Minime. 395



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 395 del 15 marzo 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: Non un voto ai partiti terroristi e stragisti corresponsabili
della guerra in Afghanistan
2. Marco Garatti: Halima
3. "Peacereporter": Ancora una strage di civili
4. Enrico Piovesana: Italiani in prima linea
5. Enrico Piovesana: La guerra afgana sconfina in Pakistan. Bombardamenti
Usa sui civili
6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
7. Francesco Ferretti: Leggendo la visione
8. Valeria Gennero presenta "Il cuore e' un cacciatore solitario" di Carson
McCullers
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: NON UN VOTO AI PARTITI TERRORISTI E STRAGISTI
CORRESPONSABILI DELLA GUERRA IN AFGHANISTAN

Chi vota per gli assassini degli assassini si fa complice.
I partiti politici italiani le cui rappresentanze governative e parlamentari
hanno ripetutamente votato per la prosecuzione della partecipazione italiana
alla guerra terrorista e stragista in Afghanistan, in violazione del diritto
internazionale e della legalita' costituzionale, sono responsabili di
crimini abominevoli contro l'umanita'.
Non un voto ai partiti terroristi e stragisti corresponsabili della guerra
in Afghanistan.
Non un voto ai partiti imperialisti e razzisti corresponsabili della guerra
in Afghanistan.
Non un voto ai partiti assassini e golpisti corresponsabili della guerra in
Afghanistan.
Chi vota per gli assassini degli assassini si fa complice.

2. AFGHANISTAN. MARCO GARATTI: HALIMA
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente
articolo del 14 marzo 2008, dal titolo "Halima, si chiama cosi'" e il
sommario "Non sa quanti anni ha ma aveva due figli, che ha perduto con il
marito. Quattordici morti: tutta la sua famiglia sterminata da un elicottero
che ha sparato sulla sua casa, nel sud dell'Afghanistan".
Marco Garatti e' chirurgo e coordinatore medico del programma di Emergency
in Afghanistan]

Non sa quanti anni ha ma aveva due figli, che ha perduto con il marito, piu'
quello che ha in pancia.
C'erano stati scontri a fuoco nel pomeriggio, non nel loro villaggio. Ma in
lontananza li avevano sentiti.
La notte, verso le dieci o le  undici di sera, un  razzo ha scoperchiato la
sua casa. E poi, da sopra, un elicottero ha iniziato a sparare. La casa e'
crollata. Sono morti in quattordici: tutta la sua famiglia.
Lei e' stata portata la notte in una casa vicina con la gamba ridotta ad una
frittella e la mattina  dopo da Haydarabad e' stata trasportata con un taxi
a noi.
E' arrivata quasi senza pressione e con la gamba che e' meglio che non si
faccia vedere a chi non e' un chirurgo.
E' stata amputata sopra il ginocchio e questa notte e' stata relativamente
stabile ma con una gran voglia di parlare e  raccontare.

3. AFGHANISTAN. "PEACEREPORTER": ANCORA UNA STRAGE DI CIVILI
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente
articolo del 13 marzo 2008, dal titolo "Una intera famiglia uccisa da un
raid aereo occidentale nei dintorni di Grishk, nel sud del Paese"]

Nella notte tra mercoledi' e giovedi', una intera famiglia composta da
quattordici persone e' stata sterminata durante un raid aereo compiuto nei
pressi della citta' di Grishk. A riferirlo, l'unica donna sopravvissuta al
bombardamento, ricoverata nell'ospedale di Emergency a Lashkargah. La donna,
incinta di tre mesi, ha perso la gamba destra a causa delle ferite riportate
nell'esplosione della sua abitazione colpita dalle bombe.

4. AFGHANISTAN. ENRICO PIOVESANA: ITALIANI IN PRIMA LINEA
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente
articolo del 13 marzo 2008, dal titolo "Afghanistan, italiani in prima
linea" e il sommario "Sale la tensione nell'ovest, dove gli italiani si
preparano alla guerra".
Enrico Piovesana, giornalista, lavora a "Peacereporter", per cui segue la
zona dell'Asia centrale e del Caucaso; e' stato piu' volte in Afghanistan in
qualita' di inviato]

