente, della pace, dei diritti umani, della solidarieta', della nonviolenza; e' stata in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Serbia, Bosnia, Bangladesh, Nepal, India, Vietnam, Sri Lanka e Burundi; si e' occupata di campagne animaliste e vegetariane, di assistenza a prigionieri politici e condannati a morte, di commercio equo e di azioni contro la guerra; si e' dedicata allo studio delle disuguaglianze e del "sottosviluppo"; ha scritto molto articoli e dossier sui modelli agroalimentari nel mondo e sull'uso delle risorse; ha fatto parte del comitato progetti di Ctm (Commercio Equo e Solidale); e' stata il focal point per l'Italia delle rete "Global Unger Alliance"; collabora con diverse testate tra cui "il manifesto", e' autrice di numerosi libri, e' attivista della campagna europea contro l'impatto climatico e ambientale dell'aviazione. Tra le opere di Marinella Correggia: Ago e scalpello: artigiani e materie del mondo, Ctm, 1997; Altroartigianato in Centroamerica, Sonda, 1997; Altroartigianato in Asia, Sonda, 1998; Manuale pratico di ecologia quotidiana, Mondadori, 2000; Addio alle carni, Lav, 2001; Cucina vegetariana dal Sud del mondo, Sonda, 2002; Si ferma una bomba in volo? L'utopia pacifista a Baghdad, Terre di mezzo, 2003; Diventare come balsami. Per ridurre la sofferenza del mondo: azioni etiche ed ecologiche nella vita quotidiana, Sonda, 2004; Vita sobria. Scritti tolstoiani e consigli pratici, Qualevita, 2004; Il balcone dell'indipendenza. Un infinito minimo, Nuovi Equilibri, 2006; (a cura di), Cambieresti? La sfida di mille famiglie alla societa' dei consumi, Altra Economia, 2006; Week Ender 2. Alla scoperta dell'Italia in un fine settimana di turismo responsabile, Terre di Mezzo, 2007. La rivoluzione dei dettagli, Feltrinelli, Milano 2007] Halima e' morta di diarrea a tre anni nel villaggio afgano di Spinkay. Aveva bevuto l'acqua contaminata di un vicino fiume, utilizzata per fare tutto: bere, lavarsi, lavare i panni, cucinare. Del resto il 25% dei bambini afgani, urbani e rurali, di meno di cinque anni, si ammalano e spesso muoiono di malattie legate all'assenza o al cattivo funzionamento dei servizi igienico-sanitari. Secondo lo State of the World's Toilets 2007 Report, pubblicato dall'organizzazione inglese Water Aid, in Afghanistan il 92% dei 26,6 milioni di abitanti non ha accesso a un sistema idrico-sanitario decente. Il paese insomma risulta fra i primi, nella lista dei luoghi peggiori al mondo. Cio' non stupisce visto che il 60% della popolazione vive in slum non pianificati e vista la storia di emergenze attraversata da quel paese. Negli anni scorsi si sono fatti investimenti per l'accesso all'acqua potabile, un altro diritto negato (il 22 marzo e' la Giornata mondiale per l'acqua) ma quasi nulla sui servizi igienico-sanitari. L'associazione indiana Sulabh, specializzata nel settore (ha realizzato 7.500 toilette comunitarie in India), ha costruito cinque toilette pubbliche a Kabul, con digestori di biogas per il riciclaggio dei rifiuti solidi umani in biogas, da usare per l'illuminazione e l'elettricita'. Il sistema compostante Sulabh e' una soluzione povera ma tecnologicamente efficace che richiede pochissima acqua. L'accesso a decenti servizi igienici e' nel mondo negato a 2,6 miliardi di persone; 1,5 miliardi vivono in Asia, un terzo delle quali in Cina e un altro terzo in India. Dimezzare queste cifre entro il 2015 e' fra gli obiettivi di sviluppo del Millennio indicati dall'Onu. Il 2008 e' stato decretato dall'Onu anno della sanitation, ovvero dei servizi igienico-sanitari. Tema poco elegante ma fondamentale se oggi un bambino ne muore ogni venti secondi (e se, come sottolineo' Victor Hugo ne I miserabili, "La storia umana e' anche la storia delle fognature"). Questo diritto negato colpisce anche l'educazione: e' meno probabile che i bambini, soprattutto le bambine, vadano a scuola se non ci sono toilette e punti d'acqua. Se invece ci sono, essi possono avere l'effetto di convincere le famiglie, come il pasto offerto in classe a bambini che altrimenti digiunerebbero. Ogni anno circa 200 milioni di tonnellate di rifiuti solidi umani si perdono nell'ambiente senza trattamento alcuno. Un problema per le acque, per la salute e per la dignita' umana. Occorrono tecnologie appropriate, maturate con la partecipazione dei destinatari, in genere i gruppi piu' emarginati della societa'. E soluzioni a basso costo, a basso consumo di acqua e tutelanti la dignita' umana. Non sara' necessariamente un collegamento alle fogne - l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Oecd) ha dichiarato che nel 2030 le persone non collegate a un sistema fognario raggiungeranno