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Nonviolenza. Femminile plurale. 152
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 152
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 10 Jan 2008 12:10:43 +0100
- Importance: Normal
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 152 del 10 gennaio 2008 In questo numero: 1. Vandana Shiva: Brevetti. Un problema etico 2. John M. Glionna: Xie Lihua, la voce delle donne rurali cinesi 3. Marinella Correggia: Fiori pesanti 1. RIFLESSIONE. VANDANA SHIVA: BREVETTI. UN PROBLEMA ETICO [Dal sito www.feltrinellieditore.it riprendiamo il seguente estratto dal libro di Vandana Shiva, Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2002, pp. 5-13. Dallo stesso sito riprendiamo anche la seguente scheda di presentazione editoriale del libro: "Un libro molto chiaro sulla questione dei brevetti e della biodiversita' agricola e sulle strategie messe in campo dalle corporation e dal Wto. Scritto in modo estremamente accessibile, il libro di Vandana Shiva dimostra come la questione apparentemente astratta della proprieta' intellettuale si stia trasformando in uno strumento finalizzato al saccheggio delle risorse naturali del pianeta da parte delle grandi corporation. Manipolazione delle forme di vita e dei geni, selezione delle specie agricole, il tutto coordinato da una consapevole strategia adottata dalle grandi organizzazioni transnazionali quali il Wto, volte a impoverire sempre di piu' le popolazioni rurali del Terzo mondo". Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana, direttrice di importanti istituti di ricerca e docente nelle istituzioni universitarie delle Nazioni Unite, impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa dell'ambiente e delle culture native, e' oggi tra i principali punti di riferimento dei movimenti ecologisti, femministi, di liberazione dei popoli, di opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia di operazioni e programmi scientifico-industriali dagli esiti pericolosissimi. Tra le opere di Vandana Shiva: Sopravvivere allo sviluppo, Isedi, Torino 1990; Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Biopirateria, Cuen, Napoli 1999, 2001; Vacche sacre e mucche pazze, DeriveApprodi, Roma 2001; Terra madre, Utet, Torino 2002 (edizione riveduta di Sopravvivere allo sviluppo); Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2002. Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003; Le nuove guerre della globalizzazione, Utet, Torino 2005; Il bene comune della Terra, Feltrinelli, Milano 2006] Prima degli anni Ottanta, i brevetti non avevano praticamente alcun rapporto con la nostra vita quotidiana. Le sole persone che si occupavano di brevetti erano gli inventori che li richiedevano, coloro che esaminavano le richieste e gli avvocati specializzati in materia. Nel corso degli anni Ottanta, pero', si sono verificati due eventi che hanno trasformato irreversibilmente la questione dei "brevetti" in un problema di rilevanza cruciale nella vita di ciascuno. Il primo evento e' stata la decisione della Corte suprema degli Stati Uniti di considerare il vivente alla stregua di un'invenzione, attribuendo all'Ufficio brevetti americano (US Patent Office) la prerogativa di concedere brevetti sul vivente. Il secondo e' stata l'introduzione (su richiesta degli Stati Uniti) della questione dei brevetti e dei diritti di proprieta' intellettuale (Iprs) nell'agenda dell'Uruguay Round del Gatt. Ma si consideri il brano seguente: "Il primo brevetto su un mammifero fu concesso il 12 aprile 1988 dallo US Patent Office alla DuPont per un topo cui erano stati impiantati geni umani e di pollo infetti in modo da causare il cancro. Si affermo' che il brevetto sull''oncotopo' acquisito da DuPont avrebbe consentito di trovare cure per il cancro, ma cosi' non fu. Sebbene l'oncotopo fosse abitualmente chiamato 'Topo di Harvard' (dato che le ricerche relative erano state svolte a Harvard), sarebbe piu' corretto definirlo 'Topo DuPont', perche' e' la DuPont a detenerne il brevetto. La copertura di questo brevetto e' straordinariamente ampia, dato che si estende a tutte le specie animali - topi, gatti o scimpanze' - i cui geni vengano manipolati in modo da causare loro il cancro. Questo brevetto e' probabilmente tra i piu' ampi mai concessi. Grazie a esso, la DuPont puo' commercializzare il primo animale brevettato al mondo, debitamente ribattezzato Oncotopo. "Una pecora di nome Tracy si guadagno', a suo tempo, la fama di 'invenzione biotecnologica', realizzata per opera degli scienziati della Pharmaceutical Proteins Ltd. (Ppl). Tracy venne definita 'bioreattore cellulare mammifero' perche', mediante introduzione di geni umani, le sue ghiandole mammarie erano state modificate in modo da produrre una proteina utilizzata dall'industria farmaceutica. Ron James, direttore della Ppl, dichiaro' pubblicamente che 'la ghiandola mammaria e' un'ottima fabbrica', senonche' per riprodurre Tracy era necessaria la clonazione animale. Gli scienziati della Ppl e quelli del Roslin