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Voci e volti della nonviolenza. 85
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 85
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 24 Jul 2007 13:59:52 +0200
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 85 del 24 luglio 2007 In questo numero: 1. Holger Banse ricorda Martin Buber (parte seconda e conclusiva) 2. Wikipedia: Martin Buber 3. Et coetera 1. HOLGER BANSE RICORDA MARTIN BUBER (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA) [Dal sito www.nostreradici.it riprendiamo il seguente testo, li' presentato con la seguente premessa: "Il 15 ottobre 2003, presso la Fondazione Culturale Ambrosianeum di Milano, si e' tenuto un incontro sul tema 'Una vita per il dialogo. Una conversazione con Martin Buber'. L'appuntamento era con Holger Banse, pastore della Chiesa evangelica di Renania. Siamo lieti di pubblicare il suo testo, grazie alla cortesia dell'autore e dell'Arcidiocesi di Milano - Ecumenismo e dialogo" e il sommario "1. Tu e Io; 2. I primi anni a Vienna; 3. La nuova casa a Lemberg; 4. Alla ricerca; 5. La vita e' santificazione; 6. La vita e' dialogo; 7. La vita e' incontro; 8. La vita e' imparare ad ascoltare"] 7. La vita e' incontro Abbiamo tralasciato per un po' la tua biografia, perche' il cammino del chassidismo sulla via del dialogo tra l'Io e il Tu risultava evidentemente inscindibile dalla tua vita. D'altra parte che cosa sarebbero stati i tuoi pensieri se le relazioni autentiche di cui tu parli non fossero state anche vissute, cosi' come hai potuto conoscere in prima persona i chassidim, durante la tua infanzia? Ed ecco che gia' nel 1899 conosci a Zurigo Paula Winkler, studentessa di germanistica, che sposerai ben presto. E' di fede cattolico-romana e ha un anno piu' di te. Ha grandi capacita' espressive e un notevole talento poetico e scrive un ciclo di romanzi con lo pseudonimo di Georg Munk. Deve aver collaborato anche alla redazione di alcune tue storie chassidiche. In seguito vi nascono due figli: Raphael (nel 1900) e Eva (nel 1901), a cui si aggiungeranno le vostre nipotine Barbara e Judith, figlie di Raphael, che verranno a stare con voi nel 1928. Pare che tra voi due fosse Paula la personalita' piu' forte, piu' matura. Nei primi anni della vostra vita insieme, Paula si converte all'ebraismo, prendendo cosi' parte in tutto e per tutto ai tuoi pensieri - trascinata nel vortice dell'anelito interno al popolo ebraico. Finalmente, in Paula, come scrivi una volta, trovi la madre che cercavi, dall'abbandono di tanti anni prima. Paula ti cambia, con lei cresci, diventi piu' coraggioso, piu' determinato, piu' forte e saldo. E' lei l'incontro decisivo della tua vita: il tuo pensiero dialogico e' comprensibile solo sulla base del tuo matrimonio con Paula, lei e' il tuo vero "prossimo", il tuo "altro", il "di fronte" a te, il tuo Tu. L'amore, il matrimonio e il "cameratismo" con Paula danno solidita' e concretezza alla realta' fondamentale del dialogo, alla conferma reciproca e all'incontro. Nella dedica al tuo libro Dialogo (Zwiesprache) scrivi: "A P. La notte dell'abisso e la luce dei mondi, angoscia del tempo e desiderio di eternita', visione, evento e poesia: era ed e' dialogo con te". Cosi' come Paula si confrontava con la tua tradizione religiosa, allo stesso modo hai fatto tu con la sua. C'era dialogo tra di voi, un dialogo autentico, essenziale, che rispettava attentamente le reciproche origini e che si concretizzava in una convivenza armoniosa. Gia' dal tempo dei tuoi studi scolastici e universitari, in cui ti sei spesso confrontato con la tradizione teologica cristiana, incomincia a maturare nell'intimo un dialogo tra due fedi, quella ebraica e quella cristiana. La tua assidua frequentazione dei testi di mistica cristiana e l'amicizia con Flores Christian Rang, un ex pastore protestante, giurista e membro del gruppo di Landauer, stanno alla base di questo dialogo, nel quale tu metti in risalto con delicatezza analogie e