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Minime. 179
- Subject: Minime. 179
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 12 Aug 2007 00:34:16 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 179 del 12 agosto 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Paola del Zoppo: Elogio del viaggio lento 2. Normanna Albertini: La saggezza di Dedalo 3. Romano Guardini: "Viva la liberta'!" 4. La "Carta" del Movimento Nonviolento 5. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. PAOLA DEL ZOPPO: ELOGIO DEL VIAGGIO LENTO [Ringraziamo Paola Del Zoppo (per contatti: lilith_dz at yahoo.it) per questo intervento. Paola Del Zoppo, acuta germanista, autrice di un ponderoso studio sulle traduzioni ottocentesche in lingua italiana del "Faust" di Goethe, sottile traduttrice di autori come Peter Bichsel e Heinz Czechowski, ha svolto attivita' di ricerca all'Universita' di Siena su temi di letteratura comparata e traduzione del testo letterario; ma e' anche da sempre impegnata nell'Agesci, e in molteplici iniziative di educazione e formazione, di solidarieta' concreta, di difesa dell'ambiente, di pace, di nonviolenza. Ed e' persona limpida e generosa, alla cui scuola sono maturati ragazze e ragazzi divenuti anch'essi persone impegnate e valorose - e questo non e' l'ultimo dei meriti suoi] Quando ero piccola l'idea di volare era un sogno. Come per tutti. Volare era il tappeto magico, la scopa delle streghe. Era la possibilita' di guardare tutti dall'alto, di non soffrire piu', di poter fuggire quando ne avrei sentito il bisogno. Mi sembrava un modo per conoscere luoghi lontani, per scoprire qualcosa che gli altri non avrebbero mai saputo. Come in molti adolescenti, erano bisogni che avvertivo spesso. E' passato tanto tempo. Per molti adulti e' diverso. Volare e' una corsa contro il tempo, e, a volte, l'indicazione di uno status, una dichiarazione di potere, un modo per dire che si e' migliori degli altri. * Non condanno la possibilita' di volare, di spostarsi velocemente. Pero' penso bisogni fermarsi a riflettere sull'effettiva poverta' del volo rispetto ad altre forme di viaggio. Innanzitutto, la velocita'. Non e' vero che ci vuole meno tempo a muoversi in aereo, almeno non per le tratte brevi. Bisogna essere in aeroporto almeno un'ora prima, bisogna aspettare i bagagli all'arrivo. Il tempo del viaggio si moltiplica a dismisura. Per andare da Roma a Milano, con un treno, ci si impiegano circa 5 ore. Contro le 4 dell'aereo (considerando trasporto a Fiumicino, check in, arrivo in citta'). C'e' un treno ogni ora che parte dal centro della citta' e arriva al centro della citta'. Se se ne perde uno, non c'e' bisogno di sentirsi sperduti. Si aspetta, si prende il treno dopo. I piu' bravi riescono a godere dell'attesa. Basta pensarci poco, prendere in considerazione delle alternative. Ma per pensare ci vuole tempo. E' un tempo che ormai non vuole piu' nessuno, cosi' come il tempo giusto per viaggiare. Ecco il treno. Guardando dal finestrino, si percepiscono le distanze, la strada, i percorsi. Si puo' osservare, senza essere distratti da istruzioni per la nostra prossima catastrofe, vendite di cioccolatini, profumi, cosmetici e tutto cio' che di inutile puo' essere venduto su un enorme oggetto in movimento. Un inno al consumismo. Nel vagone di un treno le persone si alzano, chiacchierano, entrano in contatto. Ad alcuni crea fastidio. Ma il viaggio e' incontro, e inizia nel momento in cui mettiamo un piede fuori casa e ci troviamo sperduti nel mondo. Se non guardiamo l'altro, il viaggio non ha senso. E l'incontro con l'altro, nel viaggio in aereo, e' limitato. A volte lo stesso incontro con l'altro, lontano, e' un alibi. Chi viaggia per conoscere, dovrebbe chiedersi se conosce innanzitutto chi e' vicino. Se e' pronto a conoscere. Se non c'e' giustizia difficilmente ci sara' incontro. Viaggiamo verso un paese in difficolta', qualunque sia il motivo, anche "umanitario" e siamo quelli che vanno la' a conoscere. "Loro" sono quelli che stanno la', e non possono far altro che aspettare di essere conosciuti. In questo c'e' una profonda e dolorosa disparita'. Voliamo. Dal finestrino non vediamo gente, strade, paesi, case costruite secondo concetti diversi, con materiali diversi. Guardiamo le nuvole. Il cielo. Chi ha voglia, modo e tempo di riflettere sulla propria condizione in quell'istante potrebbe sentirsi libero, come il mio piccolo io adolescente. Ma e' liberta' non potersi prendere il tempo di maturare un cambiamento di luogo? Ma anche questa e' una riflessione che richiede forse troppo tempo, richiede lentezza. La stessa percezione della bellezza e' differente. Il successo dei voli low cost da Ciampino e' arrivato con le tratte per Londra, un'esplosione di gioia per i turisti, i giovani, che potevano visitare l'Inghilterra. Ma chi, anche solo una volta, e' arrivato in traghetto in Inghilterra e ha visto pararsi davanti le bianche scogliere di Dover, ha visto la nebbia, ha sentito il brusio sul ponte, il rumore del mare, potrebbe chiedere a tutti quei turisti cosa hanno potuto vedere loro dal loro aereo. Chiedere se la loro fretta, la sete di arrivare e non di partire, valeva tutto cio'. * E se non bastasse, ecco ci informiamo e scopriamo che volando cosi' tanto, le tante cose belle che vorremmo vedere presto potrebbero non esserci piu'. Quello che si dice un cambiamento climatico e' in realta' una catastrofe che potrebbe far sparire tutto cio' che conosciamo e tutto cio' che diciamo di voler conoscere. Diciamo di capire la bellezza e l'importanza della natura, dei luoghi lontana, della gente lontana, tanto da voler vedere tutto con i nostri occhi. Ma se davvero comprendiamo la bellezza, non dovremmo preoccuparci di preservarla, piuttosto che di poterla vedere prima che non esista piu'? Prendiamoci un po' di tempo per riflettere. 