Voci e volti della nonviolenza. 78



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 78 dell'11 luglio 2007

In questo numero:
1. "Rai Educational" intervista Aung San Suu Kyi (1996)
2. Wikipedia: Aung San Suu Kyi
3. Tiziana Colusso: La signora birmana con la forza nel cuore (2004)
4. "Asia news": sessantaduesimo compleanno, ancora in reclusione
5. Et coetera

1. "RAI EDUCATIONAL" INTERVISTA AUNG SAN SUU KYI (1996)
[Dal sito www.educational.rai.it riprendiamo la seguente intervista. Essa e'
aperta dalla seguente presentazione di Rai Educational: "Nel 1996 Aung San
Suu Ky ha rilasciato un'intervista ancora inedita a Rai Educational
nell'ambito di Mondo3, il progetto per la realizzazione di un museo virtuale
multimediale contenente 400 opere fondamentali della Storia dell'umanita'.
La realizzazione di questo "museo virtuale" ha visto il coinvolgimento di
quaranta intellettuali e artisti provenienti da diverse parti del mondo e da
differenti contesti culturali. A ciascuno e' stato richiesto di indicare una
serie di opere particolarmente significative per il loro valore artistico e
culturale. Ecco la traduzione dall'inglese dell'intervista in cui Aung San
Suu Kyi illustra alcune opere da lei selezionate per l'archivio di Mondo3.
Si tratta dei poemi indiani Ramayana e Mahabharata, la statua del Visnu
Dormiente nella valle di Kathmandu, la vetrata di Marc Chagall alle Nazioni
Unite, i paraventi laccati giapponesi del periodo Edo, i Raga indiani, la
musica di Mozart e i dipinti di William Turner. L'intervista e' stata
registrata a Rangoon il primo agosto 1996". Sempre dalla medesima fonte
riprendiamo anche il seguente profilo di Aung San Suu Kyi: "Aung San Suu
Kyi, premio Nobel per la Pace nel 1991 'per la sua lotta nonviolenta in
favore della democrazia e dei diritti umani'. Rinchiusa agli arresti
domiciliari dal governo birmano, Aung San Suu Kyi non e' potuta essere
presente alla cerimonia di premiazione: a Stoccolma c'erano al suo posto il
marito e i due figli che hanno consegnato ai membri della Fondazione una sua
fotografia. Loro stessi, d'altronde, non avevano contatti con lei dal 1990,
l'anno in cui e' cominciata la sua detenzione. Aung San Suu Kyi e' la leader
del movimento democratico che nel Myanmar (cosi' la giunta militare che ha
preso il potere nel 1988 ha ribattezzato la Birmania) persegue la cosiddetta
'seconda lotta per l'indipendenza'. Il movimento ha vinto le elezioni del
1990, ma la giunta ha respinto il verdetto popolare e ha reagito con una
dura repressione. Nata nel 1945, figlia di Aung San, leader del movimento
indipendentista assassinato nel 1947, ha conosciuto e apprezzato la
filosofia gandhiana della nonviolenza fin da bambina, in India, dove ha
vissuto al seguito di sua madre, ambasciatrice. Ha avuto una formazione
cosmopolita: ha studiato a Oxford, ha lavorato all'Onu, e' sposata con un
inglese. Il suo interesse per la politica si e' manifestato tardi, quando,
nel 1988, tornata in Birmania per accudire la madre malata, si e' trovata
coinvolta nella lotta contro il regime militare. Nel '90, in piena
repressione, ha detto 'no' all'offerta di andare in esilio e ha preferito
restare nel paese, detenuta nella sua casa, senza possibilita' di alcun
contatto. Aung San Suu Kyi e' diventata, come riporta il comunicato del
Comitato norvegese del Nobel, 'un importante simbolo della lotta contro
l'oppressione'. Lei spiega che a fondamento della sua azione c'e' la fede
buddista e ha raccolto i suoi saggi sotto il titolo Liberta' dalla paura:
'Non e' il potere che corrompe, ma la paura...' e' l'incipit del libro. Che,
secondo la logica buddista, continua enunciando i tre valori 'verita',
giustizia e compassione', che sono 'spesso i soli baluardi contro un potere
inumano'. Aung San Suu Kyi e' stata l'ottava donna premiata col Nobel per la
pace"]

