Voci e volti della nonviolenza. 76



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 76 del 6 luglio 2007

In questo numero:
1. Martin Luther King: Un tamburo maggiore per la rettitudine
2. Martin Luther King: Sogni non realizzati
3. Darryl Lorenzo Wellington presenta "Going Down Jericho Road: The Memphis
Strike. King's Last Campaign" di Michael K. Honey
4. Fulvio Cesare Manara: Studiare Martin Luther King
5. Et coetera

1. MARTIN LUTHER KING: UN TAMBURO MAGGIORE PER LA RETTITUDINE
[Nuovamente riproduciamo il seguente testo e nuovamente ringraziamo Fulvio
Cesare Manara per averci messo a disposizione l'antologia di scritti e
discorsi di Martin Luther King da lui curata, Memoria di un volto: Martin
Luther King, Dipartimento per l'educazione alla nonviolenza delle Acli di
Bergamo, Bergamo 2002, che reca sue traduzioni di discorsi e scritti del
grande maestro della nonviolenza. Il testo seguente e' la traduzione di "The
Drum Major Instinct", sermone pronunciato nella chiesa battista di Ebenezer,
Atlanta, il 4 febbraio 1968]

Ogni tanto, immagino, tutti noi pensiamo in modo realistico al giorno in cui
resteremo vittime di quello che e' il definitivo comune denominatore della
vita: quella cosa che chiamiamo morte. Tutti noi ci pensiamo. E di tanto in
tanto io penso alla mia morte, e penso al mio funerale. Non ci penso in
maniera morbosa. Di tanto in tanto mi domando: "Che cosa vorrei che
dicessero?". E stamani lascio a voi la parola.
Quel giorno mi piacerebbe che si dicesse: Martin Luther King junior ha
cercato di dedicare la vita a servire gli altri.
Quel giorno mi piacerebbe che si dicesse: Martin Luther King junior ha
cercato di amare qualcuno.
Vorrei che diceste, quel giorno, che ho cercato di essere giusto sulla
questione della guerra.
Quel giorno vorrei che poteste dire che ho davvero cercato di dar da
mangiare agli affamati.
E vorrei che poteste dire, quel giorno, che nella mia vita ho davvero
cercato di vestire gli ignudi.
Vorrei che diceste, quel giorno, che ho davvero cercato, nella mia vita, di
visitare i carcerati.
Vorrei che diceste che ho cercato di amare e servire l'umanita'.
Si', se volete dire che sono stato un tamburo maggiore, dite che sono stato
un tamburo maggiore per la giustizia. Dite che sono stato un tamburo
maggiore per la pace. Sono stato un tamburo maggiore per la rettitudine.
E tutte le altre cose di superficie non conteranno. Non avro' denaro da
lasciare dietro di me. Non avro' le cose belle e lussuose della vita da
lasciare dietro di me. Ma io voglio avere soltanto una vita impegnata da
lasciarmi alle spalle. Ed e' tutto quel che volevo dire.
Se riesco ad aiutare qualcuno mentre passo, se riesco a rallegrare qualcuno
con una parola o con un canto, se riesco a mostrare a qualcuno che sta
andando nella direzione sbagliata, allora non saro' vissuto invano. Se
riesco a fare il mio dovere come dovrebbe un cristiano, se riesco a portare
la salvezza a un mondo che e' stato plasmato, se riesco a diffondere il
messaggio come il Maestro ha insegnato, allora la mia vita non sara' stata
invano.

2. MARTIN LUTHER KING: SOGNI NON REALIZZATI
[Nuovamente riproduciamo il seguente testo e nuovamente ringraziamo Fulvio
Cesare Manara. Il testo seguente e' quello del sermone pronunciato nella
chiesa battista di Ebenezer, ad Atlanta, il 3 marzo 1968]

Immagino che uno dei grandi tormenti della vita sia che non smettiamo mai di
cercare di terminare quel che non puo' essere terminato. Ci viene imposto di
farlo. E cosi' anche noi, come Davide, in tante circostanze della vita
dobbiamo arrenderci ai fatti: i nostri sogni non si sono realizzati.
La vita e' una serie continua di sogni infranti. Il Mahatma Gandhi si e'
adoperato per anni e anni per l'indipendenza del suo popolo. Ma Gandhi ha
dovuto arrendersi al fatto di essere stato assassinato e di morire con il
cuore spezzato, perche' il paese che voleva unificare alla fine e' stato
diviso fra India e Pakistan, in conseguenza del conflitto fra indu' e
musulmani.
Woodrow Wilson sognava una Lega delle Nazioni, ma e' morto prima che la
promessa fosse esaudita.
L'apostolo Paolo a un certo punto dice di voler andare in Spagna. Era il suo
sogno piu' grande, portare il vangelo in quella regione. Paolo non e' mai
andato in Spagna; e' finito nella cella di un carcere a Roma. Cosi' e' la
vita.
Tanti fra i nostri antenati cantavano canti di liberta'. E sognavano il
giorno in cui sarebbero potuti uscire dalla schiavitu', dalla lunga notte
dell'ingiustizia. E cantavano certe piccole canzoni: "Nessuno sa i guai che
ho patito, nessuno lo sa, soltanto Gesu'". Pensavano a giorni migliori e
accarezzavano il loro sogno. E dicevano: "Sono tanto felice, perche' i
dolori non durano per sempre. Tra poco, tra poco, potro' deporre il mio
pesante fardello" (1). E cantavano cosi' perche' avevano un sogno grande e
potente; ma molti di loro sono morti senza vederlo realizzato.
