Minime. 394



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 394 del 14 marzo 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
2. Ida Dominijanni: Politica e questione maschile
3. Ettore Masina: A proposito di una occupazione
4. Marco Morselli: Andre' Chouraqui
5. La "Carta" del Movimento Nonviolento
6. Per saperne di piu'

1. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per
molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per
la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza.
Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del
commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di'
chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

2. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: POLITICA E QUESTIONE MASCHILE
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 marzo 2008, col titolo "La questione
maschile",
Ida Dominijanni, giornalista e saggista, docente a contratto di filosofia
sociale all'Universita' di Roma Tre, e' una prestigiosa intellettuale
femminista. Tra le opere di Ida Dominijanni: (a cura di), Motivi di
liberta', Angeli, Milano 2001; (a cura di, con Simona Bonsignori, Stefania
Giorgi), Si puo', Manifestolibri, Roma 2005]

"Di cosa parliamo quando parliamo di politica?", si chiede Bia Sarasini in
apertura dell'ultimo numero della rivista "Leggendaria" dedicato a "Donne,
politica, violenzaª". Domanda centrata, perche' del termine ormai non c'e'
certezza: "Parli di politica, e la faccia perplessa dei tuoi interlocutori
ti spinge subito a precisare. Non parlo della casta, spiego, non mi
riferisco ai politici di mestiere, parlo della passione. A questo punto gli
sguardi si fanno opachi, assenti, soprattutto nelle persone piu' giovani.
Passione? Politica? Ma sei sicura che ne valga la pena?". Le donne che
firmano su "Leggendaria" sono sicure, si', che ne valga la pena. Ma a patto
di fare un po' di chiarezza, non solo lessicale; e a patto che ci si
riesca - il che non e' detto. Prima cosa da chiarire - seguo ancora il filo
di Sarasini: politica non e' solo quella che porta ufficialmente questo
nome: c'e' politica - spesso guidata da donne - in quel vasto territorio di
azione dal basso, dai comitati Dal Molin a quelli contro la monnezza in
Campania, cui la politica ufficiale non riconosce alcuna politicita'.
Secondo punto: bisogna chiedersi come, quando, perche' e per chi fra la
parola "politica" e la parola "senso" s'e' aperta una forbice: forse, dice
Sarasini, da quando s'e' perso il senso e la necessita' dello stare e del
fare insieme, insomma dell'agire collettivo. Terzo, perche' la politica
cambi occorre "che la politica riconosca di avere un sesso, maschile, e che
questo sesso e' in crisi, non sa piu' interpretare il mondo: puo' tutt'al
piu' fare quadro, stringere alleanze tra uomini, inventare a tavolino nuovi
leader uomini", Obama compreso. "La catastrofe maschile delle forme
politiche novecentesche e' davanti ai nostri occhi. La sfida e' costruirne
altre, qui e adesso, a partire dalla vita quotidiana. Una passione da
risvegliare", conclude Sarasini rivolta soprattutto alle donne.
La cosa pero' non va liscia, come si sa, e come risulta dalla stessa lettura
del ricco numero di "Leggendaria". Da quando, nel femminismo, le donne hanno
dato nome di politica a cose che prima non l'avevano, da quando abbiamo
politicizzato ambiti prima relegati al privato, da quando abbiamo messo al
mondo pratiche inaudite per la politica ufficiale e costruito legami
politici altrettanto tenaci di quelli istituzionali, non per questo la
politica ufficiale s'e' trasformata, ne' la politica delle donne riesce a
bilanciare la crisi della politica maschile, ne' tantomeno a sostituirsi ad
essa. C'e' una asimmetria, abbiamo sempre detto. Adesso dobbiamo prendere
atto che c'e' anche una impasse.
Ne scrive Lia Cigarini, sull'ultimo numero di "Via Dogana", titolo: "Bianco
rosa verde. Contro la crisi della politica". Perche' "contro"? Perche' il
discorso sulla crisi della politica, scrive Cigarini, sta diventando una
formula "che finisce per essere evasiva". Evasiva di un punto preciso e
cruciale, questo: "Nel declino della politica e nel degrado della societ"
italiana comincia a trasparire una rimossa e irrisolta 'questione
maschile'". In che consiste la questione maschile, sorta di rovescio
paradossale della "questione femminile" pre-femminista? Consiste nel fatto
che, dopo la critica femminista della politica e dopo la "modificazione
inarrestabile" dei rapporti sociali e dell'ordine simbolico innescata dal
femminismo, "la societa' maschile nel suo insieme non ha preso coscienza
della fine del patriarcato ne' della necessita' di confrontarsi con la
soggettivita' politica delle donne, sebbene alcuni si' ed e' forse l'inizio
di un cambiamento". Cio' che la formula della crisi della politica nasconde,
dunque, e' quanto "l'inefficacia della politica sia da attribuirsi al
disfarsi della genealogia maschile e del suo linguaggio, e al mancato
confronto con l'altra e il suo sapere politico". Il guaio e' che senza
consapevolezza non c'e' neanche conflitto: "Percio' - scrive ancora
Cigarini - parlo di questione e non di conflitto fra i sessi. Il conflitto
e' vitale e produttivo di senso; la questione, senza uno scatto di
consapevolezza, puo' solo ingombrare la politica e puo' farlo anche per
cento anni". Da cui l'impasse di cui sopra. Che speriamo duri meno di cento
anni, tolti gli almeno quindici che ha gia' alle spalle.

