Nonviolenza. Femminile plurale. 167



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 167 del 13 marzo 2008

In questo numero:
Alcuni estratti da "La liberta' delle donne" di Anna Rossi-Doria

LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "LA LIBERTA' DELLE DONNE" DI ANNA ROSSI-DORIA
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti (scelti da Angela
Razzini) dal libro di Anna Rossi-Doria, La liberta' delle donne. Voci della
tradizione politica suffragista, Rosenberg & Sellier, Torino, 1990, 2004.
Anna Rossi-Doria insegna Storia delle donne in eta' contemporanea alla
Seconda Universita' di Roma; ha lavorato presso l'Istituto romano per la
storia d'Italia dal fascismo alla Resistenza dal 1974 al 1980, ha insegnato
Storia delle donne nelle Universita' di Bologna, Modena e della Calabria; fa
parte della direzione della rivista "Passato e presente", del Comitato
direttivo della Societa' italiana delle storiche, e di quello dell'Istituto
romano per la storia d'Italia dal fascismo alla Resistenza. Ha condotto in
generale ricerche di storia politica e, piu' di recente, di storia delle
idee, occupandosi in una prima fase dei gruppi conservatori italiani in eta'
liberale, in particolare della figura di Antonio di Rudini' e della crisi di
fine secolo; poi del rapporto tra partiti politici e movimenti sociali nel
periodo delle origini della Repubblica, analizzando in particolare la
politica agraria e le lotte contadine meridionali; da circa vent'anni si
occupa prevalentemente di storia delle donne e di genere, sia dal punto di
vista storiografico e metodologico che con ricerche di storia dei movimenti
femminili e femministi e di storia dei diritti delle donne. In quest'ultimo
campo, ha condotto ricerche prima sulla legislazione protettiva del lavoro
femminile e sul suffragismo nel secolo XIX in Inghilterra e negli Stati
Uniti, poi sulla conquista del diritto di voto e sul rapporto tra diritti
civili e diritti politici nel secolo XX in Italia (con alcuni casi di
comparazione con la Francia). In queste ricerche gli interrogativi centrali
riguardavano il rapporto teorico e politico tra rivendicazione
dell'uguaglianza e difesa della differenza, con le contraddizioni, i
paradossi ma anche le potenzialita' di ridefinizione del liberalismo e della
democrazia che esso comportava; negli ultimi anni, ha cominciato a occuparsi
di storia ebraica a partire dal nodo dell'emancipazione - in cui
l'alternativa obbligata tra uguaglianza e differenza si presenta, in modo
analogo ma capovolto rispetto a quel che avveniva per le donne, nella forma
della equazione tra diritti di cittadinanza e assimilazione, avviando
ricerche su alcune forme specifiche di antisemitismo europeo alla fine del
XIX secolo, legate non al razzismo - anche se da esso gia' segnate - ma al
rifiuto del "particolarismo" ebraico, e sul ricorrente loro abbinamento a
forme di antifemminismo; ha anche lavorato su temi di storia della memoria
della shoah e della memoria della deportazione nei Lager nazisti, avviando
di recente una ricerca sulle memorie scritte e le testimonianze orali di
donne ebree e di deportate politiche italiane e francesi. Opere di Anna
Rossi-Doria: Per una storia del "decentramento conservatore", in "Quaderni
storici", n. 18, 1971; Il ministro e i contadini. Decreti Gullo e lotte nel
Mezzogiorno (1944-1949), Bulzoni, Roma 1983; Uguali o diverse? La
legislazione vittoriana sul lavoro delle donne, in "Rivista di storia
contemporanea", n. 1, 1985; La liberta' delle donne. Voci della tradizione
politica suffragista, Rosenberg e Sellier, Torino 1990; Il difficile uso
della memoria ebraica: la shoah, in Nicola Gallerano (a cura di), L'uso
pubblico della storia, Angeli, Milano 1995; Le donne sulla scena politica in
Storia dell'Italia repubblicana, I, La costruzione della democrazia,
Einaudi, Torino 1994; Diventare cittadine. Il voto alle donne in Italia,
Giunti, Firenze 1996; Memoria e storia: il caso della deportazione,
Rubbettino, Soveria Mannelli 1998; Antifemminismo e antisemitismo nella
cultura positivistica, in A. Burgio (a cura di), Nel nome della razza. Il
razzismo nella storia d'italia 1870-1945, il Mulino, Bologna 1999; (a cura
di), Annarita Buttafuoco. Ritratto di una storica, Jouvence, 2002; (a cura
di), A che punto e' la storia delle donne in Italia, Viella, 2003; La stampa
politica delle donne nell'Italia da ricostruire, in S. Franchini e S.
Soldani (a cura di), Donne e giornalismo. Percorsi e presenze di una storia
di genere, Angeli, Milano 2004]

Indice del volume
Premessa; Cronologia. Inghilterra; Stati Uniti; Parte prima. Le antenate: la
fondazione dell'autonomia individuale. 1. "Sophia", Se un uomo potesse
spogliarsi della parzialita', 1739; 2. Abigail Adams, Ricordatevi delle
signore, 1776; 3. Mary Wollstonecraft, Il potere non sugli uomini ma su se
stesse, 1792; 4. Frances Wright, Le nostre figlie non sono nulla, 1829; 5.
Sarah Grimke', Versioni della Bibbia un po' diverse, 1837; 6. Margaret
Fuller, Che la donna si riveli a se stessa, 1845; 7. Catharine Beecher, Un
compito ne' umile ne' insignificante, 1847; Biografie; Parte seconda. Le
suffragiste: l'uguaglianza per entrare nella politica. 1. Convenzione di
Seneca Falls: a. Dichiarazione dei Sentimenti e Deliberazioni, 1848; b.