Institute, allora, 'crearono' Dolly, che fu naturalmente brevettata come 'invenzione' del Roslin Institute e proprieta' della Ppl. "L'americana Biocyte e' titolare di un brevetto su tutte le cellule di cordone ombelicale dei feti e dei neonati. "Un'altra societa' americana, la Myriad Pharmaceuticals, dopo aver brevettato il gene contro il cancro al seno, dispone ora del monopolio assoluto sull'uso diagnostico di questo gene brevettato. "I ricercatori del National Institute of Health (Nih) britannico brevettarono un metodo per la terapia genica che fu dato in concessione alla societa' Genetic Theraphy la quale, a sua volta, lo vendette per 395 milioni di dollari alla Sandoz, che si fuse poi con la Ciba Geigy a formare la Novartis. Di conseguenza, uno dei piu' grandi giganti della genetica mondiale possiede gli esclusivi diritti di 'proprieta'' su una terapia sviluppata in ambito pubblico. "Nel 1994, la Amgen acquisto' il brevetto del cosiddetto 'gene dell'obesita'' dalla Rockefeller University per 90 milioni di dollari. Dato che gli americani spendono annualmente circa 30 miliardi di dollari in pillole dimagranti e diete, il brevetto di questo gene puo' fruttare moltissimo in una societa' il cui sistema alimentare industriale e' organizzato in modo da causare obesita'. "Nel 1995 il governo degli Stati Uniti si attribui' il brevetto di una sequenza di Dna estorta agli hagahai di Papua, Nuova Guinea. "La Genset, una societa' francese, firmo' un accordo con il governo cinese per raccogliere e brevettare il Dna di tribu' abitanti in regioni sperdute". * Oggi, dunque, societa', laboratori commerciali, universita', ricercatori e ancor piu' i governi sembrano tutti impegnati in una "caccia rapace dalla posta elevatissima" per accumulare "brevetti" che possano essere rivenduti per miliardi di dollari. La fine del XX secolo, percio', ha visto concedere brevetti su varieta' vegetali e conoscenze indigene, ma anche su microrganismi, geni, animali e persino su cellule e proteine umane. L'accordo sui diritti di proprieta' intellettuale legati al commercio (trips, Trade Related Intellectual Property Rights Agreement) firmato in sede Gatt/Wto ha globalizzato le leggi sui brevetti d'ispirazione statunitense, producendo conseguenze ed effetti di ampia portata non solo sulla capacita' di provvedere ai nostri essenziali bisogni alimentari e sanitari, bensi' anche sulla nostra democrazia e sulla nostra sovranita'. L'universalizzazione dei brevetti, estesi a tutti i campi (vivente compreso), ha causato l'invasione delle nostre foreste e fattorie, delle nostre cucine e dei nostri giardini da parte dei brevetti. Questi, infatti, vengono ora concessi non solo sulle macchine, bensi' anche sul vivente nelle sue forme piu' svariate; non solo sulle nuove invenzioni, dunque, bensi' anche sul sapere dei nostri antenati. Il sapere indigeno relativo a varieta' vegetali quali neem, haldi, karela, jamun, kali mirch, bhu-amla e a centinaia di altre piante impiegate a scopi alimentari e medicinali, utilizzato in India per secoli al fine di soddisfare bisogni quotidiani, rischia concretamente di essere brevettato dal mondo occidentale ai soli fini di profitto commerciale. Questo e' un fenomeno di vera e propria biopirateria; e contrariamente alla percezione comune i diritti di proprieta' intellettuale occidentali (in particolare, le leggi statunitensi sui brevetti), ben lungi dall'impedire la pirateria intellettuale, sembrano addirittura promuoverla, spingendosi in alcuni casi fino alla violazione dei diritti umani. * La lobby occidentale dei brevetti vorrebbe, invece, farci credere che essi siano necessari alla crescita e all'elevato tenore di vita ottenuti, nel libero mercato, grazie alla produzione di tecnologia. I diritti di proprieta' intellettuale stimolerebbero gli investimenti (in particolare, gli investimenti diretti stranieri, o Fdi), il trasferimento di tecnologia dal Nord al Sud del mondo, la ricerca e l'innovazione, consentendo agli inventori di rifarsi dei costi di ricerca e sviluppo. In sostanza, i benefici pubblici del sistema dei brevetti superano di gran lunga i costi derivanti dai monopoli artificiali creati sul mercato. Il reale quadro della situazione, pero', e' completamente diverso. I diritti di proprieta' intellettuale sono stati utilizzati dai paesi industriali, e soprattutto dagli Stati Uniti, per esercitare una smaccata "coercizione politica". Tra la fine degli anni Settanta e il decennio successivo, il governo degli Stati Uniti si rese conto dell'emergere di un divario tecnologico strutturale tra l'economia americana e quella giapponese. La politica degli Stati Uniti, quindi, si propose di cementare il vantaggio artificiale di cui ancora godeva l'industria americana varando una politica estera espansionistica in materia di diritti di proprieta' intellettuale. Si tratta di un dato dimostrato da una ricerca condotta negli Stati Uniti nel 1984: le societa' interrogate indicavano, in una percentuale superiore all'80%, che una delle giustificazioni fondamentali addotte per i