Voci e volti della nonviolenza. 144



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 144 del 4 febbraio 2008

In questo numero:
1. Gandhi a sessant'anni dalla scomparsa
2. Emilio Butturini: Gandhi, un santo di religione indu'
3. Federico Fioretto: Il Mahatma Gandhi sessanta anni dopo
4. Pasquale Pugliese: 27 e 30 gennaio, il passaggio dalla barbarie
all'antibarbarie
5. Federico Rampini: Gandhi. La lezione che l'Occidente ignora

1. MEMORIA. GANDHI A SESSANT'ANNI DALLA SCOMPARSA
[Mohandas K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu' grande e profondo
pensatore e operatore, cercatore e scopritore; e il fondatore della
nonviolenza come proposta d'intervento politico e sociale e principio
d'organizzazione sociale e politica, come progetto di liberazione e di
convivenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra,
avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro
la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della
nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito
del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico.
Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la
teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione
economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il
30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di
quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va  mitizzato, e
che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti
discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione,
della sua opera. Opere di Gandhi:  essendo Gandhi un organizzatore, un
giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una
natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere
contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua
riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede
significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In
italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza,
Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e
autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la
liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton;
Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento; La cura
della natura, Lef; Una guerra senza violenza, Lef (traduzione del primo, e
fondamentale, libro di Gandhi: Satyagraha in South Africa). Altri volumi
sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di
frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da
Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio
pensiero, e La voce della verita'; Feltrinelli ha recentemente pubblicato
l'antologia Per la pace, curata e introdotta da Thomas Merton. Altri volumi
ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali
della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono
stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi
massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda
il saggio in proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza
civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi:
tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente
accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro
di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori. Tra gli studi cfr. Johan Galtung,
Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente
detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il
Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il
Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il
Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante testimonianza e'
quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia
cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti
nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri particolarmente
utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L.
Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti
Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci,
Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di
Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma 1999; tra le piu' recenti
pubblicazioni segnaliamo le seguenti: Antonio Vigilante, Il pensiero
nonviolento. Una introduzione, Edizioni del Rosone, Foggia 2004; Mark
Juergensmeyer, Come Gandhi, Laterza, Roma-Bari 2004; Roberto Mancini,
L'amore politico, Cittadella, Assisi 2005; Enrico Peyretti, Esperimenti con
la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini)
2005; Fulvio Cesare Manara, Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi
in un'eta' di terrorismi, Unicopli, Milano 2006; Giuliano Pontara,
L'antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega,
Torino 2006.
Giuliano Pontara e' uno dei massimi studiosi della nonviolenza a livello
internazionale, riproduciamo di seguito una breve notizia biografica gia'
apparsa in passato sul nostro notiziario (e nuovamente ringraziamo di tutto
cuore Giuliano Pontara per avercela messa a disposizione): "Giuliano Pontara
e' nato a Cles (Trento) il 7 settembre 1932. In seguito a forti dubbi sulla
eticita' del servizio militare, alla fine del 1952 lascia l'Italia per la
Svezia dove poi ha sempre vissuto. Ha insegnato Filosofia pratica per oltre
trent'anni all'Istituto di filosofia dell'Universita' di Stoccolma. E' in
pensione dal 1997. Negli ultimi quindici anni Pontara ha anche insegnato
come professore a contratto in varie universita' italiane tra cui Torino,
Siena, Cagliari, Padova, Bologna, Imperia, Trento. Pontara e' uno dei
fondatori della International University of Peoples' Institutions for Peace
(Iupip) - Universita' Internazionale delle Istituzioni dei Popoli per la
Pace (Unip), con sede a Rovereto (Tn), e dal 1994 al 2004 e' stato
coordinatore del Comitato scientifico della stessa e direttore dei corsi.
Dirige per le Edizioni Gruppo Abele la collana "Alternative", una serie di
agili libri sui grandi temi della pace. E' membro del Tribunale permanente
dei popoli fondato da Lelio Basso e in tale qualita' e' stato membro della
giuria nelle sessioni del Tribunale sulla violazione dei diritti in Tibet
(Strasburgo 1992), sul diritto di asilo in Europa (Berlino 1994), e sui
crimini di guerra nella ex Jugoslavia (sessioni di Berna 1995, come
presidente della giuria, e sessione di  Barcellona 1996). Pontara ha
pubblicato libri e saggi su una molteplicita' di temi di etica pratica e
teorica, metaetica  e filosofia politica. E' stato uno dei primi ad
introdurre in Italia la "Peace Research" e la conoscenza sistematica del
pensiero etico-politico del Mahatma Gandhi. Ha pubblicato in italiano,
inglese e svedese, ed alcuni dei suoi lavori sono stati tradotti in spagnolo
e francese. Tra i suoi lavori figurano: Etik, politik, revolution: en
inledning och ett stallningstagande (Etica, politica, rivoluzione: una
introduzione e una presa di posizione), in G. Pontara (a cura di), Etik,
Politik, Revolution, Bo Cavefors Forlag,  Staffanstorp  1971, 2 voll., vol.
I, pp. 11-70; Se il fine giustifichi i mezzi, Il Mulino, Bologna 1974; The
Concept of Violence, Journal of Peace Research , XV, 1, 1978, pp. 19-32;
Neocontrattualismo, socialismo e giustizia internazionale, in N. Bobbio, G.
Pontara, S. Veca, Crisi della democrazia e neocontrattualismo, Editori
Riuniti, Roma 1984, pp. 55-102; tr. spagnola, Crisis de la democracia,
Ariel, Barcelona 1985; Utilitaristerna, in Samhallsvetenskapens klassiker, a
cura di M. Bertilsson, B. Hansson, Studentlitteratur, Lund 1988, pp.