differenze e dai inizio ad un confronto tra le due confessioni religiose, che fino ad allora era inimmaginabile, e che diventera' il punto di riferimento fisso per il dialogo tra cristiani ed ebrei fino ai nostri giorni. Tu vedi realizzata, ancora negli inizii del cristianesimo, una delle idee fondamentali dell'ebraismo, vale a dire il fatto, l'azione come centro del vissuto religioso. Per questo tu dici che tra cristianita' nei suoi primordi ed ebraismo di base non c'erano delle differenze. In un secondo momento, sotto l'influsso della filosofia greca, i sentieri della religione cristiana avrebbero lasciato il cammino comune: dapprima il cristianesimo avrebbe soppiantato l'azione con la fede, per poi spostarla al centro del suo sistema religioso. Chiaro esempio di cio' e' per te la fede cristiana nel figlio di Dio richiesta dai cristiani: mentre la predicazione di Gesu' si inserisce nella genuina tradizione ebraica, affermando che ognuno avrebbe potuto diventare figlio di Dio, attraverso una vita vissuta nell'amore per Lui, la cristianita' formulo' il principio secondo il quale solo la fede nell'unigenito figlio di Dio dona agli uomini la vita eterna. Rimane ben poco di ebraico, in questa interpretazione, della vita dell'ebreo Gesu': il credo ecclesiastico non riguarda piu'' l'uomo-Gesu', ma solo l'incarnazione del Verbo. "Gesu'", cosi' tu scrivi "fin dalla giovinezza l'ho percepito come un mio grande fratello. Il fatto che la cristianita' l'abbia riconosciuto e lo riconosca come Dio e Salvatore mi e' sempre sembrato degno della piu' alta considerazione (...). Il mio stretto legame fraterno con lui e' diventato sempre piu' forte e puro (...). Sono piu' che mai convinto che a lui si possa attribuire un grande posto nella storia della fede d'Israele, che questo posto non possa essere definito da una delle solite categorie". Nelle tue parole emerge anche, e in modo deciso, la tua profonda avversione nei confronti del proselitismo, per ogni tipo di missione in ogni epoca. Per te la missione e' il misconoscimento dell'altro, la cui religione, nella migliore delle ipotesi, e' considerata inferiore rispetto alla propria. Riconoscendo al massimo la religione dell'altro come seconda si pone in questione il rapporto originario di Dio con gli uomini e nessuna intesa puo' darsi, nessun dialogo. In un altro momento ribadisci che l'ebraismo conosce solo l'immediatezza del rapporto tra la creazione, gli uomini, e Dio. E' nella creazione che egli si rivela, occorre riconoscerlo qui, perche' qui la divinita' e' da santificare, da redimere. La storia del mondo e' un dialogo tra Dio e la sua creatura; un dialogo in cui l'uomo e' partner di Dio in modo puro e immediato, senza nessun frammezzo; un dialogo in cui l'uomo ha il diritto e il potere di dire la sua stessa autonoma parola. Peraltro l'ebraismo manca di una propria apocalittica, nel senso che manca una tradizione originaria che prevede la fine del mondo in un evento futuro, indifferibile e concreto. La religiosita' ebraica non promette nessuna abolizione (Aufhebung), nessuno svincolamento da questo mondo malvagio verso un altro del tutto diverso e perfetto, bensi' spera nel compimento della creazione, nella santificazione, nell'adempimento della volonta' di Dio in questo mondo. Cio' significa redimere il mondo senza spezzarne la continuita'. Percio' l'uomo in ogni tempo e in ogni luogo e' chiamato a partecipare all'opera della creazione. Ed e' per questo, inoltre, che un ebreo non puo' riconoscere in Gesu' il messia, tanto piu' che il mondo e' rimasto irredento anche dopo la venuta di Gesu'. Credere nel messianismo come in qualcosa che sia gia' avvenuto una volta per tutte, andrebbe contro al piu' intimo senso della passione messianica dell'ebraismo, secondo la quale l'ebreo, in ogni istante, in ogni situazione, contribuisce alla salvezza del mondo. Questa sarebbe stata anche la fede di Gesu': cosi' tu non credi in Gesu', ma credi con lui, e in fondo sei convinto che il mistero di