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Voci e volti della nonviolenza. 78
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 78
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 11 Jul 2007 11:50:00 +0200
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 78 dell'11 luglio 2007 In questo numero: 1. "Rai Educational" intervista Aung San Suu Kyi (1996) 2. Wikipedia: Aung San Suu Kyi 3. Tiziana Colusso: La signora birmana con la forza nel cuore (2004) 4. "Asia news": sessantaduesimo compleanno, ancora in reclusione 5. Et coetera 1. "RAI EDUCATIONAL" INTERVISTA AUNG SAN SUU KYI (1996) [Dal sito www.educational.rai.it riprendiamo la seguente intervista. Essa e' aperta dalla seguente presentazione di Rai Educational: "Nel 1996 Aung San Suu Ky ha rilasciato un'intervista ancora inedita a Rai Educational nell'ambito di Mondo3, il progetto per la realizzazione di un museo virtuale multimediale contenente 400 opere fondamentali della Storia dell'umanita'. La realizzazione di questo "museo virtuale" ha visto il coinvolgimento di quaranta intellettuali e artisti provenienti da diverse parti del mondo e da differenti contesti culturali. A ciascuno e' stato richiesto di indicare una serie di opere particolarmente significative per il loro valore artistico e culturale. Ecco la traduzione dall'inglese dell'intervista in cui Aung San Suu Kyi illustra alcune opere da lei selezionate per l'archivio di Mondo3. Si tratta dei poemi indiani Ramayana e Mahabharata, la statua del Visnu Dormiente nella valle di Kathmandu, la vetrata di Marc Chagall alle Nazioni Unite, i paraventi laccati giapponesi del periodo Edo, i Raga indiani, la musica di Mozart e i dipinti di William Turner. L'intervista e' stata registrata a Rangoon il primo agosto 1996". Sempre dalla medesima fonte riprendiamo anche il seguente profilo di Aung San Suu Kyi: "Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace nel 1991 'per la sua lotta nonviolenta in favore della democrazia e dei diritti umani'. Rinchiusa agli arresti domiciliari dal governo birmano, Aung San Suu Kyi non e' potuta essere presente alla cerimonia di premiazione: a Stoccolma c'erano al suo posto il marito e i due figli che hanno consegnato ai membri della Fondazione una sua fotografia. Loro stessi, d'altronde, non avevano contatti con lei dal 1990, l'anno in cui e' cominciata la sua detenzione. Aung San Suu Kyi e' la leader del movimento democratico che nel Myanmar (cosi' la giunta militare che ha preso il potere nel 1988 ha ribattezzato la Birmania) persegue la cosiddetta 'seconda lotta per l'indipendenza'. Il movimento ha vinto le elezioni del 1990, ma la giunta ha respinto il verdetto popolare e ha reagito con una dura repressione. Nata nel 1945, figlia di Aung San, leader del movimento indipendentista assassinato nel 1947, ha conosciuto e apprezzato la filosofia gandhiana della nonviolenza fin da bambina, in India, dove ha vissuto al seguito di sua madre, ambasciatrice. Ha avuto una formazione cosmopolita: ha studiato a Oxford, ha lavorato all'Onu, e' sposata con un inglese. Il suo interesse per la politica si e' manifestato tardi, quando, nel 1988, tornata in Birmania per accudire la madre malata, si e' trovata coinvolta nella lotta contro il regime militare. Nel '90, in piena repressione, ha detto 'no' all'offerta di andare in esilio e ha preferito restare nel paese, detenuta nella sua casa, senza possibilita' di alcun contatto. Aung San Suu Kyi e' diventata, come riporta il comunicato del Comitato norvegese del Nobel, 'un importante simbolo della lotta contro l'oppressione'. Lei spiega che a fondamento della sua azione c'e' la fede buddista e ha raccolto i suoi saggi sotto il titolo Liberta' dalla paura: 'Non e' il potere che corrompe, ma la paura...' e' l'incipit del libro. Che, secondo la logica buddista, continua enunciando i tre valori 'verita', giustizia e compassione', che sono 'spesso i soli baluardi contro un potere inumano'. Aung San Suu Kyi e' stata l'ottava donna premiata col Nobel per la pace"] Le opere che presento, non le ho scelte in quanto esperta d'arte, o studiosa, o da profonda conoscitrice di qualche campo in particolare, ma le ho scelte perche' sono opere che mi sono piaciute e che penso possano essere una fonte di ispirazione per le persone di tutto il mondo, indipendentemente dalla loro razza o religione. Ecco perche' non dovete giudicare le opere che ho scelto come capolavori dell'arte o della letteratura, ma come letteratura e arte che interroga lo spirito umano. * Il Ramayana e il Mahabharata Tra le opere che vale la pena preservare per l'umanita', ho scelto anche il Ramayana e il Mahabharata, le due grandi espressioni dell'epica Indu'. Immagino naturalmente che il Ramayana sia piu' conosciuto del Mahabharata, perche' dall'India si e' diffuso in altri paesi, come la Birmania e la Tailandia, dove c'e' un grande culto del Ramayana, quasi quanto nella stessa India. E' difficile stabilire esattamente quando sia nato il Ramayana. In genere si ritiene che sia stato composto intorno al terzo secolo prima di Cristo, ad opera del poeta Valmiki, ma secondo gli studiosi e' assai probabile che alcune delle storie legate al Ramayana circolassero in India gia' molto prima; un unico autore potrebbe poi averle unite insieme appunto intorno al 300 a. C. E' la storia del re Rama - Ramayana significa, alla lettera, "le avventure di Rama" -, la storia del re Rama e di sua moglie Sita. Narra, essenzialmente, di un re virtuoso e della sua lotta contro quello che immagino la maggior parte della gente chiami il male, sebbene "male" non