100-144; International Charity or International Justice?, in Democracy State
and Justice, ed. by. D. Sainsbury, Almqvist & Wiksell International,
Stockholm 1988, pp. 179-93; Filosofia pratica, Il Saggiatore, Milano 1988;
Antigone o Creonte. Etica e politica nell'era atomica, Editori Riuniti, Roma
1990; Etica e generazioni future, Laterza, Bari 1995; tr. spagnola, Etica y
generationes futuras, Ariel, Barcelona 1996; La personalita' nonviolenta,
Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Guerre, disobbedienza civile,
nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Breviario per un'etica
quotidiana, Pratiche, Milano 1998; Il pragmatico e il persuaso, Il Ponte,
LIV, n. 10, ottobre 1998, pp. 35-49; L'antibarbarie. La concezione
etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006. E' autore delle
voci Gandhismo, Nonviolenza, Pace (ricerca scientifica sulla), Utilitarismo,
in Dizionario di politica, seconda edizione, Utet, Torino 1983, 1990 (poi
anche Tea, Milano 1990, 1992). E' pure autore delle voci Gandhi,
Non-violence, Violence, in Dictionnaire de philosophie morale, Presses
Universitaires de France, Paris 1996, seconda edizione 1998. Per Einaudi
Pontara ha curato una vasta silloge di scritti di Gandhi, Teoria e pratica
della nonviolenza, Einaudi, nuova edizione, Torino 1996, cui ha premesso un
ampio studio su Il pensiero etico-politico di Gandhi, pp. IX-CLXI". Una piu'
ampia bibliografia degli scritti di Giuliano Pontara aggiornata fino al 1999
(che comprende circa cento titoli), gia' apparsa nel n. 380 de "La
nonviolenza e' in cammino", abbiamo successivamente riprodotto nel n. 121 di
"Voci e volti della nonviolenza"]

Ricorrendo il 30 gennaio il sessantesimo anniversario dell'uccisione di
Mohandas Gandhi, ancora una volta grande e' stata la disattenzione dei
mass-media, del ceto intellettuale e del ceto politico.
Una delle poche iniziative apprezzabili e' stata la ripubblicazione in
allegato a un quotidiano (L'Unita'") dell'ultima e capitale opera di
Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e
il XXI secolo, Ega, Torino 2006: uno studio di fondamentale importanza, che
insieme all'antologia di scritti gandhiani da Pontara curata (Mohandas K.
Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1973, 1996),
sarebbe bene  entrasse come libro di testo nelle scuole e nelle universita'.

2. MEMORIA. EMILIO BUTTURINI: GANDHI, UN SANTO DI RELIGIONE INDU'
[Dal quotidiano "L'Arena" di Verona del 30 gennaio 2008.
Emilio Butturini, nato a Verona nel 1937, docente universitario di
pedagogia, preside della facolta' di scienze della formazione
dell'universita' di Verona, studioso e promotore della nonviolenza. Opere di
Emilio Butturini: cfr. almeno La nonviolenza nel cristianesimo dei primi
secoli, Paravia, Torino 1977; Per un impiego alternativo del tempo libero
giovanile, Fondazione Zancan, Padova 1983; Disagio giovanile e impegno
educativo, La Scuola, Brescia 1984; La croce e lo scettro, Edizioni cultura
della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1990; La pace giusta, Mazziana,
Verona 1993 (seconda edizione ampliata 1999). Dal sito della facolta' di
scienze della formazione dell'Universita' di Verona
(www.formazione.univr.it) riprendiamo la seguente scheda: "Emilio Buturini,
nato a Revere (Mantova) il 12 ottobre 1937 e residente a Montorio (Verona),
si e' laureato presso l'universita' di Padova nel novembre 1960, con 110/110
e lode, in lettere classiche (con una tesi in storia antica). Dopo il
servizio militare, come allievo-ufficiale e come ufficiale di complemento
degli alpini, ha conseguito l'abilitazione all'insegnamento, prestato per i
primi due anni nell'Itis "G. Ferraris" di Verona e, dopo la vittoria al
concorso nazionale, ai licei classici "Rosmini" di Rovereto e "Augusto" di
Roma, all'istituto magistrale "Isabella d'Este Gonzaga" di Mantova, ai licei
scientifici "Messedaglia", "Galilei" e "Fracastoro" di Verona, fino agli
insegnamenti universitari di Pedagogia generale e di Storia della pedagogia
nelle universita' di Padova e di Verona (Facolta' di Economia, di Lingue, di
Magistero, di Lettere e di Scienze della Formazione), in qualita' di
professore associato dal 1982 e di ordinario dal 1990. E' stato Presidente
del Corso di laurea in Scienze dell'educazione per due trienni e Direttore
del Dipartimento delle Scienze medesime per un biennio, prima di essere
eletto, dal novembre 2000, Preside della Facolta' di Scienze della
Formazione, carica recentemente confermata per il triennio 2003-2006. E'
stato pure impegnato nell'Azione Cattolica, con responsabilita' anche
nazionali (Delegato nazionale studenti nel 1966 e 1967 e Consigliere
centrale dell'Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi per 25 anni) e
nell'attivita' amministrativa (due mandati come consigliere del Comune di
Verona dal 1994 al 2002, anche con la funzione di capogruppo). Seguono le
indicazioni delle principali pubblicazioni (soltanto libri) per il periodo
1977-1998 e poi, in maggiore dettaglio, quelle relative agli anni 1999-2003:
La nonviolenza nel Cristianesimo dei primi secoli, con prefazione di D. M.
