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Minime. 177
- Subject: Minime. 177
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 10 Aug 2007 00:59:11 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 177 del 10 agosto 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Elena Liotta: Contro l'aereo 2. Giovanni Sarubbi: Una vecchia canzone napoletana e la nostra madre Terra 3. Franz Josef Mueller: L'importanza della "Rosa Bianca" per il futuro dell'Europa 4. Letture: Marco Revelli (a cura di), Norberto Bobbio maestro di democrazia e di liberta' 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento 6. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. ELENA LIOTTA: CONTRO L'AEREO [Ringraziamo Elena Liotta (per contatti: e_liotta at yahoo.it) per questo intervento. Elena Liotta, nata a Buenos Aires il 25 settembre 1950, risiede a Orvieto, in Umbria; e' psicoterapeuta e psicologa analista, membro dell'Ordine degli Psicologi dell'Umbria, membro dell'Aipa (Associazione Italiana di Psicologia Analitica), dell'Iaap (International Association Analytical Psychology), dell'Apa (American Psychological Association), socia fondatrice del Pari Center for New Learning; oltre all'attivita' psicoterapica, svolta prevalentemente con pazienti adulti, in setting individuale, di coppia e di gruppo, ha svolto e svolge altre attivita' culturali e organizzative sempre nel campo della psicologia e della psicoanalisi; tra le sue esperienze didattiche: professoressa di Psicologia presso la "American University of Rome"; docente in corsi di formazione, e coordinatrice-organizzatrice di corsi di formazione a carattere psicologico, per servizi pubblici e istituzioni pubbliche e private; didatta presso l'Aipa, societa' analitica accreditata come scuola di specializzazione post-laurea, per la formazione in psicoterapia e per la formazione di psicologi analisti; tra le altre esperienze parallele alla professione psicoterapica e didattica: attualmente svolge il ruolo di Coordinatrice psicopedagogica e consulente dei servizi sociali per il Comune di Orvieto, e di Coordinatrice tecnico-organizzativa di ambito territoriale per la Regione Umbria nell'Ambito n. 12 di Orvieto (dodici Comuni), per la ex- Legge 285, sul sostegno all'infanzia e adolescenza e alle famiglie, occupandosi anche della formazione e monitoraggio dei nuovi servizi; e' stata assessore alle politiche sociali presso il Comune di Orvieto; dopo la prima laurea ha anche lavorato per alcuni anni in campo editoriale, redazionale e bibliografico-biblioteconomico (per "L'Espresso", "Reporter", Treccani, Istituti di ricerca e biblioteche). Autrice anche di molti saggi apparsi in riviste specializzate e in volumi collettanei, tra le opere di Elena Liotta segnaliamo particolarmente Educare al Se', Edizioni Scientifiche Magi, Roma 2001; Le solitudini nella societa' globale, La Piccola Editrice, Celleno (Vt) 2003; con L. Dottarelli e L. Sebastiani, Le ragioni della speranza in tempi di caos, La Piccola Editrice, Celleno (Vt) 2004; Su Anima e Terra. Il valore psichico del luogo, Edizioni Scientifiche Magi, Roma 2005; La maschera trasparente, La Piccola Editrice, Celleno (Vt) 2006] Tra le invenzioni che l'industria e il mercato economico hanno imposto all'umanita' nel corso degli ultimi decenni, l'aereo e' oggetto di reazioni psicologiche estreme che vanno dall'indifferenza - salirci e' come andare in autobus - alla fobia vera e propria. Gli indifferenti, che sarebbero i viaggiatori ideali per le compagnie aeree, sono pochi rispetto ai moltissimi terrorizzati (che non ci salgono) e agli ansiosi che ci salgono preoccupati. Nessuno, comunque, sembra interrogarsi sugli effetti che i loro lussi e privilegi producono sull'ambiente naturale, sul clima, sulle risorse di tutto il pianeta. Mentre si chiede ai cittadini di usare le lampadine a basso consumo! * L'induzione a viaggiare in aereo viene dal turismo, altra industria pompata a dismisura dai media, piena di ombre nefaste incarnate nelle disfunzioni aeroportuali, nelle truffe e nelle insoddisfazioni dei clienti. Immagini fortemente simboliche di un sistema che si sta disgregando e di un girare a vuoto che a tutto fa pensare meno che alla vacanza rilassante e spensierata. Il sistema vacilla e allora invita a volare con periodici sconti per ovviare al problema degli apparecchi mezzi o tutti vuoti, seducendo i viaggiatori. Incidenti? Manutenzione superficiale? Scioperi e altro? L'aereo, continuano a dirci rimane il mezzo piu' sicuro di viaggiare: guardate agli incidenti auromobilistici! Ma sara' vero? E poi le due forme di trasporto non sono affatto alternative. Si usa l'uno e l'altra, e anche se la sicurezza scarseggia per la mancanza di personale e strutture adeguate non importa, si va avanti lo stesso. Verso dove? L'importante e' muoversi, "far finta di essere sani", fare come fanno