La domenica della nonviolenza. 120



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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 120 del 15 luglio 2007

In questo numero:
1. Lamberto Borghi: Danilo Dolci (1956)
2. Francesco Codello ricorda Lamberto Borghi
3. Goffredo Fofi ricorda Lamberto Borghi

1. MAESTRI. LAMBERTO BORGHI: DANILO DOLCI (1956)
[Dal sito http://danilo1970.interfree.it riprendiamo il seguente intervento
di Lamberto Borghi dal titolo "Un insulto alla coscienza pubblica" del 1956,
di solidarieta' con Danilo Dolci (teso disponibile anche nel sito
www.danilodolci.toscana.it).
Lamberto Borghi, illustre pedagogista, nato a Livorno nel 1907,
antifascista, libertario, esule in America, collaboratore di Aldo Capitini
nell'impegno pacifista e nonviolento. E' deceduto nel dicembre 2000. Opere
di Lamberto Borghi: tra i suoi lavori ormai classici segnaliamo Educazione e
autorita' nell'Italia moderna, 1951; John Dewey e il pensiero pedagogico
contemporaneo negli Stati Uniti, 1951; Il fondamento dell'educazione attiva,
1951; L'educazione e i suoi problemi, 1953; Educazione e sviluppo sociale,
1962; Scuola e comunita', 1964; Scuola e ambiente, 1964. Dal volume di
Lamberto Borghi, La citta' e la scuola, Eleuthera, Milano 2000, riprendiamo
la seguente nota biobibliografica: "Lamberto Borghi e' nato a Livorno nel
1907, e si e' laureato in filosofia a Pisa giovanissimo, nel 1929. E' degli
anni Trenta la sua amicizia con Aldo Capitini, cacciato dalla Normale di
Pisa perche' antifascista e nonviolento, e con Guido Calogero che con
Capitini stendera' prima della guerra il famoso Manifesto del
liberalsocialismo. Nel 1935 Borghi pubblica a Firenze il suo primo libro, un
saggio su Erasmo. Ebreo, colpito dalle leggi razziali fasciste, Borghi
dovette fuggire nel 1940 negli Usa, dove venne subito accolto nella piccola
cerchia degli esuli italiani che comprendeva, tra gli altri, Nicola
Chiaromonte - il quale condivise la sua grande amicizia con Andrea Caffi,
che doveva passare dall'Italia alla Francia dopo aver dovuto abbandonare la
Russia -, Gaetano Salvemini e la sua cerchia, Niccolo' Tucci, l'anarchico
Armando Borghi. Conobbe allora Dwight Macdonald e collaboro' alla sua
rivista 'Politics', la stessa su cui scrivevano, oltre Caffi e Chiaromonte,
Albert Camus, Hannah Arendt, Mary McCarthy e tanti altri pensatori e artisti
'non allineati' del tempo. Fu Fellow of Philosophy all'Universita' di Yale,
dove collaboro' con Ernst Cassirer, e conobbe da vicino John Dewey, che ha
avuto una grande influenza sulle sue idee. Tornato in Italia, Borghi ottenne
nel 1949 la libera docenza in pedagogia e insegno' a Pisa, Palermo, Torino,
finche' non venne chiamato nel 1955 a ricoprire la cattedra di Pedagogia
presso la Facolta' di Magistero dell'Universita' di Firenze, dove rimase
fino al raggiungimento dei limiti d'eta' nel 1982. Nel 1983 venne nominato
professore emerito. Intensa e' stata la sua attivita' di studioso, oltre che
di insegnante, in diretto rapporto con i piu' vivaci gruppi italiani di
sperimentazione pedagogica, e di tessitore di reti di incontri e legami
dentro e fuori il mondo della scuola, in particolare negli anni della guerra
fredda. E' stato anche direttore, sostituendo Ernesto Codignola, di 'Scuola
e citta'', la piu' importante rivista italiana di pedagogia, e consulente de
La Nuova Italia per la gloriosa collana dei Maestri antichi e moderni. Della
sua fitta opera di studioso due libri in particolare sono stati
continuamente ristampati e vanno considerati dei classici della storiografia
sull'Italia e sul rapporto tra pensiero politico e istituzioni pedagogiche:
Educazione e autorita' nell'Italia moderna (1951, continuamente riproposto
da La Nuova Italia) e il suo seguito ideale Educazione e scuola nell'Italia
di oggi (1958), dal piglio militante. Ricordiamo ancora John Dewey e il
pensiero pedagogico contemporaneo negli Stati Uniti (1951) e L'ideale
educativo di John Dewey (di Dewey ha altresi' curato una scelta di scritti
pedagogici, Il mio credo pedagogico, 1954), Saggi di psicologia
dell'educazione (1951), Il fondamento dell'educazione attiva (1952), Il
metodo dei progetti (1953), L'educazione e i suoi problemi (1953),
Educazione e sviluppo sociale (1962), Scuola e comunita' (1964), Maestri e
problemi dell'educazione (1987), Presente e futuro nell'educazione del
nostro tempo (1987). In Educare alla liberta' (1992) ha raccolto i suoi
saggi sull'educazione libertaria e i suoi maestri: Tolstoj, Kropotkin, Carl
Rogers, ma anche Erasmo e Giordano Bruno, Proust e Marcuse e, ovviamente,
John Dewey. Di Marcuse ha sottoscritto il motto di una cultura 'libera di
comunicare la contraddizione, l'accusa e il rifiuto', di Proust e Dewey la
convinzione che 'l'arte e' cio' che vi e' di piu' reale, la piu' austera
scuola della vita e il vero ultimo giudizio'. Lamberto Borghi vive a Firenze
in Borgo San Jacopo, assistito dalla fedele compagna Angela [E' poi deceduto
sul finire del 2000]". Tra le opere di Lamberto Borghi segnaliamo le
seguenti recenti edizioni: Saggi di psicologia dell'educazione, La Nuova
Italia, 1968; Il metodo dei progetti. un capitolo della storia
dell'educazione attiva. Con testi di W. H. Kilpatrick, La Nuova Italia,
1973; Il fondamento dell'educazione attiva, La Nuova Italia, 1974; John
Dewey e il pensiero pedagogico contemporaneo negli Stati Uniti, La Nuova
Italia, 1974; Educazione e sviluppo sociale, La Nuova Italia, 1974;
L'educazione e i suoi problemi, La Nuova Italia, 1975; Educazione e
autorita' nell'Italia moderna, La Nuova Italia, 1975; Scuola e comunita', La
Nuova Italia, 1976; L'ideale educativo di John Dewey, La Nuova Italia, 1976;
Educazione e scuola nell'Italia d'oggi, La Nuova Italia, 1976; Maestri e
problemi dell'educazione, La Nuova Italia, 1987; Presente e futuro
nell'educazione del nostro tempo, Liguori, 1987; Educare alla liberta', La
Nuova Italia, 1992; La citta' e la scuola, Eleuthera, 2000. Opere su
Lamberto Borghi: Luciana Bellatalla, Antonio Corsi (a cura di), Lamberto
Borghi storico dell'educazione, Franco Angeli, Milano  2004 (con contributi,
oltre che dei curatori, di Massimo Forti, Giovanni Genovesi, Furio Pesci,
Renzo Pia, Umberto Sereni, Mario Valeri, Ignazio Volpicelli); Franco Cambi e
Paolo Orefice (a cura di), Educazione, liberta', democrazia. Il pensiero
pedagogico di Lamberto Borghi, Liguori, Napoli 2005 (con contributi, oltre
che dei curatori, di Luciana Bellatalla, Carmen Betti, Giacomo Cives,
Francesco Codello, Antonio Corsi, Paolo Federighi, Rosetta Finazzi Sartor,
Remo Fornaca, Carlo Fratini, Giovanni Genovesi, Silvia Guetta, Alessandro
Mariani, Annalisa Pinter, Tiziana Pironi, Dario Ragazzini, Daniela Sarsini,
Gastone Tassinari, Giuseppe Trebisacce, Mario Valeri, Maria Venuti).
Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43
dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di
Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale
(Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente
contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'.
Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di
massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del
1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica
scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento"
ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e
botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il
28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver
lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a
Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu'
povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio
al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la
denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si
impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la
costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a
Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le
disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro
intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2
febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di
disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una
strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958)
si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione".
Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare
questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza
sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del
fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle
accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della
vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo
Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino
1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli
attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto
Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a
Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci
e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a
processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo
metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita'
preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E'
convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento,
dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non
nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi
libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga,
impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere
e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico
sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi
nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di
alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di
costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro
economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che
faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento
di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per
tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno
necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni,
per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte
successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di
migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile;
l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e
cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile.
Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce
l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per
valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno
educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre
connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando
di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti
internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto,
frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con
numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla
distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci
evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi
al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di
effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione
capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della
complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone
"all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a
tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco
adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu'
recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra
esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica
e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge
della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30
dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo
spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel
portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita".
Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento
segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e
di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di
poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di
riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988;
La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Tra le
opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze
1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988
(sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore,
Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe
Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo
Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004 (un lavoro
fondamentale); Lucio C. Giummo, Carlo Marchese (a cura di), Danilo Dolci e
la via della nonviolenza, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2005. Tra i materiali
audiovisivi su Danilo Dolci cfr. il dvd di Alberto Castiglione, Danilo
Dolci. Memoria e utopia, 2004. Tra i vari siti che contengono molti utili
materiali di e su Danilo Dolci segnaliamo almeno www.danilodolci.it,
danilo1970.interfree.it, www.danilodolci.toscana.it, www.cesie.org,
www.nonviolenti.org]

Danilo Dolci e' chiuso nella famigerata prigione palermitana dell'Ucciardone
dal 2 febbraio. Vi e' chiuso con cinque compagni che presero parte la
mattina di quel giorno insieme con alcune centinaia di braccianti di
Partinico al tentativo di aggiustare una quasi impraticabile strada di
campagna nell'immediata periferia di quel comune. Le autorita' di polizia
hanno accusato Dolci e i compagni di avere effettuato una "manifestazione
sediziosa", di essersi resi colpevoli di "reati di resistenza e di oltraggio
alla forza pubblica", di "abusiva conduzione di lavori sul suolo pubblico",
di "rifiuto all'ordine di scioglimento", e altre simili gravi infrazioni
alla legge.
L'arresto di Dolci e' stato un insulto alla coscienza pubblica e ha
sollevato in tutto il Paese una vera ondata di indignazione e di protesta.
Ha suscitato la "questione morale" contro i metodi impiegati dal governo per
far fronte alla implacabile inquietudine delle classi contadine meridionali
causata da una intollerabile situazione di miseria e di abbandono.