sia la parola che useremmo noi. Come ho detto prima, il Ramayana e' un'epica indu', quindi ci si potrebbe domandare che cosa abbia a che fare con il buddismo. La storia di Rama fa parte del jataka buddista, che sono le storie delle vite precedenti del Buddha Gotama, prima che egli raggiungesse l'illuminazione. E in esse comprendiamo anche la storia del re Rama, il che significa che consideriamo il re Rama come un'incarnazione precedente del Buddha. La ragione per cui penso che il Ramayana sia un'opera importante per l'umanita' nel suo insieme e' che tratta di molti dilemmi morali che gli esseri umani si trovano ad affrontare in tutto il mondo allo stesso modo, in India come in Birmania come altrove. Rama era un re virtuoso, e voleva governare il suo regno in modo virtuoso. Ma le cose non erano sempre cosi' semplici. Egli si trova a scontrarsi con i pregiudizi della gente, con l'incomprensione degli altri. Una delle parti piu' intense del Ramayana e' quella in cui il re Rama riporta con se' la moglie Sita, che era stata rapita da Ravana, che rappresenta il "cattivo" del racconto. Eppure anche Ravana non puo' essere considerato il male assoluto, perche' a modo suo anch'egli e' religioso. Ecco, questa e' una delle cose piu' interessanti del Ramayana: il fatto che in esso ci sono molti altri motivi di interesse, oltre alla classica lotta tra un re buono e un re cattivo. Lo stesso vale per il Mahabharata, l'altra epica che ho scelto. Per me e' impossibile parlare separatamente del Ramayana e del Mahabharata, tanto stretti sono i legami tra i due poemi; non solo perche' entrambi sono celebri epopee indiane, ma perche' in entrambe e' sempre presente il concetto di un re, un re virtuoso; ma c'e' anche il riconoscimento che anche i re sono esseri umani, anche loro possono avere sentimenti umani. Da questo punto di vista penso che il Mahabharata sia ancora piu' eloquente del Ramayana, perche' re Rama e' quasi... ecco, penso che si potrebbe dire che e' completamente senza peccato, tranne forse nel modo in cui tratta Sita quando ella ritorna a casa dopo essere stata tra le grinfie di Ravana. Il Mahabharata e' la storia dei fratelli panduidi Bharata. Il titolo significa letteralmente la grande epopea della famiglia Bharata, la discendenza del re Bharata. I fratelli panduidi, che sono in cinque, combattono contro centinaia di loro cugini. Anche qui si potrebbe parlare di lotta tra bene e male, ma di nuovo non tutto e' bene da un lato e non tutto e' male dall'altro. Non c'e' alcun dubbio su chi sia buono e chi cattivo, ma ci sono anche, in entrambe le parti, tutte le ombre dei fallimenti umani; anche tra i buoni ci sono cadute e fallimenti. Per esempio, il piu' vecchio dei fratelli panduidi, che si presume essere il piu' virtuoso dei sovrani, ha una debolezza per il gioco dei dadi, e proprio indulgendo in questa debolezza causa molti problemi alla sua famiglia. Il Mahabharata dunque non e' una storia su alcuni caratteri mitici, stereotipati, ma narra dell'interazione, dei rapporti tra gli esseri umani, che si manifestano in qualsiasi tempo, in ogni parte del mondo. Il Mahabharata probabilmente ha assunto la sua forma definitiva piu' o meno nello stesso periodo del Ramayana, ma e' piu' difficile stabilire con esattezza dove sia stato composto come un'unica epopea coerente. Quando si studiano le storie del Ramayana e del Mahabharata, si impara moltissimo su che cosa significhi vivere in questo mondo, che cosa significhi essere degli esseri umani. Proprio per questo, credo, suscita quell'interesse umano che lo rende universale; non soltanto un'opera che appartiene al popolo indiano o birmano o tailandese, che hanno adottato il Ramayana, ma ai popoli di tutto il mondo. * Il Visnu Dormiente (la statua del Vishnu Budhanilkantha - dormiente - situata nella valle di Kathmandu in Nepal) Per me questo Visnu Dormiente e' un'immagine che appartiene a un'altra religione e a un'altra cultura, eppure mi commuove profondamente. Il Visnu Dormiente si trova nella valle di Katmandu. E' una gigantesca scultura in pietra e raffigura il dio indu' Krisna [Visnu] che giace su di un letto di serpenti, nel mezzo di un grande serbatoio d'acqua di forma rettangolare. La prima volta che mi hanno portato a vederla, e' stato molti anni fa, una ventina di anni fa, quando sono andata in Nepal. Quando mi dissero che saremmo andati a vedere il Visnu Dormiente, perche' era uno dei monumenti piu' famosi del Nepal, non immaginavo certo che ne sarei rimasta cosi' colpita. Ma quando arrivai in quel luogo, rimasi veramente stupefatta nell'accorgermi della grande impressione che provavo, di fronte a un'opera religiosa che non apparteneva alla mia religione ne' alla mia cultura. Il dio Visnu e' ritratto addormentato, sulle spire di un grande serpente. Quest'immagine immensa, di grande pace, nel mezzo di un serbatoio d'acqua, ai miei occhi e' parsa bellissima. E' scolpita in pietra grigia, e nessuno sa chi ne sia l'autore. Non so se sia stata scolpita da una sola persona o da molte. Quando la vidi per la prima volta, mi ero recata laggiu' solo per vedere un monumento di interesse turistico. Ma una volta vedutala, mi accorsi che aveva un grandissimo significato religioso. Quando la vidi allora - non so come sia oggi - non era protetta da alcuna recinzione. La gente le girava attorno, mangiava e buttava le carte per terra. C'erano anche moltissimi fiori, buttati dalla gente alla statua. Quindi il posto era abbastanza sporco, ma non aveva nessuna importanza. Non toglieva assolutamente nulla alla bellezza dell'immagine e alla grande