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Minime. 361
- Subject: Minime. 361
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 10 Feb 2008 01:12:50 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 361 del 10 febbraio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Ogni vittima ha il volto di Abele 2. La strada per Bologna, la marcia del sale 3. Il 14 febbraio a Viterbo 4. Giulio Vittorangeli: All'origine della solidarieta' internazionale 5. Rossana Rossanda ricorda Cesco Chinello 6. Enzo Bianchi presenta "La coscienza e il potere" di Pietro Scoppola 7. Sandro Mezzadra presenta "Europa, paese di frontiere" di Etienne Balibar 8. L'Agenda dell'antimafia 2008 9. L'agenda "Giorni nonviolenti" 2008 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. MEMORIA. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE Ogni vittima ha il volto di Abele. Ogni vittima. Di Abele. Il volto. * Tu non uccidere. Tu salva le vite. 2. EDITORIALE. LA STRADA PER BOLOGNA, LA MARCIA DEL SALE Mancano tre sole settimane all'incontro del 2 marzo a Bologna promosso dall'appello di Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, Mao Valpiana "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?". Tre settimane in cui verificare se ci sono le condizioni - le persone, la disponibilita' a impegnarsi - per costruire la presenza di liste della sinistra della nonviolenza alle prossime elezioni politiche. Il tempo e' poco, la proposta grande, il cammino da farsi camminando insieme. Tre settimane in cui decidere se uscire dalla subalternita' e proporre l'ingresso della nonviolenza nel governo della cosa pubblica, l'ingresso della nonviolenza nell'organo legislativo del nostro ordinamento giuridico, l'ingresso della nonviolenza nella politica non solo locale, non solo dei movimenti, ma anche istituzionale, ma anche nazionale, ma anche parlamentare. Potrebbe essere hic et nunc la nostra marcia del sale. * Per informazioni, adesioni, contatti: micheleboato at tin.it Per contattare individualmente i promotori: Michele Boato: micheleboato at tin.it, Maria G. Di Rienzo: sheela59 at libero.it, Mao Valpiana: mao at nonviolenti.org 3. INCONTRI. IL 14 FEBBRAIO A VITERBO Il 14 febbraio 2008 al Centro sociale autogestito "Valle Faul" si terra' un'iniziativa intitolata "Aeroporto... no, grazie. Per San Valentino ama te stesso e proteggi la Tuscia. Di' no all'aeroporto". L'iniziativa e' a sostegno del movimento che si oppone al devastante mega-aeroporto e s'impegna per la drastica e immediata riduzione del trasporto aereo. * Programma: Ore 20: cena sociale vegan-biologica. Ore 22: Reggae dancehall night con: JD Rural Sound, Red Iguana (Roma), Small Axe South (Molfetta). Il Centro sociale "Valle Faul" si trova in strada Castel d'Asso snc, a Viterbo. * Per informazioni e contatti: - Centro sociale autogestito "Valle Faul": tel. 3315063980, e-mail: csavallefaul at autistici.org, blog: csavallefaul.noblogs.org (nel blog c'e' anche la carta stradale per arrivare al centro) - Il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo: e-mail: info at coipiediperterra.org, sito: www.coipiediperterra.org, per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it 4. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: ALL'ORIGINE DELLA SOLIDARIETA' INTERNAZIONALE [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"] All'origine della solidarieta' internazionale nella storia umana non si trova una scelta "virtuosa", ma qualcosa di molto piu' semplice e naturale, perfino interessato: la scoperta di aver bisogno gli uni degli altri, la scoperta di come uniti si riesca ad aver ragione di molte fragilita', paure ed ingiustizie. Gli esseri umani dipendono gli uni dagli altri non solo in quanto "deboli", ma soprattutto in quanto persone: il principio di solidarieta' ha la sua radice nella stessa intima natura dell'essere umano. All'opposto della solidarieta' si trovano gli atteggiamenti piu' distruttivi presenti nella nostra societa' "evoluta": l'indifferenza, la passivita', l'appiattimento, il cinismo e la fuga dalle responsabilita'. "Si dira': ma in fondo da questa parte del mondo ce la caviamo, perlopiu' abbiamo un tetto sopra la testa, un piatto da mangiare, un po' di compassione per gli esclusi. E' vero, mettere un freno al meccanismo mondiale in atto e' impellente dove esso produce subito morte, e non e' il nostro caso. Non per l'assoluta maggioranza di noi, e delle minoranze miserabiliste chi se ne frega?" (Rossana Rossanda, "Il manifesto", 12 dicembre 