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Minime. 185
- Subject: Minime. 185
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 18 Aug 2007 00:47:30 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 185 del 18 agosto 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Max Roach 2. Andrea Canevaro: Conflitti, riconoscimenti, mediazioni (parte seconda) 3. Anna Camaiti Hostert presenta "La linea di polvere" di Massimo Canevacci 4. Letture: Mario Martini (a cura di), La filosofia del dialogo. Da Buber a Levinas 5. Riletture: Laura Conti, Che cos'e' l'ecologia 6. Riletture: Laura Conti, Ambiente Terra 7. Riedizioni: Tacito, Annali. Germania 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. LUTTI. MAX ROACH Ora ci ha lasciato anche Max Roach. La musica quaggiu' non sara' piu' la stessa, il ritmo della vita non sara' piu' lo stesso. Ma in quell'altrove che tengo ahime' per fermo che sia solo nei cuori di chi resta, e resta per un breve soffio ancora, adesso che incontrera' di nuovo Charlie Parker e tutti gli altri, che jam session infinita. * A quell'idea di Karl Barth secondo cui in presenza dell'Altissimo gli angeli suonano Bach e tra loro per divertirsi Mozart, ci sia consentito sommessamente aggiungere che con Thelonius, e John, e Miles, e tutti gli altri nostri fratelli e tutte le altre nostre sorelle che lassu' li hanno raggiunti, e prime fra tutte Billie e Bessie, ebbene, gli angeli e Wolfgang e Johan Sebastian e finanche l'Altissimo gioiscono ancora di piu', e ancora di piu' illuminano il mondo. Questo mondo cosi' triste ogni volta che una persona buona lo lascia. Questa vita cosi' meravigliosa ogni volta che una persona buona una scintilla dona di felicita'. 2. RIFLESSIONE. ANDREA CANEVARO: CONFLITTI, RICONOSCIMENTI, MEDIAZIONI (PARTE SECONDA) [Ringraziamo di cuore Andrea Canevaro (per contatti: andrea.canevaro at unibo.it) per averci messo a disposizione questo suo intervento dal titolo completo "Conflitti, riconoscimenti, mediazioni nel pensiero e nell'azione educativa", in una stesura ancora provvisoria e vivacemente orale. Andrea Canevaro, nato nel 1939, docente di pedagogia speciale all'universita' di Bologna, e' uno dei piu' illustri pedagogisti italiani. Dal sito www.mediamente.rai.it riprendiamo la seguente scheda: "Andrea Canevaro (1939) ha svolto studi umanistici (laurea in lettere e filosofia), con alcuni anni di borsa di studio presso l'Universita' Lyon 2, e in particolare ha seguito gli studi in pedagogia speciale del professor Claude Kohler. Ha lavorato come educatore nel settore della devianza giovanile. Ha avuto un incarico di insegnamento di Pedagogia Speciale nel 1975 presso il corso di laurea in Pedagogia della Facolta' di Magistero dell'Universita' degli Studi di Bologna; presso la stessa sede dal 1973 era assistente incaricato; e, sempre nella stessa sede, come vincitore di concorso di professore di prima fascia, e' stato chiamato nel novembre 1980 a ricoprire la cattedra di Pedagogia Speciale come professore straordinario dal 1980 al 1983, e successivamente come professore ordinario. Dal 1983 e' stato eletto presidente del corso di laurea in Pedagogia; e dal 1987, per due mandati triennali, e' stato Direttore del Dipartimento di Scienze dell'Educazione, presso lo stesso Ateneo. Nel novembre 1996 e' stato nominato nuovamente direttore del Dipartimento di Scienze dell'Educazione. Ha all'attivo una vasta attivita' di ricerca, che ha prodotto un elevato numero di pubblicazioni. E' membro di associazioni scientifiche internazionali e nazionali, direttore di collane editoriali, e nel comitato scientifico di alcune riviste nazionali ed internazionali". Dal 1966 al 2000 ha fatto parte del gruppo tecnico dell'Osservatorio del Ministero della Pubblica Istruzione per l'integrazione scolastica degli studenti e studentesse in situazione di handicap; ha fatto parte della Commissione insediata dal Ministero della Sanita' (1997 - 1998) per la definizione di un protocollo per le riabilitazioni di soggetti in situazione di handicap; relatore in numerosi Congressi ed in particolare al Congresso Unesco di Salamanca (1988) dove e' nata la "Carta di Salamanca" per i disabili; e' membro di numerose associazioni scientifiche nazionali ed internazionali e in particolare del Collectif de Recherches sur le Handicap et l'Education Specialisee; e' stato ed e' collaboratore/consulente di Progetti in Cambogia (1997/1998), Bosnia (1995/2000), Rwanda (1999/2000), Bielorussia (1999 ad oggi) in stretto rapporto con il Ministero degli Affari Esteri; ha svolto attivita' seminariali in diverse Universita' (Montreal, Minsk, Tuzla, Buenos Aires); ha collaborato e collabora alla valutazione di progetti nel settore della Pedagogia Speciale per l'Universite' du Quebec a Montreal. E' autore di numerosi volumi pubblicati su: educazione ed handicappati, manuale per 'íintegrazione scolastica, la formazione dell'educatore