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Minime. 362
- Subject: Minime. 362
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 11 Feb 2008 00:37:08 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 362 dell'11 febbraio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Maria G. Di Rienzo: Perche' si' 2. Armando Timballi: Il diritto di votare 3. Severino Vardacampi: L'argomento dell'acqua fresca 4. Letizia Lanza: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 5. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" 6. Gustavo Zagrebelsky: Ancora una violenza sulle donne 7. Daniele Archibugi presenta "Memorie di un soldato bambino" di Ishmael Beah e "Un esercito di bambini" di David Rosen 8. Letture: Lorca. Vita, poetica, opere scelte 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: PERCHE' SI' [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Con Michele Boato e Mao Valpiana ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza? Discutiamone il 2 marzo a Bologna". Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81] Perche' questo appello, questo tentativo, questo azzardo? Perche' mi piacerebbe andare a votare: potendo scegliere qualcuno in cui ho fiducia; senza turarmi il naso; senza considerazioni sul "voto utile" che poi si rivela ampiamente inutile se non dannoso; ritrovando, per quanto lo permette una legge elettorale vergognosa, il piacere di esercitare un diritto/dovere democratico; sorridente e convinta, non mugugnante e riottosa come negli ultimi dieci anni. Perche' il contributo storico del femminismo, in tutto il mondo, ai grandi progetti di cambiamento e liberazione (dall'antischiavismo ai diritti sul lavoro, dalla resistenza ai fascismi a quella alla violenza di genere) merita di essere nominato e accolto. Il femminismo sa riconoscere con immediatezza "di cosa parliamo quando parliamo di politica": non di un gioco elettorale o di regime a somma zero, ma delle relazioni di potere nella societa' umana, dell'abuso del potere, di quanto politica ogni relazione sia in presenza di dinamiche di potere. Perche' non ne posso piu' delle parole-contenitore come "modernizzazione", "riforme", "il nuovo soggetto politico", eccetera, senza che nessuno si degni di dirmi cosa vuole modernizzare, cosa vuole riformare, e perche', e magari en passant cos'ha di nuovo un politico alla quarta o quinta legislatura. Perche' non voglio essere piu' menata per il naso con la storia della "governance". La quale sarebbe, in sintesi, la regolazione della vita politica a differenti livelli come governi locali, attori statali e non statali, comunita' di persone, movimenti sociali, con alla base l'assunzione di uno spostamento nelle "sfere d'autorita'", dallo stato (e dai rapporti tra stati) alla presenza di attori e luoghi molteplici. E invece e' diventata un'ideologia che assicura la continuazione del discorso neoliberista evocando immagini di manager e tecnici, sondaggi e grafici, aziendale efficienza e cosi' via, dichiarando di risolvere i problemi in modo "oggettivo". La questione e' non solo che welfare e sfrenata liberta' del mercato si contraddicono tra loro (riducendo la protezione sociale a regalia del Signore in carica), ma che i prodotti di questo concetto di governance si sono dimostrati altamente inefficienti nel proteggere l'ecosistema Terra ed i suoi abitanti. Tutto quel che hanno fatto e' stato "mercatizzare" le istituzioni, tendendo a privatizzare il piu' possibile servizi sociali e beni comuni. Perche' vorrei confrontarmi con la politica reale, e non con la politica spettacolo. Una volta credevo che il transito dai parlamenti ai salottini televisivi fosse una degenerazione spontanea del fioco lume, ora vedo che e' inevitabile progetto di governance, perche' colonializza la vita sociale: non e' un mero susseguirsi di immagini futili e discorsi fumosi, di giarrettiere esibite e di strilli cafoni, bensi' una relazione sociale tra persone mediata e filtrata da immagini; e' il progetto ed il risultato degli attuali modelli produttivi. L'immaginazione popolare e' ormai piena di salotti cialtroni, li' sta il potere, e il massimo a cui puoi/devi aspirare e' sederti in poltrona anche tu. Perche' voglio un'analisi di genere della politica economica e delle relazioni tra stato e mercato; una sfida alla divisione tra pubblico e privato, e un impegno a trasformare le relazioni di genere che informano le basi di ogni politica, giacche' le relazioni di genere sono costitutive dell'identita' "stato" e cruciali nella persistenza di moduli patriarcali nei campi della produzione e della riproduzione. Perche' se non ci proviamo non sapremo mai se e' possibile. Perche' abbiamo bisogno di guardarci negli occhi, di sorriderci, di darci una pacca sulla spalla e di discutere animatamente... Insomma, perche' si'. 