A Herat, sede occidentale del contingente italiano, comincia a fare caldo.
Non solo dal punto di vista climatico. Negli ultimi giorni si sono
registrati attacchi e sabotaggi contro centraline e ripetitori telefonici e
un'ondata di rapimenti senza precedenti che ha suscitato proteste tra la
popolazione locale, sempre piu' preoccupata per il deterioramento della
sicurezza nella zona.
Una situazione confermata, pochi giorni fa, dalla relazione annuale dei
servizi segreti italiani che parlano di "sensibile deterioramento della
cornice di sicurezza" a Herat con "aumento degli attentati" e afflusso di
"cellule ostili" provenienti dal sud, ovvero dalla provincia di Farah.
*
Forze speciali schierate stabilmente sul fronte sud
E proprio a Farah, il fronte piu' caldo del settore italiano, nelle scorse
settimane e' stato dislocato in via permanete il contingente di forze
speciali italiane, la Task Force 45, che finora erano basate a Herat.
Assieme alla Task Force 45 - che pare sia stata rinforzato con un centinaio
di paracadutisti della Folgore appena arrivati dall'Italia - sono stati
mandati a sud anche i cinque elicotteri da combattimento italiani Mangusta
della Task Force Fenice.
Uno schieramento "in prima linea" delle nostre truppe da combattimento che
coincide, forse non casualmente, con l'avvio di un'offensiva alleata
anti-talebana proprio nella provincia di Farah. Ufficialmente, le forze
italiane partecipano alle operazioni solo con un ruolo di "supporto":
definizione ambigua che in passato ha mascherato un coinvolgimento diretto
degli italiani ai combattimenti.
*
Il gioco delle tre carte: piu' truppe da combattimento a Herat
D'ora in avanti, la partecipazione italiana alla guerra contro i talebani
non fara' che aumentare.
L'apparentemente innocuo progetto di "spostamento" del contingente italiano
da Kabul a Herat senza incrementi di truppe, annunciato una settimana fa dal
capo di Stato Maggiore dell'esercito Fabrizio Castagnetti, maschera infatti
l'invio di forze fresche da combattimento che andranno a costituire il
famoso Battle Group da impiegare per contrastare la minaccia talebana nel
settore occidentale.
I circa 750 soldati italiani (truppe non da combattimento) che verranno
rimossi da Kabul (il cui comando regionale, temporaneamente italiano, verra'
assegnato stabilmente alla Francia - Sarkozy lo ha preteso in cambio dei
rinforzi che inviera' a combattere a Kandahar) non verranno infatti
trasferiti di peso a Herat: saranno rimpatriati e al posto loro verranno
schierate nell'ovest un numero uguale di truppe da combattimento, tra le
quali sicuramente la brigata aeromobile Friuli (stando a quanto scrive
l'esperto militare Gianandrea Gaiani su "Analisi Difesa").

5. AFGHANISTAN. ENRICO PIOVESANA: LA GUERRA AFGANA SCONFINA IN PAKISTAN.
BOMBARDAMENTI USA SUI CIVILI
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente
articolo del 13 marzo 2008, dal titolo "Pakistan, bombe sui civili" e il
sommario "I villaggi pashtun sotto i colpi delle artiglierie statunitense e
pachistana"]

La popolazione civile delle aree tribali pachistane continua a morire sotto
le bombe della guerra al terrorismo. Solo ieri, almeno sedici civili, tra
cui donne e bambini, sono rimasti uccisi in due distinti bombardamenti di
artiglieria condotti dall'esercito statunitense e da quello pachistano.
*
Kangrai, Nord Waziristan
Secondo il capo di Stato Maggiore pachistano, generale Athar Abbas, cinque
proiettili d'artiglieria sparati dalle forze Usa dal territorio afgano hanno
colpito un'area residenziale distruggendo una casa e uccidendo due donne e
due bambini. "Abbiamo inoltrato una dura protesta alle forze della
Coalizione al di la' del confine", ha detto il generale.
Da Kabul gli ha risposto un portavoce delle forze Usa, il maggiore Chris
Belcher, confermando un attacco "di precisione" condotto un chilometro e
mezzo all'interno del territorio pachistano contro "un edificio legato alla
rete di Sirajuddin Haqqani", comandante dei talebani waziri. "Non ho alcuna
informazione sulle vittime dall'operazione", ha pero' aggiunto il maggiore.
*
Nawagai, Bajahur
Nelle stesse ore, in una zona piu' settentrionale delle aree tribali
pashtun, un massiccio bombardamento dell'artiglieria pachistana ha ucciso
almeno dodici civili, tra cui due donne e un bambino. L'attacco governativo
e' stato sferrato in rappresaglia a due imboscate talebane costate la vita
ad alcuni soldati. Questa mattina, gli abitanti dei villaggi bombardati sono
andati nella piu' vicina cittadina, Khar, per manifestare contro queste
stragi di civili. In migliaia hanno protestato  scandendo rabbiosi slogan
contro il governo pachistano e contro gli Stati Uniti...
Da quando nel 2004 Musharraf - su pressione di Washington - ha lanciato la
campagna militare anti-terrorismo nelle aree tribali, sono morte piu' di
seimila persone, per meta' civili.

6. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per
molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per
la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza.
Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del
commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di'
chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

