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Voci e volti della nonviolenza. 126
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 126
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 24 Dec 2007 11:27:22 +0100
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 126 del 24 dicembre 2008 In questo numero: 1. Maria G. Di Rienzo: Buona Resistenza 2. Giulio Vittorangeli: La morte al lavoro 3. Severino Vardacampi: Il tempo stringe 1. MARIA G. DI RIENZO: BUONA RESISTENZA [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81] Alle donne irachene ed afgane: che affrontano la miseria e la violenza dell'occupazione militare; gli abusi, gli stupri, gli omicidi commessi in nome dell'"onore" e della "religione"; le durezze di paesi devastati ed il dolore per la perdita di troppe persone care. In particolare, i miei auguri vanno alle appartenenti all'Organizzazione per la liberta' delle donne in Iraq, che continuano ad aprire rifugi per le donne in pericolo e a far funzionare la "ferrovia clandestina" per permettere alle vittime dei crimini "d'onore" di raggiungere la salvezza, ed alle instancabili e meravigliose donne afgane di Rawa. Alle palestinesi: a cui, insieme a tutto il resto di cui sopra, neppure si permette di partorire in ospedale grazie alla continua violenza militare, ai checkpoint, ai coprifuoco ed alla chiusura delle strade. Mille auguri, quindi, a quelle impegnate nel progetto "Nascita sicura" che stanno addestrando in loco ostetriche e operatori sanitari, gestiscono una "clinica mobile" ed una linea telefonica d'aiuto per le partorienti. Molto tempo fa, una donna palestinese diede alla luce un bimbo, amato al punto che celebriamo la sua venuta al mondo ancora oggi: nessuno voleva aiutarla, ma Maria non si arrese. Alle colombiane, di cui circa quattro milioni (con i loro bambini) sono state spinte fuori dalle loro case da tre decenni di scontri fra esercito, forze paramilitari e guerriglieri. Sul lavoro affrontano discriminazioni, molestie sessuali, orari impossibili e condizioni insicure; se alzano la testa e protestano, possono essere uccise (gli omicidi di sindacalisti sono quasi una routine in Colombia). Speciali auguri resistenti all'organizzazione "Taller de Vida", che soccorre queste donne e i loro bimbi, e sostiene i loro diritti. Alle donne del Guatemala, l'80% della forza lavoro nelle "maquilas" o "sweatshops", rozzamente traducibile come "fabbriche del sudore", che producono beni per l'esportazione. Sono senza alcuna tutela sul posto di lavoro (vengono licenziate arbitrariamente non appena e' evidente, per esempio, che aspettano un figlio), e chi le assume pensa troppo spesso di aver comprato i loro corpi e la loro dignita'. Ma queste donne, nella comunita' di Barcenas, a Citta' del Guatemala, hanno dato inizio ad un programma di informazione e istruzione relativo ai diritti umani: stanno imparando come rispondere efficacemente alle violazioni ed agli abusi, e stanno costruendo alleanze con altre operaie di zone diverse. Auguri alle lavoratrici in lotta, con tutto il cuore. Alle donne del Sudan insanguinato, sotto attacco da parte delle milizie islamiste (janjaweed) filogovernative e degli altri gruppi armati che sterminano famiglie, stuprano e mutilano sistematicamente donne e bambine, danno fuoco ai campi coltivati ed avvelenano i pozzi. Si stanno aiutando da sole, con organizzazioni di donne come "Zenab", che soccorre le vittime di violenza e i rifugiati. Nessun augurio e' piu' caloroso e pieno di speranza di quello che mando a voi, augurandomi anche che la comunita' internazionale cessi di voltare la testa dall'altra parte. Alle donne del Kenya, che hanno legato la Piattaforma di Pechino del 1995 ai bisogni ed alle lotte delle comunita' indigene, creando l'Indigenous Information Network ed il programma "Rompiamo il silenzio" per affrontare l'emergenza dell'Hiv/Aids e porre fine alle mutilazioni genitali ed ai matrimoni di bambine. La terra che in Kenya viene rubata per turismo e basi militari e' rubata alle donne indigene, che non avendo diritti ereditari su di essa sono le piu' vulnerabili alla miseria che ne consegue: le donne stanno lottando anche contro questo esproprio. Auguri, sorelle che avete creato il villaggio femminile di Umoja con lo slogan "Questa e' una zona libera dalla violenza contro le donne". Alle algerine, che ricordando le loro eroine della lotta per