2. RIFLESSIONE. ARMANDO TIMBALLI: IL DIRITTO DI VOTARE Io non voto per i partiti che hanno votato per la guerra, le stragi e il razzismo. Io non voto per i partiti che hanno violato la Costituzione. Io non voto per i partiti che ritengono cosa da nulla assassinare oggi gli afgani, e domani forse anche me e te. * Eppure non voglio essere privato del diritto di votare. Per questo vorrei che ci fossero liste di persone amiche della nonviolenza. Liste femministe, ecologiste, antirazziste, antimafia: liste di persone amiche della nonviolenza. Liste socialiste e libertarie, liste che prendono sul serio l'antica parola "Tu non uccidere, tu salva le vite": liste di persone amiche della nonviolenza. * Come potremo contrastare la guerra e il riarmo se non portiamo anche in parlamento la lotta contro la guerra e il riarmo? Come potremo fermare l'ecocidio e il femminicidio se non portiamo anche in parlamento la lotta per difendere l'ambiente e contrastare patriarcato e maschilismo? Come potremo promuovere i diritti umani di tutti gli esseri umani se non portiamo anche in parlamento la lotta contro il modo di produzione dello sfruttamento, contro il regime della corruzione, contro le ideologie e le pratiche della violenza razzista e mafiosa? 3. RIFLESSIONE. SEVERINO VARDACAMPI: L'ARGOMENTO DELL'ACQUA FRESCA C'e' gente per cui e' acqua fresca il fatto che un governo abbia violato la Costituzione cui aveva giurato fedelta' ed in forza della quale esercitava il potere esecutivo. Per noi non e' acqua fresca. * C'e' gente per cui e' acqua fresca il fatto che un governo tenga l'Italia in guerra, una guerra che sta massacrando un popolo. Per noi non e' acqua fresca. * C'e' gente per cui e' acqua fresca il fatto che un governo teorizzi e pratichi il razzismo, legiferi i campi di concentramento e le deportazioni, perseguiti i piu' oppressi. Per noi non e' acqua fresca. * C'e' gente per cui e' acqua fresca il fatto che un governo faccia una politica di riarmo, una politica che distrugge ambiente e salute, una politica a vantaggio delle classi rapinatrici e a danno delle classi sfruttate, dei popoli oppressi, dei quattro quinti dell'umanita'. Per noi non e' acqua fresca. * C'e' gente per cui e' acqua fresca il fatto che un governo e una coalizione di governo sia gremita di corrotti e corruttori. Per noi non e' acqua fresca. * Noi non vogliamo votare i partiti della guerra, del razzismo, della distruzione della biosfera; noi non vogliamo votare i partiti del patriarcato, dell'eversione dall'alto, dell'illegalitarismo dei potenti, del terrorismo di stato; Noi non vogliamo votare i partiti delle stragi. * Alle imminenti elezioni politiche occorre la presenza di liste della sinistra della nonviolenza. Liste femministe ed ecologiste, socialiste e libertarie, antirazziste ed antimafia, che affermino il riconoscimento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani; liste di persone persuase di quella fondamentale verita' che Gandhi affermava dicendo che tra i mezzi e i fini vi e' lo stesso rapporto che vi e' tra il seme e la pianta; liste che portino nell'organo legislativo del nostro ordinamento giuridico democratico la proposta politica della nonviolenza. La nonviolenza presa sul serio. La nonviolenza in cammino. 4. AMICIZIE. LETIZIA LANZA: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Letizia Lanza (per contatti: letizialanza at libero.it) per questo intervento. Letizia Lanza e' una prestigiosa intellettuale e poetessa; laureata in lettere antiche presso l'Universita' degli Studi di Padova (con una tesi in archeologia cristiana), perfezionatasi presso l'Universita' degli Studi di Urbino (con una tesi in scienze dell'antichita' - Indirizzo filologico), da lunghi anni interessata alla attivita' di ricerca persegue una prospettiva di indagine di filologia storico-femminile, esplicandola sia al riguardo dei documenti del passato sia nei confronti delle voci letterarie (italiane e straniere) del presente: nell'ambito della classicita', suoi filoni privilegiati di studio sono la poesia epica, essenzialmente "omerica" (con la dotta contre-partie rappresentata dalla produzione parodica), la lirica greca arcaica, la tragedia di Sofocle ed Euripide, ampi stralci della produzione storica e letteraria della latinita'; a cio' si aggiungono, ora piu' frequenti, le appassionate incursioni nel mondo dell'archeologia; nell'ambito della modernita', i suoi interessi si appuntano principalmente su presenze femminili "forti" quali Christine de Pizan, Emily Dickinson, Virginia Woolf, Maria Zambrano, Ingeborg Bachmann - sia pure non trascurando, di entrambi i generi, voci magari piu' recenti e vicine (bastino tra tanti i nomi di Cesare Ruffato e Paolo Valesio); sul piano socio-politico e' impegnata anche con interventi scritti in difesa dell'ambiente, della biodiversita', della pace, della convivenza aperta nei confronti dell'altro/a, quindi aliena da violenza; oltre all'attivita' di scrittura, assieme all'impegno in seminari o lezioni universitarie (facolta' di lettere di Bologna e Padova) ha preso parte a conferenze, convegni e iniziative presso varie strutture (fondazioni, associazioni, musei, istituzioni culturali le piu' varie) e collaborato