2007). La solidarieta' non e' gesto, e nemmeno una serie di gesti, ne' l'agire meritorio di una elite di anime belle. Non solo una risposta all'emergenza, ma uno stile di vita, di lavoro e di rapporti. La solidarieta' e' sogno e azione, realismo e utopia. Soprattutto e' condivisione: dei propri beni, ma anche di intuizioni, dubbi, inquietudini. La solidarieta' internazionale non e' qualcosa "verso gli altri", ma con gli altri. Puo' cominciare con gesto di offerta senza contropartita (anzi, senza gratuita' non funziona), ma prosegue come costruzione comune; insieme a chi la giustizia, la dignita' del lavoro e la liberta' la difende anche a costo della propria incolumita', della propria vita. Certo, oggi fare solidarieta' internazionale e' molto piu' complesso che qualche anno fa. Non solo viene declinata come semplice elemosina; ma si e' diffusa in molte organizzazioni (anche in quelle piu' rispettabili) che operano nel cosiddetto Terzo Mondo, la moda diseducativa degli sms. La carita' pelosa fatta dei messaggini sms di qualche misero euro. Quell'occuparci del resto del mondo con un messaggio sms da un euro e' un po' poco; serve, nel migliore dei casi, a mettere a posto la coscienza a poc o prezzo. Ecco perche' diciamo solidarieta' internazionale, non elemosina. L'elemosina umilia, anche quella promossa con le migliori intenzioni. La nostra solidarieta' deve essere capace di rispondere all'ingiustizia e al cinismo dei potenti che scrivono la storia sul corpo vivo, sulle ferite, sulla dignita' offesa e calpestata dei popoli. Per questo ci siamo sempre sentiti in debito nei confronti degli oppressi, degli sfruttati, di chi ha lottato e lotta duramente per realizzare l'antico (oggi un po' meno moderno) tentativo di conquistare l'eguaglianza e la liberta' di donne e uomini, in ogni angolo della terra. Come possiamo sopportare che ancora oggi la maggioranza degli esseri umani che nascono non abbiano neanche la possibilita' di pensare a chi sono, a cosa possono fare di se'; praticamente l'avventura umana bruciata in partenza? O c'e' un dio tremendo che ti mette alla prova e compensa nell'aldila', o tutto questo non si puo' accettare. Allora, c'e' ancora da fare testimonianza delle ragioni della militanza, del pensiero rivoluzionario, di quel che abbiamo appreso dalle lotte (molte volte nonviolente), dalle molte sconfitte e anche dalle (rare) vittorie, che ci sono state lungo il '900, il secolo grande e terribile. Inoltre non dimentichiamo che la solidarieta' internazionale ci ha dato la chiave di rapporti umani illimitati, quelli cui da soli non si arriva mai, di mondi diversi, di legami fra gente che cercava di essere uguale, mai seriale, mai dipendente, mai mercificata, mai utilitaria. Non sappiamo se e' stata un'illusione, come piu' di qualcuno sostiene. Ma anche cosi' fosse, una generosa illusione assai poco distinguibile da un'umana realta'. Per tutto questo ci accusano di ingenuita' e di sciocca utopia. Ma noi quell'ingenuita' e quell'utopia ce la teniamo ben stretta, perche' e' la sola cosa che ci permette ancora di non misurare la vita in semplice denaro. 5. LUTTI. ROSSANA ROSSANDA RICORDA CESCO CHINELLO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 29 gennaio 2008. Rossana Rossanda e' nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio Banfi, antifascista, dirigente del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per aver dato vita alla rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in rapporto con le figure piu' vive della cultura contemporanea, fondatrice del "Manifesto" (rivista prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di piu' drammatica attualita' e sui temi politici, culturali, morali piu' urgenti. Tra le opere di Rossana Rossanda: L'anno degli studenti, De Donato, Bari 1968; Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o della politica come educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me. Donna, persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con Pietro Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995; con Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita', Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri, Torino 1996; La ragazza del secolo scorso, Einaudi, Torino 2005. Ma la maggior parte del lavoro intellettuale, della testimonianza storica e morale, e della riflessione e proposta culturale e politica di Rossana Rossanda e' tuttora dispersa in articoli, saggi e interventi pubblicati in giornali e riviste. Cescho Chinello