professionale, scuola dell'infanzia - handicap - integrazione, pedagogia speciale dell'integrazione, potenziali individuali di apprendimento, la relazione di aiuto, ecc. Tra le principali pubblicazioni di Andrea Canevaro: L'illusione pedagogica, Armando, Roma 1974; Il bambino che non sara' padrone, Emme, Milano 1975; I bambini che si perdono nel bosco. Identita' e linguaggi nell'infanzia, La Nuova Italia, Firenze 1976, 1997; I ragazzi scomodi, Edb, Bologna 1977; Il banco dell'asino e del poeta, Emme, Milano 1978; Educazione e handicappati, La Nuova Italia, Firenze 1979; (con Raffaella Bassi Neri), Programmazione e difficolta' scolastiche, Bruno Mondadori, Milano 1979; Handicap e scuola. Manuale per l'integrazione scolastica, Nuova Italia Scientifica (Nis), Roma 1983; (con Maria Angiolini, Franco Frabboni), Mi hanno preso a scuola. Nell'handicappato c'e' un bambino e uno scolaro: sono tre, Franco Angeli, Milano 1985; Handicap e identita', Cappelli, Bologna 1986; (con A. Rubinelli), Per l'handicap. Un modello pedagogico complesso, Pellegrini, Cosenza 1986; (con Jean Gaudreau), L'educazione degli handicappati. Dai primi tentativi alla pedagogia moderna, Nis, Roma 1988, poi Carocci, Roma 2002; (a cura di, con Maria Angiolini, Maria Saragoni), Handicap, ricerca e sperimentazione. La realizzazione di un progetto educativo per l'integrazione, Nis, Roma 1988; Handicap e luoghi dell'educazione, Eit, Teramo 1989; La formazione dell'educatore professionale, Nis, Roma 1991; Quel bambino la'... Scuola dell'infanzia, handicap e integrazione, La Nuova Italia, Firenze 1996; (con Cristina Balzaretti, Giancarlo Rigon), Pedagogia speciale dell'integrazione. Handicap: conoscere e accompagnare, La Nuova Italia, Firenze 1996; Potenziali individuali di apprendimento, La Nuova Italia, Firenze, 1996; Pedagogia speciale. La riduzione dell'handicap, Bruno Mondadori, Milano 1999; (con Emanuela Cocever, Petra Weis), Le ragioni dell'integrazione. Inserimento scolastico di alunni con handicap. Una ricerca in tre aree dell'Unione Europea, Utet, Torino 1996; (con Arrigo Chieregatti), La relazione di aiuto. L'incontro con l'altro nelle professioni educative, Carocci, Roma 1999; (con Giacomo Cives , Franco Frabboni), Fondamenti di pedagogia e di didattica, Laterza, Roma-Bari 1999; La seconda vita delle cose. Percorsi di educazione ambientale. Volume per l'alunno, Centro Studi Erickson, 1999; (con Andrea Gamberini), Esploro il mio corpo e l'ambiente. Giochi e attivita' per bambini dai due ai sette anni, Centro Studi Erickson, 2002; (con Augusto Battaglia, Michelangelo Chiurchiu'), Figli per sempre. La cura continua del disabile mentale, Carocci, 2002, 2005; (con Dario Ianes), Diversabilita'. Storie e dialoghi nell'anno europeo delle persone disabili, Centro Studi Erickson, 2003; (con Marianna Mandato), L'integrazione e la prospettiva inclusiva, Monolite, 2004; Le logiche del confine e del sentiero. Una pedagogia dell'inclusione (per tutti, disabili inclusi), Centro Studi Erickson, 2006] 2. Orientarsi fra riconoscimenti autentici e falsi "Su dieci coppie che vivono in dieci appartamenti del mio palazzo, solo una e' composta da persone della stessa nazionalita'... Come dividerli? Ho chiesto. Se Sarajevo si dividesse io non potrei fare il bagno, perche' la vasca rimarrebbe nella provincia serba di mia moglie, ma per questo mia moglie serba non si potrebbe lavare la faccia perche' il lavandino rimarrebbe nella mia provincia. E cosi' per nove appartamenti su dieci, quanti ce ne sono in questo edificio" (D. Karahasan,1995, p. 58). I riconoscimenti falsati sono solo quelli di certe zone del mondo dove i conflitti interetnici hanno creato situazioni drammaticamente paradossali come quella citata? Immaginiamo di incontrare due giovani, una ragazza e un ragazzo, nell'eta' della scelta. Noi chiacchieriamo con loro cercando, attraverso un dialogo, di capire i loro gusti. Vorremmo avviare una conversazione che non sia immediatamente focalizzata su degli elementi che si traducano in "cosa vuoi fare da grande"; vorremmo esplorare le loro attitudini, le loro passioni, il loro modo di passare il tempo e anche di sognare e di immaginare il loro futuro. Capiamo che hanno una grande voglia di stare bene e di divertirsi, che si accompagna pero' anche ad una certa generosita' altruistica nella loro vita. La generosita' porta anche noi che siamo adulti a fare dei nomi e a dire: quale e' il personaggio che piu' vorreste imitare? La ragazza dice madre Teresa di Calcutta, il ragazzo e' incerto; suggeriamo Che Guevara, Martin Luther King. Ci guarda un po' stupito poi sorride e dice: ma non sono mica cosi' vecchio! Vorremmo capire meglio, che cosa vuol dire? Dice: "Questi sono personaggi di cui ho sentito parlare ma ne so poco, il primo ancora... ma il secondo chi e'? Ne ho sentito parlare perche' c'e' una scuola che porta il suo nome ma non so niente di piu'". Abbiamo quindi incontrato un ostacolo