Intervento di Elizabeth Cady Stanton, 1848; 2. Harriet Taylor, Una completa
liberta' di scelta, 1851; 3. Mrs. Henry Davis Pochin, Un grave insulto
dell'intera nazione alle donne, 1855; 4. Lydia Becker, Una sofferenza
sottile e profonda, 1890; 5. Elizabeth Cady Stanton, La solitudine dell'io,
1892; 6. Anna Howard Shaw, Il punto in cui noi donne abbiamo sempre perso,
1914; Biografie; Parte terza. Le suffragiste: la differenza per ridefinire
la politica. 1. Josephine Butler, L'influenza della casa al di la' delle
nostre case, 1869; 2. Millicent Garrett Fawcett, La politica ha un enorme
bisogno di queste cose, 1894; 3. Mary Putnam Jacobi, Un campo minato lungo
il confine, 1894; 4. Charlotte Perkins Gilman, Una maternita' democratica,
1904 5. Helena Swanwick, Formulare da sole i giusti principi di governo,
1913; 6. Jane Addams, Il valore della donna per gli stati moderni, 1914; 7.
Eleanor Rathbone, Abbiamo portato a termine il compito noioso, 1925;
Biografie; Parte quarta. Le antisuffragiste: la differenza per rifiutare la
politica. 1. Margaret Oliphant, Tutto meno che invidiose degli uomini, 1866;
2. Mrs. Humphry Ward, Una mera uguaglianza esteriore, 1889; 3. Helen
Kendrick Johnson, Una guerra civile tra le pareti domestiche, 1897; 4.
Caroline F. Corbin, La grande maggioranza delle donne riflessive, 1902; 5.
Manifesto della Lega nazionale delle donne contro il suffragio, 1908; 6.
Violet Markham, Differenza, non uniformita', 1912; 7. Mrs. Herbert Lyman,
Due tipi di donne si combattono, 1916; Biografie; Parte quinta. Le
suffragette: la scoperta della forza collettiva. 1. Katherine Roberts, Tutte
noi penseremo a te, 1911; 2. Emily Wilding Davison (da Gertrud Colmore, La
vita di...), In sella ad un cavallo o sotto i suoi zoccoli, 1913; 3. Lady
Constance Lytton, Le perle di una collana, 1914; 4. Elizabeth Robins, E
avvenne il miracolo, 1914; 5. Annie Kenney, Tutte le donne erano una sola
donna, 1924; 6. Emmeline Pethick-Lawrence, Ridevano davanti al pericolo,
1938; 7. Christabel Pankhurst, Meglio la violenza delle beffe, 1959;
Biografie; Le idee del suffragismo di Anna Rossi-Doria; Indice dei nomi.
*
Premessa (p. 11 e sgg.)
1. Il suffragismo, termine che appare inconsueto perche' e' stato
dimenticato, mentre per oltre mezzo secolo indico' il movimento per i
diritti politici delle donne, costituisce una apparente eccezione alla
regola per cui nelle societa' industriali, scomparse le precedenti sfere di
attivita' e saperi femminili, le tradizioni di donne non riescono a
costruirsi e soprattutto a trasmettersi da una generazione all'altra. La
linea di pensiero che prese il nome di "diritti delle donne", viva fin dalla
fine del '700, nei paesi anglosassoni di cui ci occupiamo si sviluppa con
continuita' dalla meta' dell'800, quando nascono i primi gruppi suffragisti,
al periodo immediatamente successivo alla prima guerra mondiale, in cui in
quei paesi il voto alle donne viene ottenuto. E' quindi possibile, ed e'
stato egregiamente fatto, ricostruirne una storia graduale e lineare,
attraverso fasi successive, crisi e conquiste, alleanze e rotture, fino alla
vittoria finale, in qualche modo inevitabile. Ma quel tipo di storia non
spiega la forte permanenza fino ad oggi ne' del difficile rapporto tra donne
e politica - a partire dalla smentita della convinzione allora comune a
suffragiste e antisuffragisti che il voto alle donne avrebbe significato la
meta' o piu' dei parlamenti formata da donne -, ne' delle categorie
prevalenti di analisi della partecipazione delle donne alla vita pubblica.
Se allora erano gli avversari del voto a dichiarare che all'uomo spettava la
sfera pubblica e alla donna la sfera privata, o al massimo un compito morale
in campo sociale, oggi l'alternativa e', malgrado le apparenze, molto
simile: o la politica "nega alle donne la possibilita' di entrare in gioco
definendo le loro proteste e i loro bisogni come esclusivamente privati e
quindi estranei alla sfera pubblica", o, quando questo non e' possibile per
una innegabile presenza di donne nella sfera pubblica, si riproduce la
definizione maschile della politica per cui "qualunque campo in cui siano
egemoni le donne e' stato considerato a priori non politico". Basti pensare
a come oggi lo stesso femminismo sia in genere considerato un fenomeno
esclusivamente culturale o sociale.
In questo senso l'eccezione di cui si diceva e' solo apparente: la
tradizione del suffragismo, che consisteva proprio nel tentativo di definire
la politica partendo da un punto di vista di donne nel momento stesso in cui
si chiedeva di entrarvi, e' stata in effetti cancellata. A differenza di
quel che di solito avviene con la storia delle donne, la forma della
cancellazione non e' stata il silenzio, ma la deformazione, in una duplice
forma: vedere il voto alle donne come una naturale e graduale estensione dei
principi democratici; ridurre l'obiettivo delle donne che per esso lottarono
a una pura e semplice estensione dei diritti di uguaglianza maschili. Una
visione di questo tipo, che e' quella corrente data l'ignoranza delle fonti,
non consente di cogliere ne' l'alto grado di conflittualita' innescato dalla
richiesta dei diritti politici da parte delle donne, senza cui non si
spiegherebbe la loro lunga e aspra negazione, ne' le gravi contraddizioni
interne al liberalismo e alla democrazia che quella richiesta rivelava.
