Coi piedi per terra. 74



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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 74 dell'11 febbraio 2008

In questo numero:
1. San Valentino a Viterbo
2. Vandana Shiva: Principi costitutivi di una democrazia della comunita'
terrena
3. Guenther Anders: Tesi sull'eta' atomica
4. Un convegno a Barbarano Romano il 10 febbraio in difesa di ambiente e
salute
5. Per contattare il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo

1. INIZIATIVE. SAN VALENTINO A VITERBO

Il 14 febbraio 2008 al Centro sociale autogestito "Valle Faul" a Viterbo si
terra' un'iniziativa intitolata "Aeroporto... no, grazie. Per San Valentino
ama te stesso e proteggi la Tuscia. Di' no all'aeroporto".
L'iniziativa e' a sostegno del movimento che si oppone al devastante
mega-aeroporto e s'impegna per la drastica e immediata riduzione del
trasporto aereo.
*
Programma:
Ore 20: cena sociale vegan-biologica.
Ore 22: Reggae dancehall night con: JD Rural Sound, Red Iguana (Roma), Small
Axe South (Molfetta).
Il Centro sociale "Valle Faul" si trova in strada Castel d'Asso snc, a
Viterbo.
*
Per informazioni e contatti:
- Centro sociale autogestito "Valle Faul": tel. 3315063980, e-mail:
csavallefaul at autistici.org, blog: csavallefaul.noblogs.org (nel blog c'e'
anche la carta stradale per arrivare al centro)
- Il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la
riduzione del trasporto aereo: e-mail: info at coipiediperterra.org, sito:
www.coipiediperterra.org, per contattare direttamente la portavoce del
comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail:
antonella.litta at libero.it

2. TESTI. VANDANA SHIVA: PRINCIPI COSTITUTIVI DI UNA DEMOCRAZIA DELLA
COMUNITA' TERRENA
[Riproponiamo ancora una volta il seguente estratto dall'introduzione del
recente libro di Vandana Shiva, Il bene comune della Terra, Feltrinelli,
Milano 2006, alle pp. 16-19.
Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana, direttrice di importanti
istituti di ricerca e docente nelle istituzioni universitarie delle Nazioni
Unite, impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa
dell'ambiente e delle culture native, e' oggi tra i principali punti di
riferimento dei movimenti ecologisti, femministi, di liberazione dei popoli,
di opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia
di operazioni e programmi scientifico-industriali dagli esiti
pericolosissimi. Tra le opere di Vandana Shiva: Sopravvivere allo sviluppo,
Isedi, Torino 1990; Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino
1995; Biopirateria, Cuen, Napoli 1999, 2001; Vacche sacre e mucche pazze,
DeriveApprodi, Roma 2001; Terra madre, Utet, Torino 2002 (edizione riveduta
di Sopravvivere allo sviluppo); Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano
2002. Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003; Le nuove guerre della
globalizzazione, Utet, Torino 2005; Il bene comune della Terra, Feltrinelli,
Milano 2006]

1. Tutte le specie, tutti gli esseri umani e tutte le culture possiedono un
valore intrinseco.
Tutti gli esseri viventi sono soggetti dotati di intelligenza, integrita' e
di un'identita' individuale. Non possono essere ridotti al ruolo di
proprieta' privata, di oggetti manipolabili, di materie prime da sfruttare o
di rifiuti eliminabili. Nessun essere umano ha il diritto di possedere altre
specie, altri individui, o di impadronirsi dei saperi di altre culture
attraverso brevetti o altri diritti sulla proprieta' intellettuale.
*
2. La comunita' terrena promuove la convivenza democratica di tutte le forme
di vita.
Siamo membri di un'unica famiglia terrena, uniti gli uni agli altri dalla
fragile ragnatela della vita del pianeta. Pertanto e' nostro dovere assumere
dei comportamenti che non compromettano l'equilibrio ecologico della Terra,
nonche' i diritti fondamentali e la sopravvivenza delle altre specie e di
tutta l'umanita'. Nessun essere umano ha il diritto di invadere lo spazio
ecologico di altre specie o di altri individui, ne' di trattarli con
crudelta' e violenza.
*
3. Le diversita' biologiche e culturali devono essere difese.
Le diversita' biologiche e culturali hanno un valore intrinseco che deve
essere riconosciuto. Le diversita' biologiche sono fonti di ricchezza
materiale e culturale che pongono le basi per la sostenibilita'. Le
differenze culturali sono portatrici di pace. Tutti gli esseri umani hanno
il dovere di difendere tali diversita'.
*
4. Tutti gli esseri viventi hanno il diritto naturale di provvedere al loro
sostentamento.
Tutti i membri della comunita' terrena, inclusi gli esseri umani, hanno il
diritto di provvedere al loro sostentamento: hanno diritto al cibo e
all'acqua, a un ambiente sicuro e pulito, alla conservazione del loro spazio
ecologico. Le risorse vitali necessarie per il sostentamento non possono
essere privatizzate. Il diritto al sostentamento e' un diritto naturale
perche' equivale al diritto alla vita. E' un diritto che non puo' essere
accordato o negato da una nazione o da una multinazionale. Nessun paese e
nessuna multinazionale ha il diritto di vanificare o compromettere questo
genere di diritto, o di privatizzare le risorse comuni necessarie alla vita.
*
5. La democrazia della comunita' terrena si fonda su economie che apportano
la vita e su modelli di sviluppo democratici.
La realizzazione di una democrazia della comunita' terrena presuppone una
gestione democratica dell'economia, dei piani di sviluppo che proteggano gli
ecosistemi e la loro integrita', provvedano alle esigenze di base di tutti
gli esseri umani e assicurino loro un ambiente di vita sostenibile. Una
concezione democratica dell'economia non prevede l'esistenza di individui,
specie o culture eliminabili. L'economia della comunita' terrena e'
un'economia che apporta nutrimento alla vita. I suoi modelli sono sempre
sostenibili, differenziati, pluralistici, elaborati dai membri della
comunita' stessa al fine di proteggere la natura e gli esseri umani e
operare per il bene comune.
*
6. Le economie che apportano la vita si fondano sulle economie locali.
Il miglior modo di provvedere con efficienza, attenzione e creativita' alla
conservazione delle risorse terrene e alla creazione di condizioni di vita
soddisfacenti e sostenibili e' quello di operare all'interno delle realta'
locali. Localizzare l'economia deve diventare un imperativo ecologico e
sociale. Si dovrebbero importare ed esportare soltanto i beni e i servizi
che non possono essere prodotti localmente, adoperando le risorse e le
conoscenze del luogo. Una democrazia della comunita' terrena si fonda su
delle economie locali estremamente vitali, che sostengono le economie
nazionali e globali. Un'economia globale democratica non distrugge e non
danneggia le economie locali, non trasforma le persone in rifiuti
eliminabili. Le economie che sostengono la vita rispettano la creativita' di
tutti gli esseri umani e producono contesti in grado di valorizzare al
massimo le diverse competenze e capacita'. Le economie che apportano la vita
sono differenziate e decentralizzate.
*
7. La democrazia della comunita' terrena e' una democrazia che tutela la
vita.
Una democrazia che tutela la vita si fonda sul rispetto democratico di ogni
forma vivente e su un comportamentodemocratico da adottare gia' a partire
dalla quotidianita'. Ogni soggetto coinvolto ha il diritto di partecipare
alle decisioni da prendere in merito al cibo, all'acqua, alla sanita' e
all'istruzione. Una democrazia che tutela la vita cresce dal basso verso
l'alto, al pari di un albero. La democrazia della comunita' terrena si fonda
sulle democrazie locali, lasciando che le singole comunita' costituite nel
rispetto delle differenze e delle responsabilita' ecologiche e sociali
abbiano pieni poteri decisionali riguardo all'ambiente, alle risorse
naturali, al sostentamento e al benessere dei loro membri. Il potere viene
delegato ai livelli esecutivi piu' alti applicando il principio della
sussidiarieta'. La democrazia della comunita' terrena si fonda
sull'autoregolamentazione e sull'autogoverno.
*
8. La democrazia della comunita' terrena si fonda su culture che valorizzano
la vita.
Le culture che valorizzano la vita promuovono la pace e creano degli spazi
di liberta' per consentire il culto di religioni diverse e l'espressione di
diverse fedi e identita'. Tali culture lasciano che le differenze culturali
si sviluppino proprio a partire dalla nostra umanita' e dai nostri comuni
diritti in quanto membri della comunita' terrena.
*
9. Le culture che valorizzano la vita promuovono lo sviluppo della vita
stessa.
Le culture che valorizzano la vita si fondano sul riconoscimento della
dignita' e sul rispetto di ogni forma di vita, degli uomini e delle donne di
ogni provenienza e cultura, delle generazioni presenti e di quelle future.
Sono culture ecologiche che non producono stili di vita distruttivi o
improntati al consumismo, basati sulla sovrapproduzione, sullo spreco o
sullo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Le culture che
valorizzano la vita sono molteplici, ma ispirate da un comune rispetto per
il vivente. Riconoscono la compresenza di identita' diverse che condividono
lo spazio comune della comunita' locale e danno voce a un sentimento di
appartenenza che correla i singoli individui alla terra e a tutte le forme
di vita.
*
10. La democrazia della comunita' terrena promuove un sentimento di pace e
solidarieta' universale.
La democrazia della comunita' terrena unisce tutti i popoli e i singoli
individui sostenendo valori quali la cooperazione e l'impegno
disinteressato, anziche' separarli attraverso la competizione, il conflitto,
l'odio e il terrore. In alternativa a un mondo fondato sull'avidita', sulla
diseguaglianza e sul consumismo sfrenato, questa democrazia si propone di
globalizzare la solidarieta', la giustizia e la sostenibilita'.

3. TESTI. GUENTHER ANDERS: TESI SULL'ETA' ATOMICA
[Ancora una volta ripubblichiamo questo breve ma capitale testo di Guenther
Anders. Riprendiamo il testo dall'appendice all'edizione italiana del libro
di Guenther Anders, Der Mann auf der Brueke. Tagebuch aus Hiroshima und
Nagasaki, apparso col titolo Essere o non essere, presso Einaudi, Torino
1961, nella traduzione di Renato Solmi (questo maestro grande e generoso che
cogliamo l'occasione per salutare e ringraziare ancora una volta). Come li'
si specifica, queste Tesi sull’eta' atomica sono "un testo improvvisato
dall'autore dopo un dibattito sui problemi morali dell'eta' atomica
organizzato da un gruppo di studenti dell'Universita' di Berlino-Ovest, e
uscito nell’ottobre 1960 nella rivista 'Das Argument - Berliner Hefte fuer
Politik und Kultur' - nota del traduttore".
Guenther Anders (pseudonimo di Guenther Stern, "anders" significa "altro" e
fu lo pseudonimo assunto quando le riviste su cui scriveva gli chiesero di
non comparire col suo vero cognome) e' nato a Breslavia nel 1902, figlio
dell'illustre psicologo Wilhelm Stern, fu allievo di Husserl e si laureo' in
filosofia nel 1925. Costretto all'esilio dall'avvento del nazismo,
trasferitosi negli Stati Uniti d'America, visse di disparati mestieri.
Tornato in Europa nel 1950, si stabili' a Vienna. E' scomparso nel 1992.
Strenuamente impegnato contro la violenza del potere e particolarmente
contro il riarmo atomico, e' uno dei maggiori filosofi contemporanei; e'
stato il pensatore che con piu' rigore e concentrazione e tenacia ha pensato
la condizione dell'umanita' nell'epoca delle armi che mettono in pericolo la
sopravvivenza stessa della civilta' umana; insieme a Hannah Arendt (di cui
fu coniuge), ad Hans Jonas (e ad altre e altri, certo) e' tra gli
ineludibili punti di riferimento del nostro riflettere e del nostro agire.
Opere di Guenther Anders: Essere o non essere, Einaudi, Torino 1961; La
coscienza al bando. Il carteggio del pilota di Hiroshima Claude Eatherly e
di Guenther Anders, Einaudi, Torino 1962, poi Linea d'ombra, Milano 1992
(col titolo: Il pilota di Hiroshima ovvero: la coscienza al bando); L'uomo
e' antiquato, vol. I (sottotitolo: Considerazioni sull'anima nell'era della
seconda rivoluzione industriale), Il Saggiatore, Milano 1963, poi Bollati
Boringhieri, Torino 2003; L'uomo e' antiquato, vol. II (sottotitolo: Sulla
distruzione della vita nell'epoca della terza rivoluzione industriale),
Bollati Boringhieri, Torino 1992, 2003; Discorso sulle tre guerre mondiali,
Linea d'ombra, Milano 1990; Opinioni di un eretico, Theoria, Roma-Napoli
1991; Noi figli di Eichmann, Giuntina, Firenze 1995; Stato di necessita' e
legittima difesa, Edizioni Cultura della Pace, San Domenico di Fiesole (Fi)
1997. Si vedano inoltre: Kafka. Pro e contro, Corbo, Ferrara 1989; Uomo
senza mondo, Spazio Libri, Ferrara 1991; Patologia della liberta', Palomar,
Bari 1993; Amare, ieri, Bollati Boringhieri, Torino 2004; L'odio e'
antiquato, Bollati Boringhieri, Torino 2006. In rivista testi di Anders sono
stati pubblicati negli ultimi anni su "Comunita'", "Linea d'ombra",
"Micromega". Opere su Guenther Anders: cfr. ora la bella monografia di Pier
Paolo Portinaro, Il principio disperazione. Tre studi su Guenther Anders,
Bollati Boringhieri, Torino 2003; singoli saggi su Anders hanno scritto, tra
altri, Norberto Bobbio, Goffredo Fofi, Umberto Galimberti; tra gli
intellettuali italiani che sono stati in corrispondenza con lui ricordiamo
Cesare Cases e Renato Solmi]

Hiroshima come stato del mondo. Il 6 agosto 1945, giorno di Hiroshima, e'
cominciata un nuova era: l'era in cui possiamo trasformare in qualunque
momento ogni luogo, anzi la terra intera, in un'altra Hiroshima. Da quel
giorno siamo onnipotenti modo negativo; ma potendo essere distrutti ad ogni
momento, cio' significa anche che da quel giorno siamo totalmente impotenti.
Indipendentemente dalla sua lunghezza e dalla sua durata, quest'epoca e'
l'ultima: poiche' la sua differenza specifica, la possibilita'
dell'autodistruzione del genere umano, non puo' aver fine - che con la fine
stessa.
 *
Eta' finale e fine dei tempi. La nostra vita si definisce quindi come
"dilazione"; siamo quelli-che-esistono-ancora. Questo fatto ha trasformato
il problema morale fondamentale: alla domanda "Come dobbiamo vivere?" si e'
sostituita quella: "Vivremo ancora?". Alla domanda del "come" c'e' - per noi
che viviamo in questa proroga - una sola risposta: "Dobbiamo fare in modo
che l'eta' finale, che potrebbe rovesciarsi ad ogni momento in fine dei
tempi, non abbia mai fine; o che questo rovesciamento non abbia mai luogo".
Poiche' crediamo alla possibilita' di una "fine dei tempi", possiamo dirci
apocalittici; ma poiche' lottiamo contro l"apocalissi da noi stessi creata,
siamo (e' un tipo che non c'e' mai stato finora) "nemici dell'apocalissi".
*
Non armi atomiche nella situazione politica, ma azioni politiche nella
situazione atomica. La tesi apparentemente plausibile che nell'attuale
situazione politica ci sarebbero (fra l'altro) anche "armi atomiche", e' un
inganno. Poiche' la situazione attuale e' determinata esclusivamente
dall'esistenza di "armi atomiche", e' vero il contrario: che le cosiddette
azioni politiche hanno luogo entro la situazione atomica.
*
Non arma ma nemico. Cio' contro cui lottiamo, non e' questo o
quell'avversario che potrebbe essere attaccato o liquidato con mezzi
atomici, ma la situazione atomica in se'. Poiche' questo nemico e' nemico di
tutti gli uomini, quelli che si sono considerati finora come nemici
dovrebbero allearsi contro la minaccia comune. Organizzazioni e
manifestazioni pacifiche da cui sono esclusi proprio quelli con cui si
tratta di creare la pace, si risolvono in ipocrisia, presunzione compiaciuta
e spreco di tempo.
*
Carattere totalitario della minaccia atomica. La tesi prediletta da Jaspers
fino a Strauss suona: "La minaccia totalitaria puo' essere neutralizzata
solo con la minaccia della distruzione totale". E' un argomento che non
regge. 1) La bomba atomica e' stata impiegata, e in una situazione in cui
non c'era affatto il pericolo, per chi la impiego', di soccombere a un
potere totalitario. 2) L'argomento e' un relitto dell'epoca del monopolio
atomico; oggi e' un argomento suicida. 3) Lo slogan "totalitario" e' desunto
da una situazione politica, che non solo e' gia' essenzialmente mutata, ma
continuera' a cambiare; mentre la guerra atomica esclude ogni possibilita'
di trasformazione. 4) La minaccia della guerra atomica, della distruzione
totale, e' totalitaria per sua natura: poiche' vive del ricatto e trasforma
la terra in un solo Lager senza uscita. Adoperare, nel preteso interesse
della liberta', l’assoluta privazione della stessa, e' il non plus ultra
dell'ipocrisia.
*
Cio' che puo' colpire chiunque riguarda chiunque. Le nubi radioattive non
badano alle pietre miliari, ai confini nazionali o alle "cortine". Cosi',
nell'eta' finale, non ci sono piu' distanze. Ognuno puo' colpire chiunque ed
essere colpito da chiunque. Se non vogliamo restare moralmente indietro agli
effetti dei nostri prodotti (che non ci procurerebbe solo ignominia mortale,
ma morte ignominiosa), dobbiamo fare in modo che l'orizzonte di cio' che ci
riguarda, e cioe' l'orizzonte della nostra responsabilita', coincida con
l'orizzonte entro il quale possiamo colpire o essere colpiti; e cioe' che
diventi anch'esso globale. Non ci sono piu' che "vicini".
*
Internazionale delle generazioni. Cio' che si tratta di ampliare, non e'
solo l'orizzonte spaziale della responsabilita' per i nostri vicini, ma
anche quello temporale. Poiche' le nostre azioni odierne, per esempio le
esplosioni sperimentali, toccano le generazioni venture, anch'esse rientrano
nell'ambito del nostro presente. Tutto cio' che e' "venturo" e' gia' qui,
presso di noi, poiche' dipende da noi. C'e', oggi, un'"internazionale delle
generazioni", a cui appartengono gia' anche i nostri nipoti. Sono i nostri
vicini nel tempo. Se diamo fuoco alla nostra casa odierna, il fuoco si
appicca anche al futuro, e con la nostra cadono anche le case non ancora
costruite di quelli che non sono ancora nati. E anche i nostri antenati
appartengono a questa "internazionale": poiche' con la nostra fine
perirebbero anch'essi,  per la seconda volta (se cosi' si puo' dire) e
definitivamente. Anche adesso sono "solo stati"; ma con questa seconda morte
sarebbero stati solo come se non fossero mai stati.
*
Il nulla non concepito. Cio' che conferisce il massimo di pericolosita' al
pericolo apocalittico in cui viviamo, e' il fatto che non siamo attrezzati
alla sua stregua, che siamo incapaci di rappresentarci la catastrofe.
Raffigurarci il non-essere (la morte, ad esempio, di una persona cara) e'
gia' di per se' abbastanza difficile; ma e' un gioco da bambini rispetto al
compito che dobbiamo assolvere come apocalittici consapevoli. Poiche' questo
nostro compito non consiste solo nel rappresentarci l'inesistenza di
qualcosa di particolare, in un contesto universale supposto stabile e
permanente, ma nel supporre inesistente questo contesto, e cioe' il mondo
stesso, o almeno il nostro mondo umano. Questa "astrazione totale" (che
corrisponderebbe, sul piano del pensiero e dell'immaginazione, alla nostra
capacita' di distruzione totale) trascende le forze della nostra
immaginazione naturale. "Trascendenza del negativo". Ma poiche', come
homines fabri, siamo capaci di tanto (siamo in grado di produrre il nulla
totale), la capacita' limitata della nostra immaginazione (la nostra
"ottusita'") non deve imbarazzarci. Dobbiamo (almeno) tentare di
rappresentarci anche il nulla.
*
Utopisti a rovescio. Ecco quindi il dilemma fondamentale della nostra epoca:
"Noi siamo inferiori a noi stessi", siamo incapaci di farci un'immagine di
cio' che noi stessi abbiamo fatto. In questo senso siamo "utopisti a
rovescio": mentre gli utopisti non sanno produrre cio' che concepiscono, noi
non sappiamo immaginare cio' che abbiamo prodotto.
*
Lo "scarto prometeico". Non e' questo un fatto fra gli altri; esso
definisce, invece, la situazione morale dell'uomo odierno: la frattura che
divide l'uomo (o l'umanita') non passa, oggi, fra lo spirito e la carne, fra
il dovere e l'inclinazione, ma fra la nostra capacita' produttiva e la
nostra capacita' immaginativa. Lo "scarto prometeico".
*
Il "sopraliminare". Questo "scarto" non divide solo immaginazione e
produzione, ma anche sentimento e produzione, responsabilita' e produzione.
Si puo' forse immaginare, sentire, o ci si puo' assumere la responsabilita',
dell'uccisione di una persona singola; ma non di quella di centomila. Quanto
piu' grande e' l'effetto possibile dell'agire, e tanto piu' e' difficile
concepirlo, sentirlo e poterne rispondere; quanto piu' grande lo "scarto",
tanto piu' debole il meccanismo inibitorio. Liquidare centomila persone
premendo un tasto, e' infinitamente piu' facile che ammazzare una sola
persona. Al "subliminare", noto dalla psicologia (lo stimolo troppo piccolo
per provocare gia' una reazione), corrisponde il "sopraliminare": cio' che
e' troppo grande per provocare ancora una reazione (per esempio un
meccanismo inibitorio).
 *
La sensibilita' deforma, la fantasia e' realistica. Poiche' il nostro
orizzonte vitale (l'orizzonte entro cui possiamo colpire ed essere colpiti)
e l'orizzonte dei nostri effetti e' ormai illimitato, siamo tenuti, anche se
questo tentativo contraddice alla "naturale ottusita'" della nostra
immaginazione, a immaginare questo orizzonte illimitato. Nonostante la sua
naturale insufficienza, e' solo l'immaginazione che puo' fungere da organo
della verita'. In ogni caso, non e' certo la percezione. Che e' una "falsa
testimone": molto, ma molto piu' falsa di quanto avesse inteso ammonire la
filosofia greca. Poiche' la sensibilita' e' - per principio - miope e
limitata e il suo orizzonte assurdamente ristretto. La terra promessa degli
"escapisti" di oggi non e' la fantasia, ma la percezione.
Di qui il nostro (legittimo) disagio e la nostra diffidenza verso i quadri
normali (dipinti, cioe', secondo la prospettiva normale): benche' realistici
in senso tradizionale, sono (proprio loro) irrealistici, perche' sono in
contrasto con la realta' del nostro mondo dagli orizzonti infinitamente
dilatati.
*
Il coraggio di aver paura. La viva "rappresentazione del nulla" non si
identifica con cio' che si intende in psicologia per "rappresentazione"; ma
si realizza in concreto come angoscia. Ad essere troppo piccolo, e a non
corrispondere alla realta' e al grado della minaccia, e' quindi il grado
della nostra angoscia. - Nulla di piu' falso  della frase cara alle persone
di mezza cultura, per cui vivremmo gia' nell'"epoca dell'angoscia". Questa
tesi ci e' inculcata dagli agenti ideologici di coloro che temono solo che
noi si possa realizzare sul serio la vera paura, adeguata al pericolo. Noi
viviamo piuttosto nell'epoca della minimizzazione e dell'inettitudine
all'angoscia. L'imperativo di allargare la nostra immaginazione significa
quindi in concreto che dobbiamo estendere e allargare la nostra paura.
Postulato: "Non aver paura della paura, abbi coraggio di aver paura. E anche
quello di far paura. Fa' paura al tuo vicino come a te stesso". Va da se'
che questa nostra angoscia deve essere di un tipo affatto speciale: 1)
Un'angoscia senza timore, poiche' esclude la paura di quelli che potrebbero
schernirci come paurosi. 2) Un'angoscia vivificante, poiche' invece di
rinchiuderci nelle nostre stanze ci fa uscire sulle piazze. 3) Un'angoscia
amante, che ha paura per il mondo, e non solo di cio' che potrebbe
capitarci.
*
Fallimento produttivo. L'imperativo di allargare la portata della nostra
immaginazione e della nostra angoscia finche' corrispondano a quella di cio'
che possiamo produrre e provocare, si rivelera' continuamente
irrealizzabile. Non e' nemmeno detto che questi tentativi ci consentano di
fare qualche passo in avanti. Ma anche in questo caso non dobbiamo lasciarci
spaventare; il fallimento ripetuto non depone contro la ripetizione del
tentativo. Anzi, ogni nuovo insuccesso e' salutare, poiche' ci mette in
guardia contro il pericolo di continuare a produrre cio' che non possiamo
immaginare.
*
Trasferimento della distanza. Riassumendo cio' che si e' detto sulla "fine
delle distanze" e sullo "scarto" tra le varie facolta' (e solo cosi' ci si
puo' fare un'idea completa della situazione), risulta che le distanze
spaziali e temporali sono state bensi' "soppresse"; ma questa soppressione
e' stata pagata a caro prezzo con una nuova specie di "distanza": quella,
che diventa ogni giorno piu' grande, fra la produzione e la capacita' di
immaginare cio' che si produce.
*
Fine del comparativo. I nostri prodotti e i loro effetti non sono solo
diventati maggiori di cio' che possiamo concepire (sentire, o di cui
possiamo assumerci la responsabilita'), ma anche maggiori di cio' che
possiamo utilizzare sensatamente. E' noto che la nostra produzione e la
nostra offerta superano spesso la nostra domanda (e ci costringono a
produrre appositamente nuovi bisogni e richieste); ma la nostra offerta
trascende addirittura il nostro bisogno, consiste di cose di cui non
possiamo avere bisogno: cose troppo grandi in senso assoluto. Cosi' ci siamo
messi nella situazione paradossale di dover addomesticare i nostri stessi
prodotti; di doverli addomesticare come abbiamo addomesticato finora le
forze della natura. I nostri tentativi di produrre armi cosiddette "pulite",
sono senza precedenti nel loro genere: poiche' con essi cerchiamo di
migliorare certi prodotti peggiorandoli, e cioe' diminuendo i loro effetti.
