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La domenica della nonviolenza. 154
- Subject: La domenica della nonviolenza. 154
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 9 Mar 2008 10:50:55 +0100
- Importance: Normal
============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 154 del 9 marzo 2008 In questo numero: Alcuni estratti da "I lager nazisti" di Alessandra Chiappano (parte prima) LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "I LAGER NAZISTI" DI ALESSANDRA CHIAPPANO (PARTE PRIMA) [Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti (scelti da Riccardo Terzi) dal libro di Alessandra Chiappano, I lager nazisti. Guida storico-didattica, Giuntina, Firenze 2007, con prefazione di Brunello Mantelli. Alessandra Chiappano (Genova, 1963), storica, docente e saggista, responsabile della sezione didattica dell'Istituto nazionale per la storia del movimento di Liberazione in Italia (Insmli) e della Fondazione "Memoria della deportazione" di Milano, ha curato la formazione per studenti e insegnanti che avrebbero successivamente visitato i lager nazisti; ha curato molteplici volumi dedicati all'approfondimento e allo studio della Shoah e della deportazione. Tra le opere di Alessandra Chiappano: (con Fabio M. Pace), Shoah. Documenti, testimonianze, interpretazioni, Einaudi Scuola, 2001; (con Fabio Minazzi), Le storie estreme del Novecento, Miur 2002; (con Fabio Minazzi), Il presente ha un cuore antico, Thelema, 2003; Il '68 e dintorni, 2005; (con Fabio Minazzi, a cura di), Pagine di storia della Shoah. Nazifascismo e collaborazionismo in Europa, Kaos, Milano 2005; (con Fabio Minazzi), Il paradigma nazista dell'annientamento. La Shoah e gli altri stermini, Giuntina, Firenze 2006; I lager nazisti. Guida storico-didattica, Giuntina, Firenze 2007; La Shoah, Unicopli, Milano 2008; (con Fabio Minazzi), Il ritorno alla vita e il problema della testimonianza, La Giuntina, Firenze 2008. Brunello Mantelli, storico, docente, saggista, e' docente di storia contemporanea all'Universita' di Torino; e' stato visiting professor presso l'Universita' di Potsdam e presso la Ludwig-Maximilian Universitaet di Monaco di Baviera; fa parte del comitato scientifico della Fondazione "Memoria della Deportazione" di Milano, del comitato scientifico dell'"Istituto per la storia della Resistenza e della societa' contemporanea" di Alessandria, e del comitato di consulenza del Museo della Deportazione di Prato; e' membro dell'Arbeitsgemeinschaft fuer die neueste Geschichte Italiens, e della Societa' per gli Studi di Storia delle Istituzioni; ha fatto parte del direttivo della Sissco, di cui e' socio dalla fondazione; con Nicola Tranfaglia coordina la ricerca sulla deportazione dall'Italia nei campi di sterminio nazisti (promossa dall'Associazione nazionale ex deportati nei campi di sterminio nazisti- Aned, sviluppata nell'ambito del Dipartimento di Storia dell'Universita' di Torino, con l'obiettivo di costruire un atlante biografico dei 37.000 deportati dall'Italia e delle loro vicissitudini nell'universo concentrazionario nazionalsocialista. Si occupa in particolare di storia comparata dei fascismi, di storia delle relazioni italogermaniche e di storia della Germania contemporanea. Tra le opere di Brunello Mantelli: a) volumi: (con Domenico Carosso, Cristiana Cavagna, Dino Invernizzi), Immagini da una crisi. La Singer di Leini', Milano, Feltrinelli, 1980; (con Cesare Manganelli), Antifascisti, partigiani, ebrei. I deportati alessandrini nei campi di sterminio nazisti 1943-1945, Milano, Angeli, 1991; "Camerati del lavoro". L'arruolamento di lavoratori italiani per il Terzo Reich nel periodo dell'Asse 1938-1943, Firenze, La Nuova Italia, 1992; La nascita del fascismo, Milano, Fenice 2000, 1994; Il regime fascista, Milano, Fenice 2000, 1995; Il fascismo e la guerra, Milano, Fenice 2000, 1995; (con Cesare Bermani e Sergio Bologna), Proletarier der Achse. Sozialgeschichte der italienischen Fremdarbeit in NS-Deutschland 1937 bis 1943, Berlin, Akademie Verlag, 1997; Germania rossa. Il socialismo tedesco dal 1848 ad oggi, Torino, Theleme, 2001; Kurze Geschichte des italienischen Faschismus, Berlin, Wagenbach, 1998, 2004; I fascismi europei 1919-1945, Torino, Loescher, 2004; Da Ottone di Sassonia ad Angela Merkel. Societa', istituzioni, poteri nello spazio germanofono dall'anno Mille ad oggi, Utet, Torino 2006. b) curatele: (con Federico Cereja), La deportazione nei campi di sterminio nazisti, Milano, Angeli, 1986; (con Roberto Botta e Franco Castelli), La cultura delle classi subalterne fra tradizione ed innovazione, Alessandria, dell'Orso, 1988; (con Luigi Cajani, Una certa Europa. Il collaborazionismo con le potenze dell'Asse in Europa 1939-1945. Le fonti, n. 6 degli "Annali della Fondazione Luigi Micheletti", 1992 (in realta' 1994); (con Enzo Collotti), La Germania ed il contesto internazionale, numero monografico di "Trimestre. Storia - Politica - Societa'", anno XXXI (1998), nn. 1-2; L'Italia fascista potenza occupante: lo scacchiere balcanico, numero monografico (anno XXX, n. 1, giugno 2002) della rivista "QualeStoria"; (con Nicola Tranfaglia), Dizionario dei fascismi, Milano, Bompiani, 