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La domenica della nonviolenza. 120
- Subject: La domenica della nonviolenza. 120
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 15 Jul 2007 10:45:24 +0200
- Importance: Normal
============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 120 del 15 luglio 2007 In questo numero: 1. Lamberto Borghi: Danilo Dolci (1956) 2. Francesco Codello ricorda Lamberto Borghi 3. Goffredo Fofi ricorda Lamberto Borghi 1. MAESTRI. LAMBERTO BORGHI: DANILO DOLCI (1956) [Dal sito http://danilo1970.interfree.it riprendiamo il seguente intervento di Lamberto Borghi dal titolo "Un insulto alla coscienza pubblica" del 1956, di solidarieta' con Danilo Dolci (teso disponibile anche nel sito www.danilodolci.toscana.it). Lamberto Borghi, illustre pedagogista, nato a Livorno nel 1907, antifascista, libertario, esule in America, collaboratore di Aldo Capitini nell'impegno pacifista e nonviolento. E' deceduto nel dicembre 2000. Opere di Lamberto Borghi: tra i suoi lavori ormai classici segnaliamo Educazione e autorita' nell'Italia moderna, 1951; John Dewey e il pensiero pedagogico contemporaneo negli Stati Uniti, 1951; Il fondamento dell'educazione attiva, 1951; L'educazione e i suoi problemi, 1953; Educazione e sviluppo sociale, 1962; Scuola e comunita', 1964; Scuola e ambiente, 1964. Dal volume di Lamberto Borghi, La citta' e la scuola, Eleuthera, Milano 2000, riprendiamo la seguente nota biobibliografica: "Lamberto Borghi e' nato a Livorno nel 1907, e si e' laureato in filosofia a Pisa giovanissimo, nel 1929. E' degli anni Trenta la sua amicizia con Aldo Capitini, cacciato dalla Normale di Pisa perche' antifascista e nonviolento, e con Guido Calogero che con Capitini stendera' prima della guerra il famoso Manifesto del liberalsocialismo. Nel 1935 Borghi pubblica a Firenze il suo primo libro, un saggio su Erasmo. Ebreo, colpito dalle leggi razziali fasciste, Borghi dovette fuggire nel 1940 negli Usa, dove venne subito accolto nella piccola cerchia degli esuli italiani che comprendeva, tra gli altri, Nicola Chiaromonte - il quale condivise la sua grande amicizia con Andrea Caffi, che doveva passare dall'Italia alla Francia dopo aver dovuto abbandonare la Russia -, Gaetano Salvemini e la sua cerchia, Niccolo' Tucci, l'anarchico Armando Borghi. Conobbe allora Dwight Macdonald e collaboro' alla sua rivista 'Politics', la stessa su cui scrivevano, oltre Caffi e Chiaromonte, Albert Camus, Hannah Arendt, Mary McCarthy e tanti altri pensatori e artisti 'non allineati' del tempo. Fu Fellow of Philosophy all'Universita' di Yale, dove collaboro' con Ernst Cassirer, e conobbe da vicino John Dewey, che ha avuto una grande influenza sulle sue idee. Tornato in Italia, Borghi ottenne nel 1949 la libera docenza in pedagogia e insegno' a Pisa, Palermo, Torino, finche' non venne chiamato nel 1955 a ricoprire la cattedra di Pedagogia presso la Facolta' di Magistero dell'Universita' di Firenze, dove rimase fino al raggiungimento dei limiti d'eta' nel 1982. Nel 1983 venne nominato professore emerito. Intensa e' stata la sua attivita' di studioso, oltre che di insegnante, in diretto rapporto con i piu' vivaci gruppi italiani di sperimentazione pedagogica, e di tessitore di reti di incontri e legami dentro e fuori il mondo della scuola, in particolare negli anni della guerra fredda. E' stato anche direttore, sostituendo Ernesto Codignola, di 'Scuola e citta'', la piu' importante rivista italiana di pedagogia, e consulente de La Nuova Italia per la gloriosa collana dei Maestri antichi e moderni. Della sua fitta opera di studioso due libri in particolare sono stati continuamente ristampati e vanno considerati dei classici della storiografia sull'Italia e sul rapporto tra pensiero politico e istituzioni pedagogiche: Educazione e autorita' nell'Italia moderna (1951, continuamente riproposto da La Nuova Italia) e il suo seguito ideale Educazione e scuola nell'Italia di oggi (1958), dal piglio militante. Ricordiamo ancora John Dewey e il pensiero pedagogico contemporaneo negli Stati Uniti (1951) e L'ideale educativo di John Dewey (di Dewey ha altresi' curato una scelta di scritti pedagogici, Il mio credo pedagogico, 1954), Saggi di psicologia dell'educazione (1951), Il fondamento dell'educazione attiva (1952), Il metodo dei progetti (1953), L'educazione e i suoi problemi (1953), Educazione e sviluppo sociale (1962), Scuola e comunita' (1964), Maestri e problemi dell'educazione (1987), Presente e futuro nell'educazione del nostro tempo (1987). In Educare alla liberta' (1992) ha raccolto i suoi saggi sull'educazione libertaria e i suoi maestri: Tolstoj, Kropotkin, Carl Rogers, ma anche Erasmo e Giordano Bruno, Proust e Marcuse e, ovviamente, John Dewey. Di Marcuse ha sottoscritto il motto di una cultura 'libera di comunicare la contraddizione, l'accusa e il rifiuto', di Proust e Dewey la convinzione che 'l'arte e' cio' che vi e' di piu' reale, la piu' austera scuola della vita e il vero ultimo