i 5 miliardi a causa dell'incremento demografico - che necessitano di molta acqua, ma magari latrine compostanti o altri metodi appropriati. In una prigione a Mombasa in Kenya i detenuti costruiranno un bacino artificiale per smaltire con la fitodepurazione i reflui di 4.000 persone, che ora vanno direttamente a inquinare i corsi d'acqua. In Tanzania si stanno usando le alghe per depurare le deiezioni da poter poi usare come fertilizzanti. Occorre anche, sottolinea la World Toilet Association, sdoganare l'argomento: "Le discussioni a proposito di latrine e fogne devono diventare parte della conversazione abituale". Cerchiamo tutti di farlo, in questo giorno dedicato all'acqua e alle sue crisi. La crisi della risorsa, provocata dal cambiamento climatico, dall'inquinamento, dall'ipersfruttamento industriale e agricolo, e la crisi dei servizi idrici e di igiene. Si tratta di proteggere e gestire il ciclo dell'acqua, dalle piogge al drenaggio. Ma, sottolinea Sunita Narain dell'indiano Centre for Science and Environment, "la comunita' internazionale non capisce l'acqua e cerca soluzioni tecnologiche rapide anziche' governare il processo". 3. LIBRI. IL GRUPPO DI VIA RICORDI PRESENTA "DOPO LA SOLITUDINE" DI BARBARA MAPELLI [Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) col titolo "Barbara Mapelli traccia un passaggio". Sul gruppo di via Ricordi si vede la presentazione alla pagina web www.universitadelledonne.it/ricordi.htm Barbara Mapelli e' nata a Milano l'8 settembre 1947, sposata e madre di un figlio, svolge da anni attivita' di progettazione formativa e ricerca sociopedagogica, con particolare attenzione alle tematiche di genere; in questo ambito ha partecipato e diretto la progettazione e realizzazione di ricerche e iniziative di formazione italiane ed europee. Insegna Pedagogia della differenza di genere presso la seconda Universita' di Milano-Bicocca. Ha collaborato con il Ministero pari opportunita', divisione scuola e cultura, ha fatto parte per dieci anni del Comitato pari opportunita' del Ministero pubblica istruzione e ha diretto, dal 1987 al 2000, l'area di ricerca Genere e educazione presso il Cisem (Istituto di ricerca della Provincia di Milano). Fa parte della redazione della rivista "Adultita'" e su questa ed altre riviste specializzate ha pubblicato articoli e saggi; collabora a numerose riviste di pedagogia e ha diretto la progettazione e realizzazione di video didattici sulle tematiche oggetto delle sue ricerche. Tra le pubblicazioni di Barbara Mapelli: Immagini di cristallo. Desideri femminili e immaginario scientifico, Milano, 1991; Un futuro per le ragazze. Manuale di orientamento al femminile, Firenze,1991; Sentimenti, gesti, parole, Milano, 1992; I modelli e le virtu', Milano, 1994; Desideri e immagini di futuro, Milano, 1994; Care, carissime donne, Roma, 1995; Tra donne e uomini, Milano, 1997; Educare alla sessualita', Firenze, 1998; Il libro della cura, Torino, 1999; Scuola di relazioni, Milano, 1999; Cuore di mamma, Milano, 2000; Orientamento e identita' di genere, Firenze-Milano, 2001; Dopo la solitudine, Mimesis edizioni, 2008] Barbara Mapelli, Dopo la solitudine. Pedagogia narrativa tra donne e uomini, Mimesis edizioni, 2008, euro 14. * Abbiamo letto Dopo la solitudine di Barbara Mapelli durante il corso "Conoscersi attraverso l'incontro con le differenze di genere, di generazioni e di culture". L'approccio e' stato un po' difficoltoso perche' il libro richiede una lettura approfondita e ripetuta. Inoltre ci siamo sentite un po' perse tra tanti riferimenti e citazioni, letterari e filosofici, del passato e recenti. Abbiamo invece letto con molto interesse il messaggio di fiducia e di speranza che il testo propone, un'uscita dalla solitudine dei due generi, quello maschile legato al suo doppio (autoreferente per incapacita' di riconoscere l'altro diverso da se') e quello femminile assente, separato, escluso dai giochi. Solitudine dolorosa per entrambi: per chi si sente unico dentro al potere e per chi ne e' esclusa. Il rapporto uomo-donna puo' diventare diverso. Anziche' vedersi in specchi deformanti per entrambi (per l'uomo immagine narcisistica di se', per la donna immagine di cio' che non c'e') ci si potrebbe mettere in una relazione piu' autentica partendo dal riconoscimento delle interiorita' di entrambi. Anche noi che abbiamo sperimentato nelle nostre vite il tormento della separatezza e della contrapposizione uomo-donna contiamo per chi vivra' dopo di noi su un progetto per un nuovo modo di mettersi in relazione, su un futuro con uno stesso obiettivo di amorosa comprensione. Nel libro la narrazione di se' - di tutti, uomini e donne - e' vista come possibile strumento per la creazione di un "mondo diverso". 