e' stato militante, dirigente, storico del movimento operaio, persona buona] Cesco Chinello si e' spento a Venezia nella notte di sabato, "tranquillo e lucido come aveva sperato", testimoniano i suoi. Era malato da un pezzo, di quelle malattie anche di fatica che afferrano i non piu' giovani. Gli erano diventate difficili anche le scale dell'appartamento a Sant'Elena, nella modesta casa giusto dietro l'imbarcadero dei giardini. Aveva corso sempre, da quando poco piu' che ragazzo era entrato nella Resistenza, e fra un'azione e l'altra avevano deciso in quattro o cinque, per svegliare una citta' sonnolenta, una pericolosa goliardata interrompendo uno spettacolo al Goldoni davanti ai tedeschi occupanti per leggere un appello a resistere. E poi erano riusciti a scappare, giovani e matti, fra vicoli e canali, e continuando a rendere incerta la presenza della Wehrmacht assieme alle brigate dell'entroterra. Dove continuo' a correre in bicicletta, a guerra finita, per contendere metro per metro alla chiesa un Veneto profondo bianco, del quale ancor oggi Venezia resta un'isola democratica e di sinistra davanti alla marea di una Lega dilagata negli spazi della vecchia Democrazia cristiana. I giorni di Cesco sono stati un ostinato contrappunto alla vicenda della citta', che il dopoguerra trovava sospesa fra un turismo elitario e il pessimo sogno fascista degli anni Trenta - quello del "conte" Volpi - di fare un avamposto industriale della zona fra la Marittima e Marghera, pesante appendice cementificata fra la citta' periclitante sulla laguna e Mestre. Nel dopoguerra sarebbero cresciute le manifatture dove un tempo c'erano stati navigazione interna e commerci e barene, sarebbe arrivato lo sciagurato canale dei petroli e il Petrolchimico dei veleni. Ognuno di questi poli, che sarebbero durati assai meno del secolo breve e furono terreno di un assai poco gloriosa frangia del poco glorioso capitalismo italiano, aggrumava una manodopera che veniva dall'entroterra contadino e dalla ex citta' di mare. Un'aggregazione che cresceva negli anni Sessanta fino a quel 1968 che ancor oggi i residui operai veneti, specie delle metallurgie, ricordano come se fosse stato tutto loro, un risveglio tumultuoso, la conquista di impensati diritti. Cesco Chinello, dopo aver percorso la provincia in tutte le direzioni, era diventato l'uomo di quella gente, assieme ad altri quadri operai, straordinari e ritrosi come il Peri Granziera che non so quanto a lungo abbia creduto nel partito e per niente nei gruppi. Cesco nel partito credette sul serio e a lungo, fu segretario di quella federazione a calle del Remer (da tempo non ce n'e' poi stata una se non a Mestre), dove passavano anche musicisti e pittori, Gigi Nono in polemica con Zdanov e i pittori in polemica fra loro, Vedova presto deluso contro Zigaina prediletto dalla direzione romana. Vi approdavamo anche noi ingraiani, ma Cesco non veniva con noi a tarda sera, con Gigi, alla taverna della Fenice. Forse pensava di noi come aveva scritto con ironia Noventa "credevamo di stare all'osteria e invece stavamo nella storia". Lui stava nella storia quotidiana, si alzava presto, correva a Marghera, passava da una riunione all'altra, cercava di convincere i compagni e il centro di quel che stava cambiando, aveva fiducia in Ingrao e in Trentin, che la fabbrica la conosceva davvero. Ma in verita' ben prima del Muro di Berlino il Pci l'aveva lasciata cadere, se pure era mai stata al centro dei suoi dirigenti, piu' intenti alla geopolitica che a quel conflitto che connoto' il secolo. Cosi' dopo l'undicesimo congresso anche lui fu piu' o meno sordamente accantonato, fatto anche deputato quando si pensava ancora alla Camera come una onorevole messa da parte. Si interrogava sulla crescita e sulla caduta. C'e' una storia di Venezia che non somiglia a nessuna altra citta', nei secoli e nel Novecento, declino dopo declino cui nessuno ha voluto o saputo metter un freno - oggi ha meno della meta' degli abitanti di un secolo fa, e non cessa di perderne. Cesco la conosce, la ha annotata, la ha scavata - felice quando una biblioteca privata benevolmente gli si apri' - e ha potuto inserire nel lontanissimo passato le radici o almeno l'humus di quel che aveva raccolto nel presente, vicende, lotte, nomi, vite, decisioni, rinunce, volantini - tutto. Fedele alla memoria del Pci consegno' molto di quel suo prezioso materiale al locale Istituto Gramsci pensando di metterlo in salvo, finche' un giorno vi si imbatte per caso, ammucchiato su una