gli altri, sentirsi nella corrente, anche se inquinata e inquinante. * Ho ascoltato per anni confessioni di viaggiatori "per forza" se cosi' si puo' dire, per lavori particolari, incluso personale di volo, piloti, hostess, assistenti, dai quali emergevano sospetti su quella strana tensione in fondo allo stomaco, tacitata dalla ragione scientifica, che ci ricorda la nostra natura inesorabilmente terrestre. Ho dovuto rivedere in questa luce quelle che vengono definite "fobie" rispetto ai mezzi di trasporto e darne una lettura di salute, con buona pace di chi ne soffre. L'aereo produce angoscia e quindi bisogna imbottirsi di farmaci per sopportare il transito? A che pro, quale motivo puo' spingere ad andare contro se stessi, contro i messaggi del proprio corpo? Se non ragioni ben fondate, che sono infrequenti e che se ci si limitasse ad esse, la mole del traffico aereo e relativo inquinamento si ridurrebbero sensibilmente? Gli esseri umani non hanno le ali, non hanno mai volato, se non con la fantasia e nei sogni. Perche' e' cosi' ossessiva questa tendenza moderna a "trasformare i sogni in realta'", perche' non ci teniamo aperti e integri entrambi i mondi? * Il senso della profondita' e del vuoto e' adattativo per la sopravvivenza fin dalla nascita. Ignorare la profondita' e' grave da tutti i punti di vista. Non avere reazioni di sorta di fronte al vuoto - gia' l'esserne affascinati e' piu' comprensibile - puo' essere considerato un sintomo preoccupante. Passare "sopra" al mondo, leggendo un giornale o addirittura guardando un film, manifesta indifferenza sensoriale, percettiva, emotiva, una "scorporazione" che travalica il senso del tempo e dello spazio stravolgendolo. Oppure difesa quasi autistica? Non averne coscienza, essere "ottusi" al vibrare interno delle difese naturali e' pericoloso. * Ma ancora la domanda, a che pro? Per andare a fare da un'altra parte quello che piu' o meno si fa abitualmente cambiando scenario estetico, mantenendo lo stesso stile di vita con blande differenze tenute a distanza (le catene alberghiere nel mondo!)? Per divagarsi? Non certo attraverso il viaggio! L'aereo ammazza l'idea del viaggio. Anzi lo vuole letteralmente annientare con la velocizzazione che divora energia e immette sempre piu' veleni nell'aria, verso una imposssibile ubiquita'. Essere qui e la' e altrove sempre piu' in fretta. Il viaggio casomai si deve svolgere in un "altrove", dopo il trasporto - che non e' piu' il viaggio - compiuto in aereo. Chissa' perche' la scoperta, l'esplorazione, l'avventura non puo' coincidere con il viaggio stesso, a piedi, con altri mezzi piu' graduali, lenti, rispettosi di se' e degli altri? Perche' il corpo dev'essere scosso per giorni dal jet-lag? Infine, perche' tutto questo viaggiare, scappare da o scappare verso, avida ricerca di qualcosa che gia' si deve conoscere prima, attraverso internet, depliant, guide, "per essere piu' sicuri". Nel mio libro Su anima e terra, al capitolo sul viaggio, ipotizzo la creazione di "guide per perdersi" cosi' da rianimare l'esperienza della scoperta. Invece si persiste nell'ossessione del controllo, addirittura satellitare ormai. * Gli attacchi di panico non risparmiano neanche i piloti o le hostess, in media tra i passeggeri di un volo sono piu' gli ansiosi, dichiarati o meno, che non i pochi indifferenti. A ogni lieve e non identificato rumore un sussulto interno, viscere e cuore, respiro sospeso, da contenere, sempre fingendo di essere sani. Le turbolenze, i vuoti d'aria. Questo e' cio' che realmente, sottaciuto, avviene durante il percorso, lungo o breve che sia. Il senso di una trasgressione ancora attiva nell'inconscio, quell'Icaro che si dirige, presuntuosamente, verso la sua punizione, fino al rilascio della tensione con l'atterraggio. Terra, finalmente, anche questa volta e' andata bene. Perdere la valigia? Che vuoi che sia rispetto alla vita? * Gli aerei come oggetti contundenti, armi scagliate verso le due torri. Gli aerei che trasportano armi e soldati, che scaricano bombe. La cesura nella storia, la seconda guerra mondiale, trionfale ingresso dell'aereo. Hiroshima. Terrore dentro e fuori, terrorismo. L'invenzione piu' sorprendente della nostra epoca, insieme alla tele-visione. Gli aerei hanno portato in fretta in giro per il mondo le diverse umanita', nel bene e nel male, come la televisione. Ma la simultaneita' non si addice ancora alla mente umana che non e' mutata come e quanto si crede. Le ombre di questa accelerazione sono ovunque. Le opinioni di chiunque, mie comprese, contano assai poco. I fatti distruttivi sono sotto gli occhi di tutti. Grazie anche alla televisione e agli aerei. E' quasi buffo. Alla fine il problema e' sempre nella testa e nel cuore dell'essere umano, non negli oggetti che ha prodotto senza pensare alle loro conseguenze. Il problema e' nel non correggersi, fermarsi, ripensare, quando si accorge di avere sbagliato, di aver esagerato e non aziona i freni. 