Le opere che presento, non le ho scelte in quanto esperta d'arte, o
studiosa, o da profonda conoscitrice di qualche campo in particolare, ma le
ho scelte perche' sono opere che mi sono piaciute e che penso possano essere
una fonte di ispirazione per le persone di tutto il mondo, indipendentemente
dalla loro razza o religione. Ecco perche' non dovete giudicare le opere che
ho scelto come capolavori dell'arte o della letteratura, ma come letteratura
e arte che interroga lo spirito umano.
*
Il Ramayana e il Mahabharata
Tra le opere che vale la pena preservare per l'umanita', ho scelto anche il
Ramayana e il Mahabharata, le due grandi espressioni dell'epica Indu'.
Immagino naturalmente che il Ramayana sia piu' conosciuto del Mahabharata,
perche' dall'India si e' diffuso in altri paesi, come la Birmania e la
Tailandia, dove c'e' un grande culto del Ramayana, quasi quanto nella stessa
India.
E' difficile stabilire esattamente quando sia nato il Ramayana. In genere si
ritiene che sia stato composto intorno al terzo secolo prima di Cristo, ad
opera del poeta Valmiki, ma secondo gli studiosi e' assai probabile che
alcune delle storie legate al Ramayana circolassero in India gia' molto
prima; un unico autore potrebbe poi averle unite insieme appunto intorno al
300 a. C.
E' la storia del re Rama - Ramayana significa, alla lettera, "le avventure
di Rama" -, la storia del re Rama e di sua moglie Sita. Narra,
essenzialmente, di un re virtuoso e della sua lotta contro quello che
immagino la maggior parte della gente chiami il male, sebbene "male" non sia
la parola che useremmo noi. Come ho detto prima, il Ramayana e' un'epica
indu', quindi ci si potrebbe domandare che cosa abbia a che fare con il
buddismo. La storia di Rama fa parte del jataka buddista, che sono le storie
delle vite precedenti del Buddha Gotama, prima che egli raggiungesse
l'illuminazione. E in esse comprendiamo anche la storia del re Rama, il che
significa che consideriamo il re Rama come un'incarnazione precedente del
Buddha.
La ragione per cui penso che il Ramayana sia un'opera importante per
l'umanita' nel suo insieme e' che tratta di molti dilemmi morali che gli
esseri umani si trovano ad affrontare in tutto il mondo allo stesso modo, in
India come in Birmania come altrove. Rama era un re virtuoso, e voleva
governare il suo regno in modo virtuoso. Ma le cose non erano sempre cosi'
semplici. Egli si trova a scontrarsi con i pregiudizi della gente, con
l'incomprensione degli altri. Una delle parti piu' intense del Ramayana e'
quella in cui il re Rama riporta con se' la moglie Sita, che era stata
rapita da Ravana, che rappresenta il "cattivo" del racconto. Eppure anche
Ravana non puo' essere considerato il male assoluto, perche' a modo suo
anch'egli e' religioso. Ecco, questa e' una delle cose piu' interessanti del
Ramayana: il fatto che in esso ci sono molti altri motivi di interesse,
oltre alla classica lotta tra un re buono e un re cattivo.
Lo stesso vale per il Mahabharata, l'altra epica che ho scelto. Per me e'
impossibile parlare separatamente del Ramayana e del Mahabharata, tanto
stretti sono i legami tra i due poemi; non solo perche' entrambi sono
celebri epopee indiane, ma perche' in entrambe e' sempre presente il
concetto di un re, un re virtuoso; ma c'e' anche il riconoscimento che anche
i re sono esseri umani, anche loro possono avere sentimenti umani. Da questo
punto di vista penso che il Mahabharata sia ancora piu' eloquente del
Ramayana, perche' re Rama e' quasi... ecco, penso che si potrebbe dire che
e' completamente senza peccato, tranne forse nel modo in cui tratta Sita
quando ella ritorna a casa dopo essere stata tra le grinfie di Ravana.
Il Mahabharata e' la storia dei fratelli panduidi Bharata. Il titolo
significa letteralmente la grande epopea della famiglia Bharata, la
discendenza del re Bharata. I fratelli panduidi, che sono in cinque,
combattono contro centinaia di loro cugini. Anche qui si potrebbe parlare di
lotta tra bene e male, ma di nuovo non tutto e' bene da un lato e non tutto
e' male dall'altro. Non c'e' alcun dubbio su chi sia buono e chi cattivo, ma
ci sono anche, in entrambe le parti, tutte le ombre dei fallimenti umani;
anche tra i buoni ci sono cadute e fallimenti. Per esempio, il piu' vecchio
dei fratelli panduidi, che si presume essere il piu' virtuoso dei sovrani,
ha una debolezza per il gioco dei dadi, e proprio indulgendo in questa
debolezza causa molti problemi alla sua famiglia.
Il Mahabharata dunque non e' una storia su alcuni caratteri mitici,
stereotipati, ma narra dell'interazione, dei rapporti tra gli esseri umani,
che si manifestano in qualsiasi tempo, in ogni parte del mondo.
Il Mahabharata probabilmente ha assunto la sua forma definitiva piu' o meno
nello stesso periodo del Ramayana, ma e' piu' difficile stabilire con
esattezza dove sia stato composto come un'unica epopea coerente.
Quando si studiano le storie del Ramayana e del Mahabharata, si impara
moltissimo su che cosa significhi vivere in questo mondo, che cosa
significhi essere degli esseri umani. Proprio per questo, credo, suscita
quell'interesse umano che lo rende universale; non soltanto un'opera che
appartiene al popolo indiano o birmano o tailandese, che hanno adottato il
Ramayana, ma ai popoli di tutto il mondo.
*
Il Visnu Dormiente (la statua del Vishnu Budhanilkantha - dormiente -
situata nella valle di Kathmandu in Nepal)
Per me questo Visnu Dormiente e' un'immagine che appartiene a un'altra
religione e a un'altra cultura, eppure mi commuove profondamente. Il Visnu
Dormiente si trova nella valle di Katmandu. E' una gigantesca scultura in
pietra e raffigura il dio indu' Krisna [Visnu] che giace su di un letto di
serpenti, nel mezzo di un grande serbatoio d'acqua di forma rettangolare.
La prima volta che mi hanno portato a vederla, e' stato molti anni fa, una
ventina di anni fa, quando sono andata in Nepal. Quando mi dissero che
saremmo andati a vedere il Visnu Dormiente, perche' era uno dei monumenti
piu' famosi del Nepal, non immaginavo certo che ne sarei rimasta cosi'
colpita. Ma quando arrivai in quel luogo, rimasi veramente stupefatta
nell'accorgermi della grande impressione che provavo, di fronte a un'opera
religiosa che non apparteneva alla mia religione ne' alla mia cultura. Il
dio Visnu e' ritratto addormentato, sulle spire di un grande serpente.
Quest'immagine immensa, di grande pace, nel mezzo di un serbatoio d'acqua,
ai miei occhi e' parsa bellissima. E' scolpita in pietra grigia, e nessuno
sa chi ne sia l'autore. Non so se sia stata scolpita da una sola persona o
da molte.
Quando la vidi per la prima volta, mi ero recata laggiu' solo per vedere un
monumento di interesse turistico. Ma una volta vedutala, mi accorsi che
aveva un grandissimo significato religioso. Quando la vidi allora - non so
come sia oggi - non era protetta da alcuna recinzione. La gente le girava
attorno, mangiava e buttava le carte per terra. C'erano anche moltissimi
fiori, buttati dalla gente alla statua. Quindi il posto era abbastanza
sporco, ma non aveva nessuna importanza. Non toglieva assolutamente nulla
alla bellezza dell'immagine e alla grande atmosfera spirituale che emanava
da essa. Mi ha fatto pensare che ci sia qualcosa che unisce i popoli di
tutte le religioni. Benche' io non sia indu', capivo benissimo perche' gli
indu' venerassero questa immagine. Mi accorgevo che la gente traeva un
grande conforto dal venire a venerare Visnu Dormiente, esattamente come io,
in quanto birmana, traggo grande conforto dall'adorazione nella Pagoda Shwe
Dagon.
Ho scelto dunque Visnu Dormiente per la sua bellezza. Perche' e' davvero
bellissimo, in un modo molto semplice. Ma anche per il modo in cui mi ha
insegnato che lo spiritualismo - quando parlo di spiritualismo, uso
probabilmente questa parola in modo che puo' risultare equivoco, forse e'
meglio parlare delle aspirazioni spirituali dell'uomo - puo' veramente
superare le differenze di razza e di religione.
*
La vetrata di Marc Chagall alle Nazioni Unite a New York
Immagino che le aspirazioni spirituali non siano tutto, quando parliamo di
arte, delle arti creative. Penso che l'uomo crei anche solo per amore della
pura bellezza, e anche questo e' molto importante. La bellezza ci fa vedere
il mondo in modo diverso, allarga la nostra visuale. E la bellezza puo'
assumere qualsiasi forma e dimensione. Una delle cose piu' belle che io
abbia mai visto e' la vetrata dipinta che si trova alle Nazioni Unite, la
vetrata di Marc Chagall. Quando la vidi per la prima volta, sapevo ben poco
di Chagall. Certo, lo conoscevo di nome, avevo visto le fotografie di alcune
sue opere, e alcuni dei suoi dipinti in qualche museo. Ma in un certo qual
modo non aveva destato il mio interesse.
Invece, quando vidi quella vetrata dipinta, alle Nazioni Unite, i blu
intensi e brillanti, ho pensato: questa e' davvero la bellezza dell'arte.
Ero capace di stare seduta a guardarla per ore, e non stancarmene mai. Ogni
volta che andavo a lavorare al Segretariato per le Nazioni Unite, davo
un'occhiata alla vetrata. Tutti i giorni facevo in modo di passarci davanti,
solo per dare un'occhiata e godere della sua bellezza. Io non sono una
grande artista. Non sono sicura che i miei gusti nel campo dell'arte siano
particolarmente evoluti. Ma so riconoscere la bellezza quando la vedo, o
almeno credo di riconoscerla, e certo la vetrata dipinta di Chagall per me
e' una cosa bella, che dovrebbe essere preservata per l'umanita'.
Ora, io so che le immagini della vetrata rappresentano ogni sorta di cose,
come la pace e la guerra, e le battaglie dell'umanita', eccetera, ma devo
dire che io ne fui attratta, e ne sono tuttora attratta, semplicemente per
come usa i colori traslucidi. La brillantezza dei colori, la trasparenza del
vetro. Devo dire che le Nazioni Unite tengono sempre tutte le finestre
pulitissime, soprattutto questa vetrata. Mi dava un piacere puro, fine a se
stesso.
Non penso ci sia nulla di sbagliato nel provare piacere per qualcosa di
bello; non c'e' niente di male. E penso che si potrebbe addirittura dire che
c'e' qualcosa di spirituale, nel godimento della bellezza fine a se stessa,
non perche' si pensa di poterne trarre qualche vantaggio. Solo nel sedercisi
di fronte. Io e un mio amico ogni tanto andavamo a sederci di fronte alla
vetrata di Chagall e dicevamo "Riposiamoci un po' e restiamo solo a
guardare". Il semplice stare a guardare ci faceva sentire piu' riposati, ed
e' per questo che l'ho inserita tra le opere che secondo me andrebbero
conservate per il futuro.
*
I paraventi laccati giapponesi del periodo Edo
Parlando di bellezza pura, penso ci siano pochi oggetti in grado di superare
alcuni del piu' bei paraventi giapponesi, laccati in lapislazzuli, che
furono prodotti nel periodo Edo; percio' hanno trovato un posto nella mia
lista. Naturalmente, quando sono stata in Giappone ho visto moltissimi
paraventi di questo tipo nei vari musei, ma ancor prima di andare in
Giappone avevo compreso quanto fossero belli. Un giorno passavo di fronte a
un ufficio delle Japanese Airlines, e vidi in vetrina un paravento
giapponese che mi colpi' moltissimo. Era talmente bello, che mi fermai li'
davanti a guardarlo. Poco tempo dopo incontrai una persona che lavorava
appunto per le Japanese Airlines, e che stava per andare in Giappone; mi
chiese che cosa avrei voluto che mi portasse, e io gli risposi: "Portami un
paravento laccato". E lui mi disse: "Stai scherzando! Non sai quando
costano. Sono assolutamente fuori portata". Pensai allora che quello che
avevo visto in vetrina alle Japanese Airlines fosse un'imitazione. Non lo
era. Il mio amico mi disse che si trattava di un originale, che era stato
preso temporaneamente in prestito per essere esposto. Il mio interesse per i
paraventi laccati nacque allora.
Di tutti quelli che ho visto, penso che i due piu' belli, che sono anche tra
i piu' celebri, siano quello con i boccioli di fiori di susino rossi e
quello con gli iris.
Quest'ultimo e' particolarmente famoso. Ho visto biglietti di auguri,
cartoline e ogni genere di calendari con le immagini riprese da questo
paravento. Lo sfondo e' dorato, e su tutto spiccano gli iris, montagne di
iris di un blu oltremare scuro, come d'inchiostro. Immagino che si potrebbe
dire "blu iris", ma non e' esattamente quel blu. E' una sorta di color
inchiostro, e naturalmente c'e' anche il verde, un verde smeraldo, anzi un