fondamenta in attesa della passata della spazzatura. Non so chi ne fosse allora il geniale direttore. Ma fu un altro passo nella solitudine, cui solo pose rimedio l'intelligenza dell'Istituto storico della Resistenza diretto da Mario Isnenghi. C'e' da riflettere sulla smania autodistruttiva degli ex partiti comunisti, che si credono una classe dirigente senza avere imparato dalla borghesia che dal proprio passato si distingue ma lo salva. Negli ultimi anni Cesco ha aderito alle sinistre delle sinistre, interessato specie al lavoro dei Verdi - ci siamo scontrati sul Mose, difeso da me e infido per lui. Ma soprattutto ha studiato, scritto, pubblicato sui conflitti operai a Venezia, interrogandosi senza pace sugli anni Sessanta e il rovescio che li ha seguiti. Ha concluso con una autobiografia che non e' di se' se non come di uno fra i molti, non solo le vicende e le idee, ma nomi, cognomi, vite, caratteri, tentativi, fallimenti, anche le poche vittorie. Una storia appassionata, di parte, raramente distratta, spietata con pochi, generosa con molti, nella quale la sua Venezia si ritrovera'. Non ha veduto l'uscita di questo suo libro che e' appena finito di stampare. All'Istituto andranno tutti i materiali cui non ha potuto dare spazio. Vorrei scrivere che Cesco vivra' a lungo, come il ricordo di coloro di cui ha voluto segnare per il tempo destino e lineamenti. Ma in questo momento piu' mi pesa che se ne sia andato anche lui, doveva partire dopo di me, tanto pochi siamo i sopravvissuti alle guerre di classe di cui oggi nessuno piu' vorrebbe sentir parlare. 6. LIBRI. ENZO BIANCHI PRESENTA "LA COSCIENZA E IL POTERE" DI PIETRO SCOPPOLA [Dal supplemento "Tuttolibri" del quotidiano "La stampa" del 19 gennaio 2008, col titolo "Un modello di cattolico laico". Enzo Bianchi e' animatore della comunita' di Bose. Dal sito www.festivaletteratura.it riprendiamo questa scheda: "Enzo Bianchi e' nato a Castel Foglione nel Monferrato nel 1943 ed e' fondatore e priore della comunita' monastica di Bose. Nel 1966 ha infatti raggiunto il villaggio di Bose a Magnano (Vercelli) e ha dato inizio a una comunita' monastica ecumenica cui tuttora presiede. Enzo Bianchi e' direttore della rivista biblica "Parola, Spirito e Vita", membro della redazione della rivista internazionale "Concilium" ed autore di numerosi testi, tradotti in molte lingue, sulla spiritualita' cristiana e sulla grande tradizione della Chiesa, scritti tenendo sempre conto del vasto e multiforme mondo di oggi. Collabora a "La stampa", "Avvenire" e "Luoghi dell'infinito"". Tra le opere di Enzo Bianchi: Il radicalismo cristiano, Gribaudi, 1980; Lontano da chi, Gribaudi, 1984; Un rabbi che amava i banchetti, Marietti, 1985; Il corvo di Elia, Gribaudi, 1986; Amici del Signore, Gribaudi, 1990; Pregare la parola, Gribaudi, 1990; Il profeta che raccontava Dio agli uomini, Marietti, 1990; Apocalisse di Giovanni, Qiqajon, 1990; Magnificat, benedictus, nunc dimittis, Qiqajon, 1990; Ricominciare, Marietti, 1991; Vivere la morte, Gribaudi, 1992; Preghiere della tavola, Qiqajon, 1994; Adamo, dove sei, Qiqajon, 1994; Il giorno del signore, giorno dell'uomo, Piemme, 1994; Da forestiero, Piemme, 1995; Aids. Vivere e morire in comunione, Qiqajon, 1997; Pregare i salmi, Gribaudi, 1997; Come evangelizzare oggi, Qiqajon, 1997; Libro delle preghiere, Einaudi, 1997; Altrimenti. Credere e narrare il Dio, Piemme, 1998; Poesie di Dio, Einaudi, 1999; Altrimenti. Credere e narrare il Dio dei cristiani, Piemme, 1999; Da forestiero. Nella compagnia degli uomini, Piemme, 1999; Giorno del Signore, giorno dell'uomo. Per un rinnovamento della domenica, Piemme, 1999; I paradossi della croce, Morcelliana, 1999; Le parole della spiritualita'. Per un lessico della vita interiore, Rizzoli, 1999; Ricominciare. Nell'anima, nella Chiesa, nel mondo, Marietti, 1999; Accanto al malato. Riflessioni sul senso della malattia e sull'accompagnamento dei malati, Qiqajon, 2000; L'Apocalisse di Giovanni. Commento esegetico-spirituale, Qiqajon, 2000; Come vivere il Giubileo del 2000, Qiqajon, 2000; La lettura spirituale della Bibbia, Piemme, 2000; Non siamo migliori. La vita religiosa nella Chiesa, tra gli uomini, Qiqajon, 2002; Quale fede?, Morcelliana, 2002; I Cristiani nella societa', Rizzoli, 2003; La differenza cristiana, Einaudi, 2006. Pietro Scoppola (Roma, 1926-2007), illustre storico, docente universitario, senatore, figura tra le piu' autorevoli del cattolicesimo democratico, persona di forte impegno civile. Tra le opere di Pietro