Voci e volti della nonviolenza. 145



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 145 del 5 febbraio 2008

In questo numero:
1. Carlo Sansonetti
2. Carlo Sansonetti: L'aurora piu' autentica (ottobre 2004)
3. Carlo Sansonetti: Effetti collaterali (marzo 2005)
4. Carlo Sansonetti: La chiesa che aspettiamo (maggio 2005)
5. Carlo Sansonetti: In tanti e' meglio (luglio 2005)
6. Carlo Sansonetti: Prendere posizione (agosto 2005)
7. Carlo Sansonetti: La solidarieta' e' la tenerezza del mondo (giugno 2006)
8. Carlo Sansonetti: Facciamo pace (ottobre 2006)
9. Carlo Sansonetti: Il cristiano nel mondo e nella chiesa (dicembre 2006)
10 Et coetera

1. CARLO SANSONETTI

Infaticabile costruttore di pace nella solidarieta' e nella condivisione,
don Carlo Sansonetti e' una splendida figura della nonviolenza in cammino. E
un amico, e un maestro, e un fratello.
E l'attivita' dell'associazione "Sulla strada", di cui insieme ad altre
splendide persone e' animatore, e' un'esperienza luminosa di solidarieta'
concreta, da conoscere e da sostenere.
*
Dal sito www.sullastradaonlus.it riprendiamo alcuni articoli di don Carlo
Sansonetti (alcuni dei quali - evidentemente per errore di formattazione
nella trascrizione del testo nel sito - in alcuni punti interrotti: abbiamo
ricostruito congetturalmente ove agevole, e segnalato le lacune con i
consueti tre punti di sospensione tra parentesi tonde).

2. CARLO SANSONETTI: L'AURORA PIU' AUTENTICA (OTTOBRE 2004)

Ogni epoca arriva al Natale con i suoi bisogni e le sue domande. In questi
anni di terrore e di guerra, l'avvento di Gesu' - che e' l'avvento del regno
di Dio (annuncio e costruzione di un mondo nuovo) - porta con se' le sue
risposte. Ma come tutti gli annunci di Cristo, anche quello di quest'anno e'
radicale ed esclusivo. Oggi si preparera' la venuta del Signore nella misura
in cui riusciremo a camminare con amore verso i nostri nemici, nella
verita'. Questo vuol dire essere nonviolenti in mezzo ai violenti, con la
fede, e le prove ormai certe, che questo fermera' l'odio e la violenza.
Il Natale del 2004 "si incarna", si fa realta', sopratutto, nell'amore verso
i nemici, annuncio rivoluzionario poco compreso e molto meno creduto. solo
l'amore verso i nemici ci potra' salvare dal loro odio e potra' salvare loro
dal male che li domina. solo l'amore salva. Eppure la resistenza psicologica
e sociale a questo comandamento e' tale che spinge inesorabilmente tutti
verso soluzione violente. Nonostante che la violenza non abbia mai mantenuto
le sue promesse, si crede e ci si affida piu' all'odio che all'amore, e
invochiamo l'avvento di un Dio giusto piu' che salvatore, senza accorgerci
che se cosi' fosse, tutti, nessuno escluso, saremmo travolti dall'impeto
della condanna divina. E invece viene annunciato l'avvento di un Dio mite e
umile che nella parola di un giudizio d'amore (comunione di giustizia e di
misericordia) crea un'umanita' nuova e un mondo nuovo. E' per questo che il
mito della violenza salvatrice, oggi tanto in auge nella prassi dei nostri
politici, anche cristiani - e addirittura nella mente e sulla bocca di
troppi teologi - viene respinto e frantumato dal messaggio rivoluzionario di
Gesu' dell'amore verso i nemici. Ma perfino la Chiesa, dopo venti secoli, ha
difficolta' a farlo suo: non e' stata forse vigente fino a pochi anni fa,
nella legislazione dello Stato Vaticano, la pena di morte? Non e' forse un
punto fermo e indiscutibile, nella morale della Chiesa, che la guerra "in
certi casi" e' accettabile? O che per lo meno sta fra quelle cose che i
moralisti chiamano "dubbie" per le quali si da' ai fedeli liberta' di
pensarla come credono? "In dubiis libertas", mi diceva pochi mesi fa padre
Raniero Cantalamessa, predicatore del Papa a San Pietro, quando parlavamo
della guerra in Iraq. Quando un cristiano, un predicatore del Vangelo di
Gesu' Cristo, afferma queste cose, non annuncia l'Avvento del Principe della
Pace ma lo allontana. Molto efficacemente, Walter Wink, nel suo splendido
libro Rigenerare i poteri (Emi), conclude: "Oggi piu' che mai dobbiamo
volgerci al Dio che fa sorgere il sole sui buoni come sui cattivi, o non
vedremo piu' albe".
Il Natale e', e sara' sempre, l'alba piu' bella mai sorta da quando e' nata
l'umanita', e l'amore verso i nemici ne e' l'aurora piu' autentica.