La piu' grave di tali contraddizioni, che fu quella su cui il pensiero
politico suffragista piu' fecondamente condusse la sua elaborazione, era
quella tra l'universalita' del concetto di cittadino e la parzialita' della
sua incarnazione in soggetti di sesso maschile. Tale contraddizione,
clamorosamente manifestata dalla sostituzione della parola "man" con la
parola "male person" nei testi delle leggi elettorali, aveva fin dall'inizio
dell'esclusione moderna delle donne dalla cittadinanza, nel corso della
rivoluzione francese, "complicato enormemente il progetto di rivendicare
uguali diritti, in quanto significava che o i diritti stessi o almeno i modi
e le sedi in cui venivano esercitati dipendevano dalle caratteristiche
fisiche dei corpi umani".
2. Questo volume si propone in primo luogo di ascoltare le voci delle
suffragiste (oltre che delle donne che le ispirarono e di quelle che le
avversarono), per mostrarne la ricchezza al di la' delle semplificazioni:
poi di dare notizia della loro vita, inseparabile dal loro pensiero; infine
di esaminare alcuni dei nodi di quest'ultimo. Ai tre scopi corrispondono i
testi, le biografie e il saggio "Le idee del suffragismo". Questo, posto a
conclusione del volume, intende essere un'analisi dei problemi e delle
contraddizioni di lungo periodo affrontati dal pensiero suffragista.
I testi qui raccolti documentano un movimento politico in cui il risultato
conta non di piu', e forse di meno, della crescita individuale e collettiva
che si realizza nel corso della lotta per raggiungerlo. Di tale crescita si
individua una crescente consapevolezza via via che dagli scritti di singole
si passa a interventi interni a reti di amicizia e poi di solidarieta' e di
organizzazione: forse la loro principale continuita' e' l'insistenza sulla
necessita' che le donne imparino il rispetto di se' e la fiducia nel proprio
valore e sulla convinzione che i diritti civili e politici rappresentino uno
strumento in questo senso. E poiche' la lotta per i diritti produce quel
rispetto e quella fiducia, malgrado la sua apparente inefficacia e il
disprezzo da cui e' circondata per decenni, le suffragiste non sono e non si
sentono mai sconfitte (semmai, in vari momenti, deluse e indignate per le
promesse degli alleati uomini non mantenute). Cosi', dopo la conquista del
voto, Millicent Garrett Fawcett, che per cinquant'anni aveva guidato la
battaglia per essa, cosi' la ricordava: "Molti ci manifestavano simpatia per
il lungo tempo in cui avevamo dovuto batterci per la nostra causa. Ma non
c'era alcun motivo di commiserazione. Avevamo avuto un tempo gioioso e
felice, segnato dalla vittoria, nell'una o nell'altra fase del nostro
movimento, per tutto il tempo". Sara' semmai il periodo successivo alla
vittoria, in cui tante attese sulle conseguenze del voto alle donne furono
deluse, a far nascere i primi dubbi sulla conquista di una cittadella vuota.
Le biografie, sebbene necessariamente brevi, dicono anch'esse alcune cose.
Anzitutto, le poche mancanti, soprattutto - ed e' significativo - nella
parte sulle antisuffragiste, segnano quel vuoto che sempre, ma nella storia
delle donne in particolare, fa meglio cogliere il pieno, ed e' altrettanto
rilevante. Va tuttavia osservato che in questo caso, a differenza di quanto
avviene di solito, si tratta di un vuoto di tracce lasciate su se stesse e
sulle altre, non di un silenzio, perche' questa e' comunque una storia di
donne che presero la parola, uscendo dai confini delle parole assegnate alle
donne. Le vicende biografiche sono accomunate, pur nelle loro grandi
differenze, dal fatto che quasi tutte mostrano una scelta di vita dedicata a
una causa politica, il che di per se' fa di queste donne delle "donne
eccezionali". Questa eccezionalita' appare spesso usata per cercare di
costruire, nella vita oltre che nell'opera, modelli femminili diversi da
quelli vigenti, o, piu' raramente e all'inizio, in forme di rottura che
suscitano scandalo o, piu' spesso, nella costruzione di matrimoni paritari o
di reti femminili che dal piano dell'amicizia arrivano a quello della
comunita'. Soprattutto, la eccezionalita' si manifesta nella presenza, in
genere molto lunga, sulla scena pubblica, con tutto quello che essa
comporta, in primo luogo la rottura di divieti fortissimi per le donne,
quali quello di parlare in pubblico e quello di viaggiare da sole. E
tuttavia, molti tratti uniscono queste donne eccezionali alle donne del loro
tempo: l'infanzia e l'adolescenza trascorse in famiglie numerose, dove e'
raro che tutti i figli sopravvivano ai primi anni di vita; la assenza di
studi regolari, sostituiti da letture solitarie, da lezioni in casa e, via
via che si avanza nel secolo, da due o tre anni trascorsi nelle boarding
schools per ragazze o, piu' raramente, nei primi colleges femminili; la
ricorrente figura di un padre ammirato e amato con cui proprio attraverso
l'impegno femminista sembra si cerchi un rapporto privilegiato, o nel senso
di sentirsi sue eredi o in quello, opposto ma omologo, di cercare una
rivalsa o un compenso per il mancato riconoscimento di valore da parte di
lui.
*
Cronologia. Inghilterra (p. 19)
1790 La storica Catherine Macaulay pubblica le Letters on Education, in cui,
oltre che rivendicare una migliore istruzione per le donne, critica le
limitazioni poste alla loro attivita'.
1792 Esce la Vindication of the Rights of Woman di Mary Wollstonecraft, che
sara' il manifesto del femminismo ottocentesco.
1825 Lowenita William Thompson, ispirato dalla compagna Anna Wheeler,
pubblica il volume, rimasto poi a lungo dimenticato, Appeal of One Half the
Human Race. Women, against the Pretension of the Other Half, Men, to retain
Them in Political, and Thence in Civil and Domestic Slavery.