3. RIFLESSIONE. ETTORE MASINA: A PROPOSITO DI UNA OCCUPAZIONE
[Ringraziamo Ettore Masina (per contatti: e-mail: ettore at ettoremasina.it,
sito: www.ettoremasina.it) per questa sua lettera mensile n. 130 del
febbraio 2008.
Ettore Masina, nato a Breno (Bs) il 4 settembre 1928, giornalista,
scrittore, fondatore della Rete Radie' Resch, gia' parlamentare, e' una
delle figure piu' vive della cultura e della prassi di pace. Sulle sue
esperienze e riflessioni si vedano innanzitutto i suoi tre libri
autobiografici: Diario di un cattolico errante. Fra santi, burocrati e
guerriglieri (Gamberetti, 1997); Il prevalente passato. Un'autobiografia in
cammino (Rubbettino, 2000); L'airone di Orbetello. Storia e storie di un
cattocomunista (Rubbettino, 2005). Tra gli altri suoi libri: Il Vangelo
secondo gli anonimi (Cittadella, 1969, tradotto in Brasile), Un passo nella
storia (Cittadella, 1974), Il ferro e il miele (Rusconi, tradotto in
serbo-croato), El Nido de Oro. Viaggio all'interno del terzo Mondo: Brasile,
Corno d'Africa, Nicaragua (Marietti, 1989), Un inverno al Sud. Cile,
Vietnam, Sudafrica, Palestina (Marietti, 1992), L'arcivescovo deve morire.
Monsignor Oscar Romero e il suo popolo (Edizioni cultura della pace, 1993
col titolo Oscar Romero, poi in nuova edizione nelle Edizioni Gruppo Abele,
1995), Comprare un santo (Camunia, 1994; O. G. E., 2006), Il volo del
passero (San Paolo, tradotto in greco), I gabbiani di Fringen (San Paolo,
1999), Il Vincere (San Paolo, 2002). Un piu' ampio profilo di Ettore Masina,
scritto generosamente da lui stesso per il nostro foglio, e' nel n. 418 de
"La nonviolenza e' in cammino"; un'ampia intervista raccolta da Diana Napoli
e' ne "La domenica della nonviolenza", n. 151]

Quando in una piazza o in una sala si leva accanto a me il canto, cosi'
suggestivo, di "Bella ciao", mi capita di pensare che soltanto noi vecchi
siamo in grado di comprenderne sino in fondo il significato: perche' una
ragazza, destandosi da un profondissimo sonno e trovando che il suo paese e'
stato invaso da un esercito straniero, si "senta di morire". E' difficile -
e forse impossibile - a chi non l'ha provata immaginare la ferocia di un
regime di occupazione. Occupazione non significa soltanto guerra perduta ma
anche perduta identita'. Ti sembra di non avere piu' patria poiche' i
confini che la delimitavano sono stati violentemente abbattuti e i luoghi
che ti sono cari sono diventati terra di conquista. I maschi del tuo popolo
vinto (quelli che non sono morti o prigionieri in "campi" lontani) sono
trasformati in lavoratori senza diritti, o profughi miserabili; mogli
sorelle o figlie non possono piu' sentirsi difese dalla possibile violenza
dei vincitori; inermi si sentono i bambini davanti a padri di cui ogni
giorno vedono umiliata la dignita'. Le leggi che vengono emanate sono fatte
per il benessere e la sicurezza degli occupanti, non dei cittadini. I
raccolti e le produzioni industriali sono bottino di guerra e i generali
nemici decidono se e in quale quantita' possono essere distribuiti agli
sconfitti. Le piazze in  cui giocavano i bambini, i parchi in cui
passeggiavano gli innamorati, i ristoranti delle allegre tavolate, i teatri
in cui si narravano le bellezze della vita o i suoi drammi, ogni luogo
pubblico, insomma, e' sfregiato dalla presenza di stranieri armati. Vi sono
scuole (molte scuole) trasformate in bivacchi delle forze d'invasione; e
case requisite e vie sbarrate e zone interdette. Le rovine lasciate dai
combattimenti non vengono riparate. Accade che intere popolazioni debbano
lasciare i luoghi in cui vivevano, espulse dalla violenza armata o da una
fonda paura. Che posti di blocco infestino le strade e impediscano ai vinti
di svolgere i propri commerci o, peggio ancora, di riunire le famiglie o di
mantenere i collegamenti fra parenti o di accedere rapidamente a luoghi di
cura. Che in alcune zone tutti gli alberi vengono abbattuti, "per ragioni di
sicurezza". Le notti sono anticipate e prolungate dai coprifuoco; in
quell'eternita' di buio si sentono i passi cadenzati delle ronde e di quando
in quando vengono dalle strade rumore di spari, grida concitate, alti
lamenti. Chiudendo la porta, la sera, sai che potrebbe essere abbattuta da
qualche pattuglia venuta a prenderti per potarti chissa' dove.