3. CARLO SANSONETTI: EFFETTI COLLATERALI (MARZO 2005)

Se non fosse morto Nicola Calipari le stragi e gli ammazzamenti perpetrati
ai posti di blocco in Iraq sarebbero proseguiti nel silenzio. Nel silenzio,
da dicembre a febbraio, si era sparato su quella stessa strada ad altre sei
auto occidentali. Nel silenzio si sono gia' uccisi centinaia di Nicoli e
ferito migliaia di Giuliane iracheni in quel modo terroristico. Nel silenzio
sono stati zittiti per sempre circa venti giornalisti in Iraq negli ultimi
due anni. Nel silenzio sono stati sbranati e squartati dalle bombe cluster
(identiche per intenzione ed effetto ai kamikaze terroristi) migliaia di
uomini, donne e bambini in Iraq. Nel silenzio delle guerre dimenticate degli
ultimi dieci anni sono morti ben piu' di otto milioni di persone, il 90% dei
quali sono civili, e di questi il 40% sono bambini. Nel silenzio giacciono
ancora minacciose e sornione 15 milioni di mine anti-uomo e anti-carro in
Angola, dove ci sono 10 milioni di abitanti. Nel silenzio proseguono
lentissimi i lavori di sminamento in questo paese africano, per cui si
calcola che ci vorra' piu' di un secolo per bonificare le aree minate. Nel
silenzio dell'oblio sta sprofondando il nobile intento della costituzione
delle Nazioni Unite: "salvare dal flagello della guerra".
Questo silenzio e' la causa principale della proliferazione delle guerre,
nonostante l'urlo dell'umanita' nelle sue manifestazioni per la pace. Se la
nostra in Iraq e' una missione di pace, perche' si sta approvando una legge
di guerra che limita la liberta' d'informazione in quella terra, annunciando
altro silenzio? Venerdi' 4 marzo, quando ha ucciso Nicola Calipari, la
guerra ha sconfitto se stessa. Infatti, l'unica definizione onesta di guerra
l'aveva data Karl von Clausewitz verso il 1830. Dicendo che essa "e'
continuazione della politica con altri mezzi", offri' al mostro cio' che
esso esige sempre per essere se stesso, le diede carta bianca, le attribui'
la parola ultima: il suo mezzo e' la morte e la morte e' la fine della vita;
Nicola e' morto e mai piu' ritornera'.
Non esiste guerra giusta; e' vero che perfino la Chiesa l'ha avallata (e la
avalla) accettando, contro il pensiero di Cristo, la sua definizione, con le
7 condizioni perche' lo sia e le 3 aggiuntive per il tempo della guerra. Ma
basta un esaltato come Hitler o un avido come Bush per far saltare prime e
seconde. A mo' di esempio ecco quest'ultime: 1. si deve garantire
l'incolumita' dei non combattenti (mai fatto); 2. si devono trattare
umanamente i prigionieri (vedi Guantanamo e Abu Graib); 3. si devono
rispettare i trattati e le convenzioni internazionali (e' sotto gli occhi di
tutti l'offesa e la beffa continua all'Onu e alla Convenzione di Ginevra).
Solo chi si sente, chi ha la pretesa e chi gli e' reso possibile di essere
impero si comporta cosi'. E, detto per noi cristiani, ogni impero ha
cercato, in un modo o nell'altro, di rendere vano il tentativo di costruire
il Regno di Dio, che e' un mondo diverso.
Oscar Romero, vescovo di San Salvador, e' stato ucciso venticinque anni fa
(24 marzo 1980) proprio per non aver voluto tacere mai davanti a questo
blasfemo tentativo. Le sue ultime parole, pronunciate il giorno prima e che
ne decretarono l'uccisione, le dedichiamo a tutti gli uomini e le donne in
armi: "Fratelli, siete del nostro stesso popolo, e uccidete i vostri
fratelli. Di fronte a un ordine di uccidere che da' un uomo, deve prevalere
la legge di Dio, che dice: 'non ammazzare'. Nessun soldato e' obbligato a
obbedire a un ordine contrario alla legge di Dio. E' ormai tempo che
obbediate alla vostra coscienza e non all'ordine del peccato. La Chiesa,
difensora dei diritti di Dio, della dignita' umana, non puo' restare in
silenzio davanti a tanta abominazione. In nome di Dio, dunque, e in nome di
questo popolo sofferente, i cui lamenti salgono fino al cielo ogni giorno
piu' tumultuosi: vi supplico... vi prego... vi ordino in nome di Dio: cessi
la repressione!". Solo la forza dell'azione nonviolenta - come quella
"assurda" del sacrificio cui si sottopose Cristo, o quella che scelse
Romero - permettera' al mondo di riconoscere che la violenza e' peccaminosa
e disumana ("la forza costruisce, la violenza distrugge"). E fu proprio la
forza inaudita di quel modo di morire in croce, senza desiderare altro che
il perdono per i suoi uccisori, che converti' l'oppressore: "veramente
quest'uomo era giusto, egli era il Figlio di Dio!" disse il centurione
romano, rapito ormai alla logica della violenza, ai piedi di Colui che egli
stesso aveva trafitto.