a molte riviste e siti web; ha collaborato tra l'altro con la Fondazione Scientifica Querini Stampalia Onlus di Venezia, con l'Associazione Iasos di Caria, con la rivista della Boemia meridionale "Relationes Budvicenses", con la rivista veneziana "Nexus", con la Fondazione Luciano Bianciardi di Grosseto, con il sito de "L'araba fenice", con la rivista on line "Senecio"; fa parte dell'Associazione italiana di cultura classica, sezione di Venezia; fa parte della Societa' italiana delle letterate; assieme a Luana Castelli, Francesca Dissera, Anna Ponti e altre amiche veneziane fa parte del gruppo di ricerca "Geografia di genere - Geografia di citta'" coordinato da Tiziana Plebani. Tra le opere di Letizia Lanza: Archestrato, il cuoco degli dei (scritto in collaborazione con C. D'Altilia, illustrato da M. Vulcanescu), Abano Terme, Piovan Editore 1988; Sofocle. Problemi di tradizione indiretta (scritto in collaborazione con L. Fort, premessa di M. Geymonat), Padova, Editoriale Programma 1991; Ritorno ad Omero. Con due appendici sulla poesia africana, Venezia, Supernova 1994; Scritti di donna, Venezia, Supernova 1995; Il gioco della parola (1987-1995), Venezia, Supernova 1995; Eidola. Immagini dal fare poetico, Venezia, Supernova 1996; Scripta selecta. Da oggi a oggi, Venezia, Supernova 1997; Vipere e demoni. Stereotipi femminili dell'antica Grecia, Venezia, Supernova 1997; Donne greche (e dintorni). Da Omero a Ingeborg Bachmann, Venezia, Supernova 2001; Grecita' femminile. L'altra Penelope, Venezia, Supernova 2001; Frustoli di scrittura. Tra paganesimo e misticismo (postfazione di M. Ferrari), Venezia, Supernova 2002; Il diavolo nella rete (premessa di F. Santucci, postfazione di G. Lucini), Novi Ligure, Edizioni Joker 2003; Diabolica. Da oggi a ieri, Venezia, Supernova 2004; Poesie soffocate, Venezia, Poligrafica 2005; Ludi, ghiribizzi e varie golosita', Venezia, Supernova 2005; Levia Gravia 2004-2005, Venezia, Poligrafica 2006; Le donne e l'antico. Ed. L. Fort - I. Lisovy, Ceske' Budejovice-Venezia, Johanus 2006; Litora vitae honestae. Disputationes de magistro nostro, collega et amico, Professore Franco Sartori (1922-2004). Ed. I. Lisovy - L. Lanza, Ceske' Budejovice-Venezia, Lafoli 2006; Vino donne amori (di varia antichita'), Venezia, Supernova 2006] Ho richiesto, e puntualmente avuto, un numero di "Azione nonviolenta" (agosto-settembre 2007). Gia' avevo comunicato l'intenzione di abbonarmi: mi ha fatto piacere, comunque, vedere la mia scelta confermata dalla pagina scritta. Le firme, a cominciare dal direttore, sono autorevoli e affidabili; le tematiche essenziali (vitali: basti l'inserto sul pianeta "messo in crisi dagli umani"); le proposizioni serie e oneste. Giustamente - cito un nome per tutti - Enrico Peyretti ribadisce la necessita' di "puntare, nella tragedia dei tempi, sul positivo, sul 'programma costruttivo' gandhiano da tradurre nei nostri giorni". E si premura in aggiunta di ribadire "una cosa importante: la nonviolenza e' politica" (p. 8). Ora: non viene mai ricordato abbastanza come la politica, aristotelicamente intesa, investa (debba consapevolmente investire) ogni nostra scelta orientamento pensiero. E di questa scelta orientamento pensiero e' necessario che ciascuno e ciascuna sappia rendersi consapevole portavoce, testimone quanto piu' incisivo possibile. Se dunque e' vero che la capacita' di incidere risulta, ogni giorno di piu', direttamente proporzionale alla capacita'/possibilita' di diffondere (coinvolgere) su larga, larghissima scala, ecco di fondo la ragione (non certo l'unica, peraltro) della mia adesione alla gloriosa rivista gia' di Aldo Capitini. 5. INDICAZIONI PRATICHE. PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA" "Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964; e' un mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. Redazione, direzione e amministrazione sono in via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona. Oppure bonifico bancario sullo stesso conto presso BancoPosta ABI 07601 - CAB 11700. Speificare nella causale "Abbonamento a 'Azione nonviolenta'". E' possibile chiedere una copia omaggio della rivista, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'". 6. RIFLESSIONE. GUSTAVO ZAGREBELSKY: ANCORA UNA VIOLENZA SULLE DONNE [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso sul quotidiano "La Repubblica" del 28 gennaio 2008 col titolo "La moratoria sull'aborto: ultima violenza alle donne". Gustavo Zagrebelsky, nato nel 1943 a San Germano Chisone (To), illustre costituzionalista, docente universitario, giudice della Corte Costituzionale (e suo presidente, quindi presidente emerito); componente dei comitati scientifici delle riviste "Giurisprudenza costituzionale", "Quaderni costituzionali", "Il diritto dell'informazione", "L'Indice dei libri", e della Fondazione Roberto Ruffilli; socio corrispondente dell'Accademia delle Scienze di Torino, gia' collaboratore del quotidiano "La Stampa"; per la casa editrice Einaudi dirige la