4. LIBRI. UMBERTO BOTTAZZINI PRESENTA "THE WORLD OF MARIA GAETANA AGNESI, MATHEMATICIAN OF GOD" DI MASSIMO MAZZOTTI [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso sul quotidiano "Il Sole-24 Ore" il 9 marzo 2008. Umberto Bottazzini e' docente universitario di storia della matematica. Opere di Umberto Bottazzini: Il calcolo sublime: storia dell'analisi matematica da Euler a Weierstrass, Bollati Boringhieri, Torino 1981; Va' pensiero. Immagini della matematica nell'Italia dell'Ottocento, Il Mulino, Bologna 1994; Storia della matematica moderna e contemporanea, Utet, Torino 1998; (con Edoardo Boncinelli), La serva padrona. Fascino e potere della matematica, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000; (con Elena Di Bella), Le costruzioni della mente, McGraw-Hill, 2001; (con Andrea De Benedetti, Paolo E. Foraciari), Le citta' di mare e lo spirito scientifico per Federigo Enriques, Agora', 2001; Il flauto di Hilbert. Storia della matematica, Utet, Torino 2003, 2005. Massimo Mazzotti e' docente di storia e sociologia della scienza e della tecnologia all'Universita' di Exeter. Opere di Massimo Mazzotti, The World of Maria Gaetana Agnesi, Mathematician of God, The Johns Hopkins University Press, Baltimore 2007; Knowledge as Social Order. Rethinking the Sociology of Barry Barnes, 2008. Su Maria Gaetana Agnesi dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo la seguente scheda: "Maria Gaetana Agnesi (Milano, 16 maggio 1718 - Milano, 9 gennaio 1799) e' stata una matematica e benefattrice italiana. Primogenita di ventuno figli, nasce a Milano, pochi anni dopo l'annessione della Lombardia all'Impero asburgico in conseguenza del trattato di Utrecht (1713), da una facoltosa famiglia arricchitasi con l'industria della seta. Maria Gaetana mostra ben presto di possedere una straordinaria intelligenza e una particolare propensione per le lingue straniere. Il padre, Pietro Agnesi, che, come da tradizione, aveva deciso di far istruire il primo figlio maschio, deve riconoscere e incoraggiare queste doti e decide di provvedere all'istruzione della primogenita con illustri precettori. Grazie al loro aiuto Maria Gaetana apprende perfettamente, tanto da meritarsi il soprannome di Oracolo Settilingue, l'italiano, il tedesco, il francese, il latino, il greco, lo spagnolo e l'ebraico. Dalla corrispondenza privata dell'Agnesi emerge che nel 1737 Maria Gaetana, per obbedire al padre, passa dallo studio delle lingue e dell'eloquenza, ai difficili studi di filosofia e di matematica. Infatti la casa degli Agnesi e' nel frattempo diventata uno dei salotti piu' in vista di Milano, dove sfilano i curiosi, ma anche gli intellettuali d'Italia e di mezza Europa. Sono proprio costoro che introducono Maria Gaetana agli elementi di Euclide, alla logica e alla metafisica, alla fisica generale, particolare e sperimentale. Diventa poi abitudine di Maria Gaetana esporre nel salotto di casa Agnesi, per desiderio del padre, i propri progressi con varie tesi filosofiche che vengono pubblicate nel 1738, in una raccolta dal titolo Propositiones Philosophicae contenente 191 tesi, tratte dalle pubbliche discussioni, riguardanti questioni di logica, botanica, cosmologia, ontologia, meccanica, pneumatologia (la scienza degli spiriti). L'Agnesi esprime, in molti di questi saggi, la sua convinzione che anche le donne debbano essere istruite. Nonostante i successi ottenuti, giunta all'eta' di ventun anni, chiede al padre il permesso di diventare monaca, ma per rimanere in casa ad accudirlo si risolve a sacrificare le sue inclinazioni, a condizione pero' di non prendere piu' parte alla vita mondana ed avere il permesso di recarsi in chiesa a suo arbitrio. Maria, "tranquillata nell'animo", decide di dedicarsi intensamente allo studio dell'algebra e della geometria. Inizia, dunque, ad analizzare l'opera postuma del marchese de L'Hopital, Traite' Analytique des Sections Coniques, e ne compone un commento, mai pubblicato, chiedendo delucidazioni e consigli, per via epistolare, a rinomati matematici. In quello stesso periodo viene chiesto il suo aiuto e la sua collaborazione da parte degli stessi autori, per giudizi e commenti su opere di prossima pubblicazione. Nel 1740, a 22 anni, Maria Gaetana inizia un periodo di studi in collaborazione con padre Ramiro Rampinelli, professore di fisica e matematica a Milano nel monastero degli Olivetani di San Vittore e pioniere della matematica analitica. Con l'aiuto del Rampinelli, l'Agnesi studia il testo dell'abate Reyneau, Analisi dimostrata (del 1708), ed e' in questo periodo che rinuncia a pubblicare il suo commento sulle sezioni coniche per