Turoldo, Paravia, Torino 1977 (rist. 1979 e 1986); (con V. Andreoli),
Giovani, droga e rapporto educativo, Fiorini, Verona 1979; Per un impiego
alternativo del tempo libero giovanile, Fondazione Zancan, Padova 1983;
Disagio giovanile e impegno educativo, La Scuola, Brescia 1984 (II ed.
1986); La religione a scuola. Dall'Unita' ad oggi, Queriniana, Brescia 1987;
La croce e lo scettro, Edizioni Cultura della pace, Firenze 1990; Rigore e
liberta'. La proposta educativa di don Nicola Mazza, Mazziana, Verona 1990
(II ed. 1995); Una fede operosa. Educatori a Verona nel secondo Ottocento,
Mazziana, Verona 1997; (con Mario Gecchele), Scoutismo ed educazione alla
pace, Mazziana, Verona 1998. Pubblicazioni piu' significative degli anni
piu' recenti: La pace giusta. Testimoni e maestri tra '800 e '900, Mazziana,
Verona 1999 (nuova edizione ampliata e aggiornata); La Chiesa nei primi
decenni del Novecento, in AA.VV., Elena da Persico: una vita, un impegno, un
contributo per la storia del Movimento cattolico in Italia, Ave, Roma 1999;
Educare alla pace, in L. Corradini, G. Refrigeri (a cura), Educazione civica
e cultura costituzionale, Il Mulino, Bologna 1999; La trasmissione dei
valori religiosi in un mondo pluralistico: aspetti storico-pedagogici, in M.
Aletti, G. Rossi (a cura), Ricerca di se' e trascendenza, Centro Scientifico
Editoriale, Torino 1999; Verso la nuova Universita', in "Note Mazziane", nn.
I e 2, 1999; Il rifiuto del ruolo genitoriale come fattore di rischio, in A.
Agosti, P. Di Nicola (a cura), Leggere il maltrattamento del bambino: le
radici della violenza, Angeli, Milano 2000; La famiglia istituto naturale,
in L. Secco (a cura), Il rinnovamento scientifico nelle istituzioni del
terzo millennio, Morelli, Verona 2000; Le istituzioni educative dei primi
del secolo e la pedagogia di Don Calabria, in "Rivista di studi calabriani",
anno I, 2000; La chiesa veronese tra Ottocento e Novecento: iniziative
educative e sociali, in "Bollettino dell'Archivio per la storia del
movimento sociale cattolico in Italia", 2000, n. 2; Il contributo di Guido
Gonella. Un veronese di alto profilo politico e culturale, in "Note
Mazziane", nn. 1 e 2, 2000; Istituzioni educative a Verona tra '800 e '900,
Mazziana, Verona 2001 (I ed) e Mazziana, Verona 2002 (II ed.); Emmanuel
Mounier e Igino Giordani, in "Prospettiva Persona", 2001, n. 1; Il dovere
della memoria, in "Note Mazziane", 2001, n. 1; Fra segni dei tempi e segni
di Dio. Don Gaspare Bertoni al centro di una mirabile fioritura di santita',
in "Note Mazziane", 2001, n. 2; La relazione educativa per un futuro di
pace, in "Rivista di Scienze dell'Educazione", 2001, n. 2; Il cammino della
parita' scolastica. Dal lungo dibattito alle scelte, in "Note Mazziane",
2001, n. 4; Educazione, carita' e sensibilita' sociale nelle fondazioni
religiose veronesi della prima meta' dell'Ottocento, "Civis", supplemento al
n. 75, 2001 (17); Pace, giustizia e nonviolenza in Maria Montessori, in
"Vita dell'infanzia", 2002, n. 5/6; "ìGiusta" per chi? La pace e la guerra,
passato, presente, e futuro, in "Nigrizia", settembre 2002; Guerra e pace
nei Padri della Chiesa, in S. A. Panimolle (a cura), Dizionario di
spiritualita' biblico-patristica, vol. 33, Borla, Roma 2002; Il Concilio di
Giovanni e Paolo, in "Religione e scuola", 2003, n. 1; Pace e guerra nella
tradizione cristiana, in "Religione e scuola", 2003, n. 3; Un'importante
ricerca, anche per stare al passo con le riforme. Prefazione al libro a cura
di G. Favretto, I laureati in Scienze dell'educazione. Inserimento
lavorativo e competenze professionali, Angeli, Milano 2003; Educazione alla
pace e "convivialita'" delle differenze personali, in A. Portera (a cura),
Pedagogia interculturale in Italia e in Europa, Vita e Pensiero, Milano
2003; Educazione e/o formazione a una cittadinanza di pace, in A. Erbetta (a
cura), Senso della politica e fatica di pensare, Cleub, Bologna 2003;
L'insegnamento della religione. Dall'Unita' d'Italia al nuovo stato
giuridico dei docenti, in "Note Mazziane", 2003, nn. 3-4; Federico Ozanam,
coraggioso testimone di impegno sociale e politico. A 150 anni dalla morte,
in "Religione e scuola", 2003, n. 2"]

Sessanta anni fa, il 30 gennaio 1948, a poco piu' di 78 anni, veniva ucciso
Mohandas Karamchand Gandhi, che l'India considera "il Padre della Patria"
(o, piu' familiarmente, "papa'", bapu), "la grande anima", Mahatma. Era nato
il 2 ottobre 1869 a Portbandar, nella casta dei mercanti ("droghieri", come
indica il nome Gandhi) da un padre gia' ministro di un governo locale e da
una madre analfabeta, ma dal carattere forte e dalla profonda religiosita'
jaina. Sposato a 13 anni, secondo consuetudini indiane, da lui piu' volte
criticate, ad una coetanea, Kasturbai, le rimase sempre fedele, nonostante
atteggiamenti di sospettosa gelosia e di maschilista autoritarismo, ammessi
con molta semplicita' nell'autobiografia (tradotta in italiano con il titolo
La mia vita per la liberta', Newton Compton). Dall'unione nacquero quattro
figli: Harilal, Manilal, Ramdas e Devandas e nel 1906, all'eta' di
trentasette anni, d'accordo con la moglie, consultata pero' solo all 'ultimo
momento, Gandhi fece il voto di castita' assoluta, per meglio ricercare
Dio-Verita' e praticare l'amore verso tutti (Brahmacharya).