2. RIFLESSIONE. GIOVANNI SARUBBI: UNA VECCHIA CANZONE NAPOLETANA E LA NOSTRA MADRE TERRA [Ringraziamo Giovanni Sarubbi (per contatti: redazione at ildialogo.org) per questo intervento. Giovanni Sarubbi, amico della nonviolenza, promotore del dialogo interreligioso, giornalista, saggista, editore, dirige l'eccellente rivista e sito de "Il dialogo" (www.ildialogo.org)] Sostengo senza riserve l'iniziativa contro il nuovo aeroporto di Viterbo, il terzo nel Lazio, ed il pesantissimo impatto ambientale del trasporto aereo, sia sul clima del pianeta, sia sulle popolazioni a diretto contatto con gli scali aeroportuali. La sostengo a tal punto che ho aperto immediatamente sul nostro sito una sezione apposita dove vengono riportati gli articoli che "La nonviolenza in cammino" quotidianamente diffonde. (www.ildialogo.org/ambiente). * L'attenzione alla questione ambientale e' assolutamente assente in tutto cio' che concerne il ciclo di vita di un aeromobile, dalla sua progettazione, al primo volo, alla sua commercializzazione. Il fatto che gli aerei inquinano terribilmente non sfiora nemmeno lontanamente ne' i dirigenti delle aziende produttrici di aerei ma neanche nessun progettista. Il parametro di riferimento e l'economicita' del trasporto, la quantita' di carico pagante che si riesce a trasportare al minor costo possibile. E l'ambiente per le aziende non e' un costo. E carico pagante sono le merci e i passeggeri ma anche le bombe o gli armamenti di un aereo militare. * Lo si vede sia negli aerei gia' in servizio, sia nei nuovi aerei che sono in costruzione quali l'A380 dell'europea Airbus, l'aereo commerciale piu' grande mai realizzato, o il 787 dell'americana Boeing, anche se quest'ultimo viene presentato come "aereo ecologico", perche' pesa il 30% in meno per l'uso di materiali non metallici. Nessuno dice l'inquinamento prodotto sia per realizzare questi nuovi materiali, sia per metterli in opera e realizzare parti di velivoli o velivoli interi. In realta' gli aerei, per quanto leggeri possano essere, consumano una quantita' enorme di petrolio perche' altrimenti non riuscirebbero a stare in volo. C'e' bisogno di un motore, ad elica o a getto, che faccia acquisire all'aereo la velocita' necessaria per generare la forza ascensionale capace di vincere la forza di gravita'. Senza questo motore nessun aereo e' in grado di stare in aria. Gli stessi alianti vengono portati in quota da aerei a motore e poi planano verso terra. Mi diceva, con molto cinismo, un amico pilota di aerei: "il problema degli aerei e' andare su perche' tanto a terra comunque ci arriveranno, in un modo o nell'altro". * Particolarmente nocivi da un punto di vista ambientale sono gli aerei militari, soprattutto quelli che volano ad alta quota e che sono i responsabili della distruzione dello strato di ozono e delle piogge acide che, durante il periodo della cosiddetta guerra fredda, hanno distrutto vaste estensioni di foresta nel centro Europa e che continuamente riempiono di scie chimiche i nostri cieli. Pochi sanno, ancora, che per lunghi anni e' stato usato l'uranio esaurito, per il suo elevato peso specifico, quale contrappeso per i timoni dei velivoli. Nessuno sa quanti siano gli aerei caduti che avevano tali contrappesi che, nell'urto, hanno il difetto di polverizzarsi. E quando si parla di aerei militari vengono alla mente i casi come quello del Cermis, dove piloti militari Usa giocavano a fare lo slalom fra i piloni della funivia, o quello della scuola di Casalecchio sul Reno (Bo) sventrata da un aereo militare in avaria. * Ho avuto modo di vedere per caso qualche anno fa il filmato del battesimo dell'aria di un allievo pilota dell'Aeronautica militare italiana. Una scena che, molto piu' di tante parole, rende bene l'idea del tipo di formazione a cui vengono sottoposti i piloti militari che, spesso, diventano poi piloti civili. Una formazione che tende a privare questi giovani di 18-20 anni di qualsiasi personalita'. All'atterraggio il giovane pilota reduce dal suo volo in solitario, dopo aver sbrigato le formalita' di rito, viene portato a spalla dagli altri allievi del corso dall'aereo verso una piscina circolare posta all'interno della base che si trova nel basso Lazio. Durante questo tragitto di tre o quattrocento metri, il neopilota viene letteralmente riempito di botte dai suoi commilitoni che usano il fodero dei pugnali di ordinanza che ogni pilota possiede nella sua dotazione di volo. E non si tratta di botte finte a giudicare dai gridi di dolore del neopilota, che avra' modo di sfogarsi anche lui sui suoi colleghi. Giunti davanti alla vasca il pilota viene buttato in acqua. Ma non e' ancora finito. Il neopilota deve fare per tre volte il giro della vasca in ginocchio e poi andare a baciare la statuina da cui esce l'acqua che riempie la vasca e a quel punto viene accolto dal comandante della base. E a quel punto il neopilota urla e salta di gioia come un bambino che ha da poco ricevuto un regalo inaspettato. E ancora piu' dura e selettiva e' la formazione che segue nei tre anni successivi. E' da tale formazione che nascono persone che vanno a bombardare citta' inermi senza battere ciglio, anche con bombe atomiche come e' successo a Hiroshima e Nagasaki. La mamma che ha un figlio pilota dell'aeronautica lo ha di fatto gia' perso. E' meglio fare figli "zappatori" che, come dice una vecchia canzone napoletana, la mamma non la dimenticano. E la mamma in questione e' la nostra madre Terra, l'unica che abbiamo e da cui non riusciremo a scappare quando manchera' l'aria, o i ghiacci si saranno sciolti, o i mari totalmente inquinati. 3. MEMORIA. FRANZ JOSEF MUELLER: L'IMPORTANZA DELLA "ROSA BIANCA" PER IL FUTURO DELL'EUROPA [Dal sito www.nostreradici.it riprendiamo il testo della conferenza tenuta all'Auditorium di Belluno il 5 febbraio 1996. La presenza di Franz Josef Mueller a Belluno e' avvenuta in concomitanza con la Mostra sulla "Rosa Bianca" - "Die Neinsager" Tedeschi contro Hitler, ospitata presso il Liceo classico "Tiziano" di Belluno, dal primo febbraio al 18 febbraio 1996 (deregistrazione, traduzione e adattamento di Giovanna Padovani). Nel presentare il testo icuratori del sito scrivono "Con l'inserimento di questa testimonianza desideriamo focalizzare uno dei 'punti luce' presenti nella storia del nostro tempo, perche' riteniamo sia importante che, insieme al non abbassare la guardia di fronte al pericolo e all'orrore della crudelta' - pensiamo con profonda condivisione e rispetto al Giorno della Memoria - venga alimentata anche la speranza sulla capacita' dell'essere umano di scegliere per la Vita e non per la morte, e il ricordo incida veramente nelle coscienze e non rimanga confinato negli angusti confini della giornata di commemorazione o in momenti staccati dalla vita e dalla storia di ogni giorno sulla quale si intesse la storia dei popoli. E' importante, soprattutto per le nuove generazioni, la conoscenza e la denuncia del male, ma occorrono anche modelli positivi. Quindi, oltre alla memoria del male, e' bene venga tenuta desta anche quella di chi non si e' allineato con i carnefici; molte persone e vicende in questo senso sono conosciute collettivamente: e' per questo che Israele riconosce e fa memoria dei Giusti tra le Nazioni". Franz Josef Mueller e' l'attuale presidente della fondazione "Weisse Rose", fondata nel 1986 a Monaco di Baviera da componenti e superstiti del gruppo e da parenti e amici dei membri giustiziati. Vicepresidenti sono: Anneliese Knoop-Graf e Marie Luise Schultze-Jahn. Obiettivi della Fondazione, alla quale tutti possono aderire, sono: 1) Diffondere la conoscenza della Rosa Bianca attraverso mostre e pubblicazioni, 2) promuovere la ricerca di fonti e notizie in archivi, 3) creare un luogo di informazione e documentazione nonche' un archivio della Rosa Bianca, 4) Curare i contatti con insegnanti e alunni delle scuole attraverso relazioni e discussioni presso tutte le istituzioni culturali, 5) Cooperare - soprattutto con il Goethe Institut - per diffondere all'estero la conoscenza della Rosa Bianca e promuovere uno studio diverso della storia tedesca, 6) Collaborare con gruppi e istituzioni - soprattutto ebraiche - che operano contro il razzismo e ogni forma di intolleranza. Sulla Rosa Bianca: tra il 1942 ed il 1943 un gruppo di studenti ed un professore di Monaco realizzarono e diffusero una serie di sei volantini clandestini antinazisti. I primi quattro volantini si aprivano col titolo "Fogli volanti della Rosa bianca" ed erano diffusi in poche centinaia di copie; gli ultimi due intitolati "Fogli volanti del movimento di Resistenza in Germania" ciclostilati in qualche migliaia di copie. Scoperti, furono condannati a morte e decapitati gli studenti Hans Scholl, Sophie Scholl, Christoph Probst, Willi Graf, Alexander Schmorell ed il professor Kurt Huber. Opere sulla Rosa Bianca: Inge Scholl, La Rosa Bianca, La Nuova Italia, Firenze, 1966, rist. 1978 (scritto dalla sorella di Hans e Sophie Scholl, il volume - la cui traduzione italiana e' parziale - contiene anche i testi dei volantini diffusi clandestinamente dalla Rosa Bianca); Klaus Vielhaber, Hubert Hanisch, Anneliese Knoop-Graf (a cura di), Violenza e coscienza. Willi Graf e la Rosa Bianca, La nuova Europa, Firenze 1978; Paolo Ghezzi, La Rosa Bianca. Un gruppo di resistenza al nazismo in nome della liberta', Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1993; Romano Guardini, La Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 1994; Paolo Ghezzi, Sophie Scholl e la Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 2003. Alcune piu' dettagliate notizie biografiche sui principali appartenenti al movimento di resistenza della "Rosa bianca" sono nel n. 909 di questo foglio (altri materiali ancora nei nn. 910 e 913)] Sono un sopravvissuto del gruppo della "Weisse Rose", un condannato dal "Volksgerichtshof" (Tribunale della rivoluzione di Berlino), che da solo ha condannato a morte cinquemilatrecento persone. I membri della Rosa Bianca sono stati processati a Monaco e Amburgo. Quindici appartenenti al gruppo sono stati condannati a morte e trentotto incarcerati. Alla fine della guerra siamo stati liberati dagli americani. Sono della citta' di Ulm, la citta' della famosa cattedrale gotica. Ulm e' anche la citta' di Hans e Sophie Scholl e di sei altri giovani che con noi frequentavano il ginnasio classico, con lo studio del latino e del greco. Era un ginnasio che non aderiva allo spirito nazionalsocialista e questo era molto importante per noi allievi. Voglio introdurvi subito nell'argomento della mia relazione e citare un passo sorprendente del nostro volantino n. 5 che tratta dell'Europa - questo volantino e' stato scritto nel gennaio del 1943 - e' un passo straordinario perche' in esso i miei amici svilupparono il senso del futuro dell'Europa: "Che cosa ci insegna la fine di questa guerra che non e' mai stata nazionale? L'idea imperialista del potere, da qualunque parte essa provenga, deve essere resa innocua per sempre. Un militarismo prussiano non deve piu' giungere al potere. Solo attraverso un'ampia collaborazione dei popoli europei si puo' creare la base su cui sara' possibile una costruzione nuova. Ogni potere centralizzato, come quello che lo stato prussiano ha cercato di instaurare in Germania e in Europa deve essere soffocato sul nascere. La Germania futura potra' unicamente essere una federazione. Solo un sano ordinamento federalista puo' oggi ancora riempire di nuova vita l'Europa indebolita. La classe lavoratrice deve essere liberata mediante un socialismo ragionevole dalla sua miserabile condizione di schiavitu'. Il fantasma di un'economia autarchica deve scomparire dall'Europa. Ogni popolo, ogni individuo hanno diritto ai beni della terra! Liberta' di parola, liberta' di fede, difesa dei singoli cittadini dall'arbitrio dei criminali stati fondati sulla violenza: queste sono le basi della nuova Europa" (1). * Sorprende trovare un'affermazione di questa natura in una Germania che ha portato violentemente la guerra nel centro dell'Europa. In questo volantino viene espresso un chiaro rifiuto ad ogni sorta di centralismo, a Berlino, un rifiuto anche all'atteggiamento morale dei tedeschi, che ci provoco' grandi disgrazie e che si esprimeva nell'espressione diffusa: "Il comando e' comando: gli ordini provengono da Berlino e vanno eseguiti". Noi diciottenni del ginnasio e Sophie e Hans Scholl, rispettivamente piu' anziani di noi di tre e cinque anni, provenivamo da una libera citta' del Reich. Fino al 1806 Ulm era stata infatti amministrata autonomamente, e un po' di quello spirito indipendente era ancora presente. La Rosa Bianca era molto conosciuta nella citta', ma a Ulm c'erano altri tre gruppi di giovani oppositori che tentarono persino una forma di resistenza ancora nell'anno 1944. Ulm era dunque ancora un centro di spiritualita' libera e liberale e in opposizione a Berlino e alla Prussia. Questa riflessione e' un presupposto per comprendere il contesto ambientale nel quale e' sorto il nostro gruppo. Ulm era una citta' riformata, vale a dire che la maggioranza degli abitanti era protestante. Anche la minoranza cattolica a Ulm operava molto intensamente. Il nostro gruppo di giovani ricevette impulsi determinanti per opera di tre giovani sacerdoti cattolici. Nella scuola non c'era la lezione di religione, ma noi ci incontravamo in privato, si puo' dire in gran segretezza, di notte, utilizzando gli ingressi posteriori. Il gruppo era costituito da quasi venti giovani che non si esercitavano contro il nazionalsocialismo bensi' nella lettura dei documenti della grande spiritualita' tedesca: Goethe, Schiller, Hoelderlin, Thomas Mann, Lessing e in particolare un dramma che in Germania era severamente vietato, "Nathan der Weise", il grande dramma di Lessing. Dunque leggevamo il dramma di un ebreo che si rivela come il fratello, il prossimo, e che noi leggevamo interpretando i diversi ruoli. Quelli furono i primi passi verso la resistenza che inizialmente era solo opposizione; piu' tardi si arrivo' alla vera e propria resistenza. * Un'altra fonte che ci rese immuni al nazionalsocialismo fu il nostro antico ginnasio. Esso era stato fondato nell'anno 1293 - oggi sono oltre 700 anni e noi ne siamo orgogliosi -. Studiavamo greco e al secondo anno traducevamo i dialoghi giovanili di Platone. In questi dialoghi viene trattato frequentemente il problema della giustizia nella polis, nella citta', e Socrate che conduce il dialogo confuta ai suoi discepoli l'affermazione che cio' che e' di vantaggio alla citta' sia allo stesso tempo buono. Socrate afferma invece che bisogna porsi l'interrogativo se cio' che e' di vantaggio sia anche giusto, se a lungo termine possa essere di utilita' alla polis. Un giorno - avevamo letto in classe questa traduzione - usciti dalla scuola vedemmo affisso un manifesto di Josef Goebbels, il ministro della propaganda, uno dei capi dei nazisti: nel manifesto, diffuso in tutta la Germania, c'era scritto: "Bene e' cio' che ci aiuta a vincere". Dunque l'obbiettivo immediato era quello della vittoria. Attraverso i dialoghi che ci aveva tramandato Platone noi potevamo capire che in quel momento si stava producendo un pericoloso corto circuito che incitava e giustificava i cittadini a compiere qualsiasi tipo di misfatto se essi credevano che potesse tornare utile per la vittoria. Tutto questo genero' conflitti fra di noi studenti e cio' si spiega col fatto che noi avevamo allora anche una istituzione "educativa" dall'influenza negativa, esperienza rivelatasi tuttavia rivelatrice per alcuni di noi, vale a dire la "Hitlerjugend". L'adesione alla "Hitlerjugend" non era volontaria, dal '38 noi dovevamo per legge e senza eccezioni entrarvi a far parte, erano naturalmente esclusi i paesi decentrati, non raggiunti dai nazisti. Molto presto cademmo in situazioni conflittuali con noi stessi e con altri perche' non condividevamo le punizioni inflitte e di cui si sentiva parlare. Il comportamento dei nazisti e dei capi della Hitlerjugend fu quello di picchiarci ed io, da uno di questi episodi, ne sono uscito con la clavicola rotta. Tutto questo non alimentava certo la nostra amicizia per i nazisti e fu un ulteriore fattore che ci spinse lentamente all'ostilita' verso di loro. La nostra esperienza della Hitlerjugend fu solo negativa, perche' vissuta come imposizione. Organizzammo un furto presso la centrale della Hitlerjugend di Ulm, sottraendo la nostra documentazione cosicche' il nostro gruppo divenne per loro inesistente. Negli ultimi tre anni la Hitlerjugend non fu piu' attiva e da quel momento inizio' la nostra azione di opposizione e di resistenza. Dopo aver tracciato per voi questo sfondo, vorrei arrivare al tema dell'Europa cosi' come noi la concepivamo, nella nostra esperienza di guerra. * Dapprima la Germania venne invasa da milioni di prigionieri che provenivano da vari paesi: inizialmente dalla Russia, dalla Francia, poi dalla Jugoslavia, dalla Polonia e a partire dall'agosto '43 anche dall'Italia. Erano in parte prigionieri condannati a lavori forzati. Con questi uomini, che secondo l'ideologia nazista provenivano da "razze inferiori", cercavamo contatti: per primi con i polacchi, che erano persone molto gentili. Discutevano con noi, erano cattolici come noi, venivano con noi in chiesa alla domenica. Nella fattoria di mio zio c'era poi una famiglia russa, di Leningrado. Erano persone straordinariamente cortesi, sedevano a tavola con noi, e a Natale ricevevano regali; li trattavamo da persone. Non erano ne' piu' saggi, ne' piu' stupidi di noi. Il figlio unico di questi russi frequentava la scuola tedesca del paese ed era il migliore nella sua classe. Voi potete capire cosa tutto questo potesse significare se ci confrontavamo con la teoria razzista, secondo la quale la razza germanica era superiore e generatrice di cultura. Per quanto mi riguarda, nell'anno 1942 raccoglievo spesso la frutta nella nostra fattoria e un giorno, cadendo da un albero, mi fratturai un piede. Nelle sei settimane di convalescenza lessi undici opere di Dostoevskij, la piu' amata fra le quali era I fratelli Karamazov. Da allora in poi per noi divenne assurda ogni affermazione nazista che voleva i russi come razza culturalmente inferiore. Nel frattempo venimmo a trovarci in una situazione assai difficile. In Germania il nazionalismo assunse i connotati assolutistici anche del militarismo. Questi nazionalismo e militarismo dirompenti diedero, per nostra disgrazia, via libera al nazionalsocialismo. Molti tedeschi, con cui parlavamo, dicevano di sostenere non i nazisti, ma la Germania, perche' bisognava essere dei "buoni tedeschi". Essi non riuscivano a comprendere che gli obiettivi del nazismo e dei "buoni tedeschi" erano i medesimi e conducevano alla guerra. Chi andava in guerra e combatteva per Hitler pero', non combatteva per la Germania, bensi' per il nazionalsocialismo. * Dopo il 1943, era per tutti ormai evidente che la guerra era perduta ed era solo una questione di tempo: essa sarebbe durata fin tanto che sopravvivevano i nazisti. Sophie Scholl afferma, come risulta nella nostra documentazione: "Noi dobbiamo perdere la guerra, altrimenti non torneremo mai piu' liberi". Ed e' molto difficile dire a un popolo "dobbiamo perdere la guerra" perche' altrimenti non ci sara' piu' la liberta'. Noi diciottenni dovevamo porci di fronte a questa spaventosa alternativa. Noi tutti dovemmo andare soldati. Io arrivai a Epinal, in Francia, per i primi tre mesi di servizio. La' seppi dell'imprigionamento e della condanna a morte di Sophie e Hans Scholl. Tentai di entrare, pur essendo un soldato tedesco, in contatto con la Resistenza francese. In quelle circostanze mi resi conto di come eravamo considerati noi tedeschi nel resto dell'Europa. La Resistenza francese mi respinse, benche' io avessi detto che mi sarei consegnato, portando con me un'arma. Io per loro potevo essere un agente provocatore e comunque con i tedeschi non si voleva aver nulla a che fare. A Epinal venni poco dopo arrestato, tradotto a Monaco e sottoposto a processo (2). Questa era la situazione di un diciottenne tedesco, antinazista attivo per formazione cristiana e per convincimento filosofico e politico, convinto che Hitler avrebbe portato tutti alla rovina, e che in nessun posto in Europa avrebbe potuto trovare aiuto: non in Francia, non da parte dei prigionieri russi di religione cristiana. La realta' di un individuo nella Resistenza tedesca era di abbandono, solitudine e soltanto all'interno di un gruppo di amici - e la Rosa Bianca era costituita solo da amici - si poteva parlare e sentire come esseri umani. * Noi affermavamo che il nazionalismo e il centralismo tedeschi erano stati il presupposto per il nazionalsocialismo e la sua guerra. Noi riflettevamo sul come tutto cio' si sarebbe potuto evitare, e qui torno a fare riferimento alla lettura introduttiva sul federalismo europeo, sulla Germania federalista: uno fra i nostri convincimenti piu' importanti era infatti quello che gli stati nazionali mettessero a rischio il futuro dell'Europa se nazionalisti e militaristi. Bisognava trovare altre soluzioni. Noi tedeschi e, forse, anche voi italiani, non abbiamo molte difficolta' in questo senso, perche' siamo diventati stati nazionali molto tardi. La Germania ha molte regioni, oggi la Germania ha quindici Laender, in parte autonomi: la Baviera, ad esempio, e' autonoma a tal punto da poter essere costituzionalmente autorizzata ad uscire dalla federazione germanica. Questo federalismo e' per noi tedeschi, ma io credo per tutta l'Europa, la piu' importante garanzia che queste spaventose guerre e conflitti nazionalisti che ha avuto il passato non si ripetano. Non serve che io parli del nazionalismo: noi tutti abbiamo sotto gli occhi qui vicino, nella Jugoslavia, che cosa esso significhi... Vorrei dire, rapportandomi alla realta' attuale, che se si persegue soltanto un'Europa dell'economia, dell'efficienza economica, questa non e' l'Europa che noi della resistenza, e altri ancora, volevamo. Se l'Europa non fara' riferimento alla sua cultura, alla sua storia spirituale, non sara' un'Europa in grado di lasciare una eredita' buona e utile per gli uomini. Jean Monnet, che assieme ad Adenauer e De Gasperi fu uno dei padri della prima comunita' europea, quella del carbone e dell'acciaio, affermo', poco prima di morire: "Se io dovessi rifondare l'Europa, proverei ad iniziare dalla cultura europea". L'anno scorso, ho visto una trasmissione da Bruxelles su un tribunale dell'eurocrazia, un tribunale amministrativo. Vi sono impiegate complessivamente trentunomila persone, dislocate a Bruxelles, in Lussemburgo e a Strasburgo. Sapete invece quanto grande e' il dipartimento cultura presso la Commissione Europea a Bruxelles? Quanti uomini ci lavorano? Ventisette in tutto! Questa non e' soltanto una cifra insignificante, questo e' un segnale che questa Europa che sta sorgendo non e' sulla buona strada. * Non intendo richiamare genericamente il concetto di cultura europea senza tracciarne il contenuto; voglio enunciarvi un punto determinante, senza il quale l'Europa non sara' quella che noi vorremmo: si tratta dei diritti dell'uomo, formulati per la prima volta in Europa, da parte di popoli diversi, scritti, proclamati, diffusi attraverso la Rivoluzione francese. Noi li abbiamo denominati "diritti fondamentali" e nella nostra Costituzione tedesca troviamo scritti al primo posto i "diritti personali del cittadino". Questi diritti non sono solo proclamati bensi' essi sono appellabili direttamente davanti al giudice: si puo', ad esempio, ricorrere al giudice affermando di essere stati lesi nel diritto fondamentale alla salute e denunciare lo stato, il Land ecc. E' importantissimo che questi siano diritti positivi e che il diritto di un popolo li garantisca. Di recente ero in Olanda a parlare con Hugo Degrot il quale affermava che a fondamento dell'Europa ci sono gli umanisti europei, come ad esempio l'italiano Benedetto Croce e altri, e che non possiamo permettere che cio' venga cancellato dalle discussioni su nazionalismo, economismo, euro e marco, ecc. Dobbiamo chiederci come sia allo stato attuale praticata l'osservanza dei diritti dell'uomo in questo continente perche' solo attraverso il rispetto di essi questo continente diverra' in futuro piu' umano e vivibile. * Voglio concludere questi miei pensieri e riflessioni con un'ulteriore espressione di speranza per l'Europa richiamando ancora la Resistenza europea: per i diritti fondamentali dell'uomo la Resistenza europea ha combattuto nei vari paesi. Voi avete ascoltato le nostre rivendicazioni contenute nel volantino n. 5: liberta' di pensiero, liberta' di fede religiosa. Per questi diritti sono morte innumerevoli persone in tutta l'Europa, in Italia come anche in Germania. In questo secolo abbiamo posto le basi per un'Europa migliore attraverso il processo difficile e drammatico della Resistenza europea. Oggi non dobbiamo comportarci come se questo passato fosse superato: in Germania oggi questo certamente non accade. Il 27 gennaio, due settimane fa, e' stata istituita per la prima volta in Germania una giornata nazionale di commemorazione di tutte le vittime del nazionalsocialismo. Non dobbiamo dimenticare! * Vorrei ancora aggiungere due considerazioni: non si sa molto della Resistenza tedesca, gli stessi tedeschi per venti, trent'anni non ne hanno quasi parlato a causa della cattiva coscienza per aver voluto seguire Hitler. Oggi le cose sono cambiate ed io posso fornire a voi dati storici raccolti da qualche anno a questa parte. La Resistenza tedesca non e' stata cosi' piccola come si potrebbe supporre e ci risulta il contrario dalle cifre che ci provengono dall'Istituto di storia contemporanea di Monaco. I nazionalsocialisti ed i loro alleati uccisero pii' di 130.000 tedeschi, rinchiusero alcune centinaia di migliaia di persone in campi di concentramento, penitenziari, carceri, sottoposero ad interrogatori della Gestapo piu' di un milione di persone. Nel 1933 si contavano in Germania 66 milioni di abitanti. La Gestapo torturo' Sophie Scholl per quattro giorni, dal 18 al 21 febbraio 1943. Sophie Scholl era la persona piu' forte all'interno del gruppo della Weisse Rose, la piu' determinata, la piu' sincera e la piu' attiva. Era una giovane donna e fu ghigliottinata a ventun anni. Il cappellano del carcere che la vide poco prima dell'esecuzione testimonia che era senza paura, calma. L'uomo della Gestapo che conduceva l'interrogatorio le chiese alla fine: "Signorina Scholl, non si rammarica, non trova spaventoso e non si sente colpevole di aver diffuso questi scritti e aiutato la Resistenza, mentre i nostri soldati combattevano a Stalingrado? Non prova dispiacere per questo?", e lei rispose: "No, al contrario. Credo di aver fatto la miglior cosa per il mio popolo e per tutti gli uomini. Non mi pento di nulla e mi assumo la pena" * Note 1. I testi dei volantini della Rosa Bianca sono contenuti nell'opuscolo della mostra: La rosa Bianca: La resistenza degli studenti contro Hitler, Monaco 1942/'43. L'opuscolo puo' essere richiesto presso la Biblioteca civica di Belluno. 2. Franz J. Mueller fu processato nel secondo processo ai membri della Rosa Bianca, tenutosi il 19 aprile 1943 a Monaco. I tre principali accusati di alto tradimento, poi condannati a morte, erano Alexander Schmorell, Willi Graf e il prof. Kurt Huber, F. J. Mueller venne condannato a pena detentiva, assieme ad altri undici amici "per aver diffuso volantini e non aver denunciato, per quanto a conoscenza, il delitto di alto tradimento". 4. LETTURE. MARCO REVELLI (A CURA DI): NORBERTO BOBBIO MAESTRO DI DEMOCRAZIA E DI LIBERTA' Marco Revelli (a cura di), Norberto Bobbio maestro di democrazia e di liberta', Cittadella Editrice, Assisi 2005, pp. 208, euro 14. Il volume raccoglie le relazioni tenute al XLII seminario di filosofia svoltosi presso la Pro Civitate Christiana di Assisi dal 25 al 28 novembre 2004 dedicato al grande filosofo dell'impegno civile deceduto nel gennaio 2004. Con contributi di Raffaele Luise, Marco Revelli, Giancarlo Bosetti, Luigi Ferrajoli, Ermanno Vitale, Sergio Fabbrini, Danilo Zolo. Un omaggio che e' anche un vero contributo alla conoscenza del comune maestro; un libro che nella sua polifonia vivamente raccomandiamo (ed ai giovani in particolare vorremmo raccomandare una volta di piu' la lettura e la rilettura delle opere di Bobbio: che sono sempre una lezione di chiarezza e di umanita', di ricerca della verita', di rispetto degli interlocutori, di rigore morale e intellettuale. Quante sciocchezze si eviterebbero se ci si ponesse ancora e sempre alla sua scuola). Per richieste alla casa editrice: Cittadella Editrice, c. p. 94, 06081 Assisi (Pg), tel. 075813595, fax: 075813719, e-mail: amministrazione at cittadellaeditrice.com, sito: www.cittadellaeditrice.com 5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 6. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 177 del 10 agosto 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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