Scoppola: Dal neoguelfismo alla Democrazia cristiana, Studium, Roma 1957; Crisi modernista e rinnovamento cattolico in Italia, Il Mulino, Bologna 1961; Chiesa e Stato nella storia d'Italia, Laterza, Roma-Bari 1967; La Chiesa e il fascismo, Laterza, Roma-Bari 1971; La proposta politica di De Gasperi, Il Mulino, Bologna 1977; Gli anni della Costituente fra politica e storia, 1980; La nuova cristianita' perduta, Studium, Roma 1985; (con Paolo Doni, Luigi Sartori), La costituzione conciliare Gaudium et spes vent'anni dopo, Gregoriana Libreria Editrice, Roma 1988; (con Nicolo' Lipari, Alberto Monticone), I cattolici e la riforma della vita pubblica, Gregoriana Libreria Editrice, Roma 1988; La Repubblica dei partiti. Evoluzione e crisi di un sistema politico, Il Mulino, Bologna 1991, 1997; 25 aprile. Liberazione, Einaudi, Torino 1995; La Costituzione contesa, Einaudi, Torino 1998; (con Leopoldo Elia), A colloquio con Dossetti e Lazzati. Intervista (19 novembre 1984), Il Mulino, Bologna 2003; (con Valerio Castronuovo, Renzo De Felice), L'Italia del Novecento, Utet, Torino 2004; La democrazia dei cristiani. Il cattolicesimo politico nell'Italia unita, Il Mulino, Bologna 2006; La coscienza e il potere, Laterza, Roma-Bari 2007] Il nuovo anno e' iniziato nel segno del sessantennale dell'entrata in vigore della Costituzione e vedra' almeno altre due ricorrenze significative per il tessuto sociale italiano: i quarant'anni dal '68 - anniversario comune all'intero mondo occidentale - e i trent'anni dal rapimento e l'uccisione di Aldo Moro, tornante tragicamente decisivo nelle vicende nostrane. E' proprio quest'ultimo evento - sul quale la riflessione non ha saputo andare molto al di la' del lacerante dilemma tra fermezza e trattativa durato una cinquantina di giorni - che viene colto "come un macigno nella storia della Repubblica", tale da segnare "irrevocabilmente un prima e un poi", da uno dei piu' acuti osservatori della realta' italiana: Pietro Scoppola, storico cattolico laicamente impegnato con tutta la propria convinzione di fede nell'edificazione di una polis comune a cittadini diversamente credenti. Nel raccogliere, pochi mesi prima di morire, i suoi articoli pubblicati nell'arco di quindici anni per "La Repubblica" (La coscienza e il potere, Laterza, pp. 266, euro 15), Scoppola individua nella vicenda di Aldo Moro uno di quei rarissimi casi capaci di scuotere la coscienza profonda di un intero Paese "perche' - osserva - la storia di un popolo non e' fatta solo dall'operato delle sue classi dirigenti o dagli indici dei suoi consumi e del suo sviluppo: e' fatta anche dalla somma dei sentimenti, delle speranze, delle gioie, delle sofferenze, delle paure che di volta in volta attraversano la coscienza popolare, la mobilitano e la sottraggono all'inerzia, alla passivita' in cui spesso e' immersa". Ecco, le pagine di Scoppola ripercorrono con profonda coerenza quindici anni di passione civile e di coinvolgimento di un credente che ha cercato giorno dopo giorno di discernere l'impatto dell'annuncio del Vangelo in una societa' pluralista e secolarizzata, un cristiano che ha preso sul serio l'incarnazione della propria fede in un corpo sociale, un cattolico che ha colto nel Vaticano II l'istanza autorevole per un modo nuovo di porsi della chiesa nel mondo contemporaneo. E' impressionante l'attualita' di molte considerazioni di Scoppola, la lucidita' con cui intravede possibili rischi e derive di comportamenti che si vanno diffondendo anche nella compagine ecclesiale, la passione che potremmo definire "amorosa" con cui lo storico abbraccia al contempo la chiesa, comunita' dei credenti, e la societa', comunita' di cittadini che nel momento storico della ricostruzione dalle macerie di un regime e di una guerra sciagurati seppero unire forze e ideali per creare un nuovo patto di convivenza. Si', in questi giorni in cui inerzia e passivita' sembrano prevalere, il ritornare a sentimenti, gioie e speranze condivise puo' costituire un terreno fertile in cui coscienza cristiana ed etica laica forniscono la bussola per un potere che sappia essere a servizio di tutti i cittadini e del loro benessere comune, del loro stare bene insieme. 