disporsi, incoraggiata dal suo mentore, alla stesura di un testo di analisi, le Istituzioni Analitiche ad uso della Gioventu' Italiana pubblicate in italiano nel 1748. Per l'opera le giungono plausi da tutta l'Europa: i dotti dell'Accademia Reale di Francia lodano il libro come un'opera avanzatissima, la migliore mai apparsa nel genere; l'imperatrice Maria Teresa d'Austria le invia un anello di brillanti in un prezioso cofanetto; il papa Benedetto XIV le invia benedizioni e doni preziosi. Anche al mondo del teatro giunge eco del successo dell'opera, tanto che il Goldoni le dedica un sonetto. Le viene offerta la cattedra di matematica all'Universita' di Bologna su indicazione di Benedetto XIV, ma l'Agnesi la rifiuta per dedicarsi agli studi privati e all'istruzione dei fratelli, delle sorelle e dei domestici della casa. Nel 1752, alla morte del padre, colui al quale Maria Gaetana non avrebbe mai disubbidito, si ritira completamente dalla vita pubblica per dedicarsi alla cura dei poveri, dei malati e allo studio delle Sacre Scritture. Maria Gaetana rende casa Agnesi un rifugio delle inferme e lei stessa diviene serva e infermiera; apre un piccolo ospedale, va a vivere direttamente con le malate e, per far fronte alle spese, dopo aver venduto tutti i suoi averi si rivolge ai conoscenti, alle autorita', alle opere pie. Finalmente, grazie ad una donazione del principe don Antonio Tolomeo Trivulzi, nel 1771 viene istituito a Milano il Pio Albergo Trivulzio, e il cardinale Giuseppe Pozzobonelli invita Maria Gaetana a ricoprire la carica di Visitatrice e Direttrice delle Donne, specialmente inferme. Successivamente nel 1783 si trasferisce al Pio Albergo, in qualita' di direttrice. Nel frattempo non abbandona i suoi studi in materia religiosa, tiene lezioni pubbliche di catechismo: pur senza titoli accademici e' oramai una teologa, tanto e' vero che il cardinale Pozzobonelli, per decidere sull'ortodossia di uno scritto su politica e religione, e' proprio a lei che si rivolge. Coloro che si rivolgono all'Agnesi per ottenere pareri di carattere scientifico vengono invece cortesemente scoraggiati: l'Accademia di Torino, ad esempio, le chiede di esaminare i lavori di Lagrange intorno al calcolo delle variazioni e lei si sottrae, adducendo le sue serie occupazioni. Continua a lavorare al Trivulzio per 26 anni fino al giorno della morte, il 9 gennaio 1799. Bibliografia: Maria Gaetana Agnesi, Propositiones Philosophicae, Milano (1738); A. F. Frisi, Elogio storico di Donna Maria Gaetana Agnesi, ristampa della edizione milanese del 1799 curata e commentata da Arnaldo Masotti e Giuseppina Biggiogero, Scuola Tipografica del Pio Istituto dei Figli della Provvidenza Milano (1965); C. B. Boyer, Storia della matematica, Arnoldo Mondadori Editore, Milano (1990); G. Lolli, La crisalide e la farfalla, Bollati Boringhieri, Torino (2000); G. Tilche, Maria Gaetana Agnesi, la scienziata santa del Settecento, Rizzoli, Milano (1984); C. Truesdell, Archive for History of Exact Science, 40, pp. 113-142, (1989); M. Mazzotti, "Maria Gaetana Agnesi: Mathematics and the Making of Catholic Enlightenment", Isis, 2001, 92: 657-683; M. Mazzotti, The World of Maria Gaetana Agnesi, Mathematician of God, Johns Hopkins University Press, Baltimore (2007)"] Massimo Mazzotti, The World of Maria Gaetana Agnesi, Mathematician of God, The Johns Hopkins University Press, Baltimore, pp. 218, dollari 49,95. * "Era una cosa piu' stupenda del Duomo di Milano". Cosi' ne parlava ammirato Charles de Brosses, futuro presidente del parlamento di Borgogna, in viaggio in Italia nel luglio 1739. Oggetto di tanta ammirazione era una giovane con cui si era intrattenuto a discutere di filosofia e scienze della natura in un salotto milanese. Con quell'incontro Massimo Mazzotti introduce il lettore al mondo di Maria Gaetana Agnesi. Il mondo della Milano della prima meta' del Settecento, in cui Pietro Agnesi, il padre di Gaetana, un ricco mercante di seta, cerca (invano) di essere accolto nei ranghi della aristocrazia acquistando il feudo di Montevecchia, passeggiando in carrozza nel corso di porta Romana fino a porta Orientale come fanno i noblli, aprendo i saloni del suo palazzo per affollate serate mondane. Le straordinarie doti delle figlie diventano uno strumento di questa strategia di emancipazione sociale. Maria Teresa intrattiene gli ospiti cantando e suonando il clavicembalo, Maria Gaetana si esibisce in dotte conversazioni sui piu' disparati argomenti, dalla natura delle maree e dei colori, alla "teoria bellissima e semplicissima" di Newton sul moto dei pianeti, alle matematiche "sublimi", la geometria di Descartes o il nuovo calcolo infinitesimale di Leibniz