E ciascuno di voi, in un certo modo, sta costruendo una specie di tempio.
La lotta c'e' sempre. Ogni tanto ci fa perdere di coraggio. Ogni tanto
diventa molto deludente. Alcuni di noi cercano di costruire un tempio della
pace. Facciamo dichiarazioni contro la guerra, protestiamo, ma e' come se
con la testa volessimo abbattere un muro di cemento. Sembra che non serva a
niente. E molto spesso, mentre si cerca di costruire il tempio della pace si
rimane soli; si resta scoraggiati; si resta smarriti.
Ebbene, cosi' e' la vita. E quel che mi rende felice e' che attraverso la
prospettiva del tempo riesco a sentire una voce che grida: "Forse non sara'
per oggi, forse non sara' per domani, ma e' bene che sia nel tuo cuore. E'
bene che tu ci provi". Magari non riuscirai a vederlo. Il sogno puo' anche
non realizzarsi, ma e' comunque un bene che tu abbia un desiderio da
realizzare. E' bene che sia nel tuo cuore.
*
Adesso, lasciatemi aggiungere un altro punto. Ogni volta che vi accingete a
costruire un tempio creativo, di qualunque genere sia, dovete accettare il
fatto che nel cuore dell'universo esiste una tensione tra bene e male.
L'induismo descrive questa situazione come una lotta fra illusione e
realta'. La filosofia platonica la descriveva come una lotta fra il corpo e
l'anima. Lo zoroastrismo, una religione antichissima, la descriveva come una
tensione fra il dio della luce e il dio delle tenebre. Il giudaismo
tradizionale e il cristianesimo la descrivono come una tensione fra Dio e
Satana. Comunque vogliate chiamarla, nell'universo esiste la lotta fra il
bene e il male.
Ebbene, non si tratta di una lotta collocata da qualche parte laggiu', nelle
forze esterne dell'universo, e' una lotta strutturale alla nostra stessa
vita. Gli psicologi hanno cercato di affrontare la questione alla loro
maniera, e quindi la descrivono in vari modi. Secondo Freud, questa tensione
e' la tensione fra quelli che egli chiama Es e Super?io. Alcuni di noi
pensano che sia una tensione fra Dio e l'uomo.
Comunque, in ciascuno di noi, c'e' una guerra in corso. E' una guerra
civile. Non conta chi sei, non conta dove vivi, nella tua vita c'e' una
guerra civile in corso.
E ogni volta che tu ti disponi a essere buono, qualcosa ti strattona, ti
dice di essere malvagio. Succede nella tua vita. Ogni volta che ti
predisponi ad amare, qualcosa comincia a tirarti dalla sua parte, cercando
di farti arrivare a odiare. Ogni volta che vorresti essere buono e dire cose
gentili sugli altri, qualcosa ti spinge a essere geloso e invidioso e a
diffondere malignita' sul loro conto. C'e' una guerra civile in corso.
In tutti noi esiste una sorta di schizofrenia, come la chiamerebbero gli
psicologi e gli psichiatri. E a volte tutti noi in qualche modo sappiamo di
avere dentro un mister Hyde e un dottor Jekyll. E alla fine dobbiamo
esclamare, insieme a Ovidio, il poeta latino: "Vedo le cose migliori della
vita e le approvo, ma quelle che faccio sono le cose malvagie". Alla fine ci
tocca essere d'accordo con Platone, e dire che l'indole dell'uomo e' come un
uomo che guida un carro con due cavalli testardi, ciascuno dei quali vuole
andare in una direzione diversa. Oppure, a volte ci tocca esclamare
addirittura, come fa sant'Agostino nelle Confessioni: "Signore, purificami,
ma non subito" [Confessioni, lib. VIII, cap. 7]. Alla fine, ci tocca
esclamare con l'apostolo Paolo: "E cosi' non faccio quel bene che voglio;
faccio invece il male che non voglio" [Rm, 7, 19]. Oppure, alla fine
dobbiamo dire con Goethe che "in me c'e' stoffa sufficiente per un
galantuomo e per un farabutto".
Nel cuore della natura umana esiste una tensione: e ogni volta che ci
disponiamo a sognare i nostri sogni o a costruire i nostri templi, dobbiamo
essere cosi' onesti da riconoscerlo.
*
In ultima analisi, Dio non ci giudica per i singoli incidenti o per i
singoli errori che commettiamo, ma per la tendenza generale della nostra
vita. In ultima analisi, Dio sa che i suoi figli sono deboli e sono fragili.
In ultima analisi, quel che Dio chiede e' che il vostro cuore sia retto.
E' la questione che vorrei sollevare con voi: il vostro cuore e' retto? Se
non lo e', raddrizzatelo oggi; chiedete a Dio di raddrizzarlo. Fate che di
voi si possa dire: "Magari non avra' raggiunto la vetta piu' alta, magari
non avra' realizzato tutti i suoi sogni, pero' ha tentato". Non e' forse
meraviglioso che si possa dire di voi una cosa simile? "Ha tentato di essere
un uomo buono. Ha tentato di essere un uomo giusto. Ha tentato di essere un
uomo onesto. Aveva buon cuore". E mi sembra di sentire una voce che
attraverso l'eternita' grida: "Io ti accetto. Tu hai ricevuto la mia grazia
perche' era nel tuo cuore. Ed e' molto bene che fosse nel tuo cuore".