Occupazione vuol dire terrore. Non e' soltanto che tutti i diritti sembrano
cancellati, e' che puoi da un momento all'altro essere punito per cio' che
un altro ha fatto: la punizione collettiva, la rappresaglia devastano ogni
logica, ogni innocenza, e ogni diritto. Sei immerso nell'arbitrio del
dominante, che, se qualcuno osa ribellarsi, non occhio per occhio pretende
ma dieci occhi per ogni occhio dei suoi ferito o spento.
E' in questo modo che noi italiani abbiamo vissuto per 18 mesi, fra il
settembre 1943 e l'aprile 1945. E' in questo modo che da cinquant'anni
vivono i palestinesi dei territori occupati da Israele.
*
Il terrorismo non ha mai giustificazioni: e' una perversione mortifera. Come
le punizioni collettive decise dagli occupanti, colpisce innocenti e dunque
devasta ogni giustizia. E' odio che genera odio. E' delitto insensato,
patologia criminale. Guardo una fotografia scattata sul cortile della scuola
rabbinica di Gerusalemme. C'e' un ragazzo morto, che mi pare identico a mio
figlio quando aveva quindici anni. Provo un senso di lutto che mi sconvolge.
Non ci si puo', non ci si deve, mai, abituare a queste gioie di vivere
affogate nel sangue.
Penso, anche, che non si possa, non si debba, mai, dimenticare come vivono,
da cinquant'anni, i palestinesi. Se si eccettua la tragedia irlandese, non
c'e', nella storia contemporanea, esempio di occupazione (= oppressione)
durata tanto a lungo e tanto a lungo tollerata dall'opinione pubblica
internazionale. L'orrore della Shoah sembra nascondere con le sue tenebre la
storia della nabka, la violenza perpetrata ai danni di questo popolo arabo,
chiamato a pagare le colpe degli europei. Migliaia di pagine sono state
scritte dall'Onu a proposito della tragedia palestinese ma si direbbe che
nessuno le abbia mai lette. Perche' tacerlo? Il nostro razzismo non e'
soltanto un'infamia che ha massacrato per secoli il popolo ebraico, il
nostro antisemitismo continua a stravolgere anche la nostra visuale di
quell'altro popolo semitico che e' il popolo arabo. Non dobbiamo
dimenticarlo: noi italiani siamo stati colonialisti e del colonialismo
abbiamo conservato la capacita' di velenoso disprezzo per i non-europei. Gli
arabi come gente primordiale, insensata, feroce, ignorante, sporca: questi
cliches appartengono alla cultura di noi vecchi ma sono passati anche ai
nostri figli. E chi e' riuscito a evadere dall'infamia dell'antiebraismo ha
finito ben presto per pensare Israele come avamposto della civilta'
occidentale nel Medio Oriente islamico...
Una gran parte dei mass-media mondiali siano apertamente schierati "a favore
di Israele". Film come "Exodus", tanto per fare un esempio, hanno
immensamente giovato a Israele, illuminando di una luce sacrale, di epopea
politica e religiosa la creazione di un nuovo stato, rifugio per un popolo
ma dannazione per un altro. Lo so bene perche' io stesso ho condiviso questa
acritica esaltazione... fino a che sono andato in Israele.
*
E' quasi incredibile la mancanza di informazioni sulla Palestina che connota
il Nord della Terra e l'Italia in particolare. In buona parte si tratta di
scelta consapevole: inutile sapere, i palestinesi sono un popolo di serie B.
Posso - e voglio - dare una testimonianza in proposito. Nel 1991 ero
presidente del Comitato della Camera per i diritti umani e, su invito
dell'agenzia dell'Onu, guidai una delegazione parlamentare a visitare i
campi profughi dei territori occupati. Nella delegazione erano rappresentati
il Pci, il Psi, la Dc, l'Msi e Democrazia Proletaria. Compimmo la nostra
missione con (oso dire) grande scrupolo, incontrammo le autorita' israeliane
e gli organismi non-governativi che si occupavano dei diritti umani, e
visitammo uno ad uno tutti i campi. Compilammo poi una relazione unitaria da
distribuire ai mass-media. Il presidente della Commissione Esteri della
Camera, Flaminio Piccoli, presiedette la conferenza stampa... Ho detto male:
non presiedette la conferenza stampa, la conferenza non ci fu: non uno (uno)
delle decine di giornalisti parlamentari si fece vivo.
Peggio ancora: non solo mancanza di informazione ma propaganda di odio. In
quell'epoca, Marco Pannella accuso' l'Intifada di ogni crimine. Nei campi
profughi i militari israeliani avevano ucciso alcuni bambini palestinesi:
nella sua abituale esagitazione filoisraeliana, il leader radicale arrivo' a
gridare nell'aula di Montecitoro che c'era qualcuno che aveva spinto quei
piccoli contro i soldati "per avere ogni sera un bollettino sanguinoso da
esibire". Quando, nel corso di una trasmissione da Costanzo, gli contestai
quell'infamia, Pannella disse che "anche in Francia, se la polizia spara
alle gambe dei dimostranti puo' colpire dei bambini". Se e dove la polizia
francese avesse ucciso dei bambini, Pannella non lo disse.
