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Nonviolenza. Femminile plurale. 110
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 110
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 21 Jun 2007 11:17:41 +0200
- Importance: Normal
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 110 del 21 giugno 2007 In questo numero: 1. Lidia Campagnano: Le donne, la politica 2. Daniela Danna: Famiglie 3. Bianca Pomeranzi: All'ultimo respiro 4. "Via Dogana" n. 81 1. RIFLESSIONE. LIDIA CAMPAGNANO: LE DONNE, LA POLITICA [Dal sito www.50e50.it riprendiamo il seguente intervento gia' apparso su "Aprile on line" del 2 giugno 2007. Lidia Campagnano e' una prestigiosa intellettuale femminista; in una breve presentazione autobiografica di qualche anno fa cosi' si descriveva: "ho 55 anni, ho studiato filosofia all'Universita' degli Studi di Milano. Dalla paura della storia, instillatami da piccola con i racconti della potenza e dell'orrore nazista che avevano preceduto la mia nascita, sono passata alla passione politica e a quella per la parola, scritta e parlata, come possibili attivita' di cura (forse anche di consolazione) inventate dall'umanita'. Dopo il Sessantotto e la scoperta del femminismo sono diventata giornalista presso la redazione del "Manifesto", dove ho lavorato per diciassette anni (i "quaderni del Golfo", durante "quella" guerra [del 1991], li ho ideati e curati io, pensando alle persone piu' giovani o a quelle piu' disarmate e sconcertate). Ho partecipato alla fondazione di due riviste di donne: "Orsaminore", a Roma, e "Lapis", a Milano. Adesso collaboro dove capita: al "Manifesto" alla "Rinascita della sinistra", all'"Unita'" qualche volta. In passato ho condotto varie trasmissioni radiofoniche (presso la Rai) dedicate alle donne, e due trasmissioni televisive (una settimana di commenti a una notizia del Tg Tre, una trasmissione culturale del mattino presso la Rete 2). Ogni anno, in varie citta' (Milano presso la Libera universita' delle donne, Roma prossimamente, presso la Casa internazionale delle donne, Torino in occasione del Forum "Native, immigrate, cittadine del mondo", Firenze mentre bombardavano Belgrado, Lucca, Catania, in un campeggio di giovani a Policastro, Valencia, presso l'Universita', e chissa' dove ancora) cerco e trovo modo di condurre seminari, dialoghi e riflessioni collettive, soprattutto tra donne, a volte anche con la partecipazione di uomini, sui temi simili a quelli che trattiamo in quest'occasione. Ricordo anche la partecipazione a "punto G, genere e globalizzazione", a Genova, con la conduzione insieme a Barbara Romagnoli e Lea Melandri del gruppo "l'ordine sentimentale della globalizzazione". Da allora collaboro qualche volta con la rivista "Marea" diretta da Monica Lanfranco. Ho scritto vari saggi e relazioni, pubblicate in vari luoghi, mi limito a segnalare due libri interamente miei: Gli anni del disordine, pubblicato dalla Tartaruga edizioni di Milano nel 1996, una meditazione per frammenti su cio' che la fine del mondo bipolare stava producendo, soprattutto in Jugoslavia ma anche altrove, e Un dopoguerra ancora, edito nel 2000 dalle edizioni Erga di Genova, in prosa poetica. Il terzo e' in cantiere, sulle ferite inflitte nel tessuto spaziale e in quello temporale, e nel senso biografico di una donna, dalle guerre di questi nostri tempi"] La campagna "50e50 ovunque si decide" lanciata dall'Unione donne in Italia con una semplice proposta di legge di iniziativa popolare (vedi sito www udinazionale.org) inizia il 2 giugno in piazza Navona, a Roma, dalle 11 alle 14 con la prima raccolta delle firme. Ma nell'attesa di aprire le porte delle assemblee elettive a un bel numero di donne (che facciano, come usa dire, massa critica) qualcosa e' gia' accaduto: l'apertura di una sorta di nuovo spazio pubblico dove si incontrano a discutere donne di opposta o di inesistente o di abbandonata collocazione politica, alcune mosse dallo sdegno nei confronti di una scena politica quasi tutta maschile, altre dal disagio di frequentarla, quella scena, e altre ancora. Altre ancora riversando su questo obbiettivo, che e' di democrazia paritaria e persino piu' modestamente di riequilibrio della rappresentanza, tutto il carico dei propri pensieri, esigenze, necessita' culturali sociali e politiche, in un colpo solo, come una pentola a pressione che esplode. Ed e' cosi' che la passione politica e a volte una densa cultura politica, che negli anni ha imparato a connettere i temi della poverta' con quelli della laicita', quelli delle relazioni affettive primarie, abbandonate nel limbo non civilizzato delle famiglie con quelli delle guerre infinite, si prefigge l'incontro con le donne dell'astensionismo politico, nel senso piu' ampio e dunque non solo elettorale del termine. 50 e 50 per ricostruire il diritto ad essere soggetti politici e dunque, e pienamente, il diritto anche per le donne di posizionarsi argomentando: donne di sinistra, o donne di destra, o donne di centro. Diritto che si appanna, nell'esclusione e sotto l'imperativo ideologico di non essere, non contare, non significare. E' questa, la malattia della politica: o no? Questa campagna interviene nella crisi acuta di una malattia. E forse propone questo: di mettere la politica tra le donne e gli uomini. Lo aveva fatto il femminismo, proponendo di trasformare i rapporti interpersonali segnati dal patriarcato, ma oggi si propone di partire, invece, dalla scena pubblica e politica, dalla democrazia. Perche' l'arretramento in questo campo e' evidente e gravissimo, e occorre ridare un senso molto alto, un senso universale, all'incivilimento dei rapporti tra i sessi perche' le singole e i singoli tornino a impegnarvisi, con urgenza ma anche con gioia e piacere, sottraendo questo cardine della convivenza umana alla gestione oscurantista di ogni sorta di chiese e alla devastazione mercantile. E tornando a farne una fonte di cultura. * Sara' utile aggiungere che per le donne della sinistra che partecipano a questa campagna - e sono molte e diverse - sarebbe un bene che la sinistra in tutte le sue parti mostrasse attenzione e impegno almeno nei confronti del suo obbiettivo, soprattutto nel momento in cui si accinge (si spera) a superare le proprie ossessioni identitarie e claustrofiliche per unirsi. Pensare di costruire una sinistra grande e nuova senza accorgersi della rottura intervenuta tra donne e uomini fin nel colloquiare politico e' infatti una bizzarra forma di cecita': e' tra le donne che la defezione, negli anni, e la disillusione, e il disprezzo sono cresciuti a dismisura. Ed e' opprimendo le donne che si sono fondati o rafforzati i meccanismi di radicamento dei poteri piu' devastanti del neoliberismo e delle sue ideologie: basti pensare che e' a partire dalle donne nel mondo che si sono ristabiliti rapporti di produzione di tipo schiavistico, e non solo nella prostituzione vera e propria, ma anche nei settori della produzione familiare, o nei campi dove la mancanza di diritto di chi lavora alla dignita' va di pari passo con molestie e ricatti sessuali. E basti pensare che l'offensiva contro la liberta' degli affetti mossa dalla Chiesa cattolica e' partita in Italia con un successo legislativo tutto contro le donne: il primo articolo della legge sulla procreazione assistita, dove l'embrione cessa di essere potenzialita' protetta dalla scelta di una donna (corpo-cuore-mente) per diventare oggetto di tutela statale autoritaria. Percio': prima di tutto, democrazia paritaria: perche' poi, chi ha filo da tessere lo faccia, sia tra le donne che tra gli uomini. E si producano autentiche e corpose differenze politiche. E torni una vera liberta' di scelta, di selezione. Di voto. 2. RIFLESSIONE. DANIELA DANNA: FAMIGLIE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 giugno 2007,.col titolo "Son tutte belle le famiglie del mondo" e il sommario "Relazioni affettive. Il concetto di famiglia non appartiene piu' a nessuno. Cosa aspetta la politica a riconoscere dignita' alle coppie gay e lesbiche con o senza figli?". Daniela Danna (Milano, 1967), ricercatrice, saggista, docente, insegna presso la Facolta' di Sociologia dell'Universita' degli Studi di Milano. Dal sito www.danieladanna.it riprendiamo il seguente profilo: "La mia professione e' quella di ricercatrice presso il Dipartimento di Studi Sociali della facolta' di Scienze Politiche dell'Universita' degli Studi di Milano, dove tengo un corso di 'Sistemi sociali comparati' e una parte monografica sul concetto di capitalismo in Marx, Weber e altri autori nel corso di 'Storia del pensiero sociologico'. E' la facolta' dove mi sono laureata nel 1991, con una tesi di laurea intitolata 'La teoria della transizione demografica di John Caldwell e il caso della Danimarca', che ho fatto durante un periodo ad Aarhus (la seconda citta' della Danimarca, anche se non e' molto famosa), nel bel mezzo di un gelido inverno. Ancora prima di laurearmi comincio a lavorare a 'Babilonia' con Giovanni Dall'Orto, tenendo le (due) pagine lesbiche, la rubrica di notizie dall'estero, occupandomi sotto la guida di Giovanni degli aspetti pratici della campagna in difesa di don Crema, che era minacciato di 'licenziamento' per le sue posizioni poco vaticane in materia di omosessualita' (teneva una rubrica su 'Babilonia', che dovette abbandonare) e scrivendo articoli su temi vari. Subito dopo la laurea parto per Berlino, dove continuo a scrivere per 'Babilonia', insegno italiano, lavoro in bar e in un ristorante, insomma, mi arrangio a reddito minimo ma con molto tempo libero. Agli archivi lesbici Spinnboden scopro l'esistenza di uno scaffale intero di libri che parlano dell'amore tra donne nella storia, in tedesco, inglese ed altre lingue, e comincio a lavorare a una sintesi dei materiali per farli conoscere alle italiane. Dopo la fine di questa ricerca propongo al mio editore un libro sul riconoscimento giuridico e sociale delle unioni omosessuali. Mondadori accetta, ma poi in un momento di difficolta' economica non pubblica il lavoro (contemporaneamente fa uscire Praticamente normali di Andrew Sullivan sullo