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Voci e volti della nonviolenza. 158
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 158
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 11 Mar 2008 09:47:53 +0100
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 158 dell'11 marzo 2008 In questo numero: 1. Diana Napoli intervista Michele Boato (parte seconda e conclusiva) 2. Dall'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 nasce una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza 1. RIFLESSIONE. DIANA NAPOLI INTERVISTA MICHELE BOATO (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA) [Ringraziamo Diana Napoli (per contatti: e-mail: mir.brescia at libero.it, sito: www.storiedellastoria.it) e Michele Boato (per contatti: micheleboato at tin.it) per questa conversazione, svoltasi a Mestre il 19 febbraio 2008. Diana Napoli, laureata in storia presso l'Universita' degli studi di Milano, insegna nei licei, e' volontaria presso il Centro per la nonviolenza di Brescia, cura un sito di studi storici. Michele Boato e' nato nel 1947, docente di economia, impegnato contro la nocivita' dell'industria chimica dalla fine degli anni '60, e' impegnato da sempre nei movimenti pacifisti, ecologisti, nonviolenti. Animatore di numerose esperienze didattiche e di impegno civile, direttore della storica rivista "Smog e dintorni", impegnato nell'Ecoistituto del Veneto "Alexander Langer", animatore del bellissimo periodico "Gaia" e del foglio locale "Tera e Aqua". Ha promosso la prima Universita' Verde in Italia. Parlamentare nel 1987 (e dimessosi per rotazione un anno dopo), ha promosso e fatto votare importanti leggi contro l'inquinamento. Con significative campagne nonviolente ottiene la pedonalizzazione del centro storico di Mestre, contrasta i fanghi industriali di Marghera. E' impegnato nella campagna "Meno rifiuti". E' stato anche presidente della FederConsumatori. Con Mao Valpiana e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008. E' una delle figure piu' significative dell'impegno ecopacifista e nonviolento, che ha saputo unire ampiezza di analisi e concretezza di risultati, ed un costante atteggiamento di attenzione alle persone rispettandone e valorizzandone dignita' e sensibilita'. Tra le opere di Michele Boato: ha curato diverse pubblicazioni soprattutto in forma di strumenti di lavoro; cfr. ad esempio: Conserva la carta, puoi salvare un albero (con Mario Breda); Ecologia a scuola; Dopo Chernobyl (con Angelo Fodde); Adriatico, una catastrofe annunciata; tutti nei "libri verdi", Mestre; nella collana "tam tam libri" ha curato: Invece della tv rinverdire la scuola (con Marco Scacchetti); Erre magica: riparare riusare riciclare (con Angelo Favalli); In laguna (con Marina Stevenato); Verdi tra governo e opposizione (con Giovanna Ricoveri)] - Diana Napoli: Tu quando hai cominciato a fare politica e quando hai conosciuto l'ecologismo e la nonviolenza? - Michele Boato: Sono cose diverse. Sono nato a Venezia e l'ecologismo l'ho scoperto a Marghera, nel 1968. Quell'anno, dopo aver occupato Ca' Foscari - ora sono passati giusto quaranta anni e sto preparando uno spettacolo musicale che racconta l'occupazione dell'universita' e tutto il resto - nel giugno '68 siamo andati a Marghera: tramite un impiegato che era anche studente di Ca' Foscari, ci siamo messi in contatto con gli operai di una parte della Montedison, la Chatillon (che ora si chiama MonteFibre) e abbiamo cominciato a conoscere l'inferno che c'era in quelle fabbriche, con dei reparti dove veramente si moriva. C'era un sindacalista interno, Ferruccio Brugnaro, un vero leader operaio, che era anche poeta e distribuiva volantini con le poesie sul cloruro di vinile che uccideva le persone che lo respiravano. E' stato li' che ho cominciato a diventare ecologista, con un'ottica che poi sarebbe stata quella, dal 1976, di Medicina Democratica. Nel 1969 e' nata Lotta Continua e sono entrato a farvi parte (io e anche Maria, che poi sarebbe diventata mia moglie). Non ero nonviolento assoluto, tant'e' che sono andato a fare il militare. Non ho fatto obiezione di coscienza, ma dentro l'esercito ho fatto per un anno r mezzo parte dell'organizzazione Proletari in divisa che organizzava la lotta contro le gerarchie e per il controllo democratico dell'esercito da parte dei soldati di leva, i proletari in divisa, appunto. Feci anche processare un paio di ufficiali, il generale comandante dell'Ospedale militare di Udine e il colonnello medico che avevano procurato la morte di un alpino per una semplice operazione di emorroidi, condotta malissimo; al C. A. R. di Casale Monferrato (il piu' grande d'Italia, con 6.000 reclute) abbiamo fatto gli scioperi del rancio eccetera, ma questo per dire che la lotta che facevo era dentro l'esercito, contro l'uso dell'esercito in funzione antipopolare e repressiva. Avevamo l'appoggio all'esterno per esempio di Pannella e abbiamo fatto insieme le marce antimilitariste nel 1972 (ci andavamo vestiti da militare; andare vestiti da militare a una manifestazione del genere non era da poco), facevamo un pezzo di strada assieme ma non eravamo la stessa cosa degli obiettori. La nonviolenza l'ho scoperta nel 1974. In Lotta Continua si discuteva sull'idea della rivoluzione, come farla e i modelli non erano certo nonviolenti: l'Irlanda in cui la frazione nonviolenta di Bernardette Devlin era minoritaria