e Newton. Del resto, e' l'epoca del grande successo del Newtonianesimo per le dame (1737) di Algarotti (ben presto messo all'Indice dalla Chiesa). Gaetana e' una bambina prodigio, che a soli cinque anni e' in grado di sbalordire gli ospiti del padre conversando in latino e in francese o declamando versi, e a nove anni recita a memoria un'orazione in latino in difesa del diritto delle donne di coltivare le arti e dedicarsi allo studio della matematica e delle scienze della natura. Ricostruendo il contesto culturale e sociale in cui visse l'Agnesi, Mazzotti fornisce un affresco della societa' milanese del tempo. E' questo l'aspetto piu' originale del libro. Il mondo di Gaetana Agnesi e' il mondo del cattolicesimo illuminato lombardo, che tanta influenza avra' sulla sua formazione e le sue scelte di vita. La sua cultura e' un miscuglio "di opinioni aristoteliche e immaginazione cartesiana", nel giudizio tagliente di Pietro Verri. Nel 1740, qualche mese dopo la serata con Brosses, arriva a Milano il monaco olivetano Ramiro Rampinelli, esponente del riformismo cattolico e vero e proprio mentore di Gaetana nel campo della nuova analisi. Gaetana manifesta l'intenzione di abbandonare la sfavillante vita in societa' per entrare in convento. Per accondiscendere ai desideri del padre rinuncia, ma si esibisce sempre piu' raramente in pubblico, e si dedica intensamente allo studio della matematica e, insieme, delle Sacre Scritture. Entra a far parte della Congregazione delle scuole della dottrina cristiana per insegnare il catechismo ai figli del "popolo minuto". Passa il suo tempo nell'Ospedale maggiore ad assistere vecchie e donne inferme. In questo contesto maturano le Istituzioni analitiche (1748), la prima esposizione sistematica del nuovo calcolo, che rende celebre il suo nome in tutta Europa. Gaetana viene chiamata a far parte delle piu' prestigiose accademie scientifiche, da quella di Parigi a quella di Bologna, dove e' proclamata lettrice onoraria di matematica all'Universita'. Con la morte del padre nel 1752, Gaetana abbandona definitivamente le serate mondane e la matematica, e puo' dedicarsi interamente a opere di carita'. All'assistenza dei malati dell'Ospedale maggiore e, dal 1771, alla direzione della sezione femminile del Pio Albergo Trivulzio. Ma, per ironia della sorte, l'imperizia del traduttore inglese delle Istituzioni nel 1801 scambia versiera - una delle curve studiate dalla Agnesi - con avversiera che traduce con witch, legando per sempre, nel mondo anglosassone, il nome della pia Gaetana, la "matematica di Dio", a quello della strega. 5. LIBRI. VERONICA PRAVADELLI PRESENTA "IL SOGNO DI BUTTERFLY" DI REY CHOW [Dal sito www.meltemieditore.it riprendiamo il seguente articolo apparso sulla prestigiosa rivista "DWF" nel 2005 col titolo "Il sogno di Butterfly. Costellazioni postcoloniali di Rey Chow". Veronica Pravadelli, docente universitaria e saggista, ha insegnato Film Studies all'Indiana University, e' docente di Metodologie di analisi del film e di Teorie del cinema all'Universita' di Roma Tre. Opere di Veronica Pravadelli: Performance rewriting identity. Chantal Akerman's postmodern cinema, Otto, 2000; Alfred Hitchcock. Notorious, Lindau, 2003; La grande Hollywood. Stili di vita e di regia nel cinema classico americano, Marsilio, 2007. Rey Chow, nata a Hong Kong e formatasi culturalmente prima nella ex colonia britannica poi negli Stati Uniti, e' docente di Humanities alla Brown University di Providence, Rhode Island. Tra le opere di Ry Chow, tradotte in molte lingue: Woman and Chinese Modernity (1991), Writing Diaspora (1993), Primitive Passions (1995), Ethics after Idealism (1998), The Protestant Ethnic and the Spirit of Capitalism (2002). In italiano: Il sogno di Butterfly, Meltemi, 2004; Il mondo nel mirino, Meltemi, 2007] Il sogno di Butterfly raccoglie una serie di saggi di una delle studiose piu' originali nel campo dei Cultural Studies contemporanei e sinora sconosciuta al pubblico italiano. Affermatasi negli anni '90 con la pubblicazione di numerosi volumi, la ricerca di Rey Chow si situa in quel filone nato dall'incrocio tra gli studi di genere e il pensiero post-coloniale. La linea culturalista in cui si iscrive il lavoro di Chow non e' quella piu' specificamente sociologica, ma quella nata dal pensiero post-strutturalista, combinato con le teorie femministe e quelle sull'alterita' culturale. Honkonghese di nascita, Chow riesce a fondere in modo mirabile i paradigmi del sapere occidentale novecentesco - secondo le traiettorie seguite dal pensiero accademico anglo-americano - con la conoscenza diretta e altrettanto approfondita della cultura orientale, cinese in particolare. Il