Minime. 383



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 383 del 3 marzo 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Mao Valpiana: Un vero evento politico
2. Fermare la guerra
3. Ali Rashid: Salviamola noi, subito, la pace in Palestina
4. Lorella Pica: "Que lindo estar aqui' con ustedes"
5. Andrea Cortellessa ricorda Michele Ranchetti
6. Massimo Raffaeli presenta l'"Autobiografia documentaria" di Renato Solmi
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. MAO VALPIANA: UN VERO EVENTO POLITICO
[Ringraziamo di tutto cuore Mao Valpiana (per contatti: mao at nonviolenti.org)
per aver generosamente scritto su nostra richiesta questa immediata breve
testimonianza personale dell'incontro del 2 marzo a Bologna, che
naturalmente "e' solo un primo commento personale, a caldo. Seguira' il
documento-verbale ufficiale".
Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della
nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come
assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel
Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come
metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di
coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa
della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione
Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al
servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla
campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione
della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario
nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione
diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per
"blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio
direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio
della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione
di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato
di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per
la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il
digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana
rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo
ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e
uomini ecologisti e amici della nonviolenza? Discutiamone il 2 marzo a
Bologna". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e
generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La
nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Minime" n.
255 del 27 ottobre 2007]

Non c'erano giornalisti ne' telecamere. I tiggi' non ne hanno parlato. Buon
segno. E' la prova certa che la nostra assemblea di Bologna non rientra nel
copione gia' scritto della recita elettorale a soggetto. Non siamo tra gli
attori protagonisti, ne' tra le comparse. Buon segno.
La sala era strapiena. Presenze da ogni regione del centro-nord (Piemonte,
Lombardia, Veneto, Friuli, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio).
Una cinquantina gli interventi che hanno dato vita ad un dibattito serio, di
ampio respiro, rispettoso, intenso.
Praticamente unanime l'idea della necessita' di una presenza anche politica
del movimento, ma tutti realisticamente coscienti che le condizioni
affinche' cio' possa avvenire sono da costruire. La volonta' emersa e'
quella di dare vita ad una rete, che si riconosca nella nonviolenza, che
espliciti la necessita' e la volonta' di crescere (a partire dalle realta'
locali) come soggetto politico indipendente, autonomo.
La strada e' lunga, in salita, non ci sono scorciatoie. Ma l'obiettivo e'
quello. Ci e' stato di conforto riscoprire che anche Aldo Capitini nel 1968
scriveva a Danilo Dolci della sua proposta "di presentarci alle elezioni
regionali con una lista di 'rivoluzione nonviolenta per la democrazia
diretta'... dovrebbero essere liste pulitissime, nonviolente. Andrebbero
preparate con un lavoro regionale, per farsi conoscere e per conoscere i
problemi locali... bisogna trovare le persone, nonviolente e concrete" (da
Aldo Capitini, Lettere a Danilo Dolci, in "Il Ponte", ottobre 1969, pp.
39-40).
Certo, i tempi e la situazione politica sono diversi. Ma l'indicazione di
una dimensione politica del movimento nonviolento-ecologista-femminista,
resta attualissima.
In queste elezioni tali liste non ci saranno. Prepararle con serieta' e con
un lavoro capillare, non sara' facile. Lavoriamo su tempi lunghi. Ma oggi a
Bologna e' stato fatto un passo in avanti.
Su come affrontare la scadenza del 13-14 aprile le opinioni erano piu'
diverse e sono emerse divergenze di valutazioni. Qualcuno si e' espresso
sulla necessita' di votare, scegliendo magari il meno peggio di quello che i
partiti di centro e di sinistra propongono, per fermare il fronte
populista-fascista. Qualcuno, per protestare contro queste elezioni truccate
e la politica del pensiero unico, ha proposta l'astensionismo attivo, una
campagna per il non voto. Altri hanno espresso disponibilita' a candidarsi
con liste civiche, per dare un segnale che spazi liberi, comunque, esistono
ancora.
Il clima dell'assemblea e' stato sempre positivo, di grande rispetto
reciproco. Tutti consapevoli che nessuno ha la verita', che ognuno porta il
proprio punto di vista, che ciascuno e' chiamato ad un impegno personale.
E' stata un'assemblea vera, dialogante e pensante. Si e' parlato e si e'
ascoltato. E ci si e' gia' dati un nuovo appuntamento, il 20 aprile nella
stessa sala sindacale della stazione di Bologna. Comunque vadano le
elezioni.