Non so per quanto riguarda voi, ma io posso rendere una testimonianza. Non
e' il caso che andiate a dire in giro che Martin Luther King e' un santo. No
davvero. Stamani voglio che sappiate che sono un peccatore come tutti i
figli di Dio. Pero' voglio essere un uomo buono. E un giorno voglio sentire
una voce che mi dice: "Ti accolgo e ti benedico, perche' hai tentato. E'
bene che cio' fosse nel tuo cuore".
*
Note
1. King cita due celebri esempi della tradizione spiritual: Nobody Knows e
By and By.

3. DARRYL LORENZO WELLINGTON PRESENTA "GOING DOWN JERICHO ROAD: THE MEMPHIS
STRIKE. KING'S LAST CAMPAIGN" DI MICHAEL K. HONEY
[Dalla rivista "Lo straniero", n. 85, luglio 2007 riprendiamo il seguente
articolo (disponibile anche nel sito www.lostraniero.net) dal titolo
"L'altro lato della montagna. Su Martin Luther King" originariamente apparso
su "Dissent", primavera 2007 (traduzione di Elisabetta Lopalco)]

Mentre scrivo queste righe il Martin Luther King Day del 2007 si e' appena
concluso. Con il passare degli anni - il 2007 e' il trentanovesimo
anniversario della sua morte - l'appartenenza di King al pantheon dei grandi
personaggi americani e l'unicita' storica del movimento di protesta
nonviolenta da lui capeggiato appaiono sempre piu' indiscutibili. Un festa
nazionale e' un onore che gli si deve. Tuttavia, il memoriale che si svolge
ogni anno e' sia il culmine del lascito di King sia un peso che grava su di
esso.
Ho partecipato alle celebrazioni in onore di King a Charleston, Sud
Carolina, e certamente rispecchiano quelle avvenute in tutti gli Stati
Uniti. Ci sono state le solite parate - licei, college, sostenitori della
Naacp (National Association for the Advancement of Colored People) - e i
soliti discorsi, sermoni e omelie. Ho anche preso parte a un banchetto di
studenti universitari che avevano passato la giornata a onorare il concetto
di altruismo impegnandosi in attivita' umanitarie. Per quel che vale
l'attivismo di base, gli studenti si erano comportati da novellini, ma le
loro intenzioni erano buone. Quello che mancava era la sensazione di tumulto
e di lotta. Con questo intendo dire la possibilita' di svolgere
dimostrazioni di massa e campagne per la giustizia paragonabili a quelle
avute per eliminare il concetto di cittadini di seconda classe e la
segregazione. Nell'America di oggi non esiste nessun muro di ingiustizia
tanto visibile e indifendibile come lo era la segregazione. Non ci sono ne'
proteste ne' sollevazioni di massa simili a quelle che si ebbero negli anni
Sessanta. C'e' la guerra in Iraq; ma non c'e' nessun obbligo di leva. Ci
sono ghetti inumanamente privi di tutto come ai tempi di King e ingiustizie
di massa come l'assenza di un'assistenza sanitaria universale; ma c'e' poca
consapevolezza di come si potrebbe rimediare a questi mali tramite raduni e
marce di protesta. Cio' che manca a queste commemorazioni e' il senso delle
impellenze politiche che bussano alla porta. Cosi' il risultato e' un
linguaggio privo di forza politica e di forza retorica.
Ogni anno ci viene ricordato che King era un "nonviolento", ma troppo poca
attenzione e' data alla nonviolenza sia come filosofia che come tattica
politica. Questa sembra essere il privilegio beatifico di un santo che, tra
le altre cose, aveva un "sogno". Il King Day e' tanto piatto da rendere
possibile che nessuno dei partecipanti apprenda (o ricordi) che poco prima
della sua morte ci fu una frattura tra King e la Naacp, e che questa lo
accuso' nel 1967 di essersi opposto alla guerra in Vietnam. Ne' e' probabile
che si sentano critiche rivolte a King provenire dall'interno della sua
organizzazione, la Southern Christian Leadership Conference, che, secondo
Ella Baker, appare troppo dipendente da King quasi fosse un carismatico
prestanome.
Il banchetto di studenti al quale mi sono trovato a partecipare si e'
concluso con una lettura di testi di King. Gli studenti li hanno letti con
le loro voci, senza lo sfavillio retorico di King, a volte bene, a volte con
qualche incertezza. L'effetto e' stato piu' che affascinante; e' stato -
finalmente - potente. Ci ha aiutato ascoltare le parole e, nelle parole,
rintracciare la violenza e la disperazione del tempo in cui sono state
pronunciate. Questo pubblico di giovani aveva finalmente iniziato a capire
che nonostante il messaggio di King non fosse cosi' complicato - ricerca
dell'uguaglianza, protesta appassionata e amore cristiano - era il messaggio
giusto per quel periodo, e fu in grado di scuotere il mondo. Tuttavia questa
chiarezza genera una nuova confusione. Il dilemma e' come onorare il
messaggio di King adattandolo al mondo di oggi.
*
Ci aiuta a correggere la visione corrente che ci viene data del linguaggio e
dell'eredita' di King un libro come Going Down Jericho Road: The Memphis
Strike. King's Last Campaign, di Michael K. Honey (W.W. Norton, 2007, che ci
auguriamo venga presto tradotto in italiano, ndr). E' una risposta al
dilagare delle consuete immagini sentimentali di Rosa Parks e del
boicottaggio dell'autobus di Montgomery o della marcia su Washington. Il
libro di Honey si occupa della Campagna dei poveri, l'ultima intrapresa da
King prima della sua morte. La Campagna dei poveri rimane tuttora
controversa. King cerco' di dar vita a un movimento di protesta di massa,
nel bel mezzo delle agitazioni per il Vietnam, e il suo gesto fu criticato
come un tentativo frenetico di umiliare il governo, costringendolo a porre
fine alla guerra in Vietnam e a destinare le proprie risorse alla
realizzazione di riforme economiche su larga scala.