colore tra lo smeraldo e la giada. La composizione e' semplicissima e anche
per questo cosi' straordinaria. Ho scelto i paraventi esclusivamente perche'
penso che siano bellissimi, non perche' sappia qualcosa della tecnica della
lacca. So che sono particolarmente preziosi, ma non sarei in grado di
spiegarvi come sono stati realizzati, o che genere di colore sia stato
usato. La sola cosa che posso dire e' che producono un effetto incredibile.
Quanto all'altro paravento che ho citato, quello con i boccioli di fiori di
susino rossi, ci sono questi minuscoli boccioli rossi, sugli alberi, in riva
a un fiume. Anche qui lo sfondo e' d'oro, e sullo sfondo spiccano questi
alberi di prugne, con i loro piccoli boccioli, e nel mezzo il fiume che
scorre e forma un'ansa. Le acque del fiume sono molto scure, e sottili linee
dorate danno l'impressione del movimento, delle onde immagino. Assolutamente
meraviglioso. E gli alberi, i rami degli alberi, hanno sfumature diverse,
toni neutri percorsi da minuscole pagliuzze... l'effetto e' molto misurato e
molto bello.
Per me rappresentano l'essenza dell'arte giapponese piu' alta. Una bellezza
misurata, controllata. Tutto e' controllato. Non c'e' nulla di voluttuoso,
nulla di eccessivo. E l'effetto nell'insieme e' tale da sopraffare chi
guarda. Ho scelto dunque i paraventi giapponesi perche' rappresentano per me
il meglio del talento artistico dell'uomo, oltre che un'opera artistica di
autentico genio.
*
I Raga indiani
Ho parlato di monumenti, libri e dipinti, ma non ho ancora detto nulla
riguardo alla musica. Tra le opere che dovrebbero essere conservate per
l'umanita', ho inserito alcune forme musicali. Anche qui, devo confessare
che non sono una grande musicista. Sono semplicemente una persona che ama la
musica; la amo moltissimo, da dilettante pero'. Non suono nessuno strumento
particolarmente bene. Strimpello un po' sul pianoforte, come immagino
facciano milioni e milioni di persone. Ma i miei sentimenti nei confronti
della musica dipendono dall'ispirazione che sa comunicare; dalla percezione
che vi siano, nell'umanita', profondita' nascoste e inesplorate, che non
siamo in grado di raggiungere. E che vi siano moltissime cose, riguardo
all'umanita', che dobbiamo ancora scoprire. Quando ascolto un brano di
musica, sono affascinata non soltanto dalla bellezza della composizione, ma
anche dalla mente che l'ha concepita.
La musica che ho deciso di includere nel museo virtuale e' quella dei Raga
indiani, quella di Mozart e la musica barocca. Non ho scelto musica birmana,
perche' penso che siano ben poche le persone fuori della Birmania in grado
di apprezzare e capire la musica del nostro paese. Non posso sceglierla per
il museo virtuale solo perche' a me piace. Penso che si debba scegliere un
genere di musica che abbia un richiamo piu' universale. E credo che i raga
indiani abbiano un richiamo assolutamente universale.
Ho assistito a delle esibizioni di musica indiana, e credo che l'esecuzione
stessa sia di per se' una grande esperienza. Il modo in cui i musicisti si
capiscono perfettamente tra loro e' altrettanto straordinario da vedere
della musica. Si guardano l'un l'altro, si fanno cenni con lo sguardo e con
l'espressione del volto, durante l'esecuzione dei brani. Ma la vera bellezza
dei raga indiani e' l'atmosfera che riescono a creare. Ho parlato a lungo
dell'atmosfera, quando ho descritto la Pagoda di Shwe Dagon e il Visnu
Dormiente, e mi trovo costretta a parlarne di nuovo a proposito dei raga
indiani. Ogni volta che ne ascolto uno, ho sempre la sensazione di essere
sola, sola con la musica. C'e' qualcosa nella musica dei raga, che mi da'
l'impressione che stia parlando proprio a me. Immagino che questo sia
l'indice del grande livello artistico di questa musica. Quando leggiamo la
grande poesia, ci accorgiamo che in qualche modo essa parla a qualcosa che
e' dentro di noi, di te. Pensiamo che sia stata scritta per qualcosa di cui
abbiamo una esperienza personale. Riguarda qualcosa di cui abbiamo
esperienza, qualcosa di speciale per noi. Allo stesso modo, io ho sempre la
sensazione che la musica dei raga indiani dica qualcosa di speciale a tutte
le singole persone che la ascoltano.
Non sono capace di descrivere a parole l'effetto della musica. Penso che sia
necessario ascoltare alcuni raga, in sottofondo, per poter capire di che
cosa sto parlando. Penso ad esempio ai raga della stagione delle piogge.
Quando ne ascolto uno, vedo me stessa nel bel mezzo dei monsoni: il cielo
coperto, la pioggia che cade dolcemente, tutta la terra silenziosa e buia.
L'unione della sensazione del fresco - un grande sollievo nelle nostre
terre, dove fa cosi' caldo per la gran parte dell'anno - e di un sentimento
di nostalgia che associamo sempre alla pioggia. Un raga della stagione delle
piogge riesce a evocare tutti questi pensieri senza pronunciare una sola
parola: si puo' dunque dire, a ragione, che e' il genere di musica che
"parla". Non e' semplicemente suono; e' significato. C'e' in essa un grande
significato.
*
La musica di Mozart
La musica di Mozart, che ho scelto oltre ai Raga indiani, mi suscita
considerazioni del tutto diverse. Il motivo per cui ho scelto Mozart e' che
e' stato il primo compositore occidentale che ho imparato ad amare per se
stesso. Prima, mi piacevano alcuni singoli brani musicali, non la musica di
qualcuno in particolare. Ma quando ho scoperto la musica di Mozart, quando
ho iniziato ad ascoltarla sempre piu' spesso, ho incominciato a pensare che
e' diverso dagli altri: io non sono capace di smettere di ascoltare, non
sono capace di lasciare a meta' un brano di Mozart. Non riuscirei mai a
spegnere la radio o il giradischi o il registratore o a uscire dalla stanza,
devo ascoltare fino in fondo. Prima di ascoltare la musica di Mozart non mi
era mai capitato, era un'esperienza che non avevo mai fatto.
L'ho gia' detto, non sono una musicista. Ho ascoltato molta musica, ne
suono, malissimo, un po', ma non penso che si debba essere musicisti per
apprezzare il genere di opere scritte da Mozart. Ora, qui bisogna che
accenni anche a Bach, perche' molti affermano che la musica di Bach