brevetti era costituita dalla necessita' di dover "bloccare i settori tecnologici" anche quando mancava una seria intenzione di sviluppare le invenzioni a essi legate. I brevetti vengono descritti come "atout" utili per negoziare concessioni. In altre parole, il sistema dei brevetti "regola" la competizione. Non stimola necessariamente la produzione di tecnologie e ancora meno ne accresce la diffusione. Consideriamo ora la seconda parte dell'argomento, e cioe' quella in base alla quale la difesa dei diritti di proprieta' intellettuale sarebbe essenziale per alimentare la crescita economica e gli investimenti. Ebbene, le spese delle societa' biotecnologiche per la ricerca e lo sviluppo smentiscono questa tesi. Esse hanno speso oltre 7 miliardi di dollari all'anno per la ricerca e lo sviluppo, e nel 1995 gli investimenti nel settore hanno superato i 12 miliardi di dollari, nonostante la debolezza o l'incertezza in materia di difesa dei brevetti che caratterizzava la maggior parte dei piu' grandi mercati mondiali, Unione europea inclusa. La molla del profitto, in assenza di diritti di proprieta' intellettuale, sembra percio' funzionare abbastanza bene anche nel settore ad alta tecnologia e ad alto rischio della ricerca e dello sviluppo. Cio' rivela, dunque, come non vi siano correlazioni tra livello degli investimenti e qualita' dei diritti di proprieta' intellettuale, cosi' come non esistono nessi dimostrati tra investimenti nel settore della ricerca e dello sviluppo da una parte, e crescita economica dall'altra. Oltretutto, gli investimenti stranieri diretti sono concentrati nelle mani di un numero limitato di societa' e fluiscono all'interno delle singole compagnie, anche se attraversano talvolta i confini geografici. Dieci paesi in via di sviluppo assorbono l'8% di tutti gli investimenti stranieri diretti che affluiscono nel Sud, ma questo dato e' controbilanciato dal pagamento delle royalty che tutti i paesi in via di sviluppo devono ai detentori stranieri dei diritti di proprieta' intellettuale e che prosciugano preziose riserve. Non sorprende, quindi, che circa il 70% delle royalty e delle tasse di licenza pagate in tutto il mondo sia costituito da transazioni tra multinazionali e le loro affiliate estere. Anche l'obiezione secondo cui il brevetto delle innovazioni consentirebbe agli inventori di rientrare nelle spese dovute alla ricerca e allo sviluppo e' piuttosto debole. I dati empirici dimostrano che, nei paesi economicamente sviluppati, l'industria recupera con i brevetti solo il 15-20% degli investimenti in ricerca e sviluppo, mentre in paesi come l'India, per un inventore locale, la percentuale cala fino ad aggirarsi tra lo 0,5 e il 2%. Il diritto di proprieta' intellettuale e' essenzialmente una distorsione del mercato, un monopolio, un'agevolazione concessa dai governi. Il diritto di proprieta' intellettuale impone confini territoriali alle tecnologie e ad altre invenzioni per permettere alle imprese di ottenere maggiori profitti. A lungo termine, un forte sistema in difesa del diritto di proprieta' intellettuale puo' generare discriminazioni nel campo dei prezzi e svariate pratiche di distorsione del mercato come il consorziamento dei brevetti [patent pooling], le vendite di prodotti abbinati [tied-up sales], le licenze incrociate e il rifiuto di concedere licenze. La questione dei brevetti e' per definizione carica di elementi di conflitto. Essi, anzi, incarnano il conflitto fra diritti individuali e interesse pubblico. Le normative sui brevetti sono il luogo di un elementare conflitto fra proprieta' privata, creazione di monopoli e benefici privati, da una parte, e interesse pubblico e benefici sociali della scienza e della tecnologia, dall'altra. A causa dell'intrinseco conflitto esistente tra interessi pubblici e privati, le leggi sui brevetti che difendono con forza gli interessi privati dimostreranno una proporzionale debolezza nella difesa degli interessi pubblici. Tuttavia, non esistono leggi sui brevetti che siano "forti" o "deboli" in senso assoluto. Forza e debolezza sono essenzialmente relative agli interessi che vengono protetti. L'univoco riferimento a "sistemi forti" nel dibattito sul diritto di proprieta' intellettuale svoltosi nell'ambito del Gatt sottintende l'assunto secondo cui solo i diritti dell'impresa hanno rilevanza. * I brevetti sugli organismi viventi impoveriscono la societa' umana da un punto di vista etico, ecologico ed economico, anche se apportano profitti commerciali a un limitato numero di grosse aziende. Se la societa' umana, con tutta la sua varieta', vuole realmente arricchirsi sul piano etico, ecologico ed economico, dovra' trovare un'alternativa ai brevetti. Questi sono un indice dell'arroganza umana, che considera gli scienziati alla stregua di "creatori" di organismi viventi. Il compenso per l'innovazione, in questi campi, dovrebbe basarsi sul riconoscimento della creativita' e delle capacita' generative connaturate agli organismi viventi. I brevetti forniscono a chi li detiene un diritto esclusivo