Si', e' difficile mantenersi freddi nel valutare la tragedia
dell'occupazione dei territori palestinesi. La missione parlamentare da me
presieduta firmo' allora una relazione in cui si dichiarava che Israele
violava costantemente i diritti umani della popolazione. Certamente, crimini
venivano commessi anche dai palestinesi, soprattutto nei confronti dei
"collaborazionisti". Ma si poteva e si doveva dire che lo status
dell'occupazione negava ogni stato di diritto.
Viaggiando allora per i Territori ci imbattemmo nei segni evidenti della
repressione e della rappresaglia: case abbattute dai bulldozer, scuole
devastate, bambini incarcerati, uliveti espiantati per costruire strade
riservate ai coloni, universita' chiuse a tempo indeterminato, devastazione
dei viveri distribuiti dall'Onu, posti di blocco sbarrati per ore ed ore
anche alle autoambulanze; e l'uso della tortura. Gli organismi
non-governativi ci parlarono, a questo proposito, della nuova tecnica dello
"scuotimento": la vittima veniva afferrata per le braccia o per le spalle da
un inquisitore particolarmente vigoroso e scrollata furiosamente avanti e
indietro, in modo che il cervello "ballasse", per cosi' dire, nella scatola
cranica. Ne conseguivano paralisi, tremori permanenti, distorsioni, gravi
disturbi nervosi, quando non la morte.
*
Tutto cio' avveniva sedici anni fa. Da allora l'occupazione e' rimasta e i
tentativi di negoziato sono falliti, in parte per insipienza di alcuni capi
palestinesi, ma prevalentemente per  volonta' del governo di Israele di
portare gli avversari all'estenuazione delle loro forze economiche e
politiche prima di concedere loro uno stato, destinato cosi' all'inermita',
alla mendicita' e all'insignificanza. E non e' retorica dire che il
proseguimento dell'occupazione e delle sue tecniche sta operando una vera e
propria mutazione antropologica dei due popoli, in senso regressivo. I razzi
che Hamas lancia verso le citta' israeliane di Sderot e Ashqelon colpendo
alla cieca la popolazione, macchiano la storia della resistenza palestinese.
La rappresaglia israeliana (il blocco dei confini della Striscia, con
l'affamamento della popolazione e poi le stragi e le devastazioni compiute
nelle scorse settimane a Gaza) infangano le bandiere dell'esercito
israeliano.
Dall'una e dall'altra parte, gli amanti della dignita' umana invecchiano
quasi disperando.  Notavo qualche mese fa, recensendo L'ultimo comandante di
Abraham B. Yehoshua: "Una sorta di sfinimento psicologico e morale pervade
questo bel libro di racconti. La perpetuazione della follia medio-orientale
e della occupazione delle terre palestinesi genera ormai negli intellettuali
israeliani non soltanto un allarme che i politici non hanno raccolto, ma
un'accorata malinconia che pervade tutti i rapporti sociali, anche quelli
piu' intimamente familiari". Adesso Yehoshua e' venuto in Italia e ha
confermato questa desolazione.
Nel suo libro appena uscito in  italiano con il titolo Fuoco amico compare
la figura di un israeliano fuggito in Africa perche' non riesce piu' a
sopportare le tensioni e le tragedie che derivano dall'occupazione. Dal
canto loro, gli psicologi palestinesi parlano delle perversioni che le
violenze generano nei bambini e negli adolescenti: di fronte all'inermita'
dei padri e alle umiliazioni che essi subiscono, gli adolescenti finiscono
per introiettare come modello virile quello del soldato israeliano; o
diventano facile preda dei fondamentalisti.
*
E' possibile uscire da questa situazione che sembra un cancro della storia
in cui viviamo? Certamente non con parvenze di accordi come quello di
Annapolis, prontamente sabotato dal governo Olmert e comunque poco piu' che
avvio a una pace posticcia. Soltanto una profonda mutazione dell'opinione
pubblica mondiale puo' portare i Grandi a gettare la maschera di una falsa
diplomazia: a garantire insieme la sicurezza di Israele e il ristabilimento
dei diritti dei palestinesi a vivere in piena liberta'. Come dice John
Dugard, Commissario speciale dell'Onu sulla situazione dei diritti umani in
Palestina, "I territori occupati palestinesi hanno una speciale importanza
per il futuro dei diritti umani nel mondo. Non ci sono altri casi di regimi
occidentali che negano il diritto all'autodeterminazione ed ai diritti umani
ad un popolo in via di sviluppo e che lo fanno per cosi' tanto tempo. Questo
spiega perche' i Territori Occupati sono diventati un test per l'Occidente.
Se l'Occidente, che e' assurto a guida nella promozione dei diritti umani
nel mondo, non dimostrera' un reale impegno per i diritti umani palestinesi,
l'intero movimento internazionale per i diritti umani, che puo' rivendicare
grandi successi nella comunita' internazionale negli ultimi 60 anni, sara'
messo in pericolo".