giudizio'. Lamberto Borghi vive a Firenze in Borgo San Jacopo, assistito dalla fedele compagna Angela [E' poi deceduto sul finire del 2000]". Tra le opere di Lamberto Borghi segnaliamo le seguenti recenti edizioni: Saggi di psicologia dell'educazione, La Nuova Italia, 1968; Il metodo dei progetti. un capitolo della storia dell'educazione attiva. Con testi di W. H. Kilpatrick, La Nuova Italia, 1973; Il fondamento dell'educazione attiva, La Nuova Italia, 1974; John Dewey e il pensiero pedagogico contemporaneo negli Stati Uniti, La Nuova Italia, 1974; Educazione e sviluppo sociale, La Nuova Italia, 1974; L'educazione e i suoi problemi, La Nuova Italia, 1975; Educazione e autorita' nell'Italia moderna, La Nuova Italia, 1975; Scuola e comunita', La Nuova Italia, 1976; L'ideale educativo di John Dewey, La Nuova Italia, 1976; Educazione e scuola nell'Italia d'oggi, La Nuova Italia, 1976; Maestri e problemi dell'educazione, La Nuova Italia, 1987; Presente e futuro nell'educazione del nostro tempo, Liguori, 1987; Educare alla liberta', La Nuova Italia, 1992; La citta' e la scuola, Eleuthera, 2000. Opere su Lamberto Borghi: Luciana Bellatalla, Antonio Corsi (a cura di), Lamberto Borghi storico dell'educazione, Franco Angeli, Milano 2004 (con contributi, oltre che dei curatori, di Massimo Forti, Giovanni Genovesi, Furio Pesci, Renzo Pia, Umberto Sereni, Mario Valeri, Ignazio Volpicelli); Franco Cambi e Paolo Orefice (a cura di), Educazione, liberta', democrazia. Il pensiero pedagogico di Lamberto Borghi, Liguori, Napoli 2005 (con contributi, oltre che dei curatori, di Luciana Bellatalla, Carmen Betti, Giacomo Cives, Francesco Codello, Antonio Corsi, Paolo Federighi, Rosetta Finazzi Sartor, Remo Fornaca, Carlo Fratini, Giovanni Genovesi, Silvia Guetta, Alessandro Mariani, Annalisa Pinter, Tiziana Pironi, Dario Ragazzini, Daniela Sarsini, Gastone Tassinari, Giuseppe Trebisacce, Mario Valeri, Maria Venuti). Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43 dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale (Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'. Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del 1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento" ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il 28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu' povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2 febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958) si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione". Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino 1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita' preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E' convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento, dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga, impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni, per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile; l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile. Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto, frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone "all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu' recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30 dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita". Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Tra le opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze 1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004 (un lavoro fondamentale); Lucio C. Giummo, Carlo Marchese (a cura di), Danilo Dolci e la via della nonviolenza, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2005. Tra i materiali audiovisivi su Danilo Dolci cfr. il dvd di Alberto Castiglione, Danilo Dolci. Memoria e utopia, 2004. Tra i vari siti che contengono molti utili materiali di e su Danilo Dolci segnaliamo almeno www.danilodolci.it, danilo1970.interfree.it, www.danilodolci.toscana.it, www.cesie.org, www.nonviolenti.org] Danilo Dolci e' chiuso nella famigerata prigione palermitana dell'Ucciardone dal 2 febbraio. Vi e' chiuso con cinque compagni che presero parte la mattina di quel giorno insieme con alcune centinaia di braccianti di Partinico al tentativo di aggiustare una quasi impraticabile strada di campagna nell'immediata periferia di quel comune. Le autorita' di polizia hanno accusato Dolci e i compagni di avere effettuato una "manifestazione sediziosa", di essersi resi colpevoli di "reati di resistenza e di oltraggio alla forza pubblica", di "abusiva conduzione di lavori sul suolo pubblico", di "rifiuto all'ordine di scioglimento", e altre simili gravi infrazioni alla legge. L'arresto di Dolci e' stato un insulto alla coscienza pubblica e ha sollevato in tutto il Paese una vera ondata di indignazione e di protesta. Ha suscitato la "questione morale" contro i metodi impiegati dal governo per far fronte alla implacabile inquietudine delle classi contadine meridionali causata da una intollerabile situazione di miseria e di abbandono. Con la sua