sull'invenzione, che si estende alla produzione, allo sviluppo, all'utilizzo, alla vendita e alla distribuzione dell'articolo o della sostanza brevettata. Nel caso di brevetti sul vivente, il detentore del brevetto puo' impedire ad altri di produrre o utilizzare sementi, piante o animali soggetti a brevetto. Dato che le risorse viventi e le forme di vita si "producono" da se', e poiche' agricoltori e allevatori hanno sempre conservato i loro semi e badato ai loro vitelli, nelle leggi sui brevetti di ispirazione occidentale la conservazione e lo scambio di sementi sono trattati alla stregua di un "furto di proprieta' intellettuale". I brevetti sono anche il riflesso dell'arroganza della civilta' occidentale, come dimostra il caso del brevetto sul neem. Le proprieta' che rendono il neem prezioso come biopesticida sono note e sfruttate in India da secoli: non sono state certo inventate dagli scienziati che hanno ottenuto i brevetti per il biopesticida al neem. Questo diritto di proprieta' intellettuale e', in realta', un diritto di pirateria intellettuale. Per evitare questo fenomeno di pirateria e' essenziale che venga riconosciuta l'innovazione collettiva prodotta dalle comunita' del Terzo mondo. Mentre il regime coloniale aveva agito sui mercati delle colonie a salvaguardia degli interessi di commercianti e investitori stranieri, le norme sovranamente promulgate dai paesi del Terzo mondo, come la legge indiana sui brevetti (Patent Act) del 1970, hanno puntato a un maggiore equilibrio tra gli interessi degli investitori e quelli dei consumatori, per evitare che le pratiche monopolistiche e restrittive frenassero lo sviluppo scientifico e tecnologico e la crescita dell'industria. Le leggi sovrane dei paesi del Terzo mondo furono redatte per rimediare all'uso dei brevetti da parte dei paesi industrializzati, mirante a impedire lo sviluppo di un'industria locale nel Terzo mondo che doveva, al contrario, rimanere puro e semplice mercato per i loro prodotti. Ma i cambiamenti forzosi indotti in India dal trips minano alla base la possibilita' stessa di salvaguardare questi interessi pubblici, generando nuovi conflitti. A causa di questi cambiamenti, i diritti fondamentali e i bisogni elementari della popolazione indiana verranno compromessi in tre modi. In primo luogo, i monopoli sui brevetti produrranno l'aumento dei prezzi di merci come, per esempio, le medicine. In secondo luogo, la pratica di brevettare il sapere indigeno rendera' sementi e farmaci inaccessibili ai poveri, che si vedranno cosi' minacciati nella loro stessa sopravvivenza (si veda il capitolo sulla biopirateria). In terzo luogo, i brevetti sulle forme di vita e sulla biodiversita' eroderanno il potere sovrano del Terzo mondo sulle proprie risorse e solleveranno questioni etiche in tema di brevetti sulla vita (si veda il capitolo sulle minacce alla biodiversita'). Le pressioni miranti a stabilire un sistema dei brevetti uniforme e avente vigore a livello globale non trovano giustificazione, se si considera l'impatto dei brevetti sull'interesse pubblico, soprattutto nel Terzo mondo. Le questioni etiche sollevate dall'idea dei brevetti sul vivente sono state messe in luce da piu' parti. Il senatore Mark Hatfield, che si e' distinto nella lotta contro i brevetti sugli animali svoltasi al congresso degli Stati Uniti, ha cosi' riassunto il problema: "I brevetti sugli animali sollevano la cruciale questione etica del rispetto per la vita. Come si comporteranno le generazioni future? Seguiranno l'etica di queste politiche sui brevetti, e considereranno la vita alla stregua di un qualsiasi manufatto o prodotto chimico, privo di particolare valore o senso, a parte quello puramente commerciale? O prevarra' piuttosto un'etica del rispetto per la vita, che sapra' sconfiggere la tentazione di trasformare la vita creata da Dio in mero oggetto di commercio?". * Come vedremo, pero', il problema dei brevetti non riguarda soltanto gli animali. Si pensi, per esempio, al caso di John Moore, che si era rivolto all'ospedale della University of California per farsi curare un cancro alla milza. Nel 1984 il dottore che lo aveva in cura brevetto' una sequenza del suo Dna senza chiedergli l'assenso. La sequenza di Dna "Mo" fu poi venduta al gigante farmaceutico Sandoz. Le stime dell'effettivo valore economico di questa sequenza superano i 3 miliardi di dollari. Quando Moore contesto' al dottore l'appropriazione del suo personale patrimonio genetico, la Corte d'appello della California trovo' strano il fatto che Moore non fosse padrone del proprio tessuto, e che l'universita' e le societa' biotecnologiche non trovassero nulla di anormale nel loro diritto esclusivo sulla milza di Moore ne' nel fatto di essersi assicurati un brevetto derivato da essa. E' lo stesso John Moore a descrivere quel che si prova a ritrovarsi trasformati nel brevetto n. 4.438.032. "Senza essere avvertito e senza che mi venisse chiesto il permesso, sono stato privato del pieno diritto sul mio personale e unico materiale genetico: sono stato