Queste parole riguardano anche noi, perche' il silenzio e l'inerzia sono
complicita'. E allora, io credo, e' necessario che ciascuno di noi, nei modi
che gli sono possibili (politici, culturali, economici) si impegni alla
diffusione di una cultura della pace senza pregiudizi. In Israele e in
Palestina sono al lavoro, spesso vincendo giorno dopo giorno difficolta'
enormi, gruppi, piu' numerosi di quanto i media registrino, di israeliani  e
di palestinesi che si muovono in fraternita' sui sentieri del dolore e di
una eroica speranza. Conoscere questi gruppi significa respirare onesta',
tenerezza, forza morale, coraggio, creativita'. Alcuni di essi sono
palestinesi, altri israeliani, altri ancora non si definiscono con nomi di
nazione. Dobbiamo  misurare anche sul rapporto con loro la nostra volonta'
di essere protagonisti della storia piuttosto che servi del cinismo di chi
vuole decidere per tutti.

4. PROFILI. MARCO MORSELLI: ANDRE' CHOURAQUI
[Dal sito www.nostreradici.it riprendiamo il seguente testo di Marco
Morselli dal titolo "Chouraqui, cittadino di tre universi abramitici" e il
sommario "Per i 90 anni di Chouraqui. Andre' Couraqui: abitante delle tre
culture, ebraica, araba e greco-latina; cittadino dei tre universi
spirituali abramitici; uomo che incarna la complessita' e la ricchezza del
nostro tempo. Il profesor Morselli ricorda i suoi 90 anni". Abbiamo omesso
le note. Il testo e' stato scritto prima della scomparsa di Chouraqui il 9
luglio 2007.
Marco Morselli, e' docente all'Universita' di Modena e Reggio Emilia,
saggista, curatore e commentatore di opere filosofiche e teologiche. Opere
di Marco Morselli: I passi del Messia. Per una teologia ebraica del
cristianesimo, Marietti, 2007.
Nathan Andre' Chouraqui (1917-2007), intellettuale di profondissima cultura,
prese parte alla Resistenza, emigrato in Israele fu consigliere personale di
Ben Gurion e vicesindaco di Gerusalemme, autore di una giustamente celebrata
traduzione in francese della Bibbia in 26 volumi, traduttore e commentatore
del Corano, ha dedicato un impegno straordinario al dialogo interreligioso e
interculturale tra ebraismo, cristianesimo e islam. Dal sito di
Festivaletteratura riprendiamo, con minime modifiche e integrazioni, la
seguente notizia biografica: "Andre' Chouraqui e' nato nel 1917 a
Ain-Temouchent in Algeria. Ha compiuto gli studi di diritto in Francia, dove
ha partecipato attivamente alla Resistenza. Viveva a Gerusalemme dal 1958.
E' deceduto il 9 luglio 2007, riposa a Gerusalemme. Nella sua opera
letteraria vasta e multiforme, che gli e' valsa importanti riconoscimenti,
come la Medaille d'or de la langue francaise, il Prix Renaudot pour
Jerusalem, e il Prix international per il dialogo fra gli universi
culturali, hanno un posto di particolare rilievo le sue traduzioni in
francese della Bibbia ebraica, del Nuovo Testamento e del Corano, testi di
cui si e' impegnato a mettere in luce le radici comuni. Sono queste radici
ad alimentare in lui la speranza di una composizione delle dispute spesso
cruente che hanno diviso e ancora dividono i seguaci delle tre religioni
monoteiste, per giungere ad un'umanita' pacificata. A cavallo tra mondo
occidentale e orientale, Chouraqui non ha mai ignorato il lato politico
della societa': e' stato vicesindaco di Gerusalemme e consigliere del
presidente Ben Gurion dal 1959 al 1963. Partendo da posizioni non sempre
facili, ha dedicato tutta la sua vita a promuovere il dialogo tra giudaismo,
islam e cristianesimo, percio' e' stato chiamato "uomo delle tre culture".
Tra le opere di Andre' Chouraqui: Ritorno alle radici, Jaca Book, 1983; Il
pensiero ebraico, Queriniana, 1989; Forte come la morte e' l'amore. L'uomo
dei tre mondi. Un'autobiografia, San Paolo Edizioni, 1994; Mose'. Viaggio ai
confini di un mistero rivelato e di una utopia possibile, Marietti, 1996;
Gesu' e Paolo. Figli d'Israele, Qiqajon, 2000; I dieci comandamenti. I
doveri dell'uomo nelle tre religioni di Abramo, Mondadori, 2001; Il mio
testamento. Il fuoco dell'alleanza, Queriniana, 2002; Storia del giudaismo,
Gribaudi, 2002". Cfr. anche il sito: www.Andrechouraqui.com]

La lingua ebraica non consente di parlare del volto dell'uomo, ma solo dei
suoi volti: la parola panim ha solo il plurale. Chouraqui costituisce un
buon esempio di questa verita' linguistica: e' l'uomo dai molti volti, e'
africano, europeo, asiatico, e' l'abitante delle tre culture, ebraica,
greco-latina e araba, e' il cittadino dei tre universi spirituali
abramitici, ebraismo, cristianesimo, islamismo. I suoi tre nomi Natan Andre'
Chouraqui indicano colui che e' donato e che dona (in ebraico), l'uomo (in
greco) e il saraceno, l'orientale (in arabo). Ha tradotto in francese
l'intero corpus delle Scritture abramitiche: la Bibbia ebraica, il Nuovo
Testamento e il Corano, nella convinzione che solo la conoscenza integrale
dei testi rivelati consente di ascoltare la Chiamata che il Creatore dei
cieli e della terra ha inviato e continua ad inviare all'umanita'. E' autore
di una trentina di libri, tradotti in venti lingue, e di centinaia di
articoli. Tredici titoli sono stati finora tradotti in italiano, tra cui: Il
pensiero ebraico; Forte come la morte e' l'amore; Mose'; Gesu' e Paolo figli
d'Israele; I dieci comandamenti; Storia del Giudaismo; Il mio testamento.