2. EDITORIALE. NORMANNA ALBERTINI: LA SAGGEZZA DI DEDALO [Ringraziamo Normanna Albertini (per contatti: normanna.a at libero.it) per questo intervento. Normanna Albertini e' nata a Canossa nel 1956, vive e lavora a Castelnovo ne' Monti, insegna in un Centro territoriale permanente di educazione agli adulti ("in parole povere: insegno italiano agli stranieri immigrati, e lo trovo bellissimo, perche' vivo nella verita' del mondo, non in un mondo virtuale"); e' impegnata nel gruppo di Felina (Reggio Emilia) della Rete Radie' Resch, e quindi in varie iniziative di solidarieta', di pace, per i diritti umani e per la nonviolenza; scrive da anni su "Tuttomontagna", mensile dell'Appennino reggiano. Opere di Normanna Albertini: Shemal, Chimienti Editore, Taranto-Milano 2004; Isabella, Chimienti Editore, Taranto-Milano 2006. Samir Amin e' nato al Cairo (Egitto) nel 1931, docente universitario, e' stato consigliere economico di vari paesi del Sud del mondo usciti dal colonialismo, attualmente dirige a Dakar, in Senegal, il Forum del Terzo Mondo. E' uno degli economisti piu' noti, ed uno dei piu' lucidi critici del capitalismo, dell'imperialismo, della globalizzazione. Tra le opere di Samir Amin: L'accumulazione su scala mondiale, Jaca Book, Milano 1970; (con Andre' Gunder Frank, Hosea Jaffe), Quale 1984, Istra-Jaca Book, Milano 1975; Lo sviluppo ineguale, Einaudi, Torino 1977; La teoria dello sganciamento, Diffusioni 84, Milano 1987; I mandarini del capitale globale, Edizioni Associate, Roma 1994; La gestione capitalistica della crisi, Punto Rosso, Milano 1995; La sfida della mondializzazione, Punto Rosso, Milano 1996; Il capitalismo nell'era della globalizzazione, Asterios, Trieste 1997; Le fiabe del capitale, Punto Rosso - La meridiana, Milano-Molfetta 1997; Il sistema mondiale del secondo Novecento. Un itinerario intellettuale, Punto Rosso, Milano 1997; Oltre la mondializzazione, Editori Riuniti, Roma 1999; Fermare la Nato. Guerra nei Balcani e globalizzazione, Punto Rosso, Milano 1999; Il capitalismo del nuovo millennio. L'economia politica dello sviluppo dal XX al XXI secolo, Punto Rosso, Milano 2001; Oltre il capitalismo senile per un XXI secolo non americano, Punto Rosso, Milano 2002; Il virus liberale. La guerra permanente e l'americanizzazione del mondo, Asterios, Trieste 2004; (con Ali' El-Kenz), Il mondo arabo. Sfide sociali, prospettive mediterranee , Punto Rosso, Milano 2004; Geopolitica dell'impero, Asterios, Trieste 2004; Per un mondo multipolare, Punto Rosso, Milano 2006; (con Francois Houtard), Altermondialista, Punto Rosso, Milano 2007; vari saggi di Samir Amin sono apparsi in libri collettanei, tra i piu' recenti: AA. VV., L'orizzonte delle alternative. Contro la globalizzazione della miseria e dell'esclusione, Punto Rosso, Milano 2000; in AA. VV., Le teologie della liberazione, Punto Rosso, Milano 2001; in AA. VV., Acqua. Bene comune dell'umanita', Punto Rosso, Milano 2002; in AA. VV., Oltre il capitalismo senile. Per un XXI secolo non americano, Punto Rosso, Milano 2002] "Ma stai attento - diceva Dedalo al figlio mentre insieme risalivano verso il cielo - attento a non accostarti troppo al Sole, perche' si scioglierebbe la cera che tiene salde e unite le ali". Tuttavia Icaro non lo ascolto', esaltato com'era da quel prodigioso volo che sempre di piu' lo avvicinava al baratro del sovrumano, all'immensita' dell'universo, al luogo delle divinita'. E' questo che alberga nel fondo del cuore umano: diventare come Dio. E' nella natura umana, sin dal primo peccato nell'Eden, voler sfidare la vita e farsi un paio di ali che, dopo aver costruito torri per sfidare la divinita', facciano salire sempre piu' in alto per raggiungerla e mettersi al suo posto. Il creato, pero', ha delle leggi sue, delle regole, dei paletti entro cui anche la scienza deve muoversi, rispettandoli, altrimenti l'umanita', e la vita stessa, ci rimette le penne, si brucia le ali. Come se le incendio' Icaro, che al sole, per la sua presunzione, si era troppo accostato. Che il peccato originale biblico, interpretando il linguaggio semitico, sia proprio questo? Che parlasse, la Bibbia, di un errore che non era completamente concluso, ma che accompagnava tutta l'umanita', fino alla cacciata finale da questo Eden, il nostro unico "paradiso terrestre": il pianeta Terra? Il calore cocente fece sciogliere la cera, le ali finte, come falso e' spesso il progresso umano, che e' solo sviluppo e benessere per pochi e che danneggia terra, acqua, suolo. Icaro, che impetuosamente si era levato nel cielo, precipito' negli abissi marini e da essi venne per sempre inghiottito. * Ora, a proposito della costruzione dell'aeroporto di Viterbo, e di un numero impressionanti di nuovi aeroporti in Cina (fin sul Tibet) faccio mia la tesi di Samir Amin sul capitalismo come tendenza al genocidio dell'umanita'. Ci si trova a criticare la Cina quando crea problemi al nostro commercio invadendoci con la sua merce a basso costo, poi ci comportiamo esattamente allo stesso modo, anzi: e' la Cina che si e' appropriata del nostro sistema capitalista, non viceversa. La Caac (Civil aviation administration of China) ha recentemente annunciato l'intenzione di costruire una cinquantina di nuovi aeroporti entro il 2010. L'iniziativa si inserisce in un piano strategico complessivo che coinvolge l'intero sistema aeroportuale del paese. Per rendere il paese in grado di sostenere l'aumento di volume di traffico, le autorita' cinesi hanno previsto uno stanziamento di 17,4 miliardi di dollari che, oltre alla costruzione dei nuovi aeroporti, consentira' la trasformazione degli scali di Beijing, Shanghai e Guangzhou in altrettanti hub internazionali state-of-the-art e degli aeroporti di Chengdu, Kunming, Xiían, Wuhan e Shenyang in hub regionali. * Dice Samir Amin: "Il capitalismo e' stato allo stesso tempo creatore, liberando una forza creatrice terrena di espansione gigantesca, e distruttore. Probabilmente, quello che Marx aveva in mente e' che il ruolo storico del capitalismo e' stato per lungo tempo piu' positivo e costruttivo che distruttivo. Rosa Luxemburg pensava gia' al tempo della prima guerra mondiale che la dimensione distruttrice fosse molto piu' forte di quella costruttrice, e che se l'umanita' non avesse rapidamente superato la logica capitalista, sarebbe presto entrata in un periodo di barbarie. A mio avviso aveva ragione gia' allora, ma avrebbe ancora piu' ragione oggi. La dimensione distruttrice del capitalismo si puo' riassumere in tre elementi: in primo luogo il capitalismo non e' naturale quanto alla produzione e all'organizzazione sociale e alla produzione culturale e ideologica, fondata non sulla considerazione dell'essere umano ma sulla riduzione dell'essere umano a portatore di forza lavoro, trattato come merce. Questa alienazione propria del capitalismo, su cui credo che Marx insista, e' stata purtroppo progressivamente ridotta, dal marxismo storico, ad un argomento di discussione filosofica senza un portato politico fondamentale. Il secondo aspetto di questa dimensione distruttrice del capitalismo e' lo sviluppo delle forze produttive, fondato sulla distruzione progressiva delle risorse naturali sulle quali la produzione si fonda. La ragione e' che la razionalita' del capitalismo - perche' si tratta di un sistema razionale - e' una razionalita' di calcolo finanziario a breve termine o al massimo di qualche anno. Forse per gli investimenti nelle miniere o nel petrolio, per esempio, si ragiona in termini di una quindicina d'anni, ma questo termine non e' nulla in rapporto alla lunga storia del pianeta e dell'umanita'. Dunque la razionalita' del capitalismo e' storicamente irrazionale, nel momento in cui si supera l'orizzonte limitato del suo calcolo. Questo, ne sono sicuro, Marx l'ha detto e l'ha scritto nel Capitale, ma e' vero che il marxismo storico l'ha dimenticato, e sono i temi che gli ecologisti, senza aver letto Marx, probabilmente, hanno riscoperto". * Icaro vedeva la prudenza e la ponderatezza del padre, che suggeriva di lasciarsi aiutare dai venti e di volare a media altezza, come una sorta di debolezza, di poco coraggio, quella che viene imputata agli ecologisti come ingenuita' (magari definendoli "anime belle"), una forma di esagerata titubanza, perche' egli, Icaro, aveva capito tutto. Icaro aveva fretta di volare in alto, rompendo con le leggi della natura, sfidandole fino alle estreme conseguenze, incapace di fermarsi, seguendo, in cio', l'estremismo infantile che caratterizza, poi, proprio la societa' capitalista. Dovremmo ascoltare Dedalo, farci aiutare dai venti e volare a media altezza, non per ritornare volontariamente a vivere nelle caverne, ma per evitare proprio di essere costretti a ritornarci. 3. MEMORIA. ROMANO GUARDINI: "VIVA LA LIBERTA'!" [Dal sito www.nostreradici.it riprendiamo il discorso di commemorazione dei martiri della Rosa Bianca (Sophie e Hans Scholl, Christoph Probst, Alexander Schmorell, Willi Graf e del professor Huber) tenuto da Romano Guardini a Monaco il 12 luglio 1958, cosi come pubblicato in traduzione italiana, col titolo "Viva la liberta'!", alle pp. 47-62 del volume di Romano Guardini, La Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 1994 (a cura di Michele Nicoletti e con un'appendice di Paolo Ghezzi). Romano Guardini, filosofo e teologo tedesco di origine italiana (Verona 1885 - Monaco 1968); docente universitario dapprima a Bonn, poi a Berlino, il regime nazista lo costrinse ad abbandonare la cattedra; nel dopoguerra ha insegnato a Tubinga e a Monaco di Baviera. Opere di Romano Guardini: segnaliamo almeno: Der Herr (1937); Welt und Person (1939); Das ende der Neuzeit (1950); Sorge um des Menschen (1962); in italiano segnaliamo anche almeno Natura, cultura, cristianesimo. Saggi filosofici, Morcelliana, Brescia 1983; Fede, religione, esperienza. Saggi teologici, Morcelliana, Brescia 1984; ed in particolare il libriccino che raccoglie due discorsi commemorativi pronunciati da Guardini in memoria del gruppo dei giovani resistenti e martiri antinazisti di Monaco: La Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 1994; presso l'editrice Morcelliana sono in corso di stampa le opere complete. Opere su Romano Guardini: la piu' importante biografia e' quella di H.-B. Gerl, Romano Guardini. La vita e l’opera, Morcelliana, Brescia 1988; un saggio d'interpretazione e' quello di Hans Urs von Balthasar, Romano Guardini. Riforma delle origini, Jaca Book, Milano 1970. Sulla Rosa Bianca: tra il 1942 ed il 1943 un gruppo di studenti ed un professore di Monaco realizzarono e diffusero una serie di sei volantini clandestini antinazisti. I primi quattro volantini si aprivano col titolo "Fogli volanti della Rosa bianca" ed erano diffusi in poche centinaia di copie; gli ultimi due intitolati "Fogli volanti del movimento di Resistenza in Germania" ciclostilati in qualche migliaia di copie. Scoperti, furono condannati a morte e decapitati gli studenti Hans Scholl, Sophie Scholl, Christoph Probst, Willi Graf, Alexander Schmorell ed il professor Kurt Huber. Opere sulla Rosa Bianca: Inge Scholl, La Rosa Bianca, La Nuova Italia, Firenze, 1966, rist. 1978 (scritto dalla sorella di Hans e Sophie Scholl, il volume - la cui traduzione italiana e' parziale - contiene anche i testi dei volantini diffusi clandestinamente dalla Rosa Bianca); Klaus Vielhaber, Hubert Hanisch, Anneliese Knoop-Graf (a cura di), Violenza e coscienza. Willi Graf e la Rosa Bianca, La nuova Europa, Firenze 1978; Paolo Ghezzi, La Rosa Bianca. Un gruppo di resistenza al nazismo in nome della liberta', Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1993; Romano Guardini, La Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 1994; Paolo Ghezzi, Sophie Scholl e la Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 2003. Alcune piu' dettagliate notizie biografiche sui principali appartenenti al movimento di resistenza della "Rosa bianca" sono nel n. 909 de "La nonviolenza e' in cammino" (altri materiali ancora nei nn. 910 e 913)] I Signore e signori! Celebriamo oggi il completamento dei lavori dell'atrio della nostra universita'. Quest'atrio non e' semplicemente il locale ampio e spazioso in cui si incontrano docenti e discenti. E' qualcosa di piu'. E' un luogo che suscita gravi pensieri; perche' qui, come il Magnifico Rettore ci ha prima ricordato, si e' consumato un evento che quindici anni fa ha segnato con una tragica svolta la vita di sette appartenenti a questa universita' - il professor Kurt Huber, gli studenti Sophie e Hans Scholl, Christoph Probst, Alexander Schmorell, Willi Graf e Hans Carl Leipelt. Lassu', dal parapetto del primo piano, Sophie e Hans Scholl hanno lanciato i loro appelli: l'ultima espressione della lotta per la liberta' condotta dal loro gruppo di amici. Sapevano che al loro gesto doveva seguire la cattura. E questo, infatti, fu cio' che accadde, e la fine per tutti loro fu la morte. Un piccolo evento tra innumerevoli altri in quegli anni, che hanno avvolto la Germania in una profonda oscurita', quando sembrava non aver piu' valore ne' il diritto, ne' la verita', ne' la liberta'. Per questo la celebrazione del completamento dei lavori di questo atrio ha trovato il suo senso piu' profondo nell'inaugurazione del monumento dedicato a coloro che hanno testimoniato con la loro vita quell'aspirazione alla liberta', che rendeva ai loro occhi l'esistenza degna di essere vissuta. Ma quell'aspirazione alla liberta' costituisce anche il fondamento di tutto cio' per cui la nostra universita' deve esistere, fino a che essa vuole essere degna del proprio nome. * II Dal racconto della sorella abbiamo appreso che le ultime parole pronunciate da Hans Scholl prima di morire sono state: "Viva la liberta'!". Per lui queste parole contenevano il senso e la giustificazione del suo agire - per noi sono un testamento, e dobbiamo riflettere su che cosa esse significano. Quelle parole sono state dette in un'epoca di oppressione e oscurita', un'oppressione e un'oscurita' di cui le persone che oggi sono piu' giovani - devo aggiungere: in Germania Occidentale - non hanno la minima idea. Molte persone piu' avanti con gli anni hanno pero' dimenticato tutto questo, altrimenti alcune cose andrebbero diversamente. In quelle parole veniva affermato il diritto a qualche cosa che costituisce il fondamento dell'intera esistenza europea: il diritto alla liberta' - ma alla liberta' di tutti; cosi' che la liberta' dell'uno trova la propria misura nella liberta' dell'altro. "Liberta'" significa che l'uomo ha la possibilita' di formarsi le proprie convinzioni, di esprimerle e di vivere in modo conforme ad esse; significa la garanzia dell'inviolabilita' della propria casa; significa il diritto a scegliersi il lavoro e la professione seguendo la propria volonta'; ad acquisire una proprieta' e ad averne tutelato il possesso. Questi sono i diritti elementari dell'uomo; cosi' evidenti per un giovane che oggi raggiunge la maggiore eta', che solo a fatica egli riuscirebbe a concepire una realta' diversa. Queste sono le liberta' che sono state realizzate dal corso dell'intera storia europea, fino al momento in cui questa storia esalto' se stessa, al di la' di ogni limite, nell'idea dell'autonomia e - conseguenza intrinseca questa, su cui si sorvola volentieri - si rovescio' nella schiavitu' della dittatura. Contro questa schiavitu' sono insorte le sette persone di cui oggi celebriamo la memoria. Essi hanno affermato il diritto dell'uomo alla liberta' e lo hanno testimoniato con la loro vita. * III Dobbiamo pero' spingere piu' a fondo la nostra riflessione sulla liberta', perche' raramente una parola e' stata usata in modo peggiore ed e' stata corrotta piu' a fondo. In qualsiasi modo si voglia definire l'essenza della liberta', in ogni caso essa esprime la realta' di fatto - una realta' che si presenta come evidente all'esperienza interiore benche' il pensiero non possa risolverla ulteriormente - che l'uomo non e' soltanto un trasformatore di energie, ma e' initium, inizio; che l'uomo ha iniziativa, nel senso che ha, al proprio interno, un'originaria forza di "iniziare"; e che per questo deve rispondere di cio' che fa in quel modo specifico che e' la responsabilita'. Con questo l'uomo trascende tutte le modalita' con cui nelle altre realta' naturali l'energia diventa attiva. Egli e' persona; ma cio' e' qualcosa di grande e gravido di destino. Voi conoscete le parole, con cui il coro nella prima scena dell'Antigone esprime il brivido esistenziale di fronte a questa grandezza: "Molte cose nel mondo ispirano sgomento; ma nulla piu' dell'uomo". Una tale forma di esistenza e' impossibile per un essere che si risolve completamente nell'ambito della natura. Questa possibilita' e' data pero' all'uomo, perche' egli e' in relazione con qualche cosa che supera l'ambito della natura, qualche cosa che mette l'uomo nelle mani dell'uomo stesso vincolandolo alla norma etica: Dio. Dio si fa strada nella consapevolezza dell'uomo; questa realta', che e' inseparabilmente legata alla liberta' e che, come la liberta', non puo' essere affatto dissolta sul piano psicologico o su qualche altro piano, noi la chiamiamo coscienza. Non c'e' nessuna liberta' senza coscienza - tanto meno puo' esserci coscienza, responsabilita' morale in un essere che non e' libero. Solo chi sa di essere vincolato dalla verita', ha delle opinioni proprie e delle parole proprie. Solo chi rispetta l'inviolabilita' della sfera personale altrui, ha diritto all'inviolabilita' della propria. Solo chi vede nel lavoro e nella professione non soltanto un mezzo per guadagnare denaro, ma il modo in cui compiere la propria opera responsabilmente nei confronti del tutto, puo' scegliere la propria strada in modo giusto. Solo chi acquisisce rettamente la proprieta' e riconosce quella degli altri, ha diritto ad essa. In una parola: soltanto colui che, come ha detto Kierkegaard, sta ritto in se stesso, ma davanti a Dio, puo' esistere come persona. Se queste condizioni non sono soddisfatte, la liberta' diventa arbitrio. Ma l'arbitrio e' gia' in se stesso schiavitu' - il fatto poi che si trasformi in schiavitu' anche sul piano esteriore, sul piano storico, su quello politico, dipende solo dalle circostanze. Non appena scompare dalla consapevolezza questo "essere di fronte a", la liberta' caratteristica della persona non scompare in quanto tale, perche' appartiene alla sua essenza, e' la sua nobilta' e il suo destino, che la persona lo voglia oppure no; ma si trova in pericolo. E allora cio' di cui parla Sofocle, quel qualcosa nell'uomo che crea "sgomento", smarrisce ogni freno e norma, e gli ultimi decenni hanno mostrato cio' di cui diviene poi capace. L 'uomo finisce per perdere la fede nella sua aspirazione alla liberta', perde la capacita' di affermare questa aspirazione sotto la pressione dell'istinto, dell'utilita' e del potere, e allora egli e', di dentro, maturo per la dittatura. Sappiamo abbastanza di coloro che oggi ricordiamo per poter dire che essi hanno inteso la liberta' in questo senso. Hanno incarnato l'ethos della liberta' in una generosita' e in un coraggio, capaci di persuadere la mente e di toccare il cuore. Certo, si puo' obiettare che sono stati degli idealisti e che avevano sopravvalutato la disponibilita' al rischio che caratterizza la media delle persone. Si puo' obiettare che a loro e' mancato il senso freddo della realta' cosi' come la sicurezza della tecnica rivoluzionaria. Ma forse proprio da questa mancanza viene la tragica purezza della loro apparizione. Non hanno avuto alcun successo; la loro impresa e' presto naufragata contro i freddi meccanismi di un potere privo di scrupoli. E cosi' non sono neppure caduti in tutti quegli intrecci di menzogna e di ingiustizia, in cui col tempo finisce per decadere ogni attivita' rivoluzionaria. La loro vita risuona come il canto di un'umanita' nobile; e io posso solo consigliare a voi, cari studenti, di leggere il libro che Inge Aicher-Scholl ha scritto col titolo La Rosa Bianca - cosi' si chiamavano i volantini del gruppo. Sentirete di che cosa e' fatta un'esistenza segnata, per usare un'espressione di Nicolai Hartmann, dai valori dello straordinario. Noi li onoriamo perche' erano fatti cosi' e cosi' agivano, e riteniamo giusto che questo tributo di onore trovi la sua espressione nel monumento che oggi viene inaugurato. * IV Ma, ancora una volta, proviamo a scendere piu' in profondita' - e non tanto nell'interiorita' dei singoli, quanto in quella della storia. C'e' qualcosa che si potrebbe definire come una profezia storica. In questa profezia parlano uomini che avvertono le correnti profonde del grande movimento della storia e vedono la direzione in cui esse vanno. Puo' succedere cosi' che questi uomini, a un dato momento, quando tutti quanti si sentono tranquilli e sicuri nella condizione dominante, debbano annunciare la dissoluzione di questa condizione, e il farsi avanti di una nuova forma di esistenza che preme dal grembo della storia. Pensiamo alle parole di Jakob Burckhardt; o a quelle piu' turbolente del suo collega di allora all'universita' di Basilea, Friedrich Nietzsche. Al tempo in cui vivevano, l'ordine moderno razionalistico-borghese della vita sembrava prosperare sotto ogni punto di vista e il futuro sembrava sicuro. Ma essi videro che quell'epoca andava verso la fine e che una nuova epoca si preparava, anche se essi descrivevano in modo diverso e la decadenza e le forze emergenti. Quella era una profezia esplicita; ma c'e' anche, io credo, una profezia nascosta; nascosta non solo a chi la ascolta, che non capisce cio' che viene detto, ma anche a chi la pronuncia. Egli annuncia delle cose e compie delle azioni che contengono piu' di quanto egli stesso sia consapevole. Cosi' e' stato per le parole che Hans Scholl ha pronunciato prima di morire. Quelle parole sono state qualche cosa di piu' della semplice protesta di un cuore grande contro la violenza che regnava in Germania. Nel suo significato piu' profondo, di cui egli stesso non era ancora consapevole, quel grido di liberta' si dirigeva non solo contro un sistema che viveva di ossessioni di potenza e di visioni deliranti, ma contro una minaccia assai piu' forte che gia' da lungo tempo si faceva strada. Cio' che avveniva allora sul piano politico, era la prima forma di espressione di cio' che si preparava su un piano piu' profondo della storia. Oggi noi lo vediamo - voglio essere piu' prudente: lo vedono coloro che vogliono vedere. E' il pericolo di un asservimento, che proviene dall'opera stessa dell'uomo negli ultimi secoli. Le azioni dell'uomo si sono sempre ripercosse sull'uomo stesso. Possedere e' sempre stato un essere posseduto, esercitare-il-potere un subire-il-potere. Tuttavia, fino ancora alla meta' circa del secolo scorso, il rapporto tra liberta' e dipendenza si e' mantenuto in una proporzione che oggi giudichiamo assai felice. Questa proporzione si e' modificata successivamente, e in modo senz'altro essenziale. Il potere dell'uomo sulla natura si e' concentrato in oggetti da lui prodotti che hanno una forza mai vista; li chiamiamo macchine. A seconda della loro funzione e della loro specifica fabbricazione stanno l'una in rapporto all'altra in un grande sistema di interdipendenze; questo e' cio' che chiamiamo "tecnica". Essa si fonda su una ricerca scientifica in continua crescita e su di una organizzazione socio-economica che attraversa sia la vita dello Stato che quella del popolo: questa e' cio' che chiamiamo la "societa' moderna". E' tipico di questa societa' il fenomeno dell'opinione pubblica, ossia dell'opinione che non si forma spontaneamente dalla vita delle persone o dei gruppi, ma viene guidata dalla stampa, dal servizio d'informazioni, dalla radio, dalla televisione; attraverso iniziative, programmi, rappresentanze di interessi dei tipi piu' diversi. Parallelamente a questa il fenomeno del traffico, in ferrovia, nave, aereo, automobile, raccoglie tutto cio' che riguarda l'organizzazione, la propaganda, e tutto il resto. Tutte queste attivita', strutture e prodotti creano un ambiente che condiziona l'uomo stesso. Non solo per il fatto che esige da lui le prestazioni corrispondenti, ma anche perche' lo porta ad un atteggiamento spirituale che si esprime in criteri che stabiliscono cio' che e' degno della vita e in ordinamenti dei valori. Nasce cosi' un "tutto" che incide in ogni sfera della realta': sorge una nuova "forma del mondo", e cio' significa anche una nuova "forma dell'uomo". Che si tratti davvero di questo, lo si vede in un momento, difficile da definire, in cui si lascia riconoscere il segno piu' caratteristico di una nuova epoca e il fattore forse piu' forte della sua autorealizzazione, ossia un suo proprio stile. Cio' che Hegel ha definito come "cultura in senso oggettivo", considerandola come qualche cosa di divino in cui l'uomo trova la sua realizzazione, si e' ora concentrato in modo preoccupante e si e' reso autonomo. E' sfuggito all'iniziativa dell'uomo, sviluppandosi progressivamente e in modo sempre piu' decisivo secondo una logica oggettiva di problemi, di scoperte, di costruzioni, che non va nella stessa direzione della logica della liberta' e della dinamica vitale dell'uomo. Ora si fa avanti, con allarmante consequenzialita', qualcosa che e' stato presente come possibilita' fin dall'inizio in cio' che chiamiamo "opera dell'uomo", "dominio della natura", "cultura" nel senso piu' ampio, qualcosa che pero' per lungo tempo veniva riequilibrato nella totalita' dell'esistenza. E questo qualcosa cerca ora di instaurare una nuova legge dell'esistenza, che afferma: l'uomo non e' libero, ma sottosta' alle necessita' dell'apparato creato da lui stesso. Deve conformarsi alle esigenze di questo apparato. La sua struttura personale deve adattarsi a queste. Deve perfino farsi comprendere dalle apparecchiature che sono state concepite dalla razionalita' e fabbricate dalla tecnica, come sembra rivelare il fenomeno della cibernetica. Si forma cosi' un nuovo concetto, che esprime cio' che e' assolutamente proibito e che comprende ogni tentativo della personalita' di far valere la propria essenza, la propria volonta', la propria esperienza vitale, in quanto distrugge le funzioni, ossia il dominio stesso dell'apparato: il concetto di sabotaggio. Di questa mancanza di liberta' l'ordinamento statale totalitario costituisce l'espressione piu' evidente. Non possiamo farci pero' delle illusioni: anche quelle forme di vita, che per loro essenza si fondano sulla liberta', minacciano sempre piu' di essere caratterizzate dall'appiattimento della personalita'. Diciamolo con uno slogan: c'e' un totalitarismo che viene dall'alto, ma anche un totalitarismo che viene dal di dentro. Chi guarda attentamente, scopre nella vita delle democrazie, cosi' apparentemente libera, i sintomi piu' preoccupanti di una coercizione indiretta che si esercita attraverso l'apparato della cultura tecnologica. Si potrebbero citare, a questo proposito, fenomeni piu' ampi quali l'azione uniformatrice dei metodi tecnici, l'ethos della formazione dei gruppi, lo sviluppo della burocrazia, l'influsso dell'opinione pubblica, e cosi' via, ma voglio richiamare soltanto un singolo aspetto, che mi pare pero' particolarmente illuminante: la manipolazione, studiata scientificamente, dell'inconscio dell'uomo da parte dell'economia. L'economia studia i modi in cui gli stimoli della pubblicita', apparentemente inavvertiti, vengono interiorizzati nelle motivazioni dell'individuo e sviluppa i risultati di queste ricerche in una tecnica di influssi costanti, non avvertiti dallo stesso interessato. Chi e' in grado di comprendere la natura di questi sintomi, sa che cosa sta accadendo. * V E' tempo allora - prima che sia troppo tardi - di comprendere il senso nascosto di quel grido profetico e di proclamare la lotta per la liberta' anche su questo fronte. Questa lotta non e' fatta di azioni esteriori, dal momento che il nemico proviene dall'interno dell'uomo, di quell'uomo contemporaneo che noi tutti siamo. Certo anche le misure esteriori sono importanti: la regolamentazione dell'orario di lavoro, la tutela giuridica della sfera personale, la possibilita' di educazione e di formazione spirituale, e cosi' via. Ma i veri cambiamenti possono accadere soltanto a partire dall'interiorita', e non sara' cosa di poco conto il realizzarli - non sara' facile riconoscere che qui si gioca il destino dell'uomo: se egli resta signore delle proprie opere, oppure il loro funzionario. L'uomo, dunque, deve situarsi in se stesso. Deve crearsi lo spazio della riservatezza personale e deve preservarlo dall'invadenza della sfera pubblica. Deve tornare a riconoscere come sacri i legami umani originari e li deve custodire. Deve essere deciso a non sottostare a cio' che "si" fa, a cio' che "si" deve avere e vedere. Deve costruire dentro di se' una barriera contro i flutti dei condizionamenti sociali che giungono attraverso la pubblicita', le notizie, la radio, e tutto il resto. E - cosa da non dimenticare - deve liberare la propria vita spirituale da quel narcotico con cui addormentano la loro coscienza tutti coloro, che non vogliono analizzare a fondo nessun problema con lo spirito di una corretta critica culturale: la fede nel progresso universale. Vorrei, signore e signori, che quanto ho detto non fosse interpretato male. La mia non voleva essere una esortazione moralistica, ne', tantomeno, volevo indulgere a un qualche genere di romanticismo. L' epoca dell'individualismo e' finita e non la si puo' far risorgere artificialmente. Siamo nell'epoca dei rapporti sovraindividuali ed in questi rapporti dobbiamo compiere la nostra opera. E' un compito grande e degno di essere realizzato. In esso ne va - come ho gia' detto - di una forma del mondo, niente di meno; le energie che sono all'opera si fanno sentire in modo corposo. Ma e' una differenza quella che decide tutto: o l'uomo viene trasformato da queste energie in un semplice elemento della macchina, o si radica nel suo proprio centro e crea l'ambito vitale che gli e' proprio. In questo compito e' bene pero' richiamare l'attenzione su di una difficolta' presente. Credo infatti che nel corso dello sviluppo dell'eta' moderna con l'uomo si e' fatto strada qualcosa di specifico. Questo sviluppo e' culminato nella rivendicazione dell'autonomia, cioe' nella rivendicazione di un radicale autodominio dell'uomo nel campo del pensiero, dell'agire e del creare, una rivendicazione che e' giunta fino a quelle forme esaltate che si trovano rappresentate ne L'unico e la sua proprieta' di Max Stirner, o nella "liberta' disperata" dell'esistenzialismo. Quella rivendicazione era falsa alla radice, perche' l'uomo non e' autonomo. Lo sforzo, durato cosi' a lungo, di realizzare quell'autonomia deve aver pero' provocato nell'uomo qualcosa, senza cui gli eventi degli ultimi tre decenni non si possono comprendere: in quello sforzo l'uomo deve essersi esaurito cosi' a lungo e cosi' in profondita', fino al proprio intimo, al punto che questo esaurimento e' divenuto un fattore determinante della storia. L'uomo, dopo la fine dell'epoca moderna, ha subito un collasso esistenziale. L'effetto di questo collasso fu, sul piano oggettivo, la dittatura; sul piano soggettivo, invece, il desiderio di essere sollevato dalla propria responsabilita', cioe' di essere schiacciato dalla dittatura, diretta o indiretta che sia. Per questo il grido "Viva la liberta'!" assume oggi un nuovo significato. Diviene l'espressione di una minaccia piu' profonda di quella di allora. Ascoltare quell'appello e seguirlo significa essere pronti a un'impresa difficile. * VI Si potrebbe pero' dubitare se abbia senso avanzare sfide di questa portata. Nel nostro paese, spezzato a meta' dai blocchi politici delle potenze, si riceve spesso un'impressione inquietante: come se l'uomo tedesco - piu' precisamente, tedesco-occidentale - fosse in procinto di adattarsi ad una esistenza senza storia. Ci sono certo motivi che sembrano giustificarlo. Primo fra tutti, il tentativo mostruoso, che sta alle nostre spalle, non solo di creare storia, ma di conquistarla con la violenza: l'ultima guerra. La guerra e' stata sostenuta da un agire privo di un autentico legame con il passato; privo di senso del possibile; privo di tutto cio' che i greci chiamavano "timore davanti agli Dei". Si e' giunti cosi' a un crollo dell'esistenza storica, mai sperimentato prima in Germania nonostante la Guerra dei Trent'anni - tanto piu' tragico, se si tien conto che, in se', vi erano le premesse per un'azione capace di dar forma all'avvenire, capace di creare per l'Europa e in Europa il terreno di una storia futura. La fatica di questa guerra ha provocato una profonda spossatezza spirituale, che nessun attivismo puo' mascherare. Questa spossatezza si lega con quell'altro radicale esaurimento, di cui abbiamo parlato prima, e fa si' che l'uomo si allontani dalla storia e si ritiri nella realta' extra-storica: la cultura, la tecnica, la ricerca del denaro e dei piaceri della vita. Una sorta di autoinganno, come se non fosse accaduto cio' che invece e' accaduto; come se si potesse, in uno spazio lasciato in bianco, produrre il "miracolo" della ricostruzione e dell'economia e di altre cose ancora, senza che la verita' si prenda la sua rivincita. Forse voi potreste obbiettare, che tanto e' stato detto e tanto e' stato scritto; che i politici si scagliano gli uni contro gli altri con passioni - o almeno con parole - cosi' forti; che gli scienziati, i rappresentanti di gruppi e di organizzazioni levano alti richiami di ammonimento, di protesta, di accusa. E tutto questo sarebbe un comportamento antistorico? Non voglio certo dubitare dell'onesta' che si manifesta in talune di queste espressioni. Ma cio' di cui qui propriamente si tratta sta ad un livello piu' profondo. Un comportamento che fosse adeguato alla storia, nel senso qui inteso, comincerebbe con lo sforzo di comprendere la situazione in cui ci troviamo. Facciamo questo sforzo? Cerchiamo di vedere come si sia giunti a questa situazione? Quali azioni, quali omissioni, quali principi abbiano condotto ad essa? Abbiamo davvero intenzione di riconoscere come abbia potuto avvenire tutto cio' che e' accaduto? Tutte le cose tremende, di cui i recenti avvenimenti hanno rivelato la realta' cosi' intollerabile? L'impressione e' che si voglia eludere questa domanda. O che chi fa questa domanda riceva sempre la stessa risposta: "Lascia perdere! Vogliamo vivere, lavorare e goderci la vita!". Non e' cosi'? Ben poco e' lo spazio lasciato ad un'iniziativa storica attiva. Se non vogliamo scivolare fuori dalla storia, dobbiamo almeno impegnarci ad analizzare cio' che accade con rettitudine e coraggio. Da questa analisi il futuro uscira' piu' puro e piu' giusto. Cio' a cui siamo chiamati in ogni caso, nel ristagno della storia che ci e' imposto, e' anzitutto la riflessione sulle grandi questioni che sopra abbiamo posto: la forma del mondo che vuole nascere e' imponente. Di questa realta' abbiamo solo un presentimento. Al momento se ne intravedono soltanto singole linee di fondo, qui e la' un profilo, talvolta un nesso. La realizzazione di questa nuova forma del mondo costera' non soltanto un lavoro incalcolabile, ma anche grandi sacrifici, e questo e' normale. Ma un sacrificio non puo' richiederlo, se non vuole cessare di essere una forma "umana" del mondo: il sacrificio della liberta'. Come devono allora essere delineate le grandi forme sovraindividuali del lavoro e della vita, affinche' la vita propria della persona possa persistere e svilupparsi? E possa farlo non solo "in modo appena sufficiente", ma in modo significativo, in modo che essa possa essere l'opposto polare, esplicitamente riconosciuto, della realta' sovrapersonale? La forma del futuro dovra' fondarsi su di un approfondimento e riordinamento dell'esistenza della nazione - e dietro ad essa dell'Europa - concepita come un tutto. E come si presenta, a differenza del totalitarismo meccanico del sistema materialistico che nega la persona, quell'ordinamento che riconosce la persona come irrinunciabile polarita' della totalita'? Qui sta l'autentica dialettica vivente che non e' costruita artificiosamente, ma che e' fondata nell'esistenza stessa. Qual e' l'atteggiamento in cui questa dialettica si esprime? Quale ethos si origina da essa? Come dovranno essere le singole forme della vita, che da lei scaturiscono? E cosi' via. Se c'e' un luogo, signore e signori, in cui si puo' riflettere su questi problemi e in cui le istanze che sorgono da essi possono essere accolte nella cultura, questo luogo e' l'universita'. L'onore che tributiamo a questi uomini che hanno dato la loro vita per la liberta', restera' un semplice gesto, se non tentiamo di capire dove si gioca per noi l'istanza di un'eguale liberta', e se non siamo pronti a portarla a compimento. 4. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 5. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 179 del 12 agosto 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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