azione, assecondata involontariamente dalla polizia e dal governo, Danilo Dolci e' riuscito a far convergere gli occhi di tutta Italia su Partinico, sulle Spine Sante, sul Vallone di Trappeto. La sconfitta della polizia e del governo e' resa evidente dal fatto di avere voluto fare apparire come un "agitatore" e come un violente Danilo Dolci che, con mezzi nonviolenti, metteva in rilievo la violenza della situazione esistente non soltanto a Partinico, ma in gran parte del Mezzogiorno. E' un fatto importante che solidali con Danilo si siano dichiarati, subito dopo il suo arresto, non soltanto elementi di sinistra, non soltanto uomini politici, ma intellettuali di ogni tendenza e persone rispettate da tutto il Paese, pronte a fare garanzia che l'azione di Dolci non era un'azione di parte, ma una difesa di lesa umanita' e una manifestazione di amore e di giustizia. Salvemini con alcuni amici del Mezzogiorno telegrafava a Palermo che "l'episodio di questi giorni deve chiudersi nell'unico modo possibile, ossia nel riconoscimento dell'errore da parte delle autorita', nel futuro maggiore rispetto di tutti per la sua attivita' e nell'immediato avvio - come e' possibile e doveroso - di un concreto programma per la risoluzione dei problemi che egli ha denunciato". * L'attivita' di Dolci e il suo arresto sono importanti soprattutto per avere messo in rilievo tre fatti, due dei quali almeno hanno un valore positivo. In primo luogo Danilo Dolci e' riuscito a far toccare con mano a tanti che non conoscevano con evidenza di immagini le condizioni del Mezzogiorno, non soltanto una realta' indegna di un popolo civile e che invoca una urgente opera di trasformazione, ma una popolazione umanissima, capace di opere di dedizione, pronta a partecipare a forme avanzatissime di vita sociale, a metodi di nonviolenza, piena di un buon senso e atta a esprimersi in maniera efficace, articolata, poetica, come rilevano i documenti riportati da Dolci nel suo ultimo libro. Il secondo fatto importante e' l'incontro reso possibile dall'opera di Danilo tra i contadini e i pescatori di Trappeto e Partinico e gli intellettuali di tutte le parti d'Italia, un contatto diretto che ha fatto crollare d'un tratto barriere secolari. Il terzo fatto e' la dimostrazione dell'attardarsi del governo in un atteggiamento condannato in partenza dalla coscienza civile; la dimostrazione della inferiorita' civile e umana dei restauratori dell'ordine di fronte a coloro che sono accusati di sovvertirlo. Questa messa in stato di accusa della polizia, questa palese carenza delle autorita' centrali e periferiche risultano dall'opera di Danilo e dal suo arresto. * Se la concreta partecipazione all'opera iniziata da Danilo Dolci di nuove forze di tutto il paese sara' il risultato del suo esempio, se da esso scaturira' uno studio appassionato della situazione in cui vivono milioni di persone in Italia, se ne verra' soprattutto quello che Dolci ha sempre richiesto, che l'interessamento per i bimbi e i grandi di Trappeto e Partinico sia non di curiosi o di studiosi, ma di parti in causa, Danilo all'Ucciardone non avra' sofferto inutilmente. Avra' dato una voce efficacemente potente e l'avvio a un metodo nuovo di risolvere i piu' gravi problemi. 2. MAESTRI. FRANCESCO CODELLO RICORDA LAMBERTO BORGHI [Nuovamente riproponiamo il seguente testo da "A. rivista anarchica", anno 31, n. 269, febbraio 2001, col titolo "Educare cioe' educarsi" (disponibile nel sito www.arivista.org e disponibile anche nel sito di "Socialismo libertario": www.socialismolibertario.it). Francesco Codello, storico della pedagogia libertaria, dirigente scolastico di Treviso, da anni impegnato nella ricerca storico-educativa, e' autore di numerosi articoli e saggi apparsi su diverse riviste, animatore dell'Iden (International Democratic Education Network) in Italia e redattore della rivista "Libertaria". Opere di Francesco Codello: Educazione e anarchismo. L'idea educativa nel movimento anarchico italiano (1900-1926), Ferrara 1995; La buona educazione. Esperienze libertarie e teorie anarchiche in Europa da Godwin a Neill, Franco Angeli, Milano 2005] Lo scorso dicembre e' morto a Firenze, a 93 anni, Lamberto Borghi, una delle figure piu' significative della pedagogia non solo italiana. Ho conosciuto Lamberto Borghi a fine maggio del 1979, in occasione di un convegno internazionale sul tema: "L'educazione attiva oggi: un bilancio critico" svoltosi a Rimini presso quella scuola straordinariamente attiva che e' il C.E.I.S. Naturalmente lo conoscevo gia', o meglio conoscevo alcuni dei suoi scritti, a cominciare da quel classico e fondamentale testo che e' Educazione e autorita' nell'Italia moderna (1951), nel quale egli rileggeva la storia dell'educazione e dell'istruzione italiana privilegiando i contributi delle correnti di pensiero laico e libertario, rispetto ad una storiografia tradizionalmente piu' legata alla storia del potere politico ed economico. Lamberto Borghi nasce a Livorno nel 1907 e, giovanissimo, si