4. CARLO SANSONETTI: LA CHIESA CHE ASPETTIAMO (MAGGIO 2005)

I mescolamenti interessati fatti con le realta' temporali, hanno inficiato
l'azione della Chiesa nel corso dei secoli e noi ringraziamo Dio che,
attraverso uomini santi, attraverso anche Giovanni Paolo II, la Chiesa sia
riuscita a disincagliarsi da alcuni compromessi e chiusure. Ma uno dei nodi
mai risolti, al quale la teologia non ha risposto ancora in modo chiaro e
lineare, e' il rapporto fra la Chiesa e il potere; come anche l'altro, che
da esso rimbalza, fra la Chiesa e il denaro. Questi nodi, direi, si sono
fatti invece molto piu' aggrovigliati durante il papato appena concluso.
Eppure fanno parte entrambi, con pochi altri messaggi, del cuore del Vangelo
di Gesu' Cristo.
L'accentramento dell'azione della Chiesa Cattolica su Roma, e in particolare
sulla persona del Papa, togliendo forza al collegio dei vescovi e alle
conferenze episcopali; la predilezione ad ascoltare i Nunzi (carica politica
in quanto ambasciatori dello Stato Vaticano) piu' che i vescovi; l'aver
privilegiato l'azione politica, diplomatica, rispetto all'annuncio chiaro e
schietto del Vangelo; gli inviti, si' pressanti, ma rivolti solo ai
governanti delle potenze in conflitto, e non ai cristiani in quanto tali, di
non iniziare le guerre e di non credere piu' ad esse; i documenti pontifici
indirizzati "agli uomini e alla societa'" (Giovanni Paolo II), invece che,
innanzitutto "ai nostri figli cattolici e ai fratelli cristiani, e anche
agli uomini di buona volonta'" (Paolo VI) o ai "venerabili fratelli e
diletti figli" (Pio XI); l'aver spogliato il Vangelo (...) del suo cuore che
e' l'opzione per i poveri; tutto questo, invece di rafforzare la Chiesa,
l'ha indebolita, perche' si e' indebolito il Vangelo.
Gesu', ogni volta che ha annunziato ai suoi la missione, li ha sempre
spogliati delle ricchezze umane, delle sicurezze altre che non fossero la
fiducia in Dio. Cio' che abbiamo ereditato dai secoli e' invece un fardello
enorme di ricchezze umane, di sicurezze altre che non sono certo Vangelo:
basiliche possenti, palazzi principeschi, ville faraoniche, proprieta'
colossali, capitali incalcolabili, azioni di societa' coinvolte nella
costruzione e vendita delle armi, giochi di borsa, compromessi con le
multinazionali che violano sfacciatamente i diritti umani, pur di ricevere
quanto serve a costruire le chiese in questo o quel luogo. Sono quei
mescolamenti, questi compromessi a costringere al silenzio la Chiesa di
fronte al tema del denaro, all'uso selvaggio di esso come oggi avviene con
il neoliberismo galoppante, idolatrato dal mondo occidentale e mai
definitivamente condannato dalla Chiesa.
E' a causa di questa avidita' di denaro che ogni sette secondi un bambino
muore di fame, dopo mesi o anni di atroci sofferenze e una sconvolgente
agonia. E oggi, qualunque persona che muore di fame e' in realta'
assassinata, perche' avendo tutti i mezzi per giungere in tempo per
salvarla, spendendo pochissimo del nostro superfluo, la lasciamo invece
agonizzare e lentamente morire. Ma, a causa di questo nuovo imperialismo
economico mondiale, anche i poveri aumentano a dismisura: negli ultimi 25
anni, ad esempio, il tasso di poverta' in Colombia e' passato dal 32% della
popolazione nel 1980, al 66% nel 2000.
Ma mi fa paura anche una Chiesa, in continuo dialogo diplomatico con il
potere politico, pervasa da un atteggiamento di trionfalismo per via dei
risultati ottenuti, e che viene portata sempre in palma di mano dalle
televisioni di Stato. Mi fa paura perche' pur sempre predica il Cristo
obbediente alla verita' e umiliato per questo fino alla morte, e alla morte
di croce. Egli non fece, non volle fare, alcun compromesso con il potere
politico e religioso e ha proclamato per sempre l'amore nonviolento e
crocefisso per il perdono e la salvezza di qualunque uomo.
Che dolore se veramente un Papa avesse detto ad un vescovo, perseguito e
violentato nel suo popolo e nella sua persona dal potere politico: "Lei,
signor arcivescovo, deve sforzarsi di avere una relazione piu' armoniosa.
Cio' sarebbe quanto di piu' cristiano lei possa fare in questi momenti di
crisi". Veramente quell'arcivescovo avrebbe raggiunto la vetta del Calvario
insieme al suo Signore, spintonato fin lassu' dai soldati e dai Sommi
Sacerdoti. Aveva camminato con una Chiesa povera monsignor Romero, una
Chiesa, come egli disse nell'omelia del 28 agosto del 1977, che "non si
appoggia su alcun potere, ne' su alcun denaro.
Oggi la Chiesa e' povera, oggi la Chiesa sa che i potenti la rifiutano, ma
che la amano coloro che mettono in Dio la loro fiducia. Questa e' la Chiesa
che amo, una Chiesa che non faccia assegnamento sui privilegi e i favori
delle cose della terra; una Chiesa sempre piu' libera dalle cose terrene,
umane, in modo da poterle giudicare con piu' liberta' dalla prospettiva del
vangelo, cioe' dalla sua poverta'".