atmosfera spirituale che emanava da essa. Mi ha fatto pensare che ci sia qualcosa che unisce i popoli di tutte le religioni. Benche' io non sia indu', capivo benissimo perche' gli indu' venerassero questa immagine. Mi accorgevo che la gente traeva un grande conforto dal venire a venerare Visnu Dormiente, esattamente come io, in quanto birmana, traggo grande conforto dall'adorazione nella Pagoda Shwe Dagon. Ho scelto dunque Visnu Dormiente per la sua bellezza. Perche' e' davvero bellissimo, in un modo molto semplice. Ma anche per il modo in cui mi ha insegnato che lo spiritualismo - quando parlo di spiritualismo, uso probabilmente questa parola in modo che puo' risultare equivoco, forse e' meglio parlare delle aspirazioni spirituali dell'uomo - puo' veramente superare le differenze di razza e di religione. * La vetrata di Marc Chagall alle Nazioni Unite a New York Immagino che le aspirazioni spirituali non siano tutto, quando parliamo di arte, delle arti creative. Penso che l'uomo crei anche solo per amore della pura bellezza, e anche questo e' molto importante. La bellezza ci fa vedere il mondo in modo diverso, allarga la nostra visuale. E la bellezza puo' assumere qualsiasi forma e dimensione. Una delle cose piu' belle che io abbia mai visto e' la vetrata dipinta che si trova alle Nazioni Unite, la vetrata di Marc Chagall. Quando la vidi per la prima volta, sapevo ben poco di Chagall. Certo, lo conoscevo di nome, avevo visto le fotografie di alcune sue opere, e alcuni dei suoi dipinti in qualche museo. Ma in un certo qual modo non aveva destato il mio interesse. Invece, quando vidi quella vetrata dipinta, alle Nazioni Unite, i blu intensi e brillanti, ho pensato: questa e' davvero la bellezza dell'arte. Ero capace di stare seduta a guardarla per ore, e non stancarmene mai. Ogni volta che andavo a lavorare al Segretariato per le Nazioni Unite, davo un'occhiata alla vetrata. Tutti i giorni facevo in modo di passarci davanti, solo per dare un'occhiata e godere della sua bellezza. Io non sono una grande artista. Non sono sicura che i miei gusti nel campo dell'arte siano particolarmente evoluti. Ma so riconoscere la bellezza quando la vedo, o almeno credo di riconoscerla, e certo la vetrata dipinta di Chagall per me e' una cosa bella, che dovrebbe essere preservata per l'umanita'. Ora, io so che le immagini della vetrata rappresentano ogni sorta di cose, come la pace e la guerra, e le battaglie dell'umanita', eccetera, ma devo dire che io ne fui attratta, e ne sono tuttora attratta, semplicemente per come usa i colori traslucidi. La brillantezza dei colori, la trasparenza del vetro. Devo dire che le Nazioni Unite tengono sempre tutte le finestre pulitissime, soprattutto questa vetrata. Mi dava un piacere puro, fine a se stesso. Non penso ci sia nulla di sbagliato nel provare piacere per qualcosa di bello; non c'e' niente di male. E penso che si potrebbe addirittura dire che c'e' qualcosa di spirituale, nel godimento della bellezza fine a se stessa, non perche' si pensa di poterne trarre qualche vantaggio. Solo nel sedercisi di fronte. Io e un mio amico ogni tanto andavamo a sederci di fronte alla vetrata di Chagall e dicevamo "Riposiamoci un po' e restiamo solo a guardare". Il semplice stare a guardare ci faceva sentire piu' riposati, ed e' per questo che l'ho inserita tra le opere che secondo me andrebbero conservate per il futuro. * I paraventi laccati giapponesi del periodo Edo Parlando di bellezza pura, penso ci siano pochi oggetti in grado di superare alcuni del piu' bei paraventi giapponesi, laccati in lapislazzuli, che furono prodotti nel periodo Edo; percio' hanno trovato un posto nella mia lista. Naturalmente, quando sono stata in Giappone ho visto moltissimi paraventi di questo tipo nei vari musei, ma ancor prima di andare in Giappone avevo compreso quanto fossero belli. Un giorno passavo di fronte a un ufficio delle Japanese Airlines, e vidi in vetrina un paravento giapponese che mi colpi' moltissimo. Era talmente bello, che mi fermai li' davanti a guardarlo. Poco tempo dopo incontrai una persona che lavorava appunto per le Japanese Airlines, e che stava per andare in Giappone; mi chiese che cosa avrei voluto che mi portasse, e io gli risposi: "Portami un paravento laccato". E lui mi disse: "Stai scherzando! Non sai quando costano. Sono assolutamente fuori portata". Pensai allora che quello che avevo visto in vetrina alle Japanese Airlines fosse un'imitazione. Non lo era. Il mio amico mi disse che si trattava di un originale, che era stato preso temporaneamente in prestito per essere esposto. Il mio interesse per i paraventi laccati nacque allora. Di tutti quelli che ho visto, penso che i due piu' belli, che sono anche tra i piu' celebri, siano quello con i boccioli di fiori di susino rossi e quello con gli iris. Quest'ultimo e' particolarmente famoso. Ho visto biglietti di auguri, cartoline e ogni genere di calendari con le immagini riprese da questo paravento. Lo sfondo e' dorato, e su tutto spiccano gli iris, montagne di iris di un blu oltremare scuro, come d'inchiostro. Immagino che si potrebbe dire "blu iris", ma non e' esattamente quel blu. E' una sorta di color inchiostro, e naturalmente c'e' anche il verde, un verde smeraldo, anzi un colore tra lo smeraldo e la giada. La composizione e' semplicissima e anche per questo cosi' straordinaria. Ho scelto i paraventi esclusivamente perche' penso che siano bellissimi, non perche' sappia qualcosa della tecnica della lacca. So che sono particolarmente preziosi, ma non sarei in grado di spiegarvi come sono stati realizzati, o