Lo scrittore inizia con il fornire una breve spiegazione sulla sua relazione
con il materiale trattato. Nel 1968 Honey era un giovane attivista. Egli
ricorda: "Come molti militanti della nuova sinistra, nel 1968, pensavo che
forse King non fosse abbastanza radicale. Poi inizio' la sua Campagna dei
poveri, un tentativo disperato di convincere il governo a spostare le sue
priorita' dalla spesa militare all'abbattimento della poverta'. King sperava
di creare un movimento dei poveri, cominciando dal delta del Mississippi,
cuore del cotone, della segregazione e della poverta'. Ando' anche a
Memphis, la capitale economica del Tennessee, per appoggiare 1300 lavoratori
della nettezza urbana in sciopero per i propri diritti". King porto' la
Campagna dei poveri a Memphis e mise la sua notorieta' a sostegno dei
dipendenti della nettezza urbana. E' proprio qui che venne assassinato il 4
aprile 1968.
Michael Honey si trasferi' a Memphis nel 1970 e trascorse i sei anni
successivi a lavorare per la sezione locale dell'Aclu (American Civil
Liberties Union). "Arrivai a Memphis due anni dopo la morte di King, ma
quando iniziai le ricerche per il libro mi resi conto che comprendevo poco
di quello che era accaduto in citta' durante le grandi sollevazioni del '68
e del '69". Honey divenne amico di molti degli organizzatori e degli
attivisti che erano stati coinvolti nello sciopero; essi gli fornirono una
prospettiva unica dalla quale guardare alla citta' tristemente nota nel
resto del mondo come teatro della morte di King. Per Honey, Memphis era
anche il luogo di uno sciopero disperato che aveva fortemente attirato
l'attenzione di King, tanto da rimanere per sempre legato alla sua storia e
al suo tragico destino.
Questo e' certamente il libro piu' esauriente che sia mai stato scritto
circa lo sciopero dei lavoratori della nettezza urbana di Memphis e la
partecipazione di King a esso. Proprio come lo sciopero, il libro di Honey
incomincia prima dell'arrivo di King. E' importante per lo scrittore non far
scomparire i nomi e i volti di chi vi partecipo' dietro la fama di
quest'ultimo. Honey ci ricorda che lo sciopero "ando' avanti con le sue
rivendicazioni e con i suoi leader, ma il caso volle che l'evento locale e
la storia di King risultassero irrimediabilmente intrecciati".
Tuttavia questo e' anche un libro su King. E' un tentativo di rivalutazione
della sua eredita', un omaggio non apologetico, che prova a sostituire
l'immagine logora che oggi possediamo con una nuova e adeguata. Honey
scrive: "La storia di Memphis ci fornisce uno spiraglio per comprendere le
lotte degli anni Sessanta cosi' come i grandi ostacoli che si sono frapposti
tra il sogno di King e il raggiungimento di una societa' unita, pacifica,
integrata e democratica. E' una storia, inoltre, che si e' quasi del tutto
persa nella Storia. Anche se molte persone sanno che King mori' a Memphis,
molti non sanno cosa stesse facendo la'; le persone non sanno che egli mori'
nel corso di una lotta per assicurare ai lavoratori il diritto di avere un
sindacato".
La scintilla che accese la miccia che porto' allo sciopero fu la morte senza
senso di due lavoratori della nettezza urbana. "Alla fine di un miserabile,
freddo giorno di lavoro gli sporchi, consunti vestiti di Echol Cole e Robert
Walker puzzavano d'immondizia. La citta' non metteva a loro disposizione
guanti, uniformi o un posto dove farsi una doccia. Lavoravano duro, alzavano
i secchi dell'immondizia e se li caricavano sulle spalle o sulla testa o su
dei carretti per scaricarne il contenuto in camion antiquati. Quel giorno
Cole e Walker camminavano su un asse precario e maleodorante teso tra
l'ariete idraulico usato per pressare l'immondizia e ridurla a un piccolo
mucchio e la parete del cavernoso container del camion".
I camion degli impiegati della nettezza urbana erano - a dir poco -
antiquati e quelli piu' inefficienti dal punto di vista meccanico si
accendevano occasionalmente da soli.  Questo e' esattamente cio' che
successe il giorno in cui Cole e Walker morirono; il sistema idraulico del
camion si avvio' da solo e il pistone si abbatte' sui due uomini
uccidendoli. Uno dei due mori' sul colpo. L'altro tento' di mettersi in
salvo, ma il pistone idraulico aggancio' il suo cappotto e lo tiro' giu'. Un
uomo che assistette a questo disperato tentativo di fuga ricorda: "era in
piedi al bordo del camion e improvvisamente era come se quella grossa cosa
lo avesse inghiottito".