Oggi a Bologna c'e' stato un vero evento politico. Che contrasto con quelle
finte riunioni di partito che vediamo in tivu', dove uno solo parla e tutti
a sventolare bandiere e cartelli uguali, prestampati. Tanti elettori delusi
o disorientati, nemmeno possono immaginare che esistono ancora luoghi
aperti, includenti, accoglienti, dove si discute davvero, con passione
gratuita, di politica. Non possono saperlo perche' oggi a Bologna non
c'erano giornalisti ne' telecamere. I tiggi' non ne hanno parlato. Buon
segno.

2. EDITORIALE. FERMARE LA GUERRA

Fermare la guerra occorre.
Solo la nonviolenza puo' farlo.

3. RIFLESSIONE. ALI RASHID: SALVIAMOLA NOI, SUBITO, LA PACE IN PALESTINA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 29 febbraio 2008, col titolo "Salviamola
noi, subito, la pace in Palestina".
Ali Rashid e' stato a lungo il primo segretario della delegazione
palestinese in Italia; poi parlamentare italiano, eletto alla Camera dei
Deputati nelle elezioni dell'aprile 2006. Fine intellettuale di profonda
cultura, conoscitore minuzioso degli aspetti storici, politici, economici e
culturali della situazione nell'area mediorientale, esperto di questioni
internazionali, acuto osservatore della cultura e della societa' italiana e
protagonista dell'impegno civile e della cultura democratica nel nostro
paese. E' figura di grande autorevolezza per rigore intellettuale e morale,
ed e' una delle piu' qualificate voci della grande tradizione culturale
laica palestinese. Suoi scritti appaiono sovente nel nostro paese sui
principali quotidiani democratici e sulle maggiori riviste di cultura e
politica]

Tra incursioni dei carri armati e bombardamenti aerei continua da mesi
l'offensiva militare israeliana nei territori occupati palestinesi. Il
bilancio delle vittime e' molto alto, solo negli ultimi due giorni sono
caduti nella Striscia di Gaza 27 palestinesi, di cui molti civili, compresi
9 bambini, una di loro di appena cinque mesi. Il numero dei feriti sarebbe
il triplo. Mentre sto scrivendo, Al Jazeera parla di un nuovo raid aereo con
altre vittime.
Il premier israeliano Olmert minaccia di intensificare gli attacchi come
rappresaglia ai lanci dei missili artigianali Qassam da parte di Hamas
contro le cittadine israeliane prossime alla Striscia, sottolineando che
"nessuno di Hamas, dal piu' grande al piu' piccolo, puo' considerarsi al
sicuro". Un missile, infatti, ha sfiorato l'ufficio di Haniyeh, gia' primo
ministro del governo d'unita' nazionale.
Nei prossimi giorni, nonostante che settori della societa' israeliana
parlino di "trattare anche con Hamas", assisteremo ad un ulteriore salto
qualitativo nelle operazione militari israeliane e non solo contro la
Striscia di Gaza. Eventualita' che ha indotto Hussein di Giordania a recarsi
negli Stati Uniti per parlare del processo di pace con Bush. Di fronte alla
morte quotidiana seminata dall'esercito israeliano, con Hamas si sono
schierate le altre organizzazioni palestinesi, compreso il braccio militare
di Al Fatah. Cosa che rende ancora piu' difficile la posizione di Abu Mazen
che ha condannato piu' di una volta il lancio dei Qassam da parte di Hamas
chiedendone l'immediata cessazione per non fornire a Olmert e al ministro
della difesa Barak un pretesto per disimpegnarsi dalle dichiarazioni, assai
vaghe, della conferenza di Annapolis. Di piu' c'e' da dire che Olmert ha il
bisogno politico di far dimenticare la sconfitta militare subita da
Hezbollah nel 2006 in Libano. Si apre una fase delicata che potrebbe
allungare la vita del governo Olmert e offrire a Barak la possibilita' di
presentarsi come l'uomo forte, in grado di risolvere militarmente tutti i
problemi d'Israele, come del resto e' sempre avvenuto in passato.
La repressione militare non ha risparmiato altre zone come Nablus nel nord
della Cisgiordania, dove da mesi non s'erano registrate attivita' militari
dei palestinesi. Addirittura ieri ci sono state altre quattro vittime tra i
palestinesi, uccisi a sangue freddo da una pattuglia di soldati israeliani
mimetizzati da arabi com'e' accaduto spesso nell'Intifada. I caduti fanno
parte di Al Fatah, si tratta di giovani che hanno aderito al piano di Abu
Mazen e che si erano dissociati dalla resistenza armata. Un atto che viene
letto come un schiaffo al presidente palestinese e un ulteriore sfregio alla
sua credibilita'.