che genere di colore sia stato usato. La sola cosa che posso dire e' che producono un effetto incredibile. Quanto all'altro paravento che ho citato, quello con i boccioli di fiori di susino rossi, ci sono questi minuscoli boccioli rossi, sugli alberi, in riva a un fiume. Anche qui lo sfondo e' d'oro, e sullo sfondo spiccano questi alberi di prugne, con i loro piccoli boccioli, e nel mezzo il fiume che scorre e forma un'ansa. Le acque del fiume sono molto scure, e sottili linee dorate danno l'impressione del movimento, delle onde immagino. Assolutamente meraviglioso. E gli alberi, i rami degli alberi, hanno sfumature diverse, toni neutri percorsi da minuscole pagliuzze... l'effetto e' molto misurato e molto bello. Per me rappresentano l'essenza dell'arte giapponese piu' alta. Una bellezza misurata, controllata. Tutto e' controllato. Non c'e' nulla di voluttuoso, nulla di eccessivo. E l'effetto nell'insieme e' tale da sopraffare chi guarda. Ho scelto dunque i paraventi giapponesi perche' rappresentano per me il meglio del talento artistico dell'uomo, oltre che un'opera artistica di autentico genio. * I Raga indiani Ho parlato di monumenti, libri e dipinti, ma non ho ancora detto nulla riguardo alla musica. Tra le opere che dovrebbero essere conservate per l'umanita', ho inserito alcune forme musicali. Anche qui, devo confessare che non sono una grande musicista. Sono semplicemente una persona che ama la musica; la amo moltissimo, da dilettante pero'. Non suono nessuno strumento particolarmente bene. Strimpello un po' sul pianoforte, come immagino facciano milioni e milioni di persone. Ma i miei sentimenti nei confronti della musica dipendono dall'ispirazione che sa comunicare; dalla percezione che vi siano, nell'umanita', profondita' nascoste e inesplorate, che non siamo in grado di raggiungere. E che vi siano moltissime cose, riguardo all'umanita', che dobbiamo ancora scoprire. Quando ascolto un brano di musica, sono affascinata non soltanto dalla bellezza della composizione, ma anche dalla mente che l'ha concepita. La musica che ho deciso di includere nel museo virtuale e' quella dei Raga indiani, quella di Mozart e la musica barocca. Non ho scelto musica birmana, perche' penso che siano ben poche le persone fuori della Birmania in grado di apprezzare e capire la musica del nostro paese. Non posso sceglierla per il museo virtuale solo perche' a me piace. Penso che si debba scegliere un genere di musica che abbia un richiamo piu' universale. E credo che i raga indiani abbiano un richiamo assolutamente universale. Ho assistito a delle esibizioni di musica indiana, e credo che l'esecuzione stessa sia di per se' una grande esperienza. Il modo in cui i musicisti si capiscono perfettamente tra loro e' altrettanto straordinario da vedere della musica. Si guardano l'un l'altro, si fanno cenni con lo sguardo e con l'espressione del volto, durante l'esecuzione dei brani. Ma la vera bellezza dei raga indiani e' l'atmosfera che riescono a creare. Ho parlato a lungo dell'atmosfera, quando ho descritto la Pagoda di Shwe Dagon e il Visnu Dormiente, e mi trovo costretta a parlarne di nuovo a proposito dei raga indiani. Ogni volta che ne ascolto uno, ho sempre la sensazione di essere sola, sola con la musica. C'e' qualcosa nella musica dei raga, che mi da' l'impressione che stia parlando proprio a me. Immagino che questo sia l'indice del grande livello artistico di questa musica. Quando leggiamo la grande poesia, ci accorgiamo che in qualche modo essa parla a qualcosa che e' dentro di noi, di te. Pensiamo che sia stata scritta per qualcosa di cui abbiamo una esperienza personale. Riguarda qualcosa di cui abbiamo esperienza, qualcosa di speciale per noi. Allo stesso modo, io ho sempre la sensazione che la musica dei raga indiani dica qualcosa di speciale a tutte le singole persone che la ascoltano. Non sono capace di descrivere a parole l'effetto della musica. Penso che sia necessario ascoltare alcuni raga, in sottofondo, per poter capire di che cosa sto parlando. Penso ad esempio ai raga della stagione delle piogge. Quando ne ascolto uno, vedo me stessa nel bel mezzo dei monsoni: il cielo coperto, la pioggia che cade dolcemente, tutta la terra silenziosa e buia. L'unione della sensazione del fresco - un grande sollievo nelle nostre terre, dove fa cosi' caldo per la gran parte dell'anno - e di un sentimento di nostalgia che associamo sempre alla pioggia. Un raga della stagione delle piogge riesce a evocare tutti questi pensieri senza pronunciare una sola parola: si puo' dunque dire, a ragione, che e' il genere di musica che "parla". Non e' semplicemente suono; e' significato. C'e' in essa un grande significato. * La musica di Mozart La musica di Mozart, che ho scelto oltre ai Raga indiani, mi suscita considerazioni del tutto diverse. Il motivo per cui ho scelto Mozart e' che e' stato il primo compositore occidentale che ho imparato ad amare per se stesso. Prima, mi piacevano alcuni singoli brani musicali, non la musica di qualcuno in particolare. Ma quando ho scoperto la musica di Mozart, quando ho iniziato ad ascoltarla sempre piu' spesso, ho incominciato a pensare che e' diverso dagli altri: io non sono capace di smettere di ascoltare, non sono capace di lasciare a meta' un brano di Mozart. Non riuscirei mai a spegnere la radio o il giradischi o il registratore o a uscire dalla stanza, devo ascoltare fino in fondo. Prima di ascoltare la musica di Mozart non mi era mai capitato, era un'esperienza che non avevo mai fatto. L'ho gia' detto, non sono una musicista. Ho ascoltato molta musica, ne