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Voci e volti della nonviolenza. 76
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 76
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 6 Jul 2007 12:23:21 +0200
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 76 del 6 luglio 2007 In questo numero: 1. Martin Luther King: Un tamburo maggiore per la rettitudine 2. Martin Luther King: Sogni non realizzati 3. Darryl Lorenzo Wellington presenta "Going Down Jericho Road: The Memphis Strike. King's Last Campaign" di Michael K. Honey 4. Fulvio Cesare Manara: Studiare Martin Luther King 5. Et coetera 1. MARTIN LUTHER KING: UN TAMBURO MAGGIORE PER LA RETTITUDINE [Nuovamente riproduciamo il seguente testo e nuovamente ringraziamo Fulvio Cesare Manara per averci messo a disposizione l'antologia di scritti e discorsi di Martin Luther King da lui curata, Memoria di un volto: Martin Luther King, Dipartimento per l'educazione alla nonviolenza delle Acli di Bergamo, Bergamo 2002, che reca sue traduzioni di discorsi e scritti del grande maestro della nonviolenza. Il testo seguente e' la traduzione di "The Drum Major Instinct", sermone pronunciato nella chiesa battista di Ebenezer, Atlanta, il 4 febbraio 1968] Ogni tanto, immagino, tutti noi pensiamo in modo realistico al giorno in cui resteremo vittime di quello che e' il definitivo comune denominatore della vita: quella cosa che chiamiamo morte. Tutti noi ci pensiamo. E di tanto in tanto io penso alla mia morte, e penso al mio funerale. Non ci penso in maniera morbosa. Di tanto in tanto mi domando: "Che cosa vorrei che dicessero?". E stamani lascio a voi la parola. Quel giorno mi piacerebbe che si dicesse: Martin Luther King junior ha cercato di dedicare la vita a servire gli altri. Quel giorno mi piacerebbe che si dicesse: Martin Luther King junior ha cercato di amare qualcuno. Vorrei che diceste, quel giorno, che ho cercato di essere giusto sulla questione della guerra. Quel giorno vorrei che poteste dire che ho davvero cercato di dar da mangiare agli affamati. E vorrei che poteste dire, quel giorno, che nella mia vita ho davvero cercato di vestire gli ignudi. Vorrei che diceste, quel giorno, che ho davvero cercato, nella mia vita, di visitare i carcerati. Vorrei che diceste che ho cercato di amare e servire l'umanita'. Si', se volete dire che sono stato un tamburo maggiore, dite che sono stato un tamburo maggiore per la giustizia. Dite che sono stato un tamburo maggiore per la pace. Sono stato un tamburo maggiore per la rettitudine. E tutte le altre cose di superficie non conteranno. Non avro' denaro da lasciare dietro di me. Non avro' le cose belle e lussuose della vita da lasciare dietro di me. Ma io voglio avere soltanto una vita impegnata da lasciarmi alle spalle. Ed e' tutto quel che volevo dire. Se riesco ad aiutare qualcuno mentre passo, se riesco a rallegrare qualcuno con una parola o con un canto, se riesco a mostrare a qualcuno che sta andando nella direzione sbagliata, allora non saro' vissuto invano. Se riesco a fare il mio dovere come dovrebbe un cristiano, se riesco a portare la salvezza a un mondo che e' stato plasmato, se riesco a diffondere il messaggio come il Maestro ha insegnato, allora la mia vita non sara' stata invano. 2. MARTIN LUTHER KING: SOGNI NON REALIZZATI [Nuovamente riproduciamo il seguente testo e nuovamente ringraziamo Fulvio Cesare Manara. Il testo seguente e' quello del sermone pronunciato nella chiesa battista di Ebenezer, ad Atlanta, il 3 marzo 1968] Immagino che uno dei grandi tormenti della vita sia che non smettiamo mai di cercare di terminare quel che non puo' essere terminato. Ci viene imposto di farlo. E cosi' anche noi, come Davide, in tante circostanze della vita dobbiamo arrenderci ai fatti: i nostri sogni non si sono realizzati. La vita e' una serie continua di sogni infranti. Il Mahatma Gandhi si e' adoperato per anni e anni per l'indipendenza del suo popolo. Ma Gandhi ha dovuto arrendersi al fatto di essere stato assassinato e di morire con il cuore spezzato, perche' il paese che voleva unificare alla fine e' stato diviso fra India e Pakistan, in conseguenza del conflitto fra indu' e musulmani. Woodrow Wilson sognava una Lega delle Nazioni, ma e' morto prima che la promessa fosse esaudita. L'apostolo Paolo a un certo punto dice di voler andare in Spagna. Era il suo sogno piu' grande, portare il vangelo in quella regione. Paolo non e' mai andato in Spagna; e' finito nella cella di un carcere a Roma. Cosi' e' la vita. Tanti fra i nostri antenati cantavano canti di liberta'. E sognavano il giorno in cui sarebbero potuti uscire dalla schiavitu', dalla lunga notte dell'ingiustizia. E cantavano certe piccole canzoni: "Nessuno sa i guai che ho patito, nessuno lo sa, soltanto Gesu'". Pensavano a giorni migliori e accarezzavano il loro sogno. E dicevano: "Sono tanto felice, perche' i dolori non durano per sempre. Tra poco, tra poco, potro' deporre il mio pesante fardello" (1). E cantavano cosi' perche' avevano un sogno grande e potente; ma molti di loro sono morti senza vederlo realizzato. E ciascuno di voi, in un