rispetto alla lotta armata che conduceva l'Ira; poi l'Eta basco e il Movimento Popolare di Liberazione della Palestina. Cominciava a prevalere l'idea di una lotta di popolo un po' piu' rafforzata, che non escludeva l'"ora del fucile"... Per cui ho iniziato gia' allora a rompere un po': nel 1972 in un convegno quasi clandestino a Rimini, io e un altro votammo, da soli, contro proprio sulla questione dell'uso della violenza e fummo quasi espulsi. In seguito il lavoro e' stato sempre piu' vicino agli obiettori di coscienza, soprattutto quando, nel 1977 ritornai a Mestre dopo quattro anni passati in Puglia, ed ereditai la sede di Lotta continua che nel frattempo si era disintegrata. Questa sede era condivisa con la Loc, fondammo Smog e dintorni, gruppo e rivista ecologista, e poi demmo vita anche alla sezione veneziana di Medicina Democratica... * - Diana Napoli: Nel '68 comunque voi eravate tra i primi ad occuparvi di ambiente... - Michele Boato: Si', mi ricordo che nel '69 usci' un libretto che raccoglieva i documenti dell'ondata studentesca e operaia, tra cui i nostri volantini (che poi sono diventati storia): erano gli unici che parlavano di salute, salute piu' che ambiente. Poi, nel 1973, sono stato a Brindisi, quando ero ancora in Lotta Continua, ad organizzare lotte contro l'inquinamento, anche molto dure (mi ricordo i paginoni della "Gazzetta del Mezzogiorno" che parlavano di me come un terrorista mandato da Marghera per impedire la costruzione di certi impianti; parlavano di me e di mia moglie come due personaggi pericolosissimi). La base operaia ci sostenne, reagi' in maniera fortissima, fece dimettere due dei sindacalisti su tre, perche' questa campagna era orchestrata dai sindacalisti; uno dei due, quello della Uil, ebbe anche un collasso in assemblea, poiche' nel momento in cui stava attaccandomi la gente gli rispose, difendendomi e fischiandolo sonoramente. Al posto del rappresentante Cisl subentro' uno della base, Roberto Bini, che era d'accordo con me. La Cgil si tiro' indietro prima di fare la stessa fine, cio' nonostante l'impianto lo fecero, ma in quegli anni si semino' molto. Tornato qui a Mestre, a fine '77, c'era il deserto perche' Lotta continua si era di fatto sciolta, era sparito tutto, c'era la droga che veniva avanti, il terrorismo delle Br, per cui ho preso in mano la sede del movimento, anche se mi dicevano che ero matto, dato che stavano per chiudere (e infatti la sede era diventata un'officina: uno degli operai di Lotta Continua faceva il deltaplanista e la sede era diventata un'officina, quando io arrivai c'era il deltaplano in riparazione...). Allora fondammo Smog e dintorni che, per un certo periodo, divenne anche un inserto di "Lotta continua" (diventato un quotidiano non piu' di partito ma del movimento del '77) e al grande convegno del "movimento" a Bologna, proprio quell'anno, noi organizzammo la parte ecologista dell'incontro, in particolare quella sul nucleare, che registrava la nascita in Italia del movimento contro il nucleare. Poi abbiamo fondato gli Amici della Bicicletta di Mestre, con cui, negli anni '80, abbiamo pedonalizzato l'unica piazza che c'e' qui a Mestre, piazza Ferretto, che prima era praticamente una strada trafficatissima. Ogni sabato, nell'83 e nell'84, bloccavamo con le bici l'entrata delle macchine, fino a quando non abbiamo ottenuto la pedonalizzazione della piazza. E in tutto questo la mia storia con la nonviolenza e' una storia di seconda battuta, anche se lavoravamo con la Loc di Maurizio Galvan, che stava nella stessa nostra sede. * - Diana Napoli: Ma quando eri in Lotta continua, prima del tuo incontro con la nonviolenza, pensavi davvero (prima parlavi di modelli di rivoluzione) che la rivoluzione si sarebbe fatta? - Michele Boato: Si'. Guarda, qui la lotta operaia e' arrivata nel 1968. Il primo agosto 1968 (c'e' anche una canzone di Gualtiero Bertelli, intitolata "Primo d'agosto Mestre Sessantotto" in questo spettacolo che sto scrivendo) migliaia di operai hanno bloccato la stazione. * - Diana Napoli: Quante persone lavoravano a Marghera? - Michele Boato: Da trenta a quarantamila; al petrolchimico erano settemila. Completamente abbandonati dal sindacato, fanno ad agosto una manifestazione con in testa uno striscione che ho dipinto a mano assieme a Laura Bettini, leader degli universitari di Padova, con su scritto "Tutti contro Montedison". Era un movimento che poteva sembrare insurrezionale, anche se di fatto non lo era, nel senso che gli operai volevano vincere una lotta sindacale, c'era la serrata del petrolchimico, bisognava reagire, ma, una volta che la vertenza si risolveva, la questione finiva. Due anni dopo, sempre ad agosto, nel 1970, si ribellano non piu' i chimici, ma i "negri di Marghera", cioe' gli operai delle imprese d'appalto, migliaia e migliaia di operai edili e metalmeccanici che costruivano e facevano le peggiori manutenzioni, i lavori piu' sporchi e morivano (ho fatto la mia tesi di laurea su Marghera e la chimica, ed ho inserito un capitolo sui "negri"). I "negri" si ribellano e ad organizzarli c'eravamo noi di Lotta continua; ancora una volta il sindacato squagliato e per tre giorni Marghera e' rimasta in mano agli operai. Si diceva proprio cosi': "Marghera in mano agli operai". Ci sono state le barricate, la polizia aveva sparato e ferito quasi a morte un operaio e poi si era ritirata; aveva capito