suono, malissimo, un po', ma non penso che si debba essere musicisti per apprezzare il genere di opere scritte da Mozart. Ora, qui bisogna che accenni anche a Bach, perche' molti affermano che la musica di Bach rappresenta una voce piu' universale. Mi sembra di aver letto o sentito da qualche parte che persino a quegli eschimesi che non hanno mai sentito in vita loro un brano musicale occidentale, persino a loro piace Bach. Non so se sia vero. Per me e' stato molto piu' facile amare la musica di Mozart, quando avevo meno familiarita' con i compositori occidentali, che quella di Bach. E' stato solo in seguito che ho iniziato ad apprezzare la musica barocca. Sono stata un po' indecisa se inserire la musica barocca o i canti gregoriani in questo museo virtuale. Penso che quanti non hanno familiarita' con la musica occidentale, possano capire con piu' immediatezza, con piu' facilita', la musica barocca che non i canti gregoriani. Pero' sono convinta che anche i canti gregoriani trascendano i confini della religione. Io so che riguardano il cristianesimo, ma non penso al fatto che riguardano il cristianesimo quando li ascolto. Penso che riguardino le aspirazioni spirituali dell'uomo. Ecco perche' mi sarebbe piaciuto inserire anche il canto gregoriano. Ma dovendo scegliere tra la musica di Mozart, quella barocca e quella gregoriana, ho pensato che, in linea di massima, gli orientali che non hanno familiarita' con la musica occidentale avrebbero trovato piu' facile capire Mozart e Bach, per esempio, che i canti gregoriani. Siccome non sono un'esperta di musica, non voglio dilungarmi su questo; aggiungo solo che ho scelto questo genere di musica perche' mi da' piacere. Avrei scelto anche la musica strumentale andina per lo stesso motivo, perche' mi da' piacere. Quando ascolto la musica strumentale andina, riesco a vedermi in alto, sulle montagne dell'America Latina, e a immaginare la purezza dell'aria e la semplicita' della vita tra quei monti. Avrei scelto questa musica perche' ho sempre amato l'alta montagna, forse a causa del tempo che ho trascorso sull'Himalaya. * I dipinti di William Turner Pero' mi piacciono i dipinti di Turner, che ho inserito nell'elenco. E a proposito dei quadri di Turner, devo confessare che mi piacciono solamente perche' sono ornamentali, perche' sono belli, sono una festa per gli occhi. Non posso affermare che siano utili, non posso sostenere che siano una fonte di ispirazione spirituale; non posso nemmeno spiegare perche' preferisco Turner ad altri artisti occidentali. Posso soltanto dire che mi piace la sua scelta dei colori, che mi fa venire in mente che ruolo importante giochino i colori nella vita degli uomini. Forse dovremmo prestare maggior attenzione al modo in cui vengono usati. Quando guardo un dipinto di Turner, non mi soffermo tanto sul soggetto quanto sui colori, il modo in cui sono miscelati, in cui sono usati e, nei dipinti piu' tardi, come sono "sbavati", se posso usare una parola come questa per parlare di capolavori come i dipinti di Turner. L'aspetto nebbioso dei suoi quadri lo trovo cosi' riposante. E' il genere di pittura che penso chiunque sia in grado di capire. Anche un birmano, o comunque un orientale, che non avesse mai visto prima un dipinto occidentale, penso sarebbe in grado di apprezzare la bellezza di un quadro di Turner, e anche il modo in cui tratta i colori utilizzati, anche prima di rendersi conto di come sia riuscito a cogliere perfettamente il soggetto sulla tela. * Conclusioni Quando mi e' stato chiesto di prendere parte a questo programma, di fornire una lista di oggetti da inserire in un museo virtuale, sono stata molto riluttante. Anzi, ho anche tentato di rifiutare. Ma alla fine sono stata convinta a stendere un elenco. Se avessi saputo che cio' avrebbe comportato anche parlare davanti a una telecamera, come sto facendo, avrei rifiutato senz'altro. Pensavo si trattasse soltanto di fornire un elenco. Ma poi scoprii che dovevo anche partecipare a questo programma. Vediamo, allora, che qualifiche posso vantare per farne parte. Potrei dire quasi nessuna, perche' non sono un'esperta d'arte, come ho gia' detto, e non sono specialista in alcun campo che possa essere di un qualche rilievo rispetto alle opere d'arte che ho citato fin qui. Penso pero' di poter dire che apprezzo ogni genere di cultura. Non che sappia moltissimo di tutte le varie culture del mondo, ma dovunque sono stata, ho sempre trovato qualcosa da ammirare ed apprezzare. Ho vissuto in Oriente, ho vissuto in Occidente, ho trascorso moltissimi anni in Occidente, e ho sempre ritenuto che tutti gli esseri umani abbiano qualcosa in comune, e che tutti siamo in grado di capire e apprezzare le culture gli uni degli altri. Poiche' non sono una specialista, non mi illudo di aver fatto dei commenti molto profondi. Non sarei in grado di fare commenti profondi sull'importanza di preservare alcune opere per le generazioni future. Ma, semplicemente in quanto ho vissuto in Oriente, ho vissuto in Occidente, ho ammirato le cose dell'Occidente e le cose dell'Oriente, sono felice di poter portare un piccolo contributo. Non sono certa che il mio contributo sara' di grande valore, ma se non altro dimostrera' che ci sono persone, come me, che cercano di fare del loro meglio per unire i valori dell'Oriente e dell'Occidente, e di preservare quanto di meglio esiste nelle varie culture. Al momento, il mio interesse e' tutto nei confronti della politica, e la politica e' talmente lontana dall'arte, soprattutto la politica birmana di oggi: io faccio parte di un movimento in favore della democrazia, che si attiva per portare pace e giustizia al nostro paese. In una situazione del genere non ci e' possibile trovare molto tempo per godere delle meraviglie prodotte da tutte le culture. Devo confessare che non ho avuto quasi il tempo di prepararmi per questo programma, e anche per questo penso che le mie scelte possano sembrare poco interessanti, come invece mi sarebbe piaciuto che apparissero, se solo avessi avuto piu' tempo per spiegare, o piuttosto per preparare le spiegazioni delle mie scelte. Mi hanno chiesto di parlare di me; di solito non parlo di me stessa, non saprei nemmeno come fare; penso che chiudero' questo breve colloqui semplicemente dicendo che spero che la mia partecipazione a questo programma possa indurre la gente a cercare di sapere qualcosa di piu' sulla Birmania e sulla cultura birmana. 