1832 Il primo Reform Bill (legge di riforma elettorale), laddove indica le
persone che hanno diritto di voto, sostituisce la parola "man" con la parola
"male person", escludendo cosi' per la prima volta esplicitamente le donne.
1838-48 Ampia partecipazione femminile, anche se via via decrescente, al
movimento cartista, che mantiene una posizione ambigua sulla inclusione o
meno delle donne nella richiesta di suffragio universale.
1839 L'Infant Custody Bill, dopo forti resistenze in nome della difesa della
famiglia, da' alla moglie separata parziali diritti di custodia dei bambini.
La sua approvazione e' dovuta alla campagna condotta attraverso due
pamphlets dalla romanziera Caroline Norton, nipote di Richard Sheridan, sul
proprio caso: accusata di adulterio, era stata privata dei figli dal marito.
[...]
*
Mary Wollstonecraft, Il potere non sugli uomini ma su se stesse, 1792 (p. 50
sgg.)
[...] Credo di aver avuto occasione di osservare l'infanzia delle ragazze
meglio di Jean-Jacques Rousseau: sono in grado di rievocare i miei stessi
sentimenti, e poi mi sono sempre guardata intorno. Tuttavia, lungi
dall'essere d'accordo con lui per quanto riguarda il primo manifestarsi del
carattere femminile, osero' affermare che una ragazza il cui carattere non
sia stato spento dall'inerzia, e la cui innocenza non sia stata compromessa
da un falso senso del pudore, sara' sempre una monella, e la bambola non
attrarra' mai la sua attenzione, salvo che l'isolamento non le lasci altre
alternative. Voglio dire che ragazze e ragazzi giocherebbero insieme senza
alcun rischio, se la distinzione dei sessi non venisse inculcata in loro
molto prima che la natura produca alcuna differenza. Mi spingero' oltre
sostenendo - ed e' un fatto indiscutibile - che, nell'ambito della mia
esperienza, la maggior parte delle donne che si sono comportate come esseri
razionali o hanno dato prova di possedere qualche forza intellettuale,
raramente si sono permesse di perdere il controllo di se', come invece
insinuano certi fini educatori del bel sesso.
Le conseguenze perniciose che derivano dalla mancanza di attenzione alla
salute negli anni dell'infanzia e dell'adolescenza sono piu' gravi di quanto
comunemente si pensi: la dipendenza fisica produce naturalmente dipendenza
mentale; e come puo' essere una buona moglie o una buona madre una donna che
passa la maggior parte del suo tempo a evitare o a sopportare delle
malattie? [...]
Se la paura delle ragazze invece di essere assecondata o forse costruita,
venisse trattata come la codardia nei maschi, vedremmo presto donne con un
atteggiamento piu' dignitoso. E' vero che allora non sarebbe piu'
appropriato definirle dolci fiori che sorridono sul cammino dell'uomo; ma
sarebbero piu' rispettabili membri della societa' e adempirebbero agli
obblighi importanti della vita alla luce dellla propria ragione. "Educate le
donne come gli uomini" - dice Rousseau - "e quanto piu' rassomiglieranno al
nostro sesso, tanto minore sara' il potere che avranno su di noi". Proprio
questo e' il punto che mi sta a cuore. Io non desidero che le donne abbiano
potere sugli uomini, ma su se stesse.
[...] Le donne devono essere considerate solo un frivolo conforto degli
uomini quando diventano cosi' deboli di corpo e di mente da non potersi
dedicare ad altro se non al perseguimento di qualche piacere leggero o
all'invenzione di qualche frivola moda. Quale spettacolo e' per una mente
riflessiva piu' malinconico di quello delle numerose carrozze che di mattina
vanno su e giu' senza meta in questa metropoli piena di creature pallide in
volto che stanno fuggendo da se stesse! [...] Anche se penso che di solito
la religione e la ragione chiamino le donne a svolgere il ruolo di mogli e
di madri, non posso trattenermi dal lamentare il fatto che donne di tempra
superiore non abbiano strade aperte per realizzare piu' ampi progetti di
utilita' e di indipendenza. Forse suscitero' il riso accennando qui a un
argomento, che prima o poi intendo sviluppare, giacche' realmente credo che
le donne dovrebbero avere una rappresentanza invece di essere governate
arbitrariamente, senza che sia loro concesso di partecipare in alcun modo
alle decisioni del governo.
Ma dal momento che l'intero sistema della rappresentanza e' oggi in questo
paese soltanto un comodo titolo per esercitare il dispotismo, le donne non
si devono lamentare, perche' sono rappresentate nella stessa misura in cui
lo e' una classe numerosa di laboriosi operai che pagano il mantenimento
della famiglia reale mentre riescono a stento a sfamare i propri figli.
[...]
Un altro esempio della debolezza del carattere femminile, spesso prodotta
dalll'isolamento che ne contraddistingue l'educazione, e' un'inclinazione
romantica della mente, che e' stata molto appropriatamente definita
sentimentale.
Le donne, che dall'ignoranza vengono lasciate in balia delle proprie
sensazioni, a cui si insegna soltanto a ricercare la felicita' nell'amore,
raffinano i sentimenti legati ai sensi e concepiscono un'idea metafisica di
quella passione, che le conduce a trascurare vergognosamente i doveri della
vita, e spesso, nel bel mezzo di queste sublimi raffinatezze, sprofondano
nel vizio vero e proprio.
Sono queste le donne che si divertono a leggere le fantasticherie degli
sciocchi romanzieri i quali, sapendo poco della natura umana, imbastiscono
storie gia' sfruttate e descrivono in gergo sentimentale scene di infima
qualita', che tendono allo stesso tempo a corrompere il gusto e a
distogliere il cuore dai suoi doveri quotidiani. E non parlo dell'intelletto
poiche', non essendo mai stato esercitato, le sue sonnolente energie restano
passive, come le particelle latenti di fuoco che universalmente si suppone
pervadano la materia.