7. RIFLESSIONE. FRANCESCO FERRETTI: LEGGENDO LA VISIONE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 marzo 2008, col titolo "La grammatica
per leggere a colori una immagine in bianco e nero" e il sommario
"Attraverso un sentiero di lettura, le tappe necessarie a indagare la giusta
distanza tra due estremi: quello del realismo ingenuo, secondo il quale il
mondo e' come appare, e quello derivato dallo studio dei danni cerebrali e
delle patologie della visione, che porta a enfatizzare la 'costruzione
attiva' della realta'".
Francesco Ferretti e' docente universitario e saggista. "Le sue ricerche
vertono principalmente sul rapporto fra pensiero e linguaggio con
particolare attenzione ai fondamenti cognitivi non verbali e prelinguistici.
Piu' in particolare, i suoi interessi di studio riguardano: 1) il rapporto
tra le modalita' percettive; 2) la teoria della rappresentazione mentale; 3)
l'analisi dei processi cognitivi considerati all'interno del quadro
biologico-evolutivo (con particolare attenzione all'origine della mente e
del linguaggio)". Tra le pubblicazioni di Francesco Ferretti: (con
Elisabetta Gola, a cura di), Filosofia della mente e scienze cognitive,
numero monografico de "Il cannocchiale. Rivista di studi filosofici", n. 2,
maggio-agosto 1997; Pensare vedendo. Le immagini mentali nelle scienza
cognitiva, Carocci, Roma 1998; cura e introduzione dell'edizione italiana di
O. Houde' et al. (eds.), Dizionario di scienze cognitive, Editori Riuniti,
Roma 2000; cura e introduzione di Jerry Fodor, Mente e linguaggio, Laterza,
Roma-Bari 2001]