Non sono stati ancora tradotti: Lettre a' un ami chretien; Proces a'
Jerusalem; Theodore Herzl, l'inventeur de l'Etat d'Israel; Lettre a' un ami
arabe; Jerusalem; L'Etat d'Israel; Histoire des Juifs en Afrique du Nord.
*
Andre' nasce il 23 del mese di Av dell'anno 5677 (corrispondente all'11
agosto 1917) nella piccola comunita' ebraica di Ain-Temouchent in Algeria, a
mezzogiorno di un giorno di Shabbat, nono dei dieci figli di Isaac Chouraqui
e Meleha Meyer, entrambi sefarditi. La Shabbat successiva viene circonciso:
un nuovo figlio d'Israele e' entrato nell'alleanza di Abramo. Potrebbe
essere il Messia o, almeno, deve contribuire alla sua opera, che e' quella
di avvicinare i lontani.
L'arabo (e il judio-espanol) erano la lingua dei suoi nonni e dei suoi
genitori, a casa e con il numeroso clan dei parenti parla dunque arabo, in
sinagoga impara l'ebraico e a scuola il francese. All'eta' di 7 anni viene
colpito dalla poliomielite. A 11 anni entra come convittore nel liceo
francese di Oran: "Di colpo venivo trapiantato in un universo geografico e
culturale che non aveva nulla a che vedere con quello che lasciavo. Il mondo
arabo in seno al quale ero nato, la' dove i miei antenati erano vissuti per
piu' di un millennio, di cui parlavano la lingua, condividevano i costumi,
spesso le credenze e talvolta le superstizioni, questo universo cosi' vario
e cosi' ricco era completamente sparito per me, come inghiottito da qualche
cataclisma, quando mi trasferii dalla rue Pastor di Ain-Temouchent al liceo
maschile di Orano".
In sette anni, degli eccellenti professori erano riusciti a trasformare gli
alunni in perfetti francesini, fieri della propria Patria e del proprio
Impero: "I nostri maestri avevano radicalmente eliminato il nostro passato,
tanto piu' facilmente poiche' loro stessi non conoscevano nulla di Israele e
del giudaismo o degli arabi e dell'Islam". La sua cara Bibbia, mai citata da
quei brillanti intellettuali, venne relegata nel magazzino degli oggetti
inutili: "Dall'asilo all'esame di Stato, superati tutti i gradi del sistema
educativo francese, non credo di aver sentito citare la Bibbia piu' di due o
tre volte, e in modo incidentale, a proposito di Galileo o di Voltaire".
A 17 anni si reca per la prima volta in Francia, per un'operazione alla
gamba malata. Lo assistono due infermiere protestanti, Evelyne e Yvonne, con
le quali scopre simultaneamente l'amore e la forma cristiana dell'amore di
Dio. Le lettere di Yvonne accompagnano il suo ultimo anno di liceo ad Oran:
inizia a studiare filosofia, legge Pascal, Teresa d'Avila, Juan de la Cruz.
L'anno dopo la famiglia decide di inviarlo a Parigi per iniziare gli studi
di Diritto. Poiche' sull'Europa si stendeva gia' l'ombra del Terzo Reich,
egli decide di seguire contemporaneamente anche i corsi dell'"Ecole
Rabbinique de France". Gli studi giuridici lo porteranno alla licenza, al
diploma di II grado, al dottorato.
A volte entra nella Cattedrale di Notre Dame per ascoltare concerti d'organo
o per raccogliersi in meditazione silenziosa. Scopre in Europa "le
cattedrali, le chiese, la musica sacra, l'arte cristiana, i conventi e i
monasteri in cui tanti uomini e tante donne di qualita' pregavano giorno e
notte il Dio d'Abramo, d'Isacco, di Giacobbe, il Dio dei miei antenati".
Si trova pero' in un vicolo cieco, nel quale era stato spinto
dall'antisemitismo algerino, dal laicismo repubblicano, dalla propaganda
antiebraica nazista. Neppure le radiosi illuminazioni mistiche di Yvonne lo
aiutano, poiche' quello che lei desidera per lui e' la conversione: "Yvonne
mi assediava con il suo esempio sconvolgente unito alle piu' radiose e piu'
autentiche illuminazioni mistiche che si potessero concepire, con una
soluzione: la sparizione del problema, intendo dire dell'ebreo che ero,
trasformato in buon cristiano".