che non ci aspettavamo. I nostri riferimenti, molto mitizzati per certe generazioni, possono essere quasi ignoti ai nostri interlocutori. Proviamo a passare in rassegna altri nomi: visto che questo e' stato un avvio infelice proviamo a vedere se altri nomi ci permettono di avere un recupero: "Vasco Rossi?". Altro sorriso: "Vasco Rossi? Mah, come potrei diventare Vasco Rossi! Io non ho voglia di esibirmi". "Ah, non hai voglia di esibirti? Gia' questo e' una cosa interessante. Ma perche' ti piacerebbe piu' stare...". "Mah, mi piacerebbe navigare". "Navigare in internet?". "Certo! Io ho una passione per i computer". "Ah, beh, se hai una passione per i computer penso che ti piacera' studiare!". "Ah no! I computer sono una passione ma io non ho nessuna intenzione di studiare i computer. Io passo il tempo a chattare ma basta. Sento delle musiche con il computer, mi intrufolo in certi programmi e questi sono i miei passatempi ma studiare no". La conversazione non e' stata facile. Per evitare di sentirci depressi, proviamo a recuperare rivolgendoci alla ragazza che sembrava piu' capace di individuare fra i personaggi madre Teresa di Calcutta. Abbiamo l'idea che potrebbe interessarle parlare di qualcosa che riguarda il mondo dei miseri, degli sconfitti, dei derelitti. Accenniamo a questo tema ma le reazioni sono di insofferenza. "Madre Teresa di Calcutta pero' ha speso la sua vita per questa causa!". "Si', ma certo, e' evidente, pero' io non ho nessuna intenzione di mettermi a fare la suora, la missionaria, la martire". "Ma come passi il tempo? Ti piace leggere delle cose di madre Teresa di Calcutta?". "No, l'ho detto perche' mi e' venuto in mente. E' un personaggio che mi ha attirato... Ho visto un programma". "Un programma televisivo?". "Un programma televisivo con...". "Guardi la televisione?". "Si', guardo la televisione". "E c'e' qualcosa che ti piace?". "Beh, mi piacerebbe molto poter fare della televisione". "Quindi di piacerebbe studiare...". "No, studiare non e' proprio il mio pensiero. Se posso aver fortuna e arrivare in televisione io sono contenta". "Contenta di fare che cosa in televisione?". "Mah, farmi vedere in televisione, farmi notare, se vado bene ecco che...". Il ragazzo si inserisce nella conversazione e dice: "Fare la velina?". "E perche' no? Perche', sono stupide le veline? Guadagnano un sacco di soldi, in poco tempo diventano famose, da un momento all'altro diventano famose ed e' un gran successo!". "Ah beh, in questo senso..." dice il ragazzo. Li lasciamo parlare tra loro e vediamo che cosa succede. "Anch'io avrei voglia di aver qualche fortuna per cui diventare immediatamente una persona di successo ma non so, sembra che sia piu' facile per le donne". La ragazza risponde: "Ma no, anche per gli uomini. Tu hai visto anche quelli dell'Isola dei famosi, La fattoria, nei reality sono anche gli uomini che diventano famosi e tu potresti...". "No, io non ho voglia di esibirmi in quel modo. Io vorrei si' diventare famoso ma in un altro modo. Se riuscissi a fare un colpo per esempio, ad infilarmi in un programma vietato, protetto e a scombinarlo e poi rivelare che sono stato io, diventerei immediatamente famoso perche' sono riuscito a colpire i segreti dei computer. Potrei fare un'operazione che mi fa conoscere dappertutto come la persona che...". "Ma no, sei stupido! In quel modo ti procuri solo delle grane. Invece io vorrei essere tranquilla, poter essere riconosciuta quando giro per strada ma anche ammirata perche' mi piace essere ammirata". "E poi, quando invecchi?". "Ah beh, nel frattempo mi trovo un uomo ricco che mi mette tranquilla anche per il resto della mia vita e quando invecchio sono una vecchia ricca". "Ah, ma sarai anche una vecchia stupida, e lo sei gia' adesso perche' non e' un modo di diventare famosi questo, e' un modo di farsi vedere e questo dell'esibizionismo e' un aspetto deleterio". * "I media sono il tipico frutto del XVIII secolo della ricerca illuminista della verita', che smaschera l'ipocrisia e denuncia il fallimento [utile smascheramento delle violenze sessuali nella Chiesa, degli abusi sugli iracheni nella prigione di Abu Ghraib... - A. C.]. La quotidiana immersione nei media - scorrere i giornali, guardare la televisione, navigare nella rete - esercita una tremenda pressione sulla nostra percezione gli uni degli altri e del mondo. Per resistere alla pressione che ci fa soccombere alla cultura dell''additare', incolpare, screditare, abbiamo bisogno di costruire consapevolmente ecosistemi in cui i nostri occhi possano essere ripuliti e possiamo imparare a vedere diversamente" (T. Radcliffe, dic. 2004, p. 745). I due giovani parlano e noi riflettiamo. Riflettiamo su come e' difficile oggi avere la credibilita' per orientare. Siamo adulti. E tutti questi adulti sono parte di un mondo che e' a rischio di credibilita' per chi cresce. Siamo assimilabili agli adulti che vengono piu' conosciuti