Honey non ha una vena poetica, ma e' attraverso i fatti che ci descrive come
il lavoro si svolgesse in condizioni pericolose, disumane e segreganti. Dopo
la morte dei due uomini - una morte cosi' grottesca da sfidare qualsiasi
film dell'orrore - "quasi 1300 uomini di colore del Dipartimento dei lavori
pubblici di Memphis scioperarono senza preavviso". Lo sciopero inizio' come
un atto di sfida emotivo. Ma per proseguire e raggiungere dei risultati
aveva bisogno di organizzazione e sostegno. Il sindaco di Memphis, Henry
Loeb, aveva gia' represso uno sciopero degli impiegati della nettezza urbana
due anni prima costringendo tutti a tornare al lavoro senza nessuna
concessione. Loeb era famoso per la sua opposizione ai diritti dei
lavoratori e, in particolare, ai diritti dei lavoratori di colore. Affermava
che non avevano ne' il diritto di sciopero ne' il diritto di organizzarsi in
un sindacato. Loeb era inflessibile su questo argomento, nonostante che in
Tennessee esistessero gia' dei sindacati all'interno di professioni
governative dove i lavoratori bianchi erano dominanti.
T. O. Jones, un delegato sindacale locale, "penso' che fosse arrivato il
momento di organizzarsi e farsi valere". Il suo sindacato, l'American
Federation of State, County and Municipal Employees (Afscme), invio' dei
mediatori a Memphis e sostenne finanziariamente gli scioperanti. Jones
stilo' anche la prima lista ufficiale delle rimostranze dei lavoratori della
nettezza urbana. "Paghe inferiori ai 70 dollari a settimana, nessuna
garanzia di ottenere una paga accettabile nei giorni di pioggia, macchinari
vecchi e norme di sicurezza inadeguate, timore di essere licenziati perche'
iscritti a un sindacato, nessuna prospettiva di miglioramento". Alla fine
anche l'Afl-Cio (la maggiore organizzazione sindacale, nata dall'unione
dell'American Federation of Labour e del Congress of Industrial
Organizations) sostenne lo sciopero di Memphis. Piu' di una volta Loeb
offri' ai lavoratori un aumento di paga, ma gli scioperanti votarono che
questa misura, da sola, non bastava se prima non fossero stati garantiti i
diritti in modo permanente e ufficiale. Lo sciopero ando' avanti per
settimane prima dell'arrivo di King. Sia Loeb che i lavoratori avevano
assunto posizioni intransigenti a causa del rifiuto del primo di riconoscere
il sindacato.
*
Honey ha notato che Martin Luther King Jr., il leader per i diritti civili
piu' conosciuto del paese, "non aveva mai limitato la sua politica ai
diritti civili. Era chiaramente legato alla classe operaia e ai poveri per
mezzo della sua famiglia, della sua chiesa e della sua comunita', e sin da
giovane si era battuto per un piano di giustizia economica che andasse ben
al di la' dei diritti civili. Egli sviluppo' anche una riflessione sul
lavoro e intensifico' legami con i sindacati, e queste due cose
influenzarono la sua strategia del cambiamento".
Per tutti gli anni Sessanta King aveva esortato alla creazione di una
coalizione tra il movimento dei diritti civili e quello operaio. Parlo'
spesso con i sindacati,  propose alle organizzazioni del mondo del lavoro di
organizzarsi in modo tale da sostenersi a vicenda nel raggiungimento degli
obiettivi comuni. "Durante un discorso tenuto nel 1961 al congresso
nazionale dell'Afl-Cio, intitolato 'Se i neri vincono, il lavoro vince',
King disse che i lavoratori e i neri erano uniti da un destino comune e che
il movimento per i diritti civili era la prosecuzione dei movimenti
sindacali degli anni Trenta". Tuttavia, proprio nel momento in cui il
movimento per i diritti civili riscuoteva successi ottenendo l'accesso a
luoghi pubblici come autobus, hotel e scuole, ma non riuscendo a ottenere
pari opportunita' nel mondo del lavoro, il progetto che King aveva di una
coalizione che mettesse insieme il movimento per i diritti civili e quello
dei lavoratori venne continuamente ostacolato. L'Afl-Cio forniva a King i
fondi necessari alle attivita' per i diritti civili, nonostante che il suo
presidente, George Meany, fosse riluttante nel prendere misure punitive nei
confronti di certe sezioni del sud che sostenevano la supremazia dell'uomo
bianco e proibivano apertamente l'accesso ai neri.
King era stato aggiornato sulla vicenda dello sciopero dal suo amico James
Lawson, un sacerdote di Memphis convinto sostenitore della nonviolenza.
Lawson incoraggio' King a intervenire nonostante che il suo staff nutrisse
qualche riserva. Andrew Young ricorda: "Avevamo pianificato che sarebbero
state quindici le citta' da coordinare. Stavamo cercando di mettere insieme
i bianchi poveri, gli ispanici, i neri del sud e quelli del nord... intendo
dire che eravamo gia' pieni di lavoro fino al collo e non riuscivo a capire
come ci si potesse imbarcare in qualcos'altro". King arrivo' a Memphis - era
gia' un mese che lo sciopero andava avanti - con l'intenzione di rimanervi
solo un giorno, ma fu spinto dalla condizione dei lavoratori a fermarsi piu'
a lungo.
Durante lo sciopero i lavoratori della nettezza urbana sollevarono dei
cartelli con su scritto "Io sono un uomo", i militanti antirazzisti
portarono manifesti contro il razzismo, i sostenitori del sindacato
mostrarono cartelli filo-sindacali. Per molte persone di colore lo sciopero
di Memphis riguardava anche la questione della  razza; per molti lavoratori
e sindacalisti riguardava il lavoro. King si uni' alla manifestazione con il
petto ricoperto dalle varie scritte. Condusse un corteo di protesta che
riscosse meno successo di quello che si pensava - la marcia sfocio' nella
violenza e fu sospesa a meta' strada - ma King progetto' di intraprenderne
un altro e di accompagnarlo con un'azione di protesta. Venne assassinato due
settimane prima che la marcia successiva avesse luogo.
Spesso chiamato a rispondere alla domanda "Perche' Memphis?", King rispose
cosi' in un discorso: "Sappiamo che bandire la segregazione razziale dai
ristoranti non e' abbastanza. Che cosa se ne fa un uomo di posti come questi
se non guadagna abbastanza soldi per comprare un hamburger e una tazza di
caffe'?". Memphis metteva chiaramente in luce questo punto e fu cosi' che
gli interventi di King durante lo sciopero divennero intercambiabili con
quelli in difesa dei diritti del lavoro. King traccio' anche un'analogia con
la parabola del Buon Samaritano e del viandante aggredito sulla strada di
Gerico; i lavoratori erano gli ultimi fra gli uomini, i feriti, gli
spodestati, quelli abbandonati dalla democrazia americana ai margini della
strada, e il movimento per i diritti civili, invece, era il Buon Samaritano.
*
Piu' drammatico che analitico, Going Down Jericho Road e' uno splendido
esempio di storia documentaria che, a mio avviso, non perde niente evitando
di teorizzare sulle dinamiche di razza e di classe. Racconta una storia, ne
traccia lo sfondo e vi include una varieta' di punti di vista. Honey getta
luce sulla relazione tra razza e classe offrendo un esempio narrativo
piuttosto che un'esegesi. Sembra quasi che sia riuscito a intervistare ogni
persona in qualche modo coinvolta con lo sciopero di Memphis. Essendo
composto per la maggior parte da testimonianze orali, Going Down Jericho
Road e' piuttosto pesante, ma e' necessario che sia cosi'. In esso ci sono
una marea di voci e il tentativo di guardare in modo nuovo a un uomo in
particolare - King, il martire della lotta per i diritti civili ridotto a
figura monotona - a cui Honey da' nuova vita tramite l'uso di fresche e poco
note citazioni.
La Campagna dei poveri si areno' dopo l'assassinio di King, ma lo sciopero
di Memphis fu in definitiva un successo. Dopo la morte di King, Loeb dovette
affrontare una grande forza che, scrive Honey, "era rappresentata dalla
coalizione che King aveva sempre cercato di costituire rendendo lo sciopero
di Memphis un momento di connessione tra la lotta per la liberta' nera, la
giustizia economica e la creazione di un'alleanza tra il movimento dei
diritti civili e quello dei lavoratori". La coalizione comprendeva leader
dei sindacati non solo nazionali, dirigenti, autotrasportatori, lavoratori
della sanita', venditori al dettaglio e commessi, contadini ed elettricisti,
la American Screen Actors' Guild e gli insegnanti della National Education
Association tutti uniti per opporsi al razzismo e al classismo. Loeb fu
costretto, suo malgrado, ad accettare il diritto democratico dei lavoratori
a formare un sezione locale dell'Afscme, un successo che apri' la strada
alla generale sindacalizzazione dei dipendenti pubblici di Memphis. Senza
dubbio Honey vuole mostrarci che anche oggi sono possibili vaste alleanze in
grado di congiungere gli interessi di un ampio settore dei lavoratori
americani con un'agenda che tenga conto delle questioni etniche e di genere.
*
Il ricordo di King sara' con noi per sempre; la festa nazionale ce ne da' la
certezza. Da un lato egli sembra un vincitore nella politica americana delle
immagini. Dall'altro l'importanza della sua eredita' e' stata sminuita nel
momento in cui si e' deciso di separare il programma dei diritti civili da
quello per il miglioramento economico. La confusione circa il suo lascito
e', di fatto, illusoria; per rompere la ragnatela basta ricordarsi della
Campagna dei poveri. Abbiamo bisogno della rilettura che Honey ha fatto di
King - il sindacalista e leader di un fronte unito. Abbiamo bisogno di
questa immagine in occasione di ogni festa in suo onore, altrimenti King
avra' solo ottenuto una vittoria di Pirro nella politica delle immagini.

4. FULVIO CESARE MANARA: STUDIARE MARTIN LUTHER KING
[Nuovamente proponiamo il seguente intervento di Fulvio Cesare Manara gia'
apparso su "La nonviolenza e' in cammino, n. 969 del 22 giugno 2005]

Di Martin Luther King, come di Gandhi, sono note al largo pubblico piu' che
altro le "immaginette" che ne dipingono un profilo a dir poco agiografico.
Non ci dobbiamo stancare di promuovere una conoscenza piu' autentica di
queste persone che hanno cercato nella loro vita e nel loro pensiero la
nonviolenza, sperimentando le modalita' creative dell'azione nonviolenta.
Un esempio per comprendere quanto Martin Luther King sia assente da una
comprensione diffusa lo si puo' ottenere semplicemente guardando a quanto
delle sue opere e' mantenuto in circolazione dagli editori nel nostro paese.
Si trova facilmente il celeberrimo La forza di amare, ma, a chi volesse
andare un po' oltre, non risulta altrettanto semplice l'impresa di
documentarsi: ad esempio riprendendo l'interesse che una parte dell'editoria
italiana manifesto' alla fine degli anni sessanta mettendo in circolazione
altre traduzioni, di opere di sicuro interesse, come Marcia verso la
liberta' (Ando', Palermo 1968) - che e' il resoconto che egli pubblico' agli
inizi del 1959 sull'esperienza di lotta a Montgomery -; Lettera dal carcere
(La locusta, Vicenza 1968); Il fronte della coscienza (Sei, Torino 1968),
Perche' non possiamo aspettare (Ando', Palermo 1970), Dove stiamo andando,
verso il caos o la comunita'? (Sei, Torino 1970).