rappresenta una voce piu' universale. Mi sembra di aver letto o sentito da
qualche parte che persino a quegli eschimesi che non hanno mai sentito in
vita loro un brano musicale occidentale, persino a loro piace Bach. Non so
se sia vero. Per me e' stato molto piu' facile amare la musica di Mozart,
quando avevo meno familiarita' con i compositori occidentali, che quella di
Bach. E' stato solo in seguito che ho iniziato ad apprezzare la musica
barocca. Sono stata un po' indecisa se inserire la musica barocca o i canti
gregoriani in questo museo virtuale. Penso che quanti non hanno familiarita'
con la musica occidentale, possano capire con piu' immediatezza, con piu'
facilita', la musica barocca che non i canti gregoriani. Pero' sono convinta
che anche i canti gregoriani trascendano i confini della religione. Io so
che riguardano il cristianesimo, ma non penso al fatto che riguardano il
cristianesimo quando li ascolto. Penso che riguardino le aspirazioni
spirituali dell'uomo. Ecco perche' mi sarebbe piaciuto inserire anche il
canto gregoriano.
Ma dovendo scegliere tra la musica di Mozart, quella barocca e quella
gregoriana, ho pensato che, in linea di massima, gli orientali che non hanno
familiarita' con la musica occidentale avrebbero trovato piu' facile capire
Mozart e Bach, per esempio, che i canti gregoriani.
Siccome non sono un'esperta di musica, non voglio dilungarmi su questo;
aggiungo solo che ho scelto questo genere di musica perche' mi da' piacere.
Avrei scelto anche la musica strumentale andina per lo stesso motivo,
perche' mi da' piacere. Quando ascolto la musica strumentale andina, riesco
a vedermi in alto, sulle montagne dell'America Latina, e a immaginare la
purezza dell'aria e la semplicita' della vita tra quei monti. Avrei scelto
questa musica perche' ho sempre amato l'alta montagna, forse a causa del
tempo che ho trascorso sull'Himalaya.
*
I dipinti di William Turner
Pero' mi piacciono i dipinti di Turner, che ho inserito nell'elenco. E a
proposito dei quadri di Turner, devo confessare che mi piacciono solamente
perche' sono ornamentali, perche' sono belli, sono una festa per gli occhi.
Non posso affermare che siano utili, non posso sostenere che siano una fonte
di ispirazione spirituale; non posso nemmeno spiegare perche' preferisco
Turner ad altri artisti occidentali. Posso soltanto dire che mi piace la sua
scelta dei colori, che mi fa venire in mente che ruolo importante giochino i
colori nella vita degli uomini. Forse dovremmo prestare maggior attenzione
al modo in cui vengono usati.
Quando guardo un dipinto di Turner, non mi soffermo tanto sul soggetto
quanto sui colori, il modo in cui sono miscelati, in cui sono usati e, nei
dipinti piu' tardi, come sono "sbavati", se posso usare una parola come
questa per parlare di capolavori come i dipinti di Turner. L'aspetto
nebbioso dei suoi quadri lo trovo cosi' riposante. E' il genere di pittura
che penso chiunque sia in grado di capire. Anche un birmano, o comunque un
orientale, che non avesse mai visto prima un dipinto occidentale, penso
sarebbe in grado di apprezzare la bellezza di un quadro di Turner, e anche
il modo in cui tratta i colori utilizzati, anche prima di rendersi conto di
come sia riuscito a cogliere perfettamente il soggetto sulla tela.
*
Conclusioni
Quando mi e' stato chiesto di prendere parte a questo programma, di fornire
una lista di oggetti da inserire in un museo virtuale, sono stata molto
riluttante. Anzi, ho anche tentato di rifiutare. Ma alla fine sono stata
convinta a stendere un elenco. Se avessi saputo che cio' avrebbe comportato
anche parlare davanti a una telecamera, come sto facendo, avrei rifiutato
senz'altro. Pensavo si trattasse soltanto di fornire un elenco. Ma poi
scoprii che dovevo anche partecipare a questo programma. Vediamo, allora,
che qualifiche posso vantare per farne parte. Potrei dire quasi nessuna,
perche' non sono un'esperta d'arte, come ho gia' detto, e non sono
specialista in alcun campo che possa essere di un qualche rilievo rispetto
alle opere d'arte che ho citato fin qui. Penso pero' di poter dire che
apprezzo ogni genere di cultura. Non che sappia moltissimo di tutte le varie
culture del mondo, ma dovunque sono stata, ho sempre trovato qualcosa da
ammirare ed apprezzare. Ho vissuto in Oriente, ho vissuto in Occidente, ho
trascorso moltissimi anni in Occidente, e ho sempre ritenuto che tutti gli
esseri umani abbiano qualcosa in comune, e che tutti siamo in grado di
capire e apprezzare le culture gli uni degli altri. Poiche' non sono una
specialista, non mi illudo di aver fatto dei commenti molto profondi. Non
sarei in grado di fare commenti profondi sull'importanza di preservare
alcune opere per le generazioni future. Ma, semplicemente in quanto ho
vissuto in Oriente, ho vissuto in Occidente, ho ammirato le cose
dell'Occidente e le cose dell'Oriente, sono felice di poter portare un
piccolo contributo. Non sono certa che il mio contributo sara' di grande
valore, ma se non altro dimostrera' che ci sono persone, come me, che
cercano di fare del loro meglio per unire i valori dell'Oriente e
dell'Occidente, e di preservare quanto di meglio esiste nelle varie culture.
Al momento, il mio interesse e' tutto nei confronti della politica, e la
politica e' talmente lontana dall'arte, soprattutto la politica birmana di
oggi: io faccio parte di un movimento in favore della democrazia, che si
attiva per portare pace e giustizia al nostro paese. In una situazione del
genere non ci e' possibile trovare molto tempo per godere delle meraviglie
prodotte da tutte le culture. Devo confessare che non ho avuto quasi il
tempo di prepararmi per questo programma, e anche per questo penso che le
mie scelte possano sembrare poco interessanti, come invece mi sarebbe
piaciuto che apparissero, se solo avessi avuto piu' tempo per spiegare, o
piuttosto per preparare le spiegazioni delle mie scelte.
Mi hanno chiesto di parlare di me; di solito non parlo di me stessa, non
saprei nemmeno come fare; penso che chiudero' questo breve colloqui
semplicemente dicendo che spero che la mia partecipazione a questo programma
possa indurre la gente a cercare di sapere qualcosa di piu' sulla Birmania e
sulla cultura birmana.

