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Nonviolenza. Femminile plurale. 148
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 148
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 27 Dec 2007 13:01:44 +0100
- Importance: Normal
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 148 del 27 dicembre 2007 In questo numero: 1. Milena Nebbia: Le donne di Khan Younis 2. Gli interventi all'incontro del Circolo della Rosa di Milano del primo dicembre 2007 (parte seconda e conclusiva) 3. Un estratto dal libro "L'amore e' un dio" di Eva Cantarella 1. TESTIMONIANZE. MILENA NEBBIA: LE DONNE DI KHAN YOUNIS [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 21 dicembre 2007, dal titolo "Le donne di Khan Younis" e il sommario "Nella citta' piu' conservatrice della Striscia di Gaza, una donna importa libero pensiero". Milena Nebbia, giornalista, scrive su "Peacereporter", a suo tempo ha seguito le elezioni palestinesi come osservatrice internazionale per "Action for Peace"] Scendendo verso il sud della Striscia di Gaza, prima di Rafah, vicino al confine egiziano, c'e' Khan Younis. E' la seconda citta' della Striscia e probabilmente la piu' conservatrice. Qui le donne che portano lo hijab sono la normalita', cosi' come gli uomini con le barbe incolte. Al di fuori di questa normalita', c'e' sicuramente Majda, 38 anni, master a Londra in antropologia, che in un territorio chiuso e tradizionalista come questo si e' inventata l'associazione "Libero pensiero", per aiutare le donne a prendere consapevolezza dei loro diritti. Majda gira senza velo, in jeans e maglietta, non per sfida, semplicemente per un diverso modo di vivere il proprio essere donna. "Le violenze domestiche in questa zona sono all'ordine del giorno - spiega alla delegazione del movimento delle Donne in nero, giunta a casa sua -, gli uomini non lavorano, stanno a casa, specie dall'inizio dell'assedio. Mancano le sigarette, accumulano rabbia, diventano aggressivi. La nostra associazione cerca di offrire alle donne che vivono situazioni difficili in famiglia un appoggio dal punto di vista psicologico e giuridico, ma in questa fase ha assunto priorita' l'emergenza economica, quindi ad esempio ci viene chiesto vestiario invernale per i bambini, anche perche' qui le case non sono riscaldate. L'emergenza creata dall'assedio e dall'embargo imposto alla Striscia da Israele ha portato ai tagli dell'erogazione elettrica, cosi' ogni tanto se ne va la luce (lo verifichiamo personalmente due volte a casa di Majda), di solito due volte al giorno per qualche decina di minuti, altre volte per dieci ore. Passi per chi e' a casa, ma negli uffici, negli ospedali, in tutte le altre attivita' risulta veramente difficile andare avanti". "Le donne, specialmente nel sud della Striscia, non hanno la possibilita' di esprimersi. Noi lavoriamo sia con loro che con i bambini, spesso vittime anche loro di violenza in casa, a scuola o in strada. Crediamo che, se cresceranno con dignita' e con una cultura piu' aperta, riusciranno a costruire una societa' migliore di quanto non siamo riusciti a fare noi. Naturalmente nella nostra azione troviamo molti uomini che non vogliono l'emancipazione femminile. Siamo state, personalmente e come struttura, vittime di atti intimidatori, ma noi proseguiamo nel nostro percorso. Cerchiamo di far capire alle donne che e' un loro diritto avere propri spazi per riunirsi, giocare, fare teatro, ballare o avere la possibilita' di vedere un dottore, un avvocato. Ogni mese ne vediamo in tutto 650. La maggior parte vengono qui, le altre le raggiungiamo noi, a causa dei trasporti costosi o dei mariti che impediscono loro di uscire". "Tra i casi piu' frequenti di difficolta' ci sono i matrimoni delle giovanissime: casi di adolescenti che avevano mal di pancia e poi si scopre che stavano nascondendo una maternita'. A volte ci sono abusi anche da parte di componenti di famiglie piu' agiate che sostengono quelle piu' povere e che, con quella scusa, approfittano delle giovani donne. Una volta mandavamo i casi piu' difficili nell'unico centro che ha delle case-famiglia, a Betlemme, ma adesso uscire dalla Striscia e' praticamente impossibile. Ci sono situazioni come quella di una donna uccisa perche', secondo i pettegolezzi di qualcuno, aveva avuto un figlio fuori dal matrimonio, salvo poi venire a sapere che era una bugia. Aveva solo 22 anni. La polizia, se vuoi denunciare la cosa, non ti ascolta. Inoltre quella di Hamas e' tutta corrotta. E poi come si fa a denunciare un crimine a una polizia illegale che ha preso il potere con la forza? Non voglio demonizzare Hamas, anzi, il primo anno in cui e' stato al potere abbiamo collaborato, ma da giugno la situazione e' cambiata. Ci sono uccisioni tutti i giorni. C'e' una sorta di coprifuoco, per la strada dopo il tramonto non c'e' quasi nessuno, i negozi chiudono presto, mentre prima restavano aperti fino all'una di notte". 