2002; (con Giovanna D'Amico), I campi di sterminio nazisti. Storia, memoria, storiografia, Milano, Angeli, 2003; Storia e storiografia della persecuzione antiebraica in italia ed in europa (1945-2000), numero monografico (anno XXXII, n. 2, dicembre 2004) della rivista "QualeStoria; Dizionario delle opere Bompiani, sezione Storiografia, revisione ed aggiornamento condotto con Nicola Tranfaglia, Milano, Bompiani, 2005. Fabio Maria Pace, docente, collaboratore della Fondazione "Centro di documentazione ebraica contemporanea", e' autore di numerose pubblicazioni sulla Shoah] Indice del libro Prefazione di Brunello Mantelli; Introduzione; L'universo concentrazionario nazista; Auschwitz e lo sterminio degli ebrei, di Fabio Maria Pace; Buchenwald; Dachau; Flossenbuerg; Fossoli; Mauthausen; Neuengamme; Ravensbrueck; La Risiera di San Sabba; Sachsenhausen; Glossario; Scheda sintetica sui campi non trattati; Bibliografia e sitografia; Indice dei nomi * Conoscere i Lager vuol dire comprendere piu' a fondo il nazionalsocialismo, di Brunello Mantelli (p. IX e sgg.) La galassia concentrazionaria creata dal regime nazionalsocialista si e' lentamente ma progressivamente imposta, con il trascorrere dei decenni che ci separano dalla seconda guerra mondiale, come uno dei passaggi cruciali che hanno scandito la storia del XX secolo, e come una caratteristica tanto fondante quanto strutturale del fascismo radicale giunto al potere il 30 gennaio 1933, allorche' il suo leader Adolf Hitler fu nominato cancelliere tedesco dal presidente della Repubblica, il vecchio generale, monarchico e conservatore, Paul von Hindenburg. I luoghi dove sorsero i Lager, termine generico diventato nel corso del tempo sinonimo, come vedremo, di realta' concentrazionarie anche molto diverse tra di loro, e dove ora operano i Musei della Memoria (Gedenkstaetten) sono cosi' diventati meta di un incessante pellegrinaggio, quasi nuove cattedrali della modernita' visitate dalle generazioni postbelliche desiderose di comprendere e ricavare senso. Grazie all'iniziativa di molteplici istituzioni, dalle associazioni dei sopravvissuti (l'Aned in primo luogo) a non poche Regioni, Province, Comuni, nonche' alla sensibilita' di parecchi docenti degli istituti superiori, le visite ai Lager, o - per meglio dire - a quanto di essi rimane, si sono negli ultimi vent'anni moltiplicate, coinvolgendo, va da se', gruppi di giovani nati in anni sempre piu' distanti dagli eventi alle cui tracce fisiche si avvicinavano. Il progressivo crescere della distanza temporale ha del resto indotto le direzioni di quasi tutte le Gedenkstaetten a procedere a ristrutturazioni ed ammodernamenti delle sezioni museali e delle esposizioni destinate al pubblico, a cui e' necessario offrire e una maggior contestualizzazione e una piu' approfondita analisi degli eventi. Tanto piu' utile, percio', risulta una guida aggiornata dei campi di concentramento e di sterminio nazisti quale quella che qui si introduce, dovuta all'impegno su molteplici fronti di Alessandra Chiappano, ad un tempo docente impegnata, organizzatrice culturale, attenta lettrice di un gran numero di opere su questo o quell'aspetto della realta' concentrazionaria nazionalsocialista, ed infaticabile visitatrice delle Gedenkstaetten stesse, nella convinzione, pienamente condivisa da chi scrive, che solo la percezione fisica dei luoghi, delle estensioni, degli spazi renda possibile una comprensione un po' piu' precisa di cio' che vi si svolse. Prezioso, si diceva, questo testo per piu' di un motivo: prima di tutto perche' offre una panoramica di tutti i principali Konzentrationslager, indipendentemente dalla loro collocazione geografica. E' noto, infatti, che per motivi tanto logistici (la distanza fisica dai luoghi), quanto legati alle specificita' della deportazione dall'Italia, l'assoluta maggioranza dei viaggi di studio e delle visite private ha come meta Mauthausen e Dachau, mentre un flusso piu' ridotto ma comunque significativo si spinge fino ad Auschwitz. Assai meno visitati, ad esempio Buchenwald, Sachsenhausen, Flossenbuerg, Ravensbrueck, e pressoche' del tutto ignorate realta' come Neuengamme, Stutthof, Grossrosen e cosi' via. Risulta percio' assai utile per il visitatore un testo che gli fornisca non solo informazioni sul campo che sta visitando ma altresi' su tutti gli altri. In secondo luogo, e' quanto mai opportuno spiegare come si stia visitando non il Lager cosi' come era allora, ma soltanto una serie di tracce, segnali, rovine coeve e manufatti successivi, un "luogo della memoria", insomma, per comprendere il quale occorre far reagire la concretezza della percezione visuale e fisica dei resti e delle successive inserzioni con la profondita' che solo la narrazione storica puo' dare. Ci sono percio' molti buoni motivi perche' quest'opera abbia successo, e finisca in gran parte, come e' nelle speranze dell'autrice, nelle mani di lettori non professionali ma semplicemente desiderosi di comprendere meglio e cio' che stanno vedendo, e le radici di uno spaventoso meccanismo che travolse alcuni milioni di esseri umani; proprio per questo mi pare opportuno approfittare dello