l'indipendenza (come Hassiba Ben Bouali e Jamila Bouhired) stanno protestando ad alta voce per l'incremento della violenza di genere nel loro paese: la cifra degli stupri e delle aggressioni aumenta ad un ritmo di 2.000 casi in piu' l'anno. Inoltre, essi non vengono investigati e molto raramente i responsabili compaiono di fronte ai tribunali. Auguri quindi alle donne del Centro "Darna" di Algiers, che da' rifugio alle vittime di violenza, e possa la loro lotta scuotere cuori e coscienze, e diventare il motore della trasformazione. Alle iraniane, soprattutto a quelle impegnate nella campagna "Un milione di firme" per l'eguaglianza di donne ed uomini davanti alla legge: il che significa che non vogliono la poligamia, i matrimoni di bambine, la necessita' di un "custode" di sesso maschile per le donne, eccetera. Sono soggette ad una dura repressione: adesso il governo di Teheran ha cominciato ad arrestarle anche se non raccolgono firme per strada, ma semplicemente perche' postano commenti e articoli in internet (www.we-change.org e www.rsf.org). Il gruppo "Giornalisti senza frontiere" sta chiedendo insistentemente il rilascio di una di questa donne, la reporter Maryam Hosseinkhah della rivista online "Zanestan". Maryam e' sparita dietro le mura della prigione di Evin il 18 novembre scorso. Possa la speranza non abbandonare mai queste donne coraggiose. Alle donne dell'Uganda, e in special modo alle loro mediche che hanno inventato "lettere d'amore" da consegnare ai padri, di modo che si interessino alla cura delle donne incinte e dei piccoli. Quando la donna torna a casa dalla sua prima visita in ospedale, consegna la missiva al partner: "Gentile signore, lo scopo di questo scritto e' di invitarla a discutere delle questioni relative alla gravidanza. Per favore, venga insieme alla sua compagna: non potra' che trarne beneficio, poiche' la suddetta aspetta il vostro bambino...". E volete saperlo? Sta funzionando. Alle italiane, native e migranti. A quelle nei movimenti, per la grande energia e saggezza e perseveranza che donano, qualunque sia la causa che decidono di affrontare. A quelle invisibili ai piu', ai loro gesti quotidiani di resistenza e di amore. A quelle della democrazia paritaria e a quelle del contrasto alla violenza. Alle giovani e alle anziane. Siete meravigliose. E infine auguri agli uomini, in tutto il mondo, che con queste donne camminano a braccetto. Sguardo nello sguardo, mano nella mano. Siete voi, proprio voi, gli "uomini di buona volonta'" che assieme alle donne costruiranno la pace in terra. 2. GIULIO VITTORANGELI: LA MORTE AL LAVORO [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'". Bertolt Brecht (1898-1956), scrittore, poeta, drammaturgo tedesco tra i maggiori del Novecento, nella sua opera e' rilevante l'impegno contro la guerra e contro l'oppressione sociale. Tra le opere di Bertolt Brecht segnaliamo in particolare l'utile volumetto per la scuola curato da Renato Solmi e dal Ccm di Torino: Bertolt Brecht, L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975, ed ovviamente almeno le Poesie di Svendborg, Einaudi, Torino 1976, ma anche altrettanto ovviamente le Poesie e canzoni, Einaudi, Torino 1959; per l'opera teatrale ovviamente Teatro, Einaudi, Torino 1963; cfr. anche la raccolta de I capolavori di Brecht, e i Drammi didattici, sempre presso Einaudi; tra le prose ad un tempo narrative e di pensiero cfr. almeno i Dialoghi di profughi, Gli affari del signor Giulio Cesare, Me-ti. Libro delle svolte, e le Storie da calendario, tutte presso Einaudi; cfr. inoltre almeno il Diario di lavoro, Einaudi, Torino 1976. Ma altre sue opere occorrerebbe citare qui, tutte in Italia edite da Einaudi. Opere su Bertolt Brecht: per un'introduzione cfr. il volume a cura di Roberto Fertonani, Per conoscere Bertolt Brecht, Mondadori, Milano 1970; Paolo Chiarini, Bertolt Brecht. Saggio sul teatro, Laterza, Bari 1959, 1967; Hans Mayer, Brecht e la tradizione, Einaudi, Torino 1972; ed ovviamente Klaus Voelker, Vita di Bertolt Brecht, Einaudi, Torino 1978] L'anno che si chiude e' caratterizzato dalla crucialita' del lavoro; o meglio, da chi muore lavorando. "L'Italia e' una Repubblica democratica fondata sul lavoro"; cosi' recita il primo articolo della nostra Costituzione. Allora non sarebbe stato piu' saggio e giusto, cercare di attuare quanto affermato nella nostra Costituzione, invece di cercare di smantellarla