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Coi piedi per terra. 58
- Subject: Coi piedi per terra. 58
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 1 Dec 2007 11:10:39 +0100
- Importance: Normal
=================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 58 del primo dicembre 2007 In questo numero: 1. Alcune fondamentali ragioni per cui il mega-aeroporto a Viterbo non puo' e non deve essere realizzato 2. Assemblea permanente "No fly" di Ciampino: Diminuire i voli a Ciampino senza costruire nuovi scali 3. Il 4 dicembre a Viterbo 4. Elena Liotta: Il lato oscuro della crescita 5. Per contattare il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo 1. EDITORIALE. ALCUNE FONDAMENTALI RAGIONI PER CUI IL MEGA-AEROPORTO A VITERBO NON PUO' E NON DEVE ESSERE REALIZZATO [Riportiamo il seguente comunicato del comitato del 30 novembre 2007 dal titolo completo "Alcune fondamentali ragioni per cui il mega-aeroporto a Viterbo non puo' e non deve essere realizzato. Smascheriamo la grnde menzogna dei nuovi attila. Contrastiamo un'opera insensata e nociva"] Realizzare a Viterbo un mega-aeroporto per voli low cost significa non altro che: - devastare l'area termale del Bulicame, bene naturalistico, culturale e terapeutico irrinunciabile per la nostra terra e la nostra gente; - provocare un inquinamento atmosferico che avvelenera' ulteriormente la popolazione dell'Alto Lazio, gia' vittima dalle emissioni venefiche del polo energetico Civitavecchia-Montalto; - danneggiare gravemente la salute dei viterbesi con l'inquinamento acustico che un volume di traffico aereo quantificato dal Ministro in 6-8 milioni di passeggeri all'anno provochera' in un raggio di chilometri e chilometri, colpendo innumerevoli cittadini. * Del resto la realizzazione dell'opera non sarebbe nemmeno efficiente al fine dichiarato di un consumistico e alienato turismo ultraveloce, "mordi e fuggi" appunto, diretto a Roma: poiche' i passeggeri sbarcati a Viterbo dovrebbero poi comunque raggiungere Roma in treno, in autobus o in taxi, e i tempi di percorrenza attuali sono di circa due ore col treno, e del tutto imprevedibili con mezzi automobilistici stante la situazione della rete stradale nell'Alto Lazio, e la condizione di perenne ingorgo sul Grande raccordo anulare che circonda la capitale. Dalle principali citta' italiane ed europee e' indubbiamente piu' vantaggioso anche dal punto di vista della qualita' del viaggio e della certezza dei tempi utilizzare il treno che non arrivare in aereo a Viterbo e poi dover affrontare ore di viaggio ulteriore via terra per arrivare a Roma. Poiche' questa situazione e' nota, ne discende che e' quindi palese che coloro che propongono la realizzazione a Viterbo di un mega-aeroporto per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma sono degli irresponsabili e dei mistificatori che otterrebbero di provocare gravissimi danni alla salute dei cittadini e gravissime devastazioni ai beni ambientali e culturali dell'Alto Lazio; degli irresponsabili e dei mistificatori che perseguono vantaggi particolari a danno della collettivita', e che certo non possono credere che si possa creare benessere distruggendo un territorio, inquinandolo, aggredendo la salute degli abitanti; ne' possono credere che il devastante mega-aeroporto eventualmente collocato a Viterbo possa essere efficiente al fine propagandato stante la situazione reale delle infrastrutture ferroviarie e viarie. * Naturalmente a queste ragioni di opposizione alla realizzazione della velenosa e devastante opera, legate alla peculiare situazione locale, se ne aggiungono altre di carattere piu' generale e valide non solo per Viterbo: - il trasporto aereo contribuisce in ingente misura con le sue emissioni inquinanti all'effetto serra, ovvero al surriscaldamento del clima, che costituisce la piu' grave emergenza ambientale globale che l'umanita' deve risolutamente ed urgentemente fronteggiare per evitare il collasso della biosfera e quindi il crollo stesso della civilta' umana. La comunita' scientifica mondiale e tutte le istituzioni internazionali chiedono che si proceda a una drastica riduzione delle emissioni di CO2, ed in particolare anche che si riduca drasticamente il traffico automobilistico e quello aereo; - lo sperpero immane di soldi pubblici attualmente insensatamente regalati alle compagnie aeree avvelenatrici, sia in forma di sussidi, di infrastrutture, di servizi, sia in forma di agevolazioni e fin esenzioni fiscali (e' semplicemente incredibile che non vi sia alcuna tassazione sui carburanti degli aerei). Nessun nuovo aeroporto deve essere realizzato in Italia; nessun impianto va ampliato; nessun incremento del trasporto aereo va consentito. Si deve invece ridurre subito e consistentemente