In quel momento di crisi incontra il pastore Louis Dalliere che gli parla di
Israele in termini per lui nuovi: "Credo nella vocazione messianica
d'Israele, chiamato, sulle orme di Abramo, ad essere il primo, al centro del
Regno del Messia che viene". Egli aveva fondato a Charmes una comunita' che
cercava di tornare allo spirito e alle pratiche della Chiesa delle origini.
Nel 1971 scrivera': "Noi, le nazioni, non dobbiamo attendere, desiderare,
domandare la conversione degli ebrei. Israele e' gia' il figlio di Dio. E'
il figlio maggiore della parabola, al quale il Padre dice: 'Figlio mio, tu
sei sempre con me e tutto cio' che e' mio e' anche tuo' (Lc 15)". E ancora:
"Se Gesu' e' il Cristo, sara' Israele, il figlio primogenito, a fare
l'unita' della Chiesa, attorno al solo Dio, invitando tutte le nazioni a
salire a Sion".
Chouraqui scopre un nuovo Israele attraverso gli occhi di un cristiano: il
suo ebraismo non era un inutile retaggio di cui vergognarsi e liberarsi il
piu' velocemente possibile, ma qualcosa che aveva un significato per
l'intera umanita'. Questa consapevolezza contribuisce a dargli la forza di
entrare nella Resistenza, nascondendo le persone, soprattutto i bambini, in
pericolo di essere deportate e procurando loro documenti falsi: "Mi trovavo
all'improvviso nel cuore di una tragedia spaventosa. L'immagine che mi
facevo dell'Ebreo cambio' bruscamente: non piu' l'Ebreo dei Salmi della mia
infanzia, ma il Crocifisso di cui potevo vedere e toccare le piaghe
sanguinanti. (...) Uccisi, scherniti, cacciati, braccati, rifiutati, vedevo
sfilare ogni giorno davanti a me un popolo martire, ed ero impotente a
soccorrerlo".
Nel 1939 incontra Colette Boyer, una musicista ammalata di tubercolosi.
Viveva alla frontiera della morte e si interessava piu' di quello che si
trova al di la' che al di qua del visibile. Dio e la Bibbia erano al centro
dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti. Andre' aveva la Torah aperta sul
suo tavolo giorno e notte e i suoi studi biblici gli portavano
un'illuminazione interiore "di quelle che trasportano gli alumbrados alla
soglia dell'estasi". Conoscendolo, Colette inizia a capire l'importanza
dell'ebraico per comprendere la Bibbia.
Si sposano nel 1940 a Ain-Temouchent, con una cerimonia ebraica che segue di
qualche settimana la sua conversione all'ebraismo. Nel 1948 pero' Colette
fara' ritorno al cristianesimo, scegliendo la vita contemplativa tra le
Piccole sorelle di Gesu'. Morira' nel 1981, tra le sue braccia.
Nel 1947 Chouraqui viene nominato Segretario generale aggiunto
dell'"Alliance Israelite Universelle", di cui diventa anche lo storiografo.
Inizia a compiere lunghi viaggi in Africa e in America per incontrare e
ridare fiducia alle comunita' ebraiche. Inizia una collaborazione con Rene'
Cassin che durera' per trent'anni.
Il 15 novembre 1948 consegue il dottorato in Diritto internazionale
discutendo una tesi su La creazione dello Stato d'Israele.
Contemporaneamente pubblica la sua traduzione dal giudeo-arabo de I doveri
dei cuori di Bahia ibn Paquda (che considera il suo Rabbino, la sua guida
spirituale), dei Salmi e del Cantico dei cantici.
Nel 1950 sale per la prima volta a Gerusalemme: "Si', la scoperta di
Gerusalemme fu per me sconvolgente. Questa citta' offriva un gusto che non
avevo mai provato: per la prima volta mi sentivo a casa mia, per la prima
volta appartenevo a un Paese il cui suolo non si sarebbe piu' allontanato
dai miei piedi".
Dal 1950 al 1956 vi ritorna regolarmente, finche' nel 1956 compie la sua
alyiah insieme alla sua seconda moglie, Annette Levy. Sara' per tre anni
consigliere di David Ben Gurion per il misuy galuyot, l'integrazione delle
comunita' provenienti da cento Paesi del mondo, parlanti ottanta lingue
diverse, e per otto anni collaboratore di Teddy Kollek, come vicesindaco di
Gerusalemme.
Nel 1967 e' tra le centinaia di migliaia di pellegrini che sfilano davanti
al Muro del Pianto, trasformato in Muro della Gioia, rinnovando una
tradizione che era stata interrotta dalla distruzione del Tempio, 1897 anni
prima.