spazio di questa introduzione per cercare di dissipare alcuni tra i piu' tenaci luoghi comuni che sui Lager nazisti continuano a persistere. Esprimero' per brevita' in forma di tesi, ciascuna accompagnata da un sintetico commento, alcune questioni a mio giudizio essenziali. a) Il sistema dei KL non sorge allo scopo di perseguitare gli ebrei; fermo restando che quest'ultimi erano fin dalla chiamata al potere di Hitler vittime designate del regime, si deve parlare di due ben distinti sistemi persecutori, che solo ad un certo momento (nel 1938) si intersecano. I KL vengono creati allo scopo di colpire gli oppositori politici, gli antinazisti delle piu' diverse tendenze. Se prima del 1938 degli ebrei vengono imprigionati in KL, cio' accade perche' essi sono accusati di far parte dell'opposizione. Sono cioe' colpiti "per quello che fanno", non "per quello che sono", distinzione a mio giudizio fondamentale per comprendere l'articolarsi delle persecuzioni hitleriane. Dal 1933 al 1938 la persecuzione degli ebrei in quanto tali passa per altre vie, dalle norme discriminatorie al boicottaggio all'emarginazione, senza trascurare violenze di piazza quali quelle che si verificheranno nel 1938 e che porteranno, come si e' detto, alla detenzione nei KL anche di ebrei, questa volta arrestati in quanto tali. b) Per il Terzo Reich il concetto di "oppositore" si dilato' progressivamente: se fino al 1936 erano giudicati tali soltanto coloro che facevano parte di gruppi politici organizzati, di matrice prevalentemente comunista, socialdemocratica e sindacale, da allora in poi la repressione prese di mira anche i cosiddetti "oppositori sociali", coloro cioe' che non si comportavano secondo i dettami del "buon tedesco" cosi' come erano definiti dal regime: vagabondi, persone senza fissa dimora, zingari e cosi' via. Dal 1939, poi, vennero coinvolti nelle deportazioni in KL anche persone residenti nei territori progressivamente occupati dalla Germania nazista e l a cui attivita', politica o d'altro genere, fosse considerata pericolosa dai rappresentanti locali delle autorita' di Berlino. c) I KL non erano finalizzati fin dal primo giorno alla messa di disposizione del regime di manodopera schiava: per una prima, lunga, fase il lavoro forzato nei Lager aveva un carattere meramente punitivo ed afflittivo; serviva cioe' a stroncare la capacita' di resistenza del prigioniero ed a umiliarlo; nella seconda meta' degli anni Trenta l'apparato SS avrebbe poi cercato di servirsene per costruire una propria rete di imprese, ma ripetuti tentativi in tal senso sarebbero falliti per la netta opposizione delle imprese private. Fu solo dalla primavera del 1942, in seguito all'inaspettato prolungarsi del conflitto sul fronte orientale, che i deportati in KL, il cui numero era assai cresciuto proprio per lo svilupparsi dei movimenti di Resistenza ed il connesso estendersi delle repressioni nell'Europa occupata dalla Wehrmacht, vennero organicamente presi in considerazione come manodopera schiava ed il loro ruolo divenne significativo per l'economia di guerra del Terzo Reich. d) Non furono i KL le installazioni tramite cui il Terzo Reich realizzo' la distruzione degli ebrei d'Europa (la Shoah): avviata, come e' noto, nell'estate del 1941, in coincidenza con l'aggressione all'Urss, che assunse ben presto i caratteri di una vera e propria guerra di annientamento, la distruzione degli ebrei d'Europa raggiunse il suo acme nel biennio 1942-43; lo sterminio avvenne tramite piu' modalita', dalla carestia e dalle epidemie indotte nei ghetti in cui gli ebrei dell'Europa orientale erano stati rinchiusi poco dopo l'arrivo delle truppe tedesche, ai massacri attuati, nelle retrovie del fronte orientale, da unita' speciali di polizia e della SS (Einsatzgruppen; ma un apporto significativo venne anche da reparti delle Waffen SS, della Wehrmacht, e delle milizie collaborazioniste attive nei territori occupati) alle uccisioni di massa tramite l'uso di camere a gas in apposite installazioni anch'esse concentrazionarie e dipendenti dall'apparato SS ma del tutto distinte, sul piano dell'organizzazione e dell'amministrazione dai KL, tanto che la storiografia postbellica ha convenuto di denominarle Vernichtungslager (campi di sterminio immediato, abbreviati in VL); si tratta di strutture i cui nomi, con un'importante eccezione che vedremo fra poco, sono assai meno noti al grande pubblico: Belzec, Chelmno, Maly Trostinec, Sajmiste, Sobibor, Treblinka. Situati i primi e gli ultimi due nella Polonia orientale, il quarto in Serbia ed il terzo in Bielorussia, aree tutte occupate dalle forze del Terzo Reich, per uccidere vi si fece uso dei gas di scarico emanati da potenti motori diesel e fatti affluire in stanzoni preventivamente resi stagni, per l'appunto le camere a gas, nonche' dei cosiddetti "Gaswagen", autocarri modificati affinche' i gas di scarico penetrassero nel cassone, ermeticamente chiuso, dove erano stati precedentemente ammassati esseri umani. Dal 1942 al 1943 i VL funzionarono senza posa, uccidendo senza discriminazione alcuna adulti e bambini, giovani e vecchi, uomini e donne. Poi, nel corso del 1943 (in qualche caso con prolungamenti