Le donne, infatti, prive di tutte le prerogative politiche, e a cui non e'
concessa, se sono sposate, salvo in caso di crimine, un'esistenza civile,
distolgono naturalmente la loro attenzione dagli interessi generali della
comunita', rivolgendola alle sue componenti particolari, anche se il dovere
individuale di ogni membro della societa' e' destinato ad essere compiuto in
modo molto imperfetto ove non sia collegato al bene comune. L'interesse
dominante della vita delle donne e' quello di piacere, e dal momento che
l'oppressione politica e civile impedisce loro di occuparsi di questioni
piu' importanti, i sentimenti si trasformano in fatti, e la riflessione
approfondisce proprio cio' che avrebbe dovuto e potuto cancellare, se
all'intelletto fosse stato riconosciuto un piu' vasto campo d'azione. [...]
*
Jane Addams, Il valore della donna per gli stati moderni, 1914 (p. 160 e
sgg.)
[...] Sotto certi aspetti l'accesso delle donne al governo e' diverso dalle
precedenti battaglie per l'allargamento del diritto di voto. Ricordiamo che
l'accesso definitivo della borghesia al governo fu contraddistinto da due
drammatiche rivoluzioni, una in America e una in Francia, e che nessuna
delle due fu incruenta. L'accesso delle donne al governo, che si sta
realizzando in tutto il mondo, avviene per fortuna senza spargimento di
sangue e non e' stato funestato neppure da un'ombra di violenza, salvo che
in Inghilterra, dove le manifestazioni violente non sono dissimili da quelle
degli inizi del movimento operaio inglese. I tentativi di cambiare le
istituzioni politiche in modo che siano effettivamente in grado di esprimere
la crescita di nuove esperienze hanno messo costantemente in evidenza quanto
la macchina politica dipenda, per la propria forza motrice, dalle molte
varieta' del combustibile sociale. Dopo tutto era un uomo di Stato piuttosto
abile colui che affermo' che "la liberta' e la prosperita' sono fondate
sull'anima degli uomini". Quel che e' certo e' che lo straordinario accesso
delle donne alle responsabilita' di governo all'alba del ventesimo secolo
coincide con il fatto nuovo che gli organi governativi si fanno carico degli
interessi umani fondamentali di cui per tradizione si occupano le donne,
esattamente come le classi borghesi e le classi lavoratrici, prima le une
poi le altre, si sono battute per i propri interessi e sono entrate a far
parte del governo rappresentativo.
La nuova richiesta di emancipazione politica da parte delle donne viene
avanzata in un periodo in cui si attribuisce alla situazione di grave
disagio sociale la responsabilita' di un cosi' gran numero di miserie
morali, e in cui il destino di tutti gli infelici, i sofferenti e i
criminali e' imposto quotidianamente all'attenzione delle donne in modi
dolorosi e intimi. Contemporaneamente, i governi di tutto il mondo insistono
nel dire che spetta a loro, e soltanto a loro, regolamentare le condizioni
sociali e industriali in modo tale da garantire ad ogni cittadino
un'esistenza dignitosa.
Sotto certi aspetti la tenace richiesta delle donne di ottenere una
espressione politica che caratterizza gli albori del secolo ventesimo e'
analoga alle esperienze di lavoro industriale delle donne nei primi anni del
diciannovesimo secolo, quando la produzione tessile fu allontanata dalle
case e concentrata nelle fabbriche. Se le donne non avessero seguito quelle
loro antiche industrie nelle fabbriche, a migliaia sarebbero rimaste con le
mani in mano nelle case vuote, perdendo non soltanto il denaro che prima
guadagnavano, ma anche la loro antica occupazione. Spesso si e' giudicato
"poco femminile" l'atteggiamento di queste filatrici, che lasciavano la
propria casa per andare a lavorare con una spoletta azionata da una macchina
a vapore, forse perche' le regine di tutte le storie edificanti, fin dai
tempi di Penelope, al sopraggiungere dei loro innamorati, erano sempre
languidamente intente a tessere e a filare. Oggi e' difficile immaginare
come avrebbe potuto svilupparsi l'industria di base dell'Inghilterra senza
quelle migliaia di donne e ragazze che, incuranti di esporsi al pubblico
ludibrio, decisero di seguire la loro antica occupazione.
Non e' dunque altrettanto naturale che, come i cambiamenti
dell'organizzazione industriale costrinsero le filatrici ad allontanarsi dal
loro domicilio, cosi' i cambiamenti politici portino le attivita'
filantropiche, per non parlare dell'istruzione dei bambini, fuori dalle
case? Gli anziani poveri di una comunita', di cui in passato si prendevano
cura lontani parenti o vecchi vicini di casa e i malati, che venivano curati
notte e giorno da amici e conoscenti affettuosi, che si davano il turno al
loro capezzale, oggi sono accolti in grandi ospizi e ospedali, costruiti e
finanziati con il denaro dei contribuenti. La donna che desidera diventare
insegnante o infermiera compie il proprio tirocinio nelle istituzioni
pubbliche, cosi' come un tempo andava nelle fabbriche a filare, non perche'
desideri lasciare la sua casa, ma perche' il suo lavoro ha cambiato sede.
[...]
*
Mrs. Herbert Lyman, Due tipi di donne si combattono, 1916 (p. 212 e sgg.)
Oggi le donne vedono il loro sesso travagliato da una profonda inquietudine.
Il nostro sesso sta cercando di adattarsi a nuove condizioni. Il
suffragismo, il femminismo, la tattica "militant" sono stati i sintomi della
prima fase del tentativo della donna moderna di adattarsi alle condizioni
del ventesimo secolo. Quella fase e' stata il risultato di ragionamenti
affrettati e sta rapidamente cedendo il posto a una seconda fase, in cui la
ponderata riflessione della donna normale sta rifiutando i falsi valori
predicati dalle donne che erano saltate impulsivamente alla conclusione che
la sfera dell'uomo ha piu' potere di quella della donna, ed e' quindi piu'
desiderabile.