certo modo, sta costruendo una specie di tempio. La lotta c'e' sempre. Ogni tanto ci fa perdere di coraggio. Ogni tanto diventa molto deludente. Alcuni di noi cercano di costruire un tempio della pace. Facciamo dichiarazioni contro la guerra, protestiamo, ma e' come se con la testa volessimo abbattere un muro di cemento. Sembra che non serva a niente. E molto spesso, mentre si cerca di costruire il tempio della pace si rimane soli; si resta scoraggiati; si resta smarriti. Ebbene, cosi' e' la vita. E quel che mi rende felice e' che attraverso la prospettiva del tempo riesco a sentire una voce che grida: "Forse non sara' per oggi, forse non sara' per domani, ma e' bene che sia nel tuo cuore. E' bene che tu ci provi". Magari non riuscirai a vederlo. Il sogno puo' anche non realizzarsi, ma e' comunque un bene che tu abbia un desiderio da realizzare. E' bene che sia nel tuo cuore. * Adesso, lasciatemi aggiungere un altro punto. Ogni volta che vi accingete a costruire un tempio creativo, di qualunque genere sia, dovete accettare il fatto che nel cuore dell'universo esiste una tensione tra bene e male. L'induismo descrive questa situazione come una lotta fra illusione e realta'. La filosofia platonica la descriveva come una lotta fra il corpo e l'anima. Lo zoroastrismo, una religione antichissima, la descriveva come una tensione fra il dio della luce e il dio delle tenebre. Il giudaismo tradizionale e il cristianesimo la descrivono come una tensione fra Dio e Satana. Comunque vogliate chiamarla, nell'universo esiste la lotta fra il bene e il male. Ebbene, non si tratta di una lotta collocata da qualche parte laggiu', nelle forze esterne dell'universo, e' una lotta strutturale alla nostra stessa vita. Gli psicologi hanno cercato di affrontare la questione alla loro maniera, e quindi la descrivono in vari modi. Secondo Freud, questa tensione e' la tensione fra quelli che egli chiama Es e Super?io. Alcuni di noi pensano che sia una tensione fra Dio e l'uomo. Comunque, in ciascuno di noi, c'e' una guerra in corso. E' una guerra civile. Non conta chi sei, non conta dove vivi, nella tua vita c'e' una guerra civile in corso. E ogni volta che tu ti disponi a essere buono, qualcosa ti strattona, ti dice di essere malvagio. Succede nella tua vita. Ogni volta che ti predisponi ad amare, qualcosa comincia a tirarti dalla sua parte, cercando di farti arrivare a odiare. Ogni volta che vorresti essere buono e dire cose gentili sugli altri, qualcosa ti spinge a essere geloso e invidioso e a diffondere malignita' sul loro conto. C'e' una guerra civile in corso. In tutti noi esiste una sorta di schizofrenia, come la chiamerebbero gli psicologi e gli psichiatri. E a volte tutti noi in qualche modo sappiamo di avere dentro un mister Hyde e un dottor Jekyll. E alla fine dobbiamo esclamare, insieme a Ovidio, il poeta latino: "Vedo le cose migliori della vita e le approvo, ma quelle che faccio sono le cose malvagie". Alla fine ci tocca essere d'accordo con Platone, e dire che l'indole dell'uomo e' come un uomo che guida un carro con due cavalli testardi, ciascuno dei quali vuole andare in una direzione diversa. Oppure, a volte ci tocca esclamare addirittura, come fa sant'Agostino nelle Confessioni: "Signore, purificami, ma non subito" [Confessioni, lib. VIII, cap. 7]. Alla fine, ci tocca esclamare con l'apostolo Paolo: "E cosi' non faccio quel bene che voglio; faccio invece il male che non voglio" [Rm, 7, 19]. Oppure, alla fine dobbiamo dire con Goethe che "in me c'e' stoffa sufficiente per un galantuomo e per un farabutto". Nel cuore della natura umana esiste una tensione: e ogni volta che ci disponiamo a sognare i nostri sogni o a costruire i nostri templi, dobbiamo essere cosi' onesti da riconoscerlo. * In ultima analisi, Dio non ci giudica per i singoli incidenti o per i singoli errori che commettiamo, ma per la tendenza generale della nostra vita. In ultima analisi, Dio sa che i suoi figli sono deboli e sono fragili. In ultima analisi, quel che Dio chiede e' che il vostro cuore sia retto. E' la questione che vorrei sollevare con voi: il vostro cuore e' retto? Se non lo e', raddrizzatelo oggi; chiedete a Dio di raddrizzarlo. Fate che di voi si possa dire: "Magari non avra' raggiunto la vetta piu' alta, magari non avra' realizzato tutti i suoi sogni, pero' ha tentato". Non e' forse meraviglioso che si possa dire di voi una cosa simile? "Ha tentato di essere un uomo buono. Ha tentato di essere un uomo giusto. Ha tentato di essere un uomo onesto. Aveva buon cuore". E mi sembra di sentire una voce che attraverso l'eternita' grida: "Io ti accetto. Tu hai ricevuto la mia grazia perche' era nel tuo cuore. Ed e' molto bene che fosse nel tuo cuore". Non so per quanto riguarda voi, ma io posso rendere una testimonianza. Non e' il caso che andiate a dire in giro che Martin Luther King e' un santo. No davvero. Stamani voglio che sappiate che sono un peccatore come tutti i figli di Dio. Pero' voglio essere un uomo buono. E un giorno voglio sentire una voce che mi dice: "Ti accolgo e ti benedico, perche' hai tentato. E' bene che cio' fosse nel tuo