[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Voci e volti della nonviolenza. 80
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 80
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 17 Jul 2007 11:40:51 +0200
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 80 del 17 luglio 2007 In questo numero: 1. Giovanna Providenti: Passaggi di esperienza. Autenticita' e liberazione in Carla Lonzi 2. Et coetera 1. GIOVANNA PROVIDENTI: PASSAGGI DI ESPERIENZA. AUTENTICITA' E LIBERAZIONE IN CARLA LONZI [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente intervento per il Symposium Iaph del 31 agosto 2006] Gesti autentici di concentrazione su di se' "... le donne osano mostrare il risultato del loro pensiero, ma non il dramma della propria vita. Neppure a se stesse. A me invece interessa proprio in che modo, attraverso quali passaggi di esperienza, quali gesti, tono, decisioni, conflitti, si arriva a quelle conclusioni... Se si cerca la quadratura del cerchio, ossia se si accetta una forma precostituita cui adattare la propria forma, l'espressione di se' non prende corpo" (Carla Lonzi, Armande sono io, Scritti di Rivolta Femminile, Milano, 1992) Questa frase posta qui in calce mi sembra un buon modo per presentare cio' che mi preme dire a proposito di Carla Lonzi: la tensione di vita, intensita' e autenticita' del suo percorso di liberazione fatto di molti e sofferti "passaggi di esperienza". Accennero' soltanto ai temi per cui e' stata finora riconosciuta: "iniziatrice" e femminista, si deve a lei il merito di avere saputo porre su "un altro piano" alcune questioni "chiave" degli anni Settanta, ancora oggi molto attuali. Come ad esempio il tema dell'oppressione sessuale e culturale patriarcale presente anche nelle ideologie antiautoritarie e antirepressive di sinistra; il tema dell'aborto visto come motivo di sofferenza per le donne e come conseguenza di un comportamento sessuale finalizzato al piacere maschile piu' che a quello femminile; il tema della sessualita' delle donne che non corrisponde all'atto riproduttivo, ma va ricercata nella scoperta di una femminilita' piu' completa e non complementare all'uomo. Appartiene a Lonzi l'affermazione "dell'amore clitorideo come modello di sessualita' femminile nel rapporto eterosessuale" e l'individuazione di una nuova personalita' femminile liberata e interlocutrice attiva nella societa': "la donna clitoridea rappresenta il tramandarsi di una femminilita' che non si riconosce nell'essenza passiva", e non si afferma attraverso "la ribellione e la partecipazione negativa". La donna citoridea, "non si e' definita nei gesti discostati dalla norma, ma si e' consolidata nei gesti autentici di concentrazione su di se'". Adesso a me preme soffermarmi su questa "concentrazione su di se'", che corrisponde all'attenzione posta non a far "quadrare il cerchio", bensi' ai "passaggi di esperienza", di cui nella frase posta in calce. E corrisponde all'attenzione e osservazione su se stesse (o atteggiamento di ricerca esistenziale) che Carla aveva trovato in Teresa d'Avila e Teresa Martin: "sebbene personalita' molto diverse, non vedevo limiti alla loro capacita' di indagare e dubitare: le risorse erano cercate dentro di se' pur nella coscienza che non esistono risorse adeguate". L'esperienza di liberazione personale, che in Carla Lonzi cammina di pari passo all'"avventura di capirci qualcosa", e' continua, inesauribile e mai scontata, perche' sempre in contatto con la concretezza, e con l'imprevisto, della vita. Contatto che le ha permesso di stare su "un'altro piano", e di accorgersi dei limiti di ogni ideologia e della complessita' di ogni percorso di liberazione, che non puo' rivolgersi soltanto all'esterno, ma deve partire da un profonda e autentica messa in discussione di se stesse. Solo cosi' e' possibile accorgersi dei molti condizionamenti culturali presenti anche in noi stesse e della difficolta' a liberarcene. Ma per comprendere percorsi, processi, e ricerche cosi' complesse e travagliate, non e' possibile accontentarsi della posizione di studiosa-spettatrice. Oltretutto, non posso correre il rischio di non mettermi in gioco in prima persona, riportando una esperienza umana cosi' intensa come quella di Carla Lonzi. Non voglio commettere l'errore di "riportarne un'impressione inautentica", o di ridurla a quanto la stessa Carla paventava in una sua poesia del 1953: "Una parola onnicomprensiva / irremovibile che detta / diventi materia