Si era frattanto laureato in legge a Londra nel 1891 e stava compiendo
numerosi "esperimenti con la Verita'" in Sudafrica, dal 1893 al 1914,
combattendo contro la discriminazione razziale, di cui erano vittime in quel
Paese neri e indiani. Negli anni londinesi, piu' che i testi del dibattito
culturale del tempo, come quelli di Darwin o di Marx, Gandhi conobbe la
Bibbia e gli stessi testi sacri dell'induismo, per cui si puo' dire con il
famoso monaco americano Thomas Merton (1915-1968) - nell'importante
introduzione ad un'antologia di scritti gandhiani, ora anche in italiano,
per le edizioni Feltrinelli - che "Gandhi riscopri' la propria tradizione e
il proprio Dharma" attraverso il confronto con la tradizione biblica e con
quella di autori cristiani (Ruskin, Tolstoj, Thoreau, ecc.).
Fu all'inizio della sua lotta contro il razzismo inglese che Gandhi adotto'
il termine di Satyagraha (fermezza nella verita') che esprimesse in positivo
la volonta' di azione e di lotta nonviolenta rispetto ai termini di
"disobbedienza civile" o di "resistenza passiva" o allo stesso termine
indiano Ahimsa. Nel 1914 abbandono' il Sudafrica per l'Inghilterra, dove -
anche in vista di riconoscimenti sempre piu' decisi dell'autonomia
dell'India - non esito' ad invitare i suoi connazionali ad arruolarsi
nell'esercito britannico, gia' impegnato nella prima guerra mondiale, che
avrebbe poi definito "orgia fraticida negatrice di ogni valore cristiano",
contrapposta a Cristo e al suo "puro stile di vita", per la quale "molti
Cristi dovevano offrire se stessi in sacrificio sul terribile altare
dell'Europa".
Seguirono le varie lotte in India contro gli inglesi negli anni del primo
dopoguerra, con periodi di carcere ("gli alberghi di Sua Maesta'"), fino
alla famosa "marcia del sale" (dal 12 marzo al 6 aprile 1930), con migliaia
di indiani uniti a lui per percorrere a piedi circa 400 chilometri fino alla
spiaggia di Dandi, dove Gandhi compi' l'atto simbolico di raccogliere
l'acqua marina in un secchio e farla evaporare per rivendicare la proprieta'
indiana del sale. Segui' un nuovo periodo di prigione fino al patto del 4
marzo 1931, che consenti' almeno alle popolazioni costiere di estrarre il
sale, oltre a revocare altre misure repressive e a liberare molti
prigionieri. Ci fu poi il "Programma costruttivo" fra gli anni 1933 e 1939,
fino alla seconda guerra mondiale, durante la quale Gandhi fu investito di
pieni poteri dal Congresso per attuare campagne di lotta nonviolenta,
diffuse a livello individuale, in nome dell'indipendenza indiana, con nuovi
arresti e prigionie e con il nuovo forte impegno per iniziative che
portassero ad un'intesa indo-musulmana, che evitasse la divisione
dell'India.
Fu questo il motivo di fondo delle sue ultime lotte, destinate al
fallimento, perche' lo stesso Congresso indiano fini' per approvare la
costituzione dei due Stati separati dell'India e del Pakistan.
Proprio mentre con la parola, l'esempio, il digiuno tentava ancora una volta
di riconciliare le due comunita', fu colpito a morte con tre colpi di
pistola da un giornalista indu', "un fratello che non era riuscito a
convincere", della casta dei brahmini, la sera del 30 gennaio 1948 a Nuova
Delhi. Il Mahatma cadde al suolo giungendo le mani nel tradizionale saluto
indiano (Pranam) e invocando il nome di Dio ("He Ram!").

3. MEMORIA. FEDERICO FIORETTO: IL MAHATMA GANDHI SESSANTA ANNI DOPO
[Dal quotidiano "Liberta'" di Piacenza, del 30 gennaio 2008, col titolo
"Piacenza ricorda il Mahatma Gandhi 60 anni dopo" e il sommario
"Sessant'anni fa, alle cinque del pomeriggio del 30 gennaio 1948, a Nuova
Delhi, Gandhi, il Mahatma, fu assassinato da un fanatico indu'. Piacenza
stasera lo ricorda alle 21 con un convegno".
Federico Fioretto, ricercatore e amico della nonviolenza, e' vicepresidente
dell'Associazione Ariel di Gazzola (Piacenza) e collaboratore dei "Quaderni
Satyagraha"]

"Se muoio di una malattia lunga... sara' vostro dovere proclamare al mondo
che non ero l'uomo di Dio che pretendevo di essere. Se lo farete, darete
pace al mio spirito. Se qualcuno dovesse porre fine alla mia vita
trapassandomi con una pallottola, come qualcuno tento' di fare con una bomba
l'altro giorno, e io ricevessi la sua pallottola senza un gemito ed esalassi
l'ultimo respiro invocando il nome di Dio, allora soltanto giustificherei la
mia pretesa".