laurea a Pisa nel 1929. A partire dagli anni Trenta stringe un'importante amicizia con Aldo Capitini considerato poi come una delle personalita' piu' significative del nostro tempo: "Capitini fu per noi il portatore di doni, il partecipe delle gioie, il consolatore degli affanni, il suscitatore delle tensioni, l'amico sorridente di ogni ora, eppure altresi' il severo cultore dei valori, spronante all'impegnata attivita'" (Maestri e problemi dell'educazione, Firenze, 1987, p. 229). Nel 1940 viene costretto all'esilio negli Usa, perche' ebreo e quindi colpito dalle leggi razziali fasciste, dove diviene Fellow of Philosophy all'Universita' di Yale e collabora con Ernst Cassirer. Questi anni statunitensi sono ricchi di scambi e confronti con Cassirer, Kilpatrick, Dewey, De Santillana, e con i fuoriusciti italiani come Salvemini, Caffi, Chiaromonte. Tornato in Italia, nel 1949 ottiene la libera docenza in Pedagogia e insegna nelle Universita' di Pisa, Palermo, Torino, finche' nel 1955 e' chiamato a ricoprire la cattedra di Pedagogia presso la Facolta' di Magistero dell'Universita' di Firenze, nella quale rimarra' fino al raggiungimento dei limiti di eta' nel 1982 per diventare poi professore emerito. L'itinerario culturale di Lamberto Borghi parte dal suo personale e profondo approccio con la realta' sociale che stimolera' le riflessioni pedagogiche di tutta la sua ricerca conducendolo da posizioni progressiste e pacifiste fino ad abbracciare un anarchismo etico sempre piu' convinto e solido. Egli e' generalmente noto per essere stato il principale interprete e diffusore del pensiero di John Dewey e dell'attivismo pedagogico in Italia. * Societa' aperta Risale infatti ai primi anni cinquanta la pubblicazione di testi che segnano marcatamente la discussione pedagogica e l'intero panorama culturale. Libri come John Dewey e il pensiero pedagogico contemporaneo negli Stati Uniti (Firenze, 1951), Saggi di psicologia dell'educazione (Firenze, 1951), Il fondamento dell'educazione attiva (Firenze, 1952), Il metodo dei progetti (Firenze, 1953), L'educazione e i suoi problemi (Firenze, 1953), Educazione e scuola nell'Italia di oggi (Firenze, 1958) portano al centro della discussione le teorie dell'attivismo pedagogico, preludio alla pedagogia libertaria. Siamo in un'epoca nella quale la cultura, anche quella pedagogica e psicologica, e' dominata dall'attualismo cattolico e dalla filosofia marxista della Terza Internazionale, pertanto sostenere un pensiero laico, libertario e pragmatico all'interno delle accademie universitarie e nelle riviste culturali non e' certo cosa semplice e tantomeno facile. Si tratta di inserirsi con convinzioni e proposte innovative nello scontro e la complementarita' delle due "chiese" che hanno segnato e ancora condizionano lo sviluppo di questo nostro paese. Egli per primo, nella storiografia dell'educazione e della scuola cosi' pesantemente indirizzata in senso cattolico e comunista, coglie ed evidenzia le contraddizioni mortali della ideologia marxista e socialista, sia nella sua versione rivoluzionaria che riformista, laddove non tiene conto del rapporto tra mezzi e fini, anche nell'ambito dell'educazione: "Essi non si proposero mai con serieta' il problema che scaturiva dal loro intento contraddittorio di volere allo stesso tempo un'educazione all'autogoverno e alla societa' comunitaria in armonia colle finalita' ultime del socialismo e un'educazione al potere proletario nel periodo di transizione rivoluzionaria del sistema capitalistico in quello comunistico. Essi non seppero indicare una via la quale superasse questa contraddizione fra fine e mezzi, contraddizione che traeva alimento dalla loro interpretazione dialettica della storia" (Educazione e autorita' nell'Italia moderna, Firenze, 1951, p. 103). Con questa convinzione egli propone le teorie di John Dewey come alternative al dogmatismo catto-comunista. Cio' che di Dewey viene valorizzato e' il suo pragmatismo fortemente ancorato a valori forti e chiari, il nesso che egli stabilisce tra scuola e societa', tra l'autogoverno scolastico e quello sociale, tra individualita' e comunita', la critica decisa all'autoritarismo nelle sue varie forme e nelle molteplici ideologie dominanti. Questa concezione cosi' aperta della societa' e il valore profondo della democrazia vera, la coerenza tra mezzi e fini, la ricerca etica di una nuova societa' fondata sull'autogoverno e la democrazia diretta, rappresentano per Lamberto Borghi l'essenza vera e attuale del pensiero di John Dewey, la sua natura essenzialmente libertaria che poi egli stesso sviluppera' e ampliera'. * Democrazia educativa Non solo egli contrappone dunque la democrazia educativa e scolastica alle ideologie di Chiesa e Stato ma con straordinaria lungimiranza anticipa di oltre quarant'anni la discussione su statale e privato e pubblico, in riferimento alla gestione della scuola: "La scuola pubblica si distingue dalla scuola di Stato perche' questa ha storicamente