di averla fatta troppo grossa. Per tre giorni Marghera e' sembrata una repubblica indipendente. Venne Sofri e rimase sorpreso, guardando, dal cavalcavia sulla ferrovia che sta tra Marghera e Mestre, sotto, sui binari, gli operai che bruciavano delle traversine accatastate. C'era una situazione fuori controllo. Il giornale della sera, "Venezia Notte" (era l'edizione veneziana del giornale di destra di Milano), titolava: "Marghera in mano ai cinesi", tant'e' che noi poi facemmo i volantini con tutti gli operai vestiti da cinesi. Quella visione ti faceva pensare ad una situazione pre-insurrezionale, anche se assolutamente non c'erano armi. Tento', Toni Negri, gia' dal primo giorno (quando la polizia aveva sparato all'operaio) di confezionare e passare a qualche giovane delle bottiglie Molotov, ma e' stato bloccato e se ne e' tornato a Padova. La nostra non era una posizione guerrafondaia, ma di potere dal basso, di autogestione, che poi teorizzammo, nel 1972 quando la linea di Lotta Continua divento' "Prendiamoci la citta'", e questa cosa intimori' da matti le amministrazioni, come, alcuni anni dopo, Zangheri, il sindaco di Bologna perche' il famoso convegno di Bologna si intitolava allo stesso modo e il Pci e dintorni pensavano che noi si volesse occupare chissa' che. Prendiamoci la citta', invece, voleva dire, semplicemente, facciamo in maniera che la gente si organizzi, cominci a decidere, conti, e organizzammo delle scuole di quartiere, i doposcuola... cose piccole ma che volevano creare un potere parallelo dal basso. Era il modello dei soviet, ma quello iniziale (non quello del Partito sovietico che li controllava tutti), quello dei soviet degli operai e dei contadini, i consigli che sognava anche Gramsci. * - Diana Napoli: Piu' che insurrezione forse sapeva un po' di Fronte Popolare, un'espressione di gioia da parte degli operai... - Michele Boato: Si', ma si prestava ad un'interpretazione in chiave rivoluzionaria. Anche se non c'era magari una concretezza di iniziativa rivoluzionaria. Cosa che per esempio non capiva il Potere Operaio di Toni Negri, che credeva di dover muovere gli operai solo su rivendicazioni materiali (prendere cento lire in piu'), una linea economicista, e da li' "fare il salto" per prendere il potere. Prendere il potere dove? Negri diceva che non era importante, che l'importante era muoverli che poi sarebbe saltato fuori qualcosa. Diversa invece, molto piu' concreta, era l'ipotesi di Sofri: se ci sono delle zone che si liberano, diventano, tipo Marghera, zone di democrazia diretta. * - Diana Napoli: Utilizzava proprio il verbo "liberarsi"? - Michele Boato: Si'. Mi ricordo la frase che mi disse sul cavalcavia al momento della rivolta dei "negri": "questi si stanno divertendo come porci". Lui aveva la sensazione che questa rivoluzione fosse una festa e in quel momento noi c'eravamo dentro. Debbo dire che effettivamente quello e' stato il momento piu' alto di quel modello. * - Diana Napoli: E come e' "rientrata" dopo la situazione? - Michele Boato: E' rientrata perche' si e' chiusa la vertenza; era scappata di mano alla logica sindacale, perche' gli operai volevano forme di lotta piu' dure e i sindacati non li appoggiavano, mentre poi noi le abbiamo attuate, mettendo in moto una rete territoriale notevolissima (avevamo coinvolto anche i pendolari; qualcuno di noi era andato a Chioggia e Cavarzere per bloccare persino le corriere che partivano). Ma quando si raggiunge un risultato e gli operai decidono in assemblea che quel risultato va bene a quel punto il discorso si chiude. * - Diana Napoli: E quindi non era la rivoluzione... - Michele Boato: Certo, erano in realta' movimenti rivendicativi molto forti, che pero' lasciavano dei segni nella misura in cui all'interno delle rivendicazioni c'erano anche richieste di democrazia. Per esempio la nascita dei consigli di fabbrica, eletti direttamente dagli operai come delegati e senza tessere (invece delle commissioni interne a tre designate dai sindacati provinciali) e' un elemento importante che lascia un segno da tutti i punti di vista, perche' hai nella fabbrica una situazione di democrazia piu' avanzata, perche' controlli meglio, per esempio, la questione della nocivita', della pericolosita'. Quando ho lavorato in fabbrica, nel 1971-'72 alla costruzione della centrale Enel di Fusina, appena arrivato mi vedo cascare giu' da 50 metri un giovane: quello e' stato il mio benvenuto in fabbrica. Ero ancora in prova, ho dovuto stare due settimane assolutamente in incognito perche', se avessero saputo chi ero, mi avrebbero mandato via subito. L'hanno scoperto poi, dopo. Gli operai che mi riconoscevano - dapprima ero stato studente di Lotta Continua e poi appunto operaio - stavano tutti zitti per farmi assumere, perche' non vedevano l'ora che mi assumessero, ma subito dopo abbiamo organizzato un comitato antinfortunistico, abbiamo fatto degli scioperi durissimi; ci siamo divisi a meta', specializzati e manovali, scioperavano mezza giornata ciascuno. Per cui quando scioperavano gli specializzati, i manovali non potevano far niente da soli, e ugualmente quando scioperavano i manovali (per contratto gli specializzati avevano bisogno dei manovali) gli specializzati si rifiutavano di lavorare. Sicche' abbiamo paralizzato il cantiere e in una settimana abbiamo stravinto. Abbiamo ottenuto, oltre ad aumenti salariali, dei diritti come