collana "Lessico civile"; autore di vari volumi e saggi, ha collaborato al commentario alla Costituzione italiana diretto da Giuseppe Branca. Tra i suoi numerosi lavori segnaliamo particolarmente Amnistia, indulto e grazia. Problemi costituzionali,1972; Manuale di diritto costituzionale. Il sistema costituzionale delle fonti del diritto, 1974, 1978; La giustizia costituzionale,1978, 1988; Societa', Stato, Costituzione. Lezioni di dottrina dello Stato, 1979; Le immunita' parlamentari, Einaudi, Torino 1979; Il diritto mite, Einaudi, Torino 1992; Questa Repubblica, Le Monnier, Firenze 1993; Il "crucifige" e la democrazia, Einaudi, Torino 1995; (con Pier Paolo Portinaro e Joerg Luther, a cura di), Il futuro della costituzione, Einaudi, Torino 1996; La giustizia costituzionale, Il Mulino, Bologna 1996; (con Carlo Maria Martini), La domanda di giustizia, Einaudi, Torino 2003; (a cura di), Diritti e Costituzione nell'Unione europea, Laterza, Roma-Bari 2003, 2005; (con M. L. Salvadori, R. Guastini, M. Bovero, P. P. Portinaro, L. Bonanate), Norberto Bobbio tra diritto e politica, Laterza, Roma-Bari 2005; Imparare la democrazia, Gruppo editoriale L'Espresso, Roma 2005; Principi e voti, Einaudi, Torino 2005] In una concezione non dogmatica ma (auto)critica della democrazia, quale e' propria di ogni spirito laico, nessuna decisione presa e', per cio' stesso, indiscutibile. Il rifiuto della ri-discussione e' per cio' stesso una posizione dogmatica, che puo' nascondere un eccesso o un difetto di sicurezza circa le proprie buone ragioni. Questo, in linea di principio, riguarda dunque anche la legge sull'interruzione volontaria della gravidanza, "la 194", che pur ha dalla sua due sentenze della Corte costituzionale e un referendum popolare. Ma una discussione costruttiva e, mi sia permesso dire, onesta e' il contrario delle parole d'ordine a effetto, che fanno confusione, servono per "crociate" che finiscono per mettere le persone le une contro le altre. Lo slogan "moratoria dell'aborto", stabilendo una "stringente analogia" (il cardinal Bagnasco alla Cei, il 21 gennaio) tra pena di morte e aborto, accomunati come assassinii legali, ha si' riaperto il problema, ma in modo tale da riaprire anche uno scontro sociale e culturale che vedrebbe, nientemeno, schierati i fautori della vita contro i fautori della morte: i primi, paladini dei valori cristiani; i secondi, intossicati dal famigerato relativismo etico. Insomma, alle solite, un nuovo fronte di quello "scontro di civilta'" che molti, insofferenti della difficile tolleranza, mentre dicono di paventarlo, lo auspicano. Siamo di fronte, come si e' detto, a una "iniziativa amica delle donne"? Vediamo. La questione aborto e' un intreccio di violenze. Innanzitutto, indubitabilmente, la violenza sull'essere umano in formazione, privato del diritto alla vita. Ma, in numerose circostanze, ci puo' essere violenza nella gravidanza stessa, questa volta contro la donna, quando la salute ne sia minacciata, non solo nel corpo ma anche nella mente, da sentimenti di colpa o di sopraffazione, solitudine, indigenza, abbandono. La donna incinta, nelle condizioni normali, e' l'orgoglio, onorato e protetto, della societa' di cui e' parte; ma, nelle situazioni anormali, puo' diventarne la vergogna, il peso o la pietra dello scandalo, scartata e male o punto tollerata. D'altra parte, non solo la gravidanza, ma l'aborto stesso, percepito come via d'uscita da situazioni di necessita' senza altro sbocco, si traduce in violenza anche verso la donna, costretta a privarsi del suo diritto alla maternita'. C'e' poi un potenziale di somma violenza nella capacita' limitata delle societa' umane ad accogliere nuovi nati. La naturale finitezza della terra e delle sue risorse sta contro la pressione demografica crescente e la durata della vita umana. L'iniqua ripartizione dei beni della terra tra i popoli, poi, induce soprattutto le nazioni piu' povere a politiche pubbliche di limitazione della natalita' che si avvalgono, come loro mezzo, dell'aborto. Violenze su violenze d'ogni origine, dunque: violenza della natura sulle societa'; delle societa' sulla donna; della donna su se stessa e sull'essere indifeso ch'essa porta in se'. E' certamente una tragica condizione quella in cui il concepimento di un essere umano porta con se' un tale potenziale di violenza. Noi forse comprendiamo cosi' il senso profondo della maledizione di Dio: "Moltiplichero' i tuoi dolori e le tue gravidanze"ª (Gen., 3, 22). Si potrebbe dire che l'aborto, nella maggior parte dei casi, e' violenza di deboli su piu' deboli, provocata da una violenza anteriore. Ma questa e' la condizione umana, fino a quando essa patisce la crudelta' della natura e l'ingiustizia della societa'; una condizione che nessuna minaccia di pene anche severissime, con riguardo all'ultimo anello della catena, quello che unisce la donna al concepito, ha mai potuto cambiare, ma ha sempre e solo sospinto nella clandestinita', con un ulteriore carico di umiliazione e violenza, fisica