Minime. 185



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 185 del 18 agosto 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Max Roach
2. Andrea Canevaro: Conflitti, riconoscimenti, mediazioni (parte seconda)
3. Anna Camaiti Hostert presenta "La linea di polvere" di Massimo Canevacci
4. Letture: Mario Martini (a cura di), La filosofia del dialogo. Da Buber a
Levinas
5. Riletture: Laura Conti, Che cos'e' l'ecologia
6. Riletture: Laura Conti, Ambiente Terra
7. Riedizioni: Tacito, Annali. Germania
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. LUTTI. MAX ROACH

Ora ci ha lasciato anche Max Roach.
La musica quaggiu' non sara' piu' la stessa, il ritmo della vita non sara'
piu' lo stesso.
Ma in quell'altrove che tengo ahime' per fermo che sia solo nei cuori di chi
resta, e resta per un breve soffio ancora, adesso che incontrera' di nuovo
Charlie Parker e tutti gli altri, che jam session infinita.
*
A quell'idea di Karl Barth secondo cui in presenza dell'Altissimo gli angeli
suonano Bach e tra loro per divertirsi Mozart, ci sia consentito
sommessamente aggiungere che con Thelonius, e John, e Miles, e tutti gli
altri nostri fratelli e tutte le altre nostre sorelle che lassu' li hanno
raggiunti, e prime fra tutte Billie e Bessie, ebbene, gli angeli e Wolfgang
e Johan Sebastian e finanche l'Altissimo gioiscono ancora di piu', e ancora
di piu' illuminano il mondo.
Questo mondo cosi' triste ogni volta che una persona buona lo lascia. Questa
vita cosi' meravigliosa ogni volta che una persona buona una scintilla dona
di felicita'.

2. RIFLESSIONE. ANDREA CANEVARO: CONFLITTI, RICONOSCIMENTI, MEDIAZIONI
(PARTE SECONDA)
[Ringraziamo di cuore Andrea Canevaro (per contatti:
andrea.canevaro at unibo.it) per averci messo a disposizione questo suo
intervento dal titolo completo "Conflitti, riconoscimenti, mediazioni nel
pensiero e nell'azione educativa", in una stesura ancora provvisoria e
vivacemente orale.
Andrea Canevaro, nato nel 1939, docente di pedagogia speciale
all'universita' di Bologna, e' uno dei piu' illustri pedagogisti italiani.
Dal sito www.mediamente.rai.it riprendiamo la seguente scheda: "Andrea
Canevaro (1939) ha svolto studi umanistici (laurea in lettere e filosofia),
con alcuni anni di borsa di studio presso l'Universita' Lyon 2, e in
particolare ha seguito gli studi in pedagogia speciale del professor Claude
Kohler. Ha lavorato come educatore nel settore della devianza giovanile. Ha
avuto un incarico di insegnamento di Pedagogia Speciale nel 1975 presso il
corso di laurea in Pedagogia della Facolta' di Magistero dell'Universita'
degli Studi di Bologna; presso la stessa sede dal 1973 era assistente
incaricato; e, sempre nella stessa sede, come vincitore di concorso di
professore di prima fascia, e' stato chiamato nel novembre 1980 a ricoprire
la cattedra di Pedagogia Speciale come professore straordinario dal 1980 al
1983, e successivamente come professore ordinario. Dal 1983 e' stato eletto
presidente del corso di laurea in Pedagogia; e dal 1987, per due mandati
triennali, e' stato Direttore del Dipartimento di Scienze dell'Educazione,
presso lo stesso Ateneo. Nel novembre 1996 e' stato nominato nuovamente
direttore del Dipartimento di Scienze dell'Educazione. Ha all'attivo una
vasta attivita' di ricerca, che ha prodotto un elevato numero di
pubblicazioni. E' membro di associazioni scientifiche internazionali e
nazionali, direttore di collane editoriali, e nel comitato scientifico di
alcune riviste nazionali ed internazionali". Dal 1966 al 2000 ha fatto parte
del gruppo tecnico dell'Osservatorio del Ministero della Pubblica Istruzione
per l'integrazione scolastica degli studenti e studentesse in situazione di
handicap; ha fatto parte della Commissione insediata dal Ministero della
Sanita' (1997 - 1998) per la definizione di un protocollo per le
riabilitazioni di soggetti in situazione di handicap; relatore in numerosi
Congressi ed in particolare al Congresso Unesco di Salamanca (1988) dove e'
nata la "Carta di Salamanca" per i disabili; e' membro di numerose
associazioni scientifiche nazionali ed internazionali e in particolare del
Collectif de Recherches sur le Handicap et l'Education Specialisee; e' stato
ed e' collaboratore/consulente di Progetti in Cambogia (1997/1998), Bosnia
(1995/2000), Rwanda (1999/2000), Bielorussia (1999 ad oggi) in stretto
rapporto con il Ministero degli Affari Esteri; ha svolto attivita'
seminariali in diverse Universita' (Montreal, Minsk, Tuzla, Buenos Aires);
ha collaborato e collabora alla valutazione di progetti nel settore della
Pedagogia Speciale per l'Universite' du Quebec a Montreal. E' autore di
numerosi volumi pubblicati su: educazione ed handicappati, manuale per
'íintegrazione scolastica, la formazione dell'educatore professionale,
scuola dell'infanzia - handicap - integrazione, pedagogia speciale