cuore". * Note 1. King cita due celebri esempi della tradizione spiritual: Nobody Knows e By and By. 3. DARRYL LORENZO WELLINGTON PRESENTA "GOING DOWN JERICHO ROAD: THE MEMPHIS STRIKE. KING'S LAST CAMPAIGN" DI MICHAEL K. HONEY [Dalla rivista "Lo straniero", n. 85, luglio 2007 riprendiamo il seguente articolo (disponibile anche nel sito www.lostraniero.net) dal titolo "L'altro lato della montagna. Su Martin Luther King" originariamente apparso su "Dissent", primavera 2007 (traduzione di Elisabetta Lopalco)] Mentre scrivo queste righe il Martin Luther King Day del 2007 si e' appena concluso. Con il passare degli anni - il 2007 e' il trentanovesimo anniversario della sua morte - l'appartenenza di King al pantheon dei grandi personaggi americani e l'unicita' storica del movimento di protesta nonviolenta da lui capeggiato appaiono sempre piu' indiscutibili. Un festa nazionale e' un onore che gli si deve. Tuttavia, il memoriale che si svolge ogni anno e' sia il culmine del lascito di King sia un peso che grava su di esso. Ho partecipato alle celebrazioni in onore di King a Charleston, Sud Carolina, e certamente rispecchiano quelle avvenute in tutti gli Stati Uniti. Ci sono state le solite parate - licei, college, sostenitori della Naacp (National Association for the Advancement of Colored People) - e i soliti discorsi, sermoni e omelie. Ho anche preso parte a un banchetto di studenti universitari che avevano passato la giornata a onorare il concetto di altruismo impegnandosi in attivita' umanitarie. Per quel che vale l'attivismo di base, gli studenti si erano comportati da novellini, ma le loro intenzioni erano buone. Quello che mancava era la sensazione di tumulto e di lotta. Con questo intendo dire la possibilita' di svolgere dimostrazioni di massa e campagne per la giustizia paragonabili a quelle avute per eliminare il concetto di cittadini di seconda classe e la segregazione. Nell'America di oggi non esiste nessun muro di ingiustizia tanto visibile e indifendibile come lo era la segregazione. Non ci sono ne' proteste ne' sollevazioni di massa simili a quelle che si ebbero negli anni Sessanta. C'e' la guerra in Iraq; ma non c'e' nessun obbligo di leva. Ci sono ghetti inumanamente privi di tutto come ai tempi di King e ingiustizie di massa come l'assenza di un'assistenza sanitaria universale; ma c'e' poca consapevolezza di come si potrebbe rimediare a questi mali tramite raduni e marce di protesta. Cio' che manca a queste commemorazioni e' il senso delle impellenze politiche che bussano alla porta. Cosi' il risultato e' un linguaggio privo di forza politica e di forza retorica. Ogni anno ci viene ricordato che King era un "nonviolento", ma troppo poca attenzione e' data alla nonviolenza sia come filosofia che come tattica politica. Questa sembra essere il privilegio beatifico di un santo che, tra le altre cose, aveva un "sogno". Il King Day e' tanto piatto da rendere possibile che nessuno dei partecipanti apprenda (o ricordi) che poco prima della sua morte ci fu una frattura tra King e la Naacp, e che questa lo accuso' nel 1967 di essersi opposto alla guerra in Vietnam. Ne' e' probabile che si sentano critiche rivolte a King provenire dall'interno della sua organizzazione, la Southern Christian Leadership Conference, che, secondo Ella Baker, appare troppo dipendente da King quasi fosse un carismatico prestanome. Il banchetto di studenti al quale mi sono trovato a partecipare si e' concluso con una lettura di testi di King. Gli studenti li hanno letti con le loro voci, senza lo sfavillio retorico di King, a volte bene, a volte con qualche incertezza. L'effetto e' stato piu' che affascinante; e' stato - finalmente - potente. Ci ha aiutato ascoltare le parole e, nelle parole, rintracciare la violenza e la disperazione del tempo in cui sono state pronunciate. Questo pubblico di giovani aveva finalmente iniziato a capire che nonostante il messaggio di King non fosse cosi' complicato - ricerca dell'uguaglianza, protesta appassionata e amore cristiano - era il messaggio giusto per quel periodo, e fu in grado di scuotere il mondo. Tuttavia questa chiarezza genera una nuova confusione. Il dilemma e' come onorare il messaggio di King adattandolo al mondo di oggi. * Ci aiuta a correggere la visione corrente che ci viene data del linguaggio e dell'eredita' di King un libro come Going Down Jericho Road: The Memphis Strike. King's Last Campaign, di Michael K. Honey (W.W. Norton, 2007, che ci auguriamo venga presto tradotto in italiano, ndr). E' una risposta al dilagare delle consuete immagini sentimentali di Rosa Parks e del boicottaggio dell'autobus di Montgomery o della marcia su Washington. Il libro di Honey si occupa della Campagna dei poveri, l'ultima intrapresa da King prima della sua morte. La Campagna dei poveri rimane tuttora controversa. King cerco' di dar vita a un movimento di protesta di massa, nel bel mezzo delle agitazioni per il Vietnam, e il suo gesto fu criticato come un tentativo frenetico di umiliare il governo, costringendolo a porre fine alla guerra in Vietnam e a destinare le proprie risorse alla