o di svuotarla come e' stata fatto da molti? Forse l'esempio piu' eclatante e' nella negazione e devastazione che ha subito l'articolo 11, dove parla di "ripudio" della guerra; qualcosa di ben piu' profondo del "rifiuto". La notte del 6 dicembre, nella linea 5 della fabbrica torinese della ThyssenKrupp, divampa un incendio che ha l'effetto di un lanciafiamme puntato addosso ai lavoratori, trasformati in torce umane. Sei gli operai morti. A lottare per la vita resta solo Giuseppe Demasi, 26 anni. Le sue condizioni sono gravissime, ha ustioni sul 95% del corpo. Davanti a questa strage in fabbrica e' ritornato d'attualita' il dualismo capitale-lavoro, cancellato ignobilmente dal pensiero dominante. Anche se i lavoratori non sembrano in grado di imporre alcunche'. La forza lavoro e' frammentata e precarizzata, in Italia come nel resto del mondo; ed il diritto al lavoro e' stato riportato a oltre un secolo fa, alla condizione lavorativa dell'800; basta pensare alla piaga del lavoro infantile, tanto per fare un esempio. Cosi' la condizione del lavoro ha assunto, su larga scala, la forma di nuova schiavitu' e di morte. Lo stesso lavoro e' pagato fino a dieci, cento volte meno in un paese del cosiddetto "terzo mondo", rispetto all'Europa occidentale. Il declino dei grandi partiti di sinistra (per quel che riguarda l'Italia) deriva proprio da questo, dalla perdita di fiducia dei lavoratori nella loro capacita' e volonta' di difendere i propri diritti. E se si obietta che, data la globalizzazione, difenderli e' impossibile, il risultato e' il medesimo: getta nel disorientamento e nella disperazione. Vogliamo rendere omaggio ai caduti torinesi, a tutti gli altri morti sul lavoro, ed in generale a chiunque, in ogni parte del mondo, e' sfruttato e sacrificato sull'altare del profitto, con una poesia di Bertolt Brecht: Domande di un lettore operaio. * Tebe dalle Sette Porte, chi la costrui'? Ci sono i nomi dei re, dentro i libri. Son stati i re a strascicarli, quei blocchi di pietra? Babilonia, distrutta tante volte, chi altrettante la riedifico'? In quali case di Lima lucente d'oro abitavano i costruttori? Dove andarono, la sera che fu terminata la Grande Muraglia, i muratori? Roma la grande e' piena d'archi di trionfo. Su chi trionfarono i Cesari? La celebrata Bisanzio aveva solo palazzi per i suoi abitanti? Anche nella favolosa Atlantide La notte che il mare li inghiotti', affogavano urlando aiuto ai loro schiavi. Il giovane Alessandro conquisto' l'India. Da solo? Cesare sconfisse i Galli. Non aveva con se' nemmeno un cuoco? Filippo di Spagna pianse, quando la flotta gli fu affondata. Nessun altro pianse? Federico II vinse la guerra dei Sette Anni. Chi, oltre a lui, l'ha vinta? Una vittoria ogni pagina. Chi cucino' la cena della vittoria? Ogni dieci anni un grand'uomo. Chi ne pago' le spese? Quante vicende, tante domande. 3. SEVERINO VARDACAMPI: IL TEMPO STRINGE Il tempo stringe. O la nonviolenza si fa politica, o la catastrofe tutti ci travolgera'. Occorre una politica ambientale che impedisca il collasso della biosfera. Solo una politica nonviolenta e' adeguata alla bisogna. Occorre una politica di cooperazione internazionale che smilitarizzi i conflitti, che disarmi le societa', che bandisca le guerre dal novero degli strumenti di gestione delle relazioni internazionali, che costruisca la pace con mezzi di pace, la sicurezza con la solidarieta' che ogni essere umano riconosca e raggiunga e sostenga. E solo una politica nonviolenta e' adeguata alla bisogna. Occorre una politica dei diritti e della democrazia che fermi il femminicidio, che contrasti la violenza maschile, le sue strutture e le sue ideologie. E ancora una volta solo una politica nonviolenta - quella che hanno ideato e praticato i femminismi - e' adeguata alla bisogna. Occorre una politica dei diritti umani che li inveri in codificazione giuridica, in organizzazione sociale, in contrasto alle forme economiche e politiche dell'oppressione. E solo, solo una politica nonviolenta e' adeguata alla bisogna. * Ma una politica nonviolenta e' possibile solo se c'e' un soggetto politico nonviolento - complesso e plurale - che l'assuma, la promuova, la gestisca. Non basta quindi piu' la testimonianza personale, pur apprezzabile; non basta piu' il ruolo propedeutico, educativo, sollecitatore, pur apprezzabile; non basta piu' la nicchia della formazione, del volontariato, della