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Minime. 233
- Subject: Minime. 233
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 5 Oct 2007 01:37:21 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 233 del 5 ottobre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Un incontro tra il comitato che si oppone all'aeroporto e il presidente della Provincia di Viterbo 2. Peppe Sini: Rubare ed uccidere 3. Diana Napoli intervista Enrico Peyretti 4. Minima e triste una glossa 5. Transnational Foundation: Verso la pace in Iraq e con l'Iraq (parte terza e conclusiva) 6. Mao Valpiana: Appello per la distribuzione di "Azione nonviolenta" alla marcia Perugia-Assisi 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. INIZIATIVE. UN INCONTRO TRA IL COMITATO CHE SI OPPONE ALL'AEROPORTO E IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI VITERBO Si e' svolto il 4 ottobre 2007 un incontro tra una delegazione del Comitato che si oppone all'aeroporto e il Presidente dell'Amministrazione Provinciale di Viterbo. L'incontro ha avuto luogo presso la Presidenza della Provincia, a Palazzo Gentili, ed e' stato franco e cordiale. La delegazione del Comitato (composta dalla portavoce Antonella Litta e da Osvaldo Ercoli, Alessandro Pizzi, Peppe Sini) ha illustrato al Presidente della Provincia Alessandro Mazzoli le ineludibili ragioni dell'opposizione alla realizzazione a Viterbo di un nocivo e distruttivo mega-aeroporto per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma. In particolare evidenziando: a) il danno enorme per la salute dei cittadini provocato dall'inquinamento dell'aria e da quello acustico; b) la devastazione dell'area termale di Viterbo, che danneggerebbe rilevanti beni ambientali, storico-culturali, sanitari, sociali ed economici; c) il danno economico per i cittadini e gli operatori viterbesi che nella realta' l'aeroporto implichera'; d) la mancanza della Valutazione d'impatto ambientale, obbligatoria per legge; Valutazione d'impatto ambientale che se correttamente effettuata come la legge prevede rende impossibile la realizzazione dell'opera; e) l'assoluta urgente necessita' di ridurre e non incrementare il trasporto aereo alla luce del surriscaldamento del clima; f) alcuni inquietanti profili affaristici della vicenda; e la necessita' di cessare di sperperare fondi pubblici a vantaggio delle compagnie aeree (ed in particolare di imprese discusse come certe compagnie di voli low cost). E' scandaloso che ingenti risorse pubbliche vengano sperperate a vantaggio di chi provoca gravi danni alla salute della popolazione e devasta i beni del territorio. Il Presidente della Provincia, confermando le posizioni gia' espresse ed insieme dichiarando un atteggiamento di apertura alle posizioni e alle segnalazioni altrui, ha preso atto di quanto illustrato e dichiarato apprezzamento per l'iniziativa del Comitato. Nelle prossime settimane il Comitato incontrera' a Roma i piu' importanti soggetti istituzionali coinvolti nel processo decisionale sulla vicenda del terzo polo aeroportuale del Lazio, e presentera' ad essi la rilevante ed inconfutabile documentazione che dimostra come occorra ridurre il trasporto aereo e non incrementarlo, e come ad una rigorosa analisi scientifica, in punto di diritto, ed applicando i criteri di una pubblica amministrazione rigorosa e di una limpida etica pubblica, la realizzazione della nociva e devastante opera a Viterbo sia del tutto inammissibile. 2. EDITORIALE. PEPPE SINI: RUBARE ED UCCIDERE Trovo alquanto sorprendente che ci si indigni tanto (del tutto giustamente, certo) perche' i governanti rubano, e non preoccupi nessuno che uccidano. Trovo che sia un triste e tristo segno dei tempi lo scandalo per le prebende e il silenzio sulla guerra. * Avviene un delitto in Italia: si invoca Dracone, Torquemada e Wyatt Earp. Sterminiamo il popolo afgano, e si sbadiglia. 3. RIFLESSIONE. DIANA NAPOLI INTERVISTA ENRICO PEYRETTI [Ringraziamo Diana Napoli e Adriano Moratto per questa intervista. Diana Napoli, laureata in storia presso l'Universita' degli studi di Milano, e' attualmente volontaria presso il Centro per la nonviolenza di Brescia. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68] - Diana Napoli: Come sei arrivato al Movimento Nonviolento? - Enrico Peyretti: Mah, non riuscirei ad indicare con precisione una data. Non mi ricordo. E' stato comunque attraverso il gruppo (all'inizio era un gruppuscolo, poche persone) di Torino: Nanni Salio, Beppe Marasso, Piercarlo Racca... ho conosciuto loro e cosi', via via... ora non riesco piu' a datare. Dev'essere stato prima del '72 pero', perche' mi ricordo qualche piccola manifestazione per strada per gli obiettori di coscienza non ancora riconosciuti. Io allora ero insegnante, avevo simpatizzato anche per il movimento degli studenti nel '68. Tuttavia, ci sono delle origini piu' lontane, addirittura infantili; si tratta di un episodio che ho piu' volte scritto e raccontato, un episodio di guerra vissuto all'eta' di nove anni, avvenuto nel paese dov'ero, in Lunigiana. Il paese non aveva avuto gravissimi fatti di guerra, nel senso che era un paese "protetto" perche' c'era un ospedale militare tedesco, nella villa del signore del paese, dunque arrivavano sempre feriti dal fronte, prima solo tedeschi poi dei vari eserciti. Finita la guerra sono scesi i partigiani dai monti e hanno catturato tre tedeschi che avevano perso il contatto coi loro reparti in ritirata, fucilandoli in piazza senza motivo, perche' la guerra era finita, per puro strascico della violenza che la guerra si era portata appresso, la facilita' a uccidere e a considerare il nemico solo nemico. Il parroco del paese si oppose ma non lo ascoltarono. Io ero bambino e vidi passare prima i tre soldati con le loro gambe, mentre si capiva che andavano alla fucilazione, e poi li rividi tornare su un carretto trainato da un asino come dei sacchi sanguinanti. Quell'immagine mi e' rimasta dentro; poi l'effetto e' venuto a distanza, nel corso del tempo, ma mi ha dato una sensibilita' particolare, il senso di quella scena era dentro di me: questo non si deve fare. Erano tedeschi, avevano occupato l'Italia, avevano compiuto stragi, anche non distanti da questo posto in Lunigiana, la strage piu' conosciuta e' quella compiuta a S. Anna di Stazzema in Versilia, un po' piu' in giu'. Ma non dovevano essere fucilati. Questo per dire le origini lontane, in me, della nonviolenza. Aggiungo una cosa rispetto agli anni '60 che mi viene in mente ora. In quegli anni mi aveva molto colpito anche la vicenda di Martin Luther King, anche quella e' stata una sensibilizzazione forte. Mi ricordo anche la morte di Che Guevara. Lui non era un nonviolento, ma si poneva il problema: fare come Che Guevara? o fare come Martin Luther King. * - Diana Napoli: Quali sono stati gli autori e le letture che piu' ti hanno colpito? - Enrico Peyretti: Come letture credo anzitutto Gandhi, poi anche Capitini, Pontara, Sharp (i tre volumi di Sharp, Politica dell'azione nonviolenta). Mi ricordo poi che dall'inizio degli anni '80 ho seguito un seminario di Bobbio, "Etica e politica", che toccava tanti argomenti, per una ventina d'anni. Bobbio non era un nonviolento, pero' era sensibile, attento; nel suo pessimismo negava le possibilita' reali della nonviolenza, pero' non era contrario e vedeva nei nonviolenti, nella cultura nonviolenta, un valore importante per la formazione delle persone, e quindi con effetti lunghi, piu' che la possibilita' di un'efficacia immediata. Ci sono poi, oggi, anche delle raccolte che, come dire, "tirano un po' le somme": Pietro Pinna ha fatto una storia delle sua esperienza, poi c'e' un libro, Periferie della memoria, curato da Sergio Albesano, che raccoglie delle figure, non necessariamente iscritti al Movimento Nonviolento, figure italiane e tutte persone gia' morte, medaglioni, personaggi, storie finite, chiuse... pero', in effetti, e' una storia (e una teoria), quella della nonviolenza in Italia, non raccolta. * - Diana Napoli: Cosa vedevi concretamente nella nonviolenza quando avevi vent'anni? - Enrico Peyretti: Intanto il merito di non aggiungere male e violenza al mondo; poi, progressivamente, mi sono reso conto anche che e' un metodo di lotta, con la sua efficacia possibile. Questo prima di tutto lo vedo in Gandhi; qualcuno scrive che Gandhi aveva avuto a che fare con gli inglesi e che dunque era semplice applicare i metodi nonviolenti in India, ma questo e' falso, perche' era un impero duro. Poi in Martin Luther King, che ha mostrato come anche di fronte a fatti di dura violenza e' possibile opporre una forza umana. Naturalmente c'e' bisogno anche di un peso umano, di una diffusione e partecipazione relativamente di massa perche' abbia un effetto storico. * - Diana Napoli: L'obiezione di coscienza era un modo per dare concretezza, per ogni singola persona, alle questioni appena sollevate. Oggi qual e' il modo? - Enrico Peyretti: Oggi l'obiezione di coscienza e' stata frustrata e castrata con l'esercito volontario. A questo proposito aggiungo un'altra fonte che mi viene in mente: don Milani. Umanamente non mi ha mai fatto molta simpatia perche' era un personaggio un po' autoritario, pero' nelle cose dette e scritte, nella sua ricostruzione della storia d'Italia, estremamente semplice ma dirompente, con tutte le guerre non di difesa... In quel momento era un rovesciamento mentale che interessava, affascinava, cosi' come la sua difesa degli obiettori di coscienza dall'accusa di vilta'... queste cose ci toccavano molto. Comunque oggi, al di la' dell'obiezione di coscienza, ce n'e', ce n'e' eccome per concretizzare la nonviolenza! Il Movimento Nonviolento non diventa di massa ma si approfondisce. Con il 1989 avevamo pensato che finalmente fosse arrivato il momento di far valere nel mondo la carta dell'Onu e invece e' sopravvenuta subito la delusione con la guerra a Saddam. Gli Usa volevano farsi regola del mondo, cogliendo l'occasione di una vera violazione del diritto internazionale compiuta da Saddam nel '90 occupando il Kuwait; non come la seconda guerra, l'ultima, nel 2003, montata su una falsita' pura e semplice. La prima volta c'era un motivo: ma l'unico modo era quello di fare una guerra come e' stata fatta? Poi abbiamo vissuto gli anni Novanta, che Gorbaciov ha chiamato gli anni perduti, e poi la vendetta come risposta all'11 settembre del 2001; Bush ha colto l'occasione, qualcuno pensa anche di scoprire che ha lasciato fare, voluto... ma senza dubbio ha colto l'occasione perche' i piani di una guerra all'Afghanistan erano gia' preparati prima (ci sono sintomi e documenti che fanno capire questo) rispondendo all'attentato con una guerra di vendetta che e' ripetizione e conferma della violenza del terrorismo. Quindi adesso il mondo e' stretto e schiacciato tra vendetta e violenza. Lo stesso terrorismo islamista si puo' vedere come una vendetta rispetto al lungo dominio dell'occidente euroatlantico, al colonialismo imposto allo stesso islam. L'Islam era una grande civilta', con una propria decadenza interna, ma che e' stata umiliata dall'occidente conquistatore. Quindi una vendetta islamista e una vendetta di nuovo da parte dell'occidente. Oggi il mondo e' sotto questo peso tremendo. * - Diana Napoli: Io credo che pero' molta gente non percepisca questa minaccia, non nella quotidianita', e soprattutto la mia generazione fa molta fatica, a volte, ad immaginare i contorni di un mondo diverso. - Enrico Peyretti: Questa puÚ essere una sensazione... * - Diana Napoli: Scusa se interrompo, ma se la nonviolenza non riesce a incidere in questo, non riesce a offrire un prospettiva diversa, a cosa serve? - Enrico Peyretti: Non so se riesco a rispondere, ma provo ad avvicinarmi. Intanto quando si nasce in una situazione quella sembra naturale, sembra l'unica reale, quindi capisco che i giovani abbiano una percezione della pericolosita' della minaccia di questi anni di violenza e di guerra, minore di chi ha vissuto il periodo delle minacce atomiche e della guerra fredda, poi il momento di speranza... capisco questo. Poi c'e' anche il fatto che ci si abitua a tutto. D'inverno ci si abitua al freddo, d'estate ci si abitua al caldo. L'uomo e' un essere che si adatta... guarda la gente che cammina per strada, che fa la spesa, per i negozi, sul corso, mica pensa continuamente alla guerra e alla pace... Pero' io non credo affatto che la nonviolenza non abbia nulla da dire o che dica meno di altre teorie, anzi. Io ho la sensazione che la nonviolenza sia passata, in questi decenni, da un antimilitarismo a una cultura nonviolenta. Per esempio, la famosa articolazione di Galtung, la violenza diretta (fisica, bellica...), la violenza strutturale (economica, giuridica...) e la violenza culturale (nelle idee, nelle ideologie, nelle tradizioni mentali...), rende la nonviolenza molto superiore al pacifismo, perche' il pacifismo dice "voglio la pace e non la guerra", si oppone alla piu' vistosa e ripugnante delle violenze, quella piu' facile da vedere, la violenza diretta, fisica, l'aggressione per strada, lo stupro, l'omicidio e la guerra. Il pacifismo si oppone alla guerra ma vede meno le altre forme di violenza, che sono le cause della guerra, perche' le guerre si fanno per difendere una struttura ingiusta di dominio, si fanno perche' si ha la cultura, la mentalita', che le cose si risolvano con la forza, con le armi, ma il pacifismo non analizza e non aggredisce questi altri livelli. Io sono stato in Germania una decina d'anni fa, nel '98, a un convegno a Osnbruck, e sono rimasto colpito perche' era un convegno sulla pace ma c'era quasi solo un forte