realizzazione di riforme economiche su larga scala. Lo scrittore inizia con il fornire una breve spiegazione sulla sua relazione con il materiale trattato. Nel 1968 Honey era un giovane attivista. Egli ricorda: "Come molti militanti della nuova sinistra, nel 1968, pensavo che forse King non fosse abbastanza radicale. Poi inizio' la sua Campagna dei poveri, un tentativo disperato di convincere il governo a spostare le sue priorita' dalla spesa militare all'abbattimento della poverta'. King sperava di creare un movimento dei poveri, cominciando dal delta del Mississippi, cuore del cotone, della segregazione e della poverta'. Ando' anche a Memphis, la capitale economica del Tennessee, per appoggiare 1300 lavoratori della nettezza urbana in sciopero per i propri diritti". King porto' la Campagna dei poveri a Memphis e mise la sua notorieta' a sostegno dei dipendenti della nettezza urbana. E' proprio qui che venne assassinato il 4 aprile 1968. Michael Honey si trasferi' a Memphis nel 1970 e trascorse i sei anni successivi a lavorare per la sezione locale dell'Aclu (American Civil Liberties Union). "Arrivai a Memphis due anni dopo la morte di King, ma quando iniziai le ricerche per il libro mi resi conto che comprendevo poco di quello che era accaduto in citta' durante le grandi sollevazioni del '68 e del '69". Honey divenne amico di molti degli organizzatori e degli attivisti che erano stati coinvolti nello sciopero; essi gli fornirono una prospettiva unica dalla quale guardare alla citta' tristemente nota nel resto del mondo come teatro della morte di King. Per Honey, Memphis era anche il luogo di uno sciopero disperato che aveva fortemente attirato l'attenzione di King, tanto da rimanere per sempre legato alla sua storia e al suo tragico destino. Questo e' certamente il libro piu' esauriente che sia mai stato scritto circa lo sciopero dei lavoratori della nettezza urbana di Memphis e la partecipazione di King a esso. Proprio come lo sciopero, il libro di Honey incomincia prima dell'arrivo di King. E' importante per lo scrittore non far scomparire i nomi e i volti di chi vi partecipo' dietro la fama di quest'ultimo. Honey ci ricorda che lo sciopero "ando' avanti con le sue rivendicazioni e con i suoi leader, ma il caso volle che l'evento locale e la storia di King risultassero irrimediabilmente intrecciati". Tuttavia questo e' anche un libro su King. E' un tentativo di rivalutazione della sua eredita', un omaggio non apologetico, che prova a sostituire l'immagine logora che oggi possediamo con una nuova e adeguata. Honey scrive: "La storia di Memphis ci fornisce uno spiraglio per comprendere le lotte degli anni Sessanta cosi' come i grandi ostacoli che si sono frapposti tra il sogno di King e il raggiungimento di una societa' unita, pacifica, integrata e democratica. E' una storia, inoltre, che si e' quasi del tutto persa nella Storia. Anche se molte persone sanno che King mori' a Memphis, molti non sanno cosa stesse facendo la'; le persone non sanno che egli mori' nel corso di una lotta per assicurare ai lavoratori il diritto di avere un sindacato". La scintilla che accese la miccia che porto' allo sciopero fu la morte senza senso di due lavoratori della nettezza urbana. "Alla fine di un miserabile, freddo giorno di lavoro gli sporchi, consunti vestiti di Echol Cole e Robert Walker puzzavano d'immondizia. La citta' non metteva a loro disposizione guanti, uniformi o un posto dove farsi una doccia. Lavoravano duro, alzavano i secchi dell'immondizia e se li caricavano sulle spalle o sulla testa o su dei carretti per scaricarne il contenuto in camion antiquati. Quel giorno Cole e Walker camminavano su un asse precario e maleodorante teso tra l'ariete idraulico usato per pressare l'immondizia e ridurla a un piccolo mucchio e la parete del cavernoso container del camion". I camion degli impiegati della nettezza urbana erano - a dir poco - antiquati e quelli piu' inefficienti dal punto di vista meccanico si accendevano occasionalmente da soli. Questo e' esattamente cio' che successe il giorno in cui Cole e Walker morirono; il sistema idraulico del camion si avvio' da solo e il pistone si abbatte' sui due uomini uccidendoli. Uno dei due mori' sul colpo. L'altro tento' di mettersi in salvo, ma il pistone idraulico aggancio' il suo cappotto e lo tiro' giu'. Un uomo che assistette a questo disperato tentativo di fuga ricorda: "era in piedi al bordo del camion e improvvisamente era come se quella grossa cosa lo avesse inghiottito". Honey non ha una vena poetica, ma e' attraverso i fatti che ci descrive come il lavoro si svolgesse in condizioni pericolose, disumane e segreganti. Dopo la morte dei due uomini - una morte cosi' grottesca da sfidare qualsiasi film dell'orrore - "quasi 1300 uomini di colore del Dipartimento dei lavori pubblici di Memphis scioperarono senza preavviso". Lo sciopero inizio' come un atto di sfida emotivo. Ma per proseguire e raggiungere dei risultati aveva bisogno di organizzazione e sostegno. Il sindaco di Memphis, Henry Loeb, aveva gia' represso uno sciopero degli impiegati della nettezza urbana due anni