fino al 1944), questi campi di morte immediata vennero chiusi, in parte perche' l'obiettivo era stato in parte notevole raggiunto: gran parte delle comunita' ebraiche dell'Europa centro-orientale era stata distrutta, in parte perche' l'andamento della guerra, non favorevole alla Germania nazista ed ai suoi alleati, costringeva a porre in primo piano, come gia' si e' detto per i KL, la questione della manodopera. Alla chiusura segui' uno smantellamento radicale: per questo nei luoghi dove quei VL erano sorti non e' rimasto praticamente piu' nulla, se si escludono i monumenti commemorativi fatti costruire in seguito. Non per questo la Shoah ebbe fine: si sarebbe semplicemente passati dal massacro indiscriminato alla "scrematura" (selezione) di coloro che, giovani adulti, potessero essere utili come schiavi. Venne quindi al centro un campo che gia' dal 1942 aveva rappresentato una sorta di saldatura, di punto di congiunzione tra sistema dei KL e sistema dei VL: Auschwitz, in Slesia, il cui nome sarebbe in seguito diventato il simbolo di tutta quanta la macchina concentrazionaria e sterminatrice nazionalsocialista. Lo sterminio degli ebrei d'Europa sarebbe proseguito, nella forma appena ricordata e fino al 27 gennaio 1945, proprio li', e per qualche tempo nel 1944 anche nell'analoga installazione ad un tempo concentrazionaria e sterminatoria di Majdanek, nei pressi di Lublino. e) Auschwitz rappresenta pertanto l'incrocio di due distinti sistemi repressivi ed oppressivi: il sistema dei campi di concentramento e quello della "soluzione finale"; nato come KL, il grande campo slesiano rimase tale nel suo piu' antico insediamento, chiamato Auschwitz I, mentre la successiva, gigantesca, estensione di Birkenau (Auschwitz II) riassunse in se' sia la funzione di KL che quella di VL. L'assoluta maggioranza degli ebrei dell'Europa occidentale fu deportata cola'; nei casi italiano ed ungherese, dove la Shoah prese avvio solo dopo rispettivamente il settembre 1943 e il marzo 1944, cio' vale per la totalita' dei deportati membri delle due comunita' ebraiche. Quanto e' stato appena sottolineato non e' contraddetto dalla presenza di ebrei in KL nella fase conclusiva della guerra; una quota non irrilevante di ebrei ungheresi, giudicati abili al lavoro, fu infatti trasportata nel corso del 1944 in territorio tedesco, nonostante pochi mesi prima il Reich fosse stato ufficialmente dichiarato "judenfrei" (totalmente liberato dagli ebrei), ma sull'ideologia ufficiale avrebbero fatto premio, di li' a poco, le esigenze della produzione di guerra; altri deportati ebrei sarebbero giunti nei KL dopo l'evacuazione di Auschwitz di fronte all'avanzare dell'esercito sovietico, altri ancora (un gruppo particolarmente ridotto, quest'ultimo, composto in parte di deportati catturati nella fase finale del conflitto) sarebbero finiti in KL per scelte specifiche compiute dalle autorita' germaniche, che intendevano servirsene come merce di scambio. f) I KL furono sicuramente luoghi di morte di massa, ma - a differenza dei VL! - non di sterminio tramite camere a gas: nel corso della guerra in alcuni KL vennero costruite e talvolta utilizzate camere a gas, destinate specificamente all'eliminazione fisica di quei deportati non piu' in grado di lavorare per esaurimento, denutrizione e malattie, ma la stragrande maggioranza delle vittime peri', in percentuali tragicamente alte (si tenga conto che si trattava in prevalenza di uomini e donne nel fiore degli anni!), per fame, deperimento, morbi in quelle condizioni micidiali come il tifo o la dissenteria. g) Ben lungi da rappresentare l'unico tipo di campo di concentramento utilizzato dalla Germania nazista, i KL vennero affiancati da analoghe, anche se meno conosciute, strutture destinate a creare negli strati meno controllabili della popolazione un clima di terrore: un esempio significativo e' quello della rete degli Arbeitserziehungslager (campi di rieducazione al lavoro, abbreviati in AEL), direttamente controllata dalla polizia politica (Gestapo) e destinati ad accogliere lavoratori, in prevalenza giovani, che si dimostrassero riottosi alle norme imposte dal regime. La detenzione in AEL, dove si era inviati, cosi' come avveniva per la deportazione in KL, su decisione autonoma della Gestapo stessa, era di norma a tempo determinato e durava poche settimane, ma le condizioni avevano poco da invidiare a quelle vigenti nei KL. h) Non furono i KL ad accogliere i militari italiani disarmati e catturati dopo l'8 settembre 1943, gli "Internati militari italiani" (Imi), come furono definiti per decisione delle autorita' politiche e militari di Berlino; essi finirono in specifici campi di prigionia controllati dall'apparato militare germanico, i cosiddetti "Oflag" (campi per gli ufficiali) e "Stalag" (campi per sottufficiali e truppa); cio' non era di per se' contrario al diritto internazionale, che pero' fu gravemente violato (come in precedenza lo era stato dallo spaventoso trattamento inflitto dai tedeschi ai militari sovietici catturati nel corso della guerra sul fronte orientale) sia per il mancato riconoscimento agli italiani della qualifica di "prigionieri di