suo lavoro interroga con eguale incisivita' questioni teoriche riguardanti l'alterita', i soggetti post-coloniali e della diaspora, il rapporto tra i soggetti e i media contemporanei, ma anche la produzione letteraria e cinematografica cinese. L'interesse di Chow e' rivolto in primis alla questione del soggetto e alle pratiche identitarie postcoloniali, nella consapevolezza che la posizionalita' del soggetto e' si' discorsiva - dunque, ne' fissa ne' unitaria - ma comunque implicata con il senso e con le dinamiche di potere. Afferma Chow: "il lavoro degli studi culturali che hanno seguito l'accurata attenzione della teoria post-strutturalista verso le questioni dell'identita' e della soggettivita' e' sia una conquista che una sconfitta. E' una conquista poiche' un tale lavoro, che chiamero' 'lavoro sul soggetto' consente al soggetto di essere investigato sotto piu' sfumature, conservando una promessa utopica e portando spesso alla conclusione che il soggetto, sia esso maschile, femminile, gay, postcoloniale o altro, e' infinitamente 'instabile' e di conseguenza aperto. E', invece, una sconfitta perche' questo tipo di letture sfumate del soggetto tendono a minimizzare le questioni del controllo strutturale, della legge, della sovranita' e della proibizione, che sono alla base della relazione del soggetto con il collettivo" (61). E' in questo contesto che si comprende la reticenza di Chow, in sintonia con molto femminismo, a supportare l'idea di dissoluzione del senso e del soggetto invocata dal discorso sul postmoderno. Nello stesso ambito, per la studiosa il rapporto moderno/postmoderno assume significati completamente diversi per i paesi postcoloniali e la riflessione filosofica prodotta in Occidente non puo' essere estesa in modo automatico ad altri soggetti. Se per la donna sbarazzarsi della nozione di soggetto proprio nel momento in cui giungeva a concepirla, significava rinunciare alla definizione stessa di identita' femminile, cosi' per i soggetti postcoloniali questo esito e' poco auspicabile. Il metodo d'indagine di Chow si caratterizza per un'analisi dei testi - siano essi teorici, letterari o cinematografici - volta a svelare i processi di produzione del senso in relazione alle dinamiche intersoggettive. Per Chow il testo e' una pratica discorsiva che implica il soggetto in modo diverso a seconda del gender, della razza, dell'eta', ecc. Ogni testo e' il prodotto di una serie di discorsi che si intrecciano e si stratificano in rapporto a soggetti diversi che assumono ruoli e posizionalita' conflittuali e mutevoli. Particolare attenzione e' rivolta alla produzione teorica e culturale in cui si sovrappongono questioni riguardanti Oriente/Occidente e maschile/femminile, con una spiccata sensibilita' per i destini della donna orientale o, piu' in generale, non occidentale. In questo ambito, e in linea con il lavoro critico-teorico svolto dalle femministe sin dagli anni '70, Chow interroga alcuni testi canonici "dei padri" da un punto di vista altro, allo scopo di metterne in luce i presupposti ideologici e il regime discorsivo. Esemplare in questo senso e' l'analisi delle teorie di Frantz Fanon, in cui Chow mostra come l'intrecciarsi dei discorsi su razza e sessualita' produca uno statuto diverso per l'uomo e la donna di colore. * Ma veniamo ai contenuti specifici del volume. Il sogno di Butterfly e' diviso in due parti e raccoglie saggi scritti tra il 1992 e il 2002. La prima sezione, intitolata "Diaspora, etica, alterita'", comprende quattro interventi su questioni riguardanti la teoria postcoloniale e il multiculturalismo, mentre la seconda, intitolata "Postmoderno, media, cinema" e comprendente anch'essa quattro saggi, riguarda piu' specificamente interventi su testi o questioni riguardanti le pratiche contemporanee della visualita'. * Nei saggi della prima sezione, Chow riflette su alcuni degli snodi che hanno contraddistinto gli studi postcoloniali, dialogando in modo critico con i teorici del passato e con quelli a lei contemporanei: soprattutto, Fanon da un lato, Bhabha e Spivak dallaltro. Non poche sono le affinita' col lavoro di Gayatri Chakravorty Spivak, altra importante teorica del postcolonialismo e di cui Meltemi sta dando alle stampe un'antologia di saggi (contenente il famoso "Can the Subaltern Speak?") sempre per la cura di Patrizia Calefato. Nel saggio iniziale, "Dove sono finiti tutti i nativi?" (1994), Chow si interroga sulla possibilita' di costruire immagini diverse, "corrette" del nativo, consapevole che un'immagine, in quanto tale, puo' essere sostituita da un'altra (anche migliore), ma che essa si presta, contemporaneamente, anche alla falsificazione. Si puo' dare "al 'nativo' una 'vera' voce 'dietro' la sua falsa immagine? Come si puo' trattare il nativo in un'epoca in cui non c'e' possibilita' di evitare la riduzione/astrazione di questo come immagine?" (26). Memore del lavoro svolto da Said in Orientalismo, Chow afferma che l'immagine del nativo e' una costruzione occidentale, un prodotto della postcolonialita'. Come la donna per Lacan e' un sintomo dell'uomo, cosi' il nativo e' un sintomo dell'uomo bianco. Per Fanon il nativo/l'uomo di colore e' colui a cui e' stato rubato qualcosa: e', come la donna, segnato da una mancanza. Per comprendere il nativo, l'uomo occidentale segue solitamente due strade: riduce il nativo a oggetto silenzioso o cerca di trasformarlo in soggetto. Ma in entrambi i casi il nativo e' il prodotto di un discorso imperialista: dunque, egli rimane fondamentalmente inaccessibile. Un'immagine ricorrente e' quella proposta da Rousseau, per il quale il selvaggio e' "un altro totale", un io autosufficiente. Per Chow, quest'immagine - che e' stata ripresa recentemente da intellettuali come Barthes e Kristeva per parlare di altre culture - serve solo a definire, per differenza, "l'uomo civile". Non esiste, evidentemente, alcun nativo autosufficiente. In un movimento logico-deduttivo di grande intelligenza - un tratto costante della sua scrittura - Chow porta alle estreme conseguenze queste riflessioni affermando che il selvaggio di Rousseau e', in definitiva, per l'uomo bianco, il grande Altro lacaniano, cio' "che esiste prima della 'separazione'" (50). Ma il grande Altro funziona anche come sguardo. Come la videocamera che riprende i poliziotti che picchiano Rodney King, questo sguardo va inteso come "la simulazione dello sguardo che testimoniava dell'oppressione del nativo prima del suo diventare immagine" (51). Ecco dunque che il nativo va pensato come un'immagine e insieme uno sguardo, "ma uno sguardo che eccede il momento della colonizzazione" (52). Il nativo va immaginato nella sua esistenza precedente al "divenire nativo". Per Chow bisogna anche ribaltare il modo di pensare lo sguardo tra nativo e colonizzatore: non e' lo sguardo del colonizzatore a ridurre a oggetto il nativo, ma e' il nativo che, nel guardare il colonizzatore, lo costringe a divenire autocosciente. L'incontro col nativo costituirebbe per l'uomo occidentale l'inizio della sua inquietudine. Ho indugiato a lungo su questo saggio per dare un esempio della complessita' teorica del lavoro di Chow che sottopone sempre a una indagine serrata ogni concetto o testo evocato. In "La politica dell'ammissione: la forza sessuale femminile", l'incrocio tra razze e la formazione della comunita' in Frantz Fanon, Chow amplia la discussione sul nativo in due direzioni: collegando la questione del soggetto a quella della comunita' e distinguendo, in questo ambito, l'esperienza femminile da quella maschile. Chow parte dall'idea di Fanon secondo cui l'uomo di colore, non essendo ammesso come pari nella comunita' dell'uomo bianco, deve creare una comunita' postcoloniale alternativa alla colonia. Tuttavia, l'ammissione in una comunita' non dipende solo dalla razza, e la condizione della donna di colore e' diversa da quella dell'uomo. Fanon descrive l'uomo di colore come un soggetto offeso e la donna come "un oggetto con un valore di scambio". Inoltre, le donne di colore non desiderano altro che diventare bianche: mentre l'uomo e' una vittima indifesa, la donna e' "una perpetratrice accorta e astuta dei rapporti sessuali interrazziali" (71); invece di lavorare per la comunita' cerca solo di uscirne. La donna di colore mostra anche una tendenza in apparenza contraddittoria: desidera un uomo di colore socialmente inferiore (per es. con la pelle piu' scura) per soddisfare alcune fantasie sessuali. In ogni caso, per Fanon l'appartenenza alla comunita' per la donna nera e' basata solo sul sesso. Se e' riduttivo vedere Fanon semplicemente come un patriarca maschilista, l'analisi di Chow mostra come la possibilita' di emancipazione razziale sia pensata, da Fanon, a spese della donna. Quello che Fanon teorizza e', dunque, solo l'emancipazione dell'uomo di colore. La sua visione della donna rappresenta la paura per l'incrocio delle razze: l'agency sessuale femminile puo' impedire la costituzione di una nazione postcoloniale e favorire invece la formazione di una comunita' eterogenea. Fanon, prosegue Chow, "come tutti i pensatori uomini rivoluzionari, si legherebbe al contrario con il 'popolo', che e' la figura che gli da' potere nella sua competizione tra i sessi per la nascita di una nuova comunita'" (81). Con simile incisivita' e facendo ricorso ad un altrettanto sofisticato apparato teorico, in "Brame fasciste in noi" (1995) Chow disseziona il funzionamento del fascismo, mentre in "Referenzialita' interrotta: il post-strutturalismo e l'enigma del multiculturalismo critico" (2002) esplora le modalita' tramite cui le teorie del multiculturalismo hanno utilizzato i metodi teorico-analitici post-strutturalisti. Dopo aver riconosciuto le conquiste di quest'ultimo, Chow critica il connubio col multiculturalismo: l'abbandono del referente in favore del differimento non puo' essere un modo efficace per parlare di identita' comunque subalterne. * La seconda sezione si apre col saggio "Automi postmoderni" (1992), in cui Chow analizza i modi tramite cui le femministe hanno affrontato il rapporto tra moderno e postmoderno, insistendo in particolare sulle differenze tra le teoriche occidentali e non, e mostrando come nello scenario postmoderno sia comunque possibile una critica sociale che non sia al contempo un ritorno a categorie e confini rigidi. In "Media, materia, migranti" (1993) Chow riflette sulla graduale sostituzione della registrazione delle percezioni sensoriali (udito, vista) con la loro digitalizzazione e sul diverso impatto che questo cambiamento ha sui soggetti di mondi che viaggiano a "velocita' diverse". In "Una disciplina fantasma" (2001) Chow propone una breve storia tendenziosa degli studi sul cinema di grande interesse. Dopo una panoramica sui paradigmi teorici che contraddistinguono la disciplina da Benjamin a Metz, Chow parla della Feminist Film Theory, la prima esperienza anglo-americana ad aver riprogettato l'intera disciplina. La FFT ha combinato lo studio della narrativita' e dell'ideologia con conseguenze che sono andate ben oltre lo studio del cinema, aprendo la strada allo "studio delle differenze". Paradossalmente, a questa centralita' si associa la marginalita' del cinema negli ambiti accademici: proprio perche' il cinema e' legato a qualsiasi tipo di produzione del sapere, tutti, anche i non specialisti, lo utilizzano, indebolendo cosi' la disciplina stessa. L'essere "un oggetto ambiguo di studio con frontiere instabili e aperte" puo' pero' costituire "il suo piu' interessante futuro intellettuale" (199). Questo, secondo Chow, puo' avvenire a patto che ci si muova in una direzione diversa da quella della "politica dell'identita'". In questa epoca tale strategia rischia di essere regressiva da un punto di vista politico, perche' molti studi sull'identita' e la differenza di fatto trattano le immagini come realta'. Le immagini, al contrario, vanno accettate come artificio: Chow propone di spostare l'attenzione su un terreno piu' complesso, quello "del rapporto non teorizzato tra l'economia da una parte, e la fantasia e l'identita' dall'altra" (201). Un buon esempio in questo senso e' la recente attrazione che europei e americani hanno mostrato per il cinema dell'Asia orientale. Evidentemente, il saggio su "M. Butterfly" di David Cronenberg ("Il sogno di una Butterfly", 1996), che Patrizia Calefato ha intelligentemente inserito a seguire, e che conclude l'antologia, e' un esempio speculare: qui, e' la studiosa orientale ad occuparsi di un testo occidentale che, a sua volta, e' una rappresentazione dell'Oriente. In un'analisi serrata e al tempo stesso affascinante Chow studia il film di Cronenberg partendo dall'idea che esso metta in scena la fantasia dell'uomo occidentale per la donna orientale. Ma la fantasia, nell'accezione di Laplanche e Pontalis, implica un'idea di soggetto mutevole, in cui cambiano costantemente i ruoli del dominio e della sottomissione. L'analisi sull'identificazione sessuale e razziale proposta da Chow si allontana dalle prevedibili letture antiorientaliste o omoerotiche per insinuarsi nei meandri assolutamente peculiari (e impossibili da ridurre a modello) dell'incontro tra Oriente e Occidente, tra uomo e donna, proposti dal film di Cronenberg. L'elemento che accomuna questo ultimo intervento ai precedenti e che, in guisa di conclusione, puo' indicare sinteticamente in cosa consiste il metodo di Chow, riguarda il modo in cui vengono intrecciate le diverse categorie della differenza. Lo statuto del soggetto e del rapporto io/altro non possono essere spiegati sommando meccanicamente le varie differenze che di volta in volta entrano in gioco, poiche', al contrario, il soggetto viene definito dal conflitto tra le differenze. Questa linea culturalista, meno conciliatoria e rassicurante di altre, e' la piu' interessante e produttiva tra quelle emerse nell'era del postmoderno. ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 171 del 27 marzo 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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