quello del comitato antinfortunistico che ha lasciato il segno: erano gia' morte tre persone in quel cantiere mentre poi non e' morto piu' nessuno, perche' li abbiamo obbligati a mettere i ponteggi, a organizzare i turni (tra l'altro che gli operai morissero era preventivato: un dirigente di cantiere ci ha mostrato, in segreto, che nel budget era preventivato che potevano morire dai 5 ai 10 operai! Risparmiando sulla sicurezza, e' ovvio che ci sono poi delle conseguenze). E tutto questo ha lasciato evidentemente dei segni di democrazia che sono rivoluzionari, perche' vuol dire che della gente stava ottenendo che una certa societa', in questo caso il lavoro, fosse organizzato in maniera umana e meno bestiale. Questo vuol dire fare una lotta sindacale che abbia anche un contenuto politico (e non muovere gli operai solo per cento lire in piu' perche' "tanto poi le altre cose arrivano da sole", portate dal di fuori, dal Partito avanguardia, dagli intellettuali che sanno quale sara' la direzione della storia). * - Diana Napoli: E perche' i sindacati si erano, a tuo parere, defilati in un primo momento? corruzione, miopia, disinteresse, incapacita'? - Michele Boato: Mah, era una storia sindacale di accordi al ribasso, di sconfitte, anche se poi in effetti anche all'interno del sindacato c'e' stata una dialettica, un cambiamento: molti sindacalisti sono andati via sostituiti da quelli piu' vicini alla base: pensa alla Flm dei metalmeccanici di Brescia che e' diventata praticamente un partito rivoluzionario dopo l'autunno caldo e la strage di Piazza della Loggia del maggio '74, perche' si era creata una situazione con i consigli di fabbrica per cui la gente li' dentro faceva politica e non trattava solo gli aumenti salariali. C'era, in quel sindacato, anche Marino Ruzzenenti che ora e' un "esperto" a servizio dei movimenti, e che poi e' uscito perche' il sindacato e' tornato indietro negli ultimi anni. * - Diana Napoli: Tu credi che effettivamente gli anni Sessanta e Settanta abbiano costituito un cambiamento epocale, al di la' dei significati fortissimi ma immediati? - Michele Boato: Il cambiamento c'e' stato: se guardi la societa' prima e dopo il '68 il cambiamento e' molto grande. C'e' stata un'ondata che ha molto ridimensionato l'autoritarismo nelle scuole, le famiglie, le fabbriche (specie le piu' grandi), perfino nello stato. Oggi l'autoritarismo quando emerge e' qualcosa che si vede, che stride; allora invece era la normalita' delle cose, il potere era tutto, poteva fare tutto: le ruberie, gli scandali c'erano ma non emergevano. Dal '68 e' partita un'ondata che ha impedito che continuasse in quel modo, un'ondata che e' arrivata fin dentro la Magistratura (Tangentopoli non e' nata dal nulla), fin dentro la polizia, con la sindacalizzazione della polizia con cui adesso e' raro che abbiamo rapporti difficili: per esempio nell'ultima marcia che abbiamo fatto da Schievenin del Grappa a Venezia (in centinaia, 80 km a piedi in due giorni) la polizia ci ha dato una mano, cosa che un tempo sarebbe stata impensabile). * - Diana Napoli: Democratizzazione si', ma era un processo di lunga durata che e' certo stato accelerato, ma che stava in un movimento della storia. Di fatto, per quel che riguarda la possibilita' di una democrazia che istituzionalmente fosse diversa, di una politica internazionale condotta diversamente, forse si puo' avere la percezione che non sempre il cambiamento ci sia stato, o sia stato all'altezza delle aspettative. Qualcuno tra quelli con cui ho avuto occasione di parlare mi ha detto che e' stato, il '68, un momento non sfruttato, facendo l'esempio di un tramonto bellissimo, ma pur sempre un tramonto, quindi, di una giornata che era finita (cioe' un mondo che era gia' finito, dal punto di vista della lunga durata, quello operaio). - Michele Boato: C'e' un articolo di Giannozzo Pucci, che pubblichiamo su "Gaia" di primavera 2008, secondo cui il '68 vive nell'ecologismo: lo spirito libertario del '68 e' stato poi soffocato dal marxismo economicista sostanzialmente industrialista ottocentesco, che seguiva lo schema padrone-operai. Mi ricordo che all'universita' veneziana di Ca' Foscari il nostro era un movimento veramente antiautoritario che veniva sbeffeggiato e anche disprezzato dai saputelli del Pci. Ci dicevano: cosa volete voi, figli di borghesi? E cercavano, invano, di tarparci le ali... Quello che non sono riusciti a fare loro nel '68 e' riuscito successivamente ai gruppi politici, come la stessa Lotta continua dimostra: Lc e' l'esempio piu' bello ma anche piu' triste: nasce antiautoritaria, lo stesso nome, Lotta continua, non c'entra niente con la tradizione comunista (il Partito, l'Avanguardia eccetera, tutti i nomi della tradizione bolscevica). Lotta continua era invece molto movimentista, basista, quasi anarchica. Ma anche al suo interno, nel 1972, inizia il dibattito sulla necessita' di adottare l'ideologia marxista-leninista, la teoria comunista che non diceva piu' nulla a noi giovani. Non a caso poi Lotta continua e' morta. Il convegno che l'ha fatta morire e' quello di Rimini del 1976 (lo avevo gia' previsto qualche mese prima: al congresso preparatorio di Bari avevo previsto pubblicamente che a Rimini la presidenza sarebbe stata occupata da donne e dagli operai e cosi' e' stato!). Gli operai hanno detto: "va bene il marxismo, abbiamo capito, ora basta e comandiamo