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Minime. 215
- Subject: Minime. 215
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 17 Sep 2007 00:50:57 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 215 del 17 settembre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Giulio Vittorangeli: Continua l'emergenza in Nicaragua 2. Il migrante e l'assassino 3. Gianpasquale Santomassimo ricorda Gaetano Arfe' 4. Alessandro Portelli ricorda Grace Paley e Annie Napier 5. Riletture: Susan Bassnett, La traduzione. Teoria e pratica 6. Riletture: Siri Nergaard (a cura di), La teoria della traduzione nella storia 7. Riletture: Siri Nergaard (a cura di), Teorie contemporanee della traduzione 8. Ostaggi 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. APPELLI. GIULIO VITTORANGELI: CONTINUA L'EMERGENZA IN NICARAGUA [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: giulio.vittorangeli at tin.it) per questo appello, invitando chi ci legge ad aderire. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell’Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"] Ci sono popoli ai quali siamo stati, e siamo, profondamente legati, per quello che comunque hanno rappresentato nel processo di liberazione dell'umanita' oppressa. Una sorta di vera empatia etico-politica, non solo "semplice" conoscenza ed interscambio culturale, ma soprattutto e fondamentalmente partecipazione e coinvolgimento nella stessa direzione. Il popolo del Nicaragua e' uno di questi. Chi ha vissuto il degrado degli anni '80 italiani, che sarebbe imploso nei successivi anni '90 con effetti devastanti fino ai nostri giorni, non puo' non ricordare cosa felicemente ha rappresentato la rivoluzione popolare sandinista di quel piccolo grande paese centroamericano. Ha scritto recentemente Pedro Casaldaliga, Vescovo di Sao Felix do Araguaia, Mato Grosso - Brasile: "Abbiamo accompagnato il processo di democratizzazione del Nicaragua e abbiamo ricevuto molte comunicazioni amiche, addirittura inviti ufficiali. Non faremo un'analisi delle opportunita' del Nicaragua. Scriviamo come appassionati di questo popolo e delle speranze che ha suscitato, speranze alle quali non vogliamo rinunciare. Continuiamo a stare vicini a molte persone profondamente amate... Non siamo qui per dare consigli a un popolo; ma per amicizia, per una militanza comune, per una speranza, che e' anche molto cristiana, riaffermiamo la nostra comunione con il Nicaragua profondo, con il sandinismo vero, con il contributo che il Nicaragua puo' e deve dare a questa 'patria grande' [l'America Latina - ndr], che Sandino, Bolivar e Marti' sognarono e per la quale diedero la loro vita. Alle comunita' cristiane del Nicaragua, con le quali abbiamo vissuto momenti piacevoli rinnoviamo la testimonianza del nostro affetto e solidarieta'... Abbracciamo queste comunita' con il piu' grande affetto e rinnoviamo la promessa fraterna di continuare a camminare verso il nuovo Nicaragua che si forma giorno per giorno, partendo da tutti i dolori, dalla realta', dalla possibilita' di trasformazioni radicali e dall'aiuto disinteressato. Il Nicaragua puo' e deve essere il Nicaragua, il piccolo Nicaragua che il "Dio dei poveri" vuole, e che sogna tutto il continente. Un forte abbraccio, nell'utopia di Sandino e nella pace militante del Vangelo". * Sorprende allora, in senso fortemente negativo, la totale disinformazione da parte dei nostri mass-media sulla distruzione causata dall'Uragano Felix in Nicaragua; tristemente ignorato anche da gran parte della stampa europea. Riproponiamo quindi l'appello lanciato dall'Associazione Italia-Nicaragua per una campagna di raccolta di fondi destinata all'emergenza e successivamente alla ricostruzione della zona atlantica colpita. L'uragano ha investito zone gia' poco protette e allo stesso tempo molto povere, in cui le deboli case fatte di legno e lamiera hanno ceduto immediatamente a venti che hanno raggiunto i 270 kilometri orari. Nella citta' di Bilwi (Puerto Cabezas) il 90% delle case e l'80% delle scuole sono rimaste senza tetto, la rete elettrica e telefonica inutilizzabile, e l'ospedale e' stato evacuato prima che venisse reso inagibile dal passaggio dell'uragano. A Sandy Bay non c'e' stata pieta', la distruzione di case e' stata quasi totale, sono rimaste in piedi solo 15 case: quelle che non erano di legno. Le famiglie danneggiate sono 24.891, per un totale di 150.542 persone. 