dura. / ... Materia non risonante". Per permetterle di risuonare in me e per accogliere un suo bisogno - avendo "capito che la mia identita' non puo' trovare riscontri dove non ce n'e' un altra" - devo pormi nella posizione di una persona ("identita'") che si pone in dialogo reciproco e autentico con un'altra identita'. Anche se lei diceva di non trovarla nel mondo, quest'altra identita', e di sentirsi una testimonianza assurda destinata a cadere "piu' o meno nel vuoto, o nell'indignazione di qualcuno". Per permetterle di fidarsi di me e' necessario, da parte mia, lasciar cadere i panni dell'intellettuale che giudica, interpreta, definisce il proprio argomento. E "partire da me": ovvero essere disposta a viaggiare sugli scomodi mezzi di trasporto di chi vuol entrare in contatto reale con il paese che va a visitare. Nel mio caso come mezzi di trasporto ho solo la lettura e rilettura degli scritti di Carla Lonzi. Ma posso cambiare la mia posizione: non quella comoda dietro la cattedra, ma quella scomoda di chi e' interrogata. O meglio, interpellata. Porsi come "interlocutore, interlocutrice", avrebbe detto lei. Ecco, per raccontare l'esperienza di liberazione di Carla Lonzi, faro' dialogare i nostri differenti "passaggi di esperienza", i nostri vissuti. Lo faro' interpellando me stessa mentre leggo lei: scegliendo brani suoi non per dimostrare alcunche', ma perche' questi risuonano in me, richiamando esperienze mie, incoraggiandomi a perseguire percorsi gia' iniziati, o indicandomi direzioni diverse, nuove traiettorie dove potere fare camminare la mia personale esperienza di liberazione. Perche' questo e' il tema alla base, il motivo per cui lei mi interessa cosi' tanto: percorrere possibili percorsi di liberazione. E nominarli, farli venire allo scoperto, in modo che anche altre/i possano conoscerli. E, a modo proprio, percorrerli. * Cogliere individualmente cio' che e' realizzabile "il limite dei filosofi e' che tutta la loro speculazione andava a finire in qualche progetto di societa', era in funzione dell'assetto da dare al mondo. Mentre per me e' del cogliere individualmente cio' che e' realizzabile" Ho iniziato a interessarmi alla esperienza di Carla Lonzi, in un momento particolare della mia vita. Nonostante le molte differenze tra il suo e il mio (ancora in corso) processo di liberazione ho riscontrato delle interessanti coincidenze, che me l'hanno fatta sentire particolarmente vicina. Anche io sto cercando di fare "tabula rasa", divenendo consapevole dei molti condizionamenti e attaccamenti culturali e ideologici che sono dentro di me. E anche della difficolta' a rinunciare a far parte di correnti ideologiche (o scientifiche) e a pormi come interlocutrice dissenziente di chi si pone come portatore (o portatrice) di verita' oggettive, o, semplicemente, di consuetudini da rispettare. Questo mio pormi come interlocutrice, e non come gregaria, ha creato importanti conflitti con il mondo accademico, in cui negli ultimi anni ho avuto incarichi professionali (come dottoranda prima e assegnista di ricerca dopo). E ho sentito una certa affinita' con il rifiuto di Carla Lonzi a continuare la sua professione di critica d'arte, per dedicarsi al femminismo come scelta di autenticita' dentro di se' e nel rapporto con le altre donne. Ma vi sono anche delle altre "coincidenze": quando Carla inizia a scrivere il diario pubblicato ha 40 anni, che e' l'eta' in cui io ho iniziato a leggerlo. Anche io tengo un diario (da venti anni) e vi trascrivo i sogni: dopo avere letto il diario di Carla vi trascrivo anche il mio percorso di liberazione femminile. Inoltre, anche io, come lei, potrei definirmi una donna clitoridea, desiderosa di essere amata piu' per il mio valore come persona, che per la mia capacita' di lusingare gli altri o rendermi amabile (e questo, in ambito professionale, puo' costare la carriera). Anche io provo spesso la paura, ed anche la sgradita sorpresa, di essere fraintesa in quello che dico, di passare da un equivoco all'altro nelle mie relazioni interpersonali: e da questo mi scaturisce un estremo bisogno di "fare chiarezza", che ho ritrovato anche in Carla. Una chiarezza che devo trovare intanto dentro di me, contattando i miei molti conflitti interiori (come faceva lei nel suo diario) e tenendomi alla larga dalla tentazione di addebitare agli altri (o alla politica, o alla teoria) la causa e la possibilita' di potere risolvere tutti i miei mali (o i mali del mondo). Solo dopo un tale lavoro