Dio, quando ci sara' rivelato alla fine, sciogliera' tutte le domande circa il rapporto tra Dio e gli uomini, e sciogliera' anche quelle le cui risposte oggi, nella loro contrapposizione, tengono distanti ebrei e cristiani. * 8. La vita e' imparare ad ascoltare L'intensita' delle tue riflessioni ci ha gia' distolto ancora parecchio dalla traccia della tua biografia. Si susseguono periodi di soggiorni a Berlino, Vienna, Zurigo, Praga, Francoforte. Studi, conferenze, scritti e pubblicazioni riempiono il tempo. Nel 1919 viene fondata a Francoforte il primo Centro di Studi Ebraici (Juedisches Lehrhaus), tu ne fai parte fin dall'inizio. Nel frattempo avevi comperato una casa a Heppenheim. Ti trasferisci la', nel Palatino, presso la Bergstrasse, perche' Berlino e' diventata insopportabile nella sua frenesia e nel suo assetto da guerriglia. Nel 1923 assumi l'incarico di docente di Scienze Religiose e Etica Ebraica presso l'Universita' di Francoforte, cattedra che era riservata a Franz Rosenzweig, che pero' dovette declinare a causa della sua grave malattia. Proprio con lui, il filosofo esistenzialista, grande conoscitore dell'ebraismo e autore del monumentale libro La stella della redenzione, incominci due anni dopo la traduzione in tedesco della Bibbia ebraica. Da lungo tempo meditavi qualcosa del genere, ma fino ad allora pensavi a una variante ebraica della versione luterana, ma gia' dal primo approccio al testo, quando ti trovi a confrontare la prima parte della Genesi con la traduzione di Lutero, diventa tutto chiaro: non ci si puo' limitare a un semplice adattamento della lingua, tutto deve essere detto in modo diverso, perche' tu non vuoi "ricondurre a un rotolo del Libro, o alle tavole di pietra (...), ma alle parole nel loro essere pronunciate". Per te la Bibbia e' uno straordinario documento dello stare di fronte tra Dio e l'uomo. La storia che e' narrata nella Bibbia e' un unico dialogo di Dio con l'uomo. La Bibbia e' un immediato rivolgersi di Dio all'uomo che non si puo' sacrificare a vantaggio della comprensibilita'. Solo attraverso il ricorso alla lingua parlata e' possibile far rivivere il linguaggio di una tradizione religiosa che veniva originariamente trasmessa soprattutto attraverso l'oralita' - questo significa far capire un messaggio che e' stato costruito attraverso la parola viva. E' per questo che tu non parli di "libro": il libro e' voce. Non dobbiamo imparare a leggere, dobbiamo piuttosto imparare ad ascoltare. Quando Rosenzweig muore a Francoforte, il 10 ottobre del 1929, avevate appena concluso il Canto del servo del Signore del profeta Isaia. Prosegui tu da solo per altri trent'anni. La traduzione terminata compare in 4 volumi nel 1962. A Heppenheim fondi una variante ebraica dell'universita' popolare. Nell'ottobre del 1933, prima che ti venisse negato dai nazisti il diritto di insegnare all'universita', ti dimetti per tua libera scelta. Cosi' hai piu' tempo da dedicare al tuo progetto per una istruzione per adulti ebraici, perche' "La prima cosa di cui un ebreo tedesco ha bisogno e' un nuovo ordinamento gerarchico dei valori personali ed esistenziali che lo abilitino a fronteggiare la situazione attuale e le sue conseguenze. Se noi proteggiamo la nostra coscienza, niente ci potra' essere tolto. Se noi restiamo fedeli alla nostra vocazione, nessuno ci puo' delegittimare. Se noi teniamo uniti l'origine e lo scopo, nessuno ci puo' sradicare - e nessuna potenza al mondo e' in grado di assoggettare colui che in una realta' di schiavitu' ha conquistato la liberta' vera dell'anima". Fino al marzo del 1939 rimani a Heppenheim, nonostante le difficolta' e le continue minacce. Poi, sessantenne, lasci la Germania per raggiungere Gerusalemme, nella cui Universita' si istituisce una cattedra di Filosofia sociale apposta per te. Ma anche qui hai dovuto affrontare il problema dell'ostilita' che i gruppi ortodossi ti riservano, opponendosi ad incarichi di insegnamento che ti vedessero impegnato in materia di religione