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Minime. 161
- Subject: Minime. 161
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 25 Jul 2007 00:53:18 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 161 del 25 luglio 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Sergio Casali: Il pensiero e la critica letteraria femminista (parte sesta) 2. Raniero La Valle: Quattro pilastri 3. Thomas Casadei intervista Etienne Balibar 4. Francesca Rigotti presenta "L'idea di eguaglianza" a cura di Ian Carter 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento 6. Per saperne di piu' 1. MATERIALI. SERGIO CASALI: IL PENSIERO E LA CRITICA LETTERARIA FEMMINISTA (PARTE SESTA) [Dal sito www.uniroma2.it riprendiamo la seguente dispensa predisposta nell'aprile 2004 per il secondo semestre dell'anno accademico 2003/2004 del corso su "Femminismo, studi di genere e letteratura latina". Sergio Casali (Varazze, 1969) ha studiato alla Scuola Normale Superiore di Pisa (corso ordinario e di perfezionamento) dal 1988 al 1997, con una parentesi al St John's College di Oxford nel 1992/93; e' ricercatore all'Universita' Roma Due "Tor Vergata" dal 1998, e professore associato di Lingua e letteratura latina dal 2001. Si interessa soprattutto di poesia augustea, in particolare Ovidio e Virgilio, della tradizione epica romana e dell'esegesi antica dell'Eneide. Sta ultimando un sintetico commento a tutta l'Eneide per la collana "Biblioteca della Pleiade" di Einaudi, e sta lavorando a un commento in inglese al libro IV dell'Eneide per la collana "giallo-verde" di Cambridge University Press. Ha tenuto conferenze e partecipato a convegni su Ovidio e Virgilio in varie universita' italiane e straniere, tra cui Harvard University, Columbia University, University of Wisconsin at Madison, University of Colorado at Boulder, Keele University, Bristol University, Institute of Classical Studies (London), Trinity College (Dublin), University of Manchester, University of California at Los Angeles, Cambridge University, University of Pennsylvania, University of Virginia. Tra le opere di Sergio Casali: Publii Ovidii Nasonis Heroidum Epistula IX: Deianira Herculi, a cura di Sergio Casali, Firenze: Le Monnier, 1995; Commento a Virgilio: Eneide, in Virgilio: Opere, a cura di A. Barchiesi, Torino: Einaudi (in preparazione); Virgil: Aeneid IV, ed. by S. C., Cambridge: Cambridge University Press (in preparazione)] 6. La teoria della differenza nel femminismo francese (dal 1968 a oggi) Contenuto del capitolo In questo capitolo ci spostiamo dagli Stati Uniti alla Francia per seguire il movimento femminista francese, molto importante dal punto di vista della produzione teorica, a partire dal 1968. Passeremo in rassegna le tre figure principali del femminismo francese: sono Luce Irigaray (Speculum, 1974), Helene Cixous (teorica della "scrittura femminile"), e Julia Kristeva, psicolinguista e teorica della letteratura. * 6. 1. Il movimento delle donne in Francia Anche in Francia la "seconda ondata" del femminismo si ha fra il 1968 e il 1970. Le tre esponenti piu' famose a livello internazionale degli anni Settanta sono Luce Irigaray, Helene Cixous, e Julia Kristeva, tutte provenienti dal gruppo "rivoluzionario" Psyc-et-Po ("Psychanalise et Politique"), guidato da Antoinette Fouque. La caratteristica fondamentale di questa corrente del femminismo francese e' l'attenzione che mostra ai problemi del linguaggio, soprattutto per l'influenza importantissima del filosofo e teorico della decostruzione Jacques Derrida, i cui scritti vengono pubblicati a partire dal 1967. L'interesse per il linguaggio e la testualita' fa si' che questa corrente di pensiero sia particolarmente importante per lo sviluppo della critica letteraria femminista (par. 9. 5). Oltre a Derrida e alla decostruzione, un'altra influenza fondamentale e' quella di Jacques Lacan, i cui Scritti vengono pubblicati per la prima volta, dopo molti decenni di insegnamento, nel 1966, e di cui sia Irigaray che Kristeva sono allieve. Il contributo teorico piu' importante di questo femminismo francese consiste nella compiuta elaborazione teorica di un concetto che abbiamo gia' visto piu' volte affacciarsi nello sviluppo del pensiero femminista, cioe' l'idea della "differenza" sessuale. L'alterita' della donna non viene piu' vista come luogo di mistificazione e discriminazione, ma come luogo dell'autocoscienza e della possibilita' di definizione di una specificita' femminile. * 6. 2. Luce Irigaray: teoria della differenza e critica del "fallogocentrismo" La psicoanalista e filosofa Luce Irigaray e' nata in Belgio nei primi anni Trenta, e si e' spostata in Francia negli anni Sessanta. Nel libro Speculum. De l'autre femme (1974), trad. it. Speculum. L'altra donna, Feltrinelli, Milano 1975, che le costo' l'espulsione dall'Universita' di Vincennes, procede a una "fondazione" di una teoria della differenza sessuale attraverso una analisi critica di tipo decostruzionista prima della psicoanalisi (freudiana e lacaniana), e poi dell'intera tradizione filosofica occidentale, da Platone a Hegel. Lo "Speculum" del titolo fa riferimento allo specchio concavo con cui in ginecologia si guarda all'interno del corpo femminile, ed e' contrapposto allo "specchio" di Lacan (il suo famoso saggio sullo "Stadio dello specchio" e' del 1937, viene rivisto nel 1949, e reso noto al grande pubblico nel 1966), e richiama una immagine di Virginia Woolf, che criticava l'idea della donne come "specchio" in cui l'uomo vede riflessa la propria immagine ingrandita. Una parola-chiave usata da Irigaray e' "fallogocentrismo", con cui viene chiamato il discorso dell'uomo, rivolto a se stesso, ed espressione del suo fallocentrismo. Nei libri successivi, tutti tradotti in italiano (Irigaray intrattiene rapporti stretti con le femministe italiane, vedi par. 8. 