controllato, ingannato, truffato e, insomma, violato in modo incredibilmente arrogante e disumano". Il brevetto ottenuto dal governo degli Stati Uniti sul patrimonio genetico della popolazione hagahai fu abbandonato nel 1996 a seguito dello scandalo suscitato a livello globale. Questo brevetto incontro' l'opposizione di scienziati e attivisti europei e fu definitivamente revocato nel 1996. Molti medici lo definirono "immorale e contrario all'etica" e dichiararono che con i brevetti di quel genere si era esagerato. * Per cinque anni, tra il 1994 e il 1999, ogni volta che il governo indiano ha introdotto normative legate agli accordi Wto, la questione dei brevetti e' divenuta oggetto di accesissimo dibattito al parlamento indiano. Nonostante sia trascorsa la scadenza del primo gennaio 2000 prevista per l'applicazione del trips, la controversia sui brevetti resta ancora aperta e continuera' a divampare nel nuovo millennio. Da parte mia, ho cominciato a impegnarmi nel campo dei brevetti e dei diritti di proprieta' intellettuale intorno alla meta' degli anni Ottanta, in coincidenza con l'emergere delle nuove biotecnologie e della questione dei brevetti sul vivente, e l'introduzione dei diritti di proprieta' intellettuale tra i temi in discussione nei negoziati Gatt (Uruguay Round). Alla base del mio impegno contro le leggi sui brevetti c'e' la mia costante attenzione verso l'ecologia e l'equita'. Come ecologista dedita alla conservazione della biodiversita' e al rispetto per tutte le forme di vita, ritengo che i brevetti sulla vita pongano profondi problemi etici e comportino conseguenze di vasta portata per l'umanita' e le altre specie. Nel mondo attuale, i brevetti condizionano la vita quotidiana di tutti, dal contadino (che vede minacciato dai brevetti il suo diritto alla conservazione delle sementi) ai consumatori (il cui diritto all'alimentazione e alle cure mediche viene eroso dai monopoli sui brevetti) ai ricercatori (che vedono limitato il proprio diritto a scambiare le rispettive conoscenze). E poiche' i brevetti hanno un impatto su tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana, noi dobbiamo impegnarci per modificare le leggi sui brevetti che governano la nostra societa'. Nel corso della prima colonizzazione, alle popolazioni indigene veniva tolta la terra. Con il diritto di proprieta' intellettuale e con i brevetti si esercita la pirateria direttamente sulle menti e sui corpi delle popolazioni indigene: e' la vita stessa a essere colonizzata. Non possiamo piu' permettere che siano solo gli avvocati e gli esperti di diritti di proprieta' intellettuale a occuparsi delle questioni relative ai brevetti. Io non sono un avvocato specializzato in questioni di brevetti, ma - come scienziata, ambientalista, femminista e cittadina consapevole - nell'ultimo decennio ho ugualmente profuso il mio impegno in questo campo. Spero che questo libro contribuisca a demistificare le leggi sui brevetti, mettendo in luce l'impatto etico, ecologico ed economico che le normative globali in materia comportano. E spero che, al termine della lettura, le preoccupazioni da me espresse diventino anche vostre. 2. MONDO. JOHN M. GLIONNA: XIE LIHUA, LA VOCE DELLE DONNE RURALI CINESI [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo di John M. Glionna apparso sul "Los Angeles Times" il 2 gennaio 2008. John M. Glionna, giornalista, e' corrisponnete da Pechino per il "Los Angeles Times"] Pechino, Cina. I genitori di Xie Lihua volevano un figlio maschio. Ma il giorno in cui Xie nacque in un villaggio povero della provincia rurale di Shandong, sua madre seppe di aver dato vita ad una seconda figlia. La donna pianse di rabbia, schiaffeggiando la bambina appena nata. "Un'altra femmina!", urlo'. L'anno era il 1951. Le bambine venivano considerate dei beni senza valore, in una societa' agraria che faceva affidamento sulla forza dei giovani uomini per prosperare. Xie crebbe sapendo bene qual era il suo posto: quello di cameriera per il suo fratello minore. "Mia sorella ed io sapevamo che il cibo buono andava a lui. Quando lui aveva finito, allora noi potevamo mangiare", ricorda Xie. Decenni piu' tardi, la condizione delle contadine cinesi e' persino peggiorata in molti modi. La nazione piu' popolosa del mondo forza la politica del "figlio unico" per controllare la crescita della popolazione. In presenza di opportunita' limitate di aver bambini, i maschi sono piu' idolatrati che mai. Ma la bambina che fu cresciuta come una cittadina di seconda classe e' stanca di tali insulti. Oggi Xie e' una fiera attivista per i diritti delle donne, e lavora per ispirare una quieta rivoluzione. Vuole mostrare alla cultura maschile dominante che le donne cinesi meritano rispetto ed hanno il diritto all'eguaglianza. Piu' importante ancora, Xie si sta impegnando per convincere di questo proprio le donne. E' infatti la fondatrice dell'eccezionale rivista "Donne rurali", ormai un punto fermo nella vita emotiva di diverse generazioni di donne povere. Ogni numero riporta una lunga serie di missive delle