2. WIKIPEDIA: AUNG SAN SUU KYI [Dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo con minime modifiche la seguente voce] Aung San Suu Kyi (Rangoon, 19 giugno 1945) e' una politica birmana, attiva nella difesa dei diritti umani. Si impone nella scena nazionale del suo paese, devastato da una pesante dittatura militare, come una leader del movimento nonviolento, tanto da meritare i premi Rafto e Sakharov, prima di essere insignita del premio Nobel per la pace nel 1991. La vita di Aung San Suu Kyi e' stata travagliata gia' dai primi anni di vita, infatti suo padre, uno dei principali esponenti politici birmani, dopo aver negoziato l'indipendenza della nazione dall'Inghilterra nel 1947, fu ucciso da alcuni avversari politici nello stesso anno, lasciando la bambina di appena due anni, oltre che la moglie, Khin Kyi, e altri due figli, uno dei quali sarebbe morto in un incidente. Dopo la morte del marito, Khin Kyi, la madre di Aung San Suu Kyi, divenne una delle figure politiche di maggior rilievo in Birmania, tanto da diventare ambasciatrice in India nel 1960. Aung San Suu Kyi fu sempre presente al fianco della madre, e la segui' ovunque, ed ebbe la possibilita' di frequentare le migliori scuole indiane e successivamente inglesi, tanto che nel 1967, ad Oxford, consegui' alcune lauree rispettivamente in filosofia, scienze politiche ed economia. Continuo' poi i suoi studi a New York e nel 1972 comincio' a lavorare per le Nazioni Unite, e in quel periodo conobbe anche uno studioso di cultura tibetana, Micheal Aris, che l'anno successivo sarebbe diventato suo marito, e padre dei suoi due figli, Alexander e Kim. Ritorno' in Birmania nel 1988, per accudire la madre gravemente malata, e proprio in quegli anni il generale Saw Maung prese il potere e instauro' il regime militare che tuttora comanda in Myanmar. Fortemente influenzata dagli insegnamenti del Mahatma Gandhi, Aung San Suu Kyi, sposo' la causa del suo paese in maniera nonviolenta, e fondo' la Lega Nazionale per la Democrazia, il 27 settembre 1988. Neanche un anno dopo le furono comminati gli arresti domiciliari, con la concessione che se avesse voluto abbandonare il paese, lo avrebbe potuto fare; Aung San Suu Kyi rifiuto' la proposta del regime. Nel 1990 il regime militare decise di chiamare il popolo alle elezioni, e il risultato fu una schiacciante vittoria della Lega Nazionale per la Democrazia di Aung San Suu Kyi, che sarebbe quindi diventata primo ministro, tuttavia i militari rigettarono il voto, e presero il potere con la forza, annullando il voto popolare. L'anno successivo Aung San Suu Kyi vinse il premio Nobel per la pace, ed uso' i soldi del premio per costituire un sistema sanitario e di istruzione a favore del popolo birmano. Gli arresti domiciliari le furono revocati nel 1995, ma rimaneva comunque in uno stato di semiliberta', non pote' mai lasciare il paese, perche' in tal caso le sarebbe stato negato il ritorno in Myanmar, e anche ai suoi familiari non fu mai permesso di visitarla, neanche quando al marito Michael fu diagnosticato un tumore, che di li' a due anni, nel 1999, lo avrebbe ucciso, lasciandola vedova. Nel 2002, a seguito di forti pressioni delle Nazioni Unite, ad Aung San Suu Kyi fu riconosciuta una maggiore liberta' d'azione in Myanmar, ma il 30 maggio 2003, il dramma: mentre era a bordo di un convoglio con numerosi supporters, un gruppo di militari apri' il fuoco e' massacro' molte persone, e solo grazie alla prontezza di riflessi del suo autista, Ko Kyaw Soe Lin, riusci' a salvarsi, ma fu di nuovo messa agli arresti domiciliari. Da quel momento, la salute di Aung San Suu Kyi e' andata progressivamente peggiorando, tanto da richiedere un intervento e vari ricoveri. Il "caso" Aung San Suu Kyi ha incominciato ad essere un argomento internazionale, tanto che gli Stati Uniti d'America e l'Unione Europea hanno fatto grosse pressioni sul governo del Myanmar per la sua liberazione, ma gli arresti domiciliari furono rinnovati per un anno nel 2005 e ulteriormente rinnovati nel 2006. Tuttora Aung San Suu Kyi e' agli arresti domiciliari. In tutto il mondo Aung San Suu Kyi e' diventata un'icona della nonviolenza e della pace, tanto che numerosi gruppi musicali, tra cui gli U2, i Rem e i Coldplay, le hanno dedicato brani musicali per sostenere la sua causa; nel 2003 le fu assegnato l'European Mtv Music Award, e alcune prestigiose Universita' in Europa e in America vogliono assegnarle delle lauree Honoris Causa, per il suo grande impegno civile, e per la difesa dei diritti umani e della pace. 3. TIZIANA COLUSSO: LA SIGNORA BIRMANA CON LA FORZA NEL CUORE (2004) [Da "Buddismo e Societa'", n. 102, gennaio-febbraio 2004 (disponibile anche nel sito: www.sgi-italia.org)] "L'autentica rivoluzione e' quella