3), Irigaray pone come compito della critica femminista quello di decostruire derridianamente il linguaggio di tutti i saperi umani, svelandone il fallocentrismo. Le donne devono costruire un "altro" linguaggio, portatore di valori femminili, devono parler femme, "parlare donna", come si dice "parlare francese". Tutti i libri di Irigaray sono tradotti in italiano (molti ad opera di Luisa Muraro - par. 8. 3) presso vari editori, soprattutto Feltrinelli e Bollati Boringhieri. * 6. 3. Helene Cixous: la "scrittura femminile" L'idea di un linguaggio specificamente femminile e' propria anche della saggista e poetessa Helene Cixous (1938), che produce ella stessa esempi creativi di ecriture feminine ("scrittura femminile"), che dovrebbe mostrare la "differenza linguistica" delle donne rispetto agli uomini. I due principali saggi in cui Cixous espone le sue idee sono Sorties e Le rire de la Meduse, entrambi del 1975 (del secondo vi e' una traduzione parziale in Baccolini et al. (1997) pp. 221-46). La tesi della necessita' di costruire un linguaggio "sessuato" al femminile non incontrera' consenso unanime tra le femministe (contraria e' per esempio Julia Kristeva). * 6. 4. Julia Kristeva Julia Kristeva (1941), linguista, critica e teorica della letteratura, psicoanalista, romanziera, e' nata in Bulgaria nel 1941 e si e' trasferita a Parigi nel 1966, dove si lega al gruppo di intellettuali di estrema sinistra raccolto intorno alla rivista "Tel Quel", animato dal suo futuro marito Philippe Sollers. E' famosa nella storia delle teorie letterarie del Novecento anche per avere coniato il termine "intertestualita'" (in Semeiotike'. Recherches pour une semanalyse, Seuil, Paris 1969; trad. it. Semeiotike'. Ricerche per una semanalisi, Feltrinelli, Milano 1978), con cui intendeva il modo in cui tutti i "testi", intesi come sistemi di significazione, sono in interrelazione gli uni con gli altri (in seguito Kristeva ha abbandonato l'uso del termine quando si e' resa conto che gli altri lo stavano ormai usando in un senso diverso da quello in cui lei lo intendeva, "le sens banal de 'critique des sources' d'un texte"). La sua teorizzazione riguardo al soggetto femminile muove dalla distinzione lacaniana tra lo stadio materno dei segni e dell'immagine, e quello paterno dei simboli e del linguaggio. Kristeva intende rivalutare e privilegiare quello che chiama l'"ordine semiotico" della madre, che sarebbe proprio della fase pre-edipica, contro l'"ordine simbolico" del padre, proprio della fase successiva, in cui al figlio e alla figlia vengono imposti il linguaggio e le parole del padre (la Legge del Padre), che indicano loro i "ruoli" cui sono destinati per la loro "natura". (Parte sesta - segue) 2. LUTTI. RANIERO LA VALLE: QUATTRO PILASTRI [Dal sito www.giuseppebarbaglio.it riprendiamo il seguente intervento di Raniero La Valle. Raniero La Valle e' nato a Roma nel 1931, prestigioso intellettuale, giornalista, gia' direttore de "L'avvenire d'Italia", direttore di "Vasti - scuola di ricerca e critica delle antropologie", presidente del Comitato per la democrazia internazionale, gia' parlamentare, e' una delle figure piu' vive della cultura della pace; autore, fra l'altro, di: Dalla parte di Abele, Mondadori, Milano 1971; Fuori dal campo, Mondadori, Milano 1978; (con Linda Bimbi), Marianella e i suoi fratelli, Feltrinelli, Milano 1983; Pacem in terris, l'enciclica della liberazione, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1987; Prima che l'amore finisca, Ponte alle grazie, Milano 2003. Giuseppe Alberigo e' stato professore di Storia della Chiesa nella Facolta' di Scienze politiche dell'Universita' di Bologna. Ha diretto l'Istituto per le Scienze religiose di Bologna, fondato da Giuseppe Dossetti. Opere di Giuseppe Alberigo: Lo sviluppo della dottrina sui poteri nella Chiesa universale. Momenti essenziali tra il XVI e il XIX secolo, Herder, 1964; (con Angelina Nicora Alberigo), Giovanni XXIII. Profezia nella fedelta', Queriniana, 1978; (con Giannino Piana, Giuseppe Ruggeri), La chiesa italiana nell'oggi della fede, Marietti, 1979; Chiesa conciliare. Identita' e significato del conciliarismo, Paideia, 1981; (con Hubert Jedin), Il tipo ideale di vescovo secondo la riforma cattolica, Morcelliana, 1985; La riforma protestante. Origini e cause, Queriniana, 1988; Giovanni XXIII: transizione del papato e della Chiesa, Borla, 1988; La chiesa nella storia, Paideia, 1988; Nostalgie di unita'. Saggi di storia dell'ecumenismo, Marietti, 1989; Il cristianesimo in Italia, Laterza, 1989, Mondadori, 1992; (con Enzo Bianchi, Carlo Maria Martini), La pace: dono e profezia, Qiqajon, 1991; (diretta da), Storia del Concilio Vaticano II, 5 voll. Il Mulino,1995-2001; (con Massimi Marcocchi, Claudio Scarpati), Il concilio di Trento. Istanze di riforma e aspetti dottrinali, Vita e Pensiero, 1997; Chiesa santa e peccatrice, Qiqajon, 1997; Dalla laguna al Tevere. Angelo Giuseppe Roncalli da S. Marco a San Pietro, Il Mulino, 2000; Papa Giovanni (1881-1963), Edb, 2000; Breve storia del concilio Vaticano II (1959-1965), Il Mulino, 2005; (con Alberto Melloni, Eugenio Ravignani), Giuseppe Dossetti. Un itinerario spirituale, Nuova