antimilitarismo; potevo anche capirlo, per la storia della Germania in questi anni, in mezzo tra oriente e occidente, minacciata tra i missili, pero' ho trovato che rispetto a quello che cercavamo di dire noi, elaborare noi, diffondere noi, in quel posto si era rimasti un po' troppo indietro. Non basta condannare gli eserciti e i militari. A parte che bisogna possibilmente dialogare anche con loro, il che non e' affatto facile, ma appunto, non basta opporsi alla guerra, bisogna opporsi alle radici della guerra e alle giustificazioni della guerra. * - Diana Napoli: E sulla nonviolenza in rapporto alla politica oggi, cosa diresti? - Enrico Peyretti: Credo, e ho gia' scritto qualche intervento al proposito, che dovremmo cercare di fare una federazione politica nonviolenta; non fondere, ma mettere iniziare una stretta collaborazione: il Movimento Nonviolento, il Mir, Pax Christi, Lilliput... Ognuno dovrebbe mantenere la propria fisionomia, pero' bisognerebbe proprio trovare il modo e le forze per una qualche incidenza politica in Italia. Nella classe politica, generalmente, da destra a sinistra, c'e' nel migliore dei casi, quando c'e', l'idea di una pace negativa; cioe': io non faccio la guerra per primo, pero' se mi attaccano quale altro modo c'e'? Quindi una rassegnazione al fatto che l'ultima parola nel conflitto duro sia da riservare alla guerra. Non hanno i politici l'idea invece di una preparazione che dev'essere remota, ampia anche nei modi di difendersi, di affrontare i conflitti, modi non bellici: modi di resistenza popolare, di unione delle forze. Ce l'ha Lidia Menapace, pochi altri. Ma coloro che per esempio hanno votato contro, hanno messo in pericolo il governo... non si fiuta in loro un pensiero nonviolento. * - Diana Napoli: Un gesto da anima bella? Per salvarsi solo la coscienza? - Enrico Peyretti: Avessero fatto una proposta positiva, almeno! Io ho difeso il governo in quell'occasione. La nonviolenza deve costituire il piu' possibile le forze, l'unita', il numero sufficiente per incidere un po' di piu' nella politica. Ma bisogna rendersi conto che la nonviolenza in politica non e' l'affermazione della verita' ideale. La politica e' camminare terra terra, e la terra delle volte e' fango ed e' necessario allora mettere i piedi il meglio possibile. * - Diana Napoli: Siamo nel 2007, ma pare il discorso di Socrate e Platone. - Enrico Peyretti: Esatto. Mi ricordo che in occasione del referendum sull'aborto, io, cattolico, avevo detto: bisogna mantenere questa legge. Facevo questo ragionamento: in una societa' c'e' il duello; uno offende l'altro, ci si sfida, duello libero, il piu' svelto spara e ammazza l'altro. Allora, mettere una regola, come si vede nei film del far west, fare dieci passi, fare in questo modo ecc. mettere una regola al duello e' gia' meglio del duello senza regole. Ci si ammazza ugualmente, certo, ma una cosa e' ammazzare di pura sveltezza, destrezza, e altra cosa e' avere almeno un limite. E' una cosa triste, lo so, pero' la storia umana va raso terra, non vola al traguardo. Allora, se si vuole che la nonviolenza diventi un po' politica, bisogna trovare i numeri, i mezzi, la voce, le incidenze e anche accettare che la politica non e' la verita', non e' il bene, non e' l'ideale. Bisogna accettare cio', non e' facile accettare queste due cose. Ho trovato da qualche parte, non mi ricordo dove, una definizione che mi e' rimasta impressa, l'ho scritta una volta anche su "Azione nonviolenta". La politica e': avere degli obiettivi, dei fini (quelli che si possono chiamare ideali diversi semplicemente dal far soldi o avere potere, ma qualche cosa che merita d'essere cercato e verso cui andare), dei programmi (delle idee pratiche: come si va verso questi ideali? Andiamo verso la pace: e come ci andiamo?) e infine avere i numeri perche' se si propongono le cose piu' belle del mondo ma da soli... nella democrazia c'e' anche la legge del numero, che puo' fare male e puo' fare bene. I tedeschi hanno votato Hitler. La democrazia si puo' suicidare. Ma c'e' qualcosa di meglio? E' anche un sistema che si puo' autocorreggere, non lo so, come le ginocchia dei bambini, che si sbucciano e si riparano automaticamente da sole. Comunque bisogna accettare queste tre cose: avere degli ideali, avere dei programmi, aver dei numeri, e quindi diffondere, convincere, sapersi spiegare, sapere proporre. Se restiamo cosi', in pochi, bisogna essere fedeli, costanti, bisogna approfondire, ma e' un lavoro che si fa per il futuro. * - Diana Napoli: Se i vari movimenti