La lotta intorno al suffragio femminile presenta lo spettacolo di due
eserciti di donne schierati l'uno contro l'altro con ideali opposti. Che
nessuno sia tanto ingenuo da credere che la contesa si svolga fra gli uomini
e le donne. Non si tratta della questione dei "diritti della donna", bensi'
della questione di quali diritti. Due tipi di donne si combattono; infatti,
sebbene entrambi perseguano il medesimo fine, e cioe' un mondo migliore in
cui vivere, hanno divergenze profonde rispetto al metodo con cui
raggiungerlo.
La differenza essenziale e' questa: le suffragiste (come i socialisti)
persistono a considerare l'individuo la cellula costitutiva della societa',
mentre le antisuffragiste continuano a pensare che tale cellula sia la
famiglia. Per le suffragiste la cosa piu' importante in assoluto e'
l'individualismo, per le antisuffragiste e' la solidita' dei rapporti
familiari. Il suffragismo si basa su un individualismo cosciente del sesso e
su un antagonismo sessuale che lo inducono ad affermare che la donna puo'
essere rappresentata soltanto da se stessa e che oggi le donne sono una
grande classe priva di rappresentanza. Nella realta', le donne non sono una
classe, bensi' un sesso, uniformemente distribuito attraverso tutte le
diverse classi sociali.
L'antisuffragismo si basa sulla concezione della cooperazione fra i sessi.
Gli uomini e le donne devono essere visti come dei soci, non come dei
concorrenti, e la famiglia, per essere salvaguardata come unita'
costitutiva, deve essere rappresentata da una sola guida politica. Deve
essere l'uomo della famiglia a detenere la rappresentanza, perche' il
governo e' anzitutto il garante della protezione della vita e della
proprieta', e si fonda sulla forza politica della maggioranza, che dovrebbe
essere in grado, in caso di necessita', di costringere le minoranze a
obbedire. Solo su questa base una democrazia puo' sopravvivere. Il
suffragismo dice che, per combattere i mali esistenti, le donne devono
organizzarsi per partecipare alla elaborazione delle leggi. Cio' conferma la
sua fiducia in un governo piu' forte (una seconda somiglianza con il
socialismo), nel controllo della legge. Le antisuffragiste vedono i mali
della societa' essenzialmente come prodotto del male degli individui, e si
appellano alle donne per fermarlo alla radice. Sottolineano il potere delle
singole famiglie nell'educazione di uomini e donne che, abituati
all'autocontrollo, non abbiano bisogno del controllo della legge. Ben
sapendo quale grande scuola di moralita' privata sia la vita familiare, le
antisuffragiste si adoperano per la conservazione di condizioni che
consentano una vita familiare sana, dal momento che il risultato della somma
delle moralita' private e' la moralita' pubblica, la coscienza del popolo.
Il ventesimo secolo, inoltre, ci ha dato la sua parola d'ordine, che e'
differenziazione, divisione del lavoro. Le antisuffragiste, accettandola e
applicando al proprio sesso le nuove richieste di specializzazione, si
mettono al passo coi tempi; le suffragiste invece restano indietro,
continuando a ribadire le screditate teorie dell'uguaglianza e della
identicita'. Il messaggio straordinariamente progressivo che il nuovo secolo
ci consegna e' questo: dare uguali opportunita' agli uomini e alle donne di
esprimersi seguendo le loro differenti linee. [...]
*
Anna Rossi-Doria, Le idee del suffragismo (p. 263 e sgg.)
1. Il "dilemma di Wollstonecraft"
La conquista dei diritti politici non fu per le donne, come spesso e' stato
detto, il frutto di una progressiva estensione dei principi liberali e
democratici, ma fu invece l'esito di una lunga e aspra battaglia nella quale
quei principi erano stati allo stesso tempo assunti e criticati. La
rivendicazione del diritto di accesso alla sfera pubblica e in particolare a
quel regno della politica che, fin dai tempi di Aristotele, era stato
definito sulla base della loro esclusione, provoco' una cosi' tenace
resistenza per un motivo fondamentale: l'esclusione delle donne dalla sfera
pubblica era legata intrinsecamente alla loro soggezione nella sfera
privata. Fin dalla divisione antica fra polis e oikos, e con una rinnovata
chiarezza nei teorici moderni del giusnaturalismo e della democrazia, i due
aspetti erano infatti sempre stati strettamente intrecciati. Per questo il
diritto di voto fu negato alle donne per oltre un secolo e mezzo. Per questo
la loro elaborazione teorica in difesa di quel diritto ando' necessariamente
ben al di la' di esso.
Il nesso tra esclusione delle donne dalla sfera pubblica e loro oppressione
nella sfera privata e' formulato con grande chiarezza nel corso della storia
del suffragismo. Gia' nel primo discorso alla Camera dei Comuni a favore del
voto alle donne, nel 1867, John Stuart Mill dichiara: "Io so che esiste una
sensazione oscura - una sensazione che ci si vergogna di esprimere
apertamente -, come se le donne non avessero diritto di occuparsi di
nient'altro se non del modo in cui possono essere le piu' utili e devote
serve di qualche uomo". Dagli Stati Uniti Elizabeth Cady Stanton lo riprende
nel 1875: "John Stuart Mill dice che in generale il sesso maschile non puo'
ancora sopportare l'idea di vivere con un essere uguale accanto nella casa;
e qui sta il segreto dell'opposizione all'uguaglianza delle donne nello
Stato e nella Chiesa: gli uomini non sono pronti a riconoscerla nella casa.