noi (e quindi via i Sofri, i Pietrostefani, i Rostagno, i Viale) e le donne (tra cui Franca Fossati, poi presidente italiana dell'Udi - Unione donne italiiane) hanno iniziato un proprio percorso di autonomia. Poi ci sono stati gli anni del terrorismo che hanno ancor piu' soffocato gli ultimi elementi rimasti dell'antiautoritarismo del '68, e poi il fallimento politico degli anni successivi quando Avanguardia operaia e altri gruppi "extraparlamentari" si sono sciolti... E cosa e' rimasto? E' rimasto l'ecologismo, che e' il nuovo, rispetto a questa storia, perche' e' un punto di vista che non ha niente a che vedere con tutta questa parabola politica marxista. C'e' ancora qualcuno che si attarda a pensare che l'ecologismo abbia a che vedere con questa storia (e continua a parlare di rosso-verde), c'e' anche chi continua a cercare il meglio di questa tradizione, che ormai e' solo un residuo archeologico: e' come se io dicessi che sono di Giustizia e Liberta', dato che mio padre ha fatto la Resistenza con Giustizia e Liberta' ed era del Partito d'azione. E tuttavia l'ecologismo in Italia ahime' e' stato conciato molto male; ed ecco che qui torniamo all'oggi. Siamo all'indomani di un omicidio: hanno ucciso i Verdi. Noi li abbiamo fondati, a partire dall'esperienza di Arcipelago verde, li abbiamo fatti crescere: nel 1990 qui abbiamo avuto il 7%, una cosa enorme, non ci credeva nessuno. Forse l'errore e' stato di aver messo insieme troppa gente: i Verdi Arcobaleno, fuoriusciti dei radicali, come Rutelli, e da Democrazia Proletaria, come Ronchi. Pero' nel Veneto e' stata gestita bene questa accoglienza: Mao Valpiana l'ha gestita a Verona con Alberto Tomiolo, io a Venezia e Padova con Gianni Tamino e Ivo Rossi. Pero' adesso i Verdi sono stati uccisi da clientelismo, opportunismo, svenduti per qualche posticino (Pecoraro che fa eleggere al Senato suo fratello calciatore... cose inenarrabili). Ci sono ovviamente nei Verdi ancora bravissime persone, ma l'ecologismo non lo fa piu' nessuno, se non i comitati, Allora dobbiamo rifondare l'ecologismo, su basi nonviolente. Non serve rifondare la nonviolenza, che in Italia e' sempre stata una cultura che ha attraversato diverse pratiche e teorie, ma l'ecologismo e dare cosi' alla nonviolenza una leva. * - Diana Napoli: La nonviolenza che ha pure bisogno di un "appiglio" pratico... - Michele Boato: Non possiamo fare il cortocircuito nonviolenza-antimilitarismo; per me e' sbagliato, ma in Italia e' un cortocircuito che si e' prodotto. L'antimilitarismo dev'essere l'a-priori della nonviolenza, come il principio "non uccidere", ma non basta: e tutto il resto? E "pro" che cosa? Pro decrescita, pro consumo sobrio e sano, mobilita' intelligente, solidarieta', e tutto questo nel resto del mondo si chiama ecologismo. In Italia, al contrario, l'ecologismo non esiste. C'e' Greenpeace che fa le sue battaglie. C'e' Medicina Democratica che fa le sue e lo stesso vale per il Wwf; c'e' Pronatura, ma agisce soprattutto in Piemonte e nelle Marche. Per quanto riguarda le altre associazioni nazionali: Italianostra fa le sue battaglie sul paesaggio e i beni culturali, Legambiente svende il patrimonio ambientalista a Vodafone, Enel o Eni che le pagano la pubblicita' sui suoi giornali e i Verdi l'ecologismo lo hanno messo in un angolo. Sentivo ieri: il matrimonio gay, togliere una rete a Berlusconi... non sono questi gli elementi tipici dell'ecologismo. La gente ci confonde con un qualsiasi partitino di ultrasinistra, come, sta succedendo ora che i Verdi sono entrati nella Sinistra Arcobaleno, divenendo, di fatto, una costola di Rifondazione. Si tratta dunque di rifondare l'ecologismo e a questo scopo "Verdi" e' solo una parola screditata (lo dico io, che sono tra i fondatori e che, comunque, insieme a Mao, mi sono presentato alle elezioni del 2000 e del 2005 con il simbolo "Verdi con la colomba" perche' non ci sembrava il caso di regalare la parola "Verdi" al Sole che ride, che noi, dopo l'entrata di Canarini, Caccia e vari abitue' di casco-manico di bandiera-passamontagna chiamiamo Sole che picchia). Ma per far rinascere l'ecologismo occorrera' percorrere cento strade, prima di trovare la soluzione; per questo, alla vigilia di queste elezioni, sono scettico sulla proposta di fare le liste dell'ecologia e della nonviolenza; nel senso che non e' una cosa che si fa dall'oggi al domani. Dobbiamo vedere a Vicenza, con la base Dal Molin che incombe, che cosa proporre alle elezioni comunali e provinciali; dobbiamo vedere a Treviso, con la proposta di due inceneritori, e a Venezia. Per esempio, proprio oggi ho accettato una candidatura in una lista di un comune qui vicino, San Dona' di Piave, dove mi hanno chiesto di dare una mano. Si tratta di una lista che si chiama "Sinistra e partecipazione" e, anche se non avrei mai fatto di mia iniziativa una lista che si chiami cosi', e' un mondo che apprezzo ed ho accettato. A Treviso chissa' come si chiameranno e cosa faranno gli animalisti che hanno sbeffeggiato Gentilini quando ha fatto togliere le panchine per gli extracomunitari, e quando voleva chiudere il centro storico ai cani e loro hanno portato nel centro tutti i cani in passeggiata... Insomma e' un fiume, siamo ritornati alla situazione di Arcipelago verde. Ci vorranno cinque anni, ci vogliono persone che abbiano credibilita' alle spalle e per selezionarle e' necessario decidere in