e morale. In questo quadro, che molte donne conoscono bene, che cosa significa la parola moratoria? Dove si inserirebbe, in questa catena di violenza? La domanda e' capitale per capire di che cosa parliamo. Una cosa e' chiedere alle Nazioni Unite di condannare i Paesi che usano l'aborto come strumento di controllo demografico e di selezione "di genere". Un celebre scritto del premio Nobel Amartya Sen, pubblicato sulla "New York Review of Books" del 1991, ha richiamato l'attenzione sul fatto che "piu' di 100 milioni di donne mancano all'appello". Si mostrava lo squilibrio esistente e crescente tra maschi e femmine in Paesi come l'India e la Cina (ma la questione riguarda tutto l'estremo Oriente: quasi la meta' degli abitanti del pianeta). Si prevede, ad esempio, che in Cina, nel 2030, l'eccesso di uomini sul "mercato matrimoniale" potrebbe raggiungere il 20%, con drammatiche conseguenze sociali. Le ragioni sono economiche, sociali e culturali molto profonde, radicate e differenziate. Le cause immediate, pero', sono l'aborto selettivo e l'infanticidio a danno delle bambine, oltre che l'abbandono nei primi anni di vita. In quanto, pero', vi siano politiche pubbliche di incentivazione o, addirittura, di imposizione, la richiesta di "moratoria" ha certamente un senso. Si interromperebbe la catena della violenza al livello della cosiddetta bio-politica, con effetti liberatori. E' diverso, in riferimento alle societa' dove l'aborto non e' imposto, ma e', sotto certe condizioni, ammesso. "Moratoria" non puo' significare che divieto. Per noi, sarebbe un tornare a prima del 1975, quando la donna che abortiva lo faceva illegalmente, e dunque clandestinamente, rischiando severe sanzioni. Questo esito, per ora, non e' dichiarato. I tempi paiono non consentirlo. Ci si limita a chiedere la "revisione" della legge che "regola" l'aborto. Ma l'obbiettivo e' quello, come la "stringente analogia" con l'abolizione della pena di morte mostra e come del resto dice il cardinal Bagnasco: "Non ci puo' mai essere alcuna legge giusta che regoli l'aborto". Qual e' il punto della catena di violenza che la "moratoria" mira a colpire? E' l'ultimo: quello che drammaticamente mette a tu per tu la donna e il concepito. Isolando il dramma dal contesto di tutte le altre violenze, e' facile dire: l'inerme, il fragile, l'incolpevole deve essere protetto dalla legge, contro l'arbitrio del piu' forte. Ma la donna, a sua volta, e' soggetto debole rispetto a tante altre violenze psicofisiche, morali, sociali, economiche, incombenti su di lei. La legge che vietasse l'aborto finirebbe per caricarla integralmente dell'intero peso della violenza di cui la societa' e' intrisa: un peso in molti casi schiacciante, giustificabile solo agli occhi di chi concepisce la maternita' come preminente funzione biologico-sociale che ha nell'apparato riproduttivo della donna il suo organo: "Moltiplichero' i tuoi dolori e le tue gravidanze", appunto. Si comprende, cosi', che la questione dell'aborto ha sullo sfondo la concezione primaria delle donne come persone oppure come strumenti di riproduzione. E si comprende altresi' la ribellione femminile a questa visione della loro sessualita' come ufficio sociale. "La condizione della donna gestante e' del tutto particolare" e non e' giusto gravarla di tanto peso, ha detto la Corte costituzionale in una sua sentenza del 1975, la n. 27. Convivono due soggetti, l'uno dipendente dall'altro, entrambi titolari di diritti, potenzialmente in contraddizione: tragicamente, la donna puo' diventare nemica del concepito; il concepito, della donna. Da un lato, sta la tutela del concepito fondata sul riconoscimento costituzionale dei diritti inviolabili dell'uomo, "sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie", trattandosi di chi "persona deve ancora diventare". Dall'altro, sta il diritto all'esistenza e alla salute della donna, che "e' gia' persona". Il riconoscimento pieno del diritto di uno si traduce necessariamente nella negazione del diritto dell'altro. Per questo, e' incostituzionale l'obbligo giuridico di portare a termine la gravidanza "costi quel che costi"; ma, per il verso opposto, e' incostituzionale anche la pura e semplice volonta' della donna, cioe' il suo "diritto potestativo" sul concepito (sent. n. 35 del 1997). Si sono cercate soluzioni, per cosi' dire, intermedie, ed e' cio' che ha fatto "la 194", prevedendo assistenza sanitaria, limiti di tempo, ipotesi specifiche (stupro o malformazioni) e procedure presso centri ad hoc che accompagnano la donna nella sua decisione: una decisione che, a parte casi particolari (ragazze minorenni), e' sua. La donna, dunque, alla fine, e' sola di fronte al concepito e, secondo le circostanze, puo' essere tragicamente contro di lui. Qui, una mediazione tra i due diritti in conflitto (della donna e del concepito) non e' piu' possibile: aut aut. Le posizioni di principio sono incompatibili, oggi si dice "non negoziabili": l'autodeterminazione della donna contro l'imposizione dello