La sera del 29 gennaio 1948, venti ore prima di morire in quel preciso modo,
Mohandas K. Gandhi cosi' elevava la propria imminente morte a testimonianza
di fede e dedizione al servizio dell'umanita'. Un uomo di preghiera, un
servo di Dio, cosi' chiedeva umilmente di essere ricordato.
Invece, nei sei decenni trascorsi dalla morte, Gandhi e' stato arruolato in
molte cause improprie e nominato a sproposito un numero incalcolabile di
volte in India e nel mondo, anche in Italia.
Ma ha anche ispirato tanti movimenti di lotta per la liberta' e la giustizia
e persone straordinarie come Martin Luther King, per dirne uno; ancora oggi
il suo ritratto viene esposto, a rischio della vita, in Birmania accanto a
quello di Aung San Suu Kyi a simboleggiare la riscossa della Verita'
sull'oppressione per mezzo dell'amore. La pratica dell'amore oltre la sfera
personale, come mezzo di rivoluzione sociale e politica, e' la grande
innovazione di Gandhi: il "porgere l'altra guancia" elevato a prassi
collettiva per combattere l'ingiustizia.
Lo scopo e' risvegliare nell'avversario, che non e' mai un "nemico", l'anima
buona che e' in lui e giungere alla riconciliazione; la vera "arma" della
nonviolenza e' dunque l'offerta della propria sofferenza.
Forse per questo il premio Nobel Romain Rolland defini' Gandhi "un altro
Cristo". Il Mahatma (termine che, del resto, significa "colui la cui anima
e' uno con Dio") teneva sempre con se' accanto alla Bhagavad Gita, testo
fondamentale della sua religione, il Vangelo e il Corano; fu ucciso da un
fanatico indu' poiche' questi, come i suoi mandanti, non poteva tollerare
che Gandhi amasse i musulmani come gli indu'. Una "colpa", questa
dell'equanimita' verso ognuno dei nostri fratelli indipendentemente dalla
loro religione, razza, sesso o nazionalita', che dovremmo assumere tutti con
gioia.
"Tutte le religioni sono vere; tutte contengono qualche errore; tutte mi
sono quasi altrettanto care del mio induismo, poiche' tutti gli esseri umani
dovrebbero esserci cari come i nostri parenti piu' stretti. La mia
venerazione per le altre fedi e' uguale alla venerazione per la mia". In
un'epoca in cui tanti irresponsabili maitres a' penser incitano allo scontro
di civilta', recuperare il pensiero radicalmente ecumenico di Gandhi si fa
urgente; solo nel rispetto reciproco si trovano le vie della comunicazione e
della comprensione indispensabili alla costruzione di una pace globale e
duratura.
Di Gandhi va ricordata anche la dimensione di riformatore sociale ed
economico, poiche' se la sua nonviolenza e' "La via che porta a Dio - che e'
Verita'", questo percorso passa anche dal ristabilimento di un ordine
sociale egalitario e di un modello economico basato sulla convinzione che
"Dio non crea mai piu' dello stretto necessario, con il risultato che se
qualcuno si appropria di piu' di quanto abbia realmente bisogno egli riduce
il suo prossimo in poverta'".
La convinzione dell'uguaglianza tra tutti gli esseri umani, della sacralita'
delle risorse naturali e di tutti gli esseri viventi che Gandhi trae dal suo
retaggio culturale e' attualissima in un tempo nel quale la ricerca di un
diverso equilibrio nel rapporto tra l'umanita' e l'ambiente e' vitale.
Dove il profitto prevale sulla vita e l'ambiente e' visto come una dispensa
da saccheggiare per soddisfare la nostra ingordigia, e' prezioso il richiamo
di Gandhi alla vita semplice e all'assunzione piena della responsabilita'
sociale, rifiutando a qualunque costo di collaborare al male; poiche' a
tutto si puo' rinunciare, ma "non alla Verita' e alla Nonviolenza".
"Dopo che me ne saro' andato, nessuno sapra' rappresentarmi in modo
completo. Ma un pezzetto di me sopravvivra' in molti di voi. Se ciascuno
pone la causa per prima e se stesso per ultimo, il vuoto sara' riempito in
larga misura".
Con la sua caratteristica umilta', Gandhi indica come prendere il suo
testimone: con l'impegno personale e l'abnegazione a favore dalla causa
suprema: la Verita'.
In questo spirito si ricorda il sessantesimo della morte di Gandhi a
Piacenza, tra questa sera e sabato 2 febbraio, con il convegno nazionale
"Neotopia: la nonviolenza di Gandhi per la democrazia partecipata oggi": per
porre le basi di una societa' fondata sulla solidarieta' e sul servizio,
sulla condivisione e sul rispetto, sulla responsabilita' e sull'impegno. Di
questi tempi, una bella rivoluzione!
Ma questa e' la via per fare dell'utopia della pace una "neotopia", cioe' un
luogo reale, fortemente voluto e costruito mediante progetti concreti,
condivisi e partecipati da chi dovrebbe governare in democrazia: il popolo
sovrano.

4. MEMORIA. PASQUALE PUGLIESE: 27 E 30 GENNAIO, IL PASSAGGIO DALLA BARBARIE
ALL'ANTIBARBARIE
[Ringraziamo Pasquale Pugliese (per contatti: puglipas at interfree.it) per
questo intervento.