che sono quelli della televisione? La societa' degli adulti sembra aver perso credibilita' perche' promuove dei valori che sono esattamente il contrario di quelli dell'apprendimento e della formazione, della scuola, o quelli che dovrebbero essere della scuola. A volte la scuola cerca di riconquistare audience - chiamiamola cosi' - nei confronti dei giovani cercando di cogliere elementi che sono propri delle televisioni e quindi cercando di attribuirsi delle capacita' promozionali, sconfitte dal fatto che vengono immediatamente percepite come omologate a quei valori che sono in antinomia con la proposta della stessa scuola. E quando viene il tempo delle scelte e dell'orientamento la credibilita' e' sparita. Quali sono i valori che rendono poco credibile un adulto? L'avere fatto credere, per esempio, che la seduzione e' molto meglio della riflessione; che la violenza puo' benissimo sostituire il dialogo; che la facilita' di conquista, di battuta, di disimpegno e' molto meglio dell'esigere da se stessi, dell'impegnarsi; che la sofferenza va lasciata agli altri e non vissuta in condivisione; che l'individualismo e' molto meglio della solidarieta' che porta solo ad invischiarsi in mille situazioni; che l'eliminazione dell'anello debole e' la pratica corrente ed e' il contrario del puntare su una educazione o una societa' che permetta a tutti, anche ai deboli, di essere rispettati. Noi facciamo parte di una vita adulta che si e' fatta scippare una serie di valori fondanti che non riusciamo piu' a comunicare e pretendiamo di essere capaci di orientare a dei valori. Ma e' cosi' drammatica la situazione o non e' cosi'? Si potrebbe discuterne per capire se questa situazione e' reale in profondita' o solo in superficie. Chi e' molto pessimista ritiene che questa superficialita' sia l'unica realta': superficiale si', ma sotto c'e' il nulla. Chi e' meno pessimista e ha provato a scavare, a grattare la vernice di superficialita', indubbiamente composta da quello che abbiamo descritto, avverte: No, attenzione! Sotto c'e' dell'altro. Sotto c'e' un'umanita' che in chi cresce ha un potenziale straordinario. La nostra scommessa di adulti deve essere quella di riprendere un ruolo credibile sapendo che qualcuno ci aspetta, e non che c'e' una generazione persa di persone che crescono e ormai non c'e' nulla da fare. In molti adulti c'e' una totale disistima di chi cresce, con l'idea di avere a che fare con delle persone disturbate, che sono a loro volta dei disturbi. E partendo cosi' e' chiaro che si conferma la vernice superficiale che non viene grattata e non si scopre il buon legno che c'e' sotto. Chi cresce e' un potenziale e bisogna scoprire la possibilita' di riprendere un ruolo importante. Come si puo' farlo? Uno dei sospetti che viene guardandosi attorno e' che chi e' educatore nella scuola, cioe' chi e' insegnante, non assuma questo ruolo ritenendolo una mansione in piu'. O meglio: e' caduto nella trappola che gli fa credere che l'orientamento sia un'aggiunta di lavoro e non una dimensione del lavoro che sta svolgendo. E allora vi e' una sorta di esternalizzazione dell'orientamento che viene affidato ad agenzie o comunque a persone fuori dalla scuola. Questo naturalmente potrebbe essere fatto anche molto bene. Ma rischia spesso di diventare qualcosa che ha un inizio e una fine temporale molto precisa, e breve perche' ha un costo che non puo' essere sostenuto per un arco di tempo lungo. Se invece noi capissimo quanto l'orientamento sia accompagnare! Accompagnare significa fare un pezzo di strada insieme, un pezzo di vita insieme. Sono gli anni della crescita: le persone, essendo a scuola, hanno la possibilita' di capire quanto sia piu' utile riflettere, cercare di capire, cercare di far propri certi valori per cui non ha ragione chi urla piu' forte ma chi dimostra meglio, chi si spiega, chi argomenta. Capire che la formazione, l'apprendimento non e' qualcosa che si conclude con la conclusione del percorso scolastico ma e' uno stile di vita, e' una capacita' di vivere i problemi cercando ancora e sempre di capire. Dovrebbero vivere nella scuola la possibilita' di sbagliare sapendo che l'errore non e' la squalifica ma e' un'occasione di crescita, di comprensione; non e' solo tollerato ma utilizzato per progredire, per crescere. L'orientamento principale e' questo. Poi c'e' un orientamento fatto di informazione. Dove traduci meglio il tuo futuro? Dove lo realizzi meglio? Non possiamo fare tutto, dobbiamo fare delle scelte. Scegliere e' anche un po' doloroso perche' vuol dire chiudersi delle strade che finche' si e' molto giovani sembrano tutte aperte. Pero' e' anche vero che si possono scoprire delle passioni. E allora si capisce se vogliamo ragionare sulla base di una probabilita' di diventare ricchi e potenti come in un reality o se abbiamo voglia di soffrire per una passione, far crescere una passione e non badare tanto alla possibilita' che