Formato 6x6, luce artificiale, sfondo neutro, pellicola in bianco e nero: i
tulipani e le orchidee fotografate da Robert Mapplethorpe sono "piu' veri
dei fiori veri". Di questo consiste l'iperrealismo fotografico: sfruttare
tutte le possibilita' offerte dal negativo per riprodurre, attraverso le
piu' sottili sfumature di grigio, l'intera scala tonale della scienza
raffigurata. Per quanto possa apparire paradossale, nelle fotografie in
bianco e nero di Mapplethorpe e' il colore dei fiori a emergere con forza.
Si potrebbe sostenere che la capacita' di percepire i colori di una
fotografia in bianco e nero funziona soltanto quando si e' consapevoli del
fatto che cio' che si sta osservando non e' niente altro se non una
riproduzione del mondo reale. Cosa accadrebbe nel caso in cui la realta'
stessa, e non una sua rappresentazione fotografica (o pittorica), fosse
percepita in bianco e nero? Nel libro Un antropologo su Marte (Adelphi,
1995) Oliver Sacks cita il caso del signor I., un pittore divenuto cieco ai
colori (acromatopsia) in seguito a un incidente stradale. La perdita dei
colori ha avuto conseguenze disastrose: per mangiare il signor I. deve
chiudere gli occhi (il cibo di colore grigio gli appare repellente); vedere
gli altri come "statue grigie inanimate" gli rende impossibile intrattenere
normali rapporti interpersonali.
*
Un tema centrale della filosofia
Come sottolinea Sacks, la percezione della realta' di un soggetto affetto da
cecita' ai colori e' assai diversa da quella di chi osserva una fotografia
in bianco e nero: "noi accettiamo le fotografie e i film in bianco e nero
perche' sono rappresentazioni della realta': immagini che siamo liberi di
guardare ma dalle quali possiamo anche, quando vogliamo, distogliere lo
sguardo. Per lui, invece, il bianco e nero era una realta'".
L'acromatopsia mette in risalto la questione del rapporto tra realta' e
rappresentazione, un tema centrale della riflessione filosofica. Il fatto
che il cambiamento dell'esperienza visiva dei colori dipende da un danno
cerebrale ci pone di fronte a un'evidenza controintuitiva: i colori non
appartengono al mondo fuori di noi (non sono proprieta' reali delle cose),
dipendono piuttosto da come la luce riflessa dal mondo esterno viene
elaborata dal sistema percettivo interno agli individui. Da questo punto di
vista, l'idea che la differenza tra il percepire una fotografia e il
percepire le cose stesse possa essere interpretata nei termini di una
differenza tra il percepire una rappresentazione della realta' e il
percepire la realta' effettiva vacilla fortemente. E a vacillare, in questo
modo, e' una concezione della visione fortemente radicata nel senso comune.
L'opinione del senso comune fa capo a una forma di "realismo ingenuo" (la
tesi per cui nell'esperienza visiva noi abbiamo accesso diretto alle
proprieta' del mondo: quando vediamo un pomodoro rosso, il rosso e' una
proprieta' del pomodoro) - per dirla in uno slogan: "il mondo appare cosi'
perche' e' cosi'". Per dimostrare che la tesi del senso comune e' infondata,
Paola Bressan presenta, nel libro intitolato Il colore della luna (Laterza)
prove empiriche e argomenti teorici. In che senso dovrebbe essere infondata
l'idea che nella percezione visiva ad essere percepiti siano esattamente gli
oggetti del mondo esterno?
*
Oltre lo stimolo percettivo
Un buon modo per capire dove sta il problema e' chiamare in causa la
differenza tra l'informazione che colpisce i nostri sistemi sensoriali (la
retina, per la visione) e l'esperienza visiva del mondo esterno. Il caso
delle "costanze percettive" si presta ad esemplificare il punto: l'immagine
retinica non e' statica, la sua forma cambia in continuazione, eppure il
mondo ci appare stabile e fermo: quando guardiamo una sedia girandole
intorno, la forma dell'immagine retinica si distorce come un pezzo di gomma,
eppure la sedia non ci sembra mutare forma. Come interpretare questo fatto?
L'immagine del mondo, della sua staticita' e permanenza, e' un processo di
"costruzione attiva" del sistema percettivo - un processo in larga parte
dovuto ai sistemi di elaborazione interni all'individuo. Come ha
sottolineato Gaetano Kanizsa nel libro La grammatica del vedere (1990, Il
Mulino), la percezione visiva "va sempre oltre lo stimolo percettivo":
l'esperienza visiva e' guidata da una grammatica, un sistema di regole di
costituzione dell'esperienza che il soggetto proietta sul mondo. Negli anni
Venti del Novecento, Max Wertheimer descrisse i principi di organizzazione
dell'esperienza percettiva in base ai quali gli elementi presenti nel campo
visivo tendono a organizzarsi in unita'. Paola Bressan inserisce le tesi di
Wertheimer nel quadro evoluzionista, sottolineando che la grammatica della
visione ha una chiara funzione adattativa.
Prendiamo il caso dei principi di vicinanza e di somiglianza: il principio
che cose vicine vengano raggruppate assieme e' sfruttato in natura da quegli
animali che si aggregano in forme di mimesi collettiva per risultare, a
seconda dei casi, piu' o meno visibili; il principio secondo cui cose che
appaiono simili (nel colore ad esempio) vengono raggruppate assieme puo'
venire utilizzato da quegli animali che cercano di ridurre la propria
visibilita' per assumere un colore simile a quello dell'ambiente
circostante: gli ippopotami sono grigio fango, i bruchi verde foglia, gli
orsi polari bianco ghiaccio. Un primo risultato ricavabile da queste
considerazioni e' che la visione e' un processo attivo in cui le regole del
sistema di elaborazione vengono proiettate sul dato sensibile organizzandolo
in un'esperienza. Per quanto possa apparire bizzarro parlare della visione
nei termini di una "costruzione del mondo" - il vedere e' intuitivamente
considerato un processo caratterizzato da un forte grado di passivita',
qualcosa del tipo: apro gli occhi e il mondo mi entra dentro - i dati
provenienti dai danni cerebrali e dalle patologie della visione rendono del
tutto appropriata un'espressione di questo tipo. In linea con queste
considerazioni e' possibile riconoscere alla percezione visiva un carattere
allucinatorio: sebbene in modo diverso da quanto accada nelle allucinazioni
in senso proprio, l'idea di Paola Bressan e' che la visione sia una forma di
"allucinazione guidata". Ora, considerare in questi termini la visione
potrebbe risultare paradossale se non fosse che i risultati sperimentali
sembrano testimoniare la bonta' di una simile interpretazione. Ma piu' che
nel carattere allucinatorio della percezione, il problema sta nel come dare
conto del fatto che, diversamente dai sogni e dalle illusioni, la percezione
visiva ci mette in contatto col mondo reale. Il vero punto in discussione e'
dunque il fatto che l'allucinazione percettiva sarebbe "guidata" dagli
oggetti. Se c'e' un pericolo nell'insistere troppo sugli aspetti di
costruzione dell'esperienza, questo consiste nel perdere il contatto con la
realta' esterna.
*
Per non staccarsi dalla realta'