assunto caratteri accentrati, perche' lo Stato e' stato finora uno Stato nazionale e ha perseguito finalita' sezionali, divisive degli uomini, finalita' di potenza e quindi ha promosso nelle sue scuole l'inculcazione della fedelta' alle istituzioni, il culto dei governanti, l'indottrinamento nei principi stabiliti dall'alto e nei programmi fissati dal centro, l'incondizionata approvazione delle ideologie e delle direttive dei poteri politici. L'influenza politica sulla scuola deve cessare se questa deve assumere un carattere educativo, il carattere che per definizione le compete" (L'educazione e i suoi problemi, Firenze, 1953, p. 123). L'alternativa e' una scuola fondata su un processo di autoistituzione all'interno della comunita', una vera scuola dell'autonomia, in un contesto di relazioni sociali libertarie e federaliste. Non a caso tra i suoi maestri egli annovera Carlo Cattaneo piuttosto che Mazzini, Salvemini piuttosto che Turati o Labriola, Kropotkin al posto degli epigoni del socialismo autoritario (Maestri e problemi dell'educazione, Firenze, 1987). L'attenzione e le riflessioni intorno ad una pedagogia che esca dalle secche e dai limiti imposti dalla cultura dominante portano Lamberto Borghi ad impegnarsi attentamente a tessere relazioni internazionali contribuendo in maniera decisa ad introdurre in Italia il pensiero di autori ed esperienze assolutamente innovative e rivoluzionarie che contribuiranno ad accendere una fiaccola di liberta' e di antiautoritarismo nello stagnante dibattito pedagogico nostrano. Assieme ad altri autori come Tina Tomasi, Antonio Santoni Rugiu, Aldo Visalberghi, Francesco De Bartolomeis e altri, egli caratterizzera' e guidera' un processo di rinnovamento della pedagogia non solo italiana, nel segno della cultura laica e libertaria, che coniughi dimensione scolastica e civile della liberta'. Non e' un caso che egli assuma la direzione di quella prestigiosa rivista della Nuova Italia, "Scuola e citta'", subentrando ad uno dei suoi maestri, quell'Ernesto Codignola che perviene alle istanze democratiche della scuola attraverso un percorso diverso da quello di Borghi, muovendo da una cultura etico-religiosa, ma che non gli impedisce di creare quell'esperienza straordinaria di Scuola-Citta' Pestalozzi a Firenze nel 1945 e poi, dal 1950, la rivista "Scuola e citta'". * Scuola e societa' Numerosi sono gli articoli e i saggi che Lamberto Borghi scrive in questa rivista negli anni Cinquanta e Sessanta, alcuni ripresi in opere diverse e ora contenuti in quella bella antologia curata da Goffredo Fofi ed edita dalla nostra Eleuthera (La citta' e la scuola, Eleuthera, 2000), che egli ha appena avuto il tempo di sfogliare prima di morire. Ma, come abbiamo sopra affermato, il suo impegno e' stato anche sempre rivolto ad introdurre in Italia il pensiero e l'opera di straordinari, e spesso misconosciuti o boicottati, autori che muovendosi nel solco e nella tradizione democratico-libertaria, hanno contribuito in modo decisivo al rinnovamento della pedagogia internazionale. Basta scorrere il catalogo della collana "Educatori antichi e moderni" dell'editrice La Nuova Italia di Firenze, per trovare tracce evidenti del suo lavoro per questa storica casa editrice. Dobbiamo a Lamberto Borghi e alla sua influenza diretta o indiretta la traduzione italiana e la pubblicazione di opere, oltre che di Dewey, anche di Kilpatrick, Neill, Lane, Krishnamurti, Cattaneo, Kallen, Suchodolski, Capitini e altri. Gli anni Sessanta sono anni di sviluppo delle concezioni di John Dewey e di insistenti sottolineature sul rapporto esistente tra scuola e societa', sul nesso imprescindibile che lega l'educazione allo sviluppo sociale, sulla necessita' che la scuola non sia altro rispetto alla comunita', ma che si immerga profondamente nella vita sociale per portarvi un originale apporto nel senso della modernizzazione e nell'ampliamento degli spazi di liberta' e autonomia. Opere come Educazione e sviluppo sociale (Firenze, 1962), Scuola e comunita' (Firenze, 1964), Scuola e ambiente (Firenze, 1964) ribadiscono il ruolo attivo dei processi educativi nell'opera di democratizzazione dell'intera societa' e segnano la necessita' di un impegno militante da parte degli insegnanti e dei pedagogisti in genere a favore del profondo rinnovamento dell'intera societa' senza pero' trasformare questo impegno in uno sterile attivismo senza ideali, ma al contrario, egli ribadisce costantemente la necessita' di saldare il suo pragmatismo filosofico con valori ed ideali molto precisi e forti. Insomma Lamberto Borghi rappresenta emblematicamente la figura di intellettuale "disorganico" opposto a quei chierici catto-comunisti che tanto hanno contribuito a sfasciare e distruggere ogni istanza libertaria nell'Italia di questi ultimi cinquant'anni. Non ci si deve stupire quindi che egli si appelli al pensiero di un anarchico come Paul Goodman per denunciare il falso mito di quell'educazione progressiva che sfocia nel permissivismo della