di autocoscienza posso provare a "cogliere individualmente cio' che e' realizzabile". Scrive nel diario, dicembre 1973: "Non credo piu' a una classe di persone indipendentemente dalla coscienza individuale. Non rivoluziona un bel niente"; "Non vedo piu' come sia possibile cambiare il mondo, solo trovare uno sbocco di liberazione e viverlo. In fondo il limite dei filosofi e' che tutta la loro speculazione andava a finire in qualche progetto di societa', era in funzione dell'assetto da dare al mondo. Mentre per me e' nel cogliere individualmente cio' che e' realizzabile. L'assetto dovrebbe scaturire da questo atteggiamento e non viceversa". Questo punto di vista puo' aiutare a non cadere nella trappola del "progetto" a tutti i costi. Non cadere nel rischio di giustificare comportamenti scorretti in nome di un progetto, o un'ideologia. Chi "coglie individualmente" e' una persona attenta al proprio atteggiamento esistenziale, attimo dopo attimo. Una persona consapevole. Succede (a me e a Carla e' successo molte volte) che, mentre si cammina lungo il sentiero di liberazione, si sbaglia, o si inciampa, o ci si pente, o si vuole cambiare strada, o si ha paura. Allora ci sono due strade per affrontare la cosa: giustificarsi di fronte al mondo e a se stessi (magari in nome di un ideale da perseguire); oppure accorgersene e basta. Carla sceglieva sempre questa seconda possibilita', trascrivendo nel suo diario e nei suoi appunti sparsi cio' di cui si accorgeva. Anche per questo e' cosi' difficile seguirla nel suo percorso intricato, complicato e denso, ma anche molto molto emozionante. Perche' pieno di vita vera. * Interlocutori non piu' fruitori "La liberazione della donna dalla vecchia identita' porta alla fine dell'arte come e' stata concepita finora. Infatti, presa coscienza del perche' lei stessa si indirizza all'arte promossa dall'uomo, da questa stessa rivelazione perde l'incentivo, e l'uomo - perdendo la donna come aspirante - perde la certezza della sua opera" Il processo del "fare tabula rasa della cultura", cui si accompagna un processo di "liberazione della donna dalla vecchia identita'", piu' volte ribadito negli scritti di Carla Lonzi e Rivolta Femminile, consiste innanzitutto nel "muoversi su un altro piano: questo e' il punto su cui difficilmente arriveremo ad essere capite, ma e' essenziale che non manchiamo di insistervi". Solo ponendosi su un altro piano e' possibile far perdere alla cultura patriarcale "la certezza della sua opera". L'altro piano e' quello che va oltre la polemica diretta, la contrapposizione, e che privilegia la individuazione e realizzazione di identita' autentiche e libere, ritrovate "smantellando i miti e trovando dentro se stessa la propria integrita'": "ci vuole piu' forza a mostrarsi spogliate che a barricarsi dietro la parola consacrata; ci vuole forza ad avere il coraggio della semplicita'". Anche io sto cercando di muovermi su un altro piano: ad esempio studiando Carla Lonzi senza sentire il bisogno di collocarla necessariamente all'interno, o in antitesi, a determinate scuole di pensiero preesistenti. Per muoversi su un altro piano bisogna rinunciare al conforto di aderire a modelli dati ("l'angoscia che tutti hanno di appellarsi a una garanzia della cultura"), e procedere alla "deculturizzazione": dissentire da qualsiasi ideologia e dalla sua necessita' e "confutare alcuni tra i principi fondamentali del patriarcato, non solo di quello passato e presente, ma di quello prospettato dalle ideologie rivoluzionarie". A partire da tale dissenso e' possibile porsi in posizione di interlocutore attivo/a e non di fruitore passivo/a. Il termine "interlocutore, interlocutrice", ricorrente nei testi di Lonzi, e', a mio parere, un termine di raccordo tra le due tappe (che ovviamente sono sincroniche, non diacroniche) di deculturizzazione da una parte, e costruzione di relazioni di autenticita' dall'altra. Esistono diversi tipi di interlocutori e interlocutrici, una gamma infinita, impossibile da definire. Per provare a rendere l'idea possiamo immaginare una linea infinita all'interno dei quali si collocano le molteplici sfumature relazionali. Su questa linea poniamo tre cartellini con su scritte tre parole chiave: da un lato dissenso, dal lato opposto disaccordo. E nel mezzo reciprocita'. Dalla parte del dissenso stanno gli interlocutori piu' vicini al piano della cultura da decostruire, mentre sul lato del disaccordo ci sono le molte interlocutrici personali (soprattutto donne, ma anche uomini) con cui Carla dialoga a partire da posizioni di grandi affinita' e affettivita' e in cui sono spesso presenti disaccordi, dovuti proprio al fatto di porsi in una relazione di estrema autenticita'. Mentre coi primi interlocutori e' necessario partire dal dissenso per approdare ad una relazione di reciprocita', con i secondi si parte dalla reciprocita' per arrivare anche al disaccordo. Spesso il disaccordo e' uno strumento funzionale al dialogo in autenticita', e va vissuto, sviscerato, contenuto. Che e' quanto succedeva, nel gruppo di Rivolta Femminile, grazie all'ausilio della pratica di autocoscienza femminista. L'immaginare la linea su cui si pongono questi termini come infinita puo' aiutarci a comprendere la non meccanicita' ne' astrattezza di questo processo relazionale, che e' sempre diverso a seconda delle differenti individualita' e situazioni. Io credo che la consapevolezza di questo processo possa aiutare da una parte ad avere il coraggio del dissenso rispetto a cio' che si presenta come inoppugnabile. E dall'altra a non avere paura del disaccordo che inevitabilmente si presenta quando a dialogare, a porsi come interlocutori l'uno/a dell'altro/a, sono due identita' in un percorso di liberazione. Nelle interlocuzioni di reciprocita', vi e' sovrabbondanza di cose come disaccordi, sconforto, pena, preoccupazione, insofferenza, dubbi. Ma vi e' anche la possibilita' di un loro superamento, dandosi la possibilita' di toccare livelli relazionali molto profondi e molto soddisfacenti e arricchenti. Superato il timore dell'attraversamento del disaccordo si puo' imparare a fare a meno di giudicare o di aggrapparsi a facili definizioni dell'altra/o o di se stessi. Nei testi teorici, come Sputiamo su Hegel, l'interlocuzione maggiormente enunciata e' quella in cui si parte dal dissenso e che avviene soprattutto nei confronti di stimoli culturali provenienti dall'esterno (rivoluzione, filosofia, arte, religione, psicoanalisi), non piu' passivamente fruiti, ma verificati e confutati. Come nel caso della teoria freudiana: "facciamo atto di incredulita' verso il dogma psicoanalitico che attribuisce alla donna in tenera eta' il senso di partire in perdita per una angoscia metafisica della sua differenza"; "il padre e la madre non sono due entita' primarie, ma il prodotto di una prevaricazione fra i sessi che ha trovato il suo assestamento nella famiglia. Senza queste premesse, ci si illude di sopprimere le cause psichiche della guerra come minaccia atomica sia postulando un ritorno ai valori privati quale negazione alla sovranita' dello Stato, sia promovendo una istituzione che proibisca la guerra come delitto individuale... la malattia mentale dell'umanita' non puo' scegliere essa stessa la sua salvezza in una forma autoritaria e attenervisi". A piu' di trenta anni di distanza da quando sono state scritte, queste affermazioni risuonano molto attuali, dato che ancora si ricorre assurdamente alla guerra per risolvere conflitti. Ma per comprendere Carla e il possibile (anche per me) percorso di liberazione da lei espresso, queste affermazioni vanno rilette alla luce del suo percorso di autocoscienza. E della scelta di essere ad ogni costo interlocutrice piuttosto che passiva destinataria di arte e cultura. Scelta che la porta ad imparare un porsi in relazione autentica con ogni tipo di interlocutore, nel privato come nel pubblico. * Passare attraverso tante fasi "... naturalmente mi studio, guardo attentamente nello specchio la forma e la sporgenza degli occhi, la loro vivacita', la consistenza delle palpebre, l'entita' delle occhiaie. Va bene sono soddisfatta" Le "fasi di esperienza" rivolte alla propria liberazione trapelano soprattutto dalla scrittura privata di Carla Lonzi (il diario, le lettere spedite e non, gli appunti sparsi), in cui niente appare filtrato, sublimato, e nemmeno raccontato con distacco, solo parte del percorso di esperienza. In uno sforzo costante di "vedere le cose come stanno". Lei stessa ne parla come di "una specie di vergogna quotidiana, privatissima... non spedivo la maggior parte delle lettere in cui parlavo di me... perche' incepparmi anche li' era angosciante, come angosciante era accorgermi che gira e gira finivo per volere e sapere parlare solo di me. Scoprire questo bisogno irrefrenabile mi umiliava...". E al tempo stesso ne afferma la validita': "Il diario, la presa di coscienza rende tutti uguali. Tutti fragili, tutti ugualmente intelligenti