prima costringendo tutti a tornare al lavoro senza nessuna concessione. Loeb era famoso per la sua opposizione ai diritti dei lavoratori e, in particolare, ai diritti dei lavoratori di colore. Affermava che non avevano ne' il diritto di sciopero ne' il diritto di organizzarsi in un sindacato. Loeb era inflessibile su questo argomento, nonostante che in Tennessee esistessero gia' dei sindacati all'interno di professioni governative dove i lavoratori bianchi erano dominanti. T. O. Jones, un delegato sindacale locale, "penso' che fosse arrivato il momento di organizzarsi e farsi valere". Il suo sindacato, l'American Federation of State, County and Municipal Employees (Afscme), invio' dei mediatori a Memphis e sostenne finanziariamente gli scioperanti. Jones stilo' anche la prima lista ufficiale delle rimostranze dei lavoratori della nettezza urbana. "Paghe inferiori ai 70 dollari a settimana, nessuna garanzia di ottenere una paga accettabile nei giorni di pioggia, macchinari vecchi e norme di sicurezza inadeguate, timore di essere licenziati perche' iscritti a un sindacato, nessuna prospettiva di miglioramento". Alla fine anche l'Afl-Cio (la maggiore organizzazione sindacale, nata dall'unione dell'American Federation of Labour e del Congress of Industrial Organizations) sostenne lo sciopero di Memphis. Piu' di una volta Loeb offri' ai lavoratori un aumento di paga, ma gli scioperanti votarono che questa misura, da sola, non bastava se prima non fossero stati garantiti i diritti in modo permanente e ufficiale. Lo sciopero ando' avanti per settimane prima dell'arrivo di King. Sia Loeb che i lavoratori avevano assunto posizioni intransigenti a causa del rifiuto del primo di riconoscere il sindacato. * Honey ha notato che Martin Luther King Jr., il leader per i diritti civili piu' conosciuto del paese, "non aveva mai limitato la sua politica ai diritti civili. Era chiaramente legato alla classe operaia e ai poveri per mezzo della sua famiglia, della sua chiesa e della sua comunita', e sin da giovane si era battuto per un piano di giustizia economica che andasse ben al di la' dei diritti civili. Egli sviluppo' anche una riflessione sul lavoro e intensifico' legami con i sindacati, e queste due cose influenzarono la sua strategia del cambiamento". Per tutti gli anni Sessanta King aveva esortato alla creazione di una coalizione tra il movimento dei diritti civili e quello operaio. Parlo' spesso con i sindacati, propose alle organizzazioni del mondo del lavoro di organizzarsi in modo tale da sostenersi a vicenda nel raggiungimento degli obiettivi comuni. "Durante un discorso tenuto nel 1961 al congresso nazionale dell'Afl-Cio, intitolato 'Se i neri vincono, il lavoro vince', King disse che i lavoratori e i neri erano uniti da un destino comune e che il movimento per i diritti civili era la prosecuzione dei movimenti sindacali degli anni Trenta". Tuttavia, proprio nel momento in cui il movimento per i diritti civili riscuoteva successi ottenendo l'accesso a luoghi pubblici come autobus, hotel e scuole, ma non riuscendo a ottenere pari opportunita' nel mondo del lavoro, il progetto che King aveva di una coalizione che mettesse insieme il movimento per i diritti civili e quello dei lavoratori venne continuamente ostacolato. L'Afl-Cio forniva a King i fondi necessari alle attivita' per i diritti civili, nonostante che il suo presidente, George Meany, fosse riluttante nel prendere misure punitive nei confronti di certe sezioni del sud che sostenevano la supremazia dell'uomo bianco e proibivano apertamente l'accesso ai neri. King era stato aggiornato sulla vicenda dello sciopero dal suo amico James Lawson, un sacerdote di Memphis convinto sostenitore della nonviolenza. Lawson incoraggio' King a intervenire nonostante che il suo staff nutrisse qualche riserva. Andrew Young ricorda: "Avevamo pianificato che sarebbero state quindici le citta' da coordinare. Stavamo cercando di mettere insieme i bianchi poveri, gli ispanici, i neri del sud e quelli del nord... intendo dire che eravamo gia' pieni di lavoro fino al collo e non riuscivo a capire come ci si potesse imbarcare in qualcos'altro". King arrivo' a Memphis - era gia' un mese che lo sciopero andava avanti - con l'intenzione di rimanervi solo un giorno, ma fu spinto dalla condizione dei lavoratori a fermarsi piu' a lungo. Durante lo sciopero i lavoratori della nettezza urbana sollevarono dei cartelli con su scritto "Io sono un uomo", i militanti antirazzisti portarono manifesti contro il razzismo, i sostenitori del sindacato mostrarono cartelli filo-sindacali. Per molte persone di colore lo sciopero di Memphis riguardava anche la questione della razza; per molti lavoratori e sindacalisti riguardava il lavoro. King si uni' alla manifestazione con il petto ricoperto dalle varie scritte. Condusse un corteo di protesta che riscosse meno successo di quello che si pensava - la marcia sfocio' nella violenza e fu sospesa a meta' strada - ma King progetto' di intraprenderne un altro e di accompagnarlo con un'azione di protesta. Venne assassinato due settimane prima che la marcia