Con la sua azione, assecondata involontariamente dalla polizia e dal
governo, Danilo Dolci e' riuscito a far convergere gli occhi di tutta Italia
su Partinico, sulle Spine Sante, sul Vallone di Trappeto.
La sconfitta della polizia e del governo e' resa evidente dal fatto di avere
voluto fare apparire come un "agitatore" e come un violente Danilo Dolci
che, con mezzi nonviolenti, metteva in rilievo la violenza della situazione
esistente non soltanto a Partinico, ma in gran parte del Mezzogiorno.
E' un fatto importante che solidali con Danilo si siano dichiarati, subito
dopo il suo arresto, non soltanto elementi di sinistra, non soltanto uomini
politici, ma intellettuali di ogni tendenza e persone rispettate da tutto il
Paese, pronte a fare garanzia che l'azione di Dolci non era un'azione di
parte, ma una difesa di lesa umanita' e una manifestazione di amore e di
giustizia.
Salvemini con alcuni amici del Mezzogiorno telegrafava a Palermo che
"l'episodio di questi giorni deve chiudersi nell'unico modo possibile, ossia
nel riconoscimento dell'errore da parte delle autorita', nel futuro maggiore
rispetto di tutti per la sua attivita' e nell'immediato avvio - come e'
possibile e doveroso - di un concreto programma per la risoluzione dei
problemi che egli ha denunciato".
*
L'attivita' di Dolci e il suo arresto sono importanti soprattutto per avere
messo in rilievo tre fatti, due dei quali almeno hanno un valore positivo.
In primo luogo Danilo Dolci e' riuscito a far toccare con mano a tanti che
non conoscevano con evidenza di immagini le condizioni del Mezzogiorno, non
soltanto una realta' indegna di un popolo civile e che invoca una urgente
opera di trasformazione, ma una popolazione umanissima, capace di opere di
dedizione, pronta a partecipare a forme avanzatissime di vita sociale, a
metodi di nonviolenza, piena di un buon senso e atta a esprimersi in maniera
efficace, articolata, poetica, come rilevano i documenti riportati da Dolci
nel suo ultimo libro.
Il secondo fatto importante e' l'incontro reso possibile dall'opera di
Danilo tra i contadini e i pescatori di Trappeto e Partinico e gli
intellettuali di tutte le parti d'Italia, un contatto diretto che ha fatto
crollare d'un tratto barriere secolari.
Il terzo fatto e' la dimostrazione dell'attardarsi del governo in un
atteggiamento condannato in partenza dalla coscienza civile; la
dimostrazione della inferiorita' civile e umana dei restauratori dell'ordine
di fronte a coloro che sono accusati di sovvertirlo. Questa messa in stato
di accusa della polizia, questa palese carenza delle autorita' centrali e
periferiche risultano dall'opera di Danilo e dal suo arresto.
*
Se la concreta partecipazione all'opera iniziata da Danilo Dolci di nuove
forze di tutto il paese sara' il risultato del suo esempio, se da esso
scaturira' uno studio appassionato della situazione in cui vivono milioni di
persone in Italia, se ne verra' soprattutto quello che Dolci ha sempre
richiesto, che l'interessamento per i bimbi e i grandi di Trappeto e
Partinico sia non di curiosi o di studiosi, ma di parti in causa, Danilo
all'Ucciardone non avra' sofferto inutilmente.
Avra' dato una voce efficacemente potente e l'avvio a un metodo nuovo di
risolvere i piu' gravi problemi.

2. MAESTRI. FRANCESCO CODELLO RICORDA LAMBERTO BORGHI
[Nuovamente riproponiamo il seguente testo da "A. rivista anarchica", anno
31, n. 269, febbraio 2001, col titolo "Educare cioe' educarsi" (disponibile
nel sito www.arivista.org e disponibile anche nel sito di "Socialismo
libertario": www.socialismolibertario.it).
Francesco Codello, storico della pedagogia libertaria, dirigente scolastico
di Treviso, da anni impegnato nella ricerca storico-educativa, e' autore di
numerosi articoli e saggi apparsi su diverse riviste, animatore dell'Iden
(International Democratic Education Network) in Italia e redattore della
rivista "Libertaria". Opere di Francesco Codello: Educazione e anarchismo.
L'idea educativa nel movimento anarchico italiano (1900-1926), Ferrara 1995;
La buona educazione. Esperienze libertarie e teorie anarchiche in Europa da
Godwin a Neill, Franco Angeli, Milano 2005]

Lo scorso dicembre e' morto a Firenze, a 93 anni, Lamberto Borghi, una delle
figure piu' significative della pedagogia non solo italiana.
Ho conosciuto Lamberto Borghi a fine maggio del 1979, in occasione di un
convegno internazionale sul tema: "L'educazione attiva oggi: un bilancio
critico" svoltosi a Rimini presso quella scuola straordinariamente attiva
che e' il C.E.I.S.
Naturalmente lo conoscevo gia', o meglio conoscevo alcuni dei suoi scritti,
a cominciare da quel classico e fondamentale testo che e' Educazione e
autorita' nell'Italia moderna (1951), nel quale egli rileggeva la storia
dell'educazione e dell'istruzione italiana privilegiando i contributi delle
correnti di pensiero laico e libertario, rispetto ad una storiografia
tradizionalmente piu' legata alla storia del potere politico ed economico.