lettrici, una specie di "chat room" per villaggi troppo sperduti per avere computer. Sebbene le donne che vivono nelle citta' abbiano fatto passi avanti verso l'uguaglianza, grazie alla migliore istruzione ed alle possibilita' offerte da una classe impiegatizia crescente, le donne rurali sono spesso incastrate in un durissimo stile di vita, immutato da un'epoca ormai trascorsa. "Io dico loro che la loro vita vale quanto quella di qualsiasi uomo. Non sono nate con il marchio della disuguaglianza, e' la societa' che le ha rese diseguali", dice Xie, "Hanno solo bisogno di opportunita' per ottenere i loro diritti". Tre donne cinesi su quattro, piu' di 450 milioni, vivono ancora nelle campagne, dove rigidi costumi sociali alimentano solitudine e abusi. Il tasso di violenza domestica e' alto. Ogni anno 150.000 donne si suicidano: la Cina rurale e' il solo luogo al mondo, secondo le stime dell'Organizzazione mondiale della sanita', ove le donne si suicidano piu' degli uomini. Le lettrici di Xie parlano dei loro sposi chiamandoli non "mariti", ma "padroni". Abitano in un mondo in cui l'enfasi sull'avere un figlio maschio e' cosi' accentuata che parecchie di loro portano nomi come Zhaodi ("Aspetto un fratellino"), o Aidi ("Amare un fratellino"). Assieme alla rivista, che ha quattordici anni, Xie ha fondato il Centro di sviluppo culturale per donne rurali, prima ong cinese a concentrarsi sulle donne che vivono al di fuori delle citta'. Xie ha disegnato programmi di alfabetizzazione e di prevenzione del suicidio, ed anche alcune iniziative mirate ad incrementare la partecipazione politica delle donne. Fornisce microcredito alle imprese delle donne rurali. In questi giorni sta lavorando su una piaga enorme e non vista: i milioni di donne che lasciano la campagna come lavoratrici migranti e spesso finiscono rapite e trafficate come prostitute. Xie gestisce un "telefono amico" per le mogli maltrattate e per le donne ingiustamente espulse dal mercato del lavoro, e sta facendo pressione sul governo affinche' vari delle leggi contro le molestie sessuali. Sta chiedendo anche un salario di base ed un'assicurazione minima per le lavoratrici domestiche, che non sono comprese nelle leggi nazionali sul lavoro. Gli sforzi di questa donna hanno dato potere a moltitudini di altre donne, incluse le contadine che hanno deciso di cercar fortuna in citta': come l'operaia che ha denunciato la sua azienda quando essa ha smesso di pagarla, e la domestica sessualmente abusata che ha denunciato il suo datore di lavoro. A incoraggiarle e sostenerle, c'era Xie Lihua. I critici di Xie dicono che lei "mette in imbarazzo" la Cina. Prima di un viaggio all'estero, fu avvisata dalle autorita' di non "parlar male" del suo paese. "Non ci sono casi minori in diplomazia", le disse un funzionario di partito, "Sarai ritenuta responsabile per qualsiasi cosa tu dica". Ma la schiena di Xie e' sempre diritta. * A 56 anni, Xie veste le tradizionali bluse cinesi sopra i bluejeans. Continua a parlare con la stampa occidentale e con chiunque sia disposto ad ascoltarla. Nella sua lotta ha rischiato tutto, anche il proprio matrimonio. "Se io sono una che procura guai, allora lo era anche Deng Xiaoping con la sua 'politica della porta aperta'. Se non vi e' cambiamento, anche quando il cambiamento comporta sofferenza, allora non c'e' progresso". Xie dice di aver capito che grandi cambiamenti erano possibili in Cina durante gli anni '60 e la Rivoluzione culturale. Ma continua a credere che le Guardie Rosse abbiano cominciato a mandarla in malora bastonando gli intellettuali. Alle medie si oppose a che i suoi insegnanti venissero fustigati in pubblico. Dopo di che, lascio' il suo villaggio e si trasferi' a Pechino, e comincio' a riflettere su come riorientare uno zelo rivoluzionario maoista sempre piu' malriposto. Mao aveva proclamato che "le donne reggono la meta' del cielo", intendendo che esse erano capaci di fare la propria parte di lavoro. Xie credeva che meritassero anche i diritti d'eguaglianza, e non solo la fatica. Qualche anno piu' tardi, ebbe la sua prima occasione di dirlo a voce alta. Lavorando come reporter per una pubblicazione chiamata "Notizie delle donne cinesi", viaggio' sino alla provincia di Hebei, per scrivere un articolo su una donna che si prendeva cura del marito disabile molto piu' anziano di lei. La donna era stata citata dal governo come il perfetto modello della contadina. Quello che Xie trovo' fu una giovane sposa trattata come una schiava, che sopportava la situazione poiche' le era stato insegnato a credere che il suo destino fosse servire gli uomini. "Non era un esempio per le altre", ricorda Xie, "Era una vittima". L'articolo di Xie sfido' quella che lei defini' "ignoranza feudale". Il pezzo scateno' un dibattito assai acceso sul ruolo delle donne nella cultura rurale, che duro' per mesi. Nel 1993, la rivista per cui lavorava incoraggio' le appartenenti al proprio staff a creare i propri giornali che si occupassero di istanze femminili, ma le imprese dovevano sostenersi da sole, senza