Questo e' il vero pericolo che si sente nel dare il voto alla donna, perche'
fino a che l'uomo fa, interpreta e applica le leggi da solo, detiene il
potere in ogni ambito. Percio', quando egli esprime il timore che la
liberta' della donna sovvertirebbe le relazioni familiari, riconosce che il
suo attuale stato di soggezione non e' stato scelto da lei, e che se avesse
il potere, l'intera relazione sarebbe sostanzialmente modificata". L'inglese
Lydia Becker nel 1874 aveva scritto: "La subordinazione delle donne rispetto
agli uomini e' essenzialmente diversa da quella dei bambini rispetto ai
genitori perche' viene chiaramente mantenuta allo scopo di assicurare agli
uomini i servizi delle donne come mogli, giocattoli, custodi della casa,
serve. Gli uomini che si oppongono al diritto di voto delle donne non hanno
timore o vergogna di ammettere che se le donne fossero libere non
accetterebbero di mantenere con gli uomini quel tipo di relazioni e che e'
quindi necessario tenerle in uno stato di subordinazione giuridica allo
scopo di garantire la permanenza delle attuali relazioni domestiche". Ancora
nel 1914 l'americana Charlotte Perkins Gilman osservera': "E'
l'ineliminabile mascolinita' della nostra idea di governo che suscita tanta
rivolta all'idea delle donne elettrici. [...] Gli uomini non possono
sopportare di pensare alle donne come esseri che hanno il controllo sulla
propria vita: controllare, essi presumono, e' maschile".
E' a causa di questo strettissimo rapporto, a volte tanto piu' importante
quanto piu' taciuto, tra sfera pubblica e sfera privata che il pensiero
suffragista deve porsi fin dall'inizio di fronte ad una contraddizione, che
peraltro non e' sua, ma e' insita nel liberalismo e nella democrazia di cui
quel pensiero rappresenta insieme uno sviluppo e una denuncia: occorre fare
appello ai diritti universali, ma contemporaneamente svelare l'inganno per
cui essi sono applicati solamente ai cittadini di sesso maschile. Questa
contraddizione fa si' che il pensiero suffragista si sforzi fin dall'inizio
di rifiutare una sorta di scelta obbligata fra le due strade presentate
dagli uomini come alternative quando negano il voto alle donne, e che invece
appaiono a queste ultime inefficaci l'una senza l'altra: l'inserimento nei
diritti universali; la difesa della specifica differenza femminile. Da un
certo punto di vista, si tratta di un caso particolare di quella generale
scelta, in tutti i casi insieme obbligata e inaccettabile, tra
discriminazione e omologazione che la cultura occidentale ha posto, a
partire dall'illuminismo, a tutti i "diversi" (basti pensare alle ambiguita'
contenute fin da allora nel concetto di emancipazione degli ebrei). E
tuttavia, poiche' le donne non sono ne' una minoranza, ne' un "diverso"
riducibile ai termini della persecuzione, la questione si pone in modo
assolutamente peculiare.
La necessita' e insieme la difficolta' di rivendicare sia l'uguaglianza dei
diritti universali, sia una differenza non gerarchica, determinano quello
che Carol Pateman ha definito il "dilemma di Wollstonecraft" (i cui due poli
sono in effetti gia' presenti nella Vindication come pure nella coeva
Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina di Olympe de
Gouges): le donne "da un lato hanno chiesto che l'ideale della cittadinanza
fosse esteso anche a loro, [...] dall'altro lato hanno anche insistito,
spesso contemporaneamente, come fece Mary Wollstonecraft, sul fatto che in
quanto donne, hanno particolari capacita', talenti, bisogni e interessi,
motivo per cui l'espressione della loro cittadinanza dovra' essere diversa
da quella degli uomini. Il loro lavoro non pagato che sostiene il welfare
state potrebbe essere considerato, cosi' come Wollstonecraft considerava i
compiti delle donne in quanto madri, il lavoro delle donne in quanto
cittadine, esattamente allo stesso modo in cui il lavoro pagato dei loro
mariti e' centrale per la cittadinanza degli uomini. L'accezione patriarcale
della cittadinanza significa che le due richieste sono incompatibili perche'
consente solo due alternative: o le donne diventano (come) uomini e quindi
cittadini in senso pieno; oppure continuano nel loro lavoro di donne che non
ha valore per la cittadinanza. Per di piu', all'interno del welfare state
patriarcale, nessuna delle due richieste puo' essere soddisfatta".
*
5. La scienza contro il femminismo (p. 301 e sgg.)
Alla fine dell'800 il pensiero suffragista appare prevalentemente improntato
all'idea della modificazione della societa' in base a valori femminili,
lungo la linea teorica che si chiamo' allora della maternita' sociale.
L'altro polo che era stato sempre presente, la ricerca della affermazione
della donna come libero individuo, quasi scompare o diventa del tutto
minoritario. Il cambiamento puo' essere interpretato come il segno di una
piu' accentuata autonomia dal pensiero politico maschile: le suffragiste
dichiaravano ora che le donne lottavano in nome di una "specifica missione
sociale derivante dalla loro innata natura diversa [...] per creare una
democrazia riformata e 'femminilizzata'; respingevano la caratterizzazione
della vita politica nei termini delle qualita' maschili e cercavano di
ridefinire lo Stato nei termini di un sistema di valori creato
autonomamente, derivato dalla particolare esperienza delle donne". Ma la
nuova difficolta' a tenere insieme i due obiettivi del suffragismo e' spia
di una situazione piu' difficile che per esso si e' creata e che sta tutta
nelle parole "innata natura diversa".