societa' dell'opulenza snaturando ogni vera tensione autenticamente libertaria e che faccia sue le considerazioni di Carl Rogers quando denuncia una formazione tutt'altro che integrale della personalita' cosi' come si configura l'educazione dell'uomo a una dimensione, conformista, rigido, docile (L'educazione attiva oggi: un bilancio critico. Introduzione, Firenze, 1984, pp. IX-XIII). Negli anni Ottanta cura, assieme ad Aldo Visalberghi, un'altra significativa collana della Nuova Italia, "Scuola e educazione nel mondo", che contribuisce non poco a sollecitare il confronto a livello internazionale sulle problematiche scolastiche ed educative di attualita' pubblicando, tra gli altri, contributi di autorevoli studiosi stranieri come Arnould Clausse, Torsten Husen, Bogdan Suchodolski, Carleton W. Washburne, Edmund J. King, Robert Dottrens, Abdou Moumouni, Alfred Sauvy, Alain Girard, e altri. * Maestro, nel senso socratico La pedagogia di Borghi si configura sempre come ricerca infinita della natura sociale della condizione umana e l'educazione, a suo avviso, e' sempre creazione del nuovo e mai riproduzione dell'esistente. La dimensione libertaria del suo pensiero si puo' trovare compiutamente espressa in un'intervista del 1987 (L'educazione permanente, in "Volonta'", n. 1/1987) nella quale si puo' leggere: "Secondo me, non c'e' educazione che non sia auto-educazione. Educare significa soprattutto apprendere. Per me vale piu' l'apprendimento, che la trasmissione da una persona ad un'altra, da un'istituzione ad una persona. Voglio dire che l'importante e' quello che uno riesce a sviluppare da se stesso, sia da un punto di vista psicologico, sia da un punto di vista sociologico. Non vi puo' essere formazione che non sia autoformazione. In questo senso educazione e liberta' coincidono. Educare significa essenzialmente educarsi". Quando l'educazione avviene attraverso il tentativo di formare un individuo dall'esterno abbiamo la coincidenza tra educazione e autorita'. Proprio quello che la pedagogia libertaria sostiene da sempre, da Godwin a Neill, Lamberto Borghi lo assume come fondamento della sua concezione educativa e c ome perno centrale della critica all'autorita'. Borghi e' stato un maestro nel senso socratico: mite ma fermo e deciso nelle sue convinzioni, ha saputo risvegliare in piu' di una generazione di studiosi, di insegnanti, di uomini e donne alla ricerca della propria verita', gli aspetti piu' autentici del proprio essere liberi. Al contempo ha spinto a desiderare altrettanta liberta' per i propri simili. Noi siamo convinti che Lamberto Borghi possa stare di diritto in quell'ideale galleria di maestri di verita' e di liberta', che ognuno di noi custodisce gelosamente in un proprio angolo e spazio personale. Gli ultimi anni della sua vita, condivisi assieme alla sua compagna Angela, lo hanno portato a stringere sempre piu' stretti rapporti con quella parte del movimento anarchico rappresentata dalla rivista "A", dalla rivista "Volonta'" (e successivamente dalla rivista "Libertaria"), dal Centro studi libertari - Archivio Pinelli di Milano, e con individualita' che hanno condiviso con lui quella ricerca di un anarchismo che, pur fortemente ancorato ai valori di sempre, non ha mai rinunciato alla ricerca di un significato attuale delle sue proposizioni, senza dogmi ne' certezze chiesastiche. 3. MAESTRI. GOFFREDO FOFI RICORDA LAMBERTO BORGHI [Nuovamente riproponiamo il seguente testo da "A. rivista anarchica", anno 31, n. 269, febbraio 2001 (disponibile anche nel sito www.arivista.org), col titolo "Ricordando Lamberto Borghi. La pedagogia come resistenza al Potere" e la presentazione redazionale "Goffredo Fofi ha curato un'antologia di scritti di Lamberto Borghi (La citta' e la scuola) appena uscita per i tipi di Eleuthera. In questo ricordo di Fofi l'alta lezione di storia e di metodo lasciataci da Lamberto Borghi". Goffredo Fofi, nato a Gubbio nel 1937, ha lavorato in campo pedagogico e sociale collaborando a rilevanti esperienze. Si e' occupato anche di critica letteraria e cinematografica. Tra le sue intraprese anche riviste come "Linea d'ombra", "La terra vista dalla luna" e "Lo straniero". Per sua iniziativa o ispirazione le Edizioni Linea d'ombra, la collana Piccola Biblioteca Morale delle Edizioni e/o, L'ancora del Mediterraneo, hanno rimesso in circolazione testi fondamentali della riflessione morale e della ricerca e testimonianza nonviolenta purtroppo sepolti dall'editoria - diciamo cosi' - maggiore. Opere di Goffredo Fofi: tra i molti suoi volumi segnaliamo particolarmente almeno L'immigrazione meridionale a Torino (1964), e Pasqua di maggio (1989). Tra le pubblicazioni degli ultimi decenni segnaliamo ad esempio: con Tony Thomas, Marlon Brando, Gremese, 1982; con Franca Faldini, Toto', Pironti, Napoli 1987; Pasqua di maggio. Un diario pessimista, Marietti, Casale Monferrato 1988; con P. Polito, L'utopia concreta di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1988; Prima il pane, e/o, Roma 1990; Storie di treno, L'Obliquo, 1990; Benche' giovani. Crescere alla fine del secolo, e/o, Roma 1993; Strana gente. 