successiva avesse luogo. Spesso chiamato a rispondere alla domanda "Perche' Memphis?", King rispose cosi' in un discorso: "Sappiamo che bandire la segregazione razziale dai ristoranti non e' abbastanza. Che cosa se ne fa un uomo di posti come questi se non guadagna abbastanza soldi per comprare un hamburger e una tazza di caffe'?". Memphis metteva chiaramente in luce questo punto e fu cosi' che gli interventi di King durante lo sciopero divennero intercambiabili con quelli in difesa dei diritti del lavoro. King traccio' anche un'analogia con la parabola del Buon Samaritano e del viandante aggredito sulla strada di Gerico; i lavoratori erano gli ultimi fra gli uomini, i feriti, gli spodestati, quelli abbandonati dalla democrazia americana ai margini della strada, e il movimento per i diritti civili, invece, era il Buon Samaritano. * Piu' drammatico che analitico, Going Down Jericho Road e' uno splendido esempio di storia documentaria che, a mio avviso, non perde niente evitando di teorizzare sulle dinamiche di razza e di classe. Racconta una storia, ne traccia lo sfondo e vi include una varieta' di punti di vista. Honey getta luce sulla relazione tra razza e classe offrendo un esempio narrativo piuttosto che un'esegesi. Sembra quasi che sia riuscito a intervistare ogni persona in qualche modo coinvolta con lo sciopero di Memphis. Essendo composto per la maggior parte da testimonianze orali, Going Down Jericho Road e' piuttosto pesante, ma e' necessario che sia cosi'. In esso ci sono una marea di voci e il tentativo di guardare in modo nuovo a un uomo in particolare - King, il martire della lotta per i diritti civili ridotto a figura monotona - a cui Honey da' nuova vita tramite l'uso di fresche e poco note citazioni. La Campagna dei poveri si areno' dopo l'assassinio di King, ma lo sciopero di Memphis fu in definitiva un successo. Dopo la morte di King, Loeb dovette affrontare una grande forza che, scrive Honey, "era rappresentata dalla coalizione che King aveva sempre cercato di costituire rendendo lo sciopero di Memphis un momento di connessione tra la lotta per la liberta' nera, la giustizia economica e la creazione di un'alleanza tra il movimento dei diritti civili e quello dei lavoratori". La coalizione comprendeva leader dei sindacati non solo nazionali, dirigenti, autotrasportatori, lavoratori della sanita', venditori al dettaglio e commessi, contadini ed elettricisti, la American Screen Actors' Guild e gli insegnanti della National Education Association tutti uniti per opporsi al razzismo e al classismo. Loeb fu costretto, suo malgrado, ad accettare il diritto democratico dei lavoratori a formare un sezione locale dell'Afscme, un successo che apri' la strada alla generale sindacalizzazione dei dipendenti pubblici di Memphis. Senza dubbio Honey vuole mostrarci che anche oggi sono possibili vaste alleanze in grado di congiungere gli interessi di un ampio settore dei lavoratori americani con un'agenda che tenga conto delle questioni etniche e di genere. * Il ricordo di King sara' con noi per sempre; la festa nazionale ce ne da' la certezza. Da un lato egli sembra un vincitore nella politica americana delle immagini. Dall'altro l'importanza della sua eredita' e' stata sminuita nel momento in cui si e' deciso di separare il programma dei diritti civili da quello per il miglioramento economico. La confusione circa il suo lascito e', di fatto, illusoria; per rompere la ragnatela basta ricordarsi della Campagna dei poveri. Abbiamo bisogno della rilettura che Honey ha fatto di King - il sindacalista e leader di un fronte unito. Abbiamo bisogno di questa immagine in occasione di ogni festa in suo onore, altrimenti King avra' solo ottenuto una vittoria di Pirro nella politica delle immagini. 4. FULVIO CESARE MANARA: STUDIARE MARTIN LUTHER KING [Nuovamente proponiamo il seguente intervento di Fulvio Cesare Manara gia' apparso su "La nonviolenza e' in cammino, n. 969 del 22 giugno 2005] Di Martin Luther King, come di Gandhi, sono note al largo pubblico piu' che altro le "immaginette" che ne dipingono un profilo a dir poco agiografico. Non ci dobbiamo stancare di promuovere una conoscenza piu' autentica di queste persone che hanno cercato nella loro vita e nel loro pensiero la nonviolenza, sperimentando le modalita' creative dell'azione nonviolenta. Un esempio per comprendere quanto Martin Luther King sia assente da una comprensione diffusa lo si puo' ottenere semplicemente guardando a quanto delle sue opere e' mantenuto in circolazione dagli editori nel nostro paese. Si trova facilmente il celeberrimo La forza di amare, ma, a chi volesse andare un po' oltre, non risulta altrettanto semplice l'impresa di documentarsi: ad esempio riprendendo l'interesse che una parte dell'editoria italiana manifesto' alla fine degli anni sessanta mettendo in circolazione altre traduzioni, di opere di sicuro interesse, come Marcia verso la liberta' (Ando', Palermo 1968) - che e' il resoconto che egli pubblico' agli inizi del 1959 sull'esperienza di lotta a Montgomery -; Lettera dal carcere (La locusta, Vicenza 1968); Il fronte della