guerra", privandoli cosi' della tutela da parte della Croce Rossa Internazionale di Ginevra, sia per il loro impiego come manodopera coatta in mansioni proibite dalle convenzioni internazionali, sia infine per le durissime condizioni di vita con cui gli Imi furono costretti a fare i conti. Ovviamente cio' non esclude che una certa percentuale di Imi sia stata deportata in KL, ma, con una sola eccezione che riguarda il KL di Dora, dove un gruppo di Imi provenienti dai Balcani fu inviato senza tappe intermedie, di solito si tratto' di una misura punitiva che sanzionava comportamenti non conformi alle norme draconiane stabilite dalle autorita' nazionalsocialiste. i) Analogamente, non furono i KL ad accogliere persone rastrellate in Italia dopo l'8 settembre ed inviate in Germania per essere impiegate come lavoratori coatti; esse furono in genere acquartierate in campi ed installazioni sorvegliate, di solito, dalla polizia di fabbrica dell'azienda che si serviva di loro, ma che non avevano nulla a che fare con i KL veri e proprii. Ancora una volta, cio' non esclude che lavoratori coatti, singolarmente od in gruppi, siano stati deportati in qualche KL, ma anche in questo caso cio' va interpretato come una misura punitiva verso irregolarita', che potevano andare dal tentativo di fuga al cercare di fingersi ammalati e financo al rifiuto delle mansioni assegnate. Come ogni tipologia, anche quella che propongo ha in qualche misura un valore idealtipico ed un'intrinseca staticita'; nel corso del tempo, infatti, ed in particolare con l'evolversi degli eventi bellici, il quadro muto', come ho cercato di accennare, in maniera significativa. Va da se' che le distinzioni che ho introdotto non cambiano in alcun modo un giudizio di natura etica che non puo' non rimanere pesantemente negativo, tuttavia, come ha scritto ormai parecchi anni fa Tim Mason, storico dei fascismi immaturamente scomparso, per combattere a fondo un nemico bisogna conoscerlo bene. Ed il nazionalsocialismo un nemico dell'umanita' lo e' stato senz'ombra di dubbio. Torino, 7 ottobre 2006 Brunello Mantelli * Introduzione (p. 1 e sgg.) Questo volume e' nato dall'esperienza di questi ultimi anni nell'ambito dell'organizzazione dei viaggi della memoria, che stanno diventando sempre piu' numerosi anche nel nostro paese. Non si tratta ovviamente di una monografia esaustiva sui campi, vuole semplicemente offrire ad insegnanti, studenti, educatori, operatori un ausilio per comprendere la realta' concentrazionaria. Infatti molte persone si recano ogni anno a visitare i luoghi della memoria, ma spesso non dispongono delle conoscenze di base per capire il luogo che si accingono a visitare. Eppure in un'epoca in cui i testimoni si avviano a scomparire, i luoghi necessariamente acquistano una importanza sempre piu' consistente, ma non sempre essi si prestano ad una lettura facile. Occorre tenere presente che essi non solo hanno subito le trasformazioni imposte dal passare inesorabile del tempo, ma sono stati oggetto dell'interpretazione che il potere politico vi ha impresso, funzionale alla sua lettura della storia; cosi' molti Lager che si trovavano nell'ex-Ddr mostrano, ancora oggi, le tracce di una lettura che privilegiava la lotta eroica compiuta dall'Armata Rossa e dai resistenti comunisti contro il nazismo: tutte le altre categorie di vittime erano trascurate o ignorate. L'attenzione nei confronti dei luoghi della memoria comincia a crescere soprattutto negli anni Ottanta, ma si tratta di una riflessione che coinvolge soprattutto gli studiosi e le organizzazioni che presiedono alla gestione e alla conservazione dei differenti luoghi. Nel corso degli anni Novanta, soprattutto in Germania e in Austria, si assiste ad un intenso lavoro che portera' alla trasformazione di numerosi memoriali, che vengono sottoposti a importanti lavori di riqualificazione e alla creazione di allestimenti museali che permettano una migliore comprensione dei luoghi e piu' in generale della realta' concentrazionaria nazista. Si tratta di un processo evolutivo che e' tuttora in atto e che ha dato risultati diversi da campo a campo. Parallelamente nasce una didattica dei luoghi; essa si afferma partendo dalla constatazione che dalla visita al luogo, cosi' come dall'incontro con i testimoni, gli studenti sembrano sviluppare una maggiore attenzione nei confronti della deportazione e della realta' concentrazionaria. Su questi temi specifici sono stati organizzati numerosi seminari internazionali anche in Italia e attraverso le riflessioni degli insegnanti, che si sono confrontati con le guide che operano nei campi e con gli studiosi, e' emersa l'importanza di una preparazione seria della visita ad un luogo di memoria: molte volte gli studenti, ma anche gli adulti, pensano ai campi avendo in mente le pagine della memorialistica, senza riflettere quanto il passare del tempo e gli interventi umani abbiano, di fatto, modificato il luogo. Occorre dunque avvicinarsi ai luoghi della memoria con grande attenzione, immergersi nel luogo e lasciare che i testimoni di pietra diventino testimoni parlanti. Questo volume non offre una sintesi e una descrizione di tutti i luoghi