Hamas proprio a partire dal ruolo che gioca come unica forza che ha il
controllo di Gaza, avrebbe dovuto essere piu' responsabile e fare in modo di
risparmiare ogni nuova sofferenza inutile al suo popolo. Nella Striscia
sotto assedio da lunghi mesi ormai scarseggia tutto. Mancano i medicinali,
il cibo, quella poca acqua che c'e' non e' potabile, manca il carburante e
tutti i generi di prima necessita'. Per rappresaglia, l'esercito israeliano
ha distrutto tre anni fa la centrale elettrica mettendo a rischio il
funzionamento di tutto, dagli ospedali alle centrali di smaltimento dei
rifiuti che ormai dipendono dalle forniture di Israele. Gaza ormai e' una
grande prigione a cielo aperto. Un grande campo di concentramento
controllata "al microscopio", giorno e notte, attraverso satelliti e aerei
spia. Ad Israele non sfugge nulla e nessuno, e fa delle punizioni collettive
a largo o intenso spettro un uso sistematico, senza che nessuno intervenga o
dica nulla. Dov'e' l'Europa? E dove l'Italia? Nel silenzio della comunita'
internazionale i palestinesi - e non solo loro - avvertono una grave
complicita'. A differenza di quanto avviene qui, in quel mondo non molto
lontano, in Medio Oriente, centinaia di milioni di persone vedono in diretta
attraverso le tv satellitari non uno "spettacolo" ma una sofferenza ormai
fuori dalla soglia della narrabilita'. Queste immagini quotidiane, che e'
certo non aiutano il senso d'equilibrio, parlano invece del silenzio e
dell'omerta' che circondano questa tragedia. Tantopiu' che la ferita sempre
aperta della Palestina rappresenta il cuore delle altre crisi
internazionali, delle altre guerre e missioni militari che l'Occidente
conduce - in Iraq, in Afghanistan, in Libano - dopo l'11 settembre.
Si vuole azzerare ogni possibilita' di pace? Perche' ieri i missili
intelligenti dell'aviazione israeliana hanno colpito la clinica Medical
Relief, distruggendone anche l'unica ambulanza. Si tratta di una clinica
costruita anche grazie ad una campagna di solidarieta' sostenuta da "Il
manifesto" e promossa dall'Associazione Gazzella, fondata dalla nostra amica
Marina Rossanda e da Giancarlo Lannutti. Due compagni dei quali davvero
sentiamo tutto il peso della scomparsa per la loro passione per la pace in
Palestina. In questi giorni di campagna elettorale dove la questione della
pace e della guerra e' incredibilmente scomparsa dai programmi dei grandi
come dei piccoli partiti. Eppure anche la tragedia della Palestina come la
guerra in generale sono diventati il costante strumento politico nel governo
del mondo che abbiamo ereditato. Queste crisi dovrebbero ricordarci quanto
sia necessaria una forte affermazione della sinistra. E insieme ricordare
alla sinistra che l'impegno contro la guerra non e' un lusso o un belletto
dei programmi, ma un asse costante e rigoroso. Perche' allora non apriamo
una sottoscrizione in piena campagna elettorale per ricostruire la clinica
Medical Relief e riacquistare l'ambulanza distrutta. Cosi', almeno, la pace
contro la guerra potrebbe tornare ad essere utile anche alla nostra campagna
elettorale.

4. TESTIMONIANZE. LORELLA PICA: "QUE LINDO ESTAR AQUI' CON USTEDES"
[Ringraziamo Lorella Pica (per contatti: info at sullastradaonlus.it) per
questa lettera dal Guatemala.
Lorella Pica, gia' apprezzata pubblica amministratrice, e' impegnata
nell'associazione di solidarieta' "Sulla strada" ed in molte iniziative di
pace, solidarieta', nonviolenza.
Per sostenere le attivita' di solidarieta' in America Latina e in Africa
dell'associazione "Sulla strada": via Ugo Foscolo 11, 05012 Attigliano (Tr),
tel. 0744992760, cell. 3487921454, e-mail: info at sullastradaonlus.it, sito:
www.sullastradaonlus.it]

"Che bello stare qui con voi!".
In queste poche parole c'e' tutto il successo della nostra missione.
Sono le parole che ha detto un anziano signore mentre una dei nostri medici
lo visitava. Prima pero' gli aveva chiesto della sua vita, della famiglia,
del lavoro, dei problemi, e lo ascoltava poi con vero interesse,
partecipando alle gioie e anche alle sofferenze vissute da lui.
Quell'anziano signore, come tutti quelli che sono venuti per una visita
all'ospedale, non ha visto semplici medici davanti a lui, ma soprattutto
persone che hanno cercato di metterlo a suo agio; che hanno accarezzato il
suo volto e che hanno anche scherzato con lui, sdrammatizzando la sua
infermita'.
"Che bello stare qui con voi!". Che bello sentirselo dire!
Ancora una volta abbiamo dato la precedenza ai volti, alle persone, alle
loro storie e alle loro pene. Abbiamo curato e strappato sorrisi anche ai
piu' disperati e insieme ai sorrisi sono nate speranze. Non solo speranze di
guarigione ma speranze di un mondo nuovo, dove gli uomini e le donne stanno
insieme in armonia con tutto il creato e insieme lavorano per completare la
creazione di un mondo in cui ci si prende cura l'uno dell'altro.
Grazie a tutti i volontari, circa 40, che sono stati capaci di mettersi al
servizio dei piu' poveri e dei loro compagni di avventura. Hanno lavorato
duro, non si sono risparmiati, dando la precedenza sempre alla relazione
umana prima ancora della relazione tra medico e paziente. Ogni visita cosi'
(e in dieci giorni ce ne sono state piu' di 800 e circa 81 sono state le
operazioni chirurgiche) e' diventata per prima cosa un incontro tra persone.
Questo e' l'obiettivo dei nostri viaggi missionari e possiamo dire che
questo gruppo l'ha centrato in pieno. Con questa base e con questo clima e'
chiaro che la professionalita' viene esaltata e abbiamo avuto esiti medici
veramente grandi.
Grazie perche' abbiamo bisogno di gente cosi' e soprattutto ne hanno bisogno
i piu' piccoli dei poveri ai quali abbiamo deciso di dedicare la vita
nostra.
*
Notizie dal villaggio
Nel nostro villaggio, contemporaneamente alle giornate di apertura
dell'ospedale, ci sono stati medici internisti, pediatri e dentisti, che si
sono alternati per visitare tutti i nostri bambini (piu' di 200).
Con grande soddisfazione abbiamo visto che la Campagna contro i parassiti
intestinali, iniziata lo scorso aprile, sta dando l'effetto sperato. Lo
scorso anno solo meno del 30% dei bambini era sano e oggi le proporzioni si
sono invertite. Siamo molto soddisfatti e anche le famiglie dei bambini
della scuola lo sono.
Ci sono pero' anche notizie non belle.
Giovedi', al villaggio, ci e' venuta a trovare a casa nostra Marta Julia,
una ragazzina di 17 anni che e' andata a convivere lo scorso anno e che ha
avuto un bambino pochi mesi fa.
La storia di Marta Julia e' emblematica di tante madri/bambine di qui.
Marta ha conosciuto un ragazzo due anni fa e se ne e' innamorata. Lui l'ha
convinta a trasferirsi a casa dei suoi genitori e lei ha accettato
nonostante noi l'avessimo sconsigliata. Il padre di Marta a quell'epoca
stava negli Stati Uniti come clandestino. Dopo poco che Marta Julia stava
con il suo giovane compagno, ci venne a trovare a casa nostra dicendoci che
soffriva molto a causa della violenza del suo uomo. Lui per qualsiasi motivo
la picchiava e lei non sapeva cosa fare per sottrarsi a questa violenza che
ogni giorno aumentava e diventava piu' accanita. Nel frattempo suo padre e'
tornato dagli Stati Uniti, Marta Julia ha tentato di chieder aiuto alla
famiglia, ma suo papa', picchiandola anche lui, l'ha rimandata indietro
dicendole che quello era il suo posto.
Quando ci raccontava questo, Marta era disperata e non sapeva che fare.
Quando e' ritornata dal suo convivente ha scoperto di essere incinta. Ancora
botte e ancora rifiuto. L'uomo negava che il figlio fosse suo e l'ha
rimandata ancora una volta a casa dei genitori. Intanto il compagno parte
clandestino per gli Stati Uniti.
Dopo un po' di tempo arriva a casa di Marta sua suocera. Vuole che Marta con
suo figlio torni a casa con lei. Rivendica i suoi diritti di nonna sul
nipotino e quindi vuole a casa sua madre e figlio. Sembra un atto di bonta'
ma in realta' la nonna vuole il nipote solo per poter chiedere al figlio che
sta negli Stati Uniti che le invii i soldi per mantenere sua moglie e suo
figlio.
Alla fine Marta si ritrova a casa dei suoceri, nessuno le rivolge la parola,
per loro e' una garanzia di entrata di denaro da parte del figlio
"americano".
Marta non ha potuto ancora iscrivere il figlio all'anagrafe perche' il padre
non ha ancora deciso come chiamarlo. Lei non puo' prendere questa decisione.
Lei non esiste, non e'.
Marta e' sempre piu' triste. Suo marito non le ha piu' parlato da quando
nove mesi fa se ne e' andato.
Marta vorrebbe un'altra vita. Ci chiede aiuto ma per ora non abbiamo trovato
altra soluzione se non quella di starle tanto vicino e di dimostrarle tutto
l'affetto di cui siamo capaci.
Quando l'ho salutata l'ultimo giorno mi guardava con occhi sorridenti ma
imploranti. Avrei voluto portarla via, ma avrei commesso un errore. Non e'
nella fuga che stanno le soluzioni, ma nell'aiutare queste donne, stare al
loro fianco, aiutarle a prendere coscienza del loro diritto ad esistere, ad
esprimere il loro parere e ad avere una vita gioiosa.
E' affinche' queste vite di disperazione non esistano piu', che fra pochi
giorni lanceremo la nostra campagna "Lei e'". Ne avrete notizie dettagliate.
Sosteneteci come sempre con tanta generosita'. Ce n'e' bisogno!
Un augurio di pace
Lorella

5. MEMORIA. ANDREA CORTELLESSA RICORDA MICHELE RANCHETTI
[Dal sito del quotidiano "La stampa" (www.lastampa.it) riprendiamo il
seguente ricordo del 5 febbraio 2008, dal titolo "Ranchetti storico e poeta
sotto il segno dell'inquietudine".
Andrea Cortellessa (Roma, 1968), docente e saggista, insegna Letterature
comparate alla Terza Universita' di Roma; collabora ai programmi culturali
di Rai-Radio Tre e con numerose riviste letterarie, tra cui "Alias"
(supplemento del "Manifesto"), "Tuttolibri" (supplemento de "La stampa"),
"l'Unita'", "L'Indice", "Poesia", "Il Caffe' illustrato"; fa parte del
comitato di redazione del "Verri". Ha curato diversi volumi fra i quali di
Giorgio Manganelli La favola pitagorica. Luoghi italiani (Adelphi 2005) e
L'isola pianeta e altri Settentrioni (ivi 2006) nonche' il numero
monografico di "Riga" sullo stesso Manganelli (con Marco Belpoliti, Marcos y
Marcos 2006); di Giovanni Raboni La poesia che si fa. Cronaca e storia del
Novecento poetico italiano 1959-2004 (Garzanti 2005), di Elio Pagliarani
Tutte le poesie 1946-2005 (ivi 2006); inoltre, in collaborazione con altri
sette critici, l'antologia Parola plurale. 64 poeti italiani fra due secoli
(Luca Sossella 2005). Opere di Andrea Cortellessa: Le notti chiare erano
tutte un'alba. Antologia di poeti italiani nella prima guerra mondiale,
Bruno Mondadori, Milano 1998; Ungaretti, Einaudi, Torino 2000; La fisica del
senso. Saggi e interventi su poeti italiani dal 1940 a oggi, Fazi, Roma
2006.
Michele Ranchetti (Milano 1925 - Firenze 2008), illustre intellettuale di
profonda cultura e di grande finezza, storico della chiesa e delle
religioni, docente universitario, poeta, pittore, saggista, traduttore,
consulente editoriale, editore; studioso, traduttore e curatore
dell'edizione italiana di opere di Wittgenstein, Freud, Celan, Rilke,
Benjamin; ha curato per i "Meridiani" Mondadori l'edizione della Bibbia di
Diodati. Opere di Michele Ranchetti: Cultura e riforma religiosa nella
storia del modernismo, Einaudi, Torino 1963; La mente musicale, Garzanti,
Milano 1988; Gli ultimi preti. Figure del cattolicesimo contemporaneo,
Edizioni Cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1997; (a cura di, con
Mauro Bertani), La psicoanalisi e l'antisemitismo, Einaudi, Torino 1999;
Scritti diversi. Vol. 1: Etica del testo, Storia e Letteratura, 1999;
Scritti diversi. Vol. 2: Chiesa cattolica ed esperienza religiosa, Storia e
Letteratura, 2000; Scritti diversi. Vol. 3: Lo spettro della psicoanalisi,
Storia e Letteratura, 2000; Verbale, Garzanti, Milano 2001; Scritti in
figure, Storia e Letteratura, 2002; Non c'e' piu' religione. Istituzione e
verita' nel cattolicesimo italiano del Novecento, Garzanti, Milano 2003.
Opere su Michele Ranchetti: AA. VV., Anima e paura. Studi in onore di
Michele Ranchetti, Quodlibet, Macerata 1998]

Nella notte di domenica e' morto Michele Ranchetti. Quella dell'inquietudine
e' una delle categorie piu' abusate; dare anzi dell'inquieto a un pensatore
e' persino tautologico: chi pensa davvero come puo' farlo senza mettere
tutto in questione, a partire dalla propria identita' pensante? Ma se a
qualcuno la si doveva proprio applicare, la categoria, questi era senz'altro
Ranchetti. Scrivendo della piu' defilata ma non certo della meno importante
fra le sue attivita' - quella di poeta, "esplosa" solo nel 1988 col
formidabile La mente musicale, pubblicato da Garzanti come il successivo
Verbale - Pier Vincenzo Mengaldo ha notato come "l'esistenza non esiste
quasi in lui se non ruminata interiormente"; e lui stesso, ricordando uno
dei suoi piu' grandi amici, Franco Fortini, scrisse che "l'esperienza
poetica precede l'esperienza vissuta, ne e' in certo modo la premessa che
non ha alcun bisogno di trovare o meno conferma". Il che vale a dire che
vita della mente e vita del corpo erano, in lui, una cosa sola: mai
definibili se non in relazione ad altro.
Accademicamente discepolo di Martini e di Chabod a Milano, dove era nato nel
1925, Ranchetti ha insegnato Storia della Chiesa all'Universita' di Firenze
dal '66 al '95, prima al fianco poi al posto di Delio Cantimori. Molto
prima, pero', con Adriano Olivetti, per poi prestare la sua competenza a
un'editoria che, come l'utopia olivettiana, ci pare oggi di un altro mondo.
Alla Feltrinelli e poi con Adelphi, Boringhieri, Einaudi, Mondadori: di
volta in volta editando e traducendo classici come Freud, Wittgenstein,
Bonhoeffer, Benjamin, Taubes e Celan. Il suo ultimo progetto, la collana
"Verbarium", e' stato appena sontuosamente varato da Quodlibet. Passare in
rassegna i titoli pubblicati (dalla Guida spirituale degli attentatori
dell'11 settembre 2001 all'Autobiografia documentaria di Renato Solmi) basta
a evidenziare l'ampiezza sorprendente dei suoi campi d'interesse.
E insomma andrebbe scritto con la maiuscola, l'Altro prima evocato: sempre
al di la' di cio' che possiamo vedere e toccare. Rileggendo le sue poesie,
ci si rende conto che in pochi come lui - un unico nome si puo' fare, quello
di Clemente Rebora - la definizione della vita si correla sempre al proprio
limite: cioe' con quanto viene dopo. Una mirabile serie di aforismi, in
Verbale, conia un sintomatico sintagma, rigor vitae. E spiega: "Precipita la
vita nella sorte / della non vita da cui viene / e si confronta a quel nulla
/ la misura del vivere: il morire".

6. LIBRI. MASSIMO RAFFAELI PRESENTA L'"AUTOBIOGRAFIA DOCUMENTARIA" DI RENATO
SOLMI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 12 gennaio 2008, col titolo "La verita'
del mondo e' residenziale".
Massimo Raffaeli (1957), filologo e critico letterario, scrive sul
quotidiano "il manifesto" e su varie riviste specializzate; ha curato testi
di autori italiani (Carlo Betocchi, Alberto Savinio, Massimo Ferretti, Primo
Levi) e versioni di scrittori francesi (fra cui Zola, Artaud, Celine,
Crevel, Genet, Duvert). Tra le opere di Massimo Raffaeli: El vive d'omo
(Scritti su Franco Scataglini). Transeuropa, 1998; Appunti su Fortini,
L'Obliquo, 2000; Questa siepe, Il lavoro editoriale, 2000; Il canto
magnanimo. A colloquio con Umberto Piersanti, Pequod, 2005; Don Chisciotte e
le macchine. Scritti su Paolo Volponi, Pequod, 2007.
Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha
introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del
pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di
generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che
attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte
della propria strumentazione intellettuale; e' impegnato nel Movimento
Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta. Dal risvolto di copertina
del recente volume in cui sono raccolti taluni dei frutti mggiori del suo
magistero riprendiamo la seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha
studiato a Milano, dove si e' laureato in storia greca con una tesi su
Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso un anno a Napoli presso l'Istituto
italiano per gli studi storici di Benedetto Croce, ha lavorato dal 1951 al
1963 nella redazione della casa editrice Einaudi. A meta' degli anni '50 ha
passato un periodo di studio a Francoforte per seguire i corsi e
l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e tradotto
in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa
trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato
da tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della
militanza attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e
nazionali. Ha collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il
pensiero critico", "Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino",
"Notiziario Einaudi", "Nuovi Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni
rossi", "Quaderni piacentini", "Il manifesto", "L'Indice dei libri del mese"
e altri). Fra le sue traduzioni - oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht
(L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo
dell'artista" nella letteratura tedesca, ivi, 1985), che sono in realta'
edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy Lukacs, Il significato
attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane Hegel e i problemi
della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders, Essere o non
essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max Horkheimer e Th.
W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980); Seymour Melman,
Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti (ivi, 1976);
Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918
(Boringhieri, Torino 1976)". Opere di Renato Solmi: segnaliamo
particolarmente la sua recente straordinaria Autobiografia documentaria.
Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007]

Piu' invocata o teorizzata che non effettivamente realizzata, la saggistica
e' un genere minoritario nel Novecento italiano. Volentieri scambiata con la
scienza della letteratura ovvero con una libera variazione sul tema, essa
non consiste nella pura filologia ne', tanto meno, nella prosa d'arte. Al
contrario, affermava Lukacs un secolo fa nel testo fondativo de L'anima e le
forme, la saggistica e' comprensione profonda e meditata di una forma, o
meglio e' una "sapienza" scaturita dal "sapere" che viene interrogando con
perizia e accanimento, ma si direbbe tuttavia in caduta libera, quella forma
medesima. Vale a dire e' il risultato imprevedibile di una tensione, o
meglio della dialettica tra la liberta' di un soggetto e i vincoli di un
oggetto determinato (un'opera d'arte, un pensiero al lavoro): a sua volta,
la saggistica testimonia il carattere integrale di un'esperienza.
E' quanto viene in mente davanti al volume, splendido anche nella fattura
tipografica, che raccoglie finalmente le pagine disperse di Renato Solmi
(Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet "Verbarium", pp.
828, euro 60), nella cui vicenda sono transitati i temi e i massimi nomi del
pensiero critico e della sinistra intellettuale. Nella ambivalenza del
titolo si contiene gia' il segnale di un percorso complesso, anzi
l'attitudine anfibia che e' tipica di ogni vocazione saggistica: da un lato
il confronto diretto con i testi della tradizione (per chi non lo sapesse,
Solmi e' stato fra l'altro il primo traduttore italiano di Adorno - Minima
moralia, Einaudi 1955 - e di Walter Benjamin - Angelus novus, ivi 1962);
dall'altro, una meditazione o meglio una collocazione degli stessi en
situation, in modo da connetterli all'ambiente che li recepisce e da
intramarli volta a volta al frangente politico-intellettuale della cultura
d'arrivo. Basterebbe, ad esempio, citare il passaggio dove Solmi, nella
introduzione ai Minima moralia, evoca l'ambiguita' del cosmopolitismo
proprio nel momento in cui la societa' italiana sta entrando nella fase
della modernizzazione neocapitalista e percio' si illude di poter rimuovere
di colpo, esorcizzandolo, il suo retaggio provinciale: "Occorre diffidare
del viaggio, quando non e' una necessita' o una forma di vita. Dettato dalla
curiosita', e' l'espressione tipica della irresponsabilita' umanistica.
(...) Come i grandi filosofi, da Spinoza a Kant, da Vico a Croce, sono
sempre stati - secondo una definizione di Cecil Sprigge - "filosofi
residenti", cosi' la percezione dell'essenza esclude la sovranita' del
viaggiatore. Che e' sempre tentato di rifugiarsi nella formalita' dell'io, e
di congiungersi con l'uomo e con la natura umana al di sopra delle lotte e
delle sofferenze degli uomini reali. La sua compassione, tutta impersonale e
disinteressata, non potrebbe giungere fino alle estreme conseguenze".