e stupidi, ingannati, ingannabili, umiliati dalla scoperta del trave nel proprio occhio. Nessuno sfugge a questo. Nel diario Hegel e io siamo uguali. Anche Cristo che, sudando sangue dice 'L'anima mia e' triste fino alla morte' e soffre perche' gli amici lo lasciano solo nell'imminenza del martirio, e' uno come me". A Carla non interessava raggiungere obiettivi, ne' politici ne' artistici o altro. Come recitano dei suoi versi trascritti nel Diario il 9 marzo 1974: "Che bello essere / quello che si e' / anche se si e' / poco pochissimo / niente" (p. 580). Piuttosto, "la tensione della propria vita" e' stata tutta protesa a sperimentare percorsi di liberazione possibili, mettendosi in gioco interamente. Percorsi che poi lei rielaborava (attraverso la scrittura personale) per comprenderne meglio il senso e, eventualmente, modificarne il tragitto: non rinunciando mai a mettere tutto in discussione, a "mettere in scacco i propri pensieri uno a uno", come scriveva all'inizio del suo percorso femminista nella poesia che avrebbe poi dato il titolo alla raccolta poetica: "scacco ragionato". Il "dramma della propria vita" consiste, in Lonzi, nel fatto che le sue "piccole verita'" (nel diario usa queste parole attribuendole a Julia Kristeva) e i risultati ottenuti non scaturiscono da astratti ragionamenti o illuminazioni, ma da concreti vissuti: da un contatto autentico e non sublimato con la vita, che le ha permesso di sperimentare bello e brutto, gioia e dolore. Come ogni percorso di autentica liberazione, inevitabilmente, prevede. Il processo di liberazione suggeritoci dalla lettura di Carla Lonzi consiste in un complesso e imprevedibile "passaggio attraverso se'", che culmina nell'accettazione di se' e nell'acquisizione di una nuova forza: quella dell'identita' autonoma. Una identita' che puo' essere anche contraddittoria, problematica, diversa, ma propria: "quello e' il mio diario e nessuno me lo toglie, e e' quello che e'". Ed avere un'identita' liberata e propria, essere soggetto, comporta un cambiamento nelle relazioni con le persone con cui si interloquisce. Da una parte si e' piu' apprezzate e invidiate, dall'altra nasce un nuovo desiderio: quello di uscire definitivamente dal mondo del falso se' ed avere relazioni interpersonali solo autentiche e profonde. Ma il raggiungimento di una tale realizzazione non e' ne' facile ne' scontato e presuppone il passaggio attraverso tante fasi, perche' solo attraverso la consapevolezza della propria limitatezza e sofferenza e' possibile accettarsi e realizzarsi. Come Carla acutamente scrive rileggendo il concetto di "invidia del pene": "L'invidia del pene e' un simbolo: ce l'hanno gli uomini non meno delle donne. E' invidia della forza che scaturisce dall'accettazione di se', invidia dell'unico modo per realizzare se stessi. Se non si coglie il lato simbolico si finisce con l'invidia pura e semplice. L'invidia del pene nella coscienza soppianta l'invidia dell'altro, e porta alla risoluzione. Il peccato d'invidia nasconde la molla all'identificazione di se'. L'invidia del pene e' la metafora del bisogno di identita'. La mancanza di identita' porta all'invidia, l'invidia alla sofferenza, la sofferenza alla coscienza dell'invidia e infine dell'invidia come invidia del pene, cioe' alle soglie della scoperta e dell'accettazione della propria identita'". Questo passaggio invidia-sofferenza-coscienza-accettazione merita di essere sottolineato, non tralasciando i due momenti iniziali: non puo' esservi nessuna presa di coscienza ("avere dei dubbi e quindi prendere coscienza") se non si passa dal peggio di se', dal constatare di essere fatta di sentimenti contrastanti nei confronti dei nostri interlocutori e interlocutrici, dall'ammettere che tali sentimenti ci procurano una grande sofferenza. Scrive Carla, osservando se stessa compiere i propri passaggi esperienza: "... il livello di insoddisfazione e' cominciato a scendere e mi sono trovata in uno stato di curiosita' che mi spingeva a certe azioni per procurarmi certe riflessioni. E mi e' stato chiaro che sono sempre andata avanti cosi'. Perche' c'e' una fase in cui l'insoddisfazione porta al ripiegamento: un movimento di crescita si e' fermato mentre fino allora lo sentivi pieno di sviluppo e resti sconcertata, non vorresti rassegnarti, ma hai l'impulso a rincantucciarti da qualche parte come se non valesse la pena restare in lizza. E' il periodo piu' duro perche' non accade niente: tutto appare un