5. CARLO SANSONETTI: IN TANTI E' MEGLIO (LUGLIO 2005)

Quando si decide di fare qualcosa, se si e' in molti e' meglio. Noi
quest'anno, nel nostro mese missionario con i giovani volontari eravamo in
nove. I ragazzi che sono stati con noi in Guatemala, che hanno scelto di
dedicare le loro vacanze al servizio dei poveri, hanno vissuto una bella
esperienza fra di loro e con la gente di li'. Sono tornati cambiati, piu'
ricchi e piu' felici. Siamo stati in tanti, anzi in tantissimi, perche'
oltre alla presenza fisica di Michela e Maurizio (gia' al loro terzo anno di
missione), di Sonia di Terni, di don Carlo, di Milena di Roma, di Lucia
Forzini e di Lucia Cardillo alla loro prima esperienza missionaria, c'e' da
contare le oltre 150 famiglie del nostro paese, Attigliano, che con
regolarita' danno il loro apporto di generosita'. Queste famiglie, e
tantissime altre in tutta Italia che ci seguono con amore, le abbiamo
sentite accanto a noi in questo intenso periodo di missione e di servizio.
Innanzitutto abbiamo trovato i nostri bambini particolarmente cresciuti,
attenti, studiosi, volitivi e intraprendenti, e questo e' stato un supporto
efficacissimo per sviluppare un progetto che avevamo preparato fin da qua,
il progetto "del desiderio": abbiamo chiesto ai nostri bambini di esprimere
i loro desideri, dai piu' immediati dell'oggi a quelli relativi al loro
futuro. I bambini, e tutta la gente del villaggio, "incapsulata" da sempre
nell'oggi, non hanno mai avuto la possibilita' di pensare ad un domani
diverso, a situazioni diverse da sperare, e l'atteggiamento interiore e'
sempre stato di vivere il momento presente e basta. Percio', proporre loro
di pensare che "altro" e' possibile rispetto al loro quotidiano - fatto di
scuola, ma subito dopo di lavoro e grandi fatiche, stenti e sacrifici, di
case fatiscenti e grandi scomodita' - e' stata una novita' e un impegno.
Hanno fatto bellissimi disegni molto colorati e (i bambini piu' grandi) temi
che hanno espresso profondita' di desideri e di pensieri. Ora e'
fondamentale dare seguito a questa proposta di pensiero con azioni che
puntino a realizzare quei desideri espressi da loro.
E' proprio quello che stiamo impegnandoci a fare e, se ci pensate bene, la
gioia piu' grande e' poter realizzare i desideri veri dei bambini!

6. CARLO SANSONETTI: PRENDERE POSIZIONE (AGOSTO 2005)

Marcello Pera ha parlato, il popolo di "Comunione e Liberazione" ha
applaudito e pochi hanno definitivamente dissentito. Certo, se avesse
proposto l'aborto libero ci sarebbero stati fischi e il Vaticano avrebbe
tuonato. Invece, questa voce di Pera sull'íuso della guerra e' una fra le
tante, che trova collocazione fra gli scaffali ecclesiastici. Soprattutto
dopo l'escalation del terrorismo. L'ultimo episodio grave, per il mondo
occidentale, quello di Londra, due mesi fa. Ma quelle quattro bombe hanno
"semplicemente" continuato a pagare il costo di morti gratuite ad una
civilta' di morte. "Le bombe di Londra sono le stesse di Falluja, le stesse
della Nato sulla Serbia, le stesse di Hitler su Coventry, le stesse di
Hiroshima e Nagasaki, le stesse dei terroristi suicidi in Israele o in Iraq,
le stesse del Vietnam, della Cecenia, di Madrid, le stesse di piazza Fontana
e dell'Italicus, le stesse di tutte le dittature, di tutti i terrorismi, di
tutti gli eserciti, di tutti i massacri" (dal quotidiano "La nonviolenza e'
in cammino", del 7 luglio 2005). E si aggiungono, quei morti di Londra, ai
milioni di morti dei facili aborti.
Che la gelosa e martellante campagna per il si' alla vita non si mutili dei
giorni che scorrono al di la' di un referendum e imbeva di se' le situazioni
che provocano morte aborrita dal Dio della vita! Perche' accettare e
sopportare ancora nel seno della Chiesa affermazioni che distorcono fino a
falsare le affermazioni del Vangelo? Il Catechismo della Chiesa Cattolica e
il suo Compendio (dato alle stampe due mesi fa da papa Benedetto XVI),
quando parlano del quinto comandamento "non uccidere", affermano che "a
nessuno e' lecito distruggere direttamente un essere umano innocente..." (n.
466 del Compendio): perche', uno colpevole? (...), Gesu', solo innocente,
non e' forse morto una volta per tutte per gli ingiusti e i colpevoli (cfr.
1 Pt, 3, 18)? Si afferma che "l'uso della forza militare e' giustificato
dall'inefficacia di ogni alternativa pacifica" (n. 483): allora, questo vuol
dire che non e' vero, non si crede, che l'Amore ("alternativa pacifica")
puo' avere espressioni tali da risolvere qualsiasi conflitto, ma, in alcuni
casi, e' proprio "inefficace" (il moralismo della teologia riesce cosi' ad
annullare, come verita', quella del Vangelo!).
Ma purtroppo c'e' di piu'. "Bisogna fare tutto cio' che e' ragionevolmente
possibile per evitare la guerra, dati i mali e le ingiustizie che essa
provoca" (n. 486): si riconosce e si afferma che la guerra provoca mali e
ingiustizie, e che per questo bisogna cercare "ragionevolmente" un modo per
evitarla. Ma noi siamo persone credenti, non solo pensanti, e ci domandiamo
come mai ci richiamino solo alla ragionevolezza e non anche, e soprattutto,
alla fede per evitare la guerra. Fede che e' preghiera, ma che e' anche
sequela di Gesu': i suoi sentieri, i suoi convincimenti, la sua pratica
nonviolenta, la sua potenza, la sua intransigenza.
Perche' dire dunque che la guerra o la pena di morte "in certi casi" sono
conciliabili con le esigenze di Colui che disse "chi di spada ferisce, di
spada perisce"? Perche' lasciare ad altri l'impegno di difesa del mondo
sconvolto da inquinamento e depredazione, da distruzione e sfruttamento
selvaggio? Perche' non unirsi ai tanti, di altre fedi e di altre visioni,
che si battono fino alla morte perche' la vita rimanga incollata agli uomini
e agli animali, alle piante e ai minerali?
Arrivo a San Salvador domenica 3 luglio di quest'anno per un pellegrinaggio
nei luoghi di San Romero d'America, e la Cattedrale, cassa di risonanza ed
eco delle sue omelie - potenze di vita e di verita', levatrici di speranza
certa ai disperati - e' gia' occupata, e percio' chiusa, da 114 impiegati
statali licenziati senza spiegazioni, e impediti di risposte
chiarificatrici, anche dopo molte proteste e un mese e piu' di sciopero
della fame, mai annunciato dai media asserviti al potere (quegli stessi
media che nemmeno hanno annunciato il venticinquesimo anniversario del
martirio di "Monsenor" il 24 marzo scorso). E la mattina del nostro arrivo i
114 consegnano nelle mani dell'arcivescovo di San Salvador, Monsignor
Fernando Saenz Lacalle, una lettera per il Presidente della Repubblica, ma
la risposta e' stata agghiacciante: "esto no le corresponde a la Iglesia...
andate all'ufficio dei diritti umani!". Dove sei, Dio della vita, annunciato
nelle omelie delle nostre Messe? Dove sei Chiesa, esperta in umanita' e
coraggiosa profeta di ogni tempo, di ogni luogo e di ogni situazione? Dove
sei Monsenor Romero, difensore dei poveri e voce dei senza voce?
Sono giunti inesorabili i 60 anni dell'atroce e paradigmatico crimine contro
l'umanita' che fu il bombardamento atomico su Hiroshima e Nagasaki (6-9
agosto 1945) e a Ghedi, in provincia di Brescia, nell'aeroporto militare,
sono stoccate 40 testate nucleari B-61 pronte ad essere montate su aerei
italiani... Il nostro paese ripudia la guerra?
Riuscira' la Chiesa, con i suoi zelanti Cardinali sparsi per il mondo (sono
poco piu' di 100 e potrebbero ben coordinarsi tra loro!), ad organizzare una
campagna di sensibilizzazione contro ogni guerra e per lo smantellamento di
tutte le testate nucleari affastellate in un mondo terrorizzato
dall'olocausto atomico? Riuscira' a farlo in modo cosi' tenace ed efficace
quanto quella contro le modifiche di una legge che era e rimane, secondo
alcuni - nella Chiesa anche -, un semplice "male minore", mentre siamo qui
di fronte ad un evidente, diabolico male infinito, crimine dell'umanita'
contro il suo stesso Dio, Padre e Signore della vita?

7. CARLO SANSONETTI: LA SOLIDARIETA' E' LA TENEREZZA DEL MONDO (GIUGNO 2006)

Grandi battaglie si combattono oggi fra eserciti opposti per la conquista di
fonti di energia, e si torturano e si uccidono i nemici fatti prigionieri.
Grandi battaglie si combattono anche nei Parlamenti di molti Paesi, fra cui
il nostro (nella formazione del nuovo governo) per la creazione e la
conquista di nuove poltrone, a servizio della voracita' di potere dei
partiti, con i soldi dei contribuenti. Grandi battaglie si combattono fra di
noi perche' ognuno vuole accaparrarsi la parte piu' grande, e stare meglio
degli altri. Ma soltanto la solidarieta' fra gli uomini ha la capacita' di
muovere la storia verso un maggiore bene per tutti. La solidarieta' e'
scritta nel nostro genoma e produce vita, come quando a primavera spuntano i
primi germogli su rami che prima sembravano rinsecchiti e morti.
E' in nome della solidarieta' che ha avuto inizio il nostro progetto in
Guatemala, perche', come nel caso dei vasi comunicanti l'acqua passa dal
vaso che ne ha di piu' in quello che ne ha meno, cosi' noi non abbiamo
frenato la spinta a portare parte di noi la' dove c'era mancanza e
manomissione di vita. Quel che Dio ha fatto nei confronti dell'uomo che
soffriva - divenendo simile a lui e dandogli vita subendo, per amore,
un'ingiusta condanna a morte per mano del potere religioso e di quello
politico - e' diventato per noi il punto di riferimento piu' importante. E
come Gesu' ha fatto l'opzione per i poveri, vivendo con loro e restituendo
loro dignita', salute, liberta' e gioia, cosi' noi siamo certi che la strada
che abbiamo scelto di portare scuole, salute, case dignitose e un futuro di
speranza ai piu' dimenticati della societa' e' l'unico modo di essere
discepoli veri di Gesu' Cristo.
Questo ci portera' a identificarci sempre di piu', anno dopo anno, giorno
dopo giorno, con le persone che piu' soffrono, fino a non poter piu'
sopportare di star bene con quelli che stanno bene. E' un invito pressante
percio' a non chiuderci nei nostri piccoli mondi comodi e consumistici: e'
nauseante impegnarci tanto per dare sempre di piu' ai nostri figli dopo che
hanno gia' tutto! La solidarieta' non e' soltanto offrire 10 o 100 euro a
chi sta male quando privarcene non determina alcun cambiamento per noi. La
solidarieta' e' innanzitutto amare. E se, per amore di un figlio, la mamma
si toglie il pane di bocca, l'unico suo boccone della giornata, per darlo al
figlio che ha fame, troppo spesso noi, per egoismo, ci mettiamo in qualche
luogo appartato a mangiarci il nostro buon panino per non doverlo
condividere con il povero che te ne chiede un pezzettino.
La solidarieta' e' la tenerezza dei popoli, dice l'antica saggezza maya, e
la sofferenza piu' grande che grava sul mondo occidentale e' proprio la
mancanza di un po' di tenerezza fra di noi. Eppure basta cosi' poco, basta
un sorriso e una simpatia in piu'. Verso tutti, soprattutto verso i poveri
del mondo.

8. CARLO SANSONETTI: FACCIAMO PACE (OTTOBRE 2006)

Torniamo dalle nostre terre di missione; torniamo con in cuore i volti, gli
occhi e i sorrisi di tutti i nostri bambini; torniamo carichi della loro
gioia e speranza; torniamo con il nostro progetto che cresce e corre
entusiasta come quei bambini quando escono dall'emarginazione, e cantano e
gridano la loro liberazione. La scuola non ha insegnato loro solo a leggere
e a scrivere, ma a pensare, amare e fare le cose insieme, condividendo tutto
quello che si ha. Man mano pero' che il viaggio scorre e ci avviciniamo
all'Europa, i giornali ci informano che non c'e' gioia, non c'e' pace nel
mondo degli adulti, perche' non e' questo che essi cercano. Gli adulti dei
paesi che stanno bene non sanno fare progetti di solidarieta' per gli adulti
dei paesi che stanno male, sanno solo mandare in quei paesi i loro eserciti,
in missioni che chiamano "di pace". Ma cio' che muove gli eserciti non e' il
bene dei popoli, ma solo quello che c'e' nelle loro terre, petrolio o
posizione geografica strategica che sia. E poi, diciamocelo francamente, chi
e' vestito di armi non potra' portare pace ma solo paura, e una pace
costruita sulla paura e' una guerra che gia' si combatte nel segreto del
rancore o dell'ipocrisia. Non saranno i soldati a poter fare missioni di
pace, perche' sono stati addestrati soltanto ad usare nel modo piu' perfetto
possibile le armi, non a organizzare e gestire progetti di solidarieta'.
Il nostro e' un piccolissimo progetto di solidarieta', e nel nostro
piccolissimo esempio vogliamo dare la testimonianza che si e' fatta pace,
che si sono rotte le barriere che ci dividevano; ed erano le peggiori
perche' erano quelle religiose. Oggi a La Granadilla, evangelici, cattolici
e altri che sono tornati alla paterna spiritualita' Maya, ci diamo la mano
per camminare insieme, gioiamo dell'incontro, tutti soffriamo nelle
partenze. Questa e' pace, perche' c'e' amore, questa e' pace perche' abbiamo
sconfitto proprio la paura: noi non siamo piu' per loro dei "gringos", ma
amici e fratelli. Ma oggi c'e' qualcos'altro che fa la differenza fra pace
per paura e pace per amore. I nostri due maestri maya Brunemilio e Cruz
hanno superato le nostre attese e ci hanno sconvolti: hanno deciso di
lasciare definitivamente il loro lavoro nella scuola pubblica, dove
lavoravano di mattina, per venire a lavorare a tempo pieno dentro il nostro
progetto... Avevano un posto statale, il loro avvenire era assicurato, si
erano veramente "sistemati". E invece, questi due agiscono ora senza senso,
assurdo e' il loro comportamento. Se gia' in Italia una scelta cosi' sarebbe
tacciata di pazzia, che si dira' di due che lo fanno in un paese del Terzo
Mondo, di due che appartengono essi stessi a un popolo crocifisso, come lo
e' il popolo indigeno, in qualunque latitudine?
Provengono, Cruz e Brunemilio, da famiglie povere; le loro case di nascita
non hanno pavimento ma solo la nuda terra; non stanze separate, ma un unico
ambiente; il bagno non e' mai esistito e i bisogni si soddisfano nel bosco
vicino; non un lavandino, ma solo un fusto d'acqua fuori della casa, che
troppo spesso deve aspettare le piogge per riempirsi. Ma da diversi anni le
cose erano cambiate: con enormi sacrifici i due erano riusciti a diventare
maestri. Con pazienza e tanta fortuna sono addirittura arrivati ad avere una
cattedra fissa: lo stipendio era assicurato, cosi' come l'assistenza
sanitaria, e, infine, anche la pensione! E invece, questi due, pazzi
completi, lasciano tutto, abbandonano cattedra, stipendio e contributi e si
mettono nelle nostre mani.
Brunemilio e Cruz sono nelle nostre mani! Nelle nostre deboli mani, vuote di
tanto, piene solo di speranza cristiana. Abbandonano la sicurezza e si
abbandonano alla precarieta' del cammino che ci impone la nostra fede.
Sperano contro ogni speranza! Che responsabilita' per noi, che peso! Noi
siamo andati da loro con la forza di tanti amici, che ci appoggiano, con le
spalle assicurate dal nostro lavoro in Italia. Arriviamo in aereo, viaggiamo
in pick up, abitiamo in una casa piccola ma confortevole; mai, mai, mai
abbiamo sperimentato cos'e' la fame e l'incertezza dell'avvenire. Ma loro
si', lo sanno, ben le conoscono! Eppure vengono da noi, abbandonati dai loro
cari, dai loro amici, che gli gridano dietro, disperati, che sono pazzi. Ma
non si fermano: vogliono proprio entrare a vivere appieno in questo progetto
di amore per i piu' piccoli fra i poveri. D'ora in avanti vivranno solo per
loro. E Dio, ora, guarda verso di noi, verso ciascuno di noi, che scrive e
che legge questo incredibile episodio, e nelle cui mani sono due giovani,
generose vite...

9. CARLO SANSONETTI: IL CRISTIANO NEL MONDO E NELLA CHIESA (DICEMBRE 2006)

"Piu' chiara sia la nostra parola di preti, piu' vivo il Vangelo che
annunciamo, piu' profetica la nostra testimonianza cristiana, piu'
consequenziale tutta la nostra vita", ha detto una volta un Vescovo (mons.
Brigantini).
Stiamo su un altro livello, la' dove ci ha portati Gesu' e dove vogliamo
portare tutti i cristiani.
Noi crediamo nell'uomo, stiamo dalla parte dell'uomo, soprattutto quando
soffre, senza mai scadere, per difenderlo, nel fare violenza ad altri,
nemmeno a quelli che lo fanno soffrire.
Noi stiamo dalla parte della vita, mai da quella della morte. Se cosi' io
facessi tradirei spudoratamente colui che si e' consegnato alla morte, e
alla morte di croce (e dunque alla violenza che impone morte) per vincere
definitivamente contro la morte e dare la vita per sempre.
Credo nella vita e do la mia vita perche' vita rimanga sulla terra, anche
nel corpo di Bin Laden, che non voglio che muoia, ma che si converta e viva.
Cosi' per Bush. Cosi' per me, cosi' per te.
Non stiamo dalla parte di Bush, ne' stiamo (come semplicisticamente e, a
volte, maliziosamente e per convenienza, molti credono che stiamo) dalla
parte dei terroristi. Entrambi d'altra parte usano gli stessi mezzi,
entrambi credono che per poter esportare la propria idea occorre far
violenza all'altro; anche quando questa violenza abbraccia, con il fetore
della morte feroce, vecchi, uomini, donne e bambini. Entrambi lo fanno,
entrambi sono condannati da Gesu': "Metti la spada nel fodero, perche' chi
di spada ferisce, di spada perisce".
Percio' io non sono rassegnato a pensare che la guerra sia il male minore
("eppure necessario") per risolvere i problemi internazionali. La guerra,
non solo non e' la soluzione, ma e' l'aggravarsi di tutti i problemi
esistenti. Noi crediamo che l'Amore sia l'unico mezzo per risolvere tutte le
controversie, dall'uomo al mondo. Anche se questo puo' far (bonariamente)
sorridere, facendo pensare che siamo degli ingenui, noi siamo sempre piu'
convinti (e la storia lo dimostra) che l'Amore vince su tutto. Quindi
stigmatizziamo e osteggiamo (per non cadere nel peccato di omissione) tutte
le azioni che sono contro l'Amore. E non riconosciamo nessun Dio che
permette di affermare la propria fede con la violenza. "Se a Lepanto
avessero vinto i musulmani, oggi tutto l'Islam sarebbe cristiano" (don Zeno
Saltini, fondatore di Nomadelfia): questa e' la fede che deriva dal Vangelo.
Mentre la festa del Rosario istituita da Pio V per la vittoria dei cristiani
contro i musulmani (a Lepanto appunto) e' l'espressione di una religione che
non crede piu' nella potenza della croce, ma la nega con la fede nelle
crociate, e dunque nella violenza degli uomini.
Ancora: se sono giustificate certe reazioni, e se vige il principio che la
colpa e' di chi inizia, che cosa avrebbero dovuto fare gli indigeni, anche
nella nostra piccola Centro America, di fronte al genocidio che noi, popoli
civili, democratici, cattolici, occidentali, abbiamo fatto dei loro popoli?
Anche i gay sono miei fratelli, come tutti gli uomini, e io non li
disprezzo. La bandiera della pace, come la croce, come lo stesso vangelo,
come i paramenti che io indosso per la Messa, e' stata, e continuera' ad
essere, strumentalizzata da chi la contraddice con la sua vita. Per me,
nonostante questo, mentre sventola su una parte ben visibile della
parrocchia di Attigliano, continua a portare il messaggio, con i suoi sette
colori, della pace accordata per sempre da Dio all'umanita' e all'universo
intero dopo il diluvio; per me rappresenta il messaggio piu' forte e
prioritario per l'oggi del mondo da parte del Vangelo di Gesu'; per me e'
una speranza certa di un mondo diverso da quello che stiamo per lasciare ai
nostri figli, ma che loro non potranno piu' lasciare ai nostri nipoti se
continua cosi', perche' un mondo cosi' o cambia o non sara' piu': parola di
scienziati che parlano dello scippo mortale che le esigenze dell'economia
neoliberista selvaggia (e quindi della politica, ormai serva dell'economia,
quando avrebbe dovuto esserne la saggia amministratrice) oggi sta facendo
alle risorse ambientali e anche a quelle umane. Sono felice a questo
proposito che l'Alca non abbia sfondato le porte del Sud America, perche',
come il Tlc, che purtroppo e' passato in quasi tutto il debole Centro
America (fra poco soccombera' anche la Costa Rica), e' totalmente a servizio
dei ricchi attraverso lo sfruttamento peccaminoso dei poveri.
Io amo la Chiesa, la amo a tal punto che quando ne vedo rughe o macchie sul
volto o sullo splendido suo Corpo, le indico con fermezza per rimuoverle e
porvi rimedio, e non faccio come i servi del re che lo adulavano mentre
veniva ingannato dai sarti imbroglioni e credeva di indossare abiti
meravigliosi: solo un bimbo riporto' tutti alla realta' gridando la verita':
"Il re e' nudo!".
Sono talmente eccitato di fare parte del Corpo di Cristo che e' la Chiesa
che sento una passione immensa e gioiosa che mi trasporta, come sul corso di
un torrente impetuoso, verso il suo cuore immacolato. Sento gelosia per la
Chiesa, che e' questo popolo di Dio riunito attorno ad una mensa con un Pane
di vita al suo centro, per cui, pur confessando i miei molti peccati, non
per questo mi sento esentato dal denunciare quelli che vedo intorno a me.
Ancora: sono talmente felice di essere parte della Chiesa che non riesco
proprio ad esimermi dal dare il mio contributo perche' i gesti d'amore della
Chiesa siano sempre piu' immagine e somiglianza dei gesti di Gesu'. Sono
talmente rispettoso dei miei fratelli e sorelle e ne ho talmente tanta stima
che non posso accettare di lasciarli (parlo dei laici) nella condizione di
eterni studenti, che non possono proprio arrivare alla piena maturita' di
Cristo: e' per questo che con loro volentieri discuto dei problemi o degli
errori che tutti commettiamo, ciascuno nel proprio ruolo; e volentieri
percio' con loro parlo di cio' che tutti sentiamo che nella Chiesa deve
cambiare: soprattutto e in particolare l'atteggiamento nei confronti del
ruolo che possono avere le donne. Esse, per esempio, non possono essere
istituite lettrici (cioe' non potrebbero leggere le letture nella Messa), ma
siccome di maschi che si impegnano ce ne sono pochissimi, allora per
difficolta' pratiche (e non per la dignita' della donna che e' uguale
identica a quella dell'uomo) si concede che anche le donne, di fatto,
possano leggere.
Strumentalizzazione, ipocrisia e maschilismo: sono i tre peccati di cui vedo
macchiare il bel volto della Chiesa in questa situazione appena esposta.
Dire queste cose significa disprezzare la Chiesa? Non dirle significa
menefreghismo, deresponsbilizzazione, codardia, quieto vivere, conformismo,
apatia, ipocrisia!
Dico queste cose per amore e per costruire, non certo per disprezzo e per
demolire. Sono gli altri che disprezzano i doni dello Spirito Santo e
distruggono cosi' cio' che Egli vuole edificare.

10. ET COETERA

Carlo Sansonetti, parroco di Attigliano, ha preso parte a varie rilevanti
esperienze di solidarieta' concreta in Italia e in America Latina, ed e'
trascinante animatore dell'esperienza di "Sulla strada".
*
Per sostenere le attivita' di solidarieta' in America Latina e in Africa
dell'associazione "Sulla strada": via Ugo Foscolo 11, 05012 Attigliano (Tr),
tel. 0744992760, cell. 3487921454, e-mail: info at sullastradaonlus.it, sito:
www.sullastradaonlus.it

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 145 del 5 febbraio 2008

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