o teologia. Evidentemente si metteva in dubbio l'ortodossia della tua fede. E mentre in Europa gran parte degli ebrei viene sterminata, in Palestina si giunge alle prime tensioni tra la minoranza ebraica e i popoli arabi, che culminano in attentati sanguinosi da entrambe le parti. Anche qui ti applichi per il dialogo: i tuoi compagni di fede devono rispettare i diritti degli arabi, ma contemporaneamente insisti sul fatto che la terra dei Patriarchi deve essere abitata da tutti i discendenti delle Dodici Tribu'. Cio' nondimeno, secondo te la colonizzazione della Palestina e l'istituzione dello Stato di Israele non possono essere assunti come fini a se stessi. Per te e' qualcosa di molto di piu': e' la nascita di un popolo attraverso la realizzazione di un umanismo biblico e la concretizzazione del regno di Dio. Senza questa consapevolezza, senza conversione e senza rinnovamento morale e spirituale, ogni obiettivo di natura politica resta un busto privo di anima. Dopo la guerra intraprendi numerosi viaggi. Il mondo diventa il luogo del tuo dialogo: sei come a casa tua in Europa e in America, e perfino in Germania. Il 17 settembre 1953, in occasione del "Premio della Pace" degli editori tedeschi, affermi: "Io credo, nonostante tutto, che i popoli in queste ore possano giungere al dialogo reciproco. Un vero dialogo e' quello in cui ciascuno dei partner e' salvaguardato dall'altro, pur nella contraddizione, come partner essenziale, affermato e confermato. Se cosi' non si toglie dal mondo la contraddizione, certamente pero' la si puo' umanamente condividere e superare". A causa del tuo continuo impegno per il dialogo tra Israele e Palestina, del tuo riavvicinamento alla Germania postbellica e della tua permanente richiesta di una riconciliazione si eleva una protesta forte contro di te sia nella societa' che nella politica di Israele. Ma nonostante cio' tutto il mondo festeggia il tuo ottantesimo compleanno. Ma in quello stesso anno, l'11 agosto 1958, a Venezia muore tua moglie, durante un viaggio di ritorno dagli Stati Uniti. Viene sepolta nel cimitero ebraico del Lido. Il 26 aprile del 1965, a seguito di una brutta caduta, subisci un intervento chirurgico. Anche se l'esito dell'operazione e' positivo, muori il 13 giugno, hai 87 anni. Davanti alla tua salma composta presso l'Universita' Ebraica, sfilano centinaia di studenti, amici, membri di kibbutz, monaci cristiani, arabi cristiani e musulmani, ambasciatori di molte parti del mondo. Gli studenti arabi pongono sulla tua tomba una corona di rose, garofani e gladioli. Vieni seppellito nel cimitero Har Hamenuchoth che domina Gerusalemme, in una luogo in cui riposano i defunti professori dell'Universita' ebraica. Sulla tua lapide sono scolpiti due versetti del tuo salmo preferito (73, 23-24): "Ed ecco, io rimango con te, hai preso la mia destra. Con il tuo consiglio mi guidi e poi mi conduci nella gloria". Si', nella gloria e con gioia Dio ti ha accolto, per vivere con te cio' di cui hai parlato per tutto l'arco della tua vita, per vivere con te in eternita' cio' che tu hai vissuto: la relazione tra Io e Tu, l'eterno Io con l'eterno Tu. 2. WIKIPEDIA: MARTIN BUBER [Dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo la seguente voce con minime modifiche] Martin Mordechai Buber (Vienna, 8 febbraio 1878 - Gerusalemme, 13 giugno 1965) e' stato un filosofo e studioso della Bibbia, pedagogista e narratore israeliano e austriaco. Si deve a lui l'emersione alla cultura europea del movimento chassidico. * a) Biografia La giovinezza Buber nacque in una famiglia viennese di ebrei assimilati. Trascorse l'infanzia, dopo il divorzio dei genitori, a Leopoli (allora Lemberg, nella Galizia asburgica, oggi L'vov, in Ucraina), presso suo nonno Salomon, uomo d'affari ma soprattutto famoso erudito nella tradizione e nella letteratura ebraiche. Nella sua prima educazione ebbero grande parte le lingue: in casa si parlava yiddish e tedesco, imparo' l'ebraico (lingua della religione) e il francese (lingua della borghesia colta europea dell'epoca), e anche l'inglese e l'italiano, gia' nell'infanzia, e il polacco durante gli studi superiori. Nel 1892, anche a seguito di una crisi religiosa adolescenziale, fece ritorno all'ambiente laico della casa paterna. Durante questo periodo scopri' Kant, Kierkegaard e Nietzsche. Nel 1896 intraprese a Vienna studi di filosofia, filologia e storia dell'arte, continuando poi a studiare a Lipsia e a Zurigo. * La maturita' Nel 1898 aderi' al neonato movimento sionista e ne divenne un membro attivo ed impegnato, pur discostandosi rapidamente dalle posizioni del suo fondatore Theodor Herzl, dal quale lo divideva la convinzione che le ragioni del sionismo fossero piuttosto culturali e religiose, che nazionalistiche e politiche. Nel 1899 incontro' Paula Winkler, giovane intellettuale cattolica che si sarebbe successivamente convertita all'ebraismo, che divenne sua moglie e la madre dei suoi due figli, nati nel 1900 e nel 1901, e collaboro' anche al suo lavoro. Nel 1902 partecipo' alla pubblicazione del giornale sionista "Die Welt", che divenne il principale mezzo di comunicazione del movimento. Nel 1904 pubblico' la sua tesi, Beitraege zur Geschichte des Individuationsproblems (Contributi alla storia del problemi dell'individuazione). In quel periodo soggiorno' a Firenze per due anni. Negli stessi anni si era interessato alle filosofie mistiche rinascimentali (Boehme, Cusano, Paracelso), reincontrando in questo percorso il chassidismo della sua infanzia e dedicandosi attivamente alla raccolta e alla traduzione dei sui documenti. Da questi studi nacque la pubblicazione delle Storie di Rabbi Nahman, raccolta di racconti sul Rabbi Nahman di Breslavia, grande figura del chassidismo di cui Buber cerca di rinnovare il messaggio e l'importanza (1906) e delle Storie del Baalshem (La leggenda del Baal Shem Tov), fondatore del Chassidismo (1908). Tra il 1910 e il 1914 si dedico' in particolare a studi mitologici e all'edizione di testi mistici. Nel 1916 lascio' Berlino per Heppenheim. Durante la prima guerra mondiale partecipo' alla creazione della Commissione nazionale ebraica, finalizzata a migliorare le condizioni di vita degli ebrei dell'Europa orientale, e divenne redattore del mensile "Der Jude", che cesso' le pubblicazioni nel 1924. Nel 1921 Buber incontra Franz Rosenzweig che diviene una delle sue grandi figure di riferimento, con il quale comincia a collaborare per il Freies Juedisches Lehrhaus ed inizia nel 1925 l'opera che lo accompagnera' per il resto della vita, cioe' la traduzione della Bibbia ebraica in tedesco. Si tratta, piu' che di una traduzione, di una trasposizione, secondo un procedimento che Rosenzweig e Buber chiamarono Verdeutschung (germanizzazione), non esitendo a reinventare le regole linguistiche e grammaticali tedesche, per aderire allo spirito del testo originale. Nel 1923 egli scrisse il suo capolavoro, "Io-tu". Durante il periodo che va dal 1924 al 1933 insegno' filosofia della religione ebraica all'Universita' Johann Wolfgang Goethe di Francoforte sul Meno. * L'avvento del nazismo e il "ritorno" in Israele Buber dovra' lasciare questa cattedra con l'avvento al potere di Hitler. D'altronde il 4 ottobre 1933 le autorita' naziste gli avevano proibito di tenere qualsivoglia conferenza pubblica. Martin Buber fonda allora l'organizzazione centrale dell'educazione ebraica per adulti. Come era prevedibile i nazisti non tardarono ad impedire il funzionamento pure di questa nuova struttura. Soltanto nel 1938 Martin Buber lascio' la Germania e si trasferisce a Gerusalemme, dove gli viene offerta una cattedra di antropologia e sociologia all'universita' ebraica. In Israele Buber prende rapidamente parte al dibattito sui problemi del ritorno degli ebrei in Israele, in specie per la convivenza con la popolazione araba. Quale membro del partito Yi'houd, egli lavora per un'intesa fra ebrei ed arabi, facendosi sostenitore di uno Stato democratico binazionale. Egli non cessa tuttavia di lavorare sui propri scritti e sulla traduzione della Bibbia e sui racconti chassidici. Nel 1946 pubblica "Vie dell'utopia". * Gli ultimi anni Al termine della seconda guerra mondiale Martin Buber intraprende un giro di conferenze in Europa e negli Stati Uniti. Significativo al riguardo il riavvicinamento con gli intellettuali tedeschi. Nel 1951 riceve il premio Goethe dall'Universita' di Amburgo, nel 1958 (anno in cui muore la moglie Paula) il Premio Israele e, infine nel 1963, il premio Erasmus a Amsterdam. Martin Buber si spegne, il 13 giugno 1965, nella propria abitazione di Talbiyeh, a Gerusalemme. * b) La sua filosofia "Ogni vita vera e' incontro" L'essere umano, secondo Buber, e' per essenza dialogo, e non si realizza senza comunicare con l'umanita', la creazione e il Creatore. E' anche homo religiosus, perche' l'amore dell'umanita' conduce all'amore di Dio, reciprocamente. E' quindi impensabile parlare agli uomini senza parlare a Dio, e questo avviene ancora reciprocamente. La Presenza divina partecipa dunque a ogni incontro autentico tra gli esseri umani e abita in quelli che realizzano il vero dialogo. Il dialogo riposa sulla reciprocita' e sulla responsabilita', che esiste unicamente la' dove vi e' una vera risposta alla voce umana. Dialogare con l'altro significa affrontare la sua realta' e farsene carico nella vita vissuta. Il dialogo con Dio non avviene differentemente: la Sua "parola" e' una presenza reale, alla quale occorre rispondere. Per Buber, la Bibbia testimonia questo dialogo tra il Creatore e le sue creature, e Dio ascolta l'uomo che intercede in favore di coloro sui quali la collera divina deve abbattersi o supplica il suo Creatore di manifestare la Sua provvidenza. * Io e Tu (Ich und Du) Nella sua opera piu' celebre, Martin Buber sottolinea la propensione duplice verso il mondo: la relazione Io-Tu e la relazione Io-cio'. Ne' l'Io, ne' il Tu vivono separatamente, ma essi esistono nel contesto Io-Tu, antecedente la sfera dell'Io e la sfera del Tu. Cosi', ne' l'Io ne' il cio' esistono separatamente, ma esistono unicamente nel contesto Io-cio'. La relazione Io-Tu e' assoluta solo rispetto a Dio - il Tu eterno - e non puo' essere pienamente realizzato negli altri domini dell'esistenza, comprese le relazioni umane, dove sovente Io-Tu fa posto all'Io-cio' (Io-Tu o Io-cio' non dipendono dalla natura dell'oggetto, ma dal rapporto che il soggetto istituisce con l'oggetto). L'essere umano non puo' transfigurarsi e accedere a una dimensione di vita autentica senza entrare nella relazione Io-Tu, confermando cosi' l'alterita' dell'altro, che comporta un impegno totale: "La prima parola Io-Tu non puo' essere detta se non dall'essere tutto intero, mentre invece la parola Io-cio' non puo' mai essere detta con tutto l'essere". Io e Tu sono due esseri sovrani, l'uno non cerca di condizionare l'altro ne' di utilizzarlo. Secondo Buber l'uomo puo' vivere senza dialogo, ma chi non ha mai incontrato un Tu non e' pienamente un essere umano. Tuttavia, chi si addentra nell'universo del dialogo assume un rischio considerevole dal momento che la relazione Io-Tu esige un'apertura totale dell'Io, esponendosi quindi anche al rischio del rifiuto e al rigetto totale. La realta' soggettiva dell'Io-Tu si radica nel dialogo, mentre il rapporto strumentale Io-cio' si realizza nel monologo, che trasforma il mondo e l'essere umano stesso in oggetto. Nel piano del monologo l'altro e' reificato - e' percepito e utilizzato - diversamente dal piano del dialogo, dove e' incontrato, riconosciuto e nominato come essere singolare. Per qualificare il monologo Buber parla di Erfahrung (una esperienza "superficiale" degli attributi esteriori dell'altro) o di Erlebnis (una esperienza interiore insignificante) che si oppone a Beziehung - la relazione autentica che interviene tra due esseri umani. * Lo "stretto spartiacque" Queste convinzioni si oppongono tanto all'individualismo, dove l'altro non e' percepito che in rapporto a se stessi, quanto alla prospettiva collettivista, dove l'individuo e' occultato a vantaggio della societa'. Vi e' chi ha utilizzato questa idea per spiegare il passo biblico della "dispersione delle lingue": nessun individuo e' nominato, perche' la lingua unica conosce una voce unica. Babele vive intera sotto lo stivale di un dirigente che ha una sola idea: uguagliare Dio. Ma e' Questi dunque a intervenire facendo nascere il sentimento dell'essere intero, non reificato. Per Buber una persona non puo' vivere nel senso pieno della parola se non si trova nella sfera interumana: "Sullo stretto spartiacque dove l'Io e il Tu si incontrano, nella zona intermediaria", che e' una realta' esistenziale - un evento ontico che avviene realmente tra due esseri umani. 3. ET COETERA Holger Banse, pastore e biblista, e' stato parroco della chiesa protestante tedesca di Milano dal 1989 al 1995, e' ora parroco a Hamm-Sieg, in Renania-Palatinato. * Martin Buber, filosofo, educatore, scrittore e straordinario uomo di pace, e' nato a Vienna nel 1878 ed e' deceduto a Gerusalemme nel 1965. Per almeno tre ragioni Martin Buber e' uno dei nostri maestri piu' grandi: per essere il grande filosofo del principio dialogico, che pone alla base del nostro esserci la relazione io-tu; per essere il grande uomo di pace che sempre oppose la civilta' e la comprensione alla violenza e alla chiusura; per essere il grande amorevole ricercatore delle tradizioni e delle memorie dei pii, degli umili e dei dimenticati. Opere di Martin Buber: tra le sue opere segnaliamo Il principio dialogico, Comunita', Milano 1958, San Paolo Edizioni, Cinisello Balsamo (Milano) 1993 (contiene anche il saggio Ich und Du); Il problema dell'uomo, Patron, Bologna 1972, , Ldc, Leumann (Torino) 1983, Marietti, Genova 2004; Sentieri in utopia, Comunita', Milano 1967; Immagini del bene e del male, Comunita', Milano 1965, Gribaudi, Torino 2006; L'eclissi di Dio, Comunita', Milano 1965, , Mondadori, Milano 1990, Passigli, Firenze 2001; Sette discorsi sull'ebraismo, Israel, Firenze 1923, Carucci, Assisi-Roma 1976; Israele. Un popolo e un paese, Garzanti, Milano 1964; Gog e Magog, Bompiani, Milano 1964; La leggenda del Baal-Schem, Israel, Firenze 1925, Gribaudi, Torino 1995; I racconti dei chassidim, Longanesi, Milano 1962, 1978, Garzanti, Milano 1979; La regalita' di Dio, Marietti, Casale Monferrato 1989; La fede dei profeti, Marietti, Casale Monferrato 1985; Mose', Marietti, Casale Monferrato 1983. Confessioni estatiche, Adelphi, 1987; Sion, storia di un'idea, Marietti, 1987; Il cammino dell'uomo secondo l'insegnamento chassidico, Qiqajon, 1990; Profezia e politica. Sette saggi, Citta' Nuova, 1996; Discorsi sull'ebraismo, Gribaudi, Torino 1996; Incontro. Frammenti autobiografici, Citta' Nuova, 1998; (con Elie Wiesel), Elia, Gribaudi, Torino 1998; Le storie di Rabbi Nachman, Tea, 1999, Guanda, 2004; Due tipi di fede. Fede ebraica e fede cristiana, San Paolo Edizioni, Cinisello Balsamo (Milano) 1999; La modernita' della parola. Lettere scelte (1918-1938), La Giuntina, Firenze 2000; Racconti di angeli e demoni , Gribaudi, Torino 2000; Beato l'uomo che ha trovato la saggezza. Meditazioni per ogni giorno, Gribaudi, Torino 2001; Il cammino del giusto. Riflessioni su alcuni salmi, Gribaudi, Torino 2002; L'uomo tra il bene e il male, Gribaudi, Torino 2003; Daniel. Cinque dialoghi estatici, La Giuntina, Firenze 2003; La passione credente dell'ebreo, Morcelliana, Brescia 2007; Cfr. anche, con Franz Rosenzweig, Prigioniero di Dio, Studium, Roma 1989; e il dibattito con Gandhi, in M. K. Gandhi, M. Buber, J. L. Magnes, Devono gli Ebrei farsi massacrare?, in "MicroMega" n. 2 del 1991 (pp. 137-184). Opere su Martin Buber: per un'introduzione cfr. Clara Levi Coen, Martin Buber, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Firenze) 1991. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 85 del 24 luglio 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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