7. LIBRI. SANDRO MEZZADRA PRESENTA "EUROPA, PAESE DI FRONTIERE" DI ETIENNE BALIBAR [Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 febbraio 2008, col titolo "Movimenti ai margini della cittadinanza" e il sommario "Una lunga analisi del filosofo francese Etienne Balibar sull'Europa a partire dalle sue frontiere. E dalla loro centralita' giuridica, e soprattutto politica, nel definire, ma anche nel contestare, i diversi criteri che determinano l'accesso ai diritti civili e sociali". Sandro Mezzadra insegna storia del pensiero politico contemporaneo e studi coloniali e postcoloniali al'Universita' di Bologna, e' membro della redazione di "Filosofia politica" e di "Scienza & Politica"; i suoi principali argomenti di ricerca sono la storia delle scienze dello Stato e del diritto in Germania tra Otto e Novecento, la storia del marxismo, la teoria critica della politica: globalizzazione, cittadinanza, movimenti migratori, studi postcoloniali. Pubblicazioni principali: von Treitschke, La liberta', Torino 1997 (cura e introduzione); La costituzione del sociale. Il pensiero politico e giuridico di Hugo Preuss, Bologna 1999; Diritto di fuga. Migrazioni, cittadinanza, globalizzazione, Verona 2001; Marx, Antologia di scritti politici, Roma 2002 (cura e introduzione, con Maurizio Ricciardi); Marshall, Cittadinanza e classe sociale, Roma-Bari 2002 (cura e introduzione). Etienne Balibar, pensatore francese, nato nel 1942, docente di filosofia alla Sorbona, collaboratore di Althusser, ha fatto parte del Pcf uscendone nel 1981 in opposizione alla politica del partito comunista francese iniqua verso gli immigrati; impegnato contro il razzismo, e' uno degli intellettuali critici piu' lucidi nella denuncia delle nuove e pervasive forme di oppressione e sfruttamento. Tra le opere di Etienne Balibar: (con Louis Althusser et alii), Leggere il Capitale, Feltrinelli, Milano 1971; Sulla dittatura del proletariato, Feltrinelli, Milano 1978; Per Althusser, Manifestolibri, Roma 1991, 2001; Le frontiere della democrazia, Manifestolibri, Roma 1993, 1999; La filosofia di Marx, Manifestolibri, Roma 1994, 2005; Spinoza e la politica, Manifestolibri, Roma 1995; (con Immanuel Wallerstein), Razza, nazione e classe, Edizioni Associate, Roma 1996; La paura delle masse. Politica e filosofia prima e dopo Marx, Mimesis, Milano 2001; Spinoza, il transindividuale, Ghibli, 2002; L'Europa, l'America, la guerra, Manifestolibri, Roma 2003; Noi, cittadini d'Europa? Le frontiere, lo stato, il popolo, Manifestolibri, 2004; Europa cittadinanza confini. Dialogando con Etienne Balibar, Pensa Multimedia, 2006; Europa, paese di frontiere, Pensa MultiMedia] Il confine e' un'istituzione, spiega Etienne Balibar a un pubblico di bambini e adolescenti riunito nel teatro di Montreuil nel novembre del 2006, nell'ambito dell'iniziativa "Les petites conferences". E cosi' prosegue (il testo della conferenza e' da poco uscito in Francia per i tipi di Bayard, con il titolo Tres loin et tout pres): "un'istituzione e' una macchina fatta di uomini, di carte e di edifici per fabbricare o per costruire qualcosa. Solo che quel che si costruisce con i confini non e' ne' un'automobile ne' una casa, ma siamo noi, e' quel che noi siamo ufficialmente, cio' che ci distingue gli uni dagli altri e ci attribuisce un nome". Noi, nero su bianco, come recita lo slogan scelto dal governo italiano per celebrare il sessantesimo anniversario della Costituzione repubblicana? Certo e' che esiste un nesso strettissimo tra l'istituto del confine e la Costituzione: il primo perimetra l'ambito territoriale di validita' (per parlare il linguaggio classico della dottrina giuridica europea) delle categorie fondamentali che la seconda articola nei loro rapporti - da quella di sovranita' a quella di ordinamento, da quella di cittadinanza a quella di popolo. Il confine e la Costituzione, dunque, convergono a definire la matrice dell'identita' politica considerata legittima, il significato di quel noi a cui si riferiscono sia Balibar sia il governo italiano. * Un tardivo trionfo Il fatto e', tuttavia, che le cose si sono molto complicate negli ultimi anni, sia per quel che concerne l'istituto del confine sia per quel che concerne gli sviluppi del costituzionalismo. La nobile tradizione di pensiero critico che ha lungamente insistito sui caratteri arbitrari di quel "noi", sulle linee di frattura che la sua produzione tendeva a occultare (o, ancora una volta, ad articolare costituzionalmente), celebra in qualche modo un tardivo trionfo: per quanto ossessivamente invocato nelle retoriche pubbliche, il senso del "noi" tende a sfumare, o perlomeno a risultare sempre piu' incerto. Un insieme di trasformazioni culturali, sociali, economiche e politiche ne destabilizza appunto i confini. E come proprio Balibar ha scritto qualche anno fa, il