67 i morti confermati, 138 gli scomparsi e 135 le persone che sono state ritrovate e tratte in salvo. La maggior parte delle persone che si trovavano nei centri di accoglienza a Bilwi (Puerto Cabezas) sono ritornate nelle loro case ed attualmente sono 1.277 quelle che si trovano ancora nei 13 rifugi rimasti. Anche se il dato ancora non e' ufficiale, alle 67 persone decedute se ne potrebbero aggiungere nelle prossime ore altre 67 gia' riportate come morte, il dato non e' ancora stato verificato dalla Defensa Civil. Indipendentemente da quelle che saranno le cifre finali di questo disastro, e' evidente che ancora una volta saranno le popolazioni piu' povere ed emarginate a soffrire le conseguenze di una politica governativa dei precedenti governi che storicamente ha abbandonato ampi settori della popolazione nicaraguese, in special modo quelli delle popolazioni autoctone (miskitos, ramas, sumos y magagna) della Costa Atlantica. * Nonostante l'assenza totale di questa tragedia dai nostri media ci auguriamo che la solidarieta' non manchi. I versamenti vanno effettuati sul conto corrente bancario n. 19.990 Banca Popolare di Milano, agenzia 21 - Intestato: Coordinamento Nazionale Associazione Italia-Nicaragua, Via Mercantini 15 - 20158 Milano, Abi: 05584 - Cab: 01621 (Causale: "Emergenza Uragano Felix"). 2. EDITORIALE. IL MIGRANTE E L'ASSASSINO Quei migranti che muoiono annegati nel canale di Sicilia, non muoiono per le avverse condizioni atmosferiche, per l'infelicita' della condizione umana, per la crudelta' del destino cinico e baro. Muoiono perche' i governi europei e gli accordi di Schengen tra loro stretti li condannano a morte, li appaltano alle mafie, li vogliono schiavi, carne in vendita, negano la loro umanita' cui ineriscono diritti inalienabili, li privano del piu' semplice, basilare, indispensabile dei diritti: il diritto alla vita. 3. MEMORIA. GIANPASQUALE SANTOMASSIMO RICORDA GAETANO ARFE' [Dal quotidiano "Il manifesto" del 14 settembre 2007, col titolo "Un occhio morale sull'epopea del socialismo italiano" e il sommario "E' morto ieri mattina a Napoli lo storico ed ex parlamentare socialista. Aveva diretto a lungo l''Avanti!' e nei suoi libri, come nell'attivita pubblica, era stato testimone di un riformismo fondato su un impegno concreto e su una concezione della politica naturalmente classista e antimperialista". Gianpasquale Santomassimo e' docente di Storia della storiografia contemporanea presso il Dipartimento di storia dell'Universita' di Siena; e' membro della direzione delle riviste "Italia contemporanea" e "Passato e presente"; dirige il Laboratorio di Storia dell'Istituto Gramsci Toscano; ha studiato tematiche collegate al corporativismo fascista, alla storia della societa' italiana tra le due guerre, alla tradizione culturale del movimento comunista in Italia e alla storia della storiografia italiana e inglese del Novecento. Fra i suoi ultimi lavori un libro sulla Marcia su Roma (Giunti, Firenze 2000); la cura di un volume su La notte della democrazia italiana (Il Saggiatore, Milano 2003; una raccolta di saggi dal titolo Antifascismo e dintorni (manifestolibri, Roma 2004). Gaetano Arfe', figura illustre della sinistra italiana, e' deceduto alcuni giorni fa. Dal sito della Fondazione Turati (www.pertini.it/turati) riprendiamo alcune stralci della scheda a lui dedicata: "Gaetano Arfe' e' nato a Somma Vesuviana (Napoli) il 12 novembre 