Dimensione, 2006. Giuseppe Barbaglio (1934-2007), illustre biblista, docente, saggista, e' stato una delle figure piu' vive della riflessione teologica contemporanea; nato nel 1934 a Crema, ha studiato a Roma, Gerusalemme e Urbino, conseguendo la laurea in teologia, la licentia docendi in scienze bibliche e la laurea in filosofia; partecipe di molte rilevanti esperienze di pensiero, di molte e molti educatore. Tra le molte opere di Giuseppe Barbaglio: Fede acquisita e fede infusa secondo Duns Scoto, Occam e Biel, Brescia 1968; (con Rinaldo Fabris e Bruno Maggioni), I Vangeli, Cittadella, Assisi 1975; Le lettere di Paolo, voll. I-II, Roma 1980, 1990; Paolo di Tarso e le origini cristiane, Cittadella, Assisi 1987; Nuovo Testamento greco e italiano, Bologna 1990, 1991; Dio violento? Lettura delle scritture ebraiche e cristiane, Cittadella, Assisi 1991; La teologia di Paolo, Dehoniane, Bologna 2001; Gesu' ebreo di Galilea. Indagine storica, Dehoniane, Bologna 2002; Il pensare dell'apostolo Paolo, Dehoniane, Bologna 2004. Cfr. anche il sito www.giuseppebarbaglio.it Maria Gallo, nella vita monastica nella comunita' di Dossetti, profonda studiosa delle tre religioni del libro, e' stata costruttrice di dialogo e di pace. Luigi Sartori (1924-2007) sacerdote della diocesi di Padova, teologo tra i piu' noti in Italia, per lunghi anni docente di ecclesiologia e sostenitore convinto della causa ecumenica, e' stato a lungo presidente e voce instancabile dell'Associazione Teologica Italiana. Tra le opere di Luigi Sartori: Teologia nel quotidiano, Borla, 1977; (con Giuseppe Dal Ferro, Traian Valdman), Primi elementi di ecumenismo, Istituto Rezzara, 1987; (con Giuseppe Dal Ferro, Giovanni Cereti), Ecumenismo, religioni, mondo, Istituto Rezzara, 1987; (con Giacomo Bravo, Giuseppe Dal Ferro, Nuove Chiese e movimenti religiosi Istituto Rezzara, 1991; L'unita' dei cristiani. Commento al decreto conciliare sull'ecumenismo, EMP, 1992; La "lumen gentium". Traccia di studio, EMP, 1994, 2003; La chiesa nel mondo contemporaneo. Introduzione alla "Gaudium et spes", EMP, 1995; Per una teologia in Italia. Scritti scelti (1954-1996) voll. 1-3, EMP, 1997; (con Carlo Molari, Rinaldo Fabris), Credo la Chiesa, Borla, 1985; (con Enrico Berti, Nicolo' Lipari), Laici nella Chiesa per il mondo, Gregoriana Libreria Editrice, 1987; Teologia ecumenica. Saggi, Gregoriana Libreria Editrice, 1987; (con Paolo Doni, Pietro Scoppol), La costituzione conciliare Gaudium et spes vent'anni dopo, Gregoriana Libreria Editrice, 1988; L'unita' della Chiesa. Un dibattito e un progetto, Queriniana, 1989; (con Severino Dianich, Domenico Mogavero), Dossier sui laici, Queriniana, 1991; Pace e teologia dopo Basilea, Quattroventi, 1992; Il dito che annuncia il cielo. Una spiritualita' della speranza, Gregoriana Libreria Editrice, 2006; (con Giampietro Ziviani), Una mentalita' ecumenica. Luigi Sartori a colloquio con Giampietro Ziviani, Ancora, 2006] Nel giro di poche settimane, in questa prima parte del 2007, l'anno delle Grandi Delusioni, sono venuti a mancare quattro pilastri della Chiesa italiana, quattro Padri della Chiesa, potremmo dire. E la prima reazione e' di sgomento: e adesso come facciamo? Non e' la stessa cosa procedere senza di loro, siamo impoveriti, anche proprio come Chiesa, e altri non se ne vedono sorgere di eguali. E la seconda reazione e' di dire: meno male che ci sono stati. * Il primo a morire e' stato Giuseppe Barbaglio, un grande biblista innamorato di Paolo di Tarso e della sua folgorante relazione con Gesu' di Nazaret; e innamorato anche di Gesu', di cui ha rifatto la storia come "ebreo di Galilea", in modo tale da potersi affermare che dopo le sue ricerche conosciamo l'uomo Gesu' come mai lo avevamo conosciuto prima; e questo ha fatto con rigore scientifico e fede, con liberta' e fedelta', cose che di rado vanno d'accordo, e che sono invece ben presenti e armoniose in tutte e quattro le persone che ci hanno lasciato. * Poi e' morto mons. Luigi Sartori, il patriarca dei teologi italiani, senza il quale l'ecumenismo in Italia non sarebbe decollato, uomo di Chiesa e del Concilio, sempre piu' persuaso che il futuro della teologia e della fede stia nella grazia del pluralismo religioso. * La terza scomparsa e' stata di una donna, e pochi se ne sono accorti perche' gia' stava nascosta. Ma la Chiesa vera vive di mille e mille di queste persone che se ne stanno nascoste, ma sanno donare intelligenza e carita', leggere le Scritture e pregare come nessun altro mai, e che cosi' generano (padri o madri che siano) e fanno crescere la Chiesa di tutti. Si chiamava Maria Gallo, e quando l'ho conosciuta era una ragazza che studiava e amava come le altre di quella generazione. Poi ha scelto la vita monastica nella comunita' di Dossetti, e ha continuato ad amare e studiare, per parlare in ebraico a Gerusalemme con gli ebrei, in greco nei monasteri ortodossi con i greci, in arabo con gli arabi in Palestina, leggendo e commentando i loro testi, dai "midrash" al Corano alla "Vita in Cristo" di Nicolas Cabasilas, ed elaborando i criteri di una "comunita' fondata sulla Bibbia". * Infine e' venuto a mancare Giuseppe Alberigo, grande storico della Chiesa e dei Concili. Senza di lui il Concilio Vaticano II sarebbe stata un'altra cosa, perche' non avrebbe potuto avvalersi di una edizione critica di tutte le decisioni dei precedenti Concili ecumenici, che egli predispose e pubblico' giusto in tempo prima del suo inizio; ne' il Concilio sarebbe stato agevolato nella ripresa