Lamberto Borghi nasce a Livorno nel 1907 e, giovanissimo, si laurea a Pisa
nel 1929. A partire dagli anni Trenta stringe un'importante amicizia con
Aldo Capitini considerato poi come una delle personalita' piu' significative
del nostro tempo: "Capitini fu per noi il portatore di doni, il partecipe
delle gioie, il consolatore degli affanni, il suscitatore delle tensioni,
l'amico sorridente di ogni ora, eppure altresi' il severo cultore dei
valori, spronante all'impegnata attivita'" (Maestri e problemi
dell'educazione, Firenze, 1987, p. 229).
Nel 1940 viene costretto all'esilio negli Usa, perche' ebreo e quindi
colpito dalle leggi razziali fasciste, dove diviene Fellow of Philosophy
all'Universita' di Yale e collabora con Ernst Cassirer.
Questi anni statunitensi sono ricchi di scambi e confronti con Cassirer,
Kilpatrick, Dewey, De Santillana, e con i fuoriusciti italiani come
Salvemini, Caffi, Chiaromonte.
Tornato in Italia, nel 1949 ottiene la libera docenza in Pedagogia e insegna
nelle Universita' di Pisa, Palermo, Torino, finche' nel 1955 e' chiamato a
ricoprire la cattedra di Pedagogia presso la Facolta' di Magistero
dell'Universita' di Firenze, nella quale rimarra' fino al raggiungimento dei
limiti di eta' nel 1982 per diventare poi professore emerito.
L'itinerario culturale di Lamberto Borghi parte dal suo personale e profondo
approccio con la realta' sociale che stimolera' le riflessioni pedagogiche
di tutta la sua ricerca conducendolo da posizioni progressiste e pacifiste
fino ad abbracciare un anarchismo etico sempre piu' convinto e solido.
Egli e' generalmente noto per essere stato il principale interprete e
diffusore del pensiero di John Dewey e dell'attivismo pedagogico in Italia.
*
Societa' aperta
Risale infatti ai primi anni cinquanta la pubblicazione di testi che segnano
marcatamente la discussione pedagogica e l'intero panorama culturale. Libri
come John Dewey e il pensiero pedagogico contemporaneo negli Stati Uniti
(Firenze, 1951), Saggi di psicologia dell'educazione (Firenze, 1951), Il
fondamento dell'educazione attiva (Firenze, 1952), Il metodo dei progetti
(Firenze, 1953), L'educazione e i suoi problemi (Firenze, 1953), Educazione
e scuola nell'Italia di oggi (Firenze, 1958) portano al centro della
discussione le teorie dell'attivismo pedagogico, preludio alla pedagogia
libertaria. Siamo in un'epoca nella quale la cultura, anche quella
pedagogica e psicologica, e' dominata dall'attualismo cattolico e dalla
filosofia marxista della Terza Internazionale, pertanto sostenere un
pensiero laico, libertario e pragmatico all'interno delle accademie
universitarie e nelle riviste culturali non e' certo cosa semplice e
tantomeno facile. Si tratta di inserirsi con convinzioni e proposte
innovative nello scontro e la complementarita' delle due "chiese" che hanno
segnato e ancora condizionano lo sviluppo di questo nostro paese.
Egli per primo, nella storiografia dell'educazione e della scuola cosi'
pesantemente indirizzata in senso cattolico e comunista, coglie ed evidenzia
le contraddizioni mortali della ideologia marxista e socialista, sia nella
sua versione rivoluzionaria che riformista, laddove non tiene conto del
rapporto tra mezzi e fini, anche nell'ambito dell'educazione: "Essi non si
proposero mai con serieta' il problema che scaturiva dal loro intento
contraddittorio di volere allo stesso tempo un'educazione all'autogoverno e
alla societa' comunitaria in armonia colle finalita' ultime del socialismo e
un'educazione al potere proletario nel periodo di transizione rivoluzionaria
del sistema capitalistico in quello comunistico. Essi non seppero indicare
una via la quale superasse questa contraddizione fra fine e mezzi,
contraddizione che traeva alimento dalla loro interpretazione dialettica
della storia" (Educazione e autorita' nell'Italia moderna, Firenze, 1951, p.
103).
Con questa convinzione egli propone le teorie di John Dewey come alternative
al dogmatismo catto-comunista. Cio' che di Dewey viene valorizzato e' il suo
pragmatismo fortemente ancorato a valori forti e chiari, il nesso che egli
stabilisce tra scuola e societa', tra l'autogoverno scolastico e quello
sociale, tra individualita' e comunita', la critica decisa all'autoritarismo
nelle sue varie forme e nelle molteplici ideologie dominanti. Questa
concezione cosi' aperta della societa' e il valore profondo della democrazia
vera, la coerenza tra mezzi e fini, la ricerca etica di una nuova societa'
fondata sull'autogoverno e la democrazia diretta, rappresentano per Lamberto
Borghi l'essenza vera e attuale del pensiero di John Dewey, la sua natura
essenzialmente libertaria che poi egli stesso sviluppera' e ampliera'.
*
Democrazia educativa
Non solo egli contrappone dunque la democrazia educativa e scolastica alle
ideologie di Chiesa e Stato ma con straordinaria lungimiranza anticipa di
oltre quarant'anni la discussione su statale e privato e pubblico, in
riferimento alla gestione della scuola: "La scuola pubblica si distingue
dalla scuola di Stato perche' questa ha storicamente assunto caratteri
accentrati, perche' lo Stato e' stato finora uno Stato nazionale e ha
perseguito finalita' sezionali, divisive degli uomini, finalita' di potenza
e quindi ha promosso nelle sue scuole l'inculcazione della fedelta' alle
istituzioni, il culto dei governanti, l'indottrinamento nei principi
stabiliti dall'alto e nei programmi fissati dal centro, l'incondizionata
approvazione delle ideologie e delle direttive dei poteri politici.