ispirati a un ordine nonviolento si federassero si avrebbero allora numeri, fini e programmi? - Enrico Peyretti: Sarebbe sicuro qualcosina di piu': intanto riuscirebbero a presentare e a far vedere che non sono due devoti di Capitini, ma che ci sono, insieme, laici, cattolici, umanisti. Che esistono realta' diverse sensibili non a un pacifismo generico, ma proprio alla nonviolenza e quindi alla ricerca dei mezzi nonviolenti, nonviolenza attiva. La nonviolenza negativa e' dire "io non sputo addosso alla gente, non offendo", mentre quella positiva cerca la pace coi mezzi della pace, la giustizia coi mezzi della giustizia. * - Diana Napoli: Sei pessimista o ottimista, per il futuro della nonviolenza? - Enrico Peyretti: Oggi (dipende anche poi dalle giornate) non sono pessimista. Spero di non sbagliare dicendo che la nonviolenza sta camminando. Faccio un esempio, Nanni Salio lo ricorda spesso. L'ecologia negli anni '70 non esisteva. Le prime liste verdi ci sono state negli anni '80. Oggi invece, solo per dire un'inezia, le pubblicita' delle benzine che inquinano dicono che non inquinano: e' che oggi e' diventato una specie di politically correct, il non dover inquinare, che tutto e' verde, che tutto salva la natura, le borse di plastica salvano la natura! Ovviamente capita anche che tali questioni ricadano nel convenzionale, pero' vuol dire che un po' e' penetrata e si e' diffusa nella societa' l'idea che bisogna preservare la natura, anche se poi non sempre si fa in pratica. E cosi' per la nonviolenza, piu' in generale. Oggi, salvo pochi, tutti dicono che tutte le manifestazioni sono nonviolente; magari intendono nonviolenza in un modo solamente negativo: io non comincio a spaccare le vetrine, non picchio il poliziotto e sono nonviolento... pero' sta entrando nel linguaggio e nelle pratiche l'idea di non far violenza. Non so se sbaglio, ma e' questa la mia sensazione. Sull'ottimismo e il pessimismo direi anche un'altra cosa, direi oggi: pessimismo della constatazione, pessimismo nel constatare le cose come sono; ottimismo della nuda speranza e poi azione real-utopica (utopistico e' la fuga nel sogno, utopico e' quel passo avanti che non c'e' ancora, ma e' possibile. Mi pare che Bloch parli di utopia concreta...) o utopico-realistica: quello che dicevamo prima della politica. Tenere conto della dura realta', bassa, raso terra, non volare, perchÈ non si puo' volare, anche se si vuole. Realismo e utopia concreta: azione real-utopica. Ognuno puo' crearsi le formule che vuole. * - Diana Napoli: Il ricordo piu' bello? - Enrico Peyretti: Non mi viene una risposta immediata. Non e' tanto una risposta puntuale, un momento, un giorno, un evento, una figura, ma e' una cosa piu' continua, di sottofondo, la sensazione, in mezzo a tutte le fatiche, le incertezze, gli sbagli, le nebbiosita', la sensazione di fare una cosa seria, di fare una cosa buona, di impiegare bene la vita. Poi faccio sbagli, manco, non sempre nella vita quotidiana in tutti i rapporti riesco a realizzare il non urtare, il comprendere l'altro, pero' nonostante cio', nonostante i limiti, la sensazione di qualcosa che merita, che da' senso alla vita. E se non sbaglio e' anche piu' importante che ricordare un episodio, un momento, perche' sono belli i giorni brillanti ma trovare qualcosa che continua anche nei giorni grigi, che sta sotto tutto, forse e' ancora piu' importante. * - Diana Napoli: C'e' qualche altra cosa che vorresti dire? - Enrico Peyretti: Un episodio che mi piace molto. Quando ho raccontato prima di quei tedeschi fucilati, aprile '45, ebbene, c'era un quarto soldato tedesco li', in paese, non era nella piazza, non era con gli altri tre, era semiprigioniero nel Comune. Io avevo nove anni e ho sentito dire: "Oh, c'e' un quarto tedesco bravo che non e' stato fucilato". Non ci ho piu' pensato, ma cinquanta anni dopo (perche' la vita quando diventa lunga si misura a decenni) sono tornato, e nel '95 mi e' ritornato in mente: chi sara' mai stato quel soldato, ci sara' ancora? Allora ho parlato con una giornalista locale che lo ha rintracciato facilmente perche' quest'uomo si era fermato in Italia, si era sposato rimanendo qui dieci anni. Questo tedesco, non solo si e' salvato quel giorno, ma, durante l'occupazione tedesca aveva protetto la popolazione locale; era responsabile di una polveriera, vicino ad Aulla, sempre in Lunigiana, e aveva molto aiutato la popolazione: quando sequestrav ano animali li faceva restituire, una volta a un uomo trovarono un fucile da caccia nascosto sotto la paglia nella