2. DISCUSSIONE. GLI INTERVENTI ALL'INCONTRO DEL CIRCOLO DELLA ROSA DI MILANO DEL PRIMO DICEMBRE 2007 (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA) [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo, nella trascrizione di Clara Jourdan, gli interventi svolti nell'incontro sul tema "Stiamo tornando al vittimismo?" tenutosi al Circolo della Rosa di Milano sabato primo dicembre 2007] Caterina Peroni: Sono anch'io del "fuxia block" di Padova. Quello che ha detto Javiera e' frutto di una discussione comune nel collettivo, volevo aggiungere alcuni elementi prendendo spunto dai diversi interventi - diversi proprio diversi - che ci sono stati qui, sulla questione della vittimizzazione, anche rispetto a quello che diceva Javiera, del ruolo della donna, la famiglia, ma io a questo punto arriverei al nodo cruciale, che secondo me anche dalla manifestazione di Roma non e' emerso come un limite veramente strutturale rispetto alla politica. Cioe', a parte i giornali, che sappiamo che strumentalizzano, dicono quello che vogliono, lo hanno fatto sempre e non ci stupiamo, dal punto di vista politico la manifestazione di Roma cosa ci ha detto? Ci sono donne contrarie alla violenza sulla donna, benissimo; ci sono donne di destra e di sinistra contrarie alla violenza, ok; anche uomini, va bene; pero' c'e' il separatismo, con la concessione che gli uomini potessero partecipare alla coda del corteo; sono state espulse le ministre. C'e' un pot-pourri di questioni che sono emerse ma secondo me la cosa che non e' emersa seriamente e' che la violenza sulla donna non e' un problema della donna che viene violentata, e' un problema che ha a che fare con la societa', con il senso che noi abbiamo della societa', e soprattutto con un'idea che noi possiamo avere delle relazioni, non solo fra le donne, ma fra le donne e gli uomini. Quando sento dire che la violenza dell'uomo e' un primum, puo' essere benissimo - qui stiamo attraversando diverse discipline, dall'antropologia alla psicologia alla sociologia ecc., molto spesso anche le prospettive sono veramente diverse - pero' se manteniamo una visione di questo tipo cosi' rigidamente perche' descriviamo la realta', non stiamo facendo una proposta, stiamo descrivendo il fatto che all'oggi c'e' la violenza dell'uomo sulla donna: vero, e' sempre stato cosi', vero, la nostra societa' e' organizzata in maniera patriarcale, e' gerarchica, e' violenta, produce guerre ecc. ecc. Il punto, tornando alla manifestazione e anche alle discussioni, e' che non viene fatta una proposta alternativa, cioe' non si va oltre, si dice semplicemente, se c'e' l'uomo che violenta, e l'uomo e' ovvio che e' cattivo, e' naturalmente predisposto a fare una cosa del genere, la donna storicamente ha subito, ha difficolta' ecc., non si vuole trasformare questa relazione. La relazione e' necessariamente fra individui, sessuati, uomini e donne, che vanno coinvolti tutti in una ridiscussione del modello di societa'. Lo dico perche' all'interno del nostro collettivo abbiamo anche degli uomini, che partecipano al nostro lavoro che e' un lavoro biopolitico, ha a che fare con tutto cio' che concerne il governo della vita e quindi le leggi del governo della vita e quindi tutto cio' di cui si sta discutendo dal modello familiare in poi, che riguarda anche loro, non soltanto noi. Se c'e' una legge sulla fecondazione assistita, riguarda anche gli uomini, riguarda i partner delle donne, riguarda i gay, le lesbiche, riguarda tutti. Questo e' fondamentale per superare questa cosa. Allora, perche' non diciamo: cominciamo a proporre anche un rovesciamento di prospettiva rispetto, da un lato, ai rapporti fra sessi, che esistono - nessuno nega il fatto della discriminazione di genere, e' quasi banale, lo vediamo ogni giorno - ma per rispondere a questo dobbiamo fare un passo in avanti, e vedere che probabilmente questo tipo di discriminazione si rifa' a una differenziazione, per certi aspetti, all'interno di ogni differenza, di ogni individualita', di ogni soggettivita', che non e' per forza solo e necessariamente sessuata, puo' essere attraversata in diverse maniere. La mancata partecipazione "di massa" degli uomini, il non invito ufficiale degli uomini a quella manifestazione, ha a che fare con la non voglia secondo me di modificare uno stato delle cose. Che evidentemente ha anche a che fare con una mancanza di... cioe' non si possono cambiare le cose se non si prova prima a immaginarle, in qualche modo diverse. Durante l'incontro di cui si parlava prima del 50e50 che abbiamo fatto all'Universita' di Padova a cui hanno partecipato Luisa Muraro e Alisa Del Re e' venuto fuori anche questo tema: possiamo immaginarci un modo diverso di interpretare questo tipo di relazioni. "Perche' gli uomini non hanno organizzato una loro manifestazione? - diceva Alisa Del Re - Noi dovevamo fare la nostra manifestazione, loro la loro". Io invece avrei preteso come atto politico che spingeva in avanti il dire: la manifestazione