Pasquale Pugliese, educatore presso i Gruppi educativi territoriali del
Comune di Reggio Emilia, dove risiede, laureato in filosofia con una tesi su
Aldo Capitini, e' impegnato nel Movimento Nonviolento (del cui comitato di
coordinamento fa parte), nella Rete di Lilliput ed in numerose iniziative di
pace; e' stato il principale promotore dell'iniziativa delle "biciclettate
nonviolente". Una recente intervista a Pasquale Pugliese e' nelle "Minime"
n. 259]

Qualche giorno dopo la "Giornata della memoria della Shoah", il 30 gennaio
ricorre l'anniversario dell'omicidio di Gandhi. E quest'anno e' il
sessantesimo. Queste due ricorrenze ravvicinate ci offrono l'opportunita' di
svolgere una riflessione sul nesso possibile tra i due eventi.
La Shoah e' l'esito finale del principio del fine che giustifica i mezzi
portato alle estreme conseguenze, alla eliminazione sistematica delle
singole persone appartenenti a piu' popoli e gruppi sociali (ebrei, zingari,
omosessuali, "diversi") considerati inferiori in nome di un'ideologia
perversa. E' uno degli approdi piu' nefasti della barbarie sperimentata in
una certa fase del XX secolo, che ha visto in pochi decenni concentrarsi - a
partire dallo stesso principio del rapporto tra fini e mezzi condiviso dai
diversi attori - due guerre mondiali, tre totalitarismi (fascismo, nazismo e
stalinismo), i campi di sterminio e la distruzione atomica di due citta',
Hiroshima e Nagasaki, da cui e' partita la mai piu' arrestata escalation
nucleare. Che ha portato ad avere oggi puntate sulle nostre teste piu' di
30.000 testate nucleari e sottratti dalle nostre tasche circa 1.200 miliardi
di dollari di spesa militare globale.
Negli stessi anni - dal 1915 al 1948 - Mohandas K. Gandhi sviluppava in
India un'altra modalita' di lotta politica, il Satyagraha, la nonviolenza,
fondata sul principio opposto per il quale il mezzo deve essere sempre
coerente con il fine perche' tra mezzo e fine vi e' lo stesso inviolabile
nesso che c'e' tra seme e albero (Gandhi) e dunque non c'e' spazio per la
violenza, neanche nei confronti dell'avversario. La nonviolenza, che Gandhi
aveva gia' sperimentato per un decennio in Sud Africa, non solo condurra' un
popolo di 300 milioni di persone all'indipendenza dall'imperialismo
britannico ed all'autogoverno, senza il ricorso alla lotta armata, ma
mostrera' a tutti i popoli del mondo una teoria ed una prassi, ossia un
metodo di lotta, efficace contro le ingiustizie e le oppressioni, che
combatte il male senza operare violenza nei confronti di chi e' causa di
quel male, anzi aiutandolo a liberarsi  dal suo stesso male.
La seconda meta' del '900 ha visto fronteggiarsi queste due weltanschauung,
queste visioni del mondo che - pur dipanandosi trasversalmente per
latitudini, religioni, ideologie - si distinguono dall'idea differente del
rapporto tra mezzi e fini. Da un lato sono continuate le guerre (sempre
"giuste", "sante", per la democrazia, per la pace, ecc.), le dittature, i
genocidi, la corsa agli armamenti; dall'altro molti popoli hanno cominciato
a incamminarsi sulle strade della nonviolenza: dalle lotte per i diritti
civili dei neri degli Usa alla liberazione del Sudafrica dall'apartheid;
dalle Madri di plaza de Mayo in Argentina alla lotta del popolo tibetano;
dalla Primavera di Praga agli studenti cinesi; dalla prima Intifada
palestinese alle marce di liberazione dei popoli dei paesi dell'est; dalle
molte resistenze indigene e popolari alla globalizzazione ai monaci
birmani...
Ed ancora oggi, nel XXI secolo, si contrappongono le due concezioni che il
filosofo Giuliano Pontara (che ha tenuto una lezione magistrale lo scorso 30
gennaio all'Universita' di Reggio Emilia invitato dalla Scuola di pace)
definisce "della barbarie e dell'antibarbarie". La prima, la barbarie, che
ha avuto il suo culmine novecentesco nell'ideologia nazista, contagia le
diverse tendenze (pur apparentemente tra loro distanti) che si
caratterizzano per una concezione del mondo come teatro della lotta per la
supremazia; per il riconoscimento del diritto assoluto del piu' forte; per
lo svincolarsi della politica da ogni limite morale; per l'elitismo e il
disprezzo per il debole; per la glorificazione della violenza; per il culto
dell'obbedienza assoluta e il dogmatismo fanatico. L'insieme di queste
tendenze se non fermate porteranno il mondo, piu' prima che poi, alla
catastrofe, a meno che non si fuoriuscira' da esse attraverso l'antibarbarie
della mentalita' nonviolenta come si esprime nella concezione gandhiana
della nonviolenza (Pontara). Questa concezione antagonista alla prima,
l'antibarbarie, considera il mondo come teatro di forze costruttive;
sostiene il primato della democrazia; la subordinazione della politica
all'etica; l'umilta' dell'egualitarismo; l'empowerment dei deboli; la
dissacrazione della violenza; la responsabilita' della disobbedienza; la
ricerca dialogica e fallibile della verita'.
Insomma, il 27 ed il 30 gennaio sono le due date ravvicinate che sembrano
indicare il passaggio possibile dalla barbarie all'antibarbarie.