questa diventi remunerata, ma badare piuttosto alla realizzazione di se'. Questo puo' coincidere anche con la possibilita' di averne dei benefici anche economici. La scelta si puo' costruire meglio se si individua quel "puntino rosso" che costituisce l'attrazione della nostra vita. "Puntino rosso" e' un termine che traiamo da una pagina di uno studioso, Arnheim (1974; 1958), in cui si parla del pellicano. Il pellicano, o meglio la pellicana, ingurgita del cibo che mastica senza ingoiarlo, facendone riserva nel becco. Il becco del pellicano comprende una cavita' dove va proprio a situarsi questo cibo. I piccoli del pellicano, quando hanno desiderio di mangiare, individuano sul becco della mamma un puntino rosso - ben visibile perche' stagliato col suo colore sul becco giallo - e picchiano quel puntino rosso con il loro piccolo becco. Questo comportamento provoca l'apertura e la possibilita' di cibarsi. Non e' quindi un ingozzare il piccolo, ma e' lui attivo nel chiedere di mangiare attraverso questo comportamento possibile grazie alla visibilita' del puntino rosso. Bisogna che l'adulto, se vuole essere un adulto che guida, che indica, abbia un "puntino rosso". Ma siccome non siamo dei pellicani e non abbiamo il becco non dovendo dar da mangiare in senso materiale, il nostro puntino rosso deve essere soprattutto identificabile nel valore di una scuola che accetta il percorso: fare un percorso di crescita e non risolvere con degli atti clamorosi i problemi che incontra; una scuola in cui il puntino rosso sia la capacita' di portare tutti avanti e non di buttarne via qualcuno o lasciarlo sul fosso. Bisogna scoprire la possibilita' di essere attraenti,in un mondo di prepotenti, come un puntino rosso, che e' minoranza sul giallo del becco. La scuola non deve essere prepotente, deve essere convincente. E' una scommessa importante. Se invece interpreta la competitivita' come possibilita' di sbarazzarsi degli anelli deboli per mandare avanti solo quelli che sanno farsi valere, tradisce: perde il puntino rosso. Non riesce piu' ad orientare, a trasmettere una voglia di esplorare il mondo realmente. Bisogna quindi cominciare a pensare che l'esternalizzazione dell'orientamento sia per qualche verso un affidarsi a tecnici, che pure sono validi ma che portano via qualcosa alla figura dell'insegnante. Altra cosa invece e' la collaborazione per l'orientamento, il capire che come insegnanti abbiamo tutto da guadagnare dall'aprire dialoghi con altre realta' che non siano unicamente la scuola, sapendo anche costruire queste capacita' dialogiche negli stessi ragazzi. Saper trasmettere a ragazze e ragazzi la capacita' dialogica che vuol dire saper ascoltare avendo fatto delle domande, saper vedere, saper osservare e dedurre da cio' che si vede qualcosa che non si vede e che puo' risultare utile, non precipitandosi su conclusioni; sapere riflettere per capire meglio. Allora le informazioni, quando arrivano - e ci spiegano quanti sono gli istituti superiori, dove portano, quali possibilita' di sbocchi professionali danno - diventano un patrimonio importante di conoscenza e permettono di lavorare meglio. C'e' la necessita' - e la scuola e' povera da questo punto di vista - di avere dei rituali di passaggio. E' utile pensare che questi rituali non siano costruiti in maniera tale da assomigliare ai rituali televisivi, ai rituali tribali del concerto rock con ubriacatura collettiva, ma che siano piuttosto i rituali esplorativi: la capacita' di andare e tornare con delle notizie e di avere dei momenti ben strutturati, calcolati bene per il tempo ma anche collocati bene nello spazio della scuola, in cui il ritorno degli esploratori, che e' un momento di gioia e di festa, diventi un momento di confronto. Aggiungiamo un elemento importante: la scuola ha scelto da anni di far propria la presenza di persone disabili. Vorremmo chiederci e chiedere quanti compagni e compagne di scuola hanno ragionato sul futuro del loro compagno, della loro compagna disabile e quanto hanno capito la loro immagine di futuro attraverso l'esplorazione delle possibilita' per il loro compagno, per la loro compagna. Molte volte abbiamo avuto l'impressione - speriamo sbagliata - che vi sia stato un ripiegamento, per lasciare a chi e' competente - i tecnici sociosanitari - il futuro del compagno, della compagna disabile senza piu' saperne nulla. A malapena si sa che e' andato in un centro. E' necessario catturare le informazioni anche di questo tipo e, come per il resto, catturarle in un impianto di valori che permetta di fare di quelle informazioni un apprendimento che conta e che ha delle correlazioni con la vita e le scelte professionali di chi sta crescendo e deve affacciarsi a delle responsabilita'. Responsabilita': altra parola importante nell'orientamento. Sapersi assumere delle responsabilita' in progressione, non scapparne. Tante volte gli adulti presentano le responsabilita' come