1960: un diario tra Sud e Nord, Donzelli, Roma 1993; La vera storia di Peter Pan e altre storie per film (1968-1977), e/o, Roma 1994; Piu' stelle che in cielo. Il libro degli attori e delle attrici, e/o, Roma 1995; Come in uno specchio. I grandi registi del cinema, Donzelli, Roma 1995; Strade maestre. Ritratti di scrittori italiani, Donzelli, Roma 1996; con Gad Lerner e Michele Serra, Maledetti giornalisti, e/o, Roma 1997; Sotto l'Ulivo. Politica e cultura negli anni '90, Minimum Fax, 1998; Un secolo con Toto', Dante & Descartes, Napoli 1998; Le nozze coi fichi secchi, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 1999; con Gianni Volpi, Vittorio De Seta. Il mondo perduto, Lindau, 1999; con Stefano Benni, Leggere, scrivere, disobbedire. Conversazione, Minimum Fax, 1999; con Franca Faldini, Toto'. L'uomo e la maschera, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2000; con Stefano Cardone, Intoccabili, Silvana, 2003; Paolo Benvenuti, Falsopiano, 2003; con Ferruccio Giromini, Santosuosso, Cooper e Castelvecchi, 2003; Alberto Sordi, Mondadori, Milano 2004; con Giovanni Da Campo e Claudio G. Fava., Simenon, l'uomo nudo, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2004; con Franca Faldini, Toto'. Storia di un buffone serissimo, Mondadori, Milano 2004; Circo equestre za-bum. Dizionario di stranezze, Cargo, 2005. Opere su Goffredo Fofi: non conosciamo volumi a lui dedicati, ma si veda almeno il ritratto che ne ha fatto Grazia Cherchi, ora alle pp. 252-255 di Eadem, Scompartimento per lettori e taciturni, Feltrinelli)] In questo strano paese Italia si sono sprecati e si sprecano riconoscimenti premi articoli per "grandi vecchi" che, tutto sommato, lasciano e lasceranno un'opera discutibile e certo minore, in azioni o in scritti, e si dimenticano altri, di loro migliori, per il solo fatto che hanno vissuto le loro battaglie e le loro idee fuori dai grandi circuiti del potere politico e culturale, sempre bisognoso di darsi legittimazione idealizzando i pensatori piu' "utili", piu' transigenti consoni integrati e che meno hanno messo (mettono) in discussione le basi e la legittimita' dei poteri consacrati. E' il caso, oggi, anche di persone notevoli, anche se meno di quanto essi stessi non credano e i media vogliano farci credere, per esempio i Bobbio e i Foa, e di altre molto meno notevoli, come i Fo e gli Scalfari. Il potere, politico e culturale, negli anni dal dopoguerra a oggi, e' stato democristiano e comunista, cattolico e liberale, e di recente di nuovo anche fascista e post-fascista, e i suoi critici non potevano certo appartenere a queste formazioni; la vecchia schiatta dei liberal-socialisti (liberta' in politica e socialismo in economia) e' stata sconfitta, molto presto, anche attraverso il recupero di molti di loro, castrati e autocastratisi della loro diversita', nel fiume di un liberalismo di tradizione, si' che, risibilmente, molti sono passati dai Gobetti agli Agnelli eccetera eccetera. Hanno resistito, senza mai arrendersi, e senza le illusioni di rivoluzioni politiche che non fossero anche rivoluzioni culturali, pochi, condannati al minoritarismo, ma senza nessuna vergogna o paura di questo, attenti a fare bene il loro lavoro (e il "ben fare" e' stata una loro bandiera) che era bensi' un lavoro di apertura, di allargamento, di lotta, di formazione di nuove coscienze, capaci di dimostrare la loro stessa tenacia e saldezza morale. I loro allievi, sottoposti alle pressioni del tempo, si sono perlopiu' persi per strada, si sono istituzionalizzati e hanno fatto carriera e sono diventati nuovi campioni del filisteismo nazionale. Ma cosi' va il mondo, e i maestri di cui parliamo l'avevano messo in conto, non se ne stupivano piu' che tanto anche se certamente se ne addoloravano. Non si trattava di "figli che tradiscono i padri" avendo ben assimilata la loro lezione ma bisognosi di una propria strada e pronti a nuove battaglie dentro i nuovi tempi, ma di traditori tout court di ideali e modelli, di principi e postazioni... * L'amico Capitini Il quasi silenzio che ha circondato la morte di Lamberto Borghi anche da parte di tanti che egli aveva, magari, contribuito a mandare in cattedra, non ci scandalizza piu' che tanto, mentre da' conforto, cosi' come l'ha dato a lui, che sia potuta uscire lui vivo una antologia dei suoi scritti che rivendica la sua appartenenza al pensiero libertario e ricorda al lettore interessato e all'educatore per vocazione e per collocazione professionale come la pedagogia sia stata e possa essere ancora un'arte e una missione, una scelta che probabilmente, nei tempi a venire, tornera' centrale nel panorama delle possibilita' di resistenza al potere. Il libro di cui parlo e' La citta' e la scuola, l'editore, ovviamente, (pochi altri ne avrebbero accolto con altrettanta convinzione la proposta di pubblicazione) Eleuthera. La