Negli Stati Uniti centinaia di articoli, libri e dissertazioni continuano ad
essere prodotti su King e il movimento per i diritti civili. Da noi non
giunge nemmeno l'eco di questo fermento, come che sia. E' necessario che
anche in Italia giovani studiosi e persone interessate progettino ricerca
attorno alla raccolta dei suoi scritti.
*
Una equipe (guidata dallo storico Clayborne Carson) sta raccogliendo ed
editando presso la Stanford University: The Papers of Martin Luther King jr.
di cui sono previsti quattordici volumi, e finora sono apparsi, presso la
University of California Press:
1. Called to Serve (January 1929 - June 1951);
2. Rediscovering Precious Values (July 1951 - November 1955);
3. Birth of a New Age (December 1955 - December 1956);
4. Symbol of the Movement (January 1957 - December 1958);
5. Threshold of a New Decade (January 1959 - December 1960).
[Agli inizi del 2007 e' uscito anche il sesto volume della serie dei
"Papers" di Martin Luther King: 6. Advocate of the Social Gospel (September
1948 - March 1963), sempre, ovviamente, per la University of California
Press. Esso interrompe la pubblicazione cronologica dei testi per
documentare l'attivita' di predicatore di Martin Luther King, riprendendo
dall'inizio - dobbiamo anche questa segnalazione a F. C. M. - ndr].
Si tratta di un lavoro di estrema importanza, com'e' ovvio.
Il "MLK Papers Project" ha realizzato il piu' esteso inventario sinora
prodotto comprensivo dei sermoni, dei discorsi, delle dichiarazioni
pubbliche, oltre che dei manoscritti e degli scritti pubblicati, cosi' da
realizzare un catalogo informatico di quasi seimila schede (e verra'
aggiornato per ogni successivo ritrovamento). In queste schede ogni
ricercatore puo' reperire informazioni utili ad identificare i documenti e
la loro collocazione archivistica in originale. Una selezione di queste
appare nei volumi a stampa.
Gia' sin d'ora e' possibile studiare e conoscere approfonditamente le tracce
scritte che Martin Luther King ha lasciato vivendo le campagne di
disubbidienza civile e azione nonviolenta a Montgomery, in Alabama, ad
esempio, che hanno rappresentato il punto di svolta piu' significativo nella
"conversione" alla nonviolenza e nella determinazione all'azione diretta
nonviolenta in questo straordinario testimone.
A chi volesse cominciare ad approfondire la storia di Martin Luther King, e
leggesse l'inglese, suggerisco di esplorare le ben documentate ed ampie
pagine biografiche che l'equipe di Stanford ha messo in rete, all'indirizzo:
www.stanford.edu/group/King/about_king/

5. ET COETERA

Martin Luther King, nato ad Atlanta in Georgia nel 1929, laureatosi
all'Universita' di Boston nel 1954 con una tesi sul teologo Paul Tillich, lo
stesso anno si stabilisce, come pastore battista, a Montgomery nell'Alabama.
Dal 1955 (il primo dicembre accade la vicenda di Rosa Parks) guida la lotta
nonviolenta contro la discriminazione razziale, intervenendo in varie parti
degli Usa. Premio Nobel per la pace nel 1964, piu' volte oggetto di
attentati e repressione, muore assassinato nel 1968. Opere di Martin Luther
King: tra i testi piu' noti: La forza di amare, Sei, Torino 1967, 1994
(edizione italiana curata da Ernesto Balducci); Lettera dal carcere di
Birmingham - Pellegrinaggio alla nonviolenza, Movimento Nonviolento, Verona
1993; L'"altro" Martin Luther King, Claudiana, Torino 1993 (antologia a cura
di Paolo Naso); "I have a dream", Mondadori, Milano 2001; Il sogno della
nonviolenza. Pensieri, Feltrinelli, Milano 2006; cfr. anche: Marcia verso la
liberta', Ando', Palermo 1968; Lettera dal carcere, La Locusta, Vicenza
1968; Il fronte della coscienza, Sei, Torino 1968; Perche' non possiamo
aspettare, Ando', Palermo 1970; Dove stiamo andando, verso il caos o la
comunita'?, Sei, Torino 1970. Presso la University of California Press, e'
in via di pubblicazione l'intera raccolta degli scritti di Martin Luther
King, a cura di Clayborne Carson (che lavora alla Stanford University). Sono
usciti sinora sei volumi (di quattordici previsti): 1. Called to Serve
(January 1929 - June 1951); 2. Rediscovering Precious Values (July 1951 -
November 1955); 3. Birth of a New Age (December 1955 - December 1956); 4.
Symbol of the Movement (January 1957 - December 1958); 5. Threshold of a New
Decade (January 1959 - December 1960); 6. Advocate of the Social Gospel
(September 1948 - March 1963); ulteriori informazioni nel sito:
www.stanford.edu/group/King/ Opere su Martin Luther King: Arnulf Zitelmann,
Non mi piegherete. Vita di Martin Luther King, Feltrinelli, Milano 1996;
Sandra Cavallucci, Martin Luther King, Mondadori, Milano 2004. Esistono
altri testi in italiano (ad esempio Hubert Gerbeau, Martin Luther King,
Cittadella, Assisi 1973), ma quelli a nostra conoscenza sono perlopiu' di
non particolare valore: sarebbe invece assai necessario uno studio critico
approfondito della figura, della riflessione e dell'azione di Martin Luther
King (anche contestualizzandole e confrontandole con altre contemporanee
personalita', riflessioni ed esperienze di resistenza antirazzista in
America). Una introduzione sintetica e' in "Azione nonviolenta" dell'aprile
1998 (alle pp. 3-9), con una buona bibliografia essenziale.