coscienza (Sei, Torino 1968), Perche' non possiamo aspettare (Ando', Palermo 1970), Dove stiamo andando, verso il caos o la comunita'? (Sei, Torino 1970). Negli Stati Uniti centinaia di articoli, libri e dissertazioni continuano ad essere prodotti su King e il movimento per i diritti civili. Da noi non giunge nemmeno l'eco di questo fermento, come che sia. E' necessario che anche in Italia giovani studiosi e persone interessate progettino ricerca attorno alla raccolta dei suoi scritti. * Una equipe (guidata dallo storico Clayborne Carson) sta raccogliendo ed editando presso la Stanford University: The Papers of Martin Luther King jr. di cui sono previsti quattordici volumi, e finora sono apparsi, presso la University of California Press: 1. Called to Serve (January 1929 - June 1951); 2. Rediscovering Precious Values (July 1951 - November 1955); 3. Birth of a New Age (December 1955 - December 1956); 4. Symbol of the Movement (January 1957 - December 1958); 5. Threshold of a New Decade (January 1959 - December 1960). [Agli inizi del 2007 e' uscito anche il sesto volume della serie dei "Papers" di Martin Luther King: 6. Advocate of the Social Gospel (September 1948 - March 1963), sempre, ovviamente, per la University of California Press. Esso interrompe la pubblicazione cronologica dei testi per documentare l'attivita' di predicatore di Martin Luther King, riprendendo dall'inizio - dobbiamo anche questa segnalazione a F. C. M. - ndr]. Si tratta di un lavoro di estrema importanza, com'e' ovvio. Il "MLK Papers Project" ha realizzato il piu' esteso inventario sinora prodotto comprensivo dei sermoni, dei discorsi, delle dichiarazioni pubbliche, oltre che dei manoscritti e degli scritti pubblicati, cosi' da realizzare un catalogo informatico di quasi seimila schede (e verra' aggiornato per ogni successivo ritrovamento). In queste schede ogni ricercatore puo' reperire informazioni utili ad identificare i documenti e la loro collocazione archivistica in originale. Una selezione di queste appare nei volumi a stampa. Gia' sin d'ora e' possibile studiare e conoscere approfonditamente le tracce scritte che Martin Luther King ha lasciato vivendo le campagne di disubbidienza civile e azione nonviolenta a Montgomery, in Alabama, ad esempio, che hanno rappresentato il punto di svolta piu' significativo nella "conversione" alla nonviolenza e nella determinazione all'azione diretta nonviolenta in questo straordinario testimone. A chi volesse cominciare ad approfondire la storia di Martin Luther King, e leggesse l'inglese, suggerisco di esplorare le ben documentate ed ampie pagine biografiche che l'equipe di Stanford ha messo in rete, all'indirizzo: www.stanford.edu/group/King/about_king/ 5. ET COETERA Martin Luther King, nato ad Atlanta in Georgia nel 1929, laureatosi all'Universita' di Boston nel 1954 con una tesi sul teologo Paul Tillich, lo stesso anno si stabilisce, come pastore battista, a Montgomery nell'Alabama. Dal 1955 (il primo dicembre accade la vicenda di Rosa Parks) guida la lotta nonviolenta contro la discriminazione razziale, intervenendo in varie parti degli Usa. Premio Nobel per la pace nel 1964, piu' volte oggetto di attentati e repressione, muore assassinato nel 1968. Opere di Martin Luther King: tra i testi piu' noti: La forza di amare, Sei, Torino 1967, 1994 (edizione italiana curata da Ernesto Balducci); Lettera dal carcere di Birmingham - Pellegrinaggio alla nonviolenza, Movimento Nonviolento, Verona 1993; L'"altro" Martin Luther King, Claudiana, Torino 1993 (antologia a cura di Paolo Naso); "I have a dream", Mondadori, Milano 2001; Il sogno della nonviolenza. Pensieri, Feltrinelli, Milano 2006; cfr. anche: Marcia verso la liberta', Ando', Palermo 1968; Lettera dal carcere, La Locusta, Vicenza 1968; Il fronte della coscienza, Sei, Torino 1968; Perche' non possiamo aspettare, Ando', Palermo 1970; Dove stiamo andando, verso il caos o la comunita'?, Sei, Torino 1970. Presso la University of California Press, e' in via di pubblicazione l'intera raccolta degli scritti di Martin Luther King, a cura di Clayborne Carson (che lavora alla Stanford University). Sono usciti sinora sei volumi (di quattordici previsti): 1. Called to Serve (January 1929 - June 1951); 2. Rediscovering Precious Values (July 1951 - November 1955); 3. Birth of a New Age (December 1955 - December 1956); 4. Symbol of the Movement (January 1957 - December 1958); 5. Threshold of a New Decade (January 1959 - December 1960); 6. Advocate of the Social Gospel (September 1948 - March 1963); ulteriori informazioni nel sito: www.stanford.edu/group/King/ Opere su Martin Luther King: Arnulf Zitelmann, Non mi piegherete. Vita di Martin Luther King, Feltrinelli, Milano 1996; Sandra Cavallucci, Martin Luther King, Mondadori, Milano 2004. Esistono altri testi in italiano (ad esempio Hubert Gerbeau, Martin Luther King, Cittadella, Assisi 1973), ma quelli a nostra conoscenza sono perlopiu' di non particolare valore: sarebbe invece assai necessario uno studio critico approfondito della figura, della riflessione e dell'azione di Martin Luther King (anche contestualizzandole