anticipo le regole del gioco. Se uno, ad esempio, non da' mai un volantino, se non ha voglia di confrontarsi con la gente, non puo' far parte di una lista di questo tipo. Occorre dare, per dire, almeno quattro ore di servizio alla settimana: una regolina piccola piccola ma che fa scappare quelli il cui unico scopo e' andarsi a sedere in qualche consiglio comunale o provinciale. E' una regola che ho sempre applicato quando mi arrivava qualcuno; dicevo: "allora, un paio di mesi vieni con noi a far volantinaggi e poi ne parliamo" e alcuni sparivano immediatamente, perche' avevano la concezione del politico come qualcuno che non potrebbe mai "abbassarsi" a queste pratiche. Ora, in questo tentativo di rinascita dell'ecologismo noi partiamo da sottozero. Nell'80 partivamo da zero, si doveva solo costruire una cosa. Adesso siamo sotto (ma tanto sotto) lo zero perche' la gente per lo piu' e' disgustata dai Verdi. Ad esempio qui a Mestre, con l'associazione Amico Albero difendiamo un parco in via Pio X; l'altro giorno siamo stati sugli alberi per due ore per difenderli contro il comune che ha deciso di far costruire proprio li' un condominio: tra quelli che hanno votato a favore di questo piano ci sono i Verdi! La manifestazione del 19 e 20 gennaio in difesa della valle di Schevenin, contro una miniera, e' stata organizzata come Ecoistituto (assieme al Cai, Mountain Wilderness e il foltissimo Comitato locale), non come Verdi: una grandissima marcia nonviolenta di centinaia di persone che hanno percorso 80 km a piedi: ricordava la Marcia del sale di Gandhi, anche se e' durata solo due giorni. Anche qui abbiamo vinto riuscendo ad ottenere un'interfaccia politica da consiglieri sia di centrodestra che di centrosinistra che (come e' accaduto con la questione dell'inceneritore di cui ti parlavo all'inizio, a Treviso) hanno presentato mozioni firmandole assieme. Ecco, in questa circostanza abbiamo avuto il 100% di adesione, il Consiglio regionale che vota all'unanimita' contro quelle miniere: unici assenti, nell'incontro tra i marciatori e i gruppi consiliari, i Verdi e Alleanza Nazionale! Questa marcia, per esempio, e' un po' un simbolo della nuova forma politica che deve nascere e tutti ne sono restati sbalorditi: centinaia di persone che si sobbarcano la distanza di due maratone a piedi, che hanno il coraggio di farlo per dimostrare che c'e' una valle intera che protesta in forma assolutamente nonviolenta e che lo fa con questo gesto per dire che e' una questione seria che si deve assolutamente tenere in considerazione (e infatti poi il consiglio ha bloccato le miniere). Per tutto questo, affinche' ci sia un vero sviluppo nazionale, penso debbano passare altri cinque anni, non e' domani. Penso che per ora ci saranno delle liste locali che si chiameranno in modi diversi, poi, successivamente, a livello nazionale ci potra' essere il simbolo della colomba o anche a quello del pacifismo antinucleare di Bertrand Russell. * - Diana Napoli: Prima, parlando del modo in cui tu hai iniziato a fare politica, non ti ho chiesto del ruolo che ha giocato in questa tua formazione il "risveglio" religioso degli anni Sessanta, il Concilio, la Pacem in Terris. Quasi tutti me ne hanno parlato rivendicando un'origine proprio da quel mondo cattolico. - Michele Boato: Anch'io ho quella matrice, nel senso che prima del '68 ho fatto il mio dovere di bravo aspirante, poi giovanissimo delegato aspiranti di Azione cattolica, ecc., Eravamo un po' tutti "cattolici di sinistra", perche' il mondo veneto e' cosi', non era una scelta, veniva naturale. Il mio vero apprendistato e' stato l'ingresso nell'universita', nel 1966. Mi sono trovato in un mondo in cui c'erano due "partitini" studenteschi, l'Intesa cattolica e l'Ugi laica di sinistra, ma io, come molte altre persone, non ero ne' comunista ne' cattolico nel senso di vicino alla Democrazia Cristiana, ma allora e' nato a Ca' Foscari il movimento studentesco, gia' nel 1966-'67, movimento che abbiamo creato noi, non allineati alla vecchia politica, stravincendo alle elezioni degli organismi rappresentativi studenteschi. Poi, nel 1969, questo movimento e' diventato, quasi in blocco, Lotta Continua: una quarantina di persone (solo due o tre piu' moderati si sono persi per strada) per le quali era normale far parte, dopo quel movimento, di Lotta Continua, che non era un partito, ma un movimento "spontaneo", antiautoritario. Dal punto di vista del movimento studentesco allora noi abbiamo vinto, almeno a Ca' Foscari; la gerarchia si e' auto-disintegrata: alcuni professori sono andati via, altri sono stati smascherati (mi ricordo un professore di francese che fingeva di essere di sinistra e invece l'abbiamo scoperto legato all'Oas, ai servizi segreti francesi, torturatori degli algerini) e nel complesso ne e' uscita una classe accademica un po' piu' decente. Poi pero', negli anni '90, c'e' stato un ritorno dei vecchi metodi, e gli studenti hanno perso, senza neanche protestare. * - Diana Napoli: Il ricordo piu' bello? - Michele Boato: Ne ho diversi e te ne ho gia' raccontati alcuni. Il primo, quando abbiamo pedonalizzato piazza Ferretto; e' stata una lotta bellissima: noi con le biciclette che liberavamo la piazza. Ci mettevamo li', bloccavamo l'entrata delle macchine e la gente ci applaudiva, era una cosa spettacolare, iniziata nell'84 e durata un paio d'anni. Un'altra cosa che ricordo e' del 