L'influenza politica sulla scuola deve cessare se questa deve assumere un
carattere educativo, il carattere che per definizione le compete"
(L'educazione e i suoi problemi, Firenze, 1953, p. 123).
L'alternativa e' una scuola fondata su un processo di autoistituzione
all'interno della comunita', una vera scuola dell'autonomia, in un contesto
di relazioni sociali libertarie e federaliste. Non a caso tra i suoi maestri
egli annovera Carlo Cattaneo piuttosto che Mazzini, Salvemini piuttosto che
Turati o Labriola, Kropotkin al posto degli epigoni del socialismo
autoritario (Maestri e problemi dell'educazione, Firenze, 1987).
L'attenzione e le riflessioni intorno ad una pedagogia che esca dalle secche
e dai limiti imposti dalla cultura dominante portano Lamberto Borghi ad
impegnarsi attentamente a tessere relazioni internazionali contribuendo in
maniera decisa ad introdurre in Italia il pensiero di autori ed esperienze
assolutamente innovative e rivoluzionarie che contribuiranno ad accendere
una fiaccola di liberta' e di antiautoritarismo nello stagnante dibattito
pedagogico nostrano. Assieme ad altri autori come Tina Tomasi, Antonio
Santoni Rugiu, Aldo Visalberghi, Francesco De Bartolomeis e altri, egli
caratterizzera' e guidera' un processo di rinnovamento della pedagogia non
solo italiana, nel segno della cultura laica e libertaria, che coniughi
dimensione scolastica e civile della liberta'.
Non e' un caso che egli assuma la direzione di quella prestigiosa rivista
della Nuova Italia, "Scuola e citta'", subentrando ad uno dei suoi maestri,
quell'Ernesto Codignola che perviene alle istanze democratiche della scuola
attraverso un percorso diverso da quello di Borghi, muovendo da una cultura
etico-religiosa, ma che non gli impedisce di creare quell'esperienza
straordinaria di Scuola-Citta' Pestalozzi a Firenze nel 1945 e poi, dal
1950, la rivista "Scuola e citta'".
*
Scuola e societa'
Numerosi sono gli articoli e i saggi che Lamberto Borghi scrive in questa
rivista negli anni Cinquanta e Sessanta, alcuni ripresi in opere diverse e
ora contenuti in quella bella antologia curata da Goffredo Fofi ed edita
dalla nostra Eleuthera (La citta' e la scuola, Eleuthera, 2000), che egli ha
appena avuto il tempo di sfogliare prima di morire.
Ma, come abbiamo sopra affermato, il suo impegno e' stato anche sempre
rivolto ad introdurre in Italia il pensiero e l'opera di straordinari, e
spesso misconosciuti o boicottati, autori che muovendosi nel solco e nella
tradizione democratico-libertaria, hanno contribuito in modo decisivo al
rinnovamento della pedagogia internazionale. Basta scorrere il catalogo
della collana "Educatori antichi e moderni" dell'editrice La Nuova Italia di
Firenze, per trovare tracce evidenti del suo lavoro per questa storica casa
editrice. Dobbiamo a Lamberto Borghi e alla sua influenza diretta o
indiretta la traduzione italiana e la pubblicazione di opere, oltre che di
Dewey, anche di Kilpatrick, Neill, Lane, Krishnamurti, Cattaneo, Kallen,
Suchodolski, Capitini e altri.
Gli anni Sessanta sono anni di sviluppo delle concezioni di John Dewey e di
insistenti sottolineature sul rapporto esistente tra scuola e societa', sul
nesso imprescindibile che lega l'educazione allo sviluppo sociale, sulla
necessita' che la scuola non sia altro rispetto alla comunita', ma che si
immerga profondamente nella vita sociale per portarvi un originale apporto
nel senso della modernizzazione e nell'ampliamento degli spazi di liberta' e
autonomia.
Opere come Educazione e sviluppo sociale (Firenze, 1962), Scuola e comunita'
(Firenze, 1964), Scuola e ambiente (Firenze, 1964) ribadiscono il ruolo
attivo dei processi educativi nell'opera di democratizzazione dell'intera
societa' e segnano la necessita' di un impegno militante da parte degli
insegnanti e dei pedagogisti in genere a favore del profondo rinnovamento
dell'intera societa' senza pero' trasformare questo impegno in uno sterile
attivismo senza ideali, ma al contrario, egli ribadisce costantemente la
necessita' di saldare il suo pragmatismo filosofico con valori ed ideali
molto precisi e forti.
Insomma Lamberto Borghi rappresenta emblematicamente la figura di
intellettuale "disorganico" opposto a quei chierici catto-comunisti che
tanto hanno contribuito a sfasciare e distruggere ogni istanza libertaria
nell'Italia di questi ultimi cinquant'anni. Non ci si deve stupire quindi
che egli si appelli al pensiero di un anarchico come Paul Goodman per
denunciare il falso mito di quell'educazione progressiva che sfocia nel
permissivismo della societa' dell'opulenza snaturando ogni vera tensione
autenticamente libertaria e che faccia sue le considerazioni di Carl Rogers
quando denuncia una formazione tutt'altro che integrale della personalita'
cosi' come si configura l'educazione dell'uomo a una dimensione,
conformista, rigido, docile (L'educazione attiva oggi: un bilancio critico.