il volume di traffico aereo attuale. E si deve cessare di foraggiare con immensi finanziamenti pubblici le compagnie aeree avvelenatrici e devastatrici. * La nostra opposizione pertanto e' relativa non solo alla realizzazione del devastante mega-aeroporto a Viterbo, ma anche alla realizzazione del terzo polo aeroportuale nel Lazio in qualsivoglia sito. Non si tratta solo di impedire che un'opera scellerata devasti l'area termale del Bulicame e massacri la salute e la qualita' della vita dei viterbesi; si tratta altresi' di impedire la realizzazione del devastante mega-aeroporto ovunque, poiche' ovunque realizzato esso provocherebbe comunque danni enormi per tutti. E si tratta altresi' di ottenere che cessi ogni incremento del trasporto aereo nel nostro paese, e che anzi si cominci subito a ridurlo drasticamente, a cominciare da Ciampino, la cui popolazione da troppo tempo e' vittima di un eccesso di traffico aereo che ha provocato e provoca gravissimi danni alla salute di tutte le persone e all'ambiente. * Noi sosteniamo dunque che: 1. occorre una riduzione drastica e immediata del trasporto aereo; 2. occorre liberare subito Ciampino dall'intollerabile volume di traffico aereo di cui la popolazione e' vittima; 3. occorre bloccare ogni dissennata ipotesi di incremento del trasporto aereo nel Lazio; 4. occorre applicare la richiesta dell'Onu di ridurre al piu' presto dell'80% le emissioni inquinanti responsabili dell'effetto serra, e quindi occorre ridurre subito anche il trasporto aereo; e poiche' del trasporto aereo vi sara' necessita' in altre aree del pianeta, occorre che l'Europa e l'Italia procedano a un decremento immediato assai consistente, cominciando ovviamente dai voli per fini meramente voluttuari; 5. il cosiddetto terzo polo aeroportuale regionale del Lazio per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma non va realizzato, ne' a Viterbo ne' altrove. Va invece riqualificato e potenziato il trasporto pubblico locale ed in particolare il trasporto ferroviario. Vanno difesi e valorizzati i beni ambientali e culturali, le vocazioni produttive del territorio; vanno sostenuti i diritti sociali delle popolazioni, i diritti umani di tutti gli esseri umani. 2. INIZIATIVE. ASSEMBLEA PERMANENTE "NO FLY" DI CIAMPINO: DIMINUIRE I VOLI A CIAMPINO SENZA COSTRUIRE NUOVI SCALI [Dalla mailing list dell'Assemblea permanente "No fly" di Ciampino (per contatti: e-mail: nofly at inventati.org, sito: www.no-fly.info) riprendiamo il seguente comunicato] L'Assemblea permanente No-Fly comunica che continua il programma di iniziative sui territori interessati dall'emergenza-Ciampino. Sabato primo dicembre, dalle ore 11, gazebo informativo e inizio raccolta di fondi per l'acquisto di una centralina mobile di monitoraggio ambientale, presso il parco A. Moro di Ciampino. Domenica 2 dicembre, ore 11, biciclettata di massa e gazebo informativo in piazza della Pace a Ciampino. Le iniziative continueranno e si intensificheranno finche' i voli non torneranno ai livelli del 2001 e non sara' attuato il blocco notturno che non viene ancora rispettato. Ci associamo alla protesta dei cittadini di Viterbo che si oppongono alla costruzione di un nuovo scalo aeroportuale. A distanza di due anni dal primo tavolo tecnico, i voli a Ciampino sono aumentati del 18% ed ora politici ed imprenditori vorrebbero imporre un nuovo disastro ambientale e sanitario strumentalizzando i problemi che subiamo quotidianamente per creare nuovi milionari profitti. Prima creano l'emergenza, non la risolvono e poi la riproducono. E' l'ennesima prova che la salute e la tutela dell'ambiente vengono subordinati agli interessi delle lobby imprenditoriali e dei corrispettivi rappresentanti politici. 3. INCONTRI. IL 4 DICEMBRE A VITERBO Si terra' presso la sala delle conferenze della Provincia di Viterbo, a Palazzo Gentili, in via Saffi, martedi' 4 dicembre 2007 con inizio alle ore 16,30 un convegno su "Le emergenze ambientali e sanitarie nell'Alto Lazio. La situazione attuale, le azioni da proseguire, le iniziative da intraprendere", terzo dei convegni di approfondimento scientifico promossi dal Comitato che si oppone al terzo polo aeroportuale del Lazio e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo (i due precedenti convegni si sono svolti il 21 settembre e il 18 ottobre). * Il programma e' il seguente: 1. Apertura: presidenza di Osvaldo Ercoli; intervento di apertura di Antonella Litta; interventi di saluto di rappresentanti istituzionali; introduzione di Peppe Sini: "Modello di sviluppo di servitu', intreccio politico-affaristico, penetrazione dei poteri criminali, devastazione ambientale nell'Alto Lazio: una ricostruzione storica, un modello di analisi, alcune proposte di intervento". 