1925. Si e' laureato in lettere e filosofia all'Universita' di Napoli nel 1948. Si specializzo' in storia presso l'Istituto italiano di studi storici presieduto da Benedetto Croce, con cui entro' in contatto fin dal 1942. Nel 1944 si arruolo' in una formazione partigiana di "Giustizia e Liberta'" in Valtellina. Nel 1945 si iscrisse al Partito socialista e divenne funzionario degli Archivi di Stato intorno al 1960. A Firenze era gia' entrato in contatto con Calamandrei, Codignola e il gruppo de "Il Ponte" e aveva collaborato con Gaetano Salvemini alla raccolta dei suoi scritti sulla questione meridionale. Nel 1965 ottenne la libera docenza in storia contemporanea e insegno' a Bari e a Salerno. Nel 1973 divenne titolare della cattedra di storia dei partiti e dei movimenti politici presso la facolta' di Scienze Politiche dell'Universita' di Firenze. Nel 1959 venne nominato condirettore della rivista "Mondo Operaio", carica che conservera' fino al 1971. Dal 1966 al 1976 fu direttore dell' "Avanti!". Dal 1957 al 1982 fu membro del comitato centrale e della direzione del Psi. Nel 1972 venne eletto senatore... Nel 1976 venne eletto deputato... Nel 1979 venne eletto deputato al Parlamento europeo... Nel 1985 lascio' il Psi, motivando la sua scelta nel volumetto La questione socialista (1986). Nel 1987 venne eletto senatore per la sinistra indipendente. Ha scritto numerosi libri e saggi, tra cui la Storia dell'"Avanti!" (1958) e la Storia del socialismo italiano 1892-1926 (1965)"] Negli ultimi anni della sua lunga vita, resi piu' dolorosi dalla malattia e forse ancor piu' dal degrado della vita politica e culturale italiana, Gaetano Arfe' ha lasciato molte memorie, molte ricapitolazioni autobiografiche, quasi con la volonta' di fissare il ricordo di uomini, di momenti, di storie individuali e collettive per sottrarle all'oblio. "Scrivo non gia' nelle vesti di storico - si legge in uno dei suoi ultimi scritti - ma di chi e' stato partecipe, tra gli ultimi e i piu' modesti, di una storia che ha avuto i colori dell'epopea e l'andamento di una chanson de geste". Coltivava una vena memorialistica volta a ribadire il legame indissolubile con "i suoi maggiori" e a tramandare il senso di un impegno che rischiava di smarrirsi o di venire frainteso ed edulcorato: la tradizione concreta, storicamente determinata nella rete intricata di fondamenti, apporti e suggestioni, di un riformismo italiano. * Moralita' e concretezza Un riformismo di cui e' stato lo storico piu' assiduo e tenace, nell'impegno diretto come nella promozione di studi, e che richiede - purtroppo e paradossalmente - qualche precisazione terminologica. Per la tradizione a cui Arfe' si collegava il riformismo era molto lontano da quella parola ormai impronunciabile, sinonimo di moderatismo o peggio di restaurazione sociale, che tiene banco ormai da troppo tempo nel dibattito italiano. Era una concezione della politica effettivamente sovvertitrice senza essere sovversiva, senza fraseologia apocalittica, "naturalmente" classista e antimperialista. La duplice origine giellista e socialista, comune a tanti altri esponenti del socialismo italiano in eta' repubblicana (Lombardi e De Martino fra gli altri, per citare i dirigenti politici a cui si senti' piu' vicino) veniva rivendicata da Arfe' nel suo impasto originale di moralita' e concretezza. Esponente di quella che definiva la "seconda generazione giellista", quella dei giovani che non avevano avuto esperienza della cospirazione ma un ingresso diretto nelle file della Resistenza (muovendo, nel caso di Arfe' e di molti altri, da una generica formazione crociana), aveva "saltato" l'esperienza del Partito d'Azione per approdare direttamente al partito socialista, per uscirne e rientrare poi nel volgere di pochi anni. * Una proposta rivoluzionaria "Seguii Saragat nella sua scissione e a darmi la spinta decisiva fu un discorso di Tristano Codignola, fortemente