Introduzione, Firenze, 1984, pp. IX-XIII).
Negli anni Ottanta cura, assieme ad Aldo Visalberghi, un'altra significativa
collana della Nuova Italia, "Scuola e educazione nel mondo", che
contribuisce non poco a sollecitare il confronto a livello internazionale
sulle problematiche scolastiche ed educative di attualita' pubblicando, tra
gli altri, contributi di autorevoli studiosi stranieri come Arnould Clausse,
Torsten Husen, Bogdan Suchodolski, Carleton W. Washburne, Edmund J. King,
Robert Dottrens, Abdou Moumouni, Alfred Sauvy, Alain Girard, e altri.
*
Maestro, nel senso socratico
La pedagogia di Borghi si configura sempre come ricerca infinita della
natura sociale della condizione umana e l'educazione, a suo avviso, e'
sempre creazione del nuovo e mai riproduzione dell'esistente. La dimensione
libertaria del suo pensiero si puo' trovare compiutamente espressa in
un'intervista del 1987 (L'educazione permanente, in "Volonta'", n. 1/1987)
nella quale si puo' leggere: "Secondo me, non c'e' educazione che non sia
auto-educazione. Educare significa soprattutto apprendere. Per me vale piu'
l'apprendimento, che la trasmissione da una persona ad un'altra, da
un'istituzione ad una persona. Voglio dire che l'importante e' quello che
uno riesce a sviluppare da se stesso, sia da un punto di vista psicologico,
sia da un punto di vista sociologico. Non vi puo' essere formazione che non
sia autoformazione. In questo senso educazione e liberta' coincidono.
Educare significa essenzialmente educarsi".
Quando l'educazione avviene attraverso il tentativo di formare un individuo
dall'esterno abbiamo la coincidenza tra educazione e autorita'. Proprio
quello che la pedagogia libertaria sostiene da sempre, da Godwin a Neill,
Lamberto Borghi lo assume come fondamento della sua concezione educativa e c
ome perno centrale della critica all'autorita'.
Borghi e' stato un maestro nel senso socratico: mite ma fermo e deciso nelle
sue convinzioni, ha saputo risvegliare in piu' di una generazione di
studiosi, di insegnanti, di uomini e donne alla ricerca della propria
verita', gli aspetti piu' autentici del proprio essere liberi. Al contempo
ha spinto a desiderare altrettanta liberta' per i propri simili.
Noi siamo convinti che Lamberto Borghi possa stare di diritto in
quell'ideale galleria di maestri di verita' e di liberta', che ognuno di noi
custodisce gelosamente in un proprio angolo e spazio personale.
Gli ultimi anni della sua vita, condivisi assieme alla sua compagna Angela,
lo hanno portato a stringere sempre piu' stretti rapporti con quella parte
del movimento anarchico rappresentata dalla rivista "A", dalla rivista
"Volonta'" (e successivamente dalla rivista "Libertaria"), dal Centro studi
libertari - Archivio Pinelli di Milano, e con individualita' che hanno
condiviso con lui quella ricerca di un anarchismo che, pur fortemente
ancorato ai valori di sempre, non ha mai rinunciato alla ricerca di un
significato attuale delle sue proposizioni, senza dogmi ne' certezze
chiesastiche.

3. MAESTRI. GOFFREDO FOFI RICORDA LAMBERTO BORGHI
[Nuovamente riproponiamo il seguente testo da "A. rivista anarchica", anno
31, n. 269, febbraio 2001 (disponibile anche nel sito www.arivista.org), col
titolo "Ricordando Lamberto Borghi. La pedagogia come resistenza al Potere"
e la presentazione redazionale "Goffredo Fofi ha curato un'antologia di
scritti di Lamberto Borghi (La citta' e la scuola) appena uscita per i tipi
di Eleuthera. In questo ricordo di Fofi l'alta lezione di storia e di metodo
lasciataci da Lamberto Borghi".