una pena da cui con furbizia ci si difende sottraendosi. L'orientamento piu' serio avviene nel collegare l'acquisizione del sapere con l'imparare a vivere insieme, che vuol dire imparare a rispettare chi ragiona e convince senza violenza e chi acquisisce competenze e le sa mettere a disposizione degli altri. L'orientamento basato su questi elementi e' difficile ma e' la modalita' di riprendere a pensare che la formazione, l'apprendimento, la scuola, le scelte nella formazione, nell'apprendimento nella scuola anche superiore e, perche' no, nell'universita' possono ritornare ad essere un "ascensore sociale", lasciando da parte le veline e i colpi di mano o di fortuna per diventare celebri. Quelli sono poco credibili, e fortemente ambigui. Concludiamo con una citazione che invece di chiudere apre: "Voglio chiarire subito che sviluppo sostenibile indica fondamentalmente un processo di consensus building, di costruzione del consenso; cioe': nessuno ci puo' dire tecnicamente che cos'e' 'sviluppo sostenibile'; il contenuto e' sempre e necessariamente il risultato di un processo di negoziazione. Ho notato che in Italia spesso il concetto di negoziazione ha un uso limitato: e' l'ultima fase di una trattativa di patteggiamento, in cui in qualche modo si va a una spartizione: tu prendi questo, io prendo quest'altro. Nel mutual gains approach, nel consensus building e' invece l'intero processo a essere inteso come negoziazione. La negoziazione comincia quindi con la preparazione, con l'analisi degli interessi; non e' affatto solo l'ultima fase in cui si divide la torta. La negoziazione allora e' un concetto molto piu' ampio; praticamente ogni comunicazione in cui ci sono degli interessi in gioco inizia a essere una negoziazione" (I. Koppen, 2003). * 3. Mediazioni e organizzazione Facciamo l'ipotesi che una classe abbia le stesse caratteristiche di un gruppo di auto-aiuto. Per prima cosa dobbiamo capire che cosa significa "gruppo di auto-aiuto". L'esperienza piu' nota dei gruppi di auto-aiuto e' quella degli alcoolisti anonimi. Il mitico fondatore degli alcoolisti anonimi e' stato Bill, l'alcoolista; non uno specialista, ma qualcuno che, vivendo una vera e propria tragedia personale, capi' quanto poteva essere utile incontrare altre persone che avevano lo stesso bisogno, perche' vivevano analoghe tragedie, e come potesse essere importante iniziare un percorso, che venne organizzato in dodici scansioni o tappe, partendo dal riconoscimento di una propria incapacita' ad essere piu' forti dell'alcool, quindi a partire dalla propria debolezza e dal riconoscimento della propria dipendenza. Questo modo di trovare aiuto in se stessi e nelle altre persone che vivono dello stesso bisogno e della stessa dipendenza ha una storia quasi leggendaria, e si e' rivelata utile per altre persone che vivono altri bisogni e altre dipendenze: la dipendenza dalle droghe, dal cibo, anche quella dal gioco... Ci si puo' chiedere come questa riflessione sul gruppo di auto-aiuto possa riferirsi al gruppo classe dal momento che quest'ultimo non e' composto da persone che hanno dipendenze, da sostanze o da altro. Ma una classe e' formata da un gruppo che ha una dipendenza ben precisa e un bisogno in comune: quello di imparare. Se poi ci riferiamo ad una classe composta da bambini e bambine o da ragazzi e ragazze e' forte il bisogno di sentirsi gruppo e di crescere apprendendo. E' proprio in questo senso che ci possono essere delle interessanti analogie tra la classe e i gruppi di auto-aiuto. Occorre, innanzitutto, mettere da parte un certo pregiudizio secondo il quale il termine "aiuto" si riferisce unicamente alla presenza di situazioni anomale, atipiche, incidenti o bisogni particolari. Ci possono essere necessita' specifiche per aiuti specifici. Coloro che fanno parte di un gruppo finalizzato hanno bisogno di un aiuto per raggiungere quella finalita'. In particolare ogni componente di un gruppo classe ha bisogno di aiuto per arrivare a realizzare l'obiettivo complessivo dell'alunno che entra in una classe: crescere apprendendo e imparare crescendo. Immaginiamo, dunque, che la programmazione di un gruppo classe parta proprio da quelle che sono le attivita' necessarie per aiutare e creare un gruppo di auto-aiuto. Molte volte succede che si pensa a tutto: quali attivita' didattiche svolgere, i tempi e gli spazi per queste attivita'. Ma non si prevedono i mezzi per sviluppare una dinamica di aiuto e di auto-aiuto tra gli alunni. Solo in presenza di casi particolari e difficolta' particolari si cercano forme di aiuto altrettanto particolari. Riteniamo che questa sia una logica difettosa perche' la particolarita' viene in qualche modo rinforzata anche senza volerlo e finisce per isolare un soggetto nel suo problema piuttosto che cogliere l'occasione di crescita del gruppo classe. E' una dinamica nota, e sovente attivata dai grandi mezzi di informazione: chi ha bisogno