2. WIKIPEDIA: AUNG SAN SUU KYI
[Dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo con minime modifiche la
seguente voce]

Aung San Suu Kyi  (Rangoon, 19 giugno 1945) e' una politica birmana, attiva
nella difesa dei diritti umani. Si impone nella scena nazionale del suo
paese, devastato da una pesante dittatura militare, come una leader del
movimento nonviolento, tanto da meritare i premi Rafto e Sakharov, prima di
essere insignita del premio Nobel per la pace nel 1991.
La vita di Aung San Suu Kyi e' stata travagliata gia' dai primi anni di
vita, infatti suo padre, uno dei principali esponenti politici birmani, dopo
aver negoziato l'indipendenza della nazione dall'Inghilterra nel 1947, fu
ucciso da alcuni avversari politici nello stesso anno, lasciando la bambina
di appena due anni, oltre che la moglie, Khin Kyi, e altri due figli, uno
dei quali sarebbe morto in un incidente.
Dopo la morte del marito, Khin Kyi, la madre di Aung San Suu Kyi, divenne
una delle figure politiche di maggior rilievo in Birmania, tanto da
diventare ambasciatrice in India nel 1960. Aung San Suu Kyi fu sempre
presente al fianco della madre, e la segui' ovunque, ed ebbe la possibilita'
di frequentare le migliori scuole indiane e successivamente inglesi, tanto
che nel 1967, ad Oxford, consegui' alcune lauree rispettivamente in
filosofia, scienze politiche ed economia. Continuo' poi i suoi studi a New
York e nel 1972 comincio' a lavorare per le Nazioni Unite, e in quel periodo
conobbe anche uno studioso di cultura tibetana, Micheal Aris, che l'anno
successivo sarebbe diventato suo marito, e padre dei suoi due figli,
Alexander e Kim.
Ritorno' in Birmania nel 1988, per accudire la madre gravemente malata, e
proprio in quegli anni il generale Saw Maung prese il potere e instauro' il
regime militare che tuttora comanda in Myanmar. Fortemente influenzata dagli
insegnamenti del Mahatma Gandhi, Aung San Suu Kyi, sposo' la causa del suo
paese in maniera nonviolenta, e fondo' la Lega Nazionale per la Democrazia,
il 27 settembre 1988. Neanche un anno dopo le furono comminati gli arresti
domiciliari, con la concessione che se avesse voluto abbandonare il paese,
lo avrebbe potuto fare; Aung San Suu Kyi rifiuto' la proposta del regime.
Nel 1990 il regime militare decise di chiamare il popolo alle elezioni, e il
risultato fu una schiacciante vittoria della Lega Nazionale per la
Democrazia di Aung San Suu Kyi, che sarebbe quindi diventata primo ministro,
tuttavia i militari rigettarono il voto, e presero il potere con la forza,
annullando il voto popolare. L'anno successivo Aung San Suu Kyi vinse il
premio Nobel per la pace, ed uso' i soldi del premio per costituire un
sistema sanitario e di istruzione a favore del popolo birmano.
Gli arresti domiciliari le furono revocati nel 1995, ma rimaneva comunque in
uno stato di semiliberta', non pote' mai lasciare il paese, perche' in tal
caso le sarebbe stato negato il ritorno in Myanmar, e anche ai suoi
familiari non fu mai permesso di visitarla, neanche quando al marito Michael
fu diagnosticato un tumore, che di li' a due anni, nel 1999, lo avrebbe
ucciso, lasciandola vedova.
Nel 2002, a seguito di forti pressioni delle Nazioni Unite, ad Aung San Suu
Kyi fu riconosciuta una maggiore liberta' d'azione in Myanmar, ma il 30
maggio 2003, il dramma: mentre era a bordo di un convoglio con numerosi
supporters, un gruppo di militari apri' il fuoco e' massacro' molte persone,
e solo grazie alla prontezza di riflessi del suo autista, Ko Kyaw Soe Lin,
riusci' a salvarsi, ma fu di nuovo messa agli arresti domiciliari. Da quel
momento, la salute di Aung San Suu Kyi e' andata progressivamente
peggiorando, tanto da richiedere un intervento e vari ricoveri.
Il "caso" Aung San Suu Kyi ha incominciato ad essere un argomento
internazionale, tanto che gli Stati Uniti d'America e l'Unione Europea hanno
fatto grosse pressioni sul governo del Myanmar per la sua liberazione, ma
gli arresti domiciliari furono rinnovati per un anno nel 2005 e
ulteriormente rinnovati nel 2006. Tuttora Aung San Suu Kyi e' agli arresti
domiciliari.
In tutto il mondo Aung San Suu Kyi e' diventata un'icona della nonviolenza e
della pace, tanto che numerosi gruppi musicali, tra cui gli U2, i Rem e i
Coldplay, le hanno dedicato brani musicali per sostenere la sua causa; nel
2003 le fu assegnato l'European Mtv Music Award, e alcune prestigiose
Universita' in Europa e in America vogliono assegnarle delle lauree Honoris
Causa, per il suo grande impegno civile, e per la difesa dei diritti umani e
della pace.