della memoria, si e' voluto restringere il campo ai Lager nazisti e ci si e' soffermati soprattutto su quelli che hanno registrato una notevole presenza di deportati italiani, che costituiscono poi la meta dei viaggi organizzati delle scuole o da differenti enti locali italiani, spesso in collaborazione con le associazioni di ex-deportati. Dopo un capitolo introduttivo in cui si analizza nel suo complesso la struttura concentrazionaria nazista, che era un elemento costitutivo del regime e che ha conosciuto una sua evoluzione nel tempo, e' stato dedicato un capitolo ad ogni campo. Oltre ad una breve storia del Lager stesso ci sono una serie di riferimenti sia sullo stato del campo oggi, sia sulle mostre allestite a cura delle diverse fondazioni. Si tenga conto che accanto a fondazioni che hanno compiuto un reale sforzo per divenire luoghi importanti non solo per le vestigia del passato, ma anche come centri di formazione e di riflessione sulla storia, altre devono ancora compiere questo cammino. In questi casi e' piu' accentuato l'aspetto commemorativo, ma risulta spesso carente quello didattico-esplicativo. Un discorso a parte va fatto anche per i campi situati in Polonia. Auschwitz-Birkenau e' il piu' grande Lager nazista, oggi simbolo dello sterminio di milioni di persone e della barbarie del regime nazista. Eppure la mostra allestita nelle baracche di Auschwitz I appare oggi antiquata e poco rispondente alle esigenze di un pubblico di visitatori sempre piu' vasto e variegato, cosi' come appaiono poco efficaci alcune delle mostre nazionali allestite nelle baracche. Degli altri campi situati in Polonia, dove furono sterminati in prevalenza gli ebrei polacchi, ci sono oggi pochissimi resti perche' essi furono distrutti dagli stessi nazisti, tuttavia in anni recentissimi sono state collocate delle lapidi commemorative che rendono almeno riconoscibili i luoghi e alcuni scavi "archeologici" sono stati effettuati a Belzec ed e' possibile visitare un piccolo museo a Sobibor. Per l'Italia l'analisi si e' concentrata su Fossoli e la Risiera di San Sabba, che rappresentano, insieme a Bolzano, i luoghi piu' emblematici per le deportazioni. Entrambi hanno conosciuto profonde modificazioni che rendono non sempre facile la visita, soprattutto per quel che riguarda Fossoli: il campo originario e' stato completamente distrutto dopo la guerra e utilizzato variamente. Oggi pero' sia presso la Risiera sia presso la Fondazione Fossoli sono stati attivati dei centri didattici che si prefiggono di far comprendere ai visitatori quello che e' accaduto in questi luoghi sessant'anni fa. * L'universo concentrazionario nazista (p. 7 e sgg.) Cenni sulla storia dei campi Il 30 gennaio 1933 Adolf Hitler divenne cancelliere. Il suo era un governo di coalizione, ma ben presto gli istituti democratici su cui si reggeva la Repubblica di Weimar furono distrutti e prese avvio la dittatura hitleriana. In realta', gia' dal 1930, i governi che si succedettero, rispettivamente quelli del cattolico Heinrich Bruening, (1930-1932) dell'aristocratico cattolico Franz von Papen (1932) e quello del generale Kurt von Schleicher (1932-1933) erano privi di una maggioranza parlamentare e si ressero grazie all'articolo 48 della Costituzione di Weimar, che permetteva al cancelliere di governare mediante decreti legge avallati dal Presidente della Repubblica. Va ricordato, in questo contesto, che von Papen il 20 luglio 1932 dichiaro' decaduto il governo a guida socialdemocratica della Prussia, uno dei Laender territorialmente piu' vasti, assumendo in prima persona il ruolo di Commissario: si trattava di un autentico colpo di stato che tuttavia non incontro' praticamente alcuna opposizione. Nelle elezioni che si succedettero, dal 1928 al novembre del 1932, la Nsdap registro' una serie di successi: in quelle del 1930, ottenne 107 seggi, diventando il secondo partito tedesco dopo quello socialdemocratico; nel luglio 1932 arrivo' a 230 seggi: Hitler aveva ottenuto il 37,4 dei consensi. Nelle elezioni che si tennero nel novembre 1932, per l'impossibilita' di von Papen di gestire una situazione politica sempre piu' incandescente, la Nsdap subi' invece una lieve flessione. In questa situazione, anche grazie alle pressioni di una parte della finanza e dell'imprenditoria tedesca, l'ormai anziano presidente Hindenburg, dopo il fallimento del governo Schleicher, affido' a Hitler l'incarico di formare un nuovo governo. L'avvenimento che permise ai nazisti di avviare una politica repressiva nei confronti degli oppositori e di eliminare la democrazia fu l'incendio del Reichstag, il parlamento tedesco, avvenuta nella notte del 27 febbraio 1933; Hitler accuso' i comunisti di aver ordito l'incendio, anche se probabilmente fu soltanto opera di Marinus van der Lubbe, un comunista olandese, e ne approfitto' per far votare una serie di leggi liberticide. Infatti subito, il 28 febbraio stesso, venne emanato un decreto presidenziale "per la difesa del popolo e dello stato": le limitazioni alla liberta' personale erano le basi per il consolidamento della dittatura. Il 5 marzo 1933 si tennero nuove elezioni e in un clima di violenze e intimidazioni