1987, nel febbraio, quando con delle barchette, alle 4 di mattina, abbiamo cercato di bloccare la nave che trasportava ogni giorno duemila tonnellate di fanghi Montedison, carichi di fosforo, per scaricarli al largo del Lido. Una mattina abbiamo tentato di bloccarla, doveva partire alle 5 ed e' partita invece con mezz'ora di ritardo; e' partita si', ma dopo qualche mese il ministro De Lorenzo ha dovuto revocare il permesso di scarico a mare, cosi' Montedison e' stata costretta a riciclare i fosfogessi. Questa e' stata forse la battaglia piu' grossa, abbiamo rischiato di morire, una barca, speronata dalla nave, stava per affondare... Loro ci hanno denunciato per blocco navale e invece sono stati condannati per tentato omicidio! Un'altra bellissima soddisfazione e' invece recentissima, la marcia "Centomila passi per la montagna e le sorgenti" per salvare la valle di Schevenin: arrivare a Venezia dopo questa lunga marcia e andare con la delegazione in Consiglio regionale per sentire che la Giunta non avrebbe autorizzato la miniera. C'e' gente che mi ferma per la strada, come un mio amico l'altro giorno, per dirmi "Ho sentito dire che hai fatto un miracolo, salvare la valle, quando era gia' data per spacciata". La gente si sta passando la parola di una battaglia "impossibile", dato che la valle era segnata, sarebbe scomparsa per la "miniera" (ma fanno finta di cercare un "minerale", il sale magnesiaco, in realta' portano via pietra; e' una finta miniera, in realta' una cava). E' stata una battaglia epica, vinta con la nonviolenza. E' iniziato tutto l'anno scorso quando si discuteva di come salvare la valle, dato che iniziative tipo le firme erano gia' state fatte (ne avevano raccolte e spedite in Regione oltre ottomila) ma senza nessun risultato concreto. Quindi mi sono detto: allora bisogna fare qualcosa che li commuova. L'ho proposta l'11 novembre scorso, in occasione della Palantina, una grande manifestazione in difesa della montagna: "Facciamo due giornate di cammino, 80 km". C'erano 600 persone che mi hanno guardato come se fossi matto, anche se pero' avevo visto che gia' alcune (una quarantina) mi avevano dato il nome per dire: "io la faccio". Poi c'e' stata l'assemblea del paese, con una lunga discussione, c'era qualcuno incerto o contrario. Ma ad un certo punto, una signora si e' alzata in piedi e ha detto: "io la faccio tutta". Allora abbiamo chiesto quante altre persone l'avrebbero fatta veramente e, incredibile!, hanno alzato la mano quasi tutti i presenti (tranne quelli che proprio non potevano perche' lavoravano e cose di questo tipo). Tra l'altro in quella valle si ricordavano di me perche' quando ero stato consigliere regionale nell'85 avevo fatto una battaglia con loro, perche' non prelevassero ancora acqua dalla sorgente. Mi ricordavo che era una valle splendida, ma non conoscevo piu' nessuno se non il gestore del bar ("Bar speranza"!) che mi ha fatto da ponte e con questo filo ho potuto lanciare l'idea della marcia. Adesso se vado a Schevenin mi danno la cittadinanza onoraria. Ma di battaglie e di bei ricordi e soddisfazioni ce ne sono tanti. Per esempio anche il comitato antinfortunistico alla centrale Enel, che non ha piu' fatto morire nessuno di cui ti ho parlato prima. Dopo lo sciopero ci portarono a Milano alla sede dell'Assolombarda ed eravamo in tre o quattro operai a trattare; i sindacalisti non avevano nemmeno il diritto di parola perche' erano stati contrari a quel tipo di sciopero e tutti sapevano quindi che contavano nulla. E sono lotte che ti danno soddisfazione non perche' hai vinto, ma perche' hai ottenuto cose reali, hai salvato della gente che era previsto che morisse, perche' loro avevano preventivato, per quel cantiere, un numero di morti, era nel budget. E ancora, chi c'e' al vertice europeo della raccolta differenziata? Il Veneto, col 50%. E ci sono province al 70%. E' un risultato dell'anno e mezzo in cui sono stato assessore regionale all'ambiente: nel '93 c'era l'emergenza rifiuti in mezzo Veneto, come ora a Napoli, c'erano rifiuti per le strade perche' le discariche stavano esaurendosi e intanto maneggiava gia' il partito degli inceneritori. Ho messo un aut-aut: sono andato nei comuni, ho riunito i sindaci e ho detto: "O entro un mese (mi ricordo anche la data, entro il primo aprile, e infatti dicevano che era uno scherzo, il pesce d'aprile) voi iniziate la raccolta secco/umido e portate l'umido negli impianti di compostaggio (che c'erano gia', erano privati) facendo del secco tutta la raccolta che potete, oppure il rifiuto di ciascun comune rimane in quel comune, da tenere in piazza davanti alla chiesa perche' nessuno avra' il permesso di portare i suoi rifiuti neanche nel comune vicino". Mi hanno preso per pazzo, ma intanto e' partita la raccolta secco/umido e l'emergenza e' finita in due settimane. Poi in alcuni comuni e' nata la raccolta "porta a porta" e anche quella sembrava una follia ("tolgono i cassonetti, ci troveremo la spazzatura in tutti i fossi!"), il primo ad avviarla e' stato un assessore di Dolo, che era un insegnante, mio amico. Poi anche questa cosa si e' diffusa e, in due mesi, alcune zone sono passate dal 10 al 60%. Ne ho parecchie di soddisfazioni... oltre al fatto che sto per festeggiare i 35 anni di matrimonio! 