confine stesso, lungi dal limitarsi a segnare (coerentemente con la sua tradizionale rappresentazione cartografica e definizione giuridica) il margine del territorio, si installa - unitamente alle pratiche istituzionali che a esso corrispondono - al centro dello spazio politico. E' in Europa, terra d'origine della moderna nozione di confine, che questa radicale trasformazione puo' essere misurata nel modo piu' preciso, al punto che lo spazio europeo tende sempre piu' a configurarsi - secondo l'analisi di Balibar - come una borderland, una terra di frontiera. Europa, paese di frontiere e' il titolo di un volume del filosofo francese appena mandato in libreria dalla casa editrice Pensa MultiMedia (con un'introduzione di Marcello Montanari, pp. 167, 16 euro), che nel 2006 aveva proposto un denso libro collettivo ispirato alla sua riflessione (Europa, cittadinanza, confini. Dialogando con Etienne Balibar). Al centro del volume e' proprio il nesso tra il confine e la costituzione, indagato nel contesto europeo contemporaneo. Accanto a due dialoghi e a due saggi dedicati alle vicissitudini del Trattato costituzionale europeo, si puo' qui leggere in traduzione italiana un lungo testo di Balibar, appunto originariamente intitolato Europe as Borderland, nato dalla "Alexander von Humboldt lecture" da lui tenuta in Olanda nel novembre del 2004 e ampiamente circolato in rete negli anni successivi. E' un testo di grande importanza, al tempo stesso ambizioso e radicale. Balibar colloca qui la sua riflessione sull'Europa all'interno del piu' generale dibattito sulle trasformazioni della spazialita' politica nel contesto dei processi di globalizzazione, che hanno dato luogo negli ultimi anni a diverse proposte interpretative: da quelle che ruotano attorno al paradigma (quando non allo slogan) dello "scontro di civilta'" a quelle che hanno enfatizzato - da diversi e spesso opposti punti di vista - l'emergere di nuove "reti transnazionali", a quelle che hanno ripreso e aggiornato lo schema dei rapporti tra centro e periferia. Alle diverse modalita' di lettura dei caratteri peculiari dello spazio europeo che a ciascuna di queste proposte corrispondono, Balibar contrappone una diversa possibilita', che definisce degli "strati sovrapposti". L'Europa contemporanea sembra agli occhi di Balibar definirsi all'incrocio tra tre spazi (quello euro-atlantico, quello euro-mediterraneo e quello euro-asiatico), che verrebbero a sovrapporsi - "da sopra e da sotto" - al "territorio" dell'Europa in costruzione: "essi sarebbero, cosi', costitutivi di una tale Europa non solamente sui suoi 'confini', ma nel suo 'centro', o piu' esattamente in ogni punto della sua geografia storica, che risulterebbe cosi' insieme, paradossalmente, centrale e periferica". * Nella provincia europea La lunga storia dell'espansione coloniale europea si reinscrive all'interno del continente, spiazzandone e provincializzandone (per dirla con Dipesh Chakrabarty) la stessa geografia. I movimenti migratori postcoloniali agiscono quotidianamente questo spiazzamento, mentre l'Europa - al pari di ogni altro spazio politico globale - e' contemporaneamente investita dall'azione di poteri economici e di regimi giuridici che si sottraggono a ogni rigida definizione territoriale. Sullo sfondo di questi processi si profila un problema radicale, affrontato da diverse prospettive nei dibattiti degli ultimi anni ad esempio da Juergen Habermas (con la sua riflessione sulla "politica interna mondiale") e da Michael Hardt e Toni Negri in Impero: lo sfumare - non certo lo svanire - di ogni rigida distinzione tra "interno" ed "esterno", di quella linea che proprio il confine si era modernamente incaricato di segnare una volta per tutte. In diverse aree del mondo questo problema e' al centro dello sviluppo dei cosiddetti border studies: di studi che, lavorando attorno alla frontiera tra Messico e Stati Uniti cosi' come attorno ai confini interni cinesi, hanno posto in evidenza come alla moltiplicazione dei confini corrisponda una loro accentuata "mobilita'" - esempio di quella dialettica tra territorializzazione e deterritorializzazione che, analizzata per la prima volta da Gilles Deleuze e Felix Guattari in Mille piani, costituisce uno dei punti di riferimento dell'analisi di Balibar. Quel che questi studi mostrano e' il rilievo strategico del confine all'interno di quella che possiamo chiamare la costituzione materiale della cittadinanza e dei mercati del lavoro, appunto in diverse aree del mondo. L'immagine