3. TIZIANA COLUSSO: LA SIGNORA BIRMANA CON LA FORZA NEL CUORE (2004)
[Da "Buddismo e Societa'", n. 102, gennaio-febbraio 2004 (disponibile anche
nel sito: www.sgi-italia.org)]

"L'autentica rivoluzione e' quella dello spirito, nata dalla convinzione
della necessita' di cambiamento degli atteggiamenti mentali e dei valori che
modellano il corso dello sviluppo di una nazione. Una rivoluzione
finalizzata semplicemente a trasformare le politiche e le istituzioni per
migliorare le condizioni materiali ha poche probabilita' di successo. Senza
una rivoluzione dello spirito, le forze che hanno prodotto le iniquita' del
vecchio ordine continuerebbero a operare, rappresentando una minaccia
costante al processo di riforma e rigenerazione. Non basta limitarsi a
invocare liberta', democrazia e diritti umani. Deve esistere la
determinazione compatta di perseverare nella lotta, di sopportare sacrifici
in nome di verita' imperiture, per resistere alle influenze corruttrici del
desiderio, della malevolenza, dell'ignoranza e della paura" (Aung San Suu
Kyi, Libera dalla paura, Sperling & Kupfer, Milano 1998).

Aung San Suu Kyi e' una lezione vivente perche' la sua esperienza unisce in
una formula particolare e irripetibile una serie di elementi diversi: la sua
vicenda personale di figlia di un eroe della resistenza birmana, Aung San,
ucciso dagli avversari nel 1947, quando Suu Kyi aveva appena due anni; una
forte preparazione storica e culturale, approfondita durante gli anni a
Oxford, dopo il matrimonio con un orientalista inglese; una incrollabile
fede nei principi buddisti della nonviolenza e del dialogo, che le ha
permesso di attraversare miracolosamente indenne, come un fiore di loto nel
fango, decenni di prigionia, aggressioni, campagne diffamatorie, isolamento;
e - last but not least - un'attitudine tutta femminile a cio' che gli
inglesi definiscono "to care", il prendersi cura, preoccuparsi per qualcuno
o qualcosa con sollecitudine e compassione: e' profondamente significativo
che la sua decisione, nel 1989, di lottare in prima persona per la
democrazia del suo paese si sia manifestata insieme alla cura che in quel
momento Suu Kyi prestava alla madre morente. Curare la madre che l'aveva
messa al mondo, voler guarire dal male della dittatura la terra nella quale
era nata e al tempo stesso onorare la memoria del padre morto per difendere
la liberta' della Birmania, deve essere stato per Suu Kyi uno stesso gesto
di amore e di gratitudine: almeno io cosi' lo immagino, anzi ne sono sicura,
con la miracolosa esattezza del cuore.
Tutti questi elementi hanno contribuito a fare di Aung San Suu Kyi un
simbolo, ossia una persona che trascende se stessa per diventare una voce
universale. Essere un leader carismatico implica una responsabilita' estrema
di fronte a se stessi e al mondo, ed espone al rischio del "culto della
personalita'": nel caso di Suu Kyi questo non e' avvenuto perche' i suoi
saldi principi buddisti e gli anni passati a fare la madre di famiglia prima
di gettarsi nella lotta in prima linea l'hanno vaccinata, per cosi' dire, da
tentazioni di protagonismo o di fanatismo: nel suo porsi di fronte alle
sfide non ha la boria del comandante in capo della rivoluzione e neppure
l'astratta prosopopea dell'ideologo.
E' una donna fisicamente minuta, ma con un grande coraggio e una grande
determinazione, come ha giustamente osservato l'arcivescovo sudafricano
Desmond Tutu, il quale con delicata ironia ha dichiarato di essere "colpito
dal fatto che le tre donne insignite negli ultimi anni del Nobel per la
pace - Madre Teresa, Rigoberta Menchu' e Aung San Suu Kyi - condividono la
caratteristica di essere piuttosto piccole fisicamente ma con una
formidabile statura morale".
Al momento del bivio fondamentale della sua vita, che l'ha portata nel 1988
a lasciare la tranquilla vita di Oxford, il marito e due figli piccoli per
ritornare in Birmania, Aung San Suu Kyi aveva quarantaquattro anni. Dunque
il suo non e' stato un gesto dettato dal "giovanile ardore", ma lo sbocco
naturale di un processo interiore di maturazione personale e intellettuale,
che ha trovato nella necessita' contingente di tornare in Birmania per
assistere la madre la scintilla necessaria per manifestarsi.
E' lo stesso marito di Suu Kyi, il tibetologo inglese Michael Aris, che con
un amore e una dedizione ammirevoli traccia le tappe di quel percorso che ha
portato l'adorata Suu Kyi ad allontanarsi da lui - almeno fisicamente - per
avvicinarsi al destino che la storia le aveva riservato.
Nell'introduzione al volume di testi di Aung San Suu Kyi (edito in Italia
con il titolo Libera dalla paura), lo studioso di Oxford spiega che la
moglie aveva da tempo iniziato ad approfondire la storia e la cultura della
Birmania, e a raccogliere dati e testimonianze sugli eventi che avevano
segnato la vita di suo padre. Aveva cercato anche di realizzare qualche
progetto di miglioramento concreto della vita dei suoi connazionali, tra cui
quello della creazione di una rete di biblioteche, il che dimostra la
convinzione di Aung San Suu Kyi sulla necessita' dell'educazione e della
cultura per il raggiungimento pieno della democrazia. In uno dei suoi testi
sottolinea infatti che "un popolo che vuole costruire una nazione in cui
siano fermamente stabilite istituzioni salde e democratiche... deve
anzitutto imparare a liberare la propria mente dall'apatia e dalla paura".
Ma evidentemente questi progetti, seguiti da lontano, non soddisfacevano
ancora il bisogno di Aung San Suu Kyi di prendersi personalmente l'onere di
trasformare il destino del suo popolo. Il marito ricorda che nei primi anni
di matrimonio Suu Kyi si era fatta promettere che, se fosse venuto il
momento per lei di impegnarsi in prima persona per il suo paese, la famiglia
non avrebbe rappresentato un ostacolo. Cosi' e' stato: Michael Aris ha
rispettato la sua volonta' di mantenere la cittadinanza birmana, e poi
quella - fatale - di tornare nel suo paese. Ha continuato ad andarla a
trovare, insieme ai due figli, superando ostacoli e interferenze di ogni
genere, fino a quando i visti di entrata in Birmania (che la giunta militare
al potere ha ribattezzato Myanmar) non sono piu' stati rinnovati. Ma la sua
famiglia continua a seguirla da lontano: i figli sono andati a ritirare per
lei il premio Nobel che le e' stato assegnato nel 1991, il marito continua a
presentare appelli e a curare personalmente la pubblicazione e la diffusione
dei testi scritti da Aung San Suu Kyi.
Intanto, per Suu Kyi, gli ultimi venti anni, dal 1989 a oggi, sono stati un
reiterarsi di eventi apparentemente sempre uguali: incarcerazioni,
scarcerazioni, arresti domiciliari, finti rilasci, aggressioni a lei e ai
sostenitori della Lega nazionale per la democrazia.
Recentemente, nel novembre 2003, il governo - in seguito a forti pressioni
internazionali, anche in occasione del vertice dei paesi asiatici a Bali
nell'ottobre 2003 - ha dichiarato che formalmente "Aung San Suu Kyi e'
libera di andare dove vuole", e anzi le ha promesso la liberta' totale in
cambio del suo esilio permanente: il problema e' che l'unica terra dove lei
vuole andare e' la terra della democrazia, e per ottenere questo e' disposta
a rimanere ancora prigioniera, fino a quando la giunta governativa non
liberera' tutti gli oppositori in carcere (tra i quali ci sono uomini di
oltre ottanta anni e donne incinte), e non riconoscera' la validita' delle
elezioni svoltesi nel 1990 e vinte dalla Lega per la democrazia con
un'adesione plebiscitaria della popolazione birmana, pari a quasi il 90% dei
voti.
Al momento dell'assunzione dell'impegno personale nella lotta per il proprio
paese Aung San Suu Kyi aveva quarantaquattro anni. Oggi ne ha cinquantanove.
Nata il 19 giugno del 1945, Suu Kyi compira' sessanta anni nel giugno 2005,
ossia tra poco piu' di un anno. Desidero formulare l'augurio e l'auspicio
che per quella importante tappa della vita le arrivi il regalo piu' grande:
la liberta' vera, ossia la liberta' di poter lavorare insieme al suo popolo
e anche insieme ai suoi attuali persecutori - secondo quello spirito di
riconciliazione e di dialogo che e' il fondamento stesso della sua azione -
all'attuazione della democrazia nel suo paese.
Soprattutto l'augurio e' di poterlo fare riunendo le due meta' separate di
se': la meta' che e' figlia del generale Aung San, eroe dell'indipendenza
birmana dal regime coloniale, e l'altra meta' che e' la donna minuta ma
decisa Suu Kyi, moglie, madre, donna di cultura e fervente buddista: insomma
quell'essere straordinario che durante i lunghi anni dei suoi arresti
domiciliari, sorvegliata a vista da guardie armate, ha alternato - secondo
la testimonianza di chi ha potuto avere qualche raro contatto con lei - lo
studio dei sutra alla preghiera, le ore di esercizio al pianoforte alla
stesura di discorsi politici, una cura della casa minuziosa e la
progettazione di vaste riforme sociali ed economiche per lo sviluppo del suo
paese.
Insomma Aung San Suu Kyi tutta intera, lezione vivente per tutti noi.