2. DOCUMENTI. DALL'ASSEMBLEA DI BOLOGNA DEL 2 MARZO 2008 NASCE UNA RETE DI DONNE E UOMINI PER L'ECOLOGIA, IL FEMMINISMO E LA NONVIOLENZA [Crediamo di far cosa utile riproponendo ancora il documento conclusivo dell'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 (per contatti coi promotori: Michele Boato: micheleboato at tin.it, Maria G. Di Rienzo: sheela59 at libero.it, Mao Valpiana: mao at nonviolenti.org), gia' apparso nelle "Notizie minime della nonviolenza in cammino"] Dall'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 nasce una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza. * Ci siamo incontrati in molti, da tutta Italia, per dare assieme una risposta all'abisso che divide il Palazzo dalla popolazione, per uscire dalla subalternita' e dal fatalismo del "non si puo' fare nulla" contro le continue guerre, le devastazioni ambientali, il maschilismo e i fondamentalismi che negano la dignita' di tutti gli esseri umani, le mafie e il razzismo, le sopraffazioni e le ingiustizie. Ci siamo detti che, sulle questioni piu' importanti, come la partecipazione anticostituzionale dell'Italia alla guerra in Afghanistan, lo scandalo della Tav, del Mose, dei rigassificatori e degli inceneritori, dell'incremento dissennato del trasporto aereo e delle autostrade, la provocazione della nuova base militare Usa a Vicenza e delle testate nucleari a Ghedi ed Aviano, il razzismo, l'informazione negata, la corruzione e le complicita' con i poteri criminali, i governi di destra e di centrosinistra non hanno mostrato grandi differenze. * Percio' noi, che facciamo parte dell'arcipelago di comitati, associazioni, movimenti e persone che non si sono stancate di lottare contro le ingiustizie, le guerre e le violenze (anche contro gli amici animali), il razzismo e le mafie, il maschilismo e la devastazione delle relazioni umane e della biosfera, e ci sforziamo di realizzare una societa' e una vita piu' amichevole e piu' sana, fuori dall'ossessione consumistica e dall'invasione dei rifiuti, in armonia con la natura e nella difesa dei beni comuni, come nostra sorella acqua, abbiamo deciso di riprendere il cammino iniziato con la nonviolenza di Aldo Capitini e Maria Montessori, il socialismo libertario di Rosa Luxemburg e Lelio Basso, l'anti-autoritarismo del '68, il femminismo che dagli anni '70 illumina le nostre vite, l'ecologismo di Laura Conti e Alex Langer e del primo arcipelago verde. * Per costruire, con un metodo basato su comunicazione, concretezza, inclusione, democrazia dal basso e rispetto reciproco: - una rete che colleghi e rafforzi le moltissime esperienze locali, e, partendo da esse, prepari anche una presenza diretta del movimento nella politica anche istituzionale, attraverso la costruzione di liste pulitissime, fatte da uomini e donne coraggiose, disinteressate, nonviolente e competenti; - un programma che, uscendo dal "pensiero unico" di sviluppo e crescita, si basi su: 1. decrescita e ricerca del benessere nella sobrieta'; 2. energia solare, risparmio e bioarchitettura per diventare indipendenti dai combustibili fossili, dal ricatto nucleare e dalle emissioni di gas serra e di polveri cancerogene; 3. difesa della democrazia e suo ampliamento verso i referendum locali e il potere dal basso; 4. smilitarizzazione del territorio, con riduzione delle spese militari, abbandono di armamenti offensivi e basi Usa - nucleari e non -, creazione di un corpo civile di pace europeo; 5. societa' accogliente, solidale e aperta alle diversita', nel rispetto delle regole di convivenza e solidarieta', con un forte impegno per i diritti delle donne e contro la violenza su di esse; con un particolare impegno all'educazione al genere ed al rispetto tra i generi; un impegno alla lotta contro la violenza di genere e all'analisi di genere di ogni progetto; apertura alle varie culture, ma ne' tradizioni ne' ideologie possono essere usate per negare alle donne i loro diritti umani. * Con regole di comportamento comuni che: 1. impediscano la politica come professione e come strumento di arricchimento; 2. instaurino un confronto diretto sistematico tra elettori ed eletti; 3. pratichino il principio del 50% di presenza femminile in ogni sede istituzionale; 4. applichino la scelta della nonviolenza anche nel linguaggio. * Constatando che la precipitazione della crisi di governo impedisce materialmente la presentazione di queste liste alle prossime elezioni (con la conseguenza di diverse scelte, dal voto per il "meno peggio" di quello che i partiti di centro e di sinistra propongono, alla disponibilita' di candidarsi nella lista civica "Per il bene comune", fino all'astensionismo attivo) l'assemblea ha deciso di mettere le basi per la rete utilizzando anche a questo scopo il quotidiano telematico "La nonviolenza e' in cammino"; aprendo la lista di discussione "Donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza" con l'aiuto tecnico della rete di Lilliput; riconvocandosi subito dopo le elezioni, sabato 19 aprile dalle ore 10 alle 17, ancora a Bologna, nella stessa sala sindacale della stazione ferroviaria, per decidere un programma, iniziative e ulteriori strumenti di lavoro comuni. * Per informazioni, adesioni, contatti: Michele Boato: micheleboato at tin.it, Maria G. Di Rienzo: sheela59 at libero.it, Mao Valpiana: mao at nonviolenti.org ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 158 dell'11 marzo 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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