del tema antico della collegialita' episcopale, se egli non ne avesse dissodato il terreno con i suoi studi sull'episcopato, il cardinalato e i poteri nella Chiesa universale; ne' il Concilio ne' papa Giovanni avrebbero trovato chi subito ne mettesse insieme la portata storica, i documenti e la memoria, quando ancora freschi erano i ricordi e l'esperienza di quegli eventi. Alberigo molto amava la Chiesa ed e' morto "supplicando" l'episcopato italiano di non fare passi falsi e di non voler coartare la liberta' dei parlamentari nelle sue incursioni nei problemi civili, cio' che definiva una "sciagura". E novemila fedeli firmarono, d'accordo con lui. Per tutto questo "L'osservatore romano" non lo amava, mentre molto lo apprezzava il cardinale Ratzinger prima, Benedetto XVI poi, che in una recentissima udienza gli aveva confermato la promessa di lasciare al suo Istituto bolognese le carte personali relative alla sua partecipazione al Concilio. Per Alberigo il punto vero non era che si dovesse fare la storia della Chiesa, ma che la Chiesa fosse storia. Il giornale vaticano invece ha continuato a preferire l'apologetica alla storia, molto disdegnando gli storici. Per questo attaccava Alberigo ad ogni suo libro sulla storia del Vaticano II che usciva; e da ultimo l'attacco' che gia' era in coma, col pretesto di una riedizione ampliata (e, secondo il giornale, troppo ampliata) delle decisioni degli antichi Concili. Erano passati i tempi in cui il quotidiano della Santa Sede parlava bene di lui, come quando, nel maggio 1971, pubblico' un articolo del grande Hubert Jedin, che riconosceva l'importanza del suo apporto alle elaborazioni del Concilio, sulla "linea genuina della tradizione". Ma degli ultimi sgarbi ecclesiastici, romani e bolognesi, Alberigo non ha potuto sapere; lo avra' saputo ora, quando pero', accolto dall'amore di Dio, non ne poteva piu' essere ferito. 3. RIFLESSIONE. THOMAS CASADEI INTERVISTA ETIENNE BALIBAR [Dal quotidiano "il manifesto" del 12 luglio 2007, col titolo "Il nuovo apartheid della vecchia Europa" e il sommario "Il 'ritorno della razza' nei paesi dell'Unione europea, le mobilitazioni possibili, l'incredibile forza assimilatrice del modello statunitense. Dal nuovo semestrale 'Cosmopolis', che arrivera' nei prossimi giorni in libreria, anticipiamo ampi stralci di una intervista al filosofo francese Etienne Balibar: 'E' perche' vogliamo credere che il razzismo sia solo un'eredita' del passato che esitiamo a identificarne le nuove forme, i linguaggi rinnovati e minimizziamo la sua gravita''". Thomas Casadei e' direttore dell'Istituto Gramsci di Forli', dottore di ricerca in Filosofia politica e assegnista di ricerca presso l'Universita' degli Studi di Modena e Reggio Emilia; collabora con diverse riviste specialistiche ed e' autore di numerosi saggi e articoli su Montesquieu, John Dewey, Hannah Harendt, Guido Calogero e Michael Walzer. Tra le opere di Thomas Casadei: (a cura di), Repubblicanesimo, democrazia, socialismo delle liberta'. "Incroci" per una rinnovata cultura politica, Franco Angeli, Milano 2004. Etienne Balibar, pensatore francese, nato nel 1942, docente di filosofia alla Sorbona, collaboratore di Althusser, ha fatto parte del Pcf uscendone nel 1981 in opposizione alla politica del partito comunista francese iniqua verso gli immigrati; impegnato contro il razzismo, e' uno degli intellettuali critici piu' lucidi nella denuncia delle nuove e pervasive forme di oppressione e sfruttamento. Tra le opere di Etienne Balibar: (con Louis Althusser et alii), Leggere il Capitale, Feltrinelli, Milano 1971; Sulla dittatura del proletariato, Feltrinelli, Milano 1978; Per Althusser, Manifestolibri, Roma 1991, 2001; Le frontiere della democrazia, Manifestolibri, Roma 1993, 1999; La filosofia di Marx, Manifestolibri, Roma 1994, 2005; Spinoza e la politica, Manifestolibri, Roma 1995; (con Immanuel Wallerstein), Razza, nazione e classe, Edizioni Associate, Roma 1996; La paura delle masse. Politica e filosofia prima e dopo Marx, Mimesis, Milano 2001; Spinoza, il transindividuale, Ghibli, 2002; L'Europa, l'America, la guerra, Manifestolibri, Roma 2003; Noi, cittadini d'Europa? Le frontiere, lo stato, il popolo, Manifestolibri, 2004; Europa cittadinanza confini. Dialogando con Etienne Balibar, Pensa Multimedia, 2006] - Thomas Casadei: In diverse occasioni lei ha illustrato in maniera molto analitica i termini in cui e' possibile parlare di un "ritorno della razza" nell'ambito del discorso pubblico. Quali sono i caratteri essenziali di questo ritorno? Quali le motivazioni e le implicazioni sul piano culturale e, piu' specificamente, politico? - Etienne Balibar: Di "ritorno della razza" ho parlato in due sensi differenti, uno soggettivo, l'altro oggettivo. Prima di tutto quello che voglio evocare e' una recrudescenza delle manifestazioni razziste all'interno delle nostre societa', ma mi preme anche contribuire a rendere oggetto di discussione approfondita le cause, le forme specifiche, e le conseguenze politiche di questo fenomeno, capace di attraversare sia le frontiere nazionali sia quelle continentali. Ne ho parlato, inoltre, anche per rendere conto dei nuovi utilizzi dello stesso termine "razza" o dei suoi sostituti, piu' o meno ufficiali, all'interno dello spazio di discorso planetario. Essi sono ripresi con intenzioni spesso opposte tra loro, ma in ogni caso inattese se confrontate al consenso stabilitosi gia' da qualche decennio all'interno del mondo accademico. Si tratta di un contesto che tende