stalla e questo era molto grave, poteva esserci la fucilazione; lui riusci' a farsi consegnare l'uomo a lavorare nella polveriera, ma poi lo fece fuggire coi partigiani... cose di questo genere. Adesso lui ha 93 anni, siamo diventati amici. Il sindaco di Aulla lo ha invitato nel cinquantenario della Liberazione e io ho visto in questo paese come i vecchi (i giovani ne avevano sentito parlare) lo accoglievano, lo festeggiavano, lo abbracciavano, le donne lo fermavano per salutarlo... commovente. Ho scritto piu' volte di questa figura, Joseph Schiffer, sono andato a trovarlo tre volte in Germania, e' un tipo spassosissimo, parla bene italiano, mi telefona spesso, mi manda i ritagli dei giornali tedeschi su Berlusconi. Eí stato nominato anche da Scalfaro commendatore negli ultimi giorni della sua presidenza e anche in Germania gli hanno dato un riconoscimento. L'esperienza di quest'uomo mi dimostra che le cose sono sempre miste. Insieme al male c'e' il bene e bisogna valorizzare la pace dentro la guerra. La pace prima della guerra e' la migliore che ci sia. La pace dopo la guerra non e' pace perche' e' il vincitore che impone la sua volonta' al vinto: e' un atto di guerra; le paci che si studiano nella storia sono atti di guerra. E la pace dentro la guerra e' la piu' interessante, la piu' difficile: scoprire nella guerra episodi di pace che non solo riducono la violenza ma la evitano e preparano il momento successivo. * - Diana Napoli: E testimoniano anche di un'umanita' che sopravvive nonostante la guerra. - Enrico Peyretti: Esatto. 4. RIFLESSIONE. MINIMA E TRISTE UNA GLOSSA Nel commovente testo che precede, in cui un maestro della cultura della pace, e un amico che molto amiamo, rammemora e riflette e cosi' insegna, un solo luogo ci rattrista e molto: laddove ricorda di aver difeso il governo quando il governo decideva, nell'estate del 2006, la prosecuzione della partecipazione italiana alla guerra terrorista e stragista in Afghanistan: occorreva - allora, e sempre - difendere le vittime della guerra, non i carnefici. Non opporsi alla guerra e' consentire all'omicidio, alle stragi, allo sterminio. 5. DOCUMENTI. TRANSNATIONAL FOUNDATION: VERSO LA PACE IN IRAQ E CON L'IRAQ (PARTE TERZA E CONCLUSIVA) [Ringraziamo Renato Solmi (per contatti: rsolmi at tin.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione (curata per il Centro studi "Sereno Regis" di Torino) il seguente documento della Transnational Foundation for Peace and Future Research (in sigla: Tff) dal titolo "Verso la pace in Iraq e con l'Iraq. Una proposta costruttiva della Transnational Foundation" approvata il 16 agosto 2007 dal Comitato direttivo della prestigiosa fondazione di peace research diretta da Jan Oberg. Pur non condividendone alcuni assunti ci sembra una utile proposta di riflessione. Jan Oberg (per contatti: oberg at transnational.org), danese, nato nel 1951, illustre cattedratico universitario, e' uno dei piu' importanti peace-researcher a livello internazionale e una figura di riflerimento della nonviolenza in cammino; e' direttore della Transnational Foundation for Peace and Future Research (in sigla: Tff), uno dei punti di riferimento piu' rilevanti del movimento per la pace a livello internazionale, che ha sede a Lund in Svezia. Tra le sue molte opere: Myth About Our Security, To Develop Security and Secure Development, Winning Peace, e il recente Predictable Fiasco. The Conflict with Iraq and Denmark as an Occupying Power. Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale; e' impegnato nel Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta] 9. Organizzare la cooperazione fra un popolo e l'altro ["People-to-people co-operation" significa anche "cooperazione fra una persona e l'altra", che vengono messe direttamente in rapporto fra loro. Che queste persone siano, pero', appartenenti a popoli diversi, che sono stati fra loro in rapporti antagonistici in occasione di una guerra, e' parimenti implicito nell'espressione, che mostra cosi' il suo carattere ambivalente, assai difficile da rendere in italiano (ndt)] e gli scambi al livello della societa' civile I governi soltanto non possono rendere buono cio' che hanno fatto di storto e di sbagliato. E' imperativo, pertanto, che vengano esplorate le possibilita' di cooperazione dirette, interpersonali, fra membri di nazioni e di popoli diversi, e che siano saggiate nuove strade e nuovi modi di rapportarsi. A medici qualificati, educatrici dell'infanzia (nurses), psicologi, assistenti sociali, ingegneri ecc. residenti all'estero, dovrebbe essere quindi offerta la possibilita' di lavorare in Iraq quando il nuovo tipo di missione gestito dall'Onu sia stato messo a punto e si trovi sul posto. Borse di studio debbono essere procurate ai giovani iracheni che hanno perso tanti anni a causa delle sanzioni e della guerra; ma possibilita' analoghe debbono essere fornite anche a studenti occidentali e ad organizzazioni della societa' civile di andare in Iraq a lavorare con gli Iracheni. Dopo la seconda guerra mondiale furono organizzate brigate internazionali di lavoro per aiutare a ricostruire la Jugoslavia. Qualcosa di simile si potrebbe cercare di organizzare per l'Iraq: cio' farebbe si' che del lavoro fosse svolto dove si sente il bisogno di molte mani soccorrevoli - e non ci potrebbe essere un modo piu' convincente di trasmettere il messaggio che il mondo esterno vuole essere in pace con l'Iraq e con la sua gente. Come passo preliminare, prima che il conseguimento di condizioni di sicurezza permetta di agire come abbiamo detto, ci si potrebbe servire di una quantita' di mezzi virtuali per promuovere la comprensione interpersonale che si dovrebbe instaurare fra un popolo e l'altro. You Tube, My Space, Facebook e Internet Tv potrebbero essere oggetto di un uso intensivo e dare luogo a occasioni di apprendimento elettronico - ma fondi appositi debbono essere messi a disposizione di giovani animati da spirito imprenditoriale perche' forniscano spazi professionali a questi scambi interumani e a queste forme di apprendimento reciproco. * 10. Organizzare una conferenza regionale a lungo termine, che lavori in vista di una sistemazione complessiva per tutta la regione, inclusi i suoi due conflitti cruciali: quello fra l'Iraq e l'Occidente e quello fra Palestina e Israele Il Medio Oriente e' gia' una delle regioni piu' militarizzate del mondo. Il piano di 60 miliardi di dollari destinato ad armare un certo numero di paesi accuratamente selezionati contro la pretesa minaccia proveniente dall'Iran, e' basato, ancora una volta, su un fraintendimento completo del modo in cui si possono creare le condizioni della pace e della stabilita'. L'Unione Europea, la Russia e altre parti in causa, compreso il pubblico internazionale che assiste a questo dibattito, dovrebbero esprimere con la massima energia la loro opposizione a questo progetto. L'iniziativa piu' rilevante per la pace che potrebbe essere presa sotto gli auspici dell'Onu sarebbe quella di convocare una conferenza regionale con la partecipazione di governi, di organizzazioni regionali e di organizzazioni della societa' civile insieme - sulla pace, sulla sicurezza e sullo sviluppo economico nel Medio Oriente. Essa dev'essere onnicomprensiva, non deve chiudere la porta a nessuna specie di attore. Sarebbe pluridimensionale e dovrebbe trattare sia dei problemi dello sviluppo che di quelli della sicurezza, della legge e dei diritti umani, come pure dei temi della pace e della riconciliazione, in termini strettamente integrati e correlati fra loro. Essa potrebbe essere modellata sul processo storicamente importante dell'Osce, che si e' sviluppato a partire dalla meta' degli anni '70 e che e ' stato cosi' strumentale ai fini dello smantellamento dei blocchi della Guerra Fredda. Le sue mete dovrebbero includere: 1. L'adozione di una dichiarazione reciproca di non aggressione insieme a tutti i governi partecipanti alla Conferenza. 2. La riconferma della decisione di stabilire una zona libera dalla presenza di armi di distruzione di massa nella regione in conformita' alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu 687/1991. 3. L'adozione di una convenzione sui diritti civili, umani e delle minoranze per tutti gli stati della regione, forse con una Corte o tribunale supremo che abbia un potere esecutivo di ultima istanza. 4. Un accordo sul punto che tutti i programmi relativi all'energia nucleare debbano essere monitorati da istanze internazionali. 5. Un accordo sulla necessita' di distruggere tutti i depositi di armi di distruzione di massa e di rimuovere i pezzi di artiglieria pericolosi sotto la supervisione internazionale. 6. La necessita' di darsi attivamente da fare per l'eliminazione di ogni presenza militare straniera nella regione. 7. La discussione di una visione ispirata ai principi dell'Osce e dell'Unione Europea che dovrebbe essere valida per tutta la regione. * Una considerazione finale: metodi professionali di risoluzione dei conflitti Mentre tutti questi problemi sono importanti, rimane tuttavia da sottolineare l'importanza fondamentale dei metodi professionali di risoluzione dei conflitti (14). Un processo diplomatico responsabile deve essere costruito intorno a un paese o a un'organizzazione o a un gruppo di individui (o a una combinazione di questi tre elementi) capace di assolvere un ruolo di mediazione, che abbia una conoscenza complessiva dei problemi dell'area (una perizia specifica in questo campo), come pure un'esperienza pratica collaudata e una conoscenza approfondita dei metodi dell'analisi dei conflitti, delle tecniche di mediazione da mettere in opera in vista della risoluzione nonviolenta di essi, un organismo mediatore, insomma, che possa essere percepito come veramente imparziale e capace di simpatizzare con tutte le parti. E nessun mediatore potra' mai avere successo se non a condizione che specialisti in possesso di conoscenze tecniche e di esperienza pratica nell'impiego di questi metodi siano inclusi nel gruppo di consulenti che lo circonda. La presente situazione in Iraq, in Palestina e in altre parti del Medio Oriente e' semplicemente intollerabile per la gente che vi abita, ma, in particolare, e' indegna di una comunita' internazionale che dovrebbe essere illuminata. Questa Proposta di pace dovrebbe essere considerata come un incoraggiamento, o, per dir meglio, come un appello morale, a pensare in termini costruttivi intorno al modo in cui realizzare la pace nell'Iraq e con l'Iraq, e, di conseguenza, in tutta la regione del Medio Oriente di cui esso occupa il centro. Essa e' stata sviluppata sulla base di una salda fiducia nel fatto che la pace e' possibile. Ma ugualmente forte e' l'assunzione da cui parte, secondo la quale la pace puo' essere realizzata solo se tutti gli attori interessati - i governi, le organizzazioni internazionali e la societa' civile - sono disposti ad abbandonare e a lasciarsi dietro le spalle approcci e metodi superati e a fare le cose in modi del tutto nuovi e inediti. * [Segue una tavola sinottica denominata "Matrice: Progetto di pace per l'Iraq" che non possiamo riprodurre in questa sede per le esigenze grafiche del nostro notiziario. Essa e' consultabile nel sito del Centro studi "Sereno Regis" di Torino] * Note 14. Molte delle proposte contenute in questo progetto sono state sviluppate nel 2004 nel libro scritto in danese da Jan Oberg, Fiasco prevedibile. Il conflitto iracheno e la Danimarca come potenza occupante. Esse si sovrapponevano in misura considerevole alle linee tracciate nel Piano in 12 punti per l'Iraq di Kucinich del 9 gennaio 2007 e sono state riviste e ampliate nel 2007 tenendo largamente conto di quel piano e traendone frequentemente ispirazione. (Parte terza - fine) 6. INIZIATIVE. MAO VALPIANA: APPELLO PER LA DISTRIBUZIONE DI "AZIONE NONVIOLENTA" ALLA MARCIA PERUGIA-ASSISI [Da Mao Valpiana (per contatti: azionenonviolenta at sis.it) riceviamo e diffondiamo. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario] Il Movimento Nonviolento sara' presente alla Marcia Perugia-Assisi per offrire a tutti i partecipanti l'occasione di conoscere ed apprezzare la rivista mensile "Azione nonviolenta", fondata da Aldo Capitini nel 1964. Viene percio' organizzata una diffusione straordinaria di 10.000 copie promozionali, per la quale c'e' bisogno di persone disponibili a prestare questo servizio volontario. Quest'anno il Comune di Assisi non ha concesso nessun permesso per tavoli e banchetti in piazza a Santa Maria degli Angeli (dove tradizionalmente veniva installato il tavolo del Movimento), ne' lungo le mura della Basilica. Dunque i banchetti saranno posizionati in via Becchetti (la via lunga e diritta che da Bastia porta a Santa Maria, quella che poi entra nella piazzetta dove eravamo di solito). Il tavolo del Movimento Nonviolento, con gazebo e furgone, sara' percio' in via Becchetti, davanti alla sede del Rubino (percorrendo la via a ritroso dalla piazzetta di Santa Maria, circa trecento metri indietro, sulla sinistra). L'appuntamernto, per chi si offre a svolgere il lavoro di distribuzione della rivista, e' dalle ore 10. Chiediamo percio', alle amiche e agli amici della nonviolenza che vogliono offrire il loro aiuto, di essere presenti al tavolo del Movimento in via Becchetti a Santa Maria degli Angeli fin dalla mattina. Sara' un modo particolare di partecipare alla Marcia, senza marciare ma svolgendo un utile servizio per tutti. Grazie. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 233 del 5 ottobre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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