2. Relazioni: relazione di Giuseppe Nascetti, docente di ecologia all'Universita' della Tuscia: "Alto Lazio in emergenza. Gli aspetti ambientali"; relazione di Mauro Mocci, medico, epidemiologo: "Alto Lazio in emergenza. Gli aspetti sanitari"; relazione di Gennaro Francione, magistrato: "Alto Lazio in emergenza. Gli aspetti giuridici. Natur e Kultur nell'Alto Lazio per la difesa costituzionale del territorio". 3. Esperienze e riflessioni: interventi dei comitati, i movimenti, le associazioni impegnate per il diritto alla salute e la difesa dell'ambiente e dei beni comuni, la lotta contro l'economia illegale, la corruzione politico-amministrativa e la penetrazione dei poteri criminali nell'Alto Lazio. 4. Dibattito e conclusioni. 4. RIFLESSIONE. ELENA LIOTTA: IL LATO OSCURO DELLA CRESCITA [Ringraziamo Elena Liotta (per contatti: e_liotta at yahoo.it) per averci messo a disposizione il seguente testo dal titolo "Il lato oscuro della crescita. E' possibile una 'Decrescita felice'?", presentato al seminario estivo sulla Decrescita nell'ambito della quarta edizione della Libera Scuola delle alternative, presso il Centro ecumenico di Agape (Prali, Piemonte), nell'agosto 2007, e pubblicato sul quadrimestrale di psicologia "Babele" (www.babelenews.net). Elena Liotta, nata a Buenos Aires il 25 settembre 1950, risiede a Orvieto, in Umbria; e' psicoterapeuta e psicologa analista, membro dell'Ordine degli Psicologi dell'Umbria, membro dell'Apa (American Psychological Association), socia fondatrice del Pari Center for New Learning; oltre all'attivita' psicoterapica, svolta prevalentemente con pazienti adulti, in setting individuale, di coppia e di gruppo, ha svolto e svolge altre attivita' culturali e organizzative sempre nel campo della psicologia e della psicoanalisi; tra le sue esperienze didattiche: professoressa di Psicologia presso la "American University of Rome"; docente in corsi di formazione, e coordinatrice-organizzatrice di corsi di formazione a carattere psicologico, per servizi pubblici e istituzioni pubbliche e private; didatta presso l'Aipa, societa' analitica accreditata come scuola di specializzazione post-laurea, per la formazione in psicoterapia e per la formazione di psicologi analisti; tra le altre esperienze parallele alla professione psicoterapica e didattica: attualmente svolge il ruolo di Coordinatrice psicopedagogica e consulente dei servizi sociali per il Comune di Orvieto, e di Coordinatrice tecnico-organizzativa di ambito territoriale per la Regione Umbria nell'Ambito n. 12 di Orvieto (dodici Comuni), per la ex- Legge 285, sul sostegno all'infanzia e adolescenza e alle famiglie, occupandosi anche della formazione e monitoraggio dei nuovi servizi; e' stata assessore alle politiche sociali presso il Comune di Orvieto; dopo la prima laurea ha anche lavorato per alcuni anni in campo editoriale, redazionale e bibliografico-biblioteconomico (per "L'Espresso", "Reporter", Treccani, Istituti di ricerca e biblioteche). Autrice anche di molti saggi apparsi in riviste specializzate e in volumi collettanei, tra le opere di Elena Liotta segnaliamo particolarmente Educare al Se', Edizioni Scientifiche Magi, Roma 2001; Le solitudini nella societa' globale, La Piccola Editrice, Celleno (Vt) 2003; con L. Dottarelli e L. Sebastiani, Le ragioni della speranza in tempi di caos, La Piccola Editrice, Celleno (Vt) 2004; Su Anima e Terra. Il valore psichico del luogo, Edizioni Scientifiche Magi, Roma 2005; La maschera trasparente, La Piccola Editrice, Celleno (Vt) 2006; A modo mio. Donne tra creativita' e potere, Magi, Roma 2007] "Vivere, non riesco a vivere, ma la mente mi autorizza a credere che una storia mia, positiva o no, e' qualcosa che sta dentro la realta'. Nel dubbio mi compro una moto, telaio e manubrio cromato, con tanti pistoni, bottoni e accessori piu' strani: far finta di essere sani. Far finta di essere insieme a una donna normale, che riesce anche ad esser fedele, comprando sottane, collane e creme per mani, far finta di essere sani, far finta di essere... Liberi, sentirsi liberi forse per un attimo e' possibile ma che senso ha, se e' cosciente in me la misura della mia inutilita'. Per ora rimando il suicidio e faccio un gruppo di studio, le masse, la lotta di classe, i testi gramsciani, far finta di essere sani. Far finta di essere un uomo con tanta energia che va a realizzarsi in India o in Turchia, il suo salvataggio e' un viaggio in luoghi lontani, far finta di essere sani, far finta di essere... Vanno, tutte le coppie vanno, vanno la mano nella mano, vanno, anche le cose vanno, vanno, migliorano piano piano: le fabbriche, gli ospedali, autostrade, gli asili comunali, e vedo bambini cantare, in fila li portano al mare, non sanno se ridere o piangere, batton le mani, far finta di essere sani, far finta di essere sani, far finta di essere sani..." (Giorgio Gaber) Ci sono fondati motivi per ritenere che la crescita - tutto cio' che cresce - possa prendere nel tempo una piega tanto virtuosa quanto viziosa. Cosi' come il fenomeno opposto della decrescita. Nelle questioni che coinvolgono gli esseri umani, questa ambivalenza va possibilmente modulata affinche' ne' crescita ne' decrescita conducano a irrimediabili derive. Negli ultimi cinquant'anni della cultura occidentale, parallelamente al grandioso sviluppo economico e tecnologico, e' cresciuta l'urgenza di questo riequilibrio tra gli opposti del poco e del troppo. Ma sono ancora pochi, gli anni e le menti, per produrre un cambiamento di prospettiva e nuove azioni che arrestino la tendenza generale all'eccesso. Nel frattempo si e' acuita la scissione tra aspetti politico-economici dell'organizzazione sociale e aspetti piu' interiori, psicologici e spirituali, nonostante da piu' parti vengano inviti al dialogo e a nuove sintesi, in nome di una visione unitaria dell'essere umano. Il senso della vita, l'etica e la questione dei valori di riferimento sono diventati un'esigenza sempre piu' attuale e problematica, alla quale la democratica societa' dei consumi sempre piu' tecnologicamente avanzata, non riesce a dare esaurienti risposte. In questo scenario, diventa sempre piu' credibile che la tanto sbandierata "crescita economica" abbia anche un suo lato oscuro che sta assumendo sfumature inquietanti. Specularmente, il movimento opposto di crisi economica o di descrescita, inizialmente vissuto come minaccia, puo' cominciare a mostrare un suo lato liberatorio dalle nuove raffinate schiavitu' che la societa' contemporanea ha calato sui suoi privilegiati abitanti. Alcuni sostenitori della decrescita parlano addirittura di felicita'... Per non incorrere in fraintendimenti credo che vada precisato bene a quale felicita' ci si voglia riferire. Sicuramente non a quella veicolata dai mass-media. Infatti, gia' Erich Fromm osservava negli anni 'í70, che proprio la Grande Promessa Industriale si basava su un'idea della felicita' intesa come soddisfazione del desiderio individuale - l'edonismo radicale. Si trattava di quell'egoismo inerente al funzionamento di un sistema competitivo e consumista che, inspiegabilmente, avrebbe dovuto condurre all'armonia e alla pace universali. Questa illusione, purtroppo o per fortuna, non e' realizzabile a causa della natura intrinseca del "fattore umano". La felicita' non puo' essere lo scopo della vita, poiche' essa, in quanto fenomeno soggettivo, e' piu' simile all'evento labile e quasi imprevedibile, che non a uno stato solido e permanente. La felicita' va colta, quando si affaccia, dentro e fuori di noi, ma non puo' essere trattenuta, comandata, amministrata. Casomai potra' essere favorita. Il materialismo, il denaro, non ha mai reso felice nessuno, ma tutt'al piu', come recitava una targa di ceramica appesa in casa di mia nonna, il denaro puo' "calmare i nervi", cosa vicina all'ottundimento della pasticca, della droga o di altro espediente per non patire dolore e mancanza. L'egoismo individualista, qualita' indispensabile per avere successo, fare carriera, essere protagonisti, configura stress e fatica per chi lo pratica, stimola aggressivita', frustrazioni e resistenze difensive negli altri, aumenta la competizione generale che inevitabilmente degenera in conflitti a livello di comunita', societa' e nazioni. Tutto, quindi, meno che apertura verso la pace, l'armonia e la felicita'. Dove oggi non c'e' guerra esplicita, ci sono conflitti interni, tra gruppi piu' o meno estesi, per la sopravvivenza o per il mantenimento dei benefici acquisiti. Qualcuno dice, a rinforzo del mito del "benessere globale", che mai come oggi ci sono state cosi' poche guerre (!?), che la durata della vita e' aumentata e che la qualita' stessa della vita e' grandemente migliorata. Forse le statistiche dicono il vero. Ma sulla felicita' davvero no, sembra anzi che nessuno la incontri piu', soprattutto dove c'e' tanto benessere. Nonostante questa perenne verita', piu' sussurrata che dichiarata, i miti dell'avere e dell'apparire, consacrati dalle teorizzazioni economiche del XX secolo, continuano a esercitare una forte seduzione psicologica sulle collettivita'. Al contrario, le qualita' necessarie alla pace e a una operosita' non competitiva, il ridimensionamento dello strapotere economico, il rispetto per l'ambiente naturale e per le sue risorse che ci imporrebbe piccole discipline quotidiane, la solidarieta' che richiede qualche rinuncia personale, tutto questo configura uno stile di vita ancora poco allettante, troppo poco tangibile e visibile per assurgere a modello collettivo. L'invisibile e l'immateriale - insieme alle capacita' simboliche di immaginazione e creativita' - finiscono quasi sempre per cedere il passo alla concretezza e alla grossolanita'. Anche quando si discute di politica e di societa', accade che si innalzino barriere di fronte ai motivi interiori - psicologici o religioso-spirituali - di fatto presenti in molti contesti di attualita', dal mercato ai media, alla realta' della cronaca internazionale. Come se non c'entrassero nulla con la politica, l'economia, la scienza. L'attenzione dei "materialisti politici" viene spostata subito verso i problemi cosiddetti "reali", concreti e quantificabili in chiave di denaro e di finanziamenti, che si tratti della salute, della guerra, delle risorse energetiche, dell'educazione, della migrazione e altro ancora. Come se le persone fossero davvero meccanici esecutori di progetti e volonta' altrui. Il "fare concreto" in una crescita sana che riguarda gli esseri umani, significa avere un'attenzione costante sia per il corpo sia per la mente e soprattutto avere la certezza di dover sempre rinunciare a qualcosa che nella nuova condizione non serve piu'. Ecco la prima decrescita. Basta guardare al problema dei rifiuti per capire quanto esso sia stato poco pensato, nell'urgenza di produrre e consumare. L'unica alternativa e' crescere, come i parassiti, a spese di qualche altro essere vivente, che nel frattempo si devitalizza e poi muore. Nell'ultimo secolo, troppi gruppi etnici e sociali sparsi per il mondo sono stati imboniti con l'idea del benessere e della crescita economica continua, e poi resi oggetto di manovre e sfruttamenti politici. Alcuni sono stati condotti subdolamente in conflitti interminabili. Pericoli e minacce reali incombenti venivano denunciati prima di ogni guerra. Guardiamo all'Africa e all'America Latina: continenti ricchissimi di risorse e di culture locali, ancora soffocati e tenuti a bada affinche' non sviluppino nulla di proprio che possa minacciare l'Occidente. * Parlare di felicita' o accostare l'aggettivo "felice" all'idea di descrescita, significa reintrodurre un termine che di economico ha ben poco - soprattutto se inteso in chiave non materialistica. Significa anche, per ovvia conseguenza, dover discutere di filosofia, di psicologia e di spiritualita', che sono i "prodotti immateriali" e creativi che l'umanita' ha sviluppato proprio per non cadere preda totale delle condizioni materiali della vita. Riprendendo "il lato oscuro della crescita", credo che esso sia ancora troppo "in ombra" per la maggior parte delle persone che pure si lamentano delle numerose disfunzioni che affliggono la loro vita nelle societa' avanzate. Molti saggi del passato ci hanno tramandato che felicita' e ricchezza non si combinano positivamente, cosi' come innumerevoli miti e fiabe ci raccontano delle sventure attraversate dai loro protagonisti - la poverta' e' sempre una prova presente - per poter infine vivere "felici e contenti". Tutte sciocchezze per bambini? Allora perche' farli ancora crescere con queste fantasie assurde? Inconsciamente sappiamo tutti che la felicita' non si attinge come le monete nei forzieri. * All'inizio accennavo ad alcuni fondati motivi che ci invitano a valutare meglio il lato in ombra della crescita, per poi rivalutare quello in luce della decrescita. Li voglio specificare. Il primo motivo e' generale e non va dato per scontato, ma osservato quotidianamente. La natura stessa ci insegna come le affezioni che minacciano tutti gli esseri viventi abbiano origine sia nella carenza di sostanze e funzioni, sia nel loro eccesso, nella crescita abnorme. Ingrandirsi, moltiplicarsi, gonfiarsi, al di la' dei limiti di contesto, di forma e di risorse, in un modo irrelato rispetto all'ambiente, porta sempre a patologia. Si tratti di una cellula, di un organo, di una popolazione, di un contenuto mentale o altro ancora, come un'economia sconclusionata. Il secondo motivo storicizza la questione, introducendo il fattore tempo. Infatti, anche quando non porta a malattia, qualsiasi crescita normale "sconvolge" l'ambiente trasformandolo. Un albero piantato troppo vicino a un altro, un albero che proietta un'ombra sempre piu' grande, un tipo di albero sbagliato per il terreno o viceversa. Finche' le dimensioni sono piccole non si percepisce il cambiamento in atto o il suo potenziale danno. Piu' l'albero cresce e piu' si evidenziano i problemi. In natura le cose vanno come vanno, i semi attecchiscono dove possono e poi tutto si muove con leggi e compensazioni proprie. Gli alberi si seccano, non si sviluppano, qualcuno li taglia. Nelle cose umane invece: piu' si cresce (un figlio, un gruppo, un'impresa), piu' compaiono variabili, relazioni, conseguenze, responsabilita'. Il terzo motivo riguarda ancora il tempo, nel senso delle fasi: qualsiasi accrescimento ha i suoi passaggi cruciali che vanno rispettati, altrimenti ne conseguono effetti imprevedibili, non solo nel sistema, ma anche nelle sue relazioni con altri sistemi. Se gli effetti sono gia' noti, grazie a osservazioni naturali o specifici esperimenti, non va dimenticato che qualora fosse sospeso l'intervento di conduzione o di forzatura della crescita, il ritmo naturale - "il selvatico" - riprenderebbe il sopravvento. Evento del resto sempre presente a ogni nuova nascita. Il quarto motivo osserva la quantita' delle crescite in contemporanea. E' ovvio che un'anomalia sola o poche disfunzioni possono essere gestite, mentre una crescita diffusa - tutto che si espande, si dilata e si complica - diventa ingovernabile e finisce per autodeterminarsi. Qualsiasi sistema che si reitera senza piu' freni va a degenerare nel caos, cioe' si autodistrugge rispetto all'ordine precedente. Quello che ne deriva poi, incluso un nuovo ordine, e' tutto da valutare. Potrebbe anche essere migliore. Oggi, almeno a parole, non e' questa la meta che si prefiggono i governanti della terra. Tuttavia, tanta e' la paura di doverci pensare e provvedere, che spesso si accusa di catastrofismo chi semplicemente segnala un possibile rischio. Il quinto motivo considera i livelli di liberta' all'interno del sistema: gli esseri umani mostrano fin dall'antichita' una forte tendenza alla liberta'. Tant'e' che la schiavitu' e' considerata tra i peggiori dei mali e l'eroe liberatore e' una delle figure piu' presenti nei miti, delle fiabe, nella storia dell'umanita'. Che si tratti dei servi della gleba, dei popolani, dei contadini, degli operai, degli schiavi, dei poveri del mondo, dei cittadini delle metropoli, essere intrappolati e sfruttati in una organizzazione di vita calata dall'alto e in continua espansione a beneficio esclusivo di pochi, produce reazioni violente: le rivoluzioni. Il sesto motivo si collega idealmente ai due precedenti e vede la crescita in rapporto alla capacita' di tolleranza del suo peso. Il fenomeno naturale e' piuttosto ovvio: un ramo troppo carico di frutti, sia pure meravigliosi, finisce comunque per spezzarsi e perde la sua funzionalita'. L'essere umano potrebbe scegliere di fermarsi nella sua corsa verso il troppo, ma invece un senso di sfida permanente verso i propri limiti sembra impossessarsi della sua intelligenza. Il fascino dell'eccesso prevale sulla moderazione, naturale alleata dell'istinto di sopravvivenza. Qualcosa o qualcuno ha prodotto x? Bene, allora perche' non provare a tirargli fuori anche y e z? Se io ce l'ho fatta finora perche' non continuare per ottenere di piu' o di meglio? E cosi' pensando si arriva al crollo, al baratro, al limite estremo, che c'e' sempre. Il settimo: come un'onda, l'idea stessa di crescita ed espansione si e' manifestata periodicamente nella nostra cultura occidentale, raggiungendo apici di rottura che hanno frammentato il sistema in unita' minori ñ un modo per decrescere. Dai grandi imperi ai piccoli comuni e viceversa. Come mai non si riesce a trovare un punto di relativo equilibrio, con oscillazioni meno violente e distruttive? Questa e' una domanda di carattere culturale e psicologico, di "storia delle idee", su come l'essere umano pensa e di conseguenza organizza la propria vita in relazione al suo ambiente di sopravvivenza. Una domanda sui valori. Oggi le coscienze - e gli inconsci - delle persone sono pervase da un senso pessimistico e depressivo riguardo al futuro. Oppure di smarrimento ansioso. Giungo cosi' agli ultimi tre punti, che dedico a questo stato d'animo diffuso. L'ottavo: crescita, descrescita e depressione. Qualcuno potrebbe ipotizzare - forse per quel prefisso "de-" che li accomuna? - che descrescita e depressione abbiano qualcosa in comune. Invece troviamo nelle statistiche epidemiologiche, che la depressione prolifera proprio nelle societa' cresciute economicamente, anzi molto avanzate, dove viene curata soprattutto farmacologicamente. Cinicamente possiamo aggiungere che il sistema ha pensato anche ai propri effetti collaterali, ottimizzando la depressione con un ricavo sul piano economico. E poi, per quanto depressi, ansiosi, bulimici, fobici, tossicodipendenti e altro, i suoi abitanti sono almeno sufficientemente alimentati. Anzi sovralimentati. Ben vestiti e protetti in abitazioni confortevoli, automuniti, tecnologicamente armati per affrontare una comunicazione globale. Ma non per sentirsi felici a casa propria. Non soffrono piu' di depressione da "carenza concreta" - detta altrimenti "poverta'" - ma soffrono per la depressione morale, per la deprivazione di valori immateriali, soffocati da quelli materiali. Un pasticcio ridicolo, se non fosse