a riferirsi al razzismo come a un fenomeno regressivo e alla razza come a un ideologismo confutato dalla scienza e gettato nel discredito dalla storia. Questi due aspetti non sono indipendenti l'uno dall'altro. E' perche' vogliamo credere che il razzismo sia essenzialmente un'eredita' del passato - di una qualche epoca, piu' o meno lontana, e all'interno di un qualche sistema ideologico o sociologico, in cui ne localizziamo le origini - che esitiamo a identificarne le nuove forme, i linguaggi rinnovati o riattivati, e che minimizziamo la sua gravita'. Siamo spesso pronti - c'e' da dire che in questo l'esperienza aiuta - ad ammettere che ci vorranno ancora "molto tempo", "molti sforzi", per sbarazzarci del razzismo ereditato dalle discriminazioni religiose, nazionali, coloniali ed economiche, dai pregiudizi pseudo-scientifici della storia naturale o del darwinismo sociale. Ma siamo molto meno pronti ad ammettere che il razzismo abbia un avvenire, e persino un "radioso avvenire", inteso sia in senso quantitativo sia qualitativo. E' proprio perche' minimizziamo questa novita' (anche quando, in maniera quasi inconscia, ci serviamo dell'etichetta "razzista" nei confronti di questa o quella organizzazione politica), che tardiamo a intraprendere una seria critica epistemologica e l'analisi socioculturale richiesta da questa nuova congiuntura in cui i sistemi politici sono entrati in seguito alla "mondializzazione" e di cui fanno parte le nuove tecniche di selezione umana, individuale o collettiva legate alla concorrenza mercantile generalizzata: gli "scontri di civilta'" e le rappresentazioni dell'alterita' legate a nuove divisioni strategiche del mondo, le divisioni della specie umana in gruppi "utili" e "superflui", "produttivi" e "assistiti" e via discorrendo. * - Thomas Casadei: Che tipo di analisi creda si debba sviluppare a proposito della questione razziale nel contesto europeo? Molte normative e indirizzi sembrano finalizzati a rimuovere le forme di discriminazione e a veicolare "azioni positive" contro i molti volti dell'esclusione. Rappresenta forse l'Europa un ambizioso progetto di democrazia autenticamente inclusiva, capace di abolire le forme di esclusione, a partire da quella razziale? Oppure essa si configura come un nuovo modello di democrazia esclusiva? - Etienne Balibar: La prima domanda da porsi qui e' questa: di quale Europa stiamo parlando? Da un lato, abbiamo una realta' istituzionale, anche se fragile, eterogenea, in costruzione (per quanto niente ne assicuri, d'altra parte, la permanenza). Dall'altro, c'e' invece un gioco di rappresentazioni culturali, di narrazioni storiche - per non utilizzare la parola miti - che per cosi' dire singolarizzano "un'identita'" europea. Queste permettono di assegnarle una posizione nel mondo, anche se in maniera sempre piu' difensiva oggi se paragonata a quanto era avvenuto nel corso dei secoli passati. Il grande dibattito sull'identita' europea, in parte rilanciato dall'avanzamento o dall'allargamento dell'Unione Europea, e in parte esasperato dalle sue esitazioni e dalle sue ambiguita', oscilla tra le diverse prospettive quali quella di un'Europa aperta, multiculturale, le cui frontiere (per esempio il Mediterraneo) sono da millenni delle zone di contatto tra popoli e civilta', e quella di un "nuovo ordine europeo" assediato da nemici interni ed esterni contro i quali esso dovrebbe armarsi e proteggersi. Si nota con chiarezza che quello che e' in gioco all'interno del processo di auto-identificazione e', in maniera molto generale, la questione della natura della comunita' politica, sia per le nazioni europee prese singolarmente che per la stessa Unione sovranazionale. Occorrerebbe qui, di nuovo, adottare un punto di vista storico al fine di mantenere nitida la visione e ottenere al tempo stesso alcune indicazioni pratiche. Cio' significa che occorre porre il problema del "comunitarismo" europeo in termini di migrazioni e di conflitti, di cui il razzismo e' soltanto una delle dimensioni, una delle linee di fuga. Se e' vero che un ordine europeo e di auto-identificazione dell'Europa non e' mai esistito senza che fosse messo in atto un principio d'esclusione (basato su criteri religiosi, politici, culturali o su criteri derivati dai rapporti di dominazione economica), occorre dire che il razzismo e', sotto diversi aspetti, consustanziale all'Europa - e che, in un caso limite, "Europa" e' una vera e propria categoria della razza (e cosi anche europeo). In quello che ho chiamato altrove, in maniera chiaramente provocatoria, il nuovo apartheid (nella misura in cui questo non si limita a sommare aritmeticamente le cittadinanze nazionali preesistenti, ma arriva a modificare lo statuto degli stranieri "extracomunitari" presenti sul suolo europeo facendone dei cittadini "di troppo" o, quantomeno, di seconda fascia), si ritrovano allo stesso tempo una continuazione di questa modalita' di esclusione, in qualche modo rivolta verso la propria origine, e una profonda mutazione. Ne discende l'idea secondo cui l'Europa debba essere la sede di un dibattito morale e politico tra un principio di esclusione dell'umanita' (attraverso l'utilizzo della cittadinanza) e un principio d'inclusione inscindibile dall'uguaglianza (o principio dell'identica liberta'). E' quanto sembra suggerire Habermas quando parla di un'Europa fondata sul "patriottismo costituzionale", abbozzo di una comunita' cosmopolita, contrapposta a un'Europa alla ricerca della propria identita'. Personalmente sarei