dev'essere di tutte le persone che odiano la violenza sulla donna, che fa parte di una cultura politica e sociale che riguarda tutti, anche gli uomini. Questo puo' essere uno spunto per rivedere le relazioni, senza neutralizzare la differenza, e anche una prospettiva sia di analisi che di azione politica rispetto a queste cose. * Luisa Muraro: Insisto (perche' l'ho gia' accennato) con Caterina che la politica non si fa con il quadro giusto delle cose, si fa dove c'e' squilibrio anche minimo, facendo un gioco sulle cose squilibrate. Dove l'efficacia e' quella che si ha quando si muove un corpo che e' in equilibrio instabile, mentre se si fa un disegno che astrattamente e' quello sensato non capita niente. Noi lo sappiamo perche' la politica del partire da se' - questo tipo di politica che e' di coinvolgimento della soggettivita' - e' nata proprio dall'avere creato questo squilibrio. Quando le donne giovani allora hanno lasciato formazioni politiche miste che continuavano a fare i disegni giusti ma non si smuoveva la realta', che allora era in effetti pesantemente maschilista e patriarcale come adesso non e'. Guardate che patriarcale non vuol dire che se ci sono violenze ecc. allora e' societa' patriarcale: societa' patriarcale e' un'altra cosa, e' un ordine simbolico. Lo squilibrio ha messo in moto moltissime cose, e' stato uno squilibrio dietro l'altro. Bisogna imparare a giocare sulle cose che stanno in equilibrio instabile, e muovere li', e lo si fa sia con i gesti sia con le parole. Mentre il quadro armonioso, giusto e completo, non e' necessariamente una politica, puo' essere semplicemente - e tanti intellettuali l'hanno fatto - un disegno di quello che si puo' fare, una utopia, una rappresentazione dell'ordine giusto, che ha senso solo se viene fatta da chi detiene un potere, che deve in effetti immaginare un andamento armonioso, equilibrato delle cose. Questa comunque e' una discussione che dovremo fare ancora, e cioe' su che cosa vuol dire pensare e agire politicamente, che e' non dico antiintellettuale, perche' ci vuole anche teoria, ci vuole pensiero, ma non ha le caratteristiche di un discorso ordinato. Vorrei riprendere quello che ha detto Javiera, perche' lei a un certo punto e' andata a incrociare in una maniera molto interessante il discorso di Marisa Guarneri, quando ha detto: bisogna sottrarre la vittima al dispositivo del diritto. Non bisogna pensare in termini di vittima, abbiamo un essere umano in carne ed ossa che vive la sua storia, e nella sua storia c'e' anche il fatto della violenza, eventualmente. Qui vorrei inserire una notazione dal percorso - per quel poco che ho fatto - insieme alla Casa delle donne maltrattate, specialmente con Marisa. Bisogna ricordarsi che chi subisce torture o altre forme di violenza non vuole piu' strappare da se' questo avvenimento. L'avvenimento fa parte della sua biografia e della sua economia, deve integrarlo, deve essere parte della sua personalita'. Nel momento in cui Javiera ha tirato fuori questo discorso molto interessante sul non accettare l'etichetta di vittima, ho visto che li' la pratica politica molto consistente e lunga di una Marisa va a incrociare un filo di ragionamento diverso (non digiuno di politica neanche questo, perche' so che avete pensato a queste cose anche politicamente) e mi pare un elemento su cui attirare l'attenzione perche' si guadagna sapere. * Laura Minguzzi: Volevo riprendere il discorso della percezione, parola che ha detto prima Marisa: la percezione del rischio. Io volevo dirla in un altro modo, come la percezione che abbiamo adesso, oggi, della violenza. Che e' diverso dal discorso dei dati oggettivi dei fatti violenti. La percezione del reale violento, che tutti sentono, secondo me e' aumentata, al di la' dei dati. E questo soprattutto riguardo agli uomini. Io lo percepisco per la profonda insicurezza, per l'evidenza della liberta' femminile avvenuta: si e' come scoperchiata la pentola, tutto e' messo a nudo, e non c'e' piu' la consolazione del patriarcato che poteva rassicurare, dare dei puntelli, delle certezze che ormai non hanno piu'. Quindi questo scatenamento bestiale che a volte vediamo, che e' quasi incredibile nei fatti che sentiamo, e' anche secondo me un contraccolpo di quello che e' successo negli ultimi trent'anni, che le donne sono piu' visibili, piu' sicure e piu' tranquille nel vivere la propria vita, piu' libere. E' connaturato a un sistema simbolico, fa parte del conflitto fra i sessi, e va letto proprio in questi termini, come diceva anche la ragazza del fuxia block di Padova, perche' il discorso della vittima e' un discorso neutro, non va alla radice politica della questione, il conflitto fra i sessi, ma rischia appunto di essere - dicevano alcuni uomini intervistati durante la manifestazione: "Si', io sono qui perche' e' giusto difendere i diritti delle donne" - una versione tranquillizzante; la legge, il diritto, fa sentire