Stato; la procreazione come evento di rilevanza principalmente privata o principalmente pubblica; la concezione del feto come soggetto non ancora formato o come persona umana in formazione; la legge come strumento di mitigazione dei disastri sociali (l'aborto clandestino) o come testimonianza di una visione morale della vita. Alla fine, il vero contrasto e' tra una concezione della societa' incentrata sui suoi componenti, i loro diritti e le loro responsabilita', e un'altra concezione incentrata sull'organismo sociale, i cui componenti sono organi gravati di doveri, anche estremi. Si veda il dissidio, per cosi' dire, allo stato puro nel caso della scelta tra la vita della madre e quella del feto, quando non e' possibile salvare e l'una e l'altra: la sensibilita' non cattolica piu' diffusa dice: prevalga la vita della donna, persona in atto; la morale cattolica dice: prevalga la vita del nascituro, persona solo in potenza. Sul terreno delle circostanze, a differenza di quello dei principi, e' possibile lavorare pragmaticamente per ridurre, nei limiti del possibile, le violenze generatrici di aborto. Educazione sessuale, per prevenire le gravidanze che non si potranno poi sostenere; giustizia sociale, per assicurare alle giovani coppie la tranquillita' verso un avvenire in cui la nascita di un figlio non sia un dramma; occupazione e stabilita' nel lavoro, per evitare alla donna il ricatto del licenziamento; servizi sociali e sostegni economici a favore della liberta' dei genitori indigenti. Dalla mancanza di tutto questo dipende l'aborto "di necessita'", che - si dira' - e' pero' una parte soltanto del problema. Ma l'altra parte, l'aborto "per leggerezza", trovera' comunque le sue vie di fatto per chi ha i mezzi di procurarselo, indipendentemente dalla legge. In ogni caso, non e' accettabile che di necessita' e leggerezza si faccia un unico fascio a danno dei piu' deboli, spinti dalla necessita', e li si metta sotto la cappa inquisitoriale della criminalizzazione e delle intimidazioni morali, come l'equiparazione dell'aborto all'omicidio e della donna all'omicida. La sorte dei concepiti non voluti si consumera' ugualmente, nel comfort delle cliniche private o nella solitudine, nell'umiliazione e nel rischio per l'incolumita'. L'esito del referendum del 1981 che, a grande maggioranza (il 68%) ha confermato "la 194", dipese di certo dal ricordo ancora vivo di cio' che era stato l'aborto clandestino. Ci si puo' augurare che non se ne debba rifare l'esperienza, per ravvivare il ricordo. 7. LIBRI. DANIELE ARCHIBUGI PRESENTA "MEMORIE DI UN SOLDATO BAMBINO" DI ISHMAEL BEAH E "UN ESERCITO DI BAMBINI" DI DAVID ROSEN [Dal quotidiano "IL manifesto" del 9 febbraio 2008, col titolo "La tragedia dei bambini soldato. Vittime e carnefici in pantaloni corti" e il sommario "Le memorie di Ishmael Beah e l'analisi dell'antropologo David Rose. Dalla Sierra Leone all'Intifada palestinese, la presenza di giovanissimi armati nelle guerre civili e nei movimenti di liberazione nazionale". Su Daniele Archibugi Dal suo sito personale (www.danielearchibugi.org) riprendiamo la seguente scheda: "Daniele Archibugi (Roma, 1958) e' dirigente tecnologo del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Irpps, Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali e professore di Innovation, Governance and Public Policy all'Universita' di Londra, Birkbeck College. Si e' laureato in Economia e Commercio presso l'Universita' di Roma "La Sapienza" con Federico Caffe' e ha conseguito il dottorato di ricerca in Science and Technology Policy Studies (Spru) presso l'Universita' del Sussex, dove ha lavorato con Chris Freeman e Keith Pavitt. E' stato stagiaire presso la Commissione Europea a Bruxelles (1981) e Junior Consultant presso l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico a Parigi (1983). Ha svolto attivita' di ricerca e didattica presso le Universita' del Sussex, di Cambridge, di Napoli e di Roma "La Sapienza" e "Tor Vergata". Nell'anno accademico 2003-2004 e' stato Leverhulme Visiting Professor alla London School of Economics and Political Science. Nel'anno accademico 2004-2005 e' stato Lauro de Bosis Visiting Professor alla Harvard University. E' consulente di varie organizzazioni internazionali quali la Comunita' Europea, l'Ocse e varie agenzie delle Nazioni Unite. Dal febbraio 1997 al febbraio 2002 e' stato Commissario dell'Autorita' sui servizi pubblici locali del Comune di Roma. La sua attivita' didattica e i suoi interessi di ricerca si sono indirizzati verso l'economia del cambiamento tecnologico, la globalizzazione e i problemi dell'organizzazione internazionale. Pubblicazioni: Nell'ambito degli studi economici, ha pubblicato articoli su diverse riviste italiane e internazionali e i seguenti volumi: (co-curatore con Bengt-Ake Lundvall), The Globalising Learning Economy, Oxford University Press, Oxford, 2001; (co-autore con Giuseppe Ciccarone, Mauro Mara', Bernardo Pizzetti e Flaminia Violati), Il triangolo dei servizi