5. MEMORIA. FEDERICO RAMPINI: GANDHI. LA LEZIONE CHE L'OCCIDENTE IGNORA
[Dal quotidiano "La Repubblica"" del 29 gennaio 2008, col titolo "Gandhi. La
lezione che l'Occidente ignora" e il sommario "Sessant'anni fa moriva per
mano di un fanatico il Mahatma. Aveva 78 anni e pesava 49 chili quando un
fondamentalista gli sparo' tre colpi. Che cosa resta dell'artefice della
nonviolenza in un mondo che ama pochissimo la pace".
Federico Rampini (Genova, 1956), giornalista e saggista, e' stato allievo di
Raymond Aron all'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, e
di Mario Monti all'Universita' Bocconi di Milano; ha iniziato la sua
attivita' di giornalista nel 1977 a "La citta' futura", poi a "Rinascita",
"L'Espresso", "Mondo Economico"; in seguito e' stato vicedirettore de "Il
Sole 24 Ore"; poi capo della redazione milanese ed in seguito editorialista
e inviato del quotidiano "La Repubblica" a Parigi, Bruxelles, San Francisco,
Pechino; ha collaborato come opinionista a "Le Figaro", "L'Express" e
"Politique etrangere" in Francia; ha insegnato alle universita' di Berkeley
e Shanghai; e' consulente dell'Institut Francais des relations
internationales; membro del comitato scientifico della rivista "Critique
Internationale" pubblicata dalla Fondation Nationale des Sciences Politiques
di Parigi, e della rivista italiana di geopolitica "Limes". Opere di
Federico Rampini: La germanizzazione. Come cambiera' l'Italia, Laterza,
1996; (con Massimo D'Alema), Kosovo, Mondadori, 1999; New Economy. Una
rivoluzione in corso, Laterza, 2000; Dall'euforia al crollo. La seconda vita
della New Economy, Laterza, 2001; Effetto Euro, Longanesi, 2002; Le paure
dell'America, Laterza, 2003; Tutti gli uomini del Presidente. George W. Bush
e la nuova destra americana, Carocci, 2004; San Francisco-Milano, Laterza,
2004; Il secolo cinese. Storie di uomini, citta' e denaro dalla fabbrica del
mondo, Mondadori, 2005; L'ombra di Mao. Sulle tracce del Grande Timoniere
per capire il presente di Cina, Tibet, Corea del Nord e il futuro del mondo,
Mondadori, 2006; L'impero di Cindia. Cina, India e dintorni: la superpotenza
asiatica da tre miliardi di persone, Mondadori, 2006; La speranza indiana.
Storie di uomini, citta' e denaro dalla piu' grande democrazia del mondo,
Mondadori, 2007]

"Il venerdi' 30 gennaio 1948 - racconta Rajmohan Gandhi - comincio' come
tutti gli altri giorni per mio nonno. Si sveglio' alle tre e mezzo del
mattino, recito' la sua preghiera preferita: Perdonami, o Dio
misericordioso, per tutti i miei peccati. Non chiedo il paradiso ne' la mia
liberazione ma la fine del dolore per tutti coloro che soffrono...". A 78
anni, stremato dai ripetuti digiuni di protesta, Gandhi era ormai ridotto a
uno scheletro: pesava 49 chili. "Quel pomeriggio alle cinque usci' per
andare al terreno di preghiera. Camminava appoggiandosi alle nipotine Abha e
Manu, in mezzo a due ali di folla. Un giovanotto, Nathuram Godse, arrivo' di
corsa, diede uno spintone a Manu, si piazzo' di fronte a Gandhi puntando una
pistola. Tre colpi in rapida successione, uno allo stomaco e due al petto.
Mio nonno si accascio' tra le braccia di Abha. Mormoro' soltanto He Rama: oh
Dio. Una macchia rossa di sangue sporco' il vestito di cotone candido. Con
le mani giunte in un ultimo segno di saluto e di preghiera, si accascio' per
terra". Godse era un giovane giornalista militante, della corrente piu'
fanatica del nazionalismo indu'. Venne arrestato, condannato a morte e
giustiziato. Membro della casta braminica, odiava in Gandhi il fautore della
riconciliazione con i musulmani. Molti come Godse avevano giurato di
eliminare il Mahatma. L'inventore della resistenza passiva, il leader del
piu' grande movimento di liberazione nella storia umana, il padre dell'India
indipendente che aveva messo in ginocchio l'impero britannico, era ormai da
tempo lui stesso un condannato a morte in attesa di esecuzione.
Il calvario di Gandhi comincia almeno un anno prima del suo assassinio. Gia'
all'inizio del 1947, mentre gli inglesi devono rassegnarsi all'inevitabile
indipendenza indiana, accettano anche il diktat della comunita' musulmana:
il leader Mohammed Ali Jinnah vuole la secessione delle regioni
settentrionali a maggioranza islamica. L'indipendenza deve coincidere con la
spartizione e la nascita del Pakistan. Ma la fondazione di uno Stato
islamico, che Gandhi ha avversato fino all'ultimo, non sara' indolore. In
tutte le zone del subcontinente le comunita' religiose sono mescolate da
sempre. Rancori ancestrali che covano da secoli tornano a galla, i leader
integralisti soffiano sul fuoco della tensione. Ha inizio la piu' vasta
tragedia di "pulizia etnica" mai accaduta: un esodo di milioni di persone in
preda al panico, tra regolamenti di conti, vendette e massacri.