piu' tranquilli, c'e' qualcosa di certo, di oggettivo. Diventa pero' un discorso neutro perche' rifugge il discorso del conflitto fra i sessi: l'uomo che diceva cosi', e' chiaro che non vedeva il conflitto fra i sessi, per lui era questione di legge, di giustizia che si fa con le leggi, il partire da se' non lo aveva toccato. E il lavoro che e' stato fatto dei cartelli - si vedevano anche scritte originali - mi fa pensare che ci fosse anche il desiderio in alcuni gruppi, forse non generalizzato, di andare alla radice del partire dall'esperienza delle cose che succedono e non di metterla sui diritti. * Marisa Guarneri: Stiamo parlando a tanti livelli. C'e' un piano, come dire, di tattica politica, e su questo dico solo che e' facile buttare le ministre giu' dai palchi e meno facile dire "io non accetto la tua adesione": questo non e' stato fatto, tanto per cominciare, perche' le adesioni ci sono tutte, sul blog. Quindi interloquire e' piu' difficile. Invece, su quello che diceva Luisa del disequilibrio: la manifestazione sicuramente ha risposto a una sensazione collettiva del non se ne puo' piu' che ogni giorno ammazzano una donna, e non se ne puo' piu' delle soluzioni. Pero' sto pensando da un po' di tempo che io sono preoccupata di questa botta di separatismo, perche' e' come se di nuovo ci fosse uno schieramento armato contro l'altro, e ricaccia indietro gli uomini che hanno tentato di differenziarsi e di assumere una posizione pedagogica nei confronti degli altri uomini, di sanzionare, dire che quelle cose vengono da dentro e dobbiamo confrontarci. Invece si rischia di dare spazio a quello che sta accadendo, che a fronte di una liberta' femminile piu' forte e piu' imposta c'e' una reazione maschile scomposta. Da una parte c'e' una reazione maschile positiva, di chi si mette in discussione, dall'altra c'e' una reazione maschile scomposta, e la violenza omicida viene da questa reazione, che non vuole perdere quella supremazia e si ritrova senza modello, nel casino piu' nero e questa donna non la vuole mollare, meglio morta che lontana. Io non vorrei che questo separatismo, questo ritorno di confronto molto conflittuale, molto forte, di esclusione, invece di andare a favore delle donne che subiscono violenza, vada contro. L'ultima cosa: io non so come si sono sentite loro - li' c'erano anche donne ospiti dei vari centri antiviolenza - pero' sicuramente questa posizione butta via tutto il pezzo della relazione affettiva, dell'amore, della difficolta' a prendere distanza dalla propria storia. * Lia Cigarini: Io avevo caldeggiato la discussione su questo tema perche' veramente i pezzi che venivano fuori dai giornali e la strumentalizzazione che si faceva della questione della violenza sulle donne e anche qualche intervento di donne che diceva "siamo tornate indietro, il patriarcato e' ancora vivo" ecc., a me sembrava che non rendessero conto dell'autonomia e della liberta' conquistata dalle donne. Che ci fosse come una cancellazione di quanto e' stato guadagnato dal movimento delle donne ma da ciascuna di noi, e come sovranita' su quello che succede. E quindi sono d'accordo con Luisa che e' difficilissimo tenere una posizione che non vuole cancellare con la denuncia della violenza quanto le donne hanno in liberta' a seguito di una presa di coscienza e di una invenzione politica che rende conto dell'esperienza femminile come la pratica dell'autocoscienza, e d'altra parte dare giustizia e dignita' alle vittime. Sono d'accordo anche con quello che dice Marisa, anche perche' ammiro il loro coraggio (io personalmente mi tengo lontana dalle donne che subiscono violenza, dalla prostituzione e da tutte queste cose): loro hanno inventato o applicato la pratica del partire da se', della relazione, nei luoghi delle donne maltrattate, che quindi non sono luoghi tradizionali di assistenza ma luoghi di pratica politica delle donne. Non sono tanto d'accordo con Marisa e forse anche con Ulivi - che essendo una collega chiamo per cognome - sulla questione manifestazione. Io sono assolutamente contraria alle manifestazioni, e poi se si parla di violenze in famiglia ecc. e' chiaro che la manifestazione ha poco senso e invece il lavoro giorno per giorno che fanno questi luoghi ha un grande senso. Tuttavia, mentre come lo presentava la stampa mi sembrava insopportabile, come se le donne fossero ripiombate nel vittimismo, si e' articolato un dibattito su alcuni giornali, non quelli che vengono piu' letti. Sul "Manifesto" c'e' stata la discussione "facciamo una manifestazione solo di donne o invece anche con degli uomini" in cui sono intervenute Marisa per sostenere che e' indispensabile la modificazione dell'immaginario maschile e un'interrogazione sulla sessualita' maschile che possono fare solo gli uomini (io non so nulla della sessualita' maschile se non questi risvolti violenti, quindi non mi sento di teorizzare su questa sessualita' che e' cosi' differente dalla mia), e quelle di