critico nei confronti del comunismo, che prendeva le mosse dal libro di Koestler, Buio a mezzogiorno. Presto, pero', giunsi alla convinzione che alla rivendicata e conquistata autonomia dal Partito comunista corrispondeva una non voluta, ma ineluttabile, subalternita' alla Democrazia Cristiana e rientrai cosi' nella casa madre in coincidenza con la confluenza in essa della maggioranza del Partito d'Azione, guidata da Riccardo Lombardi". Di quella origine giellista teneva a rivendicare il carattere libertario: Carlo Rosselli non era il "precursore di un liberal-socialismo pudibondo alla Giuliano Amato", ma l'interprete di "una proposta, rivoluzionaria, classista, sovietista, per l'unificazione politica del proletariato italiano nel quadro di una europeizzazione della lotta antifascista". Che propugnava un "partito unico del proletariato" - come scriveva poco prima di morire - inteso quale "forza innovatrice autentica... piu' che un partito in senso stretto, una larga forza sociale, una sorta di anticipazione della societa' futura, di microcosmo sociale, con la sua organizzazione di combattimento, ma anche con la sua vita intellettuale dal respiro ampio incitatore". L'opera di Rosselli era stata evoluzione e revisione critica necessaria di una tradizione, quella di Filippo Turati - che Arfe' piu' di ogni altro "rivaluto'" da sbrigative liquidazioni, ma senza le beatificazioni dogmatiche di molti improvvisatori - che era comunque "esperienza irripetibile perche' irreversibile e' il mutamento avvenuto nei moduli della lotta sociale, politica, ideologica". L'impegno concreto di Arfe', storico e politico, si mosse comunque tutto nel solco della tradizione del socialismo italiano, rinnovato dopo l'esperienza della dittatura fascista. Appartenne a quella generazione di storici - socialisti e comunisti - che posero le basi per una storia del movimento operaio italiano, impresa nella quale partivano quasi da zero e che nel volgere di pochi anni produsse una ricchissima fioritura di studi; che parve quasi eccessiva a molti, gia' al volgere della meta' degli anni Cinquanta, con i rischi di "corporativismo", di chiusura settaria, di assenza di respiro complessivo, denunciati da Cantimori e Saitta. Sono i termini della polemica che lacero' l'esperienza di "Movimento Operaio" (e in parte anche dell'Istituto Feltrinelli che ne era all'origine) e che provoco' la chiusura di quella rivista. Una parte dei promotori di essa (Bosio e Arfe' tra gli altri) non condivisero la piattaforma di "superamento" di quella fase di studi che venne adottata. * Ferite non rimarginate Per quanto valide fossero molte delle esigenze prospettate, i termini particolari di quello scioglimento, con la confusione di piani che si determino' tra istanze politiche e storiografiche, dovuta anche alla pesantezza e alla dissennatezza della politica culturale del Pci in quel frangente, lascio' come una ferita non rimarginata nella memoria di molti, e come tale e' stata rievocata anche in anni recenti da Arfe' come da Luigi Cortesi. Ben presto comunque i motivi di contrasto e divaricazione tra socialisti e comunisti si fecero evidenti e corposi per ben altri e piu' gravi motivi. Arfe' divenne negli anni successivi il massimo promotore nella costruzione di un campo di studi "socialista", autonomo e distinto, fatto di grande operosita' documentaria e passione identitaria. Il risvolto negativo di questa lacerazione fu una difficolta' di dialogo e di confronto effettivo nella cultura storica della sinistra protrattosi a lungo nel tempo. Dirigente politico del suo partito, con incarichi prestigiosi e impegnativi (rimane soprattutto nella memoria la sua direzione dell'"Avanti!" in una delle stagioni piu' felici di quel giornale) fu uno dei protagonisti di quella che divenne la sinistra socialista negli anni del centrosinistra. Come molti galantuomini del socialismo italiano, Arfe' soffri' moltissimo