dello spirito, nata dalla convinzione della necessita' di cambiamento degli atteggiamenti mentali e dei valori che modellano il corso dello sviluppo di una nazione. Una rivoluzione finalizzata semplicemente a trasformare le politiche e le istituzioni per migliorare le condizioni materiali ha poche probabilita' di successo. Senza una rivoluzione dello spirito, le forze che hanno prodotto le iniquita' del vecchio ordine continuerebbero a operare, rappresentando una minaccia costante al processo di riforma e rigenerazione. Non basta limitarsi a invocare liberta', democrazia e diritti umani. Deve esistere la determinazione compatta di perseverare nella lotta, di sopportare sacrifici in nome di verita' imperiture, per resistere alle influenze corruttrici del desiderio, della malevolenza, dell'ignoranza e della paura" (Aung San Suu Kyi, Libera dalla paura, Sperling & Kupfer, Milano 1998). Aung San Suu Kyi e' una lezione vivente perche' la sua esperienza unisce in una formula particolare e irripetibile una serie di elementi diversi: la sua vicenda personale di figlia di un eroe della resistenza birmana, Aung San, ucciso dagli avversari nel 1947, quando Suu Kyi aveva appena due anni; una forte preparazione storica e culturale, approfondita durante gli anni a Oxford, dopo il matrimonio con un orientalista inglese; una incrollabile fede nei principi buddisti della nonviolenza e del dialogo, che le ha permesso di attraversare miracolosamente indenne, come un fiore di loto nel fango, decenni di prigionia, aggressioni, campagne diffamatorie, isolamento; e - last but not least - un'attitudine tutta femminile a cio' che gli inglesi definiscono "to care", il prendersi cura, preoccuparsi per qualcuno o qualcosa con sollecitudine e compassione: e' profondamente significativo che la sua decisione, nel 1989, di lottare in prima persona per la democrazia del suo paese si sia manifestata insieme alla cura che in quel momento Suu Kyi prestava alla madre morente. Curare la madre che l'aveva messa al mondo, voler guarire dal male della dittatura la terra nella quale era nata e al tempo stesso onorare la memoria del padre morto per difendere la liberta' della Birmania, deve essere stato per Suu Kyi uno stesso gesto di amore e di gratitudine: almeno io cosi' lo immagino, anzi ne sono sicura, con la miracolosa esattezza del cuore. Tutti questi elementi hanno contribuito a fare di Aung San Suu Kyi un simbolo, ossia una persona che trascende se stessa per diventare una voce universale. Essere un leader carismatico implica una responsabilita' estrema di fronte a se stessi e al mondo, ed espone al rischio del "culto della personalita'": nel caso di Suu Kyi questo non e' avvenuto perche' i suoi saldi principi buddisti e gli anni passati a fare la madre di famiglia prima di gettarsi nella lotta in prima linea l'hanno vaccinata, per cosi' dire, da tentazioni di protagonismo o di fanatismo: nel suo porsi di fronte alle sfide non ha la boria del comandante in capo della rivoluzione e neppure l'astratta prosopopea dell'ideologo. E' una donna fisicamente minuta, ma con un grande coraggio e una grande determinazione, come ha giustamente osservato l'arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, il quale con delicata ironia ha dichiarato di essere "colpito dal fatto che le tre donne insignite negli ultimi anni del Nobel per la pace - Madre Teresa, Rigoberta Menchu' e Aung San Suu Kyi - condividono la caratteristica di essere piuttosto piccole fisicamente ma con una formidabile statura morale". Al momento del bivio fondamentale della sua vita, che l'ha portata nel 1988 a lasciare la tranquilla vita di Oxford, il marito e due figli piccoli per ritornare in Birmania, Aung San Suu Kyi aveva quarantaquattro anni. Dunque il suo non e' stato un gesto dettato dal "giovanile ardore", ma lo sbocco naturale di un processo interiore di maturazione personale e intellettuale, che ha trovato nella necessita' contingente di tornare in Birmania per assistere la madre la scintilla necessaria per manifestarsi. E' lo stesso marito di Suu Kyi, il tibetologo inglese Michael Aris, che con un amore e una dedizione ammirevoli traccia le tappe di quel percorso che ha portato l'adorata Suu Kyi ad allontanarsi da lui - almeno fisicamente - per avvicinarsi al destino che la storia le aveva riservato. Nell'introduzione al volume di testi di Aung San Suu Kyi (edito in Italia con il titolo Libera dalla paura), lo studioso di Oxford spiega che la moglie aveva da tempo iniziato ad approfondire la storia e la cultura della Birmania, e a raccogliere dati e testimonianze sugli eventi che avevano segnato la vita di suo padre. Aveva cercato anche di realizzare qualche progetto di miglioramento concreto della vita dei suoi connazionali, tra cui quello della creazione di una rete di biblioteche, il che dimostra la convinzione di Aung San Suu Kyi sulla necessita' dell'educazione e della cultura per il raggiungimento pieno della democrazia. In uno dei suoi testi sottolinea infatti che "un popolo che vuole costruire una nazione in cui siano fermamente stabilite istituzioni salde e democratiche... deve anzitutto imparare a liberare la propria mente dall'apatia e dalla paura". Ma evidentemente questi progetti, seguiti da lontano, non soddisfacevano ancora il bisogno di Aung San Suu Kyi di prendersi personalmente l'onere di trasformare il destino del suo popolo. Il marito ricorda che nei primi anni di matrimonio Suu Kyi si era fatta promettere che, se fosse venuto il momento per lei di impegnarsi in prima persona per il suo paese, la famiglia non avrebbe