aiuto governativo. Xie fondo' la propria rivista per le donne rurali. Chiedeva quaranta centesimi a copia, su per giu' il prezzo di un piatto di tagliatelle, ma il giornale era gratis per le donne piu' povere. Gli altri giornalisti presero in giro la sua idea come una cosa "brutta, rustica e inutile". Gli inizi furono difficili. Xie scrisse e curo' da sola i primi due numeri. Suo marito non riusciva a capire il suo impegno a favore di contadine che neppure conosceva. Tuttavia, la "rustica e brutta" cosa non solo funziono', ma apri' nuovi territori. Le lettrici discutevano di sesso, di amore, di matrimoni. Donne intrappolate scrissero che volevano divorziare e lavorare per se stesse. Xie pubblico' una raccolta di lettere che raccontavano dettagliatamente le storie d'amore e le fantasie delle sue lettrici: la chiamo' "Il mondo delle emozioni delle donne rurali". Anche gli uomini compravano La sua rivista. Alcuni scrivevano lettere, spiegando il punto di vista maschile su determinati argomenti. La pubblicazione mise in luce l'aspra realta' della Cina rurale, dove il tasso di suicidi e' il triplo di quello cittadino. Xie Lihua sostiene che l'80% delle donne si suicidano a causa di conflitti con i loro mariti. Nel 1996 la pubblicazione offri' un compenso di circa dodici dollari a chi avrebbe raccontato le storie delle donne che si erano uccise. Xie continua a redigere i loro profili, e li affianca con analisi psicologiche. La ricerca dimostro' che molte vittime ingoiavano pesticidi in preda alla disperazione dovuta a matrimoni violenti, o a vite senza speranza in balia di parenti-padroni acquisiti, presso cui vivevano dopo il matrimonio. Erano anche costrette a sopportare aborti forzati. Le leggi cinesi permettono alle famiglie rurali di avere un secondo figlio se il primo e' femmina. Le donne che sono incinte della seconda figlia sono soggette ad enormi pressioni affinche' abortiscano. Il governo critico' l'inchiesta, dicendo che i dati erano gonfiati. Ma Xie non mollo' la presa, ed il governo fu costretto a ritrattare, e comincio' a prenderla in considerazione quale portavoce delle donne. Oggi la pubblicazione parla apertamente di come fare sesso in modo sicuro e soddisfacente, o di come trovare lavoro in citta', e articoli invitano le donne a denunciare la violenza domestica. "Il pensiero rurale e' che se una donna viene picchiata e' colpa sua: non ha fatto abbastanza per compiacere il suo padrone", dice Xie. Spesso pero' le donne che lavorano al "telefono amico" sconsigliano come prima misura il divorzio: "Le donne devono cominciare ad essere realistiche rispetto agli uomini", sostiene Xie, "Non possono aspettarsi granche' dai loro mariti. Piu' si aspettano, piu' saranno deluse". Per un certo periodo, la vita di Xie riflette' tale filosofia. Le tensioni fra lei e suo marito crescevano. Lui voleva una moglie piu' "tradizionale". Lei voleva sostegno. Lottarono. Xie e' fortunata. Infine, suo marito ha capito: "Mi disse che il piu' grande aiuto che poteva darmi era non ostacolarmi". Nella Cina odierna, aggiunge, si e' piu' tolleranti rispetto ad una donna che voglia foggiare da se' il proprio destino: "E' qualcosa che neppure immaginavamo dieci anni fa". Ci sono passi indietro, anche. Come la storia della giovane ex contadina suicidatasi dopo lo stupro del suo datore di lavoro cittadino, che l'aveva assunta come domestica. Xie a volte da' la colpa a se stessa: "Se fosse rimasta nel suo villaggio potrebbe essere ancora viva. Incoraggiare la gente a venire in citta' puo' non essere bene". Ma i momenti di dubbio sono pochi, Xie ha troppo da fare. "Le donne rurali cinesi sono il qualcosa di qualcun altro: sono le mogli di qualcuno, le madri di qualcuno, le nuore di qualcuno. Io dico loro di seguire questa semplice regola: Tu sei tua. Tu non sei di nessun altro". 3. MONDO. MARINELLA CORREGGIA: FIORI PESANTI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 15 febbraio 2007, col titolo "San Valentino e i fiori pesanti". Marinella Correggia e' nata a Rocca d'Arazzo in provincia di Asti; scrittrice e giornalista free lance particolarmente attenta ai temi dell'ambiente, della pace, dei diritti umani, della solidarieta', della nonviolenza; e' stata in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Serbia, Bosnia, Bangladesh, Nepal, India, Vietnam, Sri Lanka e Burundi; si e' occupata di campagne animaliste e vegetariane, di assistenza a prigionieri politici e condannati a morte, di commercio equo e di azioni contro la guerra; si e' dedicata allo studio delle disuguaglianze e del "sottosviluppo"; ha scritto molto articoli e dossier sui modelli agroalimentari nel mondo e sull'uso delle risorse; ha fatto parte del comitato progetti di Ctm (Commercio Equo e Solidale); e' stata il focal point per l'Italia delle rete "Global Unger Alliance"; collabora con diverse testate tra cui "il manifesto", e' autrice di numerosi libri, e' attivista della campagna europea contro l'impatto climatico e ambientale dell'aviazione. Tra le opere di Marinella Correggia: Ago e scalpello: artigiani e materie del mondo, Ctm, 1997; Altroartigianato in Centroamerica, Sonda, 1997; Altroartigianato in Asia, Sonda, 1998; Manuale pratico di ecologia quotidiana, Mondadori, 2000; Addio alle carni, Lav, 2001; Cucina vegetariana dal Sud del mondo, Sonda, 2002; Si ferma una bomba in volo? L'utopia pacifista a Baghdad, Terre di mezzo, 2003; Diventare come balsami. Per ridurre la sofferenza del mondo: azioni etiche ed ecologiche nella vita quotidiana, Sonda, 2004; Vita sobria. Scritti tolstoiani e consigli pratici, Qualevita, 2004; Il balcone dell'indipendenza. Un infinito minimo, Nuovi Equilibri, 2006; (a cura di), Cambieresti? La sfida di mille famiglie alla societa' dei consumi, Altra Economia, 2006; Week Ender 2. Alla scoperta dell'Italia in un fine settimana di turismo responsabile, Terre di Mezzo, 2007. La rivoluzione dei dettagli, Feltrinelli, Milano 2007] La contestazione dei fiori recisi e' antica e ha tante valide ragioni (ricordiamo il suggerimento di Fulco Pratesi che anni fa scrisse qualcosa come: "Contribuite piuttosto a sostenere una riserva naturale e poi andate la' tutti e due ad ammirarne i fiori selvatici"). A parte il carattere effimero del dono (un cadavere), e' certo di peso l'argomento dell'effetto serra collegato al trasporto aereo di tali oggetti da altri continenti. Si parla - e "Terra terra" ne ha dato conto piu' volte - di "chilometri cibo" - "food miles" - per indicare il fenomeno del commercio internazionale continuamente rinnovato di merci monouso come gli alimenti; e in questo caso i fiori. In Gran Bretagna cresce la preoccupazione per la quantita' di anidride carbonica emessa dalla quantita' di voli cargo necessari a importare ogni giorno fiori freschi, ad esempio dalle nazioni dell'Africa dell'est. Solo nel giorno di San Valentino, i britannici comprano circa 10.000 tonnellate di rose. Ieri il quotidiano "The Guardian" e' tornato sull'argomento, perche' i governi inglese e keniano hanno colto l'occasione per dichiarare "ecologicamente ed eticamente sostenibile" il commercio di fiori africani. Il governo del Kenya sostiene che "la preoccupazione per i 'chilometri-cibo' e' certo valida, ma bisogna guardarla da un altro punto di vista: non e' giusto stigmatizzare certi beni per il solo fatto che arrivano via aerea". Hilary Benn, incaricata dello sviluppo internazionale per il governo inglese, ha rafforzato il concetto: "Recenti ricerche mostrano che coltivare fiori in Kenya e poi portarli in aereo nel nostro paese costa comunque in termini di emissioni un quinto rispetto ai fiori cresciuti nelle serre riscaldate e illuminate dell'Olanda, il maggior produttore europeo". Dunque, ha concluso, "contro l'effetto serra piuttosto spegniamo i nostri televisori di notte e usiamo lampadine al risparmio energetico. E comprando fiori keniani oggi potete essere romantici, ridurre il vostro impatto ambientale e (nientemeno, ndr) rendere la poverta' un fatto del passato, garantendo agli africani una vita dignitosa e una scuola ai bambini". Un modo piu' leggero e senza controindicazioni ci sarebbe: sostenere un'organizzazione keniana che diffonde le energie rinnovabili presso i poveri e regalare al(la) beneamato(a) la ricevuta del versamento. Il rappresentante del governo keniano dal canto suo sottolinea che il trasporto di fiori, frutta e ortaggi freschi provenienti dall'Africa sub-sahariana rappresenta solo lo 0,1% delle emissioni totali di CO2 britanniche, e che mentre un singolo cittadino inglese con tutti i suoi consumi (inclusi quelli di fiori) provoca in un anno l'emissione di 9,3 tonnellate di Co2 l'anno, un cittadino del Kenya e' fermo a misere 0,2. Dunque, "i paesi europei farebbero bene a ridurre le proprie emissioni prima di penalizzare i produttori africani". Il Kenya produce il 31% dei fiori recisi "consumati" in Europa, un settore che da' lavoro a 500.000 persone. Il governo del paese africano si dice preoccupato per la volonta' dei venditori europei di introdurre marchi sui fiori che ne attestino la provenienza. E tuttavia le cose sono ancora piu' complicate. Come riferisce il quotidiano, gli ambientalisti non sono preoccupati solo dei voli aerei floreali ma anche dell'impatto delle colture in Kenya (ne hanno discusso le reti per l'acqua al recente Social Forum a Nairobi, e un reportage sulla filiera floreale si puo' leggere sulla rivista "Altreconomia"). I prodotti chimici avvelenano i lavoratori e l'ambiente. Migliaia di persone sono emigrate sulle sponde del lago Naivasha per lavorare nella floricoltura e il pericolo e' che in capo a dieci o quindici anni il lago prima si inquini in modo irreparabile e poi si prosciughi. Gli ambientalisti non chiedono un boicottaggio dei fiori keniani tout court ma un sistema di "commercio equo" e un marchio di ecologicita'. E che i fiori si paghino di piu' incorporando i costi del risanamento ambientale. ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 152 del 10 gennaio 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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