Goffredo Fofi, nato a Gubbio nel 1937, ha lavorato in campo pedagogico e
sociale collaborando a rilevanti esperienze. Si e' occupato anche di critica
letteraria e cinematografica. Tra le sue intraprese anche riviste come
"Linea d'ombra", "La terra vista dalla luna" e "Lo straniero". Per sua
iniziativa o ispirazione le Edizioni Linea d'ombra, la collana Piccola
Biblioteca Morale delle Edizioni e/o, L'ancora del Mediterraneo, hanno
rimesso in circolazione testi fondamentali della riflessione morale e della
ricerca e testimonianza nonviolenta purtroppo sepolti dall'editoria -
diciamo cosi' - maggiore. Opere di Goffredo Fofi: tra i molti suoi volumi
segnaliamo particolarmente almeno L'immigrazione meridionale a Torino
(1964), e Pasqua di maggio (1989). Tra le pubblicazioni degli ultimi decenni
segnaliamo ad esempio: con Tony Thomas, Marlon Brando, Gremese, 1982; con
Franca Faldini, Toto', Pironti, Napoli 1987; Pasqua di maggio. Un diario
pessimista, Marietti, Casale Monferrato 1988; con P. Polito, L'utopia
concreta di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1988; Prima il pane, e/o, Roma
1990; Storie di treno, L'Obliquo, 1990; Benche' giovani. Crescere alla fine
del secolo, e/o, Roma 1993; Strana gente. 1960: un diario tra Sud e Nord,
Donzelli, Roma 1993; La vera storia di Peter Pan  e altre storie per film
(1968-1977), e/o, Roma 1994; Piu' stelle che in cielo. Il libro degli attori
e delle attrici, e/o, Roma 1995; Come in uno specchio. I grandi registi del
cinema, Donzelli, Roma 1995; Strade maestre. Ritratti di scrittori italiani,
Donzelli, Roma 1996; con Gad Lerner e Michele Serra, Maledetti giornalisti,
e/o, Roma 1997; Sotto l'Ulivo. Politica e cultura negli anni '90, Minimum
Fax, 1998; Un secolo con Toto', Dante & Descartes, Napoli 1998; Le nozze coi
fichi secchi, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 1999; con Gianni Volpi,
Vittorio De Seta. Il mondo perduto, Lindau, 1999; con Stefano Benni,
Leggere, scrivere, disobbedire. Conversazione, Minimum Fax, 1999; con Franca
Faldini, Toto'. L'uomo e la maschera, L'ancora del Mediterraneo, Napoli
2000; con Stefano Cardone, Intoccabili, Silvana, 2003; Paolo Benvenuti,
Falsopiano, 2003; con Ferruccio Giromini, Santosuosso, Cooper e
Castelvecchi, 2003; Alberto Sordi, Mondadori, Milano 2004; con Giovanni Da
Campo e Claudio G. Fava., Simenon, l'uomo nudo, L'ancora del Mediterraneo,
Napoli 2004;  con Franca Faldini, Toto'. Storia di un buffone serissimo,
Mondadori, Milano 2004; Circo equestre za-bum. Dizionario di stranezze,
Cargo, 2005. Opere su Goffredo Fofi: non conosciamo volumi a lui dedicati,
ma si veda almeno il ritratto che ne ha fatto Grazia Cherchi, ora alle pp.
252-255 di Eadem, Scompartimento per lettori e taciturni, Feltrinelli)]

In questo strano paese Italia si sono sprecati e si sprecano riconoscimenti
premi articoli per "grandi vecchi" che, tutto sommato, lasciano e lasceranno
un'opera discutibile e certo minore, in azioni o in scritti, e si
dimenticano altri, di loro migliori, per il solo fatto che hanno vissuto le
loro battaglie e le loro idee fuori dai grandi circuiti del potere politico
e culturale, sempre bisognoso di darsi legittimazione idealizzando i
pensatori piu' "utili", piu' transigenti consoni integrati e che meno hanno
messo (mettono) in discussione le basi e la legittimita' dei poteri
consacrati. E' il caso, oggi, anche di persone notevoli, anche se meno di
quanto essi stessi non credano e i media vogliano farci credere, per esempio
i Bobbio e i Foa, e di altre molto meno notevoli, come i Fo e gli Scalfari.
Il potere, politico e culturale, negli anni dal dopoguerra a oggi, e' stato
democristiano e comunista, cattolico e liberale, e di recente di nuovo anche
fascista e post-fascista, e i suoi critici non potevano certo appartenere a
queste formazioni; la vecchia schiatta dei liberal-socialisti (liberta' in
politica e socialismo in economia) e' stata sconfitta, molto presto, anche
attraverso il recupero di molti di loro, castrati e autocastratisi della
loro diversita', nel fiume di un liberalismo di tradizione, si' che,
risibilmente, molti sono passati dai Gobetti agli Agnelli eccetera eccetera.
Hanno resistito, senza mai arrendersi, e senza le illusioni di rivoluzioni
politiche che non fossero anche rivoluzioni culturali, pochi, condannati al
minoritarismo, ma senza nessuna vergogna o paura di questo, attenti a fare
bene il loro lavoro (e il "ben fare" e' stata una loro bandiera) che era
bensi' un lavoro di apertura, di allargamento, di lotta, di formazione di
nuove coscienze, capaci di dimostrare la loro stessa tenacia e saldezza
morale. I loro allievi, sottoposti alle pressioni del tempo, si sono
perlopiu' persi per strada, si sono istituzionalizzati e hanno fatto
carriera e sono diventati nuovi campioni del filisteismo nazionale. Ma cosi'
va il mondo, e i maestri di cui parliamo l'avevano messo in conto, non se ne
stupivano piu' che tanto anche se certamente se ne addoloravano. Non si
trattava di "figli che tradiscono i padri" avendo ben assimilata la loro
lezione ma bisognosi di una propria strada e pronti a nuove battaglie dentro
i nuovi tempi, ma di traditori tout court di ideali e modelli, di principi e
postazioni...
*
L'amico Capitini
Il quasi silenzio che ha circondato la morte di Lamberto Borghi anche da
parte di tanti che egli aveva, magari, contribuito a mandare in cattedra,
non ci scandalizza piu' che tanto, mentre da' conforto, cosi' come l'ha dato
a lui, che sia potuta uscire lui vivo una antologia dei suoi scritti che
rivendica la sua appartenenza al pensiero libertario e ricorda al lettore
interessato e all'educatore per vocazione e per collocazione professionale
come la pedagogia sia stata e possa essere ancora un'arte e una missione,
una scelta che probabilmente, nei tempi a venire, tornera' centrale nel
panorama delle possibilita' di resistenza al potere.