Profeta dell'amore, Gandhi si aggira per il paese cercando di placare gli
animi. Spende il suo enorme carisma rivolgendosi soprattutto alla
maggioranza induista perche' cessi il genocidio. Nell'agosto 1947, proprio
mentre a New Delhi il premier Nehru si appresta a celebrare la "mezzanotte
della liberta'", il Mahatma si dirige dall'altra parte del paese, nel
Bengala, dove la popolazione islamica e' numerosa. Arriva a Calcutta dove le
autorita' sono latitanti, le strade sono in mano a bande armate. Inizia un
digiuno che grazie alla diffusione della radio viene seguito con
trepidazione da tutta l'India. Sembra che gli riesca un nuovo miracolo,
Calcutta vive sospesa in una calma irreale grazie alla sua presenza. I
leader delle diverse comunita' indu', musulmana e sikh vengono in
pellegrinaggio al suo capezzale. S'impegnano solennemente a mantenere la
pace, iniziano a disarmare le loro milizie. Lo supplicano d'interrompere il
digiuno che lo sta riducendo a un cadavere.
Lord Mountbatten, l'ultimo vicere' inglese che nell'interregno comanda
ancora l'esercito locale, in quei giorni scrive: "Nel Punjab ho 500.000
soldati eppure ci sono disordini gravi. Nel Bengala le nostre forze sono
fatte di un uomo solo, e non ci sono disordini. Gandhi ha ottenuto con la
persuasione morale cio' che quattro divisioni militari non avrebbero
ottenuto con la forza".
Ma quella vittoria e' effimera, i focolai di violenza continuano a
moltiplicarsi in tutto il paese, il terrore dilaga. Gandhi decide di
rientrare a Delhi dove il conflitto religioso imperversa. La capitale e'
invasa dai campi profughi dove si accalcano gli induisti e i sikh sfollati
dal Pakistan: gonfi di risentimento, premono per "ripulire" il vecchio
quartiere islamico e impadronirsi di quelle abitazioni. I musulmani in fuga
verso il Pakistan sono a loro volta bersaglio di rappresaglie atroci. I
treni degli sfollati vengono assaltati nottetempo dalle bande che li
aspettano al varco e macellano orrendamente i passeggeri. Interi convogli
silenziosi arrivano di giorno nelle stazioni offrendo uno spettacolo
macabro: sono carichi di soli cadaveri.
A Delhi il 13 gennaio 1948 Gandhi comincia un nuovo digiuno. "Sara' il piu'
grandeª, confida ai suoi cari. Sara' l'ultimo. Ancora una volta e' verso i
fratelli di fede induisti che rivolge tutta la sua forza di pressione, la
stessa arma della nonviolenza che per decenni ha usato per piegare gli
inglesi. "Metto Delhi alla prova - dichiara -. Quali che siano i massacri
che avvengono nel resto dell'India o nel Pakistan, imploro il popolo della
capitale di non lasciarsi fuorviare dal suo dovere. Anche se tutti gli indu'
e i sikh del Pakistan dovessero essere sgozzati, la vita del piu' misero
bambino musulmano che abita nel nostro paese deve essere salvata". Aggiunge
un'invocazione urgente al governo Nehru: deve versare subito al Pakistan la
quota che gli spetta delle riserve della banca centrale che gli inglesi
hanno lasciato a Delhi.
Sono richieste dure, impopolari. Alimentano la rabbia e i complotti contro
di lui. Mentre una parte della popolazione segue con trepidazione il
bollettino medico del suo ultimo digiuno, i gesti di ostilita' si fanno piu'
frequenti. Un giorno che giace sul letto sfinito dalla fame, un corteo
vociferante sfila davanti a casa sua. "Non sento bene", chiede al suo
segretario Pyarelal, "cosa dicono?". L'assistente esita a lungo prima di
rivelargli la verita': "Urlano: lasciamo che Gandhi muoia". Le forze
sembrano abbandonarlo, i medici perdono ogni speranza, il Mahatma e' ormai
un moribondo. Dal suo letto di dolore con un filo di voce fa giungere ogni
giorno i suoi messaggi alla nazione. La commozione sale di nuovo nel paese,
che assiste al sacrificio supremo del leader spirituale.
Il 17 gennaio accade ancora una volta il miracolo. Centotrenta
rappresentanti delle diverse comunita' religiose votano una mozione per
ristabilire la pace sociale. Una delegazione raggiunge la capanna di Gandhi
e gli legge "il desiderio sincero espresso da indu', musulmani, sikh, di
vivere a Delhi nell'amicizia perfetta". Al sesto giorno Gandhi interrompe il
suo digiuno. Paradossalmente i festeggiamenti sono piu' forti in Pakistan:
Nehru ha ceduto alle richieste del Mahatma, lo Stato islamico e' salvato
dalla bancarotta. Ma il 20 gennaio una bomba esplode proprio sul terreno di
preghiera dove Gandhi si reca quotidianamente. Lui si salva per caso
dall'attentato. Sa che i suoi giorni sono contati, le trame per eliminarlo
si moltiplicano: "Alla fine sara' quel che Rama comanda. Io danzo come un
burattino, lui tira i fili". Sul giornale dell'estremismo indu' dove scrive
Nathuram Godse il pacifismo gandhiano e' accusato di "evirare la nazione".
Rajmohan Gandhi ricorda il giorno della morte citando il poeta-sarto Kabir:
cinque secoli prima aveva paragonato l'anima umana a una chadariya, un panno
di cotone tessuto a mano secondo la tradizione indiana. "Per piu' di 40
anni, prima in Sudafrica e poi in India, questa chadariya che e' l'anima di
mio nonno guido' eserciti di donne e uomini disarmati verso la conquista
della dignita'. Le pallottole non uccisero quel Gandhi. Lo consegnarono
all'eternita' dei tempi e ai popoli di tutti i continenti".

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 144 del 4 febbraio 2008

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