4. "ASIA NEWS": SESSANTADUESIMO COMPLEANNO, ANCORA IN RECLUSIONE
[Da "Asia news" (www.asianews.it) riprendiamo la seguente nota d'agenzia del
19 giugno 2007]

Yangon. Un altro compleanno agli arresti domiciliari per Aung San Suu Kyi,
la leader dell'opposizione birmana, simbolo della lotta per la democrazia in
Myanmar. Per celebrare il sessantaduesimo compleanno dell'attivista e premio
Nobel per la pace, circa trecento persone a Yangon si sono riunite nella
sede della Lega Nazionale per la Democrazia (Nld), guidata da Suu Kyi, che
nel 1990 ha vinto con una valanga di voti le elezioni, salvo poi vedersi
negare il potere dalla giunta militare. In tutto il mondo i suoi sostenitori
useranno la ricorrenza di oggi per riportare all'attenzione pubblica la
vicenda di Suu Kyi e chiedere il rispetto dei diritti umani nell'ex
Birmania. La Nld chiede la liberazione della donna e dei circa 1.100
detenuti politici del Paese; di loro 56 sono donne.
A Bangkok circa duecento donne birmane pregheranno e manifesteranno in modo
pacifico per Suu Kyi. Altre iniziative di protesta si svolgeranno negli Usa,
in India, Giappone, Canada e Corea del sud. In Myanmar ogni giorno qualcuno
che prega o manifesta per "la signora" - cosi' e' detta Aung San Suu Kyi -
viene arrestato; solo nell'ultimo mese i casi registrati sono stati 99.
La Nobel ha trascorso undici degli ultimi diciotto anni della sua vita in
carcere o agli arresti domiciliari, privata della linea telefonica e senza
alcuna visita esterna, che non sia quella del medico. La sua detenzione
nella casa di Yangon, sul lago Inya, e' stata recentemente estesa di un
altro anno, nonostante le richieste internazionali per la sua liberazione.

5. ET COETERA

Aung San Suu Kyi, figlia di Aung San (il leader indipendentista birmano
assassinato a 32 anni), e' la leader nonviolenta del movimento democratico
in Myanmar (Birmania) ed ha subito - e subisce tuttora - durissime
persecuzioni da parte della dittatura militare; nel 1991 le e' stato
conferito il premio Nobel per la pace. Opere di Aung San Suu Kyi: Libera
dalla paura, Sperling & Kupfer, Milano 1996, 2005; Lettere dalla mia
Birmania, Sperling & Kupfer, Milano 2007.

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 78 dell'11 luglio 2007

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