Il libro di cui parlo e' La citta' e la scuola, l'editore, ovviamente,
(pochi altri ne avrebbero accolto con altrettanta convinzione la proposta di
pubblicazione) Eleuthera.
La mia tesi e' semplice, ed e' costruita in buona parte sulla lettura dei
grandi educatori di ieri e in particolare degli scritti di Borghi, ripresi
in mano in funzione di La citta' e la scuola, e di quelli di Capitini (in La
citta' e la scuola e' compreso non a caso, anche se accorciato, il
bellissimo saggio di Borghi in morte dell'amico Capitini, in un anno non
qualsiasi come il '68). E' questa: prima c'erano gli educatori - i "maestri"
e "mastri", che erano poi spesso la stessa persona: trasmettitori di
conoscenze e di tecniche e al contempo di un sistema di modelli di
comportamento e di valori in cui socialita' ed etica erano tutt'uno. Poi
vennero (alcuni di loro furono i primi a fare il salto) i "militanti",
membri di organizzazioni sempre piu' vaste e con compiti gia' di "potenti",
e la politica (in funzione della rivoluzione) sostitui' l'educazione. Poi,
giunta al potere, la militanza rivoluzionaria rovescio' le sue vesti, e
porto' al disastro ben noto della possibilita' e della speranza di un
diverso potere. E infine, oggi, all'inizio di un nuovo secolo che secondo
alcuni e' iniziato piu' di dieci anni fa con la caduta dell'impero sovietico
e con la caduta di ogni pretesa a un potere politico accentratore (mentre si
assiste, pero', alla realta' mai prima realizzata di un unico potere
economico mondiale piu' che accentratore) con il fallimento di ogni grande
progetto politico che ha portato, corruzione dopo corruzione, perfino
all'impraticabilita' della politica almeno in paesi come l'Italia, ecco che
i "militanti" della politica tornano a sostituirsi gli "educatori", i mastri
e maestri, i trasmettitori di conoscenze e valori, generazione dopo
generazione, nella coscienza di un'azione obbligatoriamente minoritaria. Da
minoranza a minoranza, da pochi a pochi, in attesa di sviluppi futuri e, chi
lo sa?, della sconfitta di ogni "realta'".
Questo non c'e', e' ovvio, negli scritti di Borghi, ma e' come se vi fosse
iscritto dovunque ed e' una conseguenza che e' perfettamente legittimo
trarne, cosi' come e' facile trarla dalla lettura di tanti altri pensatori e
"maestri".
*
"Faccia a faccia"
Rileggiamo il suo saggio sull'autonomia, che e', per quanto riguarda
l'educazione, autonomia della scuola dallo stato, dalla chiesa, dai partiti,
dai sindacati, dall'industria e da ogni altro potere, ma anche qualcosa di
piu' profondo e necessario: "Il problema dell'autonomia della scuola e'
parte integrante di quello piu' generale dell'autonomia. Esso investe tutti
i campi della cultura, quelli dell'arte, della scienza, della filosofia e,
piu' largamente, i problemi del funzionamento e dell'organizzazione della
vita sociale, nonche' quelli del lavoro che ne sono momenti integranti.
(...) Chiama in causa tutte le dimensioni dell'esistenza individuale e
collettiva, tutte le liberta' formali e informali. (...) E' rifiuto
dell'esistente, dell'acquiescenza alla realta' sussistente considerata e
vissuta come data, stabile, compiuta; mentre e' intrinsecamente collegata
all'innovazione, alla creativita', alla progettazione che unisce insieme
passato, presente e futuro (...)". "L'autonomia e' una modalita' della
comunicazione" (e cio' "esclude l'esistenza tra individui e tra gruppi di
rapporti di assoluta dipendenza al pari che di assoluta indipendenza, mentre
postula legami fatti di interazione, di reciprocita', di partecipazione di
finalita' sotto il profilo intellettuale ed emotivo"). Passando da Cattaneo
e Salvemini a Rogers e Dewey, l'autonomia e' alla base di ogni ideale
federalistico, di ogni educazione alla liberta'.
Borghi insiste sul "faccia a faccia" del rapporto pedagogico, insiste in
sostanza sul legame minoritario, di minoranza cosciente dei propri limiti e
doveri e della propria forza, insiste sul reciproco riconoscimento dell'io e
dell'altro che e' fatto di autoconsapevolezza e di ricerca di un terreno
comune, in funzione di un progetto comune.
Lamberto Borghi non ha teorizzato in proprio, se cosi' si puo' dire, e ha
preferito, dall'interno del suo lavoro di professore universitario e di
maestro di maestri, un ruolo appartato e preciso, dentro una citta' e una
comunita' precise. Venuto dalla Livorno della minoranza ebraica e dalla Pisa
di Capitini e dalla infima minoranza nonviolenta venuta dall'America di
Dewey Rogers Cassirer Macdonald Arendt, dall'amicizia di Caffi e
Chiaromonte, dal sodalizio con Codignola dentro "Scuola e citta'" di
Firenze, egli si e' voluto trasmettitore e comunicatore, tramite un incontro
tra il pensiero di chi, prima di lui e dei citati, aveva gia' teorizzato e
praticato autonomia e liberta', e i possibili allievi continuatori di una
pratica di ricerca e confronto, tempo dopo tempo. I suoi saggi sono lezioni
di storia e lezioni di metodo: aprono gli occhi, insegnano a vedere,
invitano ad agire.

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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 120 del 15 luglio 2007

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