dell'Europa come terra di frontiera, proposta da Balibar, tenta di fotografare questa situazione, contribuendo perlomeno a impostare la domanda sui caratteri che deve assumere una politica della trasformazione, saldamente ancorata al terreno definito dalla sintesi di eguaglianza e liberta', quando il confine si installa come si diceva al centro dello spazio politico (nonche' dell'esperienza sociale e culturale). Da tempo Balibar ha avviato in questo senso una riflessione estremamente interessante su alcuni concetti classici della tradizione politica europea, quello di costituzione e quello di cittadinanza in primo luogo: ha tentato di forzarne i limiti, di aprirne la struttura - a partire dalla individuazione di alcuni "cantieri della democrazia" che consentissero di conquistare spazio a nuove pratiche di cittadinanza transnazionale e alla riattivazione di un potere costituente radicalmente democratico. Sono temi ben presenti nel volume che qui presentiamo, che andrebbero tuttavia verificati alla luce dei recenti sviluppi della situazione costituzionale europea, e in particolare di quel trattato di Lisbona che sembra spingere innanzi la macchina giuridica dell'integrazione in Europa senza troppo preoccuparsi di una riqualificazione della democrazia su scala continentale. * La democrazia da inventare Le pratiche di cittadinanza a cui pensa Balibar e lo stesso potere costituente finiscono cosi' per separarsi dagli sviluppi istituzionali dell'Unione Europa, dove possono al piu' trovare interlocutori nei giudici delle corti, e per essere consegnati interamente, almeno in potenza, all'azione dei movimenti sociali. Dalla capacita' di questi ultimi di conquistare definitivamente lo spazio europeo dipendera' nei prossimi anni non solo la possibilita' di una radicale reinvenzione della democrazia in Europa, ma anche la possibilita' di costruire nuove istituzioni e di ricollocare istituzioni esistenti (a livello locale, nazionale e continentale) all'interno di un progetto di trasformazione. Sotto questo profilo, Europa, paese di frontiere apporta un contributo importante alla definizione dello scenario al cui interno l'azione dei movimenti oggi si pone. Il confine, in fondo, e' un istituto profondamente ambivalente: puo' essere un muro, ma anche un ponte, puo' essere fortificato ma viene anche quotidianamente - per quanto spesso sfidando la morte - attraversato. Vi e' un concetto attorno a cui la riflessione di Balibar si e' andata intensificando negli ultimi anni, in un fitto dialogo con studiosi e studiose provenienti da diversi ambiti disciplinari, e che vale la pena di saggiare nella sua produttivita' per la definizione di una politica del confine: il concetto di traduzione, intesa in senso linguistico ovviamente, ma anche come piu' generale metafora di un insieme di pratiche di mediazione e appunto di attraversamento dei confini. E' un tema su cui sara' necessario tornare con maggiore ampiezza in futuro. Ma intanto possiamo cominciare a riformulare in questi termini il problema fondamentale che sta di fronte al pensiero critico oggi, in Europa e non solo: come puo' una molteplicita' di lotte essere tradotta nella costruzione di un nuovo comune? 8. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2008 Uno strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo: l'Agenda dell'antimafia 2008, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2007, euro 10. A cura di Anna Puglisi e Umberto Santino, edita dal Centro Impastato con Addiopizzo, Cesvop, Comune di Gela, Consorzio Ulisse. L'agenda puo' essere richiesta al Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it 9. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI" 2008 Dal 1994 ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine offre spunti giornalieri di riflessione tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di "antologia della nonviolenza" che ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata. Uno strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo. Per richieste: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. e fax: 0864460006, cell. 3495843946, e-mail: info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it Il costo di una copia di "Giorni nonviolenti" 2008 e' di 10 euro, sconti progressivi per l'acquisto di un numero di copie maggiore. 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 361 del 10 febbraio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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