gli anni di Craxi e del craxismo, da lui con piu' cognizione di causa che da altri vissuto come effettiva mutazione genetica delle connotazioni stesse del socialismo italiano. Dietro lo schermo della rivendicazione di autonomia socialista, che conquistava molti nel partito, emergeva una "offensiva ideologica ideata condotta con grande rozzezza culturale ma con superiore intelligenza tattica". ´Craxi precorre Occhetto - scrivera' molti anni dopo - epurando la storia del partito socialista, fino a oscurare Turati sotto la grande ombra di Garibaldi: il tutto nel segno di un anticomunismo postumo che sembrava non avere piu' alcun senso nel momento in cui i motivi della insidia comunista alla democrazia e della minaccia sovietica al mondo libero erano ormai venuti a mancare. In realta', l'obiettivo perseguito e conseguito e' quello di dare motivazione ideologica al passaggio dalla repubblica nata dalla Resistenza a quella che ha ancora i tratti di un identikit confuso e incompiuto, vagamente minaccioso". * L'autolesionismo degli ignari Come si evince dall'accostamento iniziale, vi era una sostanziale convergenza in questo sradicamento da parte del "nuovo gruppo dirigente del partito comunista in via di metamorfosi", che dal suo canto "con l'autolesionismo proprio degli ignari e degli ignavi, procede alla liquidazione di una eredita' troppo pesante per le sue gracili spalle". L'approdo del grosso della sinistra italiana era in una informe ma corposa "sovraideologia" che caratterizzava tutto l'Occidente negli ultimi anni del Novecento, fatta di un misto di liberismo acritico, di culto del mercato e del "nuovismo", di intimo disprezzo nei confronti della politica alta. In quella che e' forse la sua ultima intervista, nel giugno scorso, si richiamava al ricordo di "uomini che non vinsero e non trionfarono mai, ma non furono mai vinti e del loro operare hanno lasciato un segno incancellato e incancellabile: l'attrazione per l'eresia, il gusto per l'avventura intellettuale e politica". "Ecco - concludeva - di cosa c'e' bisogno per il futuro". 4. MEMORIA. ALESSANDRO PORTELLI RICORDA GRACE PALEY E ANNIE NAPIER [Dal quotidiano "Il manifesto" del 14 settembre 2007, col titolo "La scommessa di Grace Paley e Annie Napier contro il silenzio" e il sommario "Grace Paley. La struttura profonda di tutto cio' che scriveva era quella ebraica del midrash: un viaggio attraverso i significati. Annie Napier Raccontare, per lei, come per Sheherazade, era un modo di lottare contro l'onnipresenza della morte". Alessandro Portelli, studioso della cultura americana e della cultura popolare, docente universitario, saggista, storico, militante della sinistra critica, per la pace e i diritti. Dal sito alessandroportelli.blogspot.com riprendiamo la seguente scheda autobiografica: "Sono nato a Roma nel 1942. Di mestiere, insegno letteratura americana alla Facolta' di scienze umanistiche dell'Universita' 'La Sapienza' di Roma. Ho svolto l'incarico di consigliere delegato del sindaco di Roma per la tutela e la valorizzazione delle memorie storiche della citta'; ho fondato e presiedo il Circolo Gianni Bosio per la conoscenza critica e la presenza alternativa delle culture popolari; faccio parte del consiglio direttivo dell'Irsifar (Istituto Romano per la Storia d'Italia dal Fascismo alla Resistenza) e ho la tessera dell'Anpi. Collaboro al 'Manifesto' fin dal 1972, e ho scritto spesso anche su 'Liberazione' e 'l'Unita''. Ho studiato, insegnato e diffuso la cultura dell'America a cui vogliamo bene - quella di Woody Guthrie, Pete Seeger, Bob Dylan, Bruce Springsteen, di Malcolm X, Martin Luther King, Cindy Sheehan, Mark Twain, Don DeLillo, Spike Lee, Woody Allen. Ho raccolto le canzoni popolari e politiche e la memoria storica orale di Roma e del Lazio, collaborando con il Canzoniere del Lazio, Giovanna Marini, Sara Modigliani, Piero Brega, Ascanio Celestini. Ho conosciuto i