Dopo avere preso le distanze dal realismo ingenuo e' necessario riguadagnare
un tratto fondamentale della concezione della visione propria del senso
comune: l'idea che il vedere riguardi entita' del mondo, e non le nostre
immagini interne, ovvero le rappresentazioni di queste entita'. Ora, come e'
possibile dare conto del fatto che la visione ci mette in connessione
diretta col mondo, dopo tutto cio' che sappiamo dalla scienza della visione?
Sta nella risposta a questa domanda il nodo concettuale del libro di Alfredo
Paternoster, Il filosofo e i sensi (Carocci). In questo caso l'obiettivo
polemico e' la deriva idealistica della "teoria del dato sensoriale", ovvero
l'idea secondo cui, nell'esperienza percettiva, una persona e' in relazione
non con gli oggetti esterni ma con un ente psichico, il dato sensoriale, da
cui dipende il contenuto fenomenico dell'esperienza. L'argomento piu' forte
a favore della teoria del dato sensoriale e' l'idea che uno stato di
allucinazione e uno di esperienza veridica siano fenomenologicamente
indistinguibili. Questo fatto ha ricadute importanti sulla natura della
percezione: "poiche' le cose talvolta ci appaiono in modo diverso da come
sono e non c'e' un modo non arbitrario di distinguere la fenomenologia della
percezione veridica da quella della percezione erronea, si deve concludere
che cio' che e' dato nell'esperienza non e', perlomeno direttamente,
l'oggetto reale". Ma se il contenuto della visione non dipende dall'oggetto
reale, allora non puo' che dipendere da un'entita' mentale: piu' che la
percezione della realta', il vedere viene in questo modo a configurarsi come
la percezione di una rappresentazione della realta' (qualcosa di simile al
guardare una "fotografia mentale" delle cose). Una deriva idealistica di
questo tipo mina alla base l'intuizione del senso comune secondo cui
attraverso la visione noi entriamo in contatto "diretto" con la realta'.
Se e' vero che un realismo ingenuo di questo tipo non puo' piu' essere
sostenuto, e' anche vero che la deriva idealistica della teoria del dato
sensoriale rimane con il grosso problema di spiegare perche' la percezione
si accordi cosi' bene con l'agire sul mondo. Il punto e' capire come sia
possibile garantire una connessione al mondo in un'ipotesi interpretativa
che vede nella visione un processo attivo di costruzione dell'esperienza
della realta'. Come tenere insieme il fatto che la percezione visiva e' un
caso di "allucinazione guidata" con il fatto che le esperienze percettive
sono pur sempre esperienze del mondo esterno?
La risposta a questa domanda passa, secondo Paternoster, per il
riconoscimento del fatto che la visione e' caratterizzata da un contenuto
non concettuale, oltre che da un contenuto concettuale. Nella riflessione
teorica sulla percezione hanno prevalso le concezioni epistemiche (o
concettuali) della visione: l'idea secondo cui, essendo il percepire
permeato dalle credenze di sfondo del soggetto, il vedere e' tendenzialmente
una forma del pensare. Ora, se si lega la natura della visione al contenuto
epistemico (se guardiamo ai percetti come a forme di credenze sul mondo) non
c'e' speranza di poter dare conto della percezione visiva come un processo
connesso alla realta' esterna.
La visione, tuttavia, ha, come sua connotazione specifica, un contenuto di
cui il soggetto dispone anche senza disporre dei concetti che sarebbero
necessari per specificare quel contenuto. Cio' che caratterizza, nello
specifico, la visione e' l'idea che nel vedere siano in causa forme e
configurazioni di superfici a livello pre-interpretativo - non oggetti
interi pienamente concettualizzati. Fondare la visione sulla percezione di
forme e configurazioni di questo tipo ha un duplice vantaggio: permette di
giustificare la compresenza del carattere rappresentazionale e di quello
realista della percezione visiva. Sostenendo che i contenuti percettivi non
sono rappresentazioni concettuali si evita, infatti, il pericolo di
incorrere nella deriva idealistica della teoria del dato sensoriale; allo
stesso tempo sostenere che nella percezione primaria siano in gioco le
configurazioni di superfici e le forme degli oggetti sembra un passo
importante per potere spiegare in che senso sia legittimo parlare della
visione nei termini di una allucinazione "guidata". Insistere su questo
punto e' un modo per riconoscere il ruolo dei principi di organizzazione
dell'esperienza percettiva individuati da Wertheimer nel secolo scorso. E la
possibilita' di garantire il carattere di costruzione, ma anche di relazione
al mondo, necessaria per superare le due opposte difficolta' dell'idealismo
e del realismo ingenuo sembra inesorabilmente legata alla formulazione di
principi di questo tipo.
*
Prospettive incrociate
Il caso della percezione visiva apre la strada a considerazioni di carattere
piu' generale sul tema della relazione tra scienze empiriche e riflessione
filosofica. Studiare la percezione visiva dal punto di vista delle scienze
empiriche e' un modo per rispondere alla domanda circa il "come funziona" un
certo sistema di elaborazione. In passato (ma c'e' ancora chi si attarda su
simili posizioni) si riteneva che la filosofia, occupandosi in via
prioritaria di formulare ipotesi sul "cosa sia" una certa entita' o un certo
fenomeno, dovesse fare a meno dei risultati delle scienze empiriche. Il caso
della percezione visiva, tuttavia, mostra che le questioni riguardanti il
tema del contenuto e della fenomenologia dell'esperienza sono
inestricabilmente connesse ai temi relativi all'architettura cognitiva della
mente: gli studi che riguardano il funzionamento di un certo dispositivo
hanno effetti decisivi nella spiegazione relativa al "cosa sia" una certa
entita' o un certo fenomeno.
Il che significa che oggi piu' di quanto non avvenisse in passato la
riflessione filosofica non puo' fare a meno di collocarsi all'interno di una
prospettiva di ricerca interdisciplinare.
*
Postilla. Volumi per indagare i problemi legati all'esperienza percettiva
Possono essere utili allo studio dell'esperienza percettiva, oltre al libro
di Kanizsa citato nell'articolo, anche Fenomenologia della percezione, di
Paolo Bozzi (Il Mulino, Bologna 1989); Fenomenologia della percezione
visiva, di Manfredo Massironi (Il Mulino, Bologna 1998). Il testo piu'
importante sulla visione dal punto di vista computazionale e' il libro di
David Marr, Vision (Freeman, San Francisco 1982). Sul tema del realismo
diretto nella percezione visiva: Claire Michaels e Claudia Carello, Direct
Perception (Prentice Hall, Englewood Cliffs 1981); L'approccio ecologico
alla percezione visiva, di J. James Gibson (Il Mulino, Bologna 1999). Un
classico dell'orientamento costruttivista e' il libro intitolato Occhio e
cervello, di Richard L. Gregory (Il Saggiatore, Milano 1991). La critica
all'idea che la percezione visiva abbia a proprio fondamento una forma di
contenuto non concettuale e' in Mente e mondo, di John McDowell (Einaudi,
Torino 1999).