ancora piu' radicale, poiche' sostengo da molti anni, sia l'idea dello sviluppo di un apartheid europeo, che quella secondo cui l'Unione Europea non possa costruirsi come sostenibile comunita' politica di nuova tipologia, se non presentandosi come un organismo maggiormente democratico rispetto ai vecchi Stati-nazione, o come fattore di democratizzazione degli Stati democratici stessi. Occorre dunque affrontare esplicitamente l'apartheid europeo e sconfiggerlo sul proprio terreno, quello della costruzione "identitaria". Per giungere a questo occorre mobilitare allo stesso tempo sia le forze interne sia quelle esterne, quelle degli inclusi cosi' come quelle degli esclusi (questa differenza tuttavia attraversa sia gli stessi "stranieri" sia i "cittadini nazionali"). Occorre fare dell'Europa multinazionale, multiculturale, meticcia, un luogo di mobilitazione per i movimenti sociali che mirano all'estensione dei diritti umani: essi dovrebbero essere gia' in se' dei movimenti "misti", risultanti dalla fusione delle tradizioni democratiche proprie della storia europea e delle forme di resistenza, di presa di coscienza e di auto-emancipazione (empowerment) proprie degli innumerevoli "altri" che tale Europa rifiuta. Questo lascia presagire come l'avventura europea, oggi in una fase di stasi, non sia affatto al riparo da mutazioni, forse anche molto forti. * - Thomas Casadei: La razza "conta" ancora negli Stati Uniti? Da qualche anno, lei svolge le sue ricerche anche a stretto contatto con il mondo americano, e tiene corsi nell'accademia americana, a Irvine in California. Da questo osservatorio lei ha tratto ulteriori elementi per articolare la sua analisi sul ritorno della razza e il razzismo? Quanto e come incide ancora il fattore razziale nella vita pubblica degli Stati Uniti? Pare che esso sia un elemento di particolare rilievo anche nell'imminente campagna elettorale che vede coinvolta una figura come quella di Barack Obama, da molti definito il "Kennedy nero": dunque la razza "conta" oppure e' possibile, in qualche modo, "trascenderla"? - Etienne Balibar: Vorrei relativizzare sin d'ora l'importanza della testimonianza che posso darvi. I campus costituiscono, sotto molti aspetti, un luogo isolato, "eterotopico", dentro la societa' americana (in uno stato come la California, dove insegno un trimestre all'anno, si potrebbe tentare di stabilire un'analogia - anche se un poco artificiale - con le vicine "riserve" indiane, alcune delle quali del resto stanno vivendo un momento di incredibile arricchimento grazie al loro statuto di autonomia giuridica). Le universita' sono incontestabilmente delle comunita' multinazionali, a causa dell'elevato numero di insegnanti e studenti venuti da ogni parte del mondo (differenza considerevole, questa, rispetto all'Europa), ma non sono assolutamente - al di la' dell'immaginazione - delle comunita' multiculturali per via dell'incredibile forza assimilatrice del modello americano. Esse inoltre non sono che in misura limitata delle comunita' multirazziali: a Irvine, per esempio, quasi il 60% degli studenti e' di origine asiatica, con o senza nazionalita' americana, ma i latinoamericani sono sottorappresentati (quando il personale di servizio e' quasi esclusivamente messicano, salvadoregno, nicaraguense), e i neri sono praticamente introvabili. Non diversa la situazione a Berkeley, a due passi dalla "citta' nera" di Oakland, dove e' stato inventato l'ebony (lo specifico dialetto afro-americano), un poco diversa la situazione a Riverside, il che mostra l'ambiguo statuto delle politiche di reverse discrimination. Queste sono le limitazioni da considerare per cercare di rispondere, se ne avessi la competenza, alla vostra domanda sulla candidatura di Obama. Personalmente riesco a percepire due fenomeni: questa candidatura, che si situa piu' o meno al centro della concorrenza per l'investitura presidenziale democratica (tra Hillary Clinton piu' "a destra" e John Edwards piu' "a sinistra"), costituisce prima di tutto la cartina di tornasole di un notevole cambiamento avvenuto nel corso delle ultime due generazioni. Nel 1961 l'elezione di Kennedy, vinta di misura, fu considerata come determinata dal sostegno che gli diedero in extremis gli elettori neri, sui quali contava ugualmente Nixon, suo avversario. All'epoca, la sola idea di un candidato nero, o meticcio, sarebbe stata chiaramente irrealistica. Oggi questo eventuale sostegno resta un fattore importante, ma non rappresenta che una delle constituencies "minoritarie" che occorre raggiungere. D'altra parte non sara' un sostegno automatico dato dal solo fatto che Barack Obama e' lui stesso nero: non soltanto perche' la sua vicenda personale non e' rappresentativa della condizione della massa degli elettori "afro-americani", ma perche' sara' per lui necessario mostrare che "rappresenta", non solamente alcuni dei loro interessi, ma la possibilita' stessa di un rilancio collettivo del movimento di emancipazione. 