partigiani e le partigiane di Roma e i familiari degli uccisi delle Fosse Ardeatine, e dai loro racconti ho messo insieme la loro storia. Ho ascoltato i racconti delle borgate e dei quartieri popolari, dalle occupazioni delle case degli anni '70 alla storia orale di Centocelle. Ho cercato di non limitarmi a studiare e a scrivere, ma anche di organizzare cultura: mettere in piedi strutture (dal Circolo Bosio alla Casa della Memoria); fondare e far vivere riviste; condividere con gli altri, attraverso dischi e libri, quello che ho imparato; coinvolgere persone piu' giovani e aprirgli spazi; organizzare eventi, concerti, incontri. Ho accompagnato gli studenti romani ad Auschwitz, ho girato decine di scuole per parlare della memoria, della democrazia, dell'antifascismo. E ho voglia di continuare a farlo. Le mie passioni sono l'uguaglianza, la liberta', l'insegnamento, la musica popolare, la memoria, ascoltare i racconti delle persone, i libri e i film, e il rock and roll". Tra le opere di Alessandro Portelli: Il re nascosto. Saggio su Washington Irving, Bulzoni, Roma 1979; Taccuini americani, Manifestolibri, Roma 1991, 2000; Il testo e la voce, Manifestolibri, Roma 1992; La linea del colore, Manifestolibri, Roma 1994; L'aeroplano e le stelle, Manifestolibri, Roma 1995; Biografia di una citta', Einaudi, Torino 1997; (con Cesare Bermani e Silverio Corvisieri), Guerra civile e Stato, Odradek, Roma 1998; L'ordine e' gia' stato eseguito, Donzelli, Roma 1999; America, dopo, Donzelli, Roma 2003; Canzone politica e cultura popolare in America, DeriveApprodi, 2004; Canoni americani, Donzelli, Roma 2004. Grace Paley (New York, 1922 - Thetford Hill, 2007), poetessa, scrittrice, militante pacifista e per i diritti umani di tutti gli esseri umani. Dopo aver esordito come poetessa (in italiano e' stata tradotta la raccolta di versi In autobus e altre poesie, Empiria 1993), si e' affermata con i racconti brevi: Piccoli contrattempi del vivere, Giunti, 1986, Enormi cambiamenti all'ultimo minuto, La Tartaruga, 1982, Piu' tardi nel pomeriggio, La Tartaruga, 1987. Nel 2003 Einaudi ha riunito in un unico volume tutti i suoi racconti, Piccoli contrattempi del vivere. Tutti i racconti; nel 2007 per Einaudi e' apparso L'importanza di non capire tutto. Su Annie Napier si veda quanto scrive Portelli nell'articolo che segue] A fine agosto, senza che in tanti se ne accorgessero, non solo l'America ma noi tutti abbiamo perso due grandi narratrici: Grace Paley, grande maestra del racconto, dell'ascolto, della voce e dell'interrogarsi, era relativamente famosa, anche se molto meno di quanto avrebbe meritato. L'altra la conoscevano solo la sua famiglia, i suoi vicini e io, che qualche volta l'ho nominata su questo giornale: si chiamava Annie Napier, era di Harlan, Kentucky, manteneva la famiglia guidando lo scuolabus sulle strade contorte di quelle montagne; ascoltava, raccontava, suonava, cantava. Non taceva mai. Un'amica che le ha conosciute entrambe mi diceva: peccato che Grace e Annie non si siano mai incontrate, si sarebbero volute bene. Grace era la citta', la strada, i palazzi affollati; ed era la Palestina, il Nicaragua, il Vietnam. Annie era le montagne, gli alberi, le valli strette, la solitudine; il suo corpo era segnato e scavato come la sua terra ferita. E anche lei odiava la guerra. * Pochi giorni prima che morisse Grace Paley, era uscita una sua intervista sulla "Repubblica". Parlava del suo ultimo libro, una raccolta di saggi e articoli messi insieme in tanti anni, tradotta con un intelligente titolo italiano: L'importanza di non capire tutto. Proprio perche' era convinta che restasse sempre qualcosa di non ancora capito, Grace Paley non ha mai smesso di provarci, di interrogarsi, di indagare. La struttura profonda sottostante a tutto cio' che scriveva era quella ebraica del midrash: lo svolgersi inesauribile delle implicazioni di ciascuna parola, un viaggio attraverso i significati con destinazione ignota e affascinante. Spiegava il mondo guardando le donne (e di sguincio gli uomini) tanto sulle panchine e nelle cucine dei quartieri popolari di New York quanto nei villaggi del Vietnam e del Nicaragua. In ogni scambio di domande e risposte che comparivano nei suoi testi erano in gioco il quotidiano e l'universale. Pacifista indomabile, femminista ironica, socialista investigativa, ebrea profondamente errante, carica di curiosita' e di amori, se tutta la sinistra le somigliasse di piu' saremmo assai migliori e staremmo assai meglio. * Annie Napier l'avevano operata ai polmoni due anni fa. Ogni volta che ci incontravamo si ripeteva la stessa scena: io seduto sul divano sdrucito di lato sotto la finestra, lei su quello davanti alla televisione che nessuno guardava, con in una mano una tazza di velenoso caffe' kentuckiano e nell'altra una sigaretta dopo l'altra. In mezzo a noi, sempre acceso, quasi sempre dimenticato e sempre in ascolto, il registratore. E da lei a me e da me a lei di ritorno, la voce: "Allora, a quei tempi, non avevamo la Tv, ne' la radio, e la sera quando faceva buio toccava rientrare in casa perche' fuori uscivano i serpenti. Cosi' la sera ci chiudevamo in casa e accendevamo il fuoco e mamma e papa' si mettevano la' e raccontavano storie di quando erano piccoli. E storie che i loro genitori avevano raccontato di quando erano piccoli loro. E' cosi' che e' cominciato tutto questo raccontare storie". * Raccontare storie, per Annie come per Grace, era un modo di spiegare il mondo, e di spiegarci quanto fosse inesplicabile. Il significato di una storia non si esaurisce mai, come il midrash; ogni racconto genera altri racconti, ogni racconto risponde alle domande del precedente e apre domande per quelli che verranno; ed entrare dentro ogni racconto, per semplice che sembri, significa inoltrarsi dentro un infinito di possibilita', in un "giardino dei sentieri che si biforcano" ad ogni parola, ad ogni sillaba. Come per Sheherazade, per Annie raccontare era un modo di lottare contro l'onnipresenza della morte: "Vedi, appena nasce un bambino ha gia' il mondo intero schierato contro, almeno cosi' era quando sono nata io. Prima di tutto, la casa era tanto fredda che ci voleva fortuna solo per sopravvivere. Quasi tutti erano denutriti e sottopeso. Ma una volta che eri riuscito a fare arrivare fin qui quelle povere creature, le cominciavano a curare coi rimedi casalinghi - te' di cacca di pecora, infuso di erba gattaia - c'e' mancato poco che ammazzassero mia sorella Becky. Negli anni '50, qui girava il tifo, portato dall'inondazione, c'e' morto il bambino di mio zio. Ora che arrivavi a due anni, avevi gia' dovuto superare la scommessa della sopravvivenza". Quando arrivavo io piantava tutto e mi guidava ad ascoltare altri narratori: suo zio Plennie, che si portava nella gamba il piombo di una battaglia fra minatori e guardie padronali nel 1941; Will Gent, che raccontava forse con una dose di immaginazione gli orrori del suo Vietnam; James L. Turner, che ricordava ancora i suoi antenati schiavi nella stessa valle dove era cresciuta lei; Lewis Bianchi, imprenditore di pompe funebri con flebili memorie di antenati italiani, che ci spiegava come si fa a rendere presentabili i cadaveri dei minatori morti in miniera o uccisi dalla pneumoconios. Da una tappa all'altra, il suo flusso di racconto non si fermava. Appendevo il microfono allo specchietto, e via. E raccontava di quando anche lei aveva sconfitto, per se' e per la sua bambina, la scommessa della sopravvivenza contro il medico incompetente e ubriaco e contro la sua stessa famiglia, che per motivi religiosi non voleva facesse il cesareo; o quando, agli avvocati delle miniere secondo cui le inondazioni che avevano distrutto le case dei suoi vicini erano un "atto di Dio", lei aveva risposto "la pioggia sara' pure un atto di Dio, ma non e' stato Dio a mandare quei bulldozer a demolire le colline"; o quando il marito era rimasto invalido per un incidente sul lavoro, e lei era andata in fabbrica e al tempo stesso aveva tirato su due figlie, quattro nipoti e adesso cominciava con una bisnipote. Ma era stanca. Raccontava di sopravvivenza e intanto, sempre piu' pelle e ossa, con quelle incessanti sigarette nei polmoni distrutti, si lasciava ulteriormente distruggere, come se non ce la facesse piu'. * Triste il paese, triste il mondo, che perde i suoi narratori e soprattutto le sue narratrici. La scommessa per la sopravvivenza oggi, nel fragore incessante della comunicazione, e' la scommessa contro il silenzio profondo, il silenzio di chi sente e non ascolta, parla e non dice, dice e non e' ascoltato. Grace Paley e Annie Napier erano due prove viventi della fiducia nella possibilita' della parola, della propria parola intrisa di parole altrui ascoltate, interiorizzate, restituite in mille forme mutevoli. Credo di essere stato utile ad Annie, perche' la stavo a sentire. Anche per Grace Paley, raccontare non era mai un'attivita' solitaria, un'attivita' che si riduceva a scrivere chiusi nella propria stanza per lettori lontani e sconosciuti: raccontare voleva dire sempre offrirsi a chi voleva sentire, guardarsi in faccia, muoversi e smuovere. Un suo racconto parla di una bambina ebrea, Shirley Abramowitz, che ha una voce "capace di staccare le etichette", una voce talmente insopprimibile che le chiedono di fare l'angelo annunciatore nella recita di Natale - e lei, insieme alla sua famiglia, accettano e ne sono orgogliosi, perche' non si puo' imporre a una simile voce di tacere. "Vedi - dice un suo personaggio - per un ebreo 'chiudi il becco' e' un'espressione terribile, una parolaccia, come un peccato, perche' all'inizio, se ricordo correttamente, era la parola". Una tipica notte di tregenda nella sua casa isolata in cima alla montagna, Annie mi chiese, "ci credi ai fantasmi?", "No", dissi io. E lei: "neanch'io. Comunque: ce n'e' uno che tutte le sere passeggia dalla veranda alla cucina". Non ci credo, ma e' vero: l'essenza dell'immaginazione. Esiste una relazione fra l'immaterialita' e la presenza della voce, e l'immaterialita' e la presenza dei fantasmi. Mi viene voglia di immaginarmi Grace e Annie che passeggiano tutte le sere dalla veranda alla cucina, sotto forma di voce - di voci che abbiamo ascoltato, che abbiamo fissato nei libri e nei nastri, e soprattutto voci che continuano a risuonarci nella memoria. 5. RILETTURE. SUSAN BASSNETT: LA TRADUZIONE. TEORIA E PRATICA Susan Bassnett, La traduzione. Teoria e pratica, Bompiani, Milano 1993, 1999, pp. VIII + 184, lire 20.000. Una bella monografia. 6. RILETTURE. SIRI NERGAARD (A CURA DI): LA TEORIA DELLA TRADUZIONE NELLA STORIA Siri Nergaard (a cura di), La teoria della traduzione nella storia, Bompiani, Milano 1993, 2002, pp. VI + 250, euro 14. Con testi di Cicerone, San Gerolamo, Leonardo Bruni, Martin Lutero, Johann Wolfgang Goethe, Wilhelm von Humboldt, Friedrich Daniel Ernst Schleiermacher, Jose' Ortega y Gasset, Benedetto Croce, Walter Benjamin. Un'utile antologia. 7. RILETTURE. SIRI NERGAARD (A CURA DI): TEORIE CONTEMPORANEE DELLA TRADUZIONE Siri Nergaard (a cura di), Teorie contemporanee della traduzione, Bompiani, Milano 1995, pp. VIII + 438, lire 30.000. Con testi di Roman Jakobson, Jiri Levy, Jurij M. Lotman, Gideon Toury, Umberto Eco, Eugene A. Nida, Itamar Even-Zohar, James S. Holmes, Henri Meschonnic, Octavio Paz, Willard van Orman Quine, Hans-Georg Gadamer, Jacques Derrida. Un'utile antologia. 8. LE ULTIME COSE. OSTAGGI L'orrore della prigionia e dell'uccisione degli ostaggi. La guerra che tiene in ostaggio e trucida popoli interi, e infine l'intera umanita'. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 215 del 17 settembre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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