il partito nazista ottenne il 43,9% dei consensi: la Nsdap non riusci' ad ottenere la maggioranza assoluta, ma si consolido' ulteriormente. Il 22 marzo venne aperto il primo campo di concentramento a Dachau. A tappe ravvicinate, il 23 e 24 marzo 1933, fu votata all'unanimita', con la sola opposizione dei socialdemocratici e in assenza dei deputati comunisti, che si trovavano o in carcere o erano alla macchia, avallata dal Zentrum, il partito cattolico che mirava in questo modo ad ottenere il Concordato con il Vaticano (effettivamente ratificato il 20 luglio 1933), la legge speciale che garantiva a Hitler il potere assoluto (Ermaechtigungsgesetz). * Auschwitz e lo sterminio degli ebrei, di Fabio Maria Pace (p. 29 e sgg.) Premessa Nella coscienza dell'umanita' Auschwitz rappresenta il simbolo piu' potente della barbarie nazista, il paradigma assoluto della brutalita' e della violenza del regime hitleriano. L'ingresso di Birkenau, con la torre e il binario, il cancello dello Stammlager, con la sua cinica iscrizione, sono le immagini che ognuno collega alla tragedia della deportazione e dello sterminio, anzi alla realta' del Lager in quanto tale. Lo stesso nome del campo e' diventato quasi sinonimo del nazismo e della guerra, venendo a indicare il radicale spartiacque della storia e della cultura che essi rappresentano: si parla cosi' di un "prima" e di un "dopo Auschwitz" come di due fasi separate della civilta'. Un punto di non ritorno, dunque, e una frattura nel corso millenario della storia. Tutto cio' e' comprensibile e giustificato: Auschwitz fu il Lager piu' grande, quello che provoco' il maggior numero di vittime, la piu' spaventosa macchina di morte che l'umanita' abbia conosciuto; e proprio da Auschwitz si sono levate le voci piu' alte della testimonianza e della riflessione, voci che tutti conoscono e che sono patrimonio condiviso della nostra cultura, da Primo Levi a Elie Wiesel, da Viktor Frankl a Jean Amery. Si e' cosi' arrivati, almeno nella percezione comune, a identificare Auschwitz con il Lager e ogni Lager con Auschwitz, in una sintesi estrema, tanto efficace sul piano simbolico quanto ingannevole su quello storico e quindi potenzialmente fuorviante per chi voglia accostarsi alla conoscenza di questo luogo in modo corretto. Auschwitz, in realta', e' un campo diverso da tutti gli altri e non solo per le dimensioni o il numero delle vittime, ma per la complessa vicenda storica che ne ha plasmato la struttura, sia durante la guerra sia, per altri versi, dopo. E' quindi nella storia che occorre "leggere" il campo, rinunciando alle omologazioni sbrigative e, fin dove possibile, sottraendosi alle suggestioni, pur importanti, che letterati, artisti, filosofi e teologi hanno alimentato. E l'analisi storica impone un primo dato fondamentale: Auschwitz e' il luogo dove sono stati sterminati gli ebrei dell'Europa occidentale (e, in parte, della Polonia), e' il luogo dell'assassinio di massa del popolo ebraico. Lo documenta con tragica evidenza il dato delle vittime: secondo stime recenti, esse sono 1.000.000-1.200.000, di cui 1.000.000-1.100.000 ebrei, una percentuale che supera il 90 per cento. Non si vuole con questo proporre una macabra contabilita' della morte ne' un'assurda gerarchia del dolore, ma indicare il dato storico fondamentale, alla luce del quale dev'essere considerata l'intera storia del campo (che pure, come si vedra', non si esaurisce nella prospettiva del genocidio ebraico). Per comprendere Auschwitz e' dunque indispensabile collocarne la vicenda nel quadro della persecuzione nazista degli ebrei, analizzando le tappe che condussero al genocidio del popolo ebraico. * Fossoli (p. 127 e sgg.) Generalmente, quando si pensa ai campi di concentramento, il riferimento immediato va alla Germania nazista. In realta', come hanno evidenziato studi molto recenti, anche l'Italia fascista ha avuto i suoi campi, tuttavia si tratta di una realta' poco conosciuta, anche a causa di una politica della memoria che ha sempre teso a sminuire le responsabilita' del fascismo e a sottolineare la brutalita' del regime nazista. Anche in Italia furono creati, come diretta conseguenza della guerra, dei campi per prigionieri di guerra e campi di internamento per ebrei stranieri e per gli slavi, il piu' noto e' quello di Ferramonti di Tarsia, presso Cosenza, dove furono rinchiusi per lo piu' ebrei stranieri. A partire dal 30 novembre 1943, quando divenne operativo l'ordine di polizia numero 5, emanato dalla Repubblica di Salo', ebbe inizio la cattura e la deportazione di ebrei. L'ordine di Buffarini Guidi, ministro dell'Interno della Repubblica fondata da Mussolini sul lago di Garda, era di riunire gli ebrei in campi di concentramento provinciali in attesa di essere riuniti in campi di concentramento speciali appositamente attrezzati. Infatti, secondo quanto era stato stabilito nella Carta di Verona, gli ebrei erano considerati nemici e pertanto dovevano essere internati in appositi campi. Furono quindi allestiti numerosi campi di polizia provinciali, da cui gli ebrei rastrellati venivano poi inviati essenzialmente verso due luoghi, deputati alla loro raccolta, prima che si