pratica che aggiunge o ripara, pur apprezzabile; occorre una nonviolenza come proposta politica, azione sociale, movimento organizzato di trasformazione. E non bastano quindi piu' i movimenti piccini e sparuti (e non di rado litigiosi e subalterni): occorre uscire dalla minorita', dalla marginalita', con la piena coscienza di essere esperienze e riflessioni, ed organizzazioni, e persone in relazione infine, portatrici di una proposta rigorosa e complessa, aperta e caratterizzata, nitida e aggettante, una proposta politica e sociale, teorica e pratica, adeguata a fondare la politica effettuale - e non solo la cultura politica - necessaria all'umanita' del XXI secolo: la politica della nonviolenza che contrasti la barbarie che sta portando la biosfera al collasso e la civilta' umana alla catastrofe. * Ed occorre quindi rompere ogni subalternita' ed ogni complicita' con i guerrafondai e con gli squadristi, con i maschilisti e gli autoritari, con gli sfruttatori e i devastatori, con i militaristi e gli ecocidi, che talora della nonviolenza carpiscono questa o quella tecnica, questo o quel tratto di ragionamento o porzione di lessico, questa o quella particolare parcellizzata risorsa che ai loro fini torna in un determinato frangente utile, e per il resto operano il suo esatto contrario: operano la violenza dispiegata. Anche i nazisti talora usarono tecniche desunte dal repertorio della nonviolenza, a fini di male assoluto. La nonviolenza dimidiata, smembrata e disarticolata non e' nonviolenza. Per questo sebbene sia comunque preferibile l'uso da parte di tutti di tecniche nonviolente anziche' di pratiche violente, tuttavia non e' sufficiente l'uso di un pizzico di nonviolenza a mo' di spezia per qualificare come nonviolento un agire, e tantomeno il riempirsi la bocca del suo orecchiato e travisato lessico reso astratto e ridotto a infame maschera ideologica dell'effettuale violenza che altrui denega dignita' e diritti e vita. La conferma piu' flagrante e metuenda di cio' e' nell'azione dell'attuale compagine governativa italiana, sostenuta da ben tre partiti che dichiarano ad ogni pie' sospinto di essere "nonviolenti" e che non hanno esitato a votare per la guerra terrorista e stragista, per incrementare le armi sempre assassine, per pratiche di barbara persecuzione razzista dei migranti. Non e' quindi piu' possibile la delega a organizzazioni e gruppi e figuri che hanno dato ampia prova di non rappresentare il bisogno di vita e felicita', la richiesta di solidarieta' e condivisione, l'istanza di giustizia e liberta' che sorge dal grido profondo delle oppresse e degli oppressi, che sorge dal muto grido della natura violata. E non e' piu' possibile porsi col cappello in mano dinanzi ai sanguinari potenti del mondo ed ai loro seguaci ed allievi di ogni ordine e grado. Tutto cio' - questa vilta', questa prostituzione - deve finire, deve finire subito e per sempre. O la nonviolenza e' lotta di liberazione, forza della verita', fronte della coscienza, pratica della dignita' umana che ad ogni essere umano diritti e dignita' riconosce, ad un tempo principio disperazione (Anders) e principio speranza (Bloch) e principio responsabilita' (Jonas), o meglio sarebbe piantarla di usare questa parola. * Occorrono allora urgenti due cose. La prima: promuovere l'organizzazione politica e la rappresentanza istituzionale della nonviolenza consapevole e organizzata. Non si tratta di fare un partito, non si tratta di fare dirigenze, organigrammi, funzionariati. Si tratta di prendere nelle proprie mani il proprio destino di esseri umani. Si tratta di non lasciare la cosa pubblica, cio' che e' di tutti, nelle sole mani rapaci dei poteri sfruttatori e assassini. Si tratta - mutatis mutandis, e in condizioni tanto piu' drammatiche - di avviare lo stesso processo e di svolgere lo stesso ruolo che fu della Prima Internazionale. Niente di meno che questo. La seconda: occorre il giornale della nonviolenza come strumento di collegamento e suscitamento quotidiano, come specchio e appello, come informazione e strumentazione, formazione e verifica dell'agire di tante e tanti che con linguaggi diversi ed intenti convergenti ogni giorno sono gia' la nonviolenza in cammino. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 126 del 24 dicembre 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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