4. LIBRI. FRANCESCA RIGOTTI PRESENTA "L'IDEA DI EGUAGLIANZA" A CURA DI IAN CARTER [Dal quotidiano "Il sole - 24 ore" del 4 marzo 2001 riprendiamo la seguente recensione, col titolo "I classici dell'eguaglianza" del libro L'idea di eguaglianza, introduzione e cura di Ian Carter, testi di Richard J. Arneson, Ronald Dworkin, Thomas Nagel, Amartya Sen, Bernard Williams, Feltrinelli, Milano 2001, pp. 214, lire 35.000. Francesca Rigotti (Milano 1951) dopo aver insegnato presso la facolta' di Scienze politiche dell'Universita' di Goettingen, e' attualmente docente di dottrine e istituzioni politiche presso la facolta' di Scienze della comunicazione dell'Universita' di Lugano; ha pubblicato diverse monografie dedicate alla metaforologia filosofico-politica e all'etica; suoi saggi sono comparsi in numerose riviste italiane e straniere; svolge attivita' di consulenza editoriale e di recensione libraria, soprattutto per il quotidiano "Il Sole - 24 Ore". Dal sito della facolta' di scienze della comunicazione dell'Universita' della Svizzera italianariprendiamo la seguente scheda: "Francesca Rigotti e' docente alla Facolta' di Scienze della comunicazione; incarichi didattici: docente di Dottrine politiche; incarichi in istituti e laboratori: docente all'Istituto Media e Giornalismo. Laureata in Filosofia (Milano 1974), Dr. rer. pol. (I. U. E. 1984), Dr. habil. (Goettingen 1991), e' stata docente alla Facolta' di Scienze politiche dell'Universit‡ di Goettingen come titolare di un 'Heisenberg Stipendium' della Deutsche Forschungsgemeinschaft e visiting fellow al Department of Politics dell'Universita' di Princeton. Tra le sue pubblicazioni si segnalano otto monografie edite da Bibliopolis (1981), Il Mulino (1989, 2000 e 2002), Feltrinelli (1992, 1995 e 1998), Interlinea (2004), alcune delle quali tradotte in spagnolo, tedesco, greco, coreano, tutte pertinenti ad argomenti di storia del pensiero politico-filosofico, di metaforologia e di comunicazione politica, oltre a numerosi articoli, saggi e recensioni su riviste specializzate internazionali. Svolge un'intensa attivita' di critica libraria in riviste e quotidiani. Principali pubblicazioni: a) Libri: L'umana perfezione. Saggio sulla circolazione e diffusione dell'idea di progresso nell'Italia del primo ottocento. Bibliopolis, Napoli 1981; Metafore della politica. Il Mulino, Bologna 1989; Il potere e le sue metafore. Feltrinelli, Milano 1992 (trad. ted.: Die Macht und ihre Metaphern. Ueber die sprachlicher Bilder der Politik, Campus Verlag, Frankfurt 1994); (a cura di, con W. Euchner e P. Schiera), Die politische Metaphorik in historischer Perspektive, Dunker & Humblot, Berlin 1993; La verita' retorica. Etica, conoscenza e persuasione. Feltrinelli, Milano 1995; (a cura di, con P. Schiera), Die vier Elemente und ihre Metaphern, Dunker & Humblot, Berlin 1995; L'onore degli onesti. Feltrinelli, Milano 1998; La filosofia in cucina. Piccola critica della ragion culinaria. Il Mulino, Bologna 1999 e 2002 (Beck, Muenchen 2002 e 20042; Herder, Barcelona 2001; Korean trans. 2003; Studia Humanitatis, Lubiana, 2006); Il filo del pensiero. Il Mulino, Bologna 2002; La filosofia delle piccole cose. Novara, Interlinea, 2004 e 2005; (con G. Ferraro), Agli estremi della filosofia. Mantova, Tre Lune, 2005; (a cura di), La vita straordinaria. Analisi e comunicazione del quotidiano, Milano, Guerini e associati, 2006; Il pensiero pendolare. Bologna, il Mulino, 2006; Il pensiero delle cose. Milano, Apogeo, 2007. b) Contributi a libri: Giacomo Matteotti. Rede vor dem Parlament am 24.6.1924. Mit einem Essay von Francesca Rigotti, Europaeische Verlaganstalt, Hamburg 1996. c) Conferenze con proceedings: con R. Guldin, Mehrsprachigkeit und Uebersetzung. Vilem Flusser, Philosoph des Vielfaeltigen. Ascona, Monte Verita' (26.-28 ottobre 2001). d) Altre pubblicazioni: (con R. Guldin), Flusser nella valigia, Cenobio, (aprile-giugno 1999), p. 167-172; (con R. Guldin),. Tutto e' artificiale naturalmente: Tra Brasile e Provenza, una fenomenologia della natura come costrutto mentale. Sole 24 ore, 2002". Ian Carter, filosofo della politica, docente universitario, saggista, nato e cresciuto in Gran Bretagna, ha studiato alle universita' di Newcastle e Manchester e ha conseguito il dottorato presso l'Istituto universitario europeo di Firenze; attualmente insegna filosofia politica all'Universita' di Pavia do po aver insegnato in quelle di Manchester e Oxford; fa parte dei comitati di redazione delle riviste "Filosofia e questioni pubbliche", "Notizie di Politeia", "Il politico", "Quaderni di scienza politica". Dal sito dell'Universita' di Pavia (www.unipv.it) riprendiamo i seguenti stralci: "La ricerca di Carter si e' concentrata su alcuni concetti normativi fondamentali della filosofia politica contemporanea. Un primo ambito di ricerca riguarda la definizione, valutazione e misurazione della liberta'. Gli esiti di questa ricerca sono stati presentati in vari articoli pubblicati negli anni '90 e nel libro A Measure of Freedom (1999). Discutendo i lavori di autori quali Oppenheim, Berlin, Dworkin, Rawls, Taylor e Steiner, Carter ha costruito una teoria sul valore 'non-specifico' della liberta' e ha fornito una risposta dettagliata alla questione fino a che punto e in quali modi sia possibile descrivere un individuo o gruppo come 'piu' libero' di un altro. Successivamente, Carter si e' impegnato in un progetto di ricerca interdisciplinare con alcuni economisti e teorici della scelta sociale, dal quale sono risultati lavori sul concetto di 'liberta' di scelta' e sulla teoria delle 'capacita'' di Amartya Sen. Inoltre, ha partecipato a dibattiti sul libro A Measure of Freedom (in particolare con Martin van Hees, Sebastiano Bavetta, Matthew Kramer e Robert Sugden, scrivendo gli articoli Freedom and its Specificity e Value-free Freedom, e ha tentato di applicare la sua analisi della liberta' al problema del rapporto tra liberta' e potere sociale. Un secondo ambito di ricerca riguarda le idee di eguaglianza e di diritto soggettivo. Per quanto riguarda