Fa parte del Consiglio comunale che si reca a far visita al Consiglio
comunale della parte araba. Nessuno osa rispondere alla domanda: "Che cosa
sarebbe accaduto se i vincitori foste stati voi?". Le barriere tra le due
parti vengono levate il 29 giugno a mezzogiorno: "Gerusalemme visse quel
giorno una delle ore commoventi della sua storia. Decine di migliaia di
arabi invasero la citta' ebraica, mentre la citta' araba vide sfilare nelle
sue strade folle ebraiche senza numero: tutti erano spinti dalla curiosita'
di vedere o rivedere la parte proibita della citta' della divisione,
ciascuno desiderava scoprire il volto della citta' riunificata".
E' suonata l'ora della riconciliazione. Chouraqui nel 1957 aveva incontrato
Pio XII, che aveva sentito estraneo alle realta' di cui era andato a
parlargli. Nel 1963 aveva assistito a San Pietro all'ultima apparizione
pubblica di Giovanni XXIII. Nel 1965 era stato invitato alla seduta del
Concilio Vaticano II in cui era stata promulgata la Nostra Aetate. Nel 1967
prende parte a una serie di incontri pubblici in dialogo con il cardinale
Jean Danielou. Nel 1985 viene ricevuto in udienza privata da Giovanni Paolo
II. Chiede che siano stabilite regolari relazioni diplomatiche tra la Santa
Sede e lo Stato d'Israele, invita il papa in Israele e chiede che venga
riconosciuta personalita' propria alla Cristianita' di lingua ebraica
stabilita in Israele.
Nel 1977 viene invitato dal re del Marocco Hassan II. Nella sua qualita' di
Comandante dei credenti egli progetta una Conferenza mondiale dei musulmani,
dei cristiani e degli ebrei che dovrebbe portare a una conciliazione
religiosa della Fraternita' di Abramo. Quanto al problema politico viene
discusso il progetto che Chouraqui aveva presentato nella Lettera a un amico
arabo: la creazione di uno Stato confederale o federale che associ tre
popoli, israeliani, palestinesi e giordani, all'interno dell'intero
territorio del Mandato britannico.
In quegli stessi anni Chouraqui inizia a collaborare con la "World
Conference on Religion and Peace" e in Thailandia, India, Cina, Giappone
scopre le religioni orientali, oltre i confini del monoteismo. Gia' Abramo
sapeva che il suo Elokim e' unico ma plurale, e un po' provocatoriamente
Chouraqui osserva: "Riconoscevo l'universo della Bibbia piu' nei tempietti
politeisti o buddhisti dell'Asia che nelle sinagoghe, nelle chiese, nei
templi o nelle universita' dell'Occidente".
*
Testimone della resurrezione di un popolo, della sua lingua, della sua
cultura, Chouraqui e' anche portatore e testimone del Nome. Il messaggio
contenuto nella Torah non e' che vi e' un solo Dio (il mio, mentre quelli
degli altri sono falsi) ma che gli Elokim sono Uno: "Shema Israel, Adonai
Elokenu, Adonai Ehad". Le parole si possono tradurre, non i nomi. Eppure
nelle quasi duemila traduzioni della Bibbia esistenti il Nome non compare,
sostituito dalle innumerevoli divinita' dei Pantheon locali. Il testo che
avrebbe dovuto portare la rivelazione del Nome all'umanita' e' divenuto
cosi' il ricettacolo di tutti gli idoli.
La quarta delle Dieci Parole proclamate da Adonai sul Sinai e': "Non
porterai invano il Nome di Adonai Elokim". La vocazione d'Israele "e'
consistita nel portare questo Nome verso e contro tutti, fin nelle prigioni
e nei forni crematori, da Faraone a Hitler, e appartiene al nostro tempo il
dire se cio' sia stato fatto invano".
Andre' Chouraqui vive a Yerushalayim [e' deceduto il 9 luglio 2007 - ndr],
circondato dall'amore della moglie Annette, dei suoi cinque figli e dei suoi
undici nipoti. Le grandi vetrate del suo studio si aprono sul Monte Sion,
nella parte della citta' in cui risiedevano gli esseni e i primi noserim. Se
il Messia e' ha-meqarew et ha-rehoqim, colui che avvicina i lontani, allora
la vita di Chouraqui e' una vita messianica.
Biblista piu' che talmudista o cabbalista, Chouraqui accenna appena al tema
dell'Alleanza noachide, ritenendo invece che le Dieci Parole siano state
proposte all'intera umanita'. Anche se tende ad affrontare in modo poetico
piuttosto che teoretico i grandi nodi problematici, va evidenziata l'energia
instancabile con la quale egli ha operato per far conoscere Israele alla
Cristianita', per la reconnaissance (riconoscimento, riconoscenza, nuova
conoscenza) tra i figli di Abramo e per la pace tra tutti i figli di Adamo.
Accanto al sionismo culturale di Ahad ha-Am (1856-1927), politico di Theodor
Herzl (1860-1904), messianico e religioso di Abraham Kook (1865-1935), il
sionismo di Chouraqui potrebbe essere definito messianico e interreligioso,
in quanto sottolinea il significato del ritorno a Sion non solo per Israele,
ma anche per l'umanita'. Per una umanita' pero' che non si sostituisca, ma
riconosca Israele.

5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

6. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 394 del 14 marzo 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it