pubblici, Marsilio, Venezia, 2000; (co-curatore con Jonathan Michie), Innovation Policy in a Global Economy, Cambridge University Press, Cambridge, 1999; (co-curatore con Jonathan Michie), Trade, Growth and Technical Change, Cambridge University Press, Cambridge, 1998; (co-curatore con Jonathan Michie), Technology, Globalisation and Economic Performance, Cambridge University Press, Cambridge, 1997; (co-curatore con Gianfranco Imperatori), Economia globale e innovazione, Donzelli, Roma, 1997; (co-autore con Mario Pianta), The Technological Specialization of Advanced Countries, Kluwer, Dordrecht, 1992; (co-curatore con Enrico Santarelli), Cambiamento tecnologico e sviluppo industriale, Franco Angeli, Milano, 1990. E' membro del comitato editoriale delle riviste "Research Policy", "Technological Forecasting and Social Change", "Technovation", "Technology Analysis and Strategic Management" e "International Journal of Technology and Globalisation" e ha curato un numero speciale del "Cambridge Journal of Economics" su Technology and Innovation. Nell'ambito degli studi sull'organizzazione internazionale, ha pubblicato articoli su diverse riviste italiane e internazionali e i seguenti volumi: (curatore), Debating Cosmopolitics, Verso, London, 2003; (co-autore con David Beetham), Diritti umani e democrazia cosmopolitica, Feltrinelli, Milano, 1998; (co-curatore con David Held e Martin Koehler), Reimagining Political Community. Studies in Cosmopolitan Democracy, Polity Press, Cambridge, 1998; (co-curatore con David Held), Cosmopolitan Democracy. An Agenda for a New World Order, Polity Press, Cambridge, 1995; Il futuro delle Nazioni Unite, Edizioni Lavoro, Roma, 1995; (curatore), Cosmopolis. E' possibile una democrazia sovranazionale?, Manifestolibri, Roma, 1993; (co-curatore con Franco Voltaggio), Filosofi per la pace, Editori Riuniti, Roma, 1991 e 1999. E' membro del comitato di redazione di "Peace Review. A Transnational Journal", "Ethics & Politics Review", "Lettera Internazionale" e "Giano. Pace, ambiente, problemi globali". Ha curato un numero speciale di "Peace Review" dedicato a Global Democracy". Ishmael Beah e' nato in Sierra Leone nel 1980. Ha raggiunto gli Stati Uniti nel 1998. Dopo aver terminato gli studi superiori alla United Nations International School di New York, nel 2004 si e' laureato in scienze politiche all'Oberlin College. Membro dello Human Rights Watch Children's Rights Division Advisory Committee, ha parlato numerose volte alle Nazioni Unite, al Council on Foreign Relations e al Center for Emerging Threats and Opportunities. Vive a New York. Opere di Ishmael Beah, Memorie di un soldato bambino, Neri Pozza, 2007. David Rosen e' docente di antropologia alla Fairleigh Dickinson University di Madison, New Jersey. Opere di David Rosen: Un esercito di bambini, Raffaello Cortina Editore, Milano 2007] Le Memorie di un soldato bambino sono diventate un best seller internazionale (Neri Pozza, pp. 249, euro 15,50). Ishmael Beah, il suo giovane autore, ne ha di cose da raccontare: strappato al rap, al calcio e alla scuola dalla guerra civile in Sierra Leone, Ishmael ha visto il suo paese distrutto e la sua famiglia sterminata. In compagnia di un pugno di coetanei dodicenni, si e' trovato a vagare sperduto per sopravvivere, a rischiare di essere ucciso e a essere scacciato da villaggi impauriti e diffidenti a causa delle razzie compiute dai bambini armati. Storie di ordinaria follia associate a quelle che Mary Kaldor ha definito le "nuove guerre", ossia conflitti intestini dove tutti sono nemici di tutti, mentre l'autorita' statale si dissolve: lingua, razza, eta', oltre che opinioni politiche e fede religiosa, diventano ottimi motivi per scannarsi. La sopravvivenza non e' piu' una questione collettiva e neppure familiare: quando lo stato e' in dissoluzione, ognuno deve badare a se stesso. Ishmael e i suoi amici si arruolano perche' volevano combattere contro chi aveva distrutto il loro universo infantile e ucciso i loro cari. Ma forse questi bambini avevano anche capito che si e' piu' sicuri con un fucile in mano piuttosto che con uno puntato contro. La vita del bambino soldato non consente sentimentalismi. Ben presto Ishmael e' chiamato a commettere gli stessi crimini di cui e' stato vittima: stermina famiglie e incendia villaggi come aveva visto fare ai suoi aggressori. Per sopravvivere, ricorre al saccheggio. Ishmael e' stato pero' inserito in un programma di riabilitazione dell'Unicef per bambini soldato. Grazie alla sua eloquenza, ha potuto lasciare il paese, frequentare la Scuola internazionale delle Nazioni Unite a Manhattan, dove si e' laureato, e perorare al Palazzo di vetro la causa delle generazioni cui la guerra ha rubato l'infanzia. Eppure, la narrazione, degna di ispirare una sceneggiatura made in Hollywood, e' costruita con fin troppa sapienza. In controluce si intravede la ben plasmata immagine che le organizzazioni umanitarie vogliono trasmettere dei bambini soldato. Secondo questa visione, i bambini che