L'aumento dei prodotti non ha quindi piu' senso. Se il numero e gli effetti
delle armi gia' oggi esistenti bastano a raggiungere il fine assurdo della
distruzione del genere umano, l'aumento e miglioramento della produzione,
che continuano ancora su larghissima scala, sono ancora piu' assurdi; e
dimostrano che i produttori non si rendono conto, in definitiva, di che cosa
hanno prodotto. Il comparativo - principio del progresso e della
concorrenza - ha perduto ogni senso. Piu' morto che morto non e' possibile
diventare. Distruggere meglio di quanto gia' si possa, non sara' possibile
neppure in seguito.
*
Richiamarsi alla competenza e' prova d'incompetenza morale. Sarebbe una
leggerezza pensare (come fa, per esempio, Jaspers) che i "signori
dell'apocalissi", quelli che sono responsabili delle decisioni, grazie a
posizioni di potere politico o militare comunque acquisite, siano piu' di
noi all'altezza di queste esigenze schiaccianti, o che sappiano immaginare
l'inaudito meglio di noi, semplici "morituri"; o anche solo che siano
consapevoli di doverlo fare. Assai piu' legittimo e' il sospetto: che ne
siano affatto inconsapevoli. Ed essi lo provano dicendo che noi siamo
incompetenti nel "campo dei problemi atomici e del riarmo", e invitandoci a
non "immischiarci". L'uso di questi termini e' addirittura la prova della
loro incompetenza morale: poiche' in tal modo essi mostrano di credere che
la loro posizione dia loro il monopolio e la competenza per decidere del "to
be or not to be" dell'umanita'; e di considerare l’apocalissi come un "ramo
specifico". E' vero che molti di loro si appellano alla "competenza" solo
per mascherare il carattere antidemocratico del loro monopolio. Se la parola
"democrazia" ha un senso, e' proprio quello che abbiamo il diritto e il
dovere di partecipare alle decisioni che concernono la "res publica", che
vanno, cioe', al di la' della nostra competenza professionale e non ci
riguardano come professionisti, ma come cittadini o come uomini. E non si
puo' dire che cosi' facendo ci "immischiamo" di nulla, poiche' come
cittadini e come uomini siamo "immischiati" da sempre, perche' anche noi
siamo la "res publica". E un problema piu' "pubblico" dell'attuale decisione
sulla nostra sopravvivenza non c'e' mai stato e non ci sara' mai.
Rinunciando a "immischiarci", mancheremmo anche al nostro dovere
democratico.
*
Liquidazione dell'"agire". La distruzione possibile dell'umanita' appare
come un'"azione"; e chi collabora ad essa come un individuo che agisce. E'
giusto? Si' e no. Perche' no?
Perche' l'"agire"" in senso behavioristico non esiste pressoche' piu'. E
cioe': poiche' cio' che un tempo accadeva come agire, ed era inteso come
tale dall'agente, e' stato sostituito da processi di altro tipo: 1) dal
lavorare; 2) dall'azionare.
1) Lavoro come surrogato dell'azione. Gia' quelli che erano impiegati negli
impianti di liquidazione hitleriani non avevano "fatto nulla", credevano di
non aver fatto nulla perche' si erano limitati a "lavorare". Per questo
"lavorare" intendo quel tipo di prestazione (naturale e dominante, nella
fase attuale della rivoluzione industriale) in cui l'eidos del lavoro rimane
invisibile per chi lo esegue, anzi, non lo riguarda piu', e non puo' ne'
deve piu' riguardarlo. Caratteristica del lavoro odierno e' che esso resta
moralmente neutrale: "non olet", nessuno scopo (per quanto cattivo) del suo
lavoro puo' macchiare chi lo esegue. A questo tipo dominante di prestazione
sono oggi assimilate quasi tutte le azioni affidate agli uomini. Lavoro come
mimetizzamento. Questo mimetizzamento evita all'autore di un eccidio di
sentirsi colpevole, poiche' non solo non occorre rispondere del lavoro che
si fa, ma esso - in teoria - non puo' rendere colpevoli. Stando cosi' le
cose, dobbiamo rovesciare l'equazione attuale ("ogni agire e' lavorare")
nell'altra: "ogni lavorare e' un agire".
2) Azionare come surrogato del lavoro. Cio' che vale per il lavoro, vale a
maggior ragione per l'azionare, poiche' l'azionare e' il lavoro in cui e'
abolito anche il carattere specifico del lavoro: lo sforzo e il senso dello
sforzo. Azionare come mimetizzamento. Oggi, in realta', si puo' fare in tal
modo pressoche' tutto, si puo' avviare una serie di azionamenti successivi
schiacciando un solo bottone; compreso, quindi, il massacro di milioni. In
questo caso (dal punto di vista behavioristico) questo intervento non e'
piu' un lavoro (per non parlare di un'azione). Propriamente parlando non si
fa nulla (anche se l'effetto di questo non-far-nulla e' il nulla e
l'annientamento). L'uomo che schiaccia il tasto (ammesso che sia ancora
necessario) non si accorge piu' nemmeno di fare qualcosa; e poiche' il luogo
dell'azione e quello che la subisce non coincidono piu', poiche' la causa e
l'effetto sono dissociati, non puo' vedere che cosa fa. "Schizotopia", in
analogia a "schizofrenia". E' chiaro che solo chi arriva a immaginare
l'effetto ha la possibilita' della verita'; la percezione non serve a nulla.