mia tesi e' semplice, ed e' costruita in buona parte sulla lettura dei grandi educatori di ieri e in particolare degli scritti di Borghi, ripresi in mano in funzione di La citta' e la scuola, e di quelli di Capitini (in La citta' e la scuola e' compreso non a caso, anche se accorciato, il bellissimo saggio di Borghi in morte dell'amico Capitini, in un anno non qualsiasi come il '68). E' questa: prima c'erano gli educatori - i "maestri" e "mastri", che erano poi spesso la stessa persona: trasmettitori di conoscenze e di tecniche e al contempo di un sistema di modelli di comportamento e di valori in cui socialita' ed etica erano tutt'uno. Poi vennero (alcuni di loro furono i primi a fare il salto) i "militanti", membri di organizzazioni sempre piu' vaste e con compiti gia' di "potenti", e la politica (in funzione della rivoluzione) sostitui' l'educazione. Poi, giunta al potere, la militanza rivoluzionaria rovescio' le sue vesti, e porto' al disastro ben noto della possibilita' e della speranza di un diverso potere. E infine, oggi, all'inizio di un nuovo secolo che secondo alcuni e' iniziato piu' di dieci anni fa con la caduta dell'impero sovietico e con la caduta di ogni pretesa a un potere politico accentratore (mentre si assiste, pero', alla realta' mai prima realizzata di un unico potere economico mondiale piu' che accentratore) con il fallimento di ogni grande progetto politico che ha portato, corruzione dopo corruzione, perfino all'impraticabilita' della politica almeno in paesi come l'Italia, ecco che i "militanti" della politica tornano a sostituirsi gli "educatori", i mastri e maestri, i trasmettitori di conoscenze e valori, generazione dopo generazione, nella coscienza di un'azione obbligatoriamente minoritaria. Da minoranza a minoranza, da pochi a pochi, in attesa di sviluppi futuri e, chi lo sa?, della sconfitta di ogni "realta'". Questo non c'e', e' ovvio, negli scritti di Borghi, ma e' come se vi fosse iscritto dovunque ed e' una conseguenza che e' perfettamente legittimo trarne, cosi' come e' facile trarla dalla lettura di tanti altri pensatori e "maestri". * "Faccia a faccia" Rileggiamo il suo saggio sull'autonomia, che e', per quanto riguarda l'educazione, autonomia della scuola dallo stato, dalla chiesa, dai partiti, dai sindacati, dall'industria e da ogni altro potere, ma anche qualcosa di piu' profondo e necessario: "Il problema dell'autonomia della scuola e' parte integrante di quello piu' generale dell'autonomia. Esso investe tutti i campi della cultura, quelli dell'arte, della scienza, della filosofia e, piu' largamente, i problemi del funzionamento e dell'organizzazione della vita sociale, nonche' quelli del lavoro che ne sono momenti integranti. (...) Chiama in causa tutte le dimensioni dell'esistenza individuale e collettiva, tutte le liberta' formali e informali. (...) E' rifiuto dell'esistente, dell'acquiescenza alla realta' sussistente considerata e vissuta come data, stabile, compiuta; mentre e' intrinsecamente collegata all'innovazione, alla creativita', alla progettazione che unisce insieme passato, presente e futuro (...)". "L'autonomia e' una modalita' della comunicazione" (e cio' "esclude l'esistenza tra individui e tra gruppi di rapporti di assoluta dipendenza al pari che di assoluta indipendenza, mentre postula legami fatti di interazione, di reciprocita', di partecipazione di finalita' sotto il profilo intellettuale ed emotivo"). Passando da Cattaneo e Salvemini a Rogers e Dewey, l'autonomia e' alla base di ogni ideale federalistico, di ogni educazione alla liberta'. Borghi insiste sul "faccia a faccia" del rapporto pedagogico, insiste in sostanza sul legame minoritario, di minoranza cosciente dei propri limiti e doveri e della propria forza, insiste sul reciproco riconoscimento dell'io e dell'altro che e' fatto di autoconsapevolezza e di ricerca di un terreno comune, in funzione di un progetto comune. Lamberto Borghi non ha teorizzato in proprio, se cosi' si puo' dire, e ha preferito, dall'interno del suo lavoro di professore universitario e di maestro di maestri, un ruolo appartato e preciso, dentro una citta' e una comunita' precise. Venuto dalla Livorno della minoranza ebraica e dalla Pisa di Capitini e dalla infima minoranza nonviolenta venuta dall'America di Dewey Rogers Cassirer Macdonald Arendt, dall'amicizia di Caffi e Chiaromonte, dal sodalizio con Codignola dentro "Scuola e citta'" di Firenze, egli si e' voluto trasmettitore e comunicatore, tramite un incontro tra il pensiero di chi, prima di lui e dei citati, aveva gia' teorizzato e praticato autonomia e liberta', e i possibili allievi continuatori di una pratica di ricerca e confronto, tempo dopo tempo. I suoi saggi sono lezioni di storia e lezioni di metodo: aprono gli occhi, insegnano a vedere, invitano ad agire. ============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 120 del 15 luglio 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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