l'eguaglianza, il lavoro di Carter si e' concentrato sul confronto tra utilita', risorse, liberta' e capacita' come eventuali oggetti di politiche egualitarie (in autori quali Dworkin, Sen, Cohen e Arneson), e sul ruolo della responsabilita' individuale nell'individuazione di situazioni di ineguaglianza accettabili. Per quanto riguarda i diritti, Carter ha analizzato la struttura logica del diritto alla liberta' (in autori quali Hohfeld, Hart, Raz, Kramer e Steiner), il rapporto tra tale diritto e i diritti di proprieta', e la disputa tra la teoria dei diritti 'basata sulla scelta' e quella 'basata sugli interessi'. Queste ricerche sull'eguaglianza e sui diritti sono state presentate, nonche' connesse, a quella precedente sulla liberta', in una monografia sul diritto all'eguale liberta' dal titolo La liberta' eguale. Un terzo ambito di ricerca, connesso soprattutto con il secondo, riguarda il rapporto tra filosofia politica e metaetica. In primo luogo, Carter si e' concentrato sul rapporto tra 'dovere' e 'potere', analizzando e criticando sia il realismo politico di Oppenheim, sia l'utopismo egualitario di Cohen. In secondo luogo, ha indagato sull'incommensurabilita' dei valori, esaminando le sue implicazioni per le teorie dei diritti". Tra le opere di Ian Carter: a) volumi: (a cura di, con Mario Ricciardi), L'idea di liberta', Feltrinelli, Milano 1996; A Measure of Freedom, Oxford University Press, Oxford 1999; (a cura di), L'idea di eguaglianza, Feltrinelli, Milano 2001; (a cura di, con Mario Ricciardi), Freedom, Power and Political Morality. Essays For Felix Oppenheim, Palgrave Macmillan, London 2001; La liberta' eguale, Feltrinelli, Milano 2005; (a cura di, con Matthew H. Kramer e Hillel Steiner), Freedom: a Philosophical Anthology, Blackwell, Oxford 2006; b) raccolte di articoli curate per riviste: Functionings and Capabilities: Normative and Policy Issues, numero speciale di "Notizie di Politeia", vol. 12, n. 43/44 (1996), curato insieme ad Alessandro Balestrino; Liberta' e scelta. Analisi concettuale e filosofia applicata, in "Filosofia e questioni pubbliche", 8 (2003), pp. 3-148, curato insieme a Corrado Del Bo'] Vale la pena di leggere la ricca e interessante raccolta di testi presentata in questo volume se non altro per imbattersi in un'affermazione del seguente tenore: "Nel nostro mondo, questi atteggiamenti (quelli di cercare di accumulare denaro e di ammirare chi ci riesce) sono nutriti e incoraggiati dalla convinzione che una vita dedicata all'accumulazione di ricchezze o al consumo di generi di lusso... sia una vita di valore per persone che vivranno una volta sola. E' difficile che una teoria della vita buona si avvicini cosi' tanto all'assurdita' pura e semplice". Queste parole sono di Ronald Dworkin e suonano come balsamo per i fautori, per nascita, scelta o vocazione, dell'egualitarismo e per coloro che pensano che una vita dedicata all'accumulo e al consumo di beni sia da compatire piuttosto che da invidiare e imitare. E' ovvio comunque che la citazione di Dworkin non esaurisce ne' rende conto della complessita' di questi studi sull'eguaglianza che Ian Carter ha voluto raccogliere con un'operazione analoga a quella da lui condotta qualche anno fa, presso il medesimo editore, per "liberta'" (L'idea di liberta', a cura di Ian Carter e Mario Ricciardi, Feltrinelli, Milano 1996). Nella eccellente panoramica finale, che porta il modesto titolo di Letture ulteriori ma rivela un alto grado di conoscenze e preparazione, il curatore fa capire in quali complessi meandri si sia dovuto insinuare per ripescare i concetti e le concezioni di eguaglianza tra i quali si muove la filosofia politica normativa odierna e disporli secondo un itinerario plausibile e percorribile. Prediligendo la selezione di testi quasi classici a scapito dei novissimi, Carter propone scritti non recentissimi, tutti di autori di formazione anglo-americana, tutti aderenti a uno stesso dibattito e tutti parlanti la stessa lingua e lo stesso linguaggio. In questo senso la scelta rende poco conto - trovo - delle tendenze della letteratura egualitaria degli ultimi anni, comprese la sua tendenza a spostarsi dal momento dell'arrivo al momento della partenza della storia - ovvero dall'eguaglianza dei risultati all'eguaglianza di opportunita' - e compreso l'approccio delle capacita' - nelle due versioni di Amartya Sen e di Martha Nussbaum, con le forti critiche che entrambi rivolgono al welfarismo -, e nessun conto dei risultati prodotti in altre lingue e in altri linguaggi. Considerazioni che nulla tolgono tuttavia al pregio di questa antologia delle analisi e delle proposte di alcuni grandi egualitari contemporanei impegnati nell'esaminare l'eguaglianza coniugandola con temi e fattori che ne modellano e ne arrichiscono il significato: eguaglianza di beni primari, risorse e benessere, ma anche eguaglianza di opportunita' e responsabilita', e soprattutto eguaglianza di liberta' (al singolare), il binomio probabilmente piu' interessante oggi per un'etica politica normativa: penso solo, per esempio, al contributo offerto su questo punto dalla dottrina del neo-repubblicanesimo, per la quale liberta' e eguaglianza, o assenza di liberta' e assenza di eguaglianza non sono che due facce della stessa medaglia. 5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 6. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 161 del 25 luglio 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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