Questo genere di mimetizzamento e' senza precedenti: mentre prima i
mimetizzamenti miravano a impedire alla vittima designata dell'azione, e
cioe' al nemico, di scorgere il pericolo imminente (o a proteggere gli
autori dal nemico), oggi il mimetizzamento mira solo a impedire all'autore
di sapere quello che fa. In questo senso anche l'autore e' una vittima; in
questo senso Eatherly e' una delle vittime della sua azione.
*
Le forme menzognere della menzogna attuale. Gli esempi di mascheramento ci
istruiscono sul carattere della menzogna attuale. Poiche' oggi le menzogne
non hanno piu' bisogno di figurare come asserzioni ("fine delle ideologie").
La loro astuzia consiste proprio nello scegliere forme di travestimento
davanti a cui non puo' piu' sorgere il sospetto che possa trattarsi di
menzogne; e cio' perche' questi travestimenti non sono piu' asserzioni.
Mentre le menzogne, finora, si erano camuffate ingenuamente da verita', ora
si camuffano in altre guise:
1) Al posto di false asserzioni subentrano parole singole, che danno
l'impressione di non affermare ancora nulla, anche se, in realta', hanno
gia' in se' il loro (bugiardo) predicato. Cosi', per esempio, l’espressione
"armi atomiche" e' gia' un'asserzione menzognera, poiche' sottintende,
poiche' da' per scontato, che si tratta di armi.
2) Al posto di false asserzioni sulla realta' subentrano (e siamo  al punto
che abbiamo appena trattato) realta' falsificate. Cosi' determinate azioni,
presentandosi come "lavori", sono rese diverse e irriconoscibili; cose'
irriconoscibili, e diverse da un'azione, che non rivelano piu' (neppure
all'agente) quello che sono (e cioe' azioni); e gli permettono, purche'
lavori "coscienziosamente', di essere un criminale con la miglior coscienza
del mondo.
3) Al posto di false asserzioni subentrano cose. Finche' l'agire si traveste
ancora da "lavorare", e' pur sempre l'uomo ad essere attivo; anche se non sa
che cosa fa lavorando, e cioe' che agisce. La menzogna celebra il suo
trionfo solo quando liquida anche quest'ultimo residuo: il che e' gia'
accaduto. Poiche' l'agire si e' trasferito (naturalmente in seguito
all'agire degli uomini) dalle mani dell'uomo in tutt'altra sfera: in quella
dei prodotti. Essi sono, per cosi' dire, "azioni incarnate". La bomba
atomica (per il semplice fatto di esistere) e' un ricatto costante: e
nessuno potra' negare che il ricatto e' un'azione. Qui la menzogna ha
trovato la sua forma piu' menzognera: non ne sappiamo nulla, abbiamo le mani
pulite, non c'entriamo. Assurdita' della situazione: nell'atto stesso in cui
siamo capaci dell'azione piu' enorme - la distruzione del mondo - l'"agire",
in apparenza, e' completamente scomparso. Poiche' la semplice esistenza dei
nostri prodotti e' gia' un "agire", la domanda consueta: che cosa dobbiamo
"fare" dei nostri prodotti (se, ad esempio, dobbiamo usarli solo come
"deterrent"), e' una questione secondaria, anzi fallace, in quanto omette
che le cose, per il fatto stesso di esistere, hanno sempre agito.
*
Non reificazione, ma pseudopersonalizzazione. Con l'espressione
"reificazione" non si coglie il fatto che i prodotti sono, per cosi' dire,
"agire incarnato", poiche' essa indica esclusivamente il fatto che l'uomo e'
ridotto qui alla funzione di cosa; ma si tratta invece dell'altro lato
(trascurato, finora, dalla filosofia) dello stesso processo: e cioe' del
fatto che cio' che e' sottratto all'uomo dalla reificazione, si aggiunge ai
prodotti: i quali, facendo qualcosa gia' per il semplice fatto di esistere,
diventano pseudopersone.
*
Le massime delle pseudopersone. Queste pseudopersone hanno i loro rigidi
principii. Cosi', per esempio, il principio delle "armi atomiche" e' affatto
nichilistico, poiche' per esse "tutto e' uguale". In esse il nichilismo ha
toccato il suo culmine, dando luogo all'"annichilismo" piu' totale.
Poiche' il nostro agire si e' trasferito nel lavoro e nei prodotti, un esame
di coscienza non puo' consistere oggi soltanto nell'ascoltare la voce nel
nostro petto, ma anche nel captare i principii e le massime mute dei nostri
lavori e dei nostri prodotti; e nel revocare e rendere inoperante quel
trasferimento: e cioe' nel compiere solo quei lavori dei cui effetti
potremmo rispondere anche se fossero effetti del nostro agire diretto; e
nell'avere solo quei prodotti la cui presenza "incarna" un agire che
potremmo assumerci come agire personale.
*
Macabra liquidazione dell'ostilita'. Se il luogo dell'azione e quello che la
subisce sono, come si e' detto, dissociati, e non si soffre piu' nel luogo
dell'azione, l'agire diventa agire senza effetto visibile, e il subire
subire senza causa riconoscibile. Si determina cosi' un'assenza d'ostilita',
peraltro affatto fallace.
La guerra atomica possibile sara' la piu' priva d'odio che si sia mai vista.
Chi colpisce non odiera' il nemico, poiche' non potra' vederlo; e la vittima
non odiera' chi lo colpisce, poiche' questi non sara' reperibile. Nulla di
piu' macabro di questa mitezza (che non ha nulla a che fare con l'amore
positivo). Cio' che piu' sorprende nei racconti delle vittime di Hiroshima,
e' quanto poco (e con che poco odio) vi siano ricordati gli autori del
colpo.