C'e' qui dissimulata la radice da cui muove tutta la saggistica di Solmi: lo
sdegno per la sofferenza o crudele parzialita' in cui e' costretta a
dimorare l'esistenza degli esseri umani per costrizione di natura e/o di
classe (la "vita offesa", suonava il celebre sottotitolo di Adorno), cosi'
come la necessita' di non distogliere mai lo sguardo e cioe' di aderire a
quella stessa sofferenza pensandola radicalmente, come fosse una volta per
sempre. L'idea della lontananza, la liberta' che la forma-saggio puo'
evocare nelle sue impervie escursioni, non avrebbero senso ne'
legittimazione senza l'hic et nunc di tale punto fermo. E si potrebbe qui
anche dire che "residenza", con quanto di introverso e di ossessivo puo'
richiamare la parola, significa semplicemente la ricerca di una propria
verita'. Lo conferma lo stile di Solmi che per mezzo secolo ha mantenuto
infatti una fisionomia costante e ben riconoscibile: ampio e magnanimo nella
costruzione dei periodi (fitti di subordinate e di incisi disposti in
simmetria), come di chi e' abituato a ragionare e a soppesare ogni
argomento, ma secco e tagliente sia negli incipit sia nelle clausole, come
di chi avverte sempre l'impellenza d'essere esplicito e il dovere della
chiarezza.
Insomma uno stile segnato dalla necessita' di scrivere tutto "cio' che
sappiamo e ci sforziamo invano di dimenticare", come gli capita di ammettere
in un passaggio cruciale.
Paradosso dei grandi intellettuali residenziali, tanto ricca e dislocata e'
la costellazione di Solmi quanto singolare e' il decorso biografico che dal
lavoro nella redazione di Einaudi ('51-'63) lo porta poi a insegnare per
trent'anni filosofia e storia nei licei di Torino e di Aosta. (Da Einaudi,
dopo un lungo e tormentato rapporto, viene estromesso insieme con Raniero
Panzieri per aver patrocinato il libro di Goffredo Fofi L'immigrazione
meridionale a Torino, inviso alla Fiat e agli ambienti confindustriali).
L'indice di Autobiografia documentaria ne rispetta la cronologia. Le prime
tre parti sono dedicate agli anni dell'apprendistato in cui convivono gli
interessi del filologo classico (sorprendenti, per un ventenne, le pagine di
recensione a opere di Jaeger, Snell, Cassirer, Ernesto De Martino),
l'iniziazione al marxismo antidogmatico sulla rivista "Discussioni" (dove,
amici di tutta la vita, scrivono con lui Luciano Amodio e Delfino Insolera),
e il precoce confronto con la letteratura europea, in cui spicca, gia'
acutissimo, il saggio su Il disgelo di Il'ja Erenburg uscito nel '55 su
"Nuovi Argomenti". La sezione centrale del volume riguarda invece
l'attivita' del germanista e contiene le pagine su Adorno, Benjamin,
Marcuse, in dialogo costante con Cesare Cases e, piu' indirettamente, con
Franco Fortini. Forse meno noti ma non meno rilevanti gli scritti delle due
sezioni successive: da una parte, i testi derivati dalla personale
esperienza scolastica che costituiscono nell'insieme un lucido e persino
spietato diagramma del '68, nel combinarsi di pratiche innovative e promesse
inadempiute; dall'altro, gli scritti raccolti sotto il titolo La nuova
sinistra americana, la guerra del Vietnam e lo sviluppo dei movimenti
pacifisti che testimoniano contatti di primissima mano (Gunther Anders,
Chomsky, il neomarxismo di Baran e Sweezy) e una nuova collaborazione con
Einaudi, grazie alla straordinaria "collana viola" di Luca Baranelli
inaugurata proprio nel 1968 da La contestazione cinese di Edoarda Masi, due
altri suoi interlocutori di lungo periodo.
Chiudono il volume le pagine di memoria e ricordo dove tornano a pulsare
tutte quante le luci della costellazione, da Raniero Panzieri, "un filo che
veniva da molto lontano", agli amici di "Discussioni", da Sergio Caprioglio
(collega da Einaudi, pioniere della filologia gramsciana) a Luciano Amodio
suo iniziatore alla lettura di Hegel, dal padre Sergio al maestro di sempre,
Theodor Wiesengrund Adorno, cui Renato Solmi ha voluto dedicare le parole
che suggellano Autobiografia documentaria. Non si tratta di un congedo ma,
ancora una volta, dell'invito da parte del saggista a risiedere laddove piu'
dura ma anche piu' fervida si manifesta la verita' del mondo: "Non resta che
partecipare, nei limiti delle possibilita', in uno spirito di solidarieta'
appassionata e di comprensione attiva, al movimento, o ai movimenti, che si
vengono sviluppando un po' dovunque e, come e' noto, anche nel nostro paese,
e che prefigurano l'avvento di una nuova Internazionale pacifista e
nonviolenta, aliena da ogni forma di costrizione, ma non meno saldamente
coesa e compatta di quelle che l'avevano preceduta".

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 383 del 3 marzo 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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