drammatico. La crescita, quando e' caotica, condizionata dall'alto, incurante del tempo e dello spazio, finalizzata agli interessi di pochi, diventa tossica e non produce ne' serenita' ne' senso reale di sicurezza. Figuramoci la felicita'. Eppure, sarebbe bastato cosi' poco per non arrivare a questo punto. Sarebbe bastata un po' di vera cultura, della conoscenza che ci hanno tramandato nei secoli tanti uomini e tante donne capaci di riflettere sulla vita e sulle vicende umane. A questa sorta di filosofia e psicologia perenne hanno attinto di recente anche alcuni politici ed economisti, ormai a corto di altre fonti per uscire dalla crisi in atto e incombente. Ma i risultati non si apprezzano ancora. Che abbiano frainteso qualcosa o che pensino di cavarsela a buon mercato? Il nono: la depressione e' una reazione sana e naturale a eventi dolorosi e in tal caso sarebbe patologico non manifestarla, almeno per un periodo. E' anche una reazione naturale quando le condizioni esterne impediscono la realizzazione di progetti vitali oppure quando non si riesce a dare un qualche senso alla propria vita. Un ambiente inadeguato fa quindi male anche a chi sta bene. Inoltre, la mancanza di valori interiori o di valori umani condivisi puo' aumentare il disagio esistenziale. Va infine agiunto che il sommerso della depressione che non approda a nessuna cura e' a tutt'oggi enorme e non quantificabile. Tutte queste condizioni sono abbbondantemente rappresentate nella nostra attuale societa' e nessuna ha realmente a che fare con la concreta poverta'. Eccetto le istigazioni onnipotenti a diventare ricchi e famosi senza sforzo, alimentate dai media e dalla criminalita'. In tal caso la depressione per il mancato successo e' secondaria a un'aspettativa irreale. Da non dimenticare alcune curiose depressioni dopo clamorosi successi, interventi chirurgici di abbellimento, vincite alle lotterie. Il decimo: le "pratiche del meno e del piccolo". Se entrare nel lato oscuro della crescita ci facesse desiderare una maggiore semplificazione e sobrieta' nelle nostre vite, se ci permettesse di valutare qualche perdita in senso anche liberatorio e di riconquistare tempo e spazio vitali, allora forse l'idea della decrescita starebbe illuminando nuovi possibili atteggiamenti in noi e nuovi potenziali stili di vita. Piu' attenti al dettaglio, piu' devoti alla cura, piu' essenziali, piu' consapevoli del valore e della qualita' di cio' che sentiamo, pensiamo e facciamo. Meno ossessionati dalla quantita' e dalla visibilita' esterna. Meno apparire e piu' essere, insomma. * Non so quanto possa servire alla descrescita, anche all'interno di una riflessione critica sulla societa' contemporanea, chi ancora snobba o ironizza su questa pratica quotidiana del piccolo, dell'adesso, di quanto e' possibile fare da soli, in piccoli gruppi. per ritrovarsi e collegarsi poi a un flusso piu' grande. Continuare a credere che parlare delle idee basti a materializzarle o che le differenze siano soprattutto nelle parole e' un residuale gioco dell'apparire, vuoto di sostanza, esattamente l'opposto di cio' che la decrescita dichiara di volere. Le differenze si devono toccare con mano, devono presentarsi come modelli reali e possibili. Infatti, qualunque sia il livello in cui si opera per lavoro o per impegno volontario, nulla puo' esentarci dall'assunzione di responsabilita' verso l'ambiente circostante, umano e naturale, l'unico che, momento per momento, ci e' dato di prima mano. Non e' onesto definirsi ambientalisti e dichiarare di amare la natura se poi si fanno seccare i vasetti con le piante sul proprio balcone. Non si possono lasciare soli i propri figli per ore e senza mediazioni davanti alla tv, perche' nel frattempo si sta a tenere lezioni e conferenze sui danni della tv. Non si possono sbandierare i problemi del consumismo continuando imperterriti ad acquistare di tutto, lasciandosi imbonire dalla pubblicita' e dalle rassicuranti seduzioni del lusso e del superfluo. E cosi' via. Ovvero si puo', certo che si puo', visto che - ecco una grande menzogna collettiva - cosi' fanno tutti, a qualsiasi partito politico appartengano. Chi non si omologa si vede, si distingue: di solito e' chi viene guardato con sospetto, negativamente stigmatizzato o ignorato da entrambe le grandi fazioni, destra e sinistra, unanimi, unite ancora nel grande mito del progresso illimitato, del successo mediatico, del salotto buono, della maschera "felice" e "ottimista", con dietro i volti inquietanti dei giovani sofferenti, delle donne rifatte fuori e annientate dentro, degli anziani ben curati negli ospizi di lusso o dalle badanti straniere. Perche' non si puo', non c'e' tempo per aver cura di chi amiamo, mentre andiamo a occuparci del futuro del mondo, dell'economia