Bologna, Sexyschok si chiamano, e altre. Quindi rispetto alla rappresentazione che ne davano i giornali e purtroppo anche alcune giornaliste donne, c'e' stato uno scatto politico. Anche a Roma quando hanno deciso "solo donne" - purtroppo sono andate a una votazione a maggioranza (io sono contraria a votare su queste questioni) - c'e' stata un'appassionante discussione, e poi si e' articolato un ventaglio di posizioni e anche, come dire, una solidita' delle pratiche politiche di relazione, dei centri e in tanti luoghi, molto forte, cosicche' questa manifestazione secondo me ha detto che un conflitto tra i sessi c'e'. Noi lo sappiamo e parliamo anche di un conflitto relazionale, di una relazione di differenza con gli uomini, ma tutte le politiche di parita' invece coprono il conflitto tra i sessi. Cioe' il senso comune politico mediatico ritiene che le donne aspirino alla parita' con gli uomini (l'uomo come misura del mondo) e anche tutte le politiche paritarie tendono a occultare il conflitto tra i sessi, perche' se tu vuoi essere al posto di quei signori, non sei in conflitto radicale con la loro costruzione del mondo. Quindi l'elaborazione che si e' fatta in questi anni del perche' si mantiene l'asimmetria tra i sessi, il conflitto tra i sessi, relazionale, non e' emerso, ma e' emerso il conflitto tra i sessi, che era coperto dalle politiche paritarie, dal 50/50 al "vogliamo gli stessi posti". Capisci, Marisa? Quella manifestazione quando ha detto "non ci sono gli uomini" secondo me ha voluto significare il conflitto tra i sessi. Punto e basta. Certo, in una maniera semplice rispetto a quelle che ci riflettono da trent'anni e che si sono rese conto che e' possibile una relazione di differenza con gli uomini con uno scambio. Tra l'altro, la separazione per noi e' stata inaugurale... Non la chiamo separatismo perche' e' ideologico, ma un momento di separazione per significare un taglio con l'esistente. Mi diceva Letizia Paolozzi che e' andata a queste riunioni romane, che erano le piu' giovani a volerlo, tolto un gruppo lesbico che a Roma e' molto forte: queste giovanissime evidentemente il segno di un taglio lo volevano dare. Voglio capire, ma io sono per il taglio, un taglio che crea autonomia simbolica delle donne. Poi, un'altra cosa che e' venuta fuori, che non c'era in altre manifestazioni: ogni tanto qualcuna si alza a parlare delle giovani, che non sarebbe passato il testimone... invece queste si sono proprio richiamate a una genealogia femminile, al femminismo. Naturalmente sono d'accordo con Marisa e Ulivi che senza il lavoro di modificazione della relazione tra i sessi, che non e' solo delle donne maltrattate ma di tutte noi, la manifestazione e' quello che e'. Poi mi ha impressionato che non c'era un obiettivo: io credo che si chiude tutto se c'e' un obiettivo. Che il problema non si risolve con un rapporto diretto tra donne e stato ma deve passare attraverso la modificazione della relazione tra donne e tra donne e uomini, e' passato: il fatto legislativo queste l'hanno bloccato. * Antonella Nappi: Mi e' arrivata una e-mail delle organizzatrici che si dispiaceva moltissimo che avessero trattato male le parlamentari. Quello che ho colto io della manifestazione, dalle foto, non e' quello che ha fatto piacere alle organizzatrici. Quando le incontrero' diro' loro che per me invece il valore era proprio di mandar giu' le parlamentari dal palco. Poi volevo dire che ci tengo che quella manifestazione fosse di donne, proprio di donne. Per quanto io sia interessatissima all'interlocuzione con gli uomini, ci tengo che le donne siano autonomamente organizzate e facciano delle cose. Perche' le relazioni civili tra donne, le relazioni politiche tra donne, le relazioni intellettuali tra donne sono la grande conquista del femminismo, non possono essere abbandonate. E mi sembrava che le donne in una manifestazione contro la violenza sessuale dicessero comunque, tra le righe, agli uomini di occuparsene. E' questo che dicono donne che protestano contro la violenza: la violenza non e' piu' solo nelle case, il mondo e' molto violento al momento e quindi la si nota ancora di piu'. L'ultima cosa a cui volevo accennare e' che in questi due anni, partecipando a qualche dibattito con femministe omosessuali, ho avuto la brutta notizia di sentire che il discorso portato in quelle occasioni era: le donne che amano le donne amano le donne anche sessualmente, e le donne che non amano le donne sessualmente non amano le donne amano gli uomini. Questo discorso e' orripilante, e' gravissimo. Capisco che chi subisce dei problemi nella societa', chi deve ancora imporre la sua liberta' possa anche dire cose che sente e che io non condivido, ma il femminismo, le donne che fanno politica, io credo lo devono additare questo problema, che le relazioni di amore sublimato tra le donne sono la grande conquista del femminismo. Ributtarci sempre da un letto a un altro non mi sembra utile. Insomma - rispetto alla manifestazione, dove non c'ero - mi preoccupo che il movimento delle donne non sia vittimista, veda il bello del farsi presenti, ma non diventi monopolio di chi dice che le donne vanno amate sessualmente o niente... (Risate). * Assunta Sarlo: Volevo stare al tema, cioe' al premanifestazione, per darvi una semplice testimonianza, io faccio la giornalista: fino a due anni fa di violenza sulle donne sui giornali non si parlava, praticamente. Ragionare, discutere, dare informazione sulla violenza sulle donne e' una cosa che facevano poco, alcuni e solo alcuni giornali, e nel silenzio piu' assoluto. A me sembra di grande importanza che i giornali abbiano tematizzato con le cifre e non con altri codici - se guardate questi pezzi li scrivono solo le donne, e anche su questo ci sarebbero da fare dei ragionamenti che tralascio. Quello che e' successo da due anni a questa parte, per una serie di motivi che non vi sto a dire, in cui naturalmente c'e' molto il lavoro dei centri antiviolenza, e' che la questione sia stata tematizzata. Anche attraverso dati che possono sembrare "terroristici" oppure dando la sensazione a cui accennava Luisa Muraro di un popolo di donne vittime di violenza. Pero' quei dati hanno detto una cosa molto importante: hanno tirato fuori dalla sfera privata il problema e l'hanno messo sul piatto della comunicazione, a disposizione di un pubblico che non e' questo di stasera, e' il pubblico dei lettori, delle lettrici, degli ascoltatori dei telegiornali ecc. La seconda cosa che hanno fatto quei dati e' dire che la violenza sulle donne sta dentro la famiglia, cioe' dentro la relazione tra gli uomini e le donne. Dire questo e' assolutamente eversivo rispetto al discorso tuttora prevalente nei media, che iscrive a questioni di ordine pubblico, di sicurezza e di conseguenza in una chiave di solito velatamente razzista (certe volte neanche velatamente), anche sui media piu' democratici, la questione della violenza. Nella settimana precedente alla manifestazione - e' l'altro pezzo di ragionamento che volevo fare - ho ricevuto quattro telefonate di altrettante giornaliste femmine televisive, che mi chiedevano - non so perche', facendo io lo stesso mestiere - di fornire loro una storia. Cioe' di fornire una donna violentata, abusata, maltrattata, che potesse andare a raccontare la sua storia. Io ho detto: rivolgetevi alla casa delle donne maltrattate cosi' vi mandano a quel paese loro... Pero' questo mi ha fatto riflettere. Sono andata a Bologna il giorno prima della manifestazione invitata a un dibattito che aveva come oggetto "la violenza sulle donne dal fatto alla notizia", in cui erano invitati a discutere dei giornalisti, e ho posto questa questione. Ho detto due cose: una e' che fare informazione sulla violenza contro le donne e' molto difficile, la seconda e' che il discorso prevalente dei media oscura i contenuti della violenza e la declina come abbiamo detto. La terza cosa e' stata dire le quattro telefonate che ho ricevuto. La reazione dei miei colleghi giornalisti e' stata estremamente interessante. Ve la banalizzo e semplifico, per farvi capire qual e' il livello della discussione e anche del rapporto con i media che bisogna mettere in campo e sul quale secondo me la manifestazione e' stata veramente lamentosa e deficitaria: mi hanno detto che c'e' un problema di sicurezza, piu' o meno che i rumeni sono molto cattivi perche' vengono da una cultura piu' cattiva e piu' incivile della nostra, e che e' un problema dei centri antiviolenza non dare le storie perche' attraverso le storie si puo' parlare di violenza. Laddove la mia domanda era: e' possibile che non riusciamo a trovare un codice comunicativo meno semplificato e meno ruolizzato di quello che e' la vittima della violenza che la racconta? Chiudo dicendo che invece i pezzi piu' generali che ho avuto occasione di leggere (qualcuno l'ho anche scritto) in materia di violenza prima di questa manifestazione ma anche l'anno scorso, hanno avuto in qualche modo in merito di tirarsi fuori da questo codice comunicativo della storia e di dare conto del lavoro dei centri antiviolenza, che e' un lavoro abbastanza oscuro sui media. Poi riguardo la gestione nella manifestazione del rapporto con i media - io mi riconosco abbastanza sia nelle cose che diceva prima Liliana sulla violenza come unicum, io c'ero, ho visto moltissime manifestazioni, non una sola, ho visto una ricchezza che mi voglio anche portare a casa, e ho visto anche alcune semplificazioni della comunicazione che non mi sono piaciute per niente, li' dentro. Nel senso che ci sono una serie di parole, il concetto di vittima ma anche di antirazzismo, di famiglia, di sicurezza ecc. Naturalmente le manifestazioni semplificano, ma li' secondo me abbiamo sfiorato l'eccesso di semplificazione, e abbiamo dato una prova di lamentosita' nel rapporto con i media. Rapporto che si puo' gestire, con patti chiari amicizia lunga, prima; non dimentichiamoci che La7 e' stata l'unica televisione che aveva garantito una diretta: quella diretta andava gestita. * Luisa Muraro: Assunta ha posto l'accento sul linguaggio, mi interessa molto. Io penso che tutto quello che riguarda la violenza sulle donne, nelle sue varie forme compresa quella della prostituzione schiavizzata che adesso prevale, metta alla prova estrema quello che e' il linguaggio massmediale. Cioe' il linguaggio massmediale, per dirla in maniera semplificata, non e' all'altezza di poter parlare di queste cose. Non basta "patti chiari amicizia lunga" (mettiamoci d'accordo su come), penso che sia necessario affrontare veramente il rapporto tra quello che e' la notizia da diffondere e la realta' vissuta e l'esperienza di chi e' in prossimita' della realta' vissuta, che questa dimensione sia di una delicatezza, profondita', drammaticita' e complessita' che domanda... E' una questione di codici comunicativi che si apre qui, e si apre radicalmente perche' non riguarda solo questo ambito, ma anche altre realta' che sono specialmente realta' che interessano le donne e i bambini. Dei bambini sui giornali non si parla quasi piu', perche' nessuna modalita' andava bene, erano tutte sfruttamento ecc. C'e' questo problema che lei ha toccato e secondo me va ripreso. Vi ringrazio, ci ringraziamo a vicenda del lavoro fatto e... alla prossima occasione! 3. LIBRI. UN ESTRATTO DAL LIBRO "L'AMORE E' UN DIO" DI EVA CANTARELLA [Dal sito www.feltrinellieditore.it riportiamo il seguente estratto del recente libro di Eva Cantarella, L'amore e' un dio, Feltrinelli, Milano 2006. Eva Cantarella, docente universitaria di diritto romano e di diritto greco; ha pubblicato molte opere sulla cultura antica ed e' autrice di fondamentali ricerche sulla condizione della donna nelle culture antiche. Dall'enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche riprendiamo la seguente scheda: "Nata nel 1936 a Roma, Eva Cantarella si e' laureata in giurisprudenza nel 1960 presso l'universita' di Milano. Ha compiuto la propria formazione postuniversitaria negli Stati Uniti all'Universita' di Berkeley e in Germania all'universita' di Heidelberg. Ha svolto attivita' didattica e di ricerca in Italia presso le universita' di Camerino, Parma e Pavia e all'estero all'Universita' del Texas ad Austin ed alla Global Law School della New York University. E' professore ordinario di Istituzioni di diritto romano presso la facolta' di giurisprudenza dell'universita' di Milano, dove insegna anche diritto greco. Partendo dalla ricostruzione delle regole giuridiche, le ricerche di Eva Cantarella, sia in campo romanistico che grecistico, tendono da un lato a individuare la connessione tra le vicende politiche ed economiche e la produzione normativa, e dall'altro a verificare la effettivita' delle norme stesse, analizzando lo scarto tra diritto e societa', la direzione di questo scarto e le ragioni di esso". Tra le opere di Eva Cantarella: La fideiussione reciproca, Milano 1965; Studi sull'omicidio in diritto greco e romano, Milano 1976; Norma e sanzione in Omero. Contributo alla protostoria del diritto greco, Giuffre', Milano 1979; L'ambiguo malanno. Condizione e immagine della donna nell'antichita' greca e romana, Editori Riuniti, Roma 1981; Tacita Muta. La donna nella citta' antica, Editori Riuniti, Roma 1985; Pandora's Daughters, Bpod, 1987; Secondo natura. La bisessualita' nel mondo antico, Editori Riuniti, Roma 1988; I supplizi capitali in Grecia e a Roma, Rizzoli, Milano 1991; Diritto greco, Cuem 1994; Passato prossimo. Donne romane da Tacita a Sulpicia, Feltrinelli, Milano 1996; (con Giulio Guidorizzi), Profilo di storia antica e medievale, Einaudi Scuola, 1997; Pompei. I volti dell'amore, Mondadori, Milano 1998; (con Luciana Jacobelli), Un giorno a Pompei. Vita quotidiana, cultura, societa', Electa, Napoli 1999; Storia del diritto romano, Cuem, 1999; Istituzioni di diritto romano, Cuem, 2001; (con Giulio Guidorizzi), Le tracce della storia, Einaudi Scuola, 2001; Itaca. Eroi, donne, potere tra vendetta e diritto, Feltrinelli, Milano 2002; (con Lorenzo Gagliardi, Marxiano Melotti), Diritto e sessualita' in Grecia e a Roma, Cuem, 2003; (con Giulio Guidorizzi), L'eredita' antica e medievale, Einaudi Scuola, 2005; L'amore e' un dio, Feltrinelli, Milano 2006; Il ritorno della vendetta, Rizzoli, Milano 2007; altre opere a destinazione scolastica: (con Giulio Guidorizzi), Corso di storia antica e medievale, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Il mondo antico e medievale, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), La cultura della storia. Laboratorio, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Lo studio della storia. Laboratorio, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Storia antica e medievale, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Antologia latina, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi, Laura Pepe), Letteratura e storia di Roma antica. Antologia degli autori latini, Einaudi Scuola; (con G. Martinotti), Cittadini si diventa, Einaudi Scuola; (con E. Varni, Franco Della Peruta), La memoria dell'uomo, Einaudi Scuola] Prima di cominciare Amore, sessualita', emozioni, matrimonio, famiglia: sono i temi di questo libro, gli stessi temi trattati nel febbraio 2005 in "Sex and the polis", una serie di trasmissioni radiofoniche nel corso delle quali ho raccontato a un pubblico di non specialisti alcuni aspetti della vita privata degli antichi (in quell'occasione, non solo i greci, ma anche i romani). Al termine di queste trasmissioni - incoraggiata dal consenso che, mi si dice, esse hanno incontrato - si e' fatta strada l'idea di una loro redazione scritta, senonche', man mano che il lavoro procedeva, nasceva il desiderio di introdurre nuovi argomenti, di eliminarne altri, di modificare l'ordine di esposizione. In breve tempo la materia e' cresciuta sino a suggerire di dividerla in due parti, e di cominciare a pubblicarne una prima, relativa alla Grecia. Il testo qui presentato, dunque, e' molto diverso da quello della trasmissione radiofonica, alla quale deve comunque l'idea di base e, soprattutto, il taglio narrativo. E' un punto, questo, sul quale tengo a insistere e sul quale voglio spendere due parole. Io credo che oggi sia giunto il momento, per chi si occupa del mondo antico, di trasmettere a un pubblico il piu' possibile esteso quelle conoscenze che una volta erano, in misura piu' o meno ampia, retaggio comune a partire dai banchi di scuola, ma che oggi sono state tristemente espunte o radicalmente limitate dai programmi scolastici. Nei limiti delle mie capacita' e possibilita', mi sembra insomma giusto e doveroso contribuire a far si' che l'antichita' non diventi un privilegio di pochi eletti, ma continui a far parte del patrimonio di chi vive in una civilta', come la nostra, che in quel mondo affonda le sue radici. E poiche', quando si parla di radici (senza menzionare qui la filosofia, le scienze, il teatro, e tutti gli altri debiti verso i greci) ci si riferisce soprattutto alla teoria e alla pratica della politica, mi e' sembrato non del tutto inutile estendere il discorso ad altri aspetti della cultura: i rapporti familiari, alcune pratiche sociali, il costume, la mentalita', la relazione tra i sessi. Senza minimamente sottovalutare l'importanza della storia e del pensiero politico, mi e' sembrato insomma importante allargare il discorso a un'altra storia, legata a momenti piu' privati della nostra esperienza. Nel cercare di descriverla, ho dato ampio spazio anche ad alcuni dei racconti piu' antichi del nostro mondo, vale a dire i miti. A proposito dei quali e' necessario aprire una brevissima parentesi. I miti narrano storie fantastiche, nelle quali agiscono insieme esseri mortali e immortali, eroi e semidei, animali piu' o meno immaginari, esseri dall'aspetto in parte umano in parte animale, forze della natura personificate. Ma i miti non sono semplici favole: sono racconti tradizionali (mythos significa appunto "parola", "racconto"), trasmessi in origine oralmente e sedimentati nella memoria collettiva, ai quali era affidata una funzione culturale di fondamentale importanza. La ripetizione di questi racconti, infatti, contribuiva a creare e consolidare l'identita' dei greci, trasmettendo l'insieme delle credenze, dei riti, delle istituzioni religiose e sociali che costituiva il loro patrimonio culturale. Il mito, inoltre, non era una narrazione fissa e immutabile: al contrario esso poteva cambiare ogni volta che veniva raccontato. Il mito era racconto e creazione. E poiche' ciascun poeta poteva modificarlo e lo modificava come credeva, dello stesso mito esistevano (e ci sono giunte) numerose versioni, che a volte si discostano solo nei particolari, a volte sono radicalmente diverse, talvolta addirittura contrastanti fra loro. Nel seguire le tracce dei miti che piu' ci interessavano ho scelto, qui, la via di combinare versioni e tradizioni diverse: l'ho detto, questo non e' un libro per specialisti. Non solo il mito, dunque, e' stato esposto senza appesantimento di notazioni critiche e di altre - chiamiamole cosi' - sottigliezze filologiche. Anche le altre fonti sono state utilizzate in modo "colloquiale": dall'epica omerica alla lirica, dai testi filosofici a quelli dell'oratoria giudiziaria. Per la prima volta dopo una strenua resistenza interna (le abitudini sono difficili a vincere) ho scritto un libro "senza note". Il pubblico cui e' diretto non ne prova il bisogno. Il che non mi impedisce di sperare che, chi lo leggera', al termine della lettura senta il desiderio di conoscere meglio i nostri antenati. Se cosi' sara', vorra' dire che avro' raggiunto l'obiettivo che mi prefiggevo. ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 148 del 27 dicembre 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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