di aiuto deve affacciarsi alla vita degli altri con qualche elemento che sia piu' visibile, piu' clamoroso di quello che e' la semplice richiesta di aiuto: deve quindi drammatizzare. La mancanza di un'attenzione all'aiuto che vorremmo chiamare "normale", proprio di un gruppo che deve apprendere, e vive il bisogno di organizzare il proprio apprendimento, fa nascere la drammatizzazione dell'aiuto. Chi e' piu' fragile, chi ha maggiori difficolta', diventa l'elemento che apre una prospettiva e si auspica che la prospettiva sia estesa al gruppo classe e dominata dal tentativo di isolare il soggetto-problema... Come si sviluppa la proposta dall'auto-aiuto legata alla tradizione dei gruppi di auto-aiuto? I gruppi di auto-aiuto non sono nati da soggetti estranei al bisogno ma direttamente da chi lo viveva. Questa potrebbe essere una difficolta', perche' potrebbe essere tradotto, se applicato alla lettera, nell'aspettativa che sia un alunno ad attivarsi per organizzare il gruppo di auto-aiuto. In realta' nella situazione scolastica proprio per la natura stessa del gruppo classe, c'e' bisogno di una rilevanza e di una legittimazione da parte dell'insegnante. Gli elementi da cui puo' nascere l'auto-aiuto sono propri del gruppo o di singoli alunni che fanno parte del gruppo. L'insegnante, che del gruppo fa parte e nello stesso tempo e' osservatore privilegiato, ha la possibilita' di valorizzare e dare forza alla dinamica dell'auto-aiuto. (Parte seconda - segue) 3. LIBRI. ANNA CAMAITI HOSTERT PRESENTA "LA LINEA DI POLVERE" DI MASSIMO CANEVACCI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 luglio 2007, col titolo "Tessiture amorose fra i bororo" e il sommario "Fra antropologia e rappresentazione di se' l'ultimo saggio di Massimo Canevacci: La linea di polvere". Anna Camaiti Hostert, docente, saggista, si occupa di filosofia, teoria delle identita' e visual studies con particolar riferimento al cinema; ha insegnato nelle universita' di Roma, Chicago, Los Angeles, New York. Opere di Anna Camaiti Hostert: Passing. Dissolvere le identita', superare le differenze, Castelvecchi, 1996, Meltemi, 2006; (con Anthony J. Tamburri), Scene italoamericane. Rappresentazioni cinematografiche degli italiani d'America, Luca Sossella Editore, 2001; Sentire il cinema, Cadmo, 2002; Metix. Cinema globale e cultura visuale, Meltemi, 2004. Massimo Canevacci Ribeiro ("il secondo cognome lo ha avuto in dote dalla moglie Sheila") e' docente di antropologia presso la Facolta' di Sociologia dell'Universita' "La Sapienza" di Roma; dirige la rivista "Avatar", e' autore di vari saggi; "Ho cominciato a insegnare antropologia culturale quasi per caso, dopo essermi laureato sulla scuola di Francoforte. Sempre per caso sono stato invitato in Brasile, dove ho svolto una ricerca empirica sulla comunicazione urbana a Sao Paulo (la mia 'citta' polifonica'). Poi su sincretismi culturali, rituali nativi (Xavante), culture eXtreme, arti digitali. Ricerche, didattiche, pubblicazioni intrecciano metropoli comunicazionale, flussi visuali, soggetti post-coloniali, pratiche multiple dell'identita' (avatar)". Opere di Massimo Canevacci: (con Alfonso De Toro), La comunicazione teatrale, Seam, 1993; La citta' polifonica. Saggio sull'antropologia della comunicazione urbana, Seam, 1997; Antropologia della comunicazione visuale. Per un feticismo metodologico, Costa & Nolan, 2000; Antropologia della comunicazione visuale. Feticci, merci, pubblicita', cinema, corpi, videoscape, Meltemi, 2001; P. J. Didattica etnografica sperimentale, Meltemi, 2002; Culture extreme. Mutazioni giovanili nei corpi delle metropoli, Meltemi, 2003; Sincretismi. Esplorazioni diasporiche sulle ibridazioni culturali, Costa & Nolan, 2004; Una stupita fatticita'. Feticismi visuali tra corpi e metropoli, Costa & Nolan, 2007; La linea di polvere. I miei tropici tra mutamento e autorappresentazione, Meltemi, 2007] Non e' soltanto un interessante saggio di antropologia l'ultimo libro di Massimo Canevacci, La linea di polvere. I miei tropici tra mutamento e autorappresentazione (pp. 238, euro 19,50) uscito di recente per Meltemi editore. Certo, il nucleo centrale del saggio e' rappresentato dallo studio del rituale funebre dei bororo (il gruppo etnico del Mato Grosso, in Brasile, reso celebre da Claude Levi-Strauss con i suoi Tristi tropici e ora ridotto a una popolazione di un migliaio di persone), uno studio al quale si affianca la rigorosa analisi del ruolo che i media visuali possono assumere per eliminare le incrostazioni dell'assimilazione coloniale, un tema che riprende, espandendoli, alcuni argomentii gia' in precedenza trattati da Canevacci nei suoi Antropologia della comunicazione visuale e Sincretismi, usciti entrambi per Costa & Nolan. Nella premessa, tuttavia, Canevacci precisa in maniera delicata e coraggiosa come questo libro nasca dall'intreccio tra la ricerca etnografica propriamente detta e l'amore per la