8. LIBRI. VALERIA GENNERO PRESENTA "IL CUORE E' UN CACCIATORE SOLITARIO" DI
CARSON MCCULLERS
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 marzo 2008, col titolo "McCullers.
Collerici amori di povere anime freak" e il sommario "Amori omosessuali
dignitosi e profondi, donne 'pazze di rabbia', uomini muti e al limite della
follia: e' fatto di questi elementi l'universo narrativo di Carson McCullers
i cui romanzi sono stati acquisiti al catalogo della Einaudi Stile libero.
Appena uscito, Il cuore e' un cacciatore solitario e' ambientato nelle
strade rese bollenti dall'aria che arriva dal Golfo del Messico".
Valeria Gennero, docente e saggista, insegna all'Universita' di Bergamo. Tra
le opere di Valeria Gennero: L'impero dei testi. Femminismo e teoria
letteraria anglo-americana, Sestante, 2002; L'anatomia della notte. Djuna
Barnes e Nightwood, Sestante - Bergamo University Press, 2002.
Carson McCullers, scrittrice statunitense (1917-1967) le cui opere anche noi
abbiamo molto amato. Opere di Carson McCullers: Il cuore e' un cacciatore
solitario (1940); Riflessi in un occhio d'oro (1941); Invito a nozze (1946);
La ballata del caffe' triste (1951); Orologio senza lancette (1961); Il
cuore ipotecato (postuma, 1968)]

New York, 1940: solo una breve passeggiata separa il ponte di Brooklyn da
Middagh Street, dove un grande appartamento fatiscente ospita una comunita'
di giovani artisti destinati a diventare, lungo percorsi diversamente
eccentrici, icone della cultura angloamericana del '900. George Davis,
direttore responsabile della narrativa di "Harper's Bazaar" e acuto talent
scout, ha offerto alloggio a un gruppo che comprende Wystan Auden, Benjamin
Britten, Klaus ed Erika Mann, Paul Bowles e sua moglie Jane. Insieme a loro,
la stella del momento: Carson McCullers. Erano bastati pochi mesi perche',
poco piu' che ventenne, la scrittrice abbandonasse l'anonimato e l'inerzia
della vita di provincia (era nata a Columbus, in Georgia, come Carson Lula
Smith) per trovarsi proiettata al centro dell'attenzione mediatica
statunitense.
Nel giugno 1940, pochi giorni dopo la pubblicazione del suo primo romanzo -
Il cuore e' un cacciatore solitario - la ricezione entusiasta del pubblico e
della critica avevano spinto la giovane a lasciarsi alle spalle il North
Carolina per trasferirsi a New York insieme al marito Reeves McCullers.
Acclamata imediatamente come nuovo fenomeno letterario, Carson Smith sarebbe
rimasta fino alla morte un personaggio di primo piano della controcultura
statunitense. La sua biografia parla di una figura sregolata tanto quanto
limpida e rigorosa era la sua scrittura, condensata in cinque brevi romanzi
capaci di illuminare alcune zone d'ombra della cultura americana, ed e'
quindi meritorio che Einaudi Stile Libero abbia cominciato l'operazione di
recupero integrale di questo percorso di scrittura oggi difficile da
reperire sul mercato italiano.
*
Una trama di solitudini
Il primo volume di McCullers riproposto e' Il cuore e' un cacciatore
solitario (pp. 368, euro 11,80), che esce nella traduzione ancora
impeccabile di Irene Brin. L'introduzione di Goffredo Fofi giustamente ci
ricorda come questo romanzo d'esordio riesca nell'impresa di essere a un
tempo l'ultimo dei romanzi proletari degli anni '30 e il primo esempio di
quel disincanto dolente che sarebbe esploso nell'immaginario di massa con Un
tram che si chiama desiderio di Tennessee Williams, pochi anni piu' tardi. I
protagonisti di McCullers anticipano molti dei temi che solo la beat
generation sarebbe poi riuscita a recuperare e ad articolare in modo
esplicito. Dunque, Il cuore e' un cacciatore solitario ruota intorno alla
figura di un sordomuto, John Singer, legato da un amore profondo (e
"indicibile" anche a livello metaforico) a un altro uomo, Spiros
Antonanopulos, anch'egli muto, vittima di un esaurimento nervoso che,
nonostante gli sforzi dell'amico, portera' al suo ricovero in manicomio.
Rimasto solo, Singer - che ha poco piu' di trent'anni - abbandona la casa in
cui erano vissuti insieme per un decennio e affitta una stanza in un albergo
modesto, gestito dalla famiglia Kelly. Qui fa amicizia con la figlia dei
proprietari, Mick Kelly, una dodicenne che indossa solo pantaloni per non
assomigliare alle sorelle - il cui impegno principale e' scrivere lettere
alle star hollywoodiane e copiare i loro vezzi seduttivi - e dichiara
imperturbabile: "Io credo tanto in Dio quanto in Babbo Natale". L'androginia
di Mick Kelly - come, negli stessi decenni, quella dell'Orlando di Virginia
Woolf o delle eroine di Djuna Barnes - e' metafora di un desiderio di
autonomia e di creativita' che riesce ad esprimersi solo rovesciando i segni
visibili di una femminilita' percepita come condanna all'isolamento tra le
pareti domestiche.
Mick, che vorrebbe essere un ragazzo per vivere come Bill, il fratello
maggiore di cui invidia la liberta' di muoversi e vestirsi senza
costrizioni, e' solo la prima di una serie di giovani donne attraverso cui
McCullers mettera' in scena, nel corso della sua carriera, la consapevolezza
di una differenza sessuale rivendicata con orgoglio e al tempo stesso
scandagliata nelle sue conseguenze debilitanti. In Invito di nozze (del
1946) rendera' protagonista Frankie Addams, un'altra giovane donna con un
soprannome di genere indecifrabile, facendola sognare di essere un maschio e
di arruolarsi nei marines perche' "i soldati nell'esercito possono dire
noi". Proprio l'assenza di una dimensione collettiva e' alla base del
malessere esistenziale che pervade queste figure ribelli e scontrose. Ma il
senso di esclusione dai meccanismi identitari rassicuranti che imprigionano
la gente "normale" si trasforma, nelle storie di McCullers, in uno spazio in
cui puo' nascere l'utopia. Uno spazio marginale e umbratile, dove si
stagliano personaggi feriti eppure indomiti che conservano ancora oggi una
rara intensita' lirica. E' cosi' per le giovani donne inquiete come Mick,
che sognano di trovare nella pratica artistica fama, successo e una
prospettiva di liberta', lontana dal perimetro opprimente delle
responsabilita' familiari. E' cosi' per uomini coraggiosi e disillusi come
il dottor Copeland, un medico afroamericano che ha dedicato la vita alla
diffusione dell'orgoglio nero e degli ideali marxisti: abituato a ignorare
"la tranquilla insolenza della razza bianca" per concentrare la sua
attenzione sulla sua gente, Copeland spesso non riesce a controllare il
"collerico amore" che lo travolge quando si accorge che la comunita'
afroamericana e' di fatto complice di quel capitalismo razzista che li priva
della dignita' umana. E anche i suoi stessi figli - incluso quello
battezzato Karl Marx nella speranza diventasse una guida per la rivoluzione
nera - non sono da meno.
Non stupisce, dunque, che Richard Wright, a sua volta reduce, nel 1940,
dalla pubblicazione del suo primo romanzo Paura (Native Son) abbia recensito
Il cuore e' un cacciatore solitario acclamando in Carson McCullers una
scrittrice che "per la prima volta nella letteratura meridionale tratta i
personaggi neri con la pacatezza e la giustizia riservati a coloro che
appartengono alla sua razza".
*
Il fiore della poverta'
Utilizzando una scrittura tersa ed evocativa, McCullers cambia di capitolo
in capitolo il punto di vista che filtra gli eventi narrati e fa emergere
mondi interiori capaci di plasmare la realta' in modi tanto singolari da
renderla di fatto incomunicabile. Cosi' accade quando descrive le utopie del
dottor Copeland e l'ambizione artistica di Mick, la passione amorosa di
Singer e il radicalismo rabbioso di Jake Blount, comunista in crisi ormai
rassegnato al fatto che "il risentimento e' il fiore piu' prezioso della
poverta'". Anche Blount, tarchiato e imbolsito dai troppi whisky, "dava