*
Darryl Lorenzo Wellington, scrittore, poeta, critico, intellettuale di forte
impegno civile, vive a Charleston, in South Carolina, scrive sul "Washington
Post", "The Christian Science Monitor", "Boston Review", "Dissent".
*
Michael K. Honey, da sempre impegnato per i diritti umani, ricercatore
sociale, saggista, e' docente di "Labor and Ethnic Studies and American
History" allo Interdisciplinary Arts and Sciences Program dell'University of
Washington, a Tacoma (Wa); ha preso parte ed e' tuttora impegnato in varie
campagne e movimenti; ha tra l'altro diretto il "National Committee Against
Repressive Legislation" a Memphis tra il  1970 e il 1976; ha ricevuto
numerosi riconoscimenti sia accademici che per il suo impegno civile. Tra le
opere di Michael K. Honey: Southern Labor and Black Civil Rights: Organizing
Memphis Workers, Urbana: University of Illinois Press, 1993; Black Workers
Remember: An Oral History of Segregation, Unionism, and the Freedom
Struggle, Berkeley: University of California Press, 1999; Going Down Jericho
Road: The Memphis Strike, Kingís Last Campaign, New York City: W.W. Norton,
2007.
*
Fulvio Cesare Manara (per contatti: philosophe0 at tin.it) e' un prestigioso
studioso e amico della nonviolenza; nato a Bergamo il 29 giugno 1958,
coniugato con tre figli, laureato in filosofia presso l'Universita' di
Milano discutendo la tesi "Fides falsa. Il concetto di eresia in Tommaso
d'Aquino", ha frequentato seminari di ricerca e studio presso vari enti: il
Program on Nonviolent Sanctions della Harvard University, la Western
Michigan University, la American Philosophical Association (Central
Division), e la Albert Einstein Institution (Cambridge, Ma, Usa).
Perfezionatosi a Padova in didattica della filosofia, e' stato ricercatore
esterno della Fondazione Tovini presso il Dipartimento di filosofia
dell'Universita' di Padova, dove ha condotto una ricerca sul laboratorio di
filosofia. Nell'anno accademico 2004-2005 ha insegnato "Religioni e diritti
dell'uomo" al Master di II livello dell'Universita' degli Studi di Bergamo.
Nel settore della didattica della filosofia insegna filosofia e storia nei
licei statali; opera quale formatore di formatori e interviene in corsi di
formazione promossi da istituti superiori in varie parti d'Italia ed in
seminari e corsi promossi dal Ministero e da altre agenzie (la piu' recente
attivita' e' la funzione di moderatore in due forum della Sfi per l'Indire);
ha collaborato al laboratorio di didattica della filosofia presso la Siss
Veneto; e' membro del consiglio direttivo e della commissione didattica
nazionale della Societa' filosofica italiana; suo campo di sperimentazione e
di indagine e' la comunita' di ricerca filosofica e il laboratorio di
filosofia; collabora in qualita' di redattore a "Comunicazione filosofica.
Rivista telematica di ricerca e didattica filosofica" (sito:
www.getnet.it/sfi/013.html); collabora in qualita' di formatore esterno al
corso di perfezionamento in filosofia e didattica della filosofia
dell'Universita' di Bari, e al corso di perfezionamento in metodologia
dell'insegnamento filosofico presso l'Universita' di Padova. Nel settore
disciplinare della didattica della filosofia ha pubblicato una quindicina di
saggi e alcune recensioni, oltre al volume "Comunita' di ricerca e
iniziazione al filosofare. Appunti per una nuova didattica della filosofia",
Lampi di Stampa, Milano 2004. Nel settore degli studi sulla nonviolenza si
occupa continuativamente di etica della nonviolenza, settore in cui ha
pubblicato una ventina tra saggi e articoli; opera quale formatore con
esperienza di metodologia attiva: addestrato nelle competenze dell'ascolto
attivo e della gestione del lavoro di gruppo, grazie ad una esperienza
ventennale di animazione e facilitazione di gruppi, anima a sua volta
all'ascolto attivo, ad una gestione di gruppo centrata sulla leadership
partecipativa ed alla trasformazione nonviolenta dei conflitti. Dal 2002 e'
collaboratore della cattedra di Pedagogia sociale dell'Universita' di
Bergamo, ove si occupa in particolare del tema della trasformazione
nonviolenta dei conflitti. Tra le opere di Fulvio Cesare Manara: Scritti
vari sulla nonviolenza, l'obiezione di coscienza e l'educazione alla pace,
Eirene, Bergamo 1990; (a cura di), La nonviolenza si impara, Celsb, Bergamo
2003; Tra cattedra e vita. Comunicazione e insegnamento della filosofia tra
Kant e Gentile, Lampi di stampa, Milano 2004; Comunita' di ricerca e
iniziazione al filosofare. Appunti per una nuova didattica della filosofia,
Lampi di Stampa, Milano 2004; Una forza che da' vita. Ricominciare con
Gandhi in un'eta' di terrorismi, Unicopli, Milano 2006.

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 76 del 6 luglio 2007

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