raggiungesse un numero sufficiente per il trasferimento in Polonia o in Germania: Fossoli presso Carpi e la Risiera di San Sabba presso Trieste. Nell'ultima parte della guerra fu in funzione il campo di Bolzano-Gries. Questi campi non furono utilizzati soltanto come luoghi di internamento per gli ebrei, ma anche per coloro che venivano arrestati come oppositori politici, anch'essi destinati alla deportazione nei territori del Reich. Tuttavia, occorre ricordare che, mentre la Risiera era collocata in un territorio posto sotto la diretta amministrazione dei tedeschi, Fossoli, almeno all'inizio dipendeva dalla Rsi. Fossoli e la Risiera, insieme al campo di Bolzano-Gries, costituiscono forse i luoghi piu' emblematici per la storia della deportazione dall'Italia. Infatti il campo di Fossoli fu costruito nel 1942 come campo per prigionieri di guerra n. 73. La zona venne scelta perche' lontana da grossi centri, ma ben collegata da un punto di vista ferroviario. Individuata la localita' nel maggio 1942, ebbero subito inizio i lavori per costruire delle baracche in muratura; quando nel luglio cominciarono ad affluire i primi prigionieri di guerra, per lo piu' inglesi, si fece ricorso alle tende. Nel novembre del 1942 quello che sara' conosciuto come Campo vecchio era pronto: era composto da 93 edifici, 46 baracche per prigionieri, mentre le altre furono utilizzate come strutture di servizio: infermeria, uffici, magazzini. I prigionieri passarono cosi' nelle baracche in muratura e si diede subito inizio ai lavori di costruzione di quello che verra' definito Campo nuovo, composto da 15 baracche. Complessivamente il campo era in grado di accogliere fino a 5.000 prigionieri, mentre il personale del campo arrivava alle 500 unita'. Il campo per prigionieri n. 73 era gestito dall'esercito. Va ricordato che in base alla Convenzione internazionale dell'Aja del 1899, sottoscritta anche dall'Italia, i prigionieri godevano di un regime di vita accettabile. Infatti erano autorizzati ad organizzare partite di calcio, a ricevere pacchi contenenti vestiario e cibo e furono regolarmente visitati da funzionari della Croce Rossa. Dopo l'annuncio dell'armistizio, nella notte tra l'8 e il 9 settembre, le truppe tedesche circondarono il campo e se ne impadronirono. A partire dal 14 settembre i prigionieri inglesi vennero condotti alla stazione di Carpi e tradotti in Germania. Alcuni di essi grazie alla solidarieta' della popolazione locale riuscirono a sottrarsi alla deportazione e a darsi alla macchia. I soldati tedeschi alla fine di settembre abbandonarono il campo, ma come diretta conseguenza dell'Ordine di Polizia n. 5 si decise di utilizzare la struttura di Fossoli come campo di concentramento speciale per gli ebrei arrestati. Si tratto' in realta' di un campo di transito: un luogo dove gli ebrei, cosi' come i politici, sostarono prima di partire per ignota destinazione. Ufficialmente il campo venne aperto il 5 dicembre 1943 e fu posto alle dipendenze della Prefettura di Modena. Ci e' giunto un documento della Questura di Modena, redatto in data 29 dicembre 1943, indirizzato al Direttore del Campo di Fossoli, in cui si annunciava l'arrivo al campo di 827 ebrei provenienti da diverse localita'. I primi internati furono alloggiati nel Campo Vecchio, mentre le baracche del Campo Nuovo furono ristrutturate per poter ospitare anche nuclei famigliari. Dei vettovagliamenti doveva farsi carico il Comune di Carpi. I prigionieri aumentarono rapidamente in conseguenza delle numerose retate che i nazisti, con i loro alleati saloini, compirono in tutta Italia, tuttavia il campo non era ermeticamente chiuso e grazie ai lavoratori civili, che giravano per il campo, e al parroco di Carpi, i prigionieri poterono inviare notizie ai famigliari e comperare del cibo aggiuntivo. Dal gennaio 1944 cominciarono ad affluire a Fossoli anche le persone che erano state arrestate per motivi politici: essi prima di essere inviati a Fossoli furono rinchiusi nelle strutture carcerarie delle rispettive citta' e da li' tradotti nel campo. A febbraio il campo fu visitato da Friedrich Bosshammer, che si occupava dalla sua sede di Verona della deportazione degli ebrei dall'Italia. Il 19 febbraio parti' da Fossoli il primo treno diretto a Bergen Belsen, il 22 febbraio ne parti' un secondo con destinazione Auschwitz: con questo convoglio parti' anche Primo Levi, arrestato come prigioniero politico e che dichiaro' alle autorita' la sua origine ebraica, sperando di ottenere un trattamento migliore. A partire dal 15 marzo 1944 il campo passo' direttamente alle dipendenze dei tedeschi e alla direzione italiana fu imposto di trasferirsi nella zona del cosiddetto Campo Vecchio. Alla deportazione degli ebrei e dei politici, internati in zone separate dal Campo Nuovo, sovrintendeva l'Ufficio IV della Gestapo, nelle sue diverse articolazioni, per l'Italia il responsabile per i politici era Fritz Kranebitter, per gli ebrei Friedrich Bosshammer. (Parte prima - segue) ============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 154 del 9 marzo 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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