l'impressione che qualcosa in lui fosse deforme, ma quando lo si osservava
con attenzione tutto in lui era normale. Esattamente come doveva essere. E
allora, se quel disaccordo non era fisico doveva essere morale". In parte e'
vero: la deformita' dei freaks di McCullers e' in primo luogo interiore.
L'anomalia che li riguarda consiste nel loro non riuscire a essere uguali a
se stessi. Incapaci di collocarsi in modo rassicurante lungo binari
conosciuti, osservano il mondo impacciati e dolenti. Come Mick, la cui
appartenenza pesca all'interno di confini molteplici, tra infanzia e
adolescenza, maschile e femminile, audacia e insicurezza. Stranieri a se
stessi, spettatori stupiti delle contraddizioni proprie di una America
impoverita dalla recessione eppure egoista e crudele nei confronti dei
deboli, i freaks di McCullers si muovono lenti in spazi resi accidiosi
dall'aria bollente che arriva dal vicino Golfo del Messico. La canicola
sferza e opprime quartieri in disfacimento, pieni di gente affamata e
bambini rachitici. Il panorama che ne viene fuori e' desolato eppure
avvincente.
Strade riarse e assonnate, squarciate all'improvviso da esplosioni di
violenza, liti, scoperte macabre ("Una mattina d'aprile trovo' un uomo
assassinato, un giovane nero, in un fossato a circa trenta metri dalla
fiera. Gli avevano tagliato la gola con un colpo cosi' atroce che la testa
pendeva quasi staccata"). La prosa di McCullers insegue un ideale di
semplicita' rigorosa, una scarnificazione del discorso narrativo in cui la
sperimentazione stilistica modernista si traduce in quadri di ingannevole
semplicita', come nell'incipit del romanzo: "C'erano due muti, in citta', e
se ne stavano sempre insieme. La mattina presto uscivano di casa per recarsi
al lavoro: camminavano a braccetto, ed erano molto diversi l'uno
dall'altro".
Il rapporto tra i due e' sopraffatto, nei capitoli filtrati dal punto di
vista di Singer, da una esaltazione passionale che mantiene ancora intatta
la sua forza: "Non cessava di pensare a lui: la felicita' di rivederlo lo
irrigidiva, aveva le narici bianche, convulse, il respiro gli usciva rapido
e ansante dalle labbra socchiuse". Amori omosessuali dignitosi e profondi,
donne coraggiose e "azze di rabbia" per le costrizioni subite, intellettuali
protesi verso una missione di giustizia sociale cui non rinunciano nemmeno
nei momenti di amarezza e disillusione: questi i freaks cui McCullers da' la
parola in un romanzo del quale, non a caso, e' stata riscoperta la sua
valenza di manifesto femminista e queer.
*
Un riferimento per la cultura gay
Anche la biografia della scrittrice, del resto, contiene innumerevoli spunti
che contribuiscono a renderla, oggi, una figura dai tratti mitizzabili. La
casa di Middagh Street, che Anais Nin avrebbe ribattezzato "February House"
perche' molti dei suoi abitanti compivano gli anni nel mese di febbraio, e'
diventata un riferimento importante per la storia della cultura gay del
'900. In quelle stanze Benjamin Britten viveva con il suo compagno, e
altrettanto faceva Wystan Auden, che aveva sposato Erika Mann solo per
garantirle la cittadinanza britannica. Anche Klaus Mann non aveva mai fatto
mistero della propria omosessualita', mentre qualcosa di analogo rendeva
inconsueto il legame tra Paul Bowles e la moglie Jane. Piu' tradizionale
invece il menage di Richard Wright, che arrivo' a Brooklyn insieme alla
moglie e alla figlia. In questo contesto trasgressivo ed elettrizzante,
fatto di cene, collaborazioni artistiche e fiumi di alcool, presero forma
opere decisive per la cultura anglo-americana del dopoguerra. McCullers si
immerse nella vita della February House con un entusiasmo che avrebbe presto
minato il suo fisico, gia' debilitato dalla febbre reumatica.
*
Fra talento e sventura
Dopo anni di salute cagionevole, quando era appena trentenne un ictus le
paralizzo' il lato sinistro del corpo. Sarebbero seguiti altri vent'anni di
successi letterari e tracolli esistenziali: dopo il divorzio McCullers
risposo' il marito Reeves, poi tento' piu' volte il suicidio, mentre la
malattia progrediva rapida e si alternavano amori, spesso impossibili, per
uomini e donne. Finche' la morte arrivo' nel 1967 quando Carson McCullers
aveva appena compiuto cinquant'anni. Le fotografie degli ultimi anni la
ritraggono ormai paralizzata, eppure il volto era rimasto quello androgino e
trasognato della giovane in camicie di taglio ostentatamente maschile.
"E' stata sin dagli inizi una leggenda tipicamente americana: la sua fama
era, in uguale misura, il risultato del suo talento e di imponenti campagne
promozionali" ha scritto Gore Vidal. Ma lo stesso Vidal ammette che,
diversamente dal solito, il talento della scrittrice era cosi' evidente da
rendere superfluo il contorno pubblicitario.
*
Postilla. Breve e dolente vita di una leggenda
Carson Lula Smith nacque a Columbus, in Georgia, nel 1917. Sin dall'infanzia
manifesto' un grande talento musicale ma a quindici anni i postumi di un
grave attacco di febbre reumatica le resero faticoso suonare il piano, cosi'
comincio' a dedicarsi anche alla scrittura. Nel 1934 raggiunse New York per
studiare musica alla Juilliard School. Appena arrivata smarri' il denaro
ricevuto e dovette rinunciare all'iscrizione. Riusci' a pagarsi alcuni corsi
di scrittura creativa alla Columbia University grazie a una serie di lavori
saltuari, che compromisero pero' ulteriormente il suo stato di salute. Nel
1937 sposo' Reeves McCullers e si trasferi' a Charlotte, in North Carolina,
dove completo' Il cuore e' un cacciatore solitario. Nel 1941 pubblico' il
suo secondo romanzo, Riflessi in un occhio d'oro, e cinque anni piu' tardi
Invito di nozze, che adatto' poi per il palcoscenico nel 1950: il dramma
rimase a Broadway per piu' di un anno e ottenne numerosi riconoscimenti. La
scrittrice pero', debilitata da una serie di ictus, dirado' la sua
produzione: dieci anni separano La ballata del caffe' triste e altre storie
(1951) dall'ultimo romanzo Orologio senza lancette (1961). Solo alla fine
degli anni '60 i temi scabrosi trattati nei suoi romanzi arrivarono sugli
schermi cinematografici: nel 1967 con Riflessi in un occhio d'oro, diretto
da John Huston e interpretato da Marlon Brando e Elizabeth Taylor. L'anno
dopo con Il cuore e' un cacciatore solitario, per la regia di Robert Ellis
Miller e con Alan Arkin nel ruolo di John Singer.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 395 del 15 marzo 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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