Si era verificato in effetti un enorme cambiamento culturale: la scienza
positivista, ridefinendo e irrigidendo la differenza femminile e soprattutto
dandone una spiegazione esclusivamente naturale anziche' storica,
"determino' un forte ed efficace rafforzamento della tradizionale visione
dogmatica dei caratteri dei sessi, che non solo rafforzo' l'opposizione al
femminismo, ma disancoro' gli ideali delle stesse femministe dalle loro
radici filosofiche". Per cogliere la gravita' di questo cambiamento, vanno
brevemente ricordati alcuni tratti delle teorie evoluzioniste, nell'ipotesi
che queste si contrappongano direttamente ai nuovi livelli di emancipazione
femminile che si stavano in quel momento raggiungendo: "L'evoluzione
presupponeva il cambiamento, e tuttavia fu usata soprattutto per trarne
argomenti contro il cambiamento nella condizione e nella collocazione delle
donne nella societa'". Si tratta di un caso particolare di quel moto
generale per cui negli ultimi decenni del secolo, via via che i mutamenti
sociali e culturali che eliminano antiche discriminazioni e fanno scomparire
antichi confini tendono a farsi piu' veloci, il nuovo pensiero scientifico
va a rintracciare nella natura la base delle differenze che fino ad allora
erano state fondate sulla consuetudine. Basti pensare al diffondersi in
questo periodo per la prima volta di teorie "scientifiche" razziste che
ridefiniscono l'inferiorita' ebraica proprio nel momento in cui gli ebrei si
stanno assimilando.
Sono in particolare le nuove scienze della biologia, della antropologia e in
parte della sociologia a svolgere un ruolo determinante nella definizione
delle differenze tra i sessi in una rigida struttura di complementarieta' di
caratteri innati e quindi immodificabili. E' questa che impronta il grande
dibattito sulla questione femminile che negli anni di fine secolo mostra
tutta l'ansia suscitata dai cambiamenti del ruolo della donna: "Poiche' i
confini della sfera femminile sembravano ormai messi in dubbio, era il
problema della natura femminile ad attrarre un crescente interesse". A cio'
si lega il nuovo potere sulle donne dei medici, che tendono ad assumere il
ruolo di guide morali della famiglia e della societa': gia' nel 1878 Frances
Power Cobbe osserva che essi assumono, in modo "stranamente simile, la
posizione dei preti dei tempi antichi, si danno le stesse arie di autorita'
[...] ed entrano in ogni famiglia con una facile chiave di informazioni
private".
Nel ruolo antifemminista svolto dalle teorie evoluzioniste, decisiva e'
l'opera di Herbert Spencer. A lui risalgono alcuni dei concetti piu'
influenti che fissano il ruolo naturale della donna: il primo e' che esista
un tasso di energie richieste dalla funzione riproduttiva, per cui questa e'
danneggiata se le donne dedicano le loro energie ad eccessivi sforzi
intellettuali (non si parla invece mai di fatica fisica nel lavoro) o se le
lasciano inutilizzate (la scelta di studiare provoca anemia e sterilita',
quella di non sposarsi clorosi e isteria); viene stabilita inoltre una
stretta corrispondenza tra inferiorita' intellettuale della donna e sua
bassa collocazione nella scala della evoluzione; infine, viene condannata
ogni forma di individualismo femminile, poiche' "gli interessi della specie
devono prevalere sugli interessi dell'individuo". Le idee di Spencer sono
molto diffuse tra il largo pubblico, anche attraverso riviste appositamente
fondate, quali la americana "Popular Science Monthly". Nel suo primo numero,
del 1872, Spencer pubblica, ad esempio, un saggio in cui spiega che il
cervello piu' piccolo delle donne non consente loro di raggiungere "gli
stadi piu' recenti della evoluzione umana: la capacita' di ragionamento
astratto e la piu' astratta delle emozioni, il sentimento di giustizia". E
in un saggio dell'anno successivo spiega le ragioni delle inferiori
capacita' mentali delle donne con un arresto precoce della loro evoluzione,
affermando che le caratteristiche femminili - la capacita' di intuizione, la
fascinazione del potere, l'emozione religiosa - non sono "dovute, come molti
pensano, alla educazione ricevuta dalle donne, ma hanno una causa piu'
profonda nel loro carattere naturale".
E' pero' all'opera di Charles Darwin The Descent of Man, del 1871, che
risalgono le due analogie piu' riprese in eta' positivistica: quella tra le
donne e i bambini, che rende piu' facile l'allevamento, e quella tra le
donne e i popoli primitivi, per cui le qualita' femminili della "intuizione,
rapida percezione e forse imitazione" sono "tipiche delle razze inferiori".
E il darwiniano Francis Galton, fondatore dell'eugenetica, nell'opera del
1869 Hereditary Genius aveva contestato che il genio potesse essere
soffocato da condizioni ambientali sfavorevoli come prova del fatto che le
donne ne erano per natura prive.
Pochi anni dopo la nuova scienza della sessuologia diffondera' capillarmente
queste idee: il popolarissimo testo inglese di Patrick Geddes e J. Arthur
Thomson, The Evolution of Sex, del 1889, insiste sull'idea che i due sessi
sono "complementari e reciprocamente dipendenti", proprio come aveva sempre
detto la normativa tradizionale sui compiti delle donne, ma ora l'idea e'
fondata su basi biologiche. Il libro e' pieno di asserzioni indimostrate,
basate su contrapposizioni immodificabili: "l'uomo pensa di piu', la donna
sente di piu'"; "quel che fu deciso tra i protozoi preistorici non puo'
essere annullato da una legge del parlamento". I limiti delle possibilita'
della donna risultano ora ben piu' rigidi di quanto fossero in qualsiasi
definizione di "woman's sphere" tradizionale: il ruolo biologico definisce
il carattere morale. Poiche' la donna "si tiene vicina alle grandi linee
dell'evoluzione ed e' meno influenzata dalle effimere correnti della
attualita'; poiche' la sua vita e' legata a quella del bambino; poiche' in
un certo senso e' piu' vicina lei stessa al bambino e al selvaggio, e' a lei
che l'Uomo, dopo esplorazioni e vagabondaggi, mentali e fisici,
continuamente tende a tornare come alla sua dimora originaria". Il grado di
sviluppo della donna e' interamente legato alla funzione riproduttiva: "Gli
interessi delle donne si possono considerare piu' strettamente identificati
con gli interessi della natura. La natura ha reso le donne piu' simili ai
bambini per metterle in grado di capire e curare meglio i bambini".

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
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Numero 167 del 13 marzo 2008

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