dell'integrazione, potenziali individuali di apprendimento, la relazione di
aiuto, ecc. Tra le principali pubblicazioni di Andrea Canevaro: L'illusione
pedagogica, Armando, Roma 1974; Il bambino che non sara' padrone, Emme,
Milano 1975; I bambini che si perdono nel bosco. Identita' e linguaggi
nell'infanzia, La Nuova Italia, Firenze 1976, 1997; I ragazzi scomodi, Edb,
Bologna 1977; Il banco dell'asino e del poeta, Emme, Milano 1978; Educazione
e handicappati, La Nuova Italia, Firenze 1979; (con Raffaella Bassi Neri),
Programmazione e difficolta' scolastiche, Bruno Mondadori, Milano 1979;
Handicap e scuola. Manuale per l'integrazione scolastica, Nuova Italia
Scientifica (Nis), Roma 1983; (con Maria Angiolini, Franco Frabboni), Mi
hanno preso a scuola. Nell'handicappato c'e' un bambino e uno scolaro: sono
tre, Franco Angeli, Milano 1985; Handicap e identita', Cappelli, Bologna
1986; (con A. Rubinelli), Per l'handicap. Un modello pedagogico complesso,
Pellegrini, Cosenza 1986; (con Jean Gaudreau), L'educazione degli
handicappati. Dai primi tentativi alla pedagogia moderna, Nis, Roma 1988,
poi Carocci, Roma 2002; (a cura di, con Maria Angiolini, Maria Saragoni),
Handicap, ricerca e sperimentazione. La realizzazione di un progetto
educativo per l'integrazione, Nis, Roma 1988; Handicap e luoghi
dell'educazione, Eit, Teramo 1989; La formazione dell'educatore
professionale, Nis, Roma 1991; Quel bambino la'... Scuola dell'infanzia,
handicap e integrazione, La Nuova Italia, Firenze 1996; (con Cristina
Balzaretti, Giancarlo Rigon), Pedagogia speciale dell'integrazione.
Handicap: conoscere e accompagnare, La Nuova Italia, Firenze 1996;
Potenziali individuali di apprendimento, La Nuova Italia, Firenze, 1996;
Pedagogia speciale. La riduzione dell'handicap, Bruno Mondadori, Milano
1999; (con Emanuela Cocever, Petra Weis), Le ragioni dell'integrazione.
Inserimento scolastico di alunni con handicap. Una ricerca in tre aree
dell'Unione Europea, Utet, Torino 1996; (con Arrigo Chieregatti), La
relazione di aiuto. L'incontro con l'altro nelle professioni educative,
Carocci, Roma 1999; (con Giacomo Cives , Franco Frabboni), Fondamenti di
pedagogia e di didattica, Laterza, Roma-Bari 1999; La seconda vita delle
cose. Percorsi di educazione ambientale. Volume per l'alunno, Centro Studi
Erickson, 1999; (con Andrea Gamberini), Esploro il mio corpo e l'ambiente.
Giochi e attivita' per bambini dai due ai sette anni, Centro Studi Erickson,
2002; (con Augusto Battaglia, Michelangelo Chiurchiu'), Figli per sempre. La
cura continua del disabile mentale, Carocci, 2002, 2005; (con Dario Ianes),
Diversabilita'. Storie e dialoghi nell'anno europeo delle persone disabili,
Centro Studi Erickson, 2003; (con Marianna Mandato), L'integrazione e la
prospettiva inclusiva, Monolite, 2004; Le logiche del confine e del
sentiero. Una pedagogia dell'inclusione (per tutti, disabili inclusi),
Centro Studi Erickson, 2006]

2. Orientarsi fra riconoscimenti autentici e falsi
"Su dieci coppie che vivono in dieci appartamenti del mio palazzo, solo una
e' composta da persone della stessa nazionalita'... Come dividerli? Ho
chiesto. Se Sarajevo si dividesse io non potrei fare il bagno, perche' la
vasca rimarrebbe nella provincia serba di mia moglie, ma per questo mia
moglie serba non si potrebbe lavare la faccia perche' il lavandino
rimarrebbe nella mia provincia. E cosi' per nove appartamenti su dieci,
quanti ce ne sono in questo edificio" (D. Karahasan,1995, p. 58).
I riconoscimenti falsati sono solo quelli di certe zone del mondo dove i
conflitti interetnici hanno creato situazioni drammaticamente paradossali
come quella citata?
Immaginiamo di incontrare due giovani, una ragazza e un ragazzo, nell'eta'
della scelta. Noi chiacchieriamo con loro cercando, attraverso un dialogo,
di capire i loro gusti. Vorremmo avviare una conversazione che non sia
immediatamente focalizzata su degli elementi che si traducano in "cosa vuoi
fare da grande"; vorremmo esplorare le loro attitudini, le loro passioni, il
loro modo di passare il tempo e anche di sognare e di immaginare il loro
futuro.
Capiamo che hanno una grande voglia di stare bene e di divertirsi, che si
accompagna pero' anche ad una certa generosita' altruistica nella loro vita.
La generosita' porta anche noi che siamo adulti a fare dei nomi e a dire:
quale e' il personaggio che piu' vorreste imitare? La ragazza dice madre
Teresa di Calcutta, il ragazzo e' incerto; suggeriamo Che Guevara, Martin
Luther King. Ci guarda un po' stupito poi sorride e dice: ma non sono mica
cosi' vecchio! Vorremmo capire meglio, che cosa vuol dire? Dice: "Questi
sono personaggi di cui ho sentito parlare ma ne so poco, il primo ancora...
ma il secondo chi e'? Ne ho sentito parlare perche' c'e' una scuola che
porta il suo nome ma non so niente di piu'".