decidono di combattere lo fanno perche' costretti con la forza, oppure perche' il loro mondo e' stato stravolto da eventi piu' grandi di loro. La guerra ha sottratto loro l'innocenza e devono pertanto essere ritenuti soggetti incapaci di intendere e di volere anche quando hanno compiuto atti atroci. La conseguenza e' che non devono essere perseguiti penalmente ma, al contrario, rieducati e risarciti. La testimonianza di Ishmael si conforma a questo canone, ma paga il prezzo di rivisitare e riscrivere una tragedia africana per il palato del pubblico occidentale. Il libro tace cosi' su alcuni aspetti tra i piu' indigesti, quali gli stupri e la schiavitu' sessuale, che hanno contraddistinto la guerra civile in Sierra Leone. Le vicende in cui il protagonista e' vittima sono descritte con dovizia di particolari, ma nel momento in cui si trasforma in carnefice, gli episodi diventano oscuri e imprecisi. * Il problema dei bambini combattenti e' del resto troppo complesso perche' un solo caso, o anche una sola guerra, per quanto atroce, possa darne spiegazione. Viene in soccorso sullo stesso tema il saggio dell'antropologo americano David Rosen (Un esercito di bambini. Giovani soldati nei conflitti internazionali, Raffaello Cortina Editore, pp. 254, euro 26), che sfida la visione edulcorata dell'Unicef e delle altre organizzazioni umanitarie presentando tre casi limite. Il primo e' dedicato ai bambini ebrei partigiani durante la seconda guerra mondiale, il secondo proprio alla guerra civile in Sierra Leone, e il terzo ai bambini palestinesi protagonisti dell'Intifada e spesso addirittura attentatori-suicidi. Nel caso dei bambini ebrei, la decisione di fuggire nei boschi per unirsi alle bande partigiane si e' rivelata la piu' saggia strategia di salvezza dato che tutti gli ebrei, indipendentemente dall'eta', costituivano un bersaglio. Nei conflitti che sconvolgono il continente africano, invece, non bisogna sottovalutare la composizione demografica: piu' della meta' della popolazione ha meno di 18 anni, e per forza di cose sia le vittime che gli artefici della guerra appartengano largamente a quella fascia di eta'. Anche in questo caso, l'arruolamento dei minori non e' solamente un atto di costrizione, ma una dura e inevitabile strategia di sopravvivenza. L'intifada palestinese, invece, ha un tratto in comune con molti movimenti di liberazione nazionale: la lotta di un popolo che combatte contro eserciti regolari. In questo caso, tutto il popolo, bambini inclusi, partecipano alla lotta. Nel caso palestinese, gli obiettivi della lotta diventano non solo i soldati, ma tutta la popolazione israeliana. Si prenda il caso degli attentatori-suicidi: l'artefice si offre come vittima e diventa carnefice, e ne' il primo ne' le seconde possono annoverarsi tra i combattenti regolari. Ci sono strumenti normativi che possono contribuire a risolvere il problema? Si puo' non condividere l'interpretazione fornita dalle organizzazioni umanitarie perche' troppo semplicistica, ma sembra proprio che il principio normativo da loro sostenuto - vietare in ogni caso e in ogni modo la presenza di combattenti con meno di 18 anni - sia pieno di buon senso. Pensiamo pero' ad un caso limite: una norma di diritto internazionale che consenta il reclutamento solamente degli ottuagenari. Le vittime della guerra potrebbero diminuire, e di molto, se le forze combattenti decidessero di rispettare le norme di diritto internazionale. Ma se i combattenti decidessero veramente di rispettare il diritto internazionale, non servirebbe neppure arruolare gli ottuagenari. 8. LETTURE. LORCA. VITA, POETICA, OPERE SCELTE Lorca. Vita, poetica, opere scelte, Il sole 24 ore, Milano 2008, pp. 608, euro 12,90 (in supplemento al quotidiano "Il sole 24 ore"). Il volume ripropone materiali gia' pubblicati da Mondadori-Electa e Garzanti: un saggio di Franca Gusmini, una scelta dell'opera poetica nella traduzione di Carlo Bo con testo originale a fronte, iconografia, cronologia e bibliografia. C'e' un mistero e un miracolo nella poesia di Federico Garcia Lorca che la rende apprezzabile dal protagonista cialtrone del Sorpasso come dalla persona piu' colta e piu' sottile (e quindi piu' bisognosa dell'altrui umanita'), dal militante piu' ardito e tetragono (e quindi piu' esposto a quel vuoto che tutto divora), dal disperato piu' scevro e ferrigno, ed anche da chi vuole soltanto danzare la carola dell'attimo che fugge, stringersi in un abbraccio e poi via in fuga nel vento: quella semplicita' e quella meraviglia tutta musica e tutta immagine che e' insieme lo strazio e l'invenzione di cui infinita provi nostalgia. Sempre mi ha incantato la levita' e la profondita' della poesia di Lorca, che pare fatta di niente, e tutta scintilla di gioia e di pena indissolubilmente strette in un nodo, e quel nodo e' la tua vita. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 362 dell'11 febbraio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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