donna a cui tale ricerca e' dedicato. Anche se, precisa l'autore, "l'incontro amoroso non puo' essere confinato nella dedica, ma dilaga nella sezione piu' dura del metodo, surriscaldandolo". La tessitura amorosa, dunque, attraversa e vivifica i tradizionali confini del saggio, obbligando l'autore a rivedere, attraverso la pratica della scrittura, i parametri di rappresentazione di se' e degli altri, tanto che - scrive ancora l'antropologo - "parlare dell'altro o fotografarlo era nello stesso spazio-tempo parlare o fotografare me". La narrazione di quelli che Canevacci definisce di volta in volta "i miei altri me", "le mie alterita' interne", i "My -selves", i "me multindividuo" o infine "i miei se' multipli" finisce quindi per intrecciarsi intimamente con il metodo della ricerca sul campo. Questo racconto viene cosi' definito da un lato dalla linea di polvere che il mestre Jose' Carlos traccia sul terreno per ricordare all'antropologo Canevacci, parte del mondo occidentale bianco, ricco e coloniale, che comunque sara' sempre diverso da quell'universo bororo con cui pure condivide una grande intimita', e dall'altro da un amore che ribalta tutte le gerarchie, le scombussola, le rimescola e le ridisegna completamente facendo immedesimare l'uomo Canevacci con il camalote, buffa specie di radice itinerante acquatica e quasi ossimorica che diviene con cio' anche il simbolo di un metodo. "La composizione di questo testo, fin dalla iniziale esperienza sul campo e ancor piu' nella fase di stesura - scrive ancora Canevacci nella premessa - non riusciva a evitare un'esigenza sottile e disperata verso uno sprofondamento dentro un mio essere narrato". Cosi', in definitiva, il saggio ruota intorno al "feticcio" della ridefinizione di un metodo che, partendo dalla linea di polvere i cui granelli ignorano la separazione tra l'antropologo e il mestre, arriva a considerare i media visuali come occhio globale esterno e interno, e al tempo stesso parte dallo sguardo amoroso che dimenticando qualunque confine entra in un "oltre indisciplinato" e irriducibile. 4. LETTURE. MARIO MARTINI (A CURA DI): LA FILOSOFIA DEL DIALOGO. DA BUBER A LEVINAS Mario Martini (a cura di), La filosofia del dialogo. Da Buber a Levinas, Cittadella Editrice, Assisi 1995, pp. 296. A cura di Mario Martini, le relazioni di un seminario di studi promosso dalla biblioteca della Pro Civitate Christiana di Assisi, con contributi - alcuni semplicemente stupendi - di Carlo Sini, Pietro Prini, Antonio Pieretti, Paolo Ricci Sindoni, Emilio Baccarini, Gaspare Mura, Luigi Alici, Gianfranco Morra, Clara Levi Coen, Sergio Quinzio, Francesco Miano, ed una bibliografia essenziale su Buber e su Levinas. Per richieste alla casa editrice: Cittadella Editrice, c. p. 94, 06081 Assisi (Pg), tel. 075813595, fax: 075813719, e-mail: amministrazione at cittadellaeditrice.com, sito: www.cittadellaeditrice.com 5. RILETTURE. LAURA CONTI: CHE COS'E' L'ECOLOGIA Laura Conti, Che cos'e' l'ecologia. Capitale, lavoro e ambiente, Mazzotta, Milano 1977, 1981, pp. VIII + 152. Un libro che e' anche - tra altri meriti - documento di un percorso storico e culturale, lo svolgimento della tradizione del movimento operaio verso quella che divenne - nel fronteggiare catastrofi effettuali ed incombenti, e strutturali ingiustizie, e le ideologie dell'alienazione ad esse corrive; e nel vivo delle straordinarie lotte sociali, della massiva presa di coscienza, dell'aggettante riflessione critica di anni che furono anche di grande crescita morale e civile - la nuova ecologia, l'ecologia scientifica e sociale che tutte e tutti ci convoca e interpella. 6. RILETTURE. LAURA CONTI: AMBIENTE TERRA Laura Conti, Ambiente Terra. L'energia, la vita, la storia, Mondadori, Milano 1988, pp. 210. Quasi una storia della vita sul pianeta, e quasi un manuale per l'autoformazione di persone consapevoli delle questioni fondamentali che tutti riguardano. Invero tutto di Laura Conti merita di essere riletto. 7. RIEDIZIONI. TACITO: ANNALI. GERMANIA Tacito, Annali. Germania, Mondadori, Milano, 1991 e 1994, 2007, 2 voll. per complessive pp. XLVI + 1466 732, euro 12,90 + 12,90 (in supplemento a vari periodici Mondadori). A cura di Lidia Pighetti (gli Annali) e di Elisabetta Risari (la Germania), testo a fronte, prefazione di Luca Canali, agile e puntuale apparato. La violenza, l'orrore del potere. La sintassi di Tacito, la sintassi di Kafka: tu senti che e' solo in quella sintassi che si puo' dire la verita', che e' una sintassi che affronta l'orrore e cosi' l'orrore combatte. Cosi' grandi sono le risorse della lingua. Cosi' degno e' l'ufficio delle lettere quando e' inteso a non altro che al vero. Tacito, Kafka, e la lotta da condurre. Satyagraha, nel linguaggio gandhiano. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 185 del 18 agosto 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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