espediente, una ripetizione accademica, un ribadire. Cosi' ci rinunci, e intanto avviene un cambiamento di pelle come nei serpenti. Io nella vita ci sento di questi momenti in cui sei costretta a spogliarti non solo dei vestiti, come a dire di un'identita' piu' convenzionale e sociale, fino a restare nuda, ma poi anche quella nudita' va sostituita con un'epidermide piu' fresca, piu' sensibile, meno coriacea. Ti rinnovi anche all'interno della tua identita' piu' vera". Si tratta, come e' stato scritto da Maria Luisa Boccia, di un percorso di "presa di coscienza" in cui pensiero ed essere coincidono. E si tratta di una presa di coscienza femminile e femminista in grado di creare "una duplicita' di coscienza sul mondo", laddove la cultura patriarcale ne prevede solo una e maschile. Ma, secondo me, una tale presa di coscienza non sta solo dalla parte del femminile, non e' l'altro polo rispetto al maschile. Anche perche' non ha bisogno di essere collocato in un punto filosofico preciso. Soprattutto non ha bisogno di ricorrere alla logica bipolare. E' un'esperienza umana di liberazione, che cerca sbocchi, ma non e' detto che li trovi: perche' lo sbocco che cerca non e' la quadratura del cerchio ne' "la verita' ad ogni costo", ma una liberazione autentica. Il suo e' un percorso possibile che lei fa, e si accorge che altri non fanno. Ed e' difficile comprendere se non si e' in un percorso di liberazione e di presa di coscienza simile al suo. Carla Lonzi, come e' gia' stato bene espresso da Debora Spadaccini, mostra di "non essere volta all'inserimento culturale, bensi' mossa da un'esigenza di vita per andare avanti" e di avere una sua personalissima "capacita' di stare nel vuoto non solo di identita' offerte dalla cultura maschile, ma anche dell'identita' femminista". Esigenza di vita e vuoto di identita' sono effettivamente due ingredienti fondamentali del percorso di liberazione di Carla Lonzi, consapevole, come afferma sempre Spadaccini, che "la liberta' diventa un mito quando si identifica in una serie di contenuti e quando, in questo modo, il contenuto che pure costituiva un salto di essere, da ponte diventa un assoluto che ostacola il dirsi di una verita' soggettiva". A differenza di Spadaccini, io credo che il contributo piu' importante di Carla oggi non sia tanto nella "verita' soggettiva ma tutt'altro che opinabile", infine rintracciata, ma semmai nello strumento di liberazione da lei individuato. In quei "passaggi di esperienza" che le interessava cogliere. Nel tortuoso percorso da lei svolto per cercare se stessa e una migliore e piu' approfondita relazione con i suoi interlocutori e interlocutrici. E nel fatto che non vi sia, alla fine dei conti, una verita' scoperta, o da scoprire, ne' soggettiva ne' oggettiva, ma solo possibili percorsi di vita autentica e liberata. E non e' poco. "Quello che manca - scriveva nel diario - e' proprio l'autocoscienza e il passare attraverso tante fasi. Ognuno sembra incarognirsi in una che diventa sua tipica". La liberazione, a differenza della liberta', non e' un obiettivo raggiunto, ma una aspirazione costante che prevede un autentico processo di crescita interiore, di autocoscienza. Paragonandosi a Teresa d'Avila cosi' scriveva, in forma poetica, nel diario, il 6 febbraio 1974: "Mi ritrovo nei tormenti / interiori senza perche' / nei patimenti e nei dubbi / generati dall'anima stessa / via via che cresce. / Lei si chiedeva / Proviene da Dio o dal Demonio? / E io: Sono me stessa? / Si ammalava moriva / di quella pena poi risorgeva / e sgrammaticatissima / ne scriveva" (p. 550). Lo scrivere sgrammaticatissimo e' la scrittura privata, quella dettata non da fini artistici ma da un'autentica esigenza dell'anima. Esigenza di autenticita' da cui si sviluppa il desiderio di stare in relazioni piu' significative, avendo scoperto dall'altro/a qualcosa di inaspettato. Il 28 febbraio del 1974 Carla scrive nel Diario: "il passaggio attraverso se' rende meno ciechi verso l'altro". E il 24 maggio 1976, dopo due anni di intensa attivita' "sgrammaticatissima", riconosce in se' un nuovo bisogno: "la risonanza adesso per me consiste nel miglioramento e approfondimento dei rapporti, della comprensione reciproca, piu' che del riscontro puntuale. Mi da' un senso di presenza nel mondo". Per realizzare la propria presenza nel mondo non le basta il sentirsi riconosciuta, la realizzazione di se': vuole stare in relazioni di autenticita' e reciprocita' con altri esseri umani. Il diario