Abbiamo quindi incontrato un ostacolo che non ci aspettavamo. I nostri
riferimenti, molto mitizzati per certe generazioni, possono essere quasi
ignoti ai nostri interlocutori.
Proviamo a passare in rassegna altri nomi: visto che questo e' stato un
avvio infelice proviamo a vedere se altri nomi ci permettono di avere un
recupero:
"Vasco Rossi?".
Altro sorriso: "Vasco Rossi? Mah, come potrei diventare Vasco Rossi! Io non
ho voglia di esibirmi".
"Ah, non hai voglia di esibirti? Gia' questo e' una cosa interessante. Ma
perche' ti piacerebbe piu' stare...".
"Mah, mi piacerebbe navigare".
"Navigare in internet?".
"Certo! Io ho una passione per i computer".
"Ah, beh, se hai una passione per i computer penso che ti piacera'
studiare!".
"Ah no! I computer sono una passione ma io non ho nessuna intenzione di
studiare i computer. Io passo il tempo a chattare ma basta. Sento delle
musiche con il computer, mi intrufolo in certi programmi e questi sono i
miei passatempi ma studiare no".
La conversazione non e' stata facile. Per evitare di sentirci depressi,
proviamo a recuperare rivolgendoci alla ragazza che sembrava piu' capace di
individuare fra i personaggi madre Teresa di Calcutta. Abbiamo l'idea che
potrebbe interessarle parlare di qualcosa che riguarda il mondo dei miseri,
degli sconfitti, dei derelitti. Accenniamo a questo tema ma le reazioni sono
di insofferenza.
"Madre Teresa di Calcutta pero' ha speso la sua vita per questa causa!".
"Si', ma certo, e' evidente, pero' io non ho nessuna intenzione di mettermi
a fare la suora, la missionaria, la martire".
"Ma come passi il tempo? Ti piace leggere delle cose di madre Teresa di
Calcutta?".
"No, l'ho detto perche' mi e' venuto in mente. E' un personaggio che mi ha
attirato... Ho visto un programma".
"Un programma televisivo?".
"Un programma televisivo con...".
"Guardi la televisione?".
"Si', guardo la televisione".
"E c'e' qualcosa che ti piace?".
"Beh, mi piacerebbe molto poter fare della televisione".
"Quindi di piacerebbe studiare...".
"No, studiare non e' proprio il mio pensiero. Se posso aver fortuna e
arrivare in televisione io sono contenta".
"Contenta di fare che cosa in televisione?".
"Mah, farmi vedere in televisione, farmi notare, se vado bene ecco che...".
Il ragazzo si inserisce nella conversazione e dice: "Fare la velina?".
"E perche' no? Perche', sono stupide le veline? Guadagnano un sacco di
soldi, in poco tempo diventano famose, da un momento all'altro diventano
famose ed e' un gran successo!".
"Ah beh, in questo senso..." dice il ragazzo.
Li lasciamo parlare tra loro e vediamo che cosa succede.
"Anch'io avrei voglia di aver qualche fortuna per cui diventare
immediatamente una persona di successo ma non so, sembra che sia piu' facile
per le donne".
La ragazza risponde: "Ma no, anche per gli uomini. Tu hai visto anche quelli
dell'Isola dei famosi, La fattoria, nei reality sono anche gli uomini che
diventano famosi e tu potresti...".
"No, io non ho voglia di esibirmi in quel modo. Io vorrei si' diventare
famoso ma in un altro modo. Se riuscissi a fare un colpo per esempio, ad
infilarmi in un programma vietato, protetto e a scombinarlo e poi rivelare
che sono stato io, diventerei immediatamente famoso perche' sono riuscito a
colpire i segreti dei computer. Potrei fare un'operazione che mi fa
conoscere dappertutto come la persona che...".
"Ma no, sei stupido! In quel modo ti procuri solo delle grane. Invece io
vorrei essere tranquilla, poter essere riconosciuta quando giro per strada
ma anche ammirata perche' mi piace essere ammirata".
"E poi, quando invecchi?".
"Ah beh, nel frattempo mi trovo un uomo ricco che mi mette tranquilla anche
per il resto della mia vita e quando invecchio sono una vecchia ricca".
"Ah, ma sarai anche una vecchia stupida, e lo sei gia' adesso perche' non e'
un modo di diventare famosi questo, e' un modo di farsi vedere e questo
dell'esibizionismo e' un aspetto deleterio".
*
"I media sono il tipico frutto del XVIII secolo della ricerca illuminista
della verita', che smaschera l'ipocrisia e denuncia il fallimento [utile
smascheramento delle violenze sessuali nella Chiesa, degli abusi sugli
iracheni nella prigione di Abu Ghraib... - A. C.]. La quotidiana immersione
nei media - scorrere i giornali, guardare la televisione, navigare nella
rete - esercita una tremenda pressione sulla nostra percezione gli uni degli
altri e del mondo. Per resistere alla pressione che ci fa soccombere alla
cultura dell''additare', incolpare, screditare, abbiamo bisogno di costruire
consapevolmente ecosistemi in cui i nostri occhi possano essere ripuliti e
possiamo imparare a vedere diversamente" (T. Radcliffe, dic. 2004, p. 745).
I due giovani parlano e noi riflettiamo. Riflettiamo su come e' difficile
oggi avere la credibilita' per orientare. Siamo adulti. E tutti questi
adulti sono parte di un mondo che e' a rischio di credibilita' per chi
cresce. Siamo assimilabili agli adulti che vengono piu' conosciuti che sono
quelli della televisione?
La societa' degli adulti sembra aver perso credibilita' perche' promuove dei
valori che sono esattamente il contrario di quelli dell'apprendimento e
della formazione, della scuola, o quelli che dovrebbero essere della scuola.
A volte la scuola cerca di riconquistare audience - chiamiamola cosi' - nei
confronti dei giovani cercando di cogliere elementi che sono propri delle
televisioni e quindi cercando di attribuirsi delle capacita' promozionali,
sconfitte dal fatto che vengono immediatamente percepite come omologate a
quei valori che sono in antinomia con la proposta della stessa scuola. E
quando viene il tempo delle scelte e dell'orientamento la credibilita' e'
sparita.
Quali sono i valori che rendono poco credibile un adulto? L'avere fatto
credere, per esempio, che la seduzione e' molto meglio della riflessione;
che la violenza puo' benissimo sostituire il dialogo; che la facilita' di
conquista, di battuta, di disimpegno e' molto meglio dell'esigere da se
stessi, dell'impegnarsi; che la sofferenza va lasciata agli altri e non
vissuta in condivisione; che l'individualismo e' molto meglio della
solidarieta' che porta solo ad invischiarsi in mille situazioni; che
l'eliminazione dell'anello debole e' la pratica corrente ed e' il contrario
del puntare su una educazione o una societa' che permetta a tutti, anche ai
deboli, di essere rispettati.
Noi facciamo parte di una vita adulta che si e' fatta scippare una serie di
valori fondanti che non riusciamo piu' a comunicare e pretendiamo di essere
capaci di orientare a dei valori.
Ma e' cosi' drammatica la situazione o non e' cosi'? Si potrebbe discuterne
per capire se questa situazione e' reale in profondita' o solo in
superficie. Chi e' molto pessimista ritiene che questa superficialita' sia
l'unica realta': superficiale si', ma sotto c'e' il nulla. Chi e' meno
pessimista e ha provato a scavare, a grattare la vernice di superficialita',
indubbiamente composta da quello che abbiamo descritto, avverte: No,
attenzione! Sotto c'e' dell'altro.
Sotto c'e' un'umanita' che in chi cresce ha un potenziale straordinario. La
nostra scommessa di adulti deve essere quella di riprendere un ruolo
credibile sapendo che qualcuno ci aspetta, e non che c'e' una generazione
persa di persone che crescono e ormai non c'e' nulla da fare. In molti
adulti c'e' una totale disistima di chi cresce, con l'idea di avere a che
fare con delle persone disturbate, che sono a loro volta dei disturbi. E
partendo cosi' e' chiaro che si conferma la vernice superficiale che non
viene grattata e non si scopre il buon legno che c'e' sotto. Chi cresce e'
un potenziale e bisogna scoprire la possibilita' di riprendere un ruolo
importante. Come si puo' farlo?
Uno dei sospetti che viene guardandosi attorno e' che chi e' educatore nella
scuola, cioe' chi e' insegnante, non assuma questo ruolo ritenendolo una
mansione in piu'. O meglio: e' caduto nella trappola che gli fa credere che
l'orientamento sia un'aggiunta di lavoro e non una dimensione del lavoro che
sta svolgendo. E allora vi e' una sorta di esternalizzazione
dell'orientamento che viene affidato ad agenzie o comunque a persone fuori
dalla scuola. Questo naturalmente potrebbe essere fatto anche molto bene. Ma
rischia spesso di diventare qualcosa che ha un inizio e una fine temporale
molto precisa, e breve perche' ha un costo che non puo' essere sostenuto per
un arco di tempo lungo.
Se invece noi capissimo quanto l'orientamento sia accompagnare! Accompagnare
significa fare un pezzo di strada insieme, un pezzo di vita insieme. Sono
gli anni della crescita: le persone, essendo a scuola, hanno la possibilita'
di capire quanto sia piu' utile riflettere, cercare di capire, cercare di
far propri certi valori per cui non ha ragione chi urla piu' forte ma chi
dimostra meglio, chi si spiega, chi argomenta. Capire che la formazione,
l'apprendimento non e' qualcosa che si conclude con la conclusione del
percorso scolastico ma e' uno stile di vita, e' una capacita' di vivere i
problemi cercando ancora e sempre di capire. Dovrebbero vivere nella scuola
la possibilita' di sbagliare sapendo che l'errore non e' la squalifica ma e'
un'occasione di crescita, di comprensione; non e' solo tollerato ma
utilizzato per progredire, per crescere. L'orientamento principale e'
questo.
Poi c'e' un orientamento fatto di informazione. Dove traduci meglio il tuo
futuro? Dove lo realizzi meglio? Non possiamo fare tutto, dobbiamo fare
delle scelte. Scegliere e' anche un po' doloroso perche' vuol dire chiudersi
delle strade che finche' si e' molto giovani sembrano tutte aperte. Pero' e'
anche vero che si possono scoprire delle passioni. E allora si capisce se
vogliamo ragionare sulla base di una probabilita' di diventare ricchi e
potenti come in un reality o se abbiamo voglia di soffrire per una passione,
far crescere una passione e non badare tanto alla possibilita' che questa
diventi remunerata, ma badare piuttosto alla realizzazione di se'. Questo
puo' coincidere anche con la possibilita' di averne dei benefici anche
economici.
La scelta si puo' costruire meglio se si individua quel "puntino rosso" che
costituisce l'attrazione della nostra vita. "Puntino rosso" e' un termine
che traiamo da una pagina di uno studioso, Arnheim (1974; 1958), in cui si
parla del pellicano. Il pellicano, o meglio la pellicana, ingurgita del cibo
che mastica senza ingoiarlo, facendone riserva nel becco. Il becco del
pellicano comprende una cavita' dove va proprio a situarsi questo cibo. I
piccoli del pellicano, quando hanno desiderio di mangiare, individuano sul
becco della mamma un puntino rosso - ben visibile perche' stagliato col suo
colore sul becco giallo - e picchiano quel puntino rosso con il loro piccolo
becco. Questo comportamento provoca l'apertura e la possibilita' di cibarsi.
Non e' quindi un ingozzare il piccolo, ma e' lui attivo nel chiedere di
mangiare attraverso questo comportamento possibile grazie alla visibilita'
del puntino rosso.
Bisogna che l'adulto, se vuole essere un adulto che guida, che indica, abbia
un "puntino rosso". Ma siccome non siamo dei pellicani e non abbiamo il
becco non dovendo dar da mangiare in senso materiale, il nostro puntino
rosso deve essere soprattutto identificabile nel valore di una scuola che
accetta il percorso: fare un percorso di crescita e non risolvere con degli
atti clamorosi i problemi che incontra; una scuola in cui il puntino rosso
sia la capacita' di portare tutti avanti e non di buttarne via qualcuno o
lasciarlo sul fosso. Bisogna scoprire la possibilita' di essere attraenti,in
un mondo di prepotenti, come un puntino rosso, che e' minoranza sul giallo
del becco.
La scuola non deve essere prepotente, deve essere convincente. E' una
scommessa importante. Se invece interpreta la competitivita' come
possibilita' di sbarazzarsi degli anelli deboli per mandare avanti solo
quelli che sanno farsi valere, tradisce: perde il puntino rosso. Non riesce
piu' ad orientare, a trasmettere una voglia di esplorare il mondo realmente.
Bisogna quindi cominciare a pensare che l'esternalizzazione
dell'orientamento sia per qualche verso un affidarsi a tecnici, che pure
sono validi ma che portano via qualcosa alla figura dell'insegnante.
Altra cosa invece e' la collaborazione per l'orientamento, il capire che
come insegnanti abbiamo tutto da guadagnare dall'aprire dialoghi con altre
realta' che non siano unicamente la scuola, sapendo anche costruire queste
capacita' dialogiche negli stessi ragazzi.
Saper trasmettere a ragazze e ragazzi la capacita' dialogica che vuol dire
saper ascoltare avendo fatto delle domande, saper vedere, saper osservare e
dedurre da cio' che si vede qualcosa che non si vede e che puo' risultare
utile, non precipitandosi su conclusioni; sapere riflettere per capire
meglio. Allora le informazioni, quando arrivano - e ci spiegano quanti sono
gli istituti superiori, dove portano, quali possibilita' di sbocchi
professionali danno - diventano un patrimonio importante di conoscenza e
permettono di lavorare meglio.
C'e' la necessita' - e la scuola e' povera da questo punto di vista - di
avere dei rituali di passaggio. E' utile pensare che questi rituali non
siano costruiti in maniera tale da assomigliare ai rituali televisivi, ai
rituali tribali del concerto rock con ubriacatura collettiva, ma che siano
piuttosto i rituali esplorativi: la capacita' di andare e tornare con delle
notizie e di avere dei momenti ben strutturati, calcolati bene per il tempo
ma anche collocati bene nello spazio della scuola, in cui il ritorno degli
esploratori, che e' un momento di gioia e di festa, diventi un momento di
confronto.
Aggiungiamo un elemento importante: la scuola ha scelto da anni di far
propria la presenza di persone disabili. Vorremmo chiederci e chiedere
quanti compagni e compagne di scuola hanno ragionato sul futuro del loro
compagno, della loro compagna disabile e quanto hanno capito la loro
immagine di futuro attraverso l'esplorazione delle possibilita' per il loro
compagno, per la loro compagna. Molte volte abbiamo avuto l'impressione -
speriamo sbagliata - che vi sia stato un ripiegamento, per lasciare a chi e'
competente - i tecnici sociosanitari - il futuro del compagno, della
compagna disabile senza piu' saperne nulla. A malapena si sa che e' andato
in un centro.
E' necessario catturare le informazioni anche di questo tipo e, come per il
resto, catturarle in un impianto di valori che permetta di fare di quelle
informazioni un apprendimento che conta e che ha delle correlazioni con la
vita e le scelte professionali di chi sta crescendo e deve affacciarsi a
delle responsabilita'.
Responsabilita': altra parola importante nell'orientamento. Sapersi assumere
delle responsabilita' in progressione, non scapparne. Tante volte gli adulti
presentano le responsabilita' come una pena da cui con furbizia ci si
difende sottraendosi.
L'orientamento piu' serio avviene nel collegare l'acquisizione del sapere
con l'imparare a vivere insieme, che vuol dire imparare a rispettare chi
ragiona e convince senza violenza e chi acquisisce competenze e le sa
mettere a disposizione degli altri. L'orientamento basato su questi elementi
e' difficile ma e' la modalita' di riprendere a pensare che la formazione,
l'apprendimento, la scuola, le scelte nella formazione, nell'apprendimento
nella scuola anche superiore e, perche' no, nell'universita' possono
ritornare ad essere un "ascensore sociale", lasciando da parte le veline e i
colpi di mano o di fortuna per diventare celebri. Quelli sono poco
credibili, e fortemente ambigui.
Concludiamo con una citazione che invece di chiudere apre: "Voglio chiarire
subito che sviluppo sostenibile indica fondamentalmente un processo di
consensus building, di costruzione del consenso; cioe': nessuno ci puo' dire
tecnicamente che cos'e' 'sviluppo sostenibile'; il contenuto e' sempre e
necessariamente il risultato di un processo di negoziazione. Ho notato che
in Italia spesso il concetto di negoziazione ha un uso limitato: e' l'ultima
fase di una trattativa di patteggiamento, in cui in qualche modo si va a una
spartizione: tu prendi questo, io prendo quest'altro. Nel mutual gains
approach, nel consensus building e' invece l'intero processo a essere inteso
come negoziazione. La negoziazione comincia quindi con la preparazione, con
l'analisi degli interessi; non e' affatto solo l'ultima fase in cui si
divide la torta. La negoziazione allora e' un concetto molto piu' ampio;
praticamente ogni comunicazione in cui ci sono degli interessi in gioco
inizia a essere una negoziazione" (I. Koppen, 2003).
*
3. Mediazioni e organizzazione
Facciamo l'ipotesi che una classe abbia le stesse caratteristiche di un
gruppo di auto-aiuto. Per prima cosa dobbiamo capire che cosa significa
"gruppo di auto-aiuto". L'esperienza piu' nota dei gruppi di auto-aiuto e'
quella degli alcoolisti anonimi. Il mitico fondatore degli alcoolisti
anonimi e' stato Bill, l'alcoolista; non uno specialista, ma qualcuno che,
vivendo una vera e propria tragedia personale, capi' quanto poteva essere
utile incontrare altre persone che avevano lo stesso bisogno, perche'
vivevano analoghe tragedie, e come potesse essere importante iniziare un
percorso, che venne organizzato in dodici scansioni o tappe, partendo dal
riconoscimento di una propria incapacita' ad essere piu' forti dell'alcool,
quindi a partire dalla propria debolezza e dal riconoscimento della propria
dipendenza.
Questo modo di trovare aiuto in se stessi e nelle altre persone che vivono
dello stesso bisogno e della stessa dipendenza ha una storia quasi
leggendaria, e si e' rivelata utile per altre persone che vivono altri
bisogni e altre dipendenze: la dipendenza dalle droghe, dal cibo, anche
quella dal gioco...
Ci si puo' chiedere come questa riflessione sul gruppo di auto-aiuto possa
riferirsi al gruppo classe dal momento che quest'ultimo non e' composto da
persone che hanno dipendenze, da sostanze o da altro. Ma una classe e'
formata da un gruppo che ha una dipendenza ben precisa e un bisogno in
comune: quello di imparare. Se poi ci riferiamo ad una classe composta da
bambini e bambine o da ragazzi e ragazze e' forte il bisogno di sentirsi
gruppo e di crescere apprendendo. E' proprio in questo senso che ci possono
essere delle interessanti analogie tra la classe e i gruppi di auto-aiuto.
Occorre, innanzitutto, mettere da parte un certo pregiudizio secondo il
quale il termine "aiuto" si riferisce unicamente alla presenza di situazioni
anomale, atipiche, incidenti o bisogni particolari. Ci possono essere
necessita' specifiche per aiuti specifici. Coloro che fanno parte di un
gruppo finalizzato hanno bisogno di un aiuto per raggiungere quella
finalita'. In particolare ogni componente di un gruppo classe ha bisogno di
aiuto per arrivare a realizzare l'obiettivo complessivo dell'alunno che
entra in una classe: crescere apprendendo e imparare crescendo.
Immaginiamo, dunque, che la programmazione di un gruppo classe parta proprio
da quelle che sono le attivita' necessarie per aiutare e creare un gruppo di
auto-aiuto. Molte volte succede che si pensa a tutto: quali attivita'
didattiche svolgere, i tempi e gli spazi per queste attivita'. Ma non si
prevedono i mezzi per sviluppare una dinamica di aiuto e di auto-aiuto tra
gli alunni. Solo in presenza di casi particolari e difficolta' particolari
si cercano forme di aiuto altrettanto particolari.
Riteniamo che questa sia una logica difettosa perche' la particolarita'
viene in qualche modo rinforzata anche senza volerlo e finisce per isolare
un soggetto nel suo problema piuttosto che cogliere l'occasione di crescita
del gruppo classe. E' una dinamica nota, e sovente attivata dai grandi mezzi
di informazione: chi ha bisogno di aiuto deve affacciarsi alla vita degli
altri con qualche elemento che sia piu' visibile, piu' clamoroso di quello
che e' la semplice richiesta di aiuto: deve quindi drammatizzare. La
mancanza di un'attenzione all'aiuto che vorremmo chiamare "normale", proprio
di un gruppo che deve apprendere, e vive il bisogno di organizzare il
proprio apprendimento, fa nascere la drammatizzazione dell'aiuto. Chi e'
piu' fragile, chi ha maggiori difficolta', diventa l'elemento che apre una
prospettiva e si auspica che la prospettiva sia estesa al gruppo classe e
dominata dal tentativo di isolare il soggetto-problema...
Come si sviluppa la proposta dall'auto-aiuto legata alla tradizione dei
gruppi di auto-aiuto?
I gruppi di auto-aiuto non sono nati da soggetti estranei al bisogno ma
direttamente da chi lo viveva. Questa potrebbe essere una difficolta',
perche' potrebbe essere tradotto, se applicato alla lettera,
nell'aspettativa che sia un alunno ad attivarsi per organizzare il gruppo di
auto-aiuto. In realta' nella situazione scolastica proprio per la natura
stessa del gruppo classe, c'e' bisogno di una rilevanza e di una
legittimazione da parte dell'insegnante. Gli elementi da cui puo' nascere
l'auto-aiuto sono propri del gruppo o di singoli alunni che fanno parte del
gruppo. L'insegnante, che del gruppo fa parte e nello stesso tempo e'
osservatore privilegiato, ha la possibilita' di valorizzare e dare forza
alla dinamica dell'auto-aiuto.
(Parte seconda - segue)

3. LIBRI. ANNA CAMAITI HOSTERT PRESENTA "LA LINEA DI POLVERE" DI MASSIMO
CANEVACCI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 luglio 2007, col titolo "Tessiture
amorose fra i bororo" e il sommario "Fra antropologia e rappresentazione di
se' l'ultimo saggio di Massimo Canevacci: La linea di polvere".
Anna Camaiti Hostert, docente, saggista, si occupa di filosofia, teoria
delle identita' e visual studies con particolar riferimento al cinema; ha
insegnato nelle universita' di Roma, Chicago, Los Angeles, New York. Opere
di Anna Camaiti Hostert: Passing. Dissolvere le identita', superare le
differenze, Castelvecchi, 1996, Meltemi, 2006; (con Anthony J. Tamburri),
Scene italoamericane. Rappresentazioni cinematografiche degli italiani
d'America, Luca Sossella Editore, 2001; Sentire il cinema, Cadmo, 2002;
Metix. Cinema globale e cultura visuale, Meltemi, 2004.
Massimo Canevacci Ribeiro ("il secondo cognome lo ha avuto in dote dalla
moglie Sheila") e' docente di antropologia presso la Facolta' di Sociologia
dell'Universita' "La Sapienza" di Roma; dirige la rivista "Avatar", e'
autore di vari saggi; "Ho cominciato a insegnare antropologia culturale
quasi per caso, dopo essermi laureato sulla scuola di Francoforte. Sempre
per caso sono stato invitato in Brasile, dove ho svolto una ricerca empirica
sulla comunicazione urbana a Sao Paulo (la mia 'citta' polifonica'). Poi su
sincretismi culturali, rituali nativi (Xavante), culture eXtreme, arti
digitali. Ricerche, didattiche, pubblicazioni intrecciano metropoli
comunicazionale, flussi visuali, soggetti post-coloniali, pratiche multiple
dell'identita' (avatar)". Opere di Massimo Canevacci: (con Alfonso De Toro),
La comunicazione teatrale, Seam, 1993; La citta' polifonica. Saggio
sull'antropologia della comunicazione urbana, Seam, 1997; Antropologia della
comunicazione visuale. Per un feticismo metodologico, Costa & Nolan, 2000;
Antropologia della comunicazione visuale. Feticci, merci, pubblicita',
cinema, corpi, videoscape, Meltemi, 2001; P. J. Didattica etnografica
sperimentale, Meltemi, 2002; Culture extreme. Mutazioni giovanili nei corpi
delle metropoli, Meltemi, 2003; Sincretismi. Esplorazioni diasporiche sulle
ibridazioni culturali, Costa & Nolan, 2004; Una stupita fatticita'.
Feticismi visuali tra corpi e metropoli, Costa & Nolan, 2007; La linea di
polvere. I miei tropici tra mutamento e autorappresentazione, Meltemi, 2007]

Non e' soltanto un interessante saggio di antropologia l'ultimo libro di
Massimo Canevacci, La linea di polvere. I miei tropici tra mutamento e
autorappresentazione (pp. 238, euro 19,50) uscito di recente per Meltemi
editore. Certo, il nucleo centrale del saggio e' rappresentato dallo studio
del rituale funebre dei bororo (il gruppo etnico del Mato Grosso, in
Brasile, reso celebre da Claude Levi-Strauss con i suoi Tristi tropici e ora
ridotto a una popolazione di un migliaio di persone), uno studio al quale si
affianca la rigorosa analisi del ruolo che i media visuali possono assumere
per eliminare le incrostazioni dell'assimilazione coloniale, un tema che
riprende, espandendoli, alcuni argomentii gia' in precedenza trattati da
Canevacci nei suoi Antropologia della comunicazione visuale e Sincretismi,
usciti entrambi per Costa & Nolan.
Nella premessa, tuttavia, Canevacci precisa in maniera delicata e coraggiosa
come questo libro nasca dall'intreccio tra la ricerca etnografica
propriamente detta e l'amore per la donna a cui tale ricerca e' dedicato.