rappresentato un ostacolo. Cosi' e' stato: Michael Aris ha rispettato la sua volonta' di mantenere la cittadinanza birmana, e poi quella - fatale - di tornare nel suo paese. Ha continuato ad andarla a trovare, insieme ai due figli, superando ostacoli e interferenze di ogni genere, fino a quando i visti di entrata in Birmania (che la giunta militare al potere ha ribattezzato Myanmar) non sono piu' stati rinnovati. Ma la sua famiglia continua a seguirla da lontano: i figli sono andati a ritirare per lei il premio Nobel che le e' stato assegnato nel 1991, il marito continua a presentare appelli e a curare personalmente la pubblicazione e la diffusione dei testi scritti da Aung San Suu Kyi. Intanto, per Suu Kyi, gli ultimi venti anni, dal 1989 a oggi, sono stati un reiterarsi di eventi apparentemente sempre uguali: incarcerazioni, scarcerazioni, arresti domiciliari, finti rilasci, aggressioni a lei e ai sostenitori della Lega nazionale per la democrazia. Recentemente, nel novembre 2003, il governo - in seguito a forti pressioni internazionali, anche in occasione del vertice dei paesi asiatici a Bali nell'ottobre 2003 - ha dichiarato che formalmente "Aung San Suu Kyi e' libera di andare dove vuole", e anzi le ha promesso la liberta' totale in cambio del suo esilio permanente: il problema e' che l'unica terra dove lei vuole andare e' la terra della democrazia, e per ottenere questo e' disposta a rimanere ancora prigioniera, fino a quando la giunta governativa non liberera' tutti gli oppositori in carcere (tra i quali ci sono uomini di oltre ottanta anni e donne incinte), e non riconoscera' la validita' delle elezioni svoltesi nel 1990 e vinte dalla Lega per la democrazia con un'adesione plebiscitaria della popolazione birmana, pari a quasi il 90% dei voti. Al momento dell'assunzione dell'impegno personale nella lotta per il proprio paese Aung San Suu Kyi aveva quarantaquattro anni. Oggi ne ha cinquantanove. Nata il 19 giugno del 1945, Suu Kyi compira' sessanta anni nel giugno 2005, ossia tra poco piu' di un anno. Desidero formulare l'augurio e l'auspicio che per quella importante tappa della vita le arrivi il regalo piu' grande: la liberta' vera, ossia la liberta' di poter lavorare insieme al suo popolo e anche insieme ai suoi attuali persecutori - secondo quello spirito di riconciliazione e di dialogo che e' il fondamento stesso della sua azione - all'attuazione della democrazia nel suo paese. Soprattutto l'augurio e' di poterlo fare riunendo le due meta' separate di se': la meta' che e' figlia del generale Aung San, eroe dell'indipendenza birmana dal regime coloniale, e l'altra meta' che e' la donna minuta ma decisa Suu Kyi, moglie, madre, donna di cultura e fervente buddista: insomma quell'essere straordinario che durante i lunghi anni dei suoi arresti domiciliari, sorvegliata a vista da guardie armate, ha alternato - secondo la testimonianza di chi ha potuto avere qualche raro contatto con lei - lo studio dei sutra alla preghiera, le ore di esercizio al pianoforte alla stesura di discorsi politici, una cura della casa minuziosa e la progettazione di vaste riforme sociali ed economiche per lo sviluppo del suo paese. Insomma Aung San Suu Kyi tutta intera, lezione vivente per tutti noi. 4. "ASIA NEWS": SESSANTADUESIMO COMPLEANNO, ANCORA IN RECLUSIONE [Da "Asia news" (www.asianews.it) riprendiamo la seguente nota d'agenzia del 19 giugno 2007] Yangon. Un altro compleanno agli arresti domiciliari per Aung San Suu Kyi, la leader dell'opposizione birmana, simbolo della lotta per la democrazia in Myanmar. Per celebrare il sessantaduesimo compleanno dell'attivista e premio Nobel per la pace, circa trecento persone a Yangon si sono riunite nella sede della Lega Nazionale per la Democrazia (Nld), guidata da Suu Kyi, che nel 1990 ha vinto con una valanga di voti le elezioni, salvo poi vedersi negare il potere dalla giunta militare. In tutto il mondo i suoi sostenitori useranno la ricorrenza di oggi per riportare all'attenzione pubblica la vicenda di Suu Kyi e chiedere il rispetto dei diritti umani nell'ex Birmania. La Nld chiede la liberazione della donna e dei circa 1.100 detenuti politici del Paese; di loro 56 sono donne. A Bangkok circa duecento donne birmane pregheranno e manifesteranno in modo pacifico per Suu Kyi. Altre iniziative di protesta si svolgeranno negli Usa, in India, Giappone, Canada e Corea del sud. In Myanmar ogni giorno qualcuno che prega o manifesta per "la signora" - cosi' e' detta Aung San Suu Kyi - viene arrestato; solo nell'ultimo mese i casi registrati sono stati 99. La Nobel ha trascorso undici degli ultimi diciotto anni della sua vita in carcere o agli arresti domiciliari, privata della linea telefonica e senza alcuna visita esterna, che non sia quella del medico. La sua detenzione nella casa di Yangon, sul lago Inya, e' stata recentemente estesa di un altro anno, nonostante le richieste internazionali per la sua liberazione. 5. ET COETERA Aung San Suu Kyi, figlia di Aung San (il leader indipendentista birmano assassinato a 32 anni), e' la leader nonviolenta del movimento democratico in Myanmar (Birmania) ed ha subito - e subisce tuttora - durissime persecuzioni da parte della dittatura militare; nel 1991 le e' stato conferito il premio Nobel per la pace. Opere di Aung San Suu Kyi: Libera dalla paura, Sperling & Kupfer, Milano 1996, 2005; Lettere dalla mia Birmania, Sperling & Kupfer, Milano 2007. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 78 dell'11 luglio 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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