di Carla Lonzi abbonda di descrizioni di relazioni di autenticita' tra "esseri", termine usato da Carla per indicare le persone in carne ed ossa, non solo i loro pensieri astratti. Le persone che appaiono nel diario sono in relazione autentica tra loro. Sono alla ricerca di quel miglioramento, approfondimento, ovvero di un dialogo effettivo tra loro. E tale dialogo - che e', ad esempio, la relazione tra Carla e Sara, o tra Carla e Pietro, o anche tra altre amiche di Rivolta per come viene compresa da Carla - nel diario non viene raccontato a posteriori, ma rappresentato nel suo svolgersi reale, tra conflitti e rappacificamenti, prese di posizione e ripensamenti, dispiacere e gioia del ritrovarsi: viene espresso per come si presenta nel quotidiano, giorno dopo giorno, nelle pagine di vita vera. * Una amalgama particolare "Capire - fare parte capire di fare parte non c'e' altro io - la mia porzione di cecita' io - la mia porzione di luce" Nel diario appare evidente come il termine interlocutore sia riferito a chiunque di noi abbia il coraggio di porsi in maniera attiva e partecipe nei confronti della vita. Chiunque abbia il coraggio di dissentire da miti e dogmi culturali, e di esporsi autenticamente nelle relazioni interpersonali. Porsi come interlocutore e interlocutrice nella direzione di autenticita', ovvero per come si e', senza costruirsi muraglie intorno, presuppone un lavoro non indifferente di personale individuazione (che e' diverso dalla costruzione perche' si svolge dall'interno). Tale lavoro risulta essere gia' in stato avanzato nel diario pubblicato (1972-1977) di Carla Lonzi, avendo alle spalle anni e anni di presa di coscienza di se', compiuta dapprima attraverso la scrittura privata, le poesie, e poi attraverso la partecipazione attiva al femminismo, le prese di posizione autonome e originali e un instancabile lavoro di autocoscienza personale. Oltre all'autocoscienza svolta collettivamente e di cui il gruppo di Rivolta Femminile e' uno degli iniziatori in Italia. In conclusione non mi resta che ribadire che e' nella sua "vita vera" - fatta di tanti e sofferti passaggi di esperienza - che io vedo il contributo piu' originale, forse non ancora sufficientemente compreso, del processo di liberazione di Carla Lonzi. Per provare a rintracciare piu' approfonditamente questo interessante percorso di liberazione e' necessario leggere e rileggere il diario e, possibilmente, il resto della produzione privata di Carla Lonzi. Quella quotidiana, privatissima di cui Carla nel diario ammetteva di vergognarsi, e che pure (come gia' lei stessa affermava) va valorizzata: perche' esprime qualcosa di piu' articolato, complesso e completo, che puo' aiutarci a fare chiarezza su una esperienza difficile da sintetizzare. Non e' possibile ridurre ad un istante fermo cio' che invece sta in un processo in continuo movimento e cambiamento, tra persuasioni, paure, emozioni, riflessioni, ripensamenti: "con tutte le complicazioni e amplificazioni nervose", come scriveva lei il 13 febbraio 1974. Per saperne di piu' di questa esperienza cosi' intensa non resta che sperimentarla in prima persona: passaggio dopo passaggio, per arrivare "al miliardesimo attimo" in cui toccando questa terra posso sentire l'oro", come e' capitato a lei. Le modalita' e i contenuti saranno solo nostri, da Carla potremmo imparare la "tensione di vita", "l'intensita'". E alcuni piccoli suggerimenti pratici: al risveglio ogni mattina trascrivere i sogni sul proprio diario, e poi magari rileggerli dopo mesi, o anni; scrivere lettere ad amici e amiche, anche senza spedirle, per far emergere quello che e' mancato, i non detti, i fraintendimenti della relazione; e poi osservarsi dentro con molta attenzione e poco giudizio. Io ci sto provando. E, intanto, mi piace confrontarmi e dialogare con gli scritti cui Carla ha affidato la sua testimonianza. Sarebbe bello poter leggere anche qualcos'altro della produzione privata di Carla, in maniera da poter permettere nuovi dialoghi tra Carla e le tantissime donne di oggi, assetate di autenticita' come lei. Inoltre ripubblicare i suoi scritti e leggere i suoi inediti potra' metterla in una luce piu' autentica, abbastanza (spero) da aiutarci a non fraintenderla, a cogliere di lei sia la sua "porzione di luce" che la sua "porzione di cecita'". E a restituire ai suoi scritti il senso che lei stessa aveva voluto dare. Scriveva nel diario il 3 febbraio 1974: "nei miei scritti c'erano dignita', castigatezza, commozione