Anche se, precisa l'autore, "l'incontro amoroso non puo' essere confinato
nella dedica, ma dilaga nella sezione piu' dura del metodo,
surriscaldandolo".
La tessitura amorosa, dunque, attraversa e vivifica i tradizionali confini
del saggio, obbligando l'autore a rivedere, attraverso la pratica della
scrittura, i parametri di rappresentazione di se' e degli altri, tanto che -
scrive ancora l'antropologo - "parlare dell'altro o fotografarlo era nello
stesso spazio-tempo parlare o fotografare me". La narrazione di quelli che
Canevacci definisce di volta in volta "i miei altri me", "le mie alterita'
interne", i "My -selves", i "me multindividuo" o infine "i miei se'
multipli" finisce quindi per intrecciarsi intimamente con il metodo della
ricerca sul campo. Questo racconto viene cosi' definito da un lato dalla
linea di polvere che il mestre Jose' Carlos traccia sul terreno per
ricordare all'antropologo Canevacci, parte del mondo occidentale bianco,
ricco e coloniale, che comunque sara' sempre diverso da quell'universo
bororo con cui pure condivide una grande intimita', e dall'altro da un amore
che ribalta tutte le gerarchie, le scombussola, le rimescola e le ridisegna
completamente facendo immedesimare l'uomo Canevacci con il camalote, buffa
specie di radice itinerante acquatica e quasi ossimorica che diviene con
cio' anche il simbolo di un metodo.
"La composizione di questo testo, fin dalla iniziale esperienza sul campo e
ancor piu' nella fase di stesura - scrive ancora Canevacci nella premessa -
non riusciva a evitare un'esigenza sottile e disperata verso uno
sprofondamento dentro un mio essere narrato". Cosi', in definitiva, il
saggio ruota intorno al "feticcio" della ridefinizione di un metodo che,
partendo dalla linea di polvere i cui granelli ignorano la separazione tra
l'antropologo e il mestre, arriva a considerare i media visuali come occhio
globale esterno e interno, e al tempo stesso parte dallo sguardo amoroso che
dimenticando qualunque confine entra in un "oltre indisciplinato" e
irriducibile.

4. LETTURE. MARIO MARTINI (A CURA DI): LA FILOSOFIA DEL DIALOGO. DA BUBER A
LEVINAS
Mario Martini (a cura di), La filosofia del dialogo. Da Buber a Levinas,
Cittadella Editrice, Assisi 1995, pp. 296. A cura di Mario Martini, le
relazioni di un seminario di studi promosso dalla biblioteca della Pro
Civitate Christiana di Assisi, con contributi - alcuni semplicemente
stupendi - di Carlo Sini, Pietro Prini, Antonio Pieretti, Paolo Ricci
Sindoni, Emilio Baccarini, Gaspare Mura, Luigi Alici, Gianfranco Morra,
Clara Levi Coen, Sergio Quinzio, Francesco Miano, ed una bibliografia
essenziale su Buber e su Levinas. Per richieste alla casa editrice:
Cittadella Editrice, c. p. 94, 06081 Assisi (Pg), tel. 075813595, fax:
075813719, e-mail: amministrazione at cittadellaeditrice.com, sito:
www.cittadellaeditrice.com

5. RILETTURE. LAURA CONTI: CHE COS'E' L'ECOLOGIA
Laura Conti, Che cos'e' l'ecologia. Capitale, lavoro e ambiente, Mazzotta,
Milano 1977, 1981, pp. VIII + 152. Un libro che e' anche - tra altri
meriti - documento di un percorso storico e culturale, lo svolgimento della
tradizione del movimento operaio verso quella che divenne - nel fronteggiare
catastrofi effettuali ed incombenti, e strutturali ingiustizie, e le
ideologie dell'alienazione ad esse corrive; e nel vivo delle straordinarie
lotte sociali, della massiva presa di coscienza, dell'aggettante riflessione
critica di anni che furono anche di grande crescita morale e civile - la
nuova ecologia, l'ecologia scientifica e sociale che tutte e tutti ci
convoca e interpella.

6. RILETTURE. LAURA CONTI: AMBIENTE TERRA
Laura Conti, Ambiente Terra. L'energia, la vita, la storia, Mondadori,
Milano 1988, pp. 210. Quasi una storia della vita sul pianeta, e quasi un
manuale per l'autoformazione di persone consapevoli delle questioni
fondamentali che tutti riguardano. Invero tutto di Laura Conti merita di
essere riletto.

7. RIEDIZIONI. TACITO: ANNALI. GERMANIA
Tacito, Annali. Germania, Mondadori, Milano, 1991 e 1994, 2007, 2 voll. per
complessive pp. XLVI + 1466 732, euro 12,90 + 12,90 (in supplemento a vari
periodici Mondadori). A cura di Lidia Pighetti (gli Annali) e di Elisabetta
Risari (la Germania), testo a fronte, prefazione di Luca Canali, agile e
puntuale apparato. La violenza, l'orrore del potere. La sintassi di Tacito,
la sintassi di Kafka: tu senti che e' solo in quella sintassi che si puo'
dire la verita', che e' una sintassi che affronta l'orrore e cosi' l'orrore
combatte. Cosi' grandi sono le risorse della lingua. Cosi' degno e'
l'ufficio delle lettere quando e' inteso a non altro che al vero. Tacito,
Kafka, e la lotta da condurre. Satyagraha, nel linguaggio gandhiano.

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 185 del 18 agosto 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it