Certo l'odio sara' ritenuto indispensabile anche in questa guerra, e sara'
quindi prodotto come articolo a se'. Per alimentarlo, si indicheranno (e, al
caso, s'inventeranno) oggetti d'odio ben visibili e identificabili, "ebrei"
di ogni tipo; in ogni caso nemici interni: poiche' per poter odiare
veramente occorre qualcosa che possa cadere in mano. Ma quest'odio non
potra' entrare minimamente in rapporto con le azioni di guerra vere e
proprie: e la schizofrenia della situazione si rivelera' anche in cio', che
odiare e colpire saranno rivolti a oggetti completamente diversi.
*
Non solo per quest'ultima tesi, ma per tutte quelle qui formulate, bisogna
aggiungere che sono state scritte perche' non risultino vere. Poiche' esse
potranno non avverarsi solo se terremo continuamente presente la loro alta
probabilita', e se agiremo in conseguenza. Nulla di piu' terribile che aver
ragione. Ma a quelli che, paralizzati dalla fosca probabilita' della
catastrofe, si perdono di coraggio, non resta altro che seguire, per amore
degli uomini, la massima cinica: "Se siamo disperati, che ce ne importa?
Continuiamo come se non lo fossimo!".

4. INIZIATIVE. UN CONVEGNO A BARBARANO ROMANO IL 10 FEBBRAIO IN DIFESA DI
AMBIENTE E SALUTE
[Riportiamo il seguente comunicato del comitato dal titolo completo
"Un'apprezzata relazione della dottoressa Antonella Litta al convegno contro
le centrali a biomasse svoltosi il 10 febbraio a Barbarano Romano".
Antonella Litta e' la portavoce del Comitato che si oppone alla
realizzazione dell'aeroporto a Viterbo; svolge l'attivita' di medico di
medicina generale a Nepi (in provincia di Viterbo). E' specialista in
Reumatologia ed ha condotto una intensa attivita' di ricerca scientifica
presso l'Universita' di Roma "la Sapienza" e contribuito alla realizzazione
di uno tra i primi e piu' importanti studi scientifici italiani
sull'interazione tra campi elettromagnetici e sistemi viventi, pubblicato
sulla prestigiosa rivista "Clinical and Esperimental Rheumatology", n. 11,
pp. 41-47, 1993. E' referente locale dell'Associazione italiana medici per
l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia).
Gia' responsabile dell'associazione Aires-onlus (Associazione internazionale
ricerca e salute) e' stata organizzatrice di numerosi convegni
medico-scientifici. Presta attivita' di medico volontario nei paesi
africani. E' stata consigliera comunale. E' partecipe e sostenitrice di
programmi di solidarieta' nazionale ed internazionale. Presidente del
Comitato "Nepi per la pace", e' impegnata in progetti di educazione alla
pace, alla legalita', alla nonviolenza e al rispetto dell'ambiente]

Per iniziativa dell'Associazione italiana medici per l'ambiente
(International Society of Doctors for the Environment - Italia), del
Comitato per lo sviluppo e la tutela della Tuscia barbaranese, del Forum
Etruria, si e' svolto domenica 10 febbraio 2008 a Barbarano Romano (Viterbo)
un convegno di studi su "L'insostenibile incompatibilita' delle centrali a
biomassa nel territorio della Tuscia".
Di notevole rilievo le relazioni della dottoressa Antonella Litta, del
dottor Gianni Ghirga, del professor Valerio Baldacchini, del dottor Mauro
Mocci.
*
La dottoressa Litta, referente per il viterbese dell'Associazione italiana
medici per l'ambiente, e portavoce del comitato che si oppone all'aeroporto
di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, ha dimostrato
la necessita' di impedire la dissennata realizzazione di nuove opere
gravemente nocive per la salute della popolazione e dall'impatto devastante
sull'ambiente.
La dottoressa Litta ha anche ricordato il recente documento sottoscritto
dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici congiuntamente
all'Associazione italiana medici per l'ambiente sul nesso tra ambiente e
salute e sull'impegno dei medici in difesa dell'ambiente.
La dottoressa Litta ha anche riproposto il recente documento con cui
l'Associazione italiana medici per l'ambiente esprime una drastica
opposizione (rigorosamente argomentata sul piano scientifico e medico) ad
ogni trattamento dei rifiuti tramite inceneritori.
La dottoressa Litta ha anche dimostrato, con precise citazioni testuali di
documenti ufficiali, come l'Amministrazione Provinciale di Viterbo abbia
preso recentemente decisioni profondamente errate e scandalosamente dannose
per la salute dei cittadini e per l'ecosistema locale.
La dottoressa Litta, come anche il dottor Mocci, hanno nuovamente
sottolineato la necessita' di opporsi anche a un'opera devastante come il
mega-aeroporto di Viterbo, cosi' come alla riconversione a carbone della
centrale Enel di Torvaldaliga Nord a Civitavecchia, cosi' come alla
realizzazione di inceneritori nell'Alto Lazio (come ovunque).
*
I partecipanti al convegno hanno espresso un persuaso sostegno all'impegno
del movimento che nell'Alto Lazio lotta in difesa dell'ambiente e del
diritto alla salute.

5. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE ALL'AEROPORTO DI
VITERBO

Per informazioni e contatti: Comitato contro l'aeroporto di Viterbo e per la
riduzione del trasporto aereo: e-mail: info at coipiediperterra.org , sito:
www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa
Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it
Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it

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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 74 dell'11 febbraio 2008

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