oltre che sdegno e dolore che ne facevano una amalgama particolare, non un atteggiamento ideologico e strafottente. Pero' non so quanti saranno ad accorgersene". Io ci sto provando... ad accorgermi di lei. E, attraverso lei, passando da me, a divenire meno cieca verso gli altri. * Bibliografia e videografia - Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale e altri scritti, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1974. - Carla Lonzi, Taci, anzi parla. Diario di una femminista, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1978. - Carla Lonzi, Vai pure, dialogo con Pietro Consagra, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1980. - Carla Lonzi, Scacco ragionato, Scritti di Rivolta Femminile Prototipi, Milano 1985. - Carla Lonzi, Armande sono io, Scritti di Rivolta Femminile Prototipi, Milano 1992. - AA. VV., E' gia' politica, testi di Marta Lonzi, Anna Jaquinta, Carla Lonzi, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1977. - AA. VV., La presenza dell'uomo nel femminismo, testi di Maria Grazia Chinese, Carla Lonzi, Marta Lonzi, Anna Jaquinta, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1978. - Maria Luisa Boccia, L'io in rivolta. Vissuto e pensiero di Carla Lonzi, La Tartaruga, Milano 1990. - Maria Luisa Boccia, La costola di Eva, in "Il manifesto", 22 novembre 2001. - Debora Spadaccini, Carla Lonzi, in Duemilauna donne che hanno fatto fatto l'Italia, a cura di Annarosa Buttarelli, Luisa Muraro, Liliana Rampello, Milano, Pratiche, 2000. - Marta Lonzi e Anna Jaquinta, Biografia, in Scacco ragionato Poesie dal '58 al '63, Scritti di Rivolta Femminile, Milano, 1985. - Marta Lonzi, Diana. Una femminista a Buckingham Palace, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1998. - Marta Lonzi, Autenticita' e progetto, Jaca Book, Milano 2006. - Documentario "Alzare il cielo (Carla Lonzi 1931-1982)", di Gianna Mazzini, Loredana Rotondo, prodotto da L. Rotondo per la trasmissione "Vuoti di Memoria", Rai Educational. - Marisa Volpi, Carla Lonzi, in Italiane: dagli anni Cinquanta ad oggi, a cura di E. Roccella e L. Scaraffia, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roma 2003. - Grazia Livi, Carla Lonzi. Il testimone, in Le lettere del mio nome, La Tartaruga, Milano 1991. - Diotima, Approfittare dell'assenza. Punti di avvistamento sulla tradizione, Liguori, Napoli 2002. 2. ET COETERA Giovanna Providenti e' ricercatrice nel campo dei peace studies e women's and gender studies presso l'Universita' Roma Tre, saggista, si occupa di nonviolenza, studi sulla pace e di genere, con particolare attenzione alla prospettiva pedagogica. Ha due figli. Partecipa al Circolo Bateson di Roma. Scrive per la rivista "Noi donne". Ha curato il volume Spostando mattoni a mani nude. Per pensare le differenze, Franco Angeli, Milano 2003, e il volume La nonviolenza delle donne, "Quaderni satyagraha" - Libreria Editrice Fiorentina, Pisa-Firenze 2006; ha pubblicato numerosi saggi su rivista e in volume, tra cui: Cristianesimo sociale, democrazia e nonviolenza in Jane Addams, in "Rassegna di Teologia", n. 45, dicembre 2004; Imparare ad amare la madre leggendo romanzi. Riflessioni sul femminile nella formazione, in M. Durst (a cura di), Identita' femminili in formazione. Generazioni e genealogie delle memorie, Franco Angeli, Milano 2005; L'educazione come progetto di pace. Maria Montessori e Jane Addams, in Attualita' di Maria Montessori, Franco Angeli, Milano 2004. Scrive anche racconti; sta preparando un libro dal titolo Donne per, sulle figure di Jane Addams, Mirra Alfassa e Maria Montessori, e un libro su Goliarda Sapienza. * Carla Lonzi e' stata un'acutissima intellettuale femminista, nata a Firenze nel 1931 e deceduta a Milano nel 1982, critica d'arte, fondatrice del gruppo di Rivolta Femminile. Opere di Carla Lonzi: Sputiamo su Hegel, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1974, poi Gammalibri, Milano 1982; Taci, anzi parla. Diario di una femminista, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1978; Scacco ragionato, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1985. Opere su Carla Lonzi: Maria Luisa Boccia, L'io in rivolta. Vissuto e pensiero di Carla Lonzi, La Tartaruga, Milano 1990. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 80 del 17 luglio 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: Minime. 153
- Next by Date: Minime. 154
- Previous by thread: Minime. 153
- Next by thread: Minime. 154
- Indice: