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Minime. 142
- Subject: Minime. 142
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 6 Jul 2007 00:42:10 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 142 del 6 luglio 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. "Azione nonviolenta" di luglio 2007 2. Umberto Santino: Intervento all'incontro con il Presidente della Repubblica del 15 giugno 2007 3. Raffaele Manica ricorda Luigi Meneghello 4. Caterina Ricciardi presenta "Affari di famiglia" di Louis e Allen Ginsberg 5. Letture: Claudia Bianchi: Pragmatica del linguaggio 6. Riedizioni: Tito Lucrezio Caro, De rerum natura 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA" DI LUGLIO 2007 [Dalla redazione di "Azione nonviolenta" (per contatti: an at nonviolenti.org) riceviamo e diffondiamo] E' uscito il numero di luglio 2007 di "Azione nonviolenta", rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. In questo numero: Il Movimento Nonviolento chiama a raccolta il ventiduesimo Congresso, di Mao Valpiana; Il respiro ampio della politica per un'economia al servizio dell'uomo, di Eros Tommasi; Idee sparse di una volontaria che osserva e pensa mentre svolge il suo servizio annuale, di Diana Napoli; Il vittimismo prolunga l'escalation della violenza in Israele come in Palestina, di Jerome Liss; Nei luoghi della memoria il silenzio non parla ma grida, di Alberto Trevisan; Antigone, il contrasto fra coscienza e legge, di Anselmo Palini. Onore al disertore che condanna e maledice la guerra, di Sergio Albesano. Le rubriche: Cinema. Richard Nixon contro John Lennon per togliere una possibilita' alla pace, a cura di Flavia Rizzi; Educazione. Nei conflitti ci sono rischi ed opportunita', a cura di Pasquale Pugliese; Economia. Niente liti e cassa comune nel "condominio solidale", a cura di Paolo Macina; Per esempio. I sette valori nonviolenti per essere una "babaylan", a cura di Maria G. Di Rienzo; Servizio civile. Analisi del Bando 2007, crescono gli enti, calano le risorse, a cura di Claudia Pallottino; Movimento. Energie pulite e rinnovabili per un nuovo modello di societa', a cura della redazione. In copertina: La nonviolenza e' politica per il disarmo, ripudia la guerra e gli eserciti. In seconda: 1907-2007. Un secolo fa, il futuro, luglio 1907, a cura di Luca Giusti. In terza di copertina: Pax et Biani, Afghanistan, Iraq, Londra, Yemen... In ultima: Materiale disponibile. * Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org , sito: www.nonviolenti.org Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'". 2. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: INTERVENTO ALL'INCONTRO CON IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DEL 15 GIUGNO 2007 [Dal sito del Centro Impastato (www.centroimpastato.it) riprendiamo il testo dell'intervento di Umberto Santino all'incontro con il Presidente della Repubblica, a Palermo, nel Giardino della memoria, 15 giugno 2007. Umberto Santino ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo. Da decenni e' uno dei militanti democratici piu' impegnati contro la mafia ed i suoi complici. E' uno dei massimi studiosi a livello internazionale di questioni concernenti i poteri criminali, i mercati illegali, i rapporti tra economia, politica e criminalita'. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000; Dalla mafia alle mafie, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006; Mafie e globalizzazione, Di Girolamo Editore, Trapani 2007. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su "La nonviolenza e' in cammino" nei nn. 931-934. Giuseppe Impastato nato nel 1948, militante della nuova sinistra di Cinisi (Pa), straordinaria figura della lotta contro la mafia, di quel nitido e rigoroso impegno antimafia che Umberto Santino defini' "l'antimafia difficile", fu assassinato dalla mafia il 9 maggio 1978. Scritti di Peppino Impastato: Lunga e' la notte. Poesie, scritti, documenti, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, seconda edizione Palermo 2003. Opere su Peppino Impastato: Umberto Santino (a cura di), L'assassinio e il depistaggio, Centro Impastato, Palermo 1998; Salvo Vitale, Nel cuore dei coralli, Rubbettino, Soveria Mannelli 1995; Felicia Bartolotta Impastato, La mafia in casa mia, La Luna, Palermo 1986; Claudio Fava, Cinque delitti imperfetti, Mondadori, Milano 1994. Tra le pubblicazioni recenti: AA. VV., Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, Editori Riuniti, Roma 2001, 2006 (pubblicazione della relazione della commissione parlamentare antimafia presentata da Giovanni Russo Spena; con contributi di Giuseppe Lumia, Nichi Vendola, Michele Figurelli, Gianfranco Donadio, Enzo Ciconte, Antonio Maruccia, Umberto Santino); Marco Tullio Giordana, Claudio Fava, Monica Zapelli, I cento passi, Feltrinelli, Milano 2001 (sceneggiatura del film omonimo). Ma cfr. anche le molte altre ottime pubblicazioni del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" (per contatti: Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 091348997, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it)] Signor Presidente, l'albero che viene piantato oggi alla Sua presenza nel giardino della memoria in un terreno confiscato alla mafia e' un altro passo, certo tra i piu' significativi, sul percorso sempre piu' lungo che sta diventando la memoria di Peppino Impastato. Ormai lo dicono tutti: Peppino Impastato e' stato assassinato dai mafiosi che non tolleravano il suo impegno di analisi, di denuncia, di mobilitazione e consideravano la sua irrisione un atto di lesa maesta', tanto piu' grave poiche' Peppino veniva da una famiglia mafiosa ed era il nipote del capomafia. Se la memoria di Peppino e' stata salvata, se siamo riusciti a smantellare la montatura che lo voleva terrorista e suicida, avallata da rappresentanti delle forze dell'ordine e delle istituzioni, e ad ottenere giustizia, questo e' il frutto di un impegno ventennale che ha avuto come protagonisti la madre Felicia, il fratello Giovanni, la cognata Felicetta, i compagni di militanza, noi del Centro siciliano di documentazione di Palermo. Non e' stato facile e per lungo tempo siamo stati costretti a remare controcorrente, in pochi e isolati. Ci hanno aiutato organi di stampa come "Lotta continua" e il "Quotidiano dei lavoratori" che hanno ben presto chiuso le pubblicazioni, i dirigenti di Democrazia proletaria e nel palazzo di giustizia abbiamo trovato alcuni magistrati che hanno accolto la nostra richiesta di verita' e giustizia, sollecitata incessantemente. Voglio ricordarli, anche perche' piu' d'uno e' caduto per mano mafiosa: Gaetano Costa, Rocco Chinnici, Antonino Caponnetto, Giovanni Falcone, Renato Grillo, Franca Imbergamo. La nostra lunga battaglia e' arrivata a compimento, con le sentenze che dopo piu' di vent'anni hanno condannato Gaetano Badalamenti e il suo vice come mandanti dell'assassinio. E un altro risultato siamo riusciti ad ottenere: la Commissione parlamentare antimafia nel 2000 ha approvato una relazione in cui si dice esplicitamente che uomini delle istituzioni hanno depistato le indagini e oggettivamente coperto i mafiosi. Abbiamo fatto pubblicare la relazione in un volume con il titolo Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio. E' la prima volta che una sede istituzionale come una Commissione bicamerale riconosce la responsabilita' di rappresentanti delle istituzioni e quando i rappresentanti della Commissione sono venuti a Cinisi a presentare la relazione in casa Impastato hanno chiesto scusa ai familiari. E la madre di Peppino, gia' avanti negli anni, ha detto nel suo dialetto che era una sorta di lingua universale: "Aviti risuscitatu me figghiu". * Voglio ricordare mamma Felicia, che ci ha lasciato nel dicembre del 2004. Una donna che ha saputo rompere con la parentela del marito, ha rinunciato alla vendetta mafiosa e ha chiesto giustizia, e' diventata un punto di riferimento e una figura familiare per tanti e per molti anni, con l'implacabilita' delle sue accuse, il dito puntato contro Badalamenti nell'aula bunker, la lucidita' della sua intelligenza e la sapidita' della sua ironia, la sua lezione morale di casalinga-militante che l'ha fatta sorella delle donne protagoniste delle lotte contadine, dai Fasci siciliani agli anni '50, di Margherita Clesceri, madre di sei figli caduta a Portella della Ginestra, di Francesca Serio, madre di Salvatore Carnevale, che non riusci' ad avere giustizia per l'assassinio del figlio. Per troppo tempo l'impunita' e' stata una forma di legittimazione della violenza mafiosa, che e' stata impiegata per sconfiggere ogni forma di opposizione e vanificare ogni possibilita' di alternativa, nella certezza dell'impunita'. Una violenza troppo spesso per il potere e con il potere. Senza giustizia sono rimasti i 108 morti dei Fasci siciliani, le decine di uccisi delle lotte contadine e operaie successive, da Lorenzo Panepinto a Bernardino Verro, da Nicolo' Alongi a Giovanni Orcel, da Accursio Miraglia a Epifanio Li Puma, a Nicolo' Azoti e a tanti altri di cui si ignora perfino il nome. E per la strage di Portella sono rimasti impuniti i mandanti. Anche per eventi tragici piu' recenti, come le stragi, non solo mafiose, che hanno insanguinato il nostro Paese, o non si e' fatta giustizia o si e' fatta solo parzialmente. E' questa la ragione che mi ha spinto a scrivere, nell'introduzione al volume con la relazione sul caso Impastato, nella prima edizione e nella ristampa, che questa dovrebbe essere "il primo capitolo di una storia dell'impunita'", che rimane tutta da scrivere. Purtroppo siamo rimasti fermi a quel primo capitolo. Una democrazia non puo' dirsi compiuta se tra verita' storica e verita' giudiziaria e ufficiale rimane una gigantesca disparita'. Comprendiamo che la giustizia richiede prove che per una serie di ragioni non si riesce a raggiungere, ma un'istituzione come la Commissione antimafia potrebbe, e dovrebbe, assumersi questo ruolo di ricostruire verita' scomode e spalancare l'armadio degli scheletri e delle vergogne. Le chiediamo di far sentire la Sua voce perche' la verita' si faccia strada, sempre e comunque, perche' senza verita' non ci puo' essere convivenza civile e democrazia piena. * Su un altro terreno chiediamo il Suo intervento. Troppe volte le iniziative antimafia hanno avuto e hanno il limite della precarieta' e dell'evento isolato. Per questo il Centro Impastato ha proposto la creazione di un Memoriale-laboratorio che sia insieme percorso storico, itinerario didattico, biblioteca e archivio, laboratorio di iniziative, spazio di socializzazione, casa delle associazioni. Per realizzare questa iniziativa occorre il contributo di tutti e occorrono risorse che il Centro, che e' autofinanziato, e' lontano dall'avere. Le chiediamo di aiutarci a realizzare questa struttura indispensabile per un progetto di antimafia continuativo ed efficace, nelle forme che riterra' piu' consone e adeguate. Un altro punto ci preme sottolineare. Il Centro opera da trent'anni, nella ricerca, nelle scuole, a sostegno delle esperienze che animano il territorio, come le lotte per la pace e dei senzacasa, ed e' autofinanziato perche' non siamo riusciti ad ottenere delle norme che stabiliscano dei criteri oggettivi per l'erogazione del denaro pubblico per iniziative culturali e antimafia. Il problema dei finanziamenti pubblici e' sempre delicato, lo e' ancora di piu' quando si tratta di iniziative che si propongono di lottare la mafia e ogni forma di clientelismo, grembo ospitale per il germe mafioso. La Sua voce potrebbe dare una spinta decisiva per un'inversione di rotta. * Con questi propositi Le rivolgiamo il nostro benvenuto in terra di Sicilia, ieri come oggi impegnata in una lunga e difficile lotta di resistenza e di liberazione che riguarda l'intero Paese. La strada e' gia' tracciata. L'attivita' nelle scuole ha assunto sempre di piu' caratteri e dimensioni di alfabetizzazione civile, ma la legalita' non puo' essere una buccia vuota, deve sostanziarsi di valori democratici. Il movimento antiracket segna l'avvio di una lotta di liberazione, cominciata da Libero Grassi e ripresa da Addiopizzo, che va estesa a tutto il territorio nazionale dove gruppi criminali praticano l'estorsione come forma primaria di sperimentazione della signoria territoriale. L'uso sociale dei beni confiscati scandisce i primi passi di un'appropriazione dei patrimoni mafiosi ma i beni sono ancora troppo pochi e per la loro assegnazione passa troppo tempo e rimane inesplorato l'immenso patrimonio finanziario. Occorre una normativa non legata all'emergenza delittuosa, capace di seguire e prevenire l'evoluzione delle mafie, di cogliere e perseguire le articolazioni del loro sistema di rapporti, la formazione di borghesie mafiose, e un progetto di antimafia sociale che leghi insieme l'uso razionale delle risorse e la partecipazione democratica, nel contesto di una politica rinnovata, sottraendo il voto al ricatto del bisogno e spezzando ogni legame con le mafie e con il malaffare, disponendo, tra l'altro, l'incandidabilita' di chi e' stato condannato e la sospensione di chi e' rinviato a giudizio per reati incompatibili con l'esercizio di funzioni pubbliche. * Signor Presidente, a nome dei familiari e dei compagni di Peppino Impastato, dei soci e degli amici del Centro a lui intitolato, grazie per la Sua presenza oggi e per la vigile attenzione che caratterizza l'adempimento del Suo mandato, a cominciare dalla costante denuncia delle morti sul lavoro, una vergogna nazionale da cancellare al piu' presto, garantendo a tutti i cittadini pienezza di diritti e pari dignita' sociale, in attuazione dei principi fondamentali della Costituzione. Mi e' gradito donare a Lei e alla Signora Clio alcune pubblicazioni del Centro che raccolgono parole e immagini di Peppino e di Felicia. 3. MEMORIA. RAFFAELE MANICA RICORDA LUIGI MENEGHELLO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 giugno 2007, col titolo "L'etica della lingua perde Meneghello" e il sommario "Ieri la notizia della scomparsa del grande scrittore italiano. I suoi libri uscirono in anni stretti tra sanzioni di morte del romanzo e sterili esperimenti linguistici. Per nulla sordo ai rumori del tempo, Meneghello non se ne fece assordare. La sua vigilanza critica nasceva dall'esordio tardivo alla narrativa e dal disincanto che gli fece trovare in Inghilterra una patria elettiva". Raffaele Manica (1958), docente e saggista, insegna letteratura italiana all'Universita' "Tor Vergata" di Roma. Collabora a varie riviste, tra le quali "Paragone", "Nuovi argomenti", "La rivista dei libri". Opere di Raffaele Manica: Preliminari sull'Orlando Furioso, 1983; Discorsi interminabili, 1987; Il critico e il furore. un mito platonico per i trattatisti del Cinquecento, Quattroventi, 1988; La prosa nascosta. Narrazioni del Novecento Italiano, Avagliano, 2002; Moravia, Avagliano, 2004. Luigi Meneghello, scrittore italiano, narratore e saggista, nato a Malo (Vicenza) nel 1922, prese parte alla Resistenza, e' stato a lungo docente universitario in Gran Bretagna, e' deceduto nel giugno 2007. Opere di Luigi Meneghello: Libera nos a malo, Feltrinelli, 1963, Rizzoli, 1989; I piccoli maestri, Feltrinelli, 1964, Mondadori, 1998; Pomo pero, Rizzoli, 1974, 1990; Fiori italiani, Rizzoli, 1976, Mondadori, 1998; L'acqua di Malo, Lubrina, 1986; Il Tremaio. Note sull'interazione tra lingua e dialetto nelle scritture letterarie, Lubrina, 1986; Jura: ricerche sulla natura delle forme scritte, Garzanti, 1987, Rizzoli 2003; Bau-sete, Rizzoli, 1988; Leda e la schioppa, Moretti & Vitali, 1989; Rivarotta, Moretti & Vitali, 1989; Che fate quel giovane?, Moretti & Vitali, 1990; Marede' Marede', Moretti & Vitali, 1990, Rizzoli, 2002; Opere. Vol. 1, Rizzoli, 1993; Il dispatrio, Rizzoli, 1993; Promemoria. Lo sterminio degli ebrei d'Europa. 1939-1945, Il Mulino, 1994; Il turbo e il chiaro, Societa' Dante Alighieri, 1995; Cosa passava il convento, Imprimitur, 1996; La materia di Reading e altri reperti, Rizzoli, 1997; Le correnti sottopelle, Rizzoli, 1997; Opere. Vol. 2, Rizzoli, 1997; Le carte. Vol. 1: Anni Sessanta, Rizzoli, 1999; Le carte. Vol. 2: Anni Settanta, Rizzoli, 2000; Le carte. Vol. 3: Anni Ottanta, Rizzoli, 2001; Trapianti. Dall'inglese al vicentino, Rizzoli, 2002; Quaggiu' nella biosfera. Tre saggi sul lievito poetico delle scritture, Rizzoli, 2004; La materia di Reading e altri reperti. Testo inglese a fronte, Rizzoli, 2005; Opere scelte, Mondadori, 2006] "Ero agli anni venti e qualcosa sulla strada del Cielo, quando mi venne l'idea di lasciare il comodo ramo su cui stavo appollaiato e dire addio agli amici, e perche'? Anni venti e qualcosa, chili sui 60, denti 31 abbastanza regolari, occhi e capelli scuri, gambe e braccia ben fatte, spalle larghe, vitino da studentessa magra, e (cosi' ho sentito) una certa avvenenza. In Italia non mi si notava, ce n'erano tanti come me: ma quando a suo tempo passai le Alpi la gente che aveva occhi osservava e diceva: 'Come sono belli gli Italiani!'". Cosi' nacque in Luigi Meneghello il proposito di emigrare; e cosi' lo racconto', molti anni dopo, in Bau-sete! Erano gli anni del secondo dopoguerra. Il trasferimento in Inghilterra, che sarebbe diventata la terra del Dispatrio (titolo del suo libro, dove la vicenda inglese e l'insegnamento nella cittadina di Reading saranno messi a fuoco dalla memoria), viene cosi' ricostruito, nelle pagine del recente Meridiano Mondadori (progettato e introdotto da Giulio Lepschy, curato da Francesca Caputo e accompagnato da uno scritto di Domenico Starnone): un giorno il fratello Bruno lo avvisa di un bando di concorso del British Council: "un anno in Inghilterra a studiare quello che vuoi! Pareva imprudente non fare la domanda". Viene chiamato per un colloquio a Roma. Fra i commissari vi e' il filosofo Carlo Antoni che "mi disse in confidenza che la borsa me la offrivano ma che a suo parere il posto piu' adatto per me sarebbe stato l'Istituto Storico di Croce a Napoli, e lui mi consigliava vivamente di andare la'... Ascoltai con modeste fitte di vanita' le parole di Antoni ma non gli diedi retta". Nella primavera del 1947 riceve "una lettera con timbri e sigilli che diceva in inglese: 'Ho l'incarico di dirVi da parte di Sua Maesta' che se vorrete venire qui per un anno a studiare cio' che Vi piace, Sua Maesta' Vi dara' trecento ghinee. Ed io rimango, Signor mio, il Vostro obbediente servitore'... E presa la carta e la penna risposi: 'Dite cosi' a Sua Maesta' che vengo senz'altro"'. Era il 1947, Meneghello aveva venticinque anni e, dentro l'episodio, cosi' come lo racconto' una cinquantina di anni dopo, c'era molto della sua personalita': quel gusto di ridurre ogni fatto a motto di spirito, l'irriverenza, il ricordo della cultura italiana, l'innesto del nuovo ramo. Cosi', tra l'italiano e l'inglese, col gusto comico dell'una e dell'altra sua patria, nasceva Meneghello scrittore. Come nel caso di altri maestri del nostro Novecento (basta confrontare le date che riguardano La Capria o Arbasino), la parte narrativa di Meneghello si consumo' in fretta: Libera nos a malo e I piccoli maestri uscirono a distanza di un solo anno. Come in altri narratori, anche in lui sembrava che a un certo punto fosse esploso qualcosa. Poi, tra le altre, prove non necessariamente minori, e commenti, memorie, sparsi tratti autobiografici: ossia, nel complesso, indagini svolte grazie a una riemersione da quanto aveva fatto prima, come in apnea. Alla prima esplosione, dieci anni dopo, Meneghello ne fece seguire una seconda: a distanza di due anni uscirono Pomo pero e Fiori italiani. Poi ando' accumulando, soprattutto, una materia di tipo saggistico, prodotta fianco a fianco dei romanzi, ma solo piu' tardi, negli anni '90, "ripulita", come nelle tre serie delle Carte. Viene da chiedersi: da quali esigenze si genera, in un autore, una simile dinamica? Una risposta possibile e' che Meneghello ha sempre sottoposto se stesso a una stretta sorveglianza, e non tanto in conseguenza di una pratica professorale, quanto di un innato e coltivato atteggiamento mentale che lo portava, anche laddove la sua narrazione si faceva piu' partecipata, a non rinunciare mai a sottoporre la materia del racconto a improvvise docce fredde. Tutta la sua opera, in altre parole, e' situata sotto la giurisdizione dell'intelligenza critica, ovvero lontana dall'abbandono emotivo. Del tutto coerentemente, il passo piu' proprio gli e' sempre parso quello comico. E, per quanto riguarda il prediletto rapporto "a freddo" con quanto raccontava, non e' affatto un caso se dei romanzi di Meneghello si contano varie stesure, ulteriori testimonianze del suo spirito critico. Infatti, le sue varianti, piu' ancora che precisare lo stile, sono una messa a fuoco della cosa. Se la distinzione ha un senso, essa riguarda il fatto che non l'estetica vi si trova coinvolta bensi' la morale, quell'etica inseguita cercando il vero con una lingua sempre piu' precisa e aderente ai fatti. Meneghello ha dato all'attenzione per la lingua un rilievo non comune fra gli scrittori della sua generazione, senza che cio' lo portasse a trascurare l'altro aspetto della questione: che un romanzo, per quanto manufatto linguistico, deve pur dire qualcosa. Constatazione, questa, meno banale di quanto non possa sembrare a prima vista, se si tiene conto del fatto che gli anni in cui uscivano i suoi romanzi erano stretti tra dichiarazioni che davano il romanzo per morto e sperimentazione linguistica fine a se stessa. Come pochi altri, i migliori, Meneghello ha tenuto duro. Per nulla sordo al rumore del tempo, non se ne e' tuttavia lasciato assordare. Tanta sorveglianza critica nasceva al tempo stesso dal suo tardo esordio come narratore - era gia' quarantenne quando mando' il libreria il suo primo romanzo - e dal suo spirito disincantato, insofferente ma speranzoso, ostinatamente laico (era stato politicamente azionista, ma, come racconta Bau-sete, anche li' senza troppe illusioni: a un congresso, La Malfa, "inchinando lateralmente il collo", gli parve "un cigno nero", Lussu sembrava legato a una catena che gli consentiva pochi passi, "Lombardi un gigante depresso, Valiani amaramente galvanizzato": sicche' "il partito non poteva piu', non aveva mai potuto, portare ordine nella mia testa e tantomeno nella mia vita. Se fosse sopravvissuto avrebbe fornito tutt'al piu' una sede esterna, non certo un senso alle mie confuse aspirazioni politiche"). L'approdo in Inghilterra sembrava coincidere con la sua necessita' di chiarezza, con la sua esigenza di liberazione dalle cose date per acquisite e mai verificate, quelle certezze che si trasformano in una gabbia. Ma l'Inghilterra non era solo un posto dove andare. Era anche un luogo dal quale tornare. Nella prima serie delle Carte scriveva: "Di nessun italiano mi pareva onesto scopo andarsene a pappare conforti e civilta' oltremare oltremanica, ma giusto e patriottico scopo mi pareva andare a prendere un po' di mentalita' civile, e riportarla qua. Non intendevo esiliarmi per sempre, volevo sottrarmi per un giro di stagioni alla vita associata italiana, la vile camorra (cosi' sentivo) cattolica e marxista. Volevo occuparmi di Freud tra gente che non si ostinasse a rompermi i giovani coglioni con tristi discorsi adatti al filo' delle stalle, al filo' dei caffe', occuparmi di darwinismo dove la gente non venisse a dire che c'era gia' in San Tommaso, non sentire piu', per un po', idiozie pretenziose sulla forma e l'evento, trasferirmi da Vittorini alle statistiche, non vedere piu', per un po', roba come 'Il Politecnico' e le Madonne Pellegrine, trovarmi fra gente che capiva la parola quantificare. E un bel giorno tornare". Parole che nulla hanno a che vedere con la retorica dell'antitaliano, ed evocano invece il desiderio di un'Italia diversa, un atteggiamento politico e morale che, nella letteratura, aveva trovato il suo mezzo e il suo scopo migliore. * Postilla: Scritti ironici sulla natura delle cose Luigi Meneghello e' morto ieri mattina nella sua casa di Thiene, a pochi chilometri da Malo, il paese della provincia di Vicenza dove era nato nel 1922 e intorno al cui microcosmo aveva costruito il suo primo romanzo, quel Libera nos a Malo che, uscito per Feltrinelli nel 1963, lo aveva imposto agli occhi della critica e di una cerchia di lettori avvertiti come uno fra gli autori italiani piu' importanti del secondo Novecento. Dei suoi primi anni lo stesso Meneghello avrebbe scritto, con l'ironia che rappresenta una delle cifre della sua scrittura: "Sono nato e cresciuto a Malo nel Vicentino, e la' ho imparato alcune cose interessanti. Ho fatto studi assurdamente 'brillanti' ma inutili e in parte nocivi a Vicenza e a Padova; sono stato esposto da ragazzo agli effetti dell'educazione fascista, e poi rieducato alla meglio durante la guerra e la guerra civile". Al termine del conflitto, nel corso del quale si laureo' in filosofia a Padova e aderi' al Partito d'Azione, Meneghello si trasferi' nel 1947 in Inghilterra, per insegnare letteratura italiana all'universita' di Reading, dove avrebbe fondato uno dei maggiori centri di italianistica del Regno Unito. Ma la' soprattutto avrebbe - per usare ancora le sue parole - "continuato a studiare e a scrivere, confondendo un po' i due processi" fino al 1980 quando, lasciato l'insegnamento, avrebbe potuto "confonderli con piu' comodo". All'esordio di Libera nos a Malo fece seguito ancora per Feltrinelli l'anno successivo I piccoli maestri, antieroiche memorie della Resistenza (ripubblicate per Rizzoli nel 1976 in una edizione riveduta). Dopo un intervallo di una decina di anni uscirono Pomo pero (1974) e Fiori italiani (1976), entrambi per Rizzoli, anch'essi - cosi' come le opere pubblicate successivamente, fra cui Bau-sete (Rizzoli 1988), Marede' Marede' (Moretti & Vitali 1990), Il dispatrio (Rizzoli 1993), La materia di Reading e altri reperti (Rizzoli 1997) - intessuti delle esperienze vissute dall'autore. Pure, circoscrivere all'autobiografia la raffinata e composita scrittura di Meneghello sarebbe riduttivo: "Ho pubblicato dei libri nei quali, come in tutto cio' che studio e scrivo, cerco di giustificarmi la natura delle cose, se c'e'. 4. LIBRI. CATERINA RICCIARDI PRESENTA "AFFARI DI FAMIGLIA" DI LOUIS E ALLEN GINSBERG [Dal quotidiano "Il manifesto" del 19 giugno 2007, col titolo "Quel che Ginsberg scrisse al padre" e il sommario "Turbolenze pubbliche e private nello scambio di lettere tra il poeta della Beat Generation e suo padre, pubblicato in un libro con il titolo Affari di famiglia, per Archinto. Oggetti di dibattito, il comunismo, la fedelta' a Israele, la politica americana, la cultura underground". Caterina Ricciardi e' saggista e docente di lingue e letterature angloamericane all'Universita' di Roma Tre; si e' occupata di modernismo americano (Gertrude Stein, Djuna Barnes, F. Scott Fitzgerald, Wallace Stevens, W. C. Williams, William Faulkner, Ezra Pound) e di postcolonialismo. Opere di Caterina Ricciardi: The Lost generation, Liguori, 1978; Poesia canadese del Novecento, Liguori, 1986; Eikones. Ezra Pound e il Rinascimento, Liguori, 1991; Northrop Frye o delle finzioni supreme, Edizioni Empiria, 1992; (a cura di, con Valerio M. De Angelis), Voci dagli Stati Uniti. Prosa, poesia, teatro del secondo Novecento, Universita' La Sapienza, 2004; (a cura di, con Sabrina Vellucci), Miti americani oggi, Diabasis, 2006. Allen Ginsberg (Newark, 3 giugno 1926 - New York, 5 aprile 1997), poeta americano, impegnato nei movimenti per i diritti civili e la pace, una delle figure piu' vive della beat generation. Opere di Allen Ginsberg: Howl and Other Poems (1956); Kaddish and Other Poems (1961); Reality Sandwiches (1963); Planet News (1968); The Gates of Wrath: Rhymed Poems 1948-1951 (1972); The Fall of America: Poems of These States (1973); Iron Horse (1974); Mind Breaths (1978); Plutonian Ode: Poems 1977-1980 (1982); Collected Poems: 1947-1980 (1984); White Shroud Poems: 1980-1985 (1986); Cosmopolitan Greetings Poems: 1986-1993 (1994); Howl Annotated (1995); Iluminated Poems (1996); Selected Poems: 1947-1995 (1996); Death and Fame: Poems 1993-1997 (1999). In italiano cfr. almeno Juke-box all'idrogeno, Mantra del re di maggio, La caduta dell'America, presso Mondadori; Testimonianza a Chicago, Einaudi. Opere su Allen Ginsberg: cfr. per un avvio vari scritti di Fernanda Pivano; ed anche Vito Amoruso, La letteratura beat americana, Laterza] Marzo 1957: mentre Howl, il poemetto di Allen Ginsberg pubblicato mesi prima dalla neonata City Lights di Ferlinghetti, entrava nelle aule di un tribunale sotto l'accusa di oscenita', l'autore trentenne si imbarcava con il compagno Peter Orlovsky alla volta del Marocco, per spostarsi poco dopo a Venezia. Avrebbe girato l'Italia e raggiunto infine, in ottobre, Parigi, dove lo attendeva Gregory Corso. Un mondo nuovo gli era venuto incontro: come in un antico grand tour, compiuto con penuria di soldi, pane e salame e passaggi in autostop, aveva visto musei, nudita' di statue e rovine, la spiritualita' di Assisi e l'acqua di Capri. A Tangeri aveva dato una mano a William Burroughs, impegnato a mettere a punto il vasto materiale che avrebbe composto il Pasto Nudo. Nel frattempo, a New York usciva, a sei anni dalla stesura, On the Road di Jack Kerouac. Insomma, nell'arco di qualche mese i tre massimi capolavori della Beat Generation venivano, o erano pronti per venire, alla luce e anche Gasoline di Corso sarebbe uscito nel 1958 assieme a I sotterranei di Kerouac. Una congiunzione di stelle abbastanza straordinaria benediceva gli ultimi poeti maledetti del secolo, benche' all'epoca solo qualcuno ne ebbe piena consapevolezza. Eppure, secondo Ginsberg, il "flagello" della scena americana era iniziato. E' da queste circostanze che si avvia Affari di famiglia. Lettere scelte 1957-1965 (cura di Michael Schumacher, traduzione di Marina Premoli, Archinto, pp. 305, euro 22) lo scambio epistolare fra Allen Ginsberg e suo padre Louis, anch'egli poeta, sia pur stagionato e minore, scambio che oggi si offre come una finestra privata dalla quale affacciarsi su anni turbolenti della vita statunitense. Gli affari di famiglia, infatti, includono altri interessi comuni: la scrittura poetica, la censura, l'attivita' delle riviste, l'editoria underground, la cronaca politica e culturale, la critica dell'establishment, e soprattutto le divergenti posizioni di padre e figlio (vecchia e nuova generazione di ebrei americani) di fronte a tre ordini di problemi scomodi: il comunismo (da cui il padre si discosta), la fedelta' a Israele e all'ortodossia religiosa (che il padre raccomanda), le responsabilita' dell'America da Hiroshima a Cuba al Vietnam, su cui il padre, dopo una iniziale mediazione, dissente: una lettura interessante, dunque, su fatti allora emergenti che, cinquant'anni dopo, fanno risuonare precise analogie con la nostra contemporaneita'. Molta della corrispondenza parte da lontano, fuori "dall'utero" degli Stati Uniti (dopo l'Europa: Sud America, Israele, Kenya, India, Giappone, Cuba, Praga, Mosca), una condizione che permette a Allen di guardare alla decadenza dei "valori" del suo paese, alla sua nevrosi ("denaro-ego-avidita'-competizione-materialismo") con occhi simili a quelli di un espatriato. Occhi piu' ricchi di alta cultura, misticismo e esperienze diverse, e occhi piu' politicizzati, che lo portano a riconoscere, fra l'altro, il fatto che gli Stati Uniti sono capaci di azioni tremende (ciechi come ogni nevrotico e' cieco alle proprie aggressioni e sa vedere solo l'ostilita' altrui, non la propria). "Abbiamo fatto alcune cose veramente orribili" - conclude Ginsberg in una bruciante lettera fiume del 2 marzo 1958 - incluso l'incoraggiamento "delle dittature totalitarie in Russia e in Cina". Il conflitto culturale Est-Ovest e la guerra fredda, assieme al rifiuto del capitalismo americano, e' cio' che piu' plasma l'ideologia (per nulla "nichilista", come si penso' allora) della generazione Beat. E quella che negli Stati Uniti passava per una loro incolta e dissacrante ribellione antiborghese - e non solo letteraria, addomesticabile con processi, sequestri, censura, recensioni negative - era invece un annuncio delle scosse in agguato nella decade successiva: "in un certo senso siamo, credo, in anticipo sui tempi - anche se non troppo in anticipo". Ginsberg aveva ragione: e' infatti piu' chiaro, ora, come il movimento di protesta degli anni '60 avesse alle spalle non solo la nonviolenza di Gandhi e Thoreau ma il buon vetriolo sotterraneo che i Beat, partendo da San Francisco, avevano messo in circolo (antimilitarismo, antinucleare, abbattimento di differenze di classi e etnie, diritti civili, liberta' sessuali, droghe) come antidoto all'acido istituzionale che andava corrodendo l'idea originaria di America. Sullo sfondo del conformismo degli anni '50, dunque, tanto piu' risaltano la provocazione e la genialita' profetica, la controcultura, apparentemente individualista e anarchica, del canone dei Beat. E anarchica apparve a molti la loro scrittura, tesa a ricreare, come dice Ginsberg in Urlo "la sintassi e la misura della povera prosa umana", lo spezzato del colloquiale, il ritmo del respiro individuale, sincopati sui battiti della musica nera, il jazz, che da qualche decennio faceva muovere l'America su altri binari. Una scrittura accademicamente inaccettabile. La critica arrivo' inesorabile anche dall'interno della famiglia. Cosi' Louis si esprimeva su una poesia del figlio, ora divenuta celebre: "Non c'e' punteggiatura ne' struttura sintattica a guidare il lettore; poi nessuna transizione per aiutare i lettori, perche' immagini eterogenee si affollano, volere o no, una sull'altra senza alcuna relazione"; e cosi' sulla prosa di Kerouac: "il suo inglese e' informe e mutilato: una struttura della frase inglese infelice, abominevole, che forma un pasticcio e un'accozzaglia". Il divario fra le due generazioni si era fatto profondo. Dieci anni fa al Whitney Museum di New York era in mostra il manoscritto di On the Road: un grande rotolo di carta da telescrivente ingiallita su cui, nel maggio del 1951, al ritmo del be-bop Kerouac aveva battuto la cronaca del suo pellegrinaggio zigzagante ("la strada tortuosa della profezia" del visionario William Blake) da Cape Cod al Golden Gate. Quella impressionante reliquia sotto teca rendeva, all'osservatore stupito del 1997, l'idea di come, in venti giorni (di stesura), era cambiata l'arte della prosa in America. Un grande flusso continuo (non di "coscienza" alla Virginia Woolf) in cui, lungo i comportamenti di una sorta di francescanesimo americano, si registra l'ultima ricerca di qualcosa in cui poter seriamente credere. Che da quel magma discorsivo fosse emerso, come da una crisalide, uno dei pochi romanzi miliari del secondo '900, nel 1951 non lo capi' quasi nessuno. Sei anni piu' tardi Allen avrebbe provato a spiegarlo al padre. Louis provera' a dialogare, forse al fine di non alienarsi un figlio del quale, fra l'altro, andava fiero. Ma ormai i figli dell'America di allora, tormentati dalle oscure sorti future del mondo, s'erano incamminati su un'altra strada, una strada che oggi, a cinquant'anni di distanza, pur non avendo ancora raggiunto la meta, continua a far risuonare ritmi beat. 5. LETTURE. CLAUDIA BIANCHI: PRAGMATICA DEL LINGUAGGIO Claudia Bianchi: Pragmatica del linguaggio, Laterza, Roma-Bari 2003, 2006, pp. IV + 172, euro 10. Un piccolo libro di propedeutica filosofica che caldamente raccomandiamo: vivace, divertente, e rigoroso nell'illustrare alcuni ambiti problematici, e nell'offrire una panoramica di alcuni filoni di ricerca e di alcune scuole di pensiero (il tema, come e' noto, e' un mare magnum; ed ogni lettore potrebbe cavillare all'infinito fin sui due termini del titolo - in guisa di controcanto ricorderemmo volentieri quei magnifici Nodi di Laing editi tanti anni fa da Einaudi, e la lussureggiante trattatistica classica sulla retorica). 6. RIEDIZIONI. TITO LUCREZIO CARO: DE RERUM NATURA Tito Lucrezio Caro, De rerum natura, Mondadori, Milano 1992, 2007, pp. L + 654, euro 12,90 (in supplemento a vari periodici Mondadori). A cura di Guido Milanese, testo a fronte, in appendice brani da Tucidide e da Epicuro. Con un'introduzione di Emanuele Narducci. Ogni volta che rileggo Lucrezio penso che questo sia il piu' bel libro di filosofia che io conosca. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 142 del 6 luglio 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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