e confrontandole con altre contemporanee personalita', riflessioni ed esperienze di resistenza antirazzista in America). Una introduzione sintetica e' in "Azione nonviolenta" dell'aprile 1998 (alle pp. 3-9), con una buona bibliografia essenziale. * Darryl Lorenzo Wellington, scrittore, poeta, critico, intellettuale di forte impegno civile, vive a Charleston, in South Carolina, scrive sul "Washington Post", "The Christian Science Monitor", "Boston Review", "Dissent". * Michael K. Honey, da sempre impegnato per i diritti umani, ricercatore sociale, saggista, e' docente di "Labor and Ethnic Studies and American History" allo Interdisciplinary Arts and Sciences Program dell'University of Washington, a Tacoma (Wa); ha preso parte ed e' tuttora impegnato in varie campagne e movimenti; ha tra l'altro diretto il "National Committee Against Repressive Legislation" a Memphis tra il 1970 e il 1976; ha ricevuto numerosi riconoscimenti sia accademici che per il suo impegno civile. Tra le opere di Michael K. Honey: Southern Labor and Black Civil Rights: Organizing Memphis Workers, Urbana: University of Illinois Press, 1993; Black Workers Remember: An Oral History of Segregation, Unionism, and the Freedom Struggle, Berkeley: University of California Press, 1999; Going Down Jericho Road: The Memphis Strike, Kingís Last Campaign, New York City: W.W. Norton, 2007. * Fulvio Cesare Manara (per contatti: philosophe0 at tin.it) e' un prestigioso studioso e amico della nonviolenza; nato a Bergamo il 29 giugno 1958, coniugato con tre figli, laureato in filosofia presso l'Universita' di Milano discutendo la tesi "Fides falsa. Il concetto di eresia in Tommaso d'Aquino", ha frequentato seminari di ricerca e studio presso vari enti: il Program on Nonviolent Sanctions della Harvard University, la Western Michigan University, la American Philosophical Association (Central Division), e la Albert Einstein Institution (Cambridge, Ma, Usa). Perfezionatosi a Padova in didattica della filosofia, e' stato ricercatore esterno della Fondazione Tovini presso il Dipartimento di filosofia dell'Universita' di Padova, dove ha condotto una ricerca sul laboratorio di filosofia. Nell'anno accademico 2004-2005 ha insegnato "Religioni e diritti dell'uomo" al Master di II livello dell'Universita' degli Studi di Bergamo. Nel settore della didattica della filosofia insegna filosofia e storia nei licei statali; opera quale formatore di formatori e interviene in corsi di formazione promossi da istituti superiori in varie parti d'Italia ed in seminari e corsi promossi dal Ministero e da altre agenzie (la piu' recente attivita' e' la funzione di moderatore in due forum della Sfi per l'Indire); ha collaborato al laboratorio di didattica della filosofia presso la Siss Veneto; e' membro del consiglio direttivo e della commissione didattica nazionale della Societa' filosofica italiana; suo campo di sperimentazione e di indagine e' la comunita' di ricerca filosofica e il laboratorio di filosofia; collabora in qualita' di redattore a "Comunicazione filosofica. Rivista telematica di ricerca e didattica filosofica" (sito: www.getnet.it/sfi/013.html); collabora in qualita' di formatore esterno al corso di perfezionamento in filosofia e didattica della filosofia dell'Universita' di Bari, e al corso di perfezionamento in metodologia dell'insegnamento filosofico presso l'Universita' di Padova. Nel settore disciplinare della didattica della filosofia ha pubblicato una quindicina di saggi e alcune recensioni, oltre al volume "Comunita' di ricerca e iniziazione al filosofare. Appunti per una nuova didattica della filosofia", Lampi di Stampa, Milano 2004. Nel settore degli studi sulla nonviolenza si occupa continuativamente di etica della nonviolenza, settore in cui ha pubblicato una ventina tra saggi e articoli; opera quale formatore con esperienza di metodologia attiva: addestrato nelle competenze dell'ascolto attivo e della gestione del lavoro di gruppo, grazie ad una esperienza ventennale di animazione e facilitazione di gruppi, anima a sua volta all'ascolto attivo, ad una gestione di gruppo centrata sulla leadership partecipativa ed alla trasformazione nonviolenta dei conflitti. Dal 2002 e' collaboratore della cattedra di Pedagogia sociale dell'Universita' di Bergamo, ove si occupa in particolare del tema della trasformazione nonviolenta dei conflitti. Tra le opere di Fulvio Cesare Manara: Scritti vari sulla nonviolenza, l'obiezione di coscienza e l'educazione alla pace, Eirene, Bergamo 1990; (a cura di), La nonviolenza si impara, Celsb, Bergamo 2003; Tra cattedra e vita. Comunicazione e insegnamento della filosofia tra Kant e Gentile, Lampi di stampa, Milano 2004; Comunita' di ricerca e iniziazione al filosofare. Appunti per una nuova didattica della filosofia, Lampi di Stampa, Milano 2004; Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi in un'eta' di terrorismi, Unicopli, Milano 2006. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 76 del 6 luglio 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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