che ci fara' sopravvivere, o addirittura dei diritti umani... Ci sara' abbastanza coraggio in giro, in chi ha visto il lato oscuro della crescita e guarda alla decrescita con simpatia, per non sobbalzare leggendo questo testo antico, cosi' paradossalmente attuale? "Lascia che esistano piccoli paesi con pochi abitanti. Lascia che essi non usino macchine complicate. Lascia che pensino alla morte in modo che non si allontanino troppo dal luogo natale. Se ci sono barche e carri, fai in modo che non ci sia motivo per prenderli. Se ci sono armi, fai in modo che non ci siano occasioni per utilizzarle. Fai in modo che le responsabilita' degli abitanti siano cosi' poche che essi possano ricordarsene annodando una cordicella. Lascia che si godano il cibo. che siano contenti delle vesti, che siano soddisfatti delle case, che traggano piacere dalla loro abitudini. Anche se il paese confinante fosse cosi' vicino da udire l'abbaiare dei cani e il canto dei galli, fai in modo che il popolo invecchi e muoia senza sentire il bisogno di visitarlo". (Lao tzu) * Nota bibliografica Un altro contributo di Elena Liotta sulla Decrescita e' apparso in "Aprile", gennaio 2006, con il titolo "Abituati ad avere troppo. Una quotidiana infelicita'". Altri riferimenti sono contenuti in: Su anima e terra, Edizioni Magi, Roma 2005; La maschera trasparente. Apparire o essere?, La Piccola Editrice, Celleno (VT) 2006; A modo mio, Donne tra creativita' e potere, Edizioni Magi, Roma 2007. La Decrescita e' un movimento culturale iniziato da qualche anno anche in Italia, nato nel campo dell'economia e poi allargato anche ad altre discipline e collegato a pratiche sperimentali che si propongono di trasformare gli stili di vita consumisti nelle societa' avanzate (risparmio energetico, sobrieta', convivialita' e altro), ispirato alle idee di Serge Latouche e della "Decroissance" francese. Si veda il sito www.decrescita.it che contiene altra bibliografia. Alcuni testi importanti: Serge Latouche, La scommessa della decrescita, Feltrinelli, Milano 2006; Decolonizzare l'immaginario. Il pensiero creativo contro l'economia dell'assurdo, Emi, Bologna 2004; Come sopravvivere allo sviluppo, Bollati Boringhieri, Torino 2005. Si veda inoltre l'inserto periodicamente dedicato in "Aprile", mensile diretto da M. Serafini (www.aprile.org), e anche nel settimanale "Carta", diretto da Pierluigi Sullo, che ha pagine di aggiornamento sulle pratiche e le esperienze della decrescita (www.carta.org). Contributi di altri autori: Davide Biolghini, Il popolo dell'economia solidale. Alla ricerca di un'altra economia, Emi, Bologna 2007. Mauro Bonaiuti (a cura di), Obiettivo decrescita, Emi, Bologna 2005. Marcello Cini, Il supermarket di Prometeo, Codice Edizioni, Torino 2006. Enrico Euli, Casca il mondo! Giocare con la catastrofe. Una nuova pedagogia del cambiamento, 2007; N. Georgescu-Roegen Nicholas, Bioeconomia, Bollati Boringhieri, Torino 2003. J. Hillman, Forme del potere, Garzanti, Milano 1996. Ivan Illich (1973), La convivialita'. Una proposta libertaria per una politica dei limiti dello sviluppo, Boroli editore, 2005. M. Pallante, La Decrescita felice, Editori Riuniti, Roma 2005. E. F. Schumacher (1973), Piccolo e' bello. Uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa, Mondadori, Milano. Vandana Shiva, Il bene comune della terra, Feltrinelli, Milano 2006. L. Zoja, Storia dellíarroganza. Psicologia e limiti dello sviluppo, Moretti & Vitali, Bergamo 2003; Libri dedicate anche alle pratiche: M. Boschini, Comuni virtuosi. Nuovi stili di vita nella pubblica amministrazione, Emi, Bologna 2005; In comune. Esperienze concrete, semplici ed efficaci, EmiI, Bologna 2007. Marinella Correggia, La rivoluzione dei dettagli. Manuale di ecoazioni individuali e collettive, Feltrinelli, Milano 2007. Collettivo Matuta, E dunque che fare? Cambia il tuo stile di vita e salverai il pianeta, Edizioni Paoline, Torino 2006. L. Hickman (2005), La vita ridotta all'osso. Un anno senza sprechi: le disavventure di un consumatore coscienzioso, Ponte alle Grazie, Milano 2007. G. Moretti (a cura di), Per la Terra. La Terra non appartiene all'uomo, l'uomo appartiene alla Terra, Fz Cornati, Murazzano (Cn) Ellin Selae, 2007. M. Batchelor - K. Brown (1992), Ecologia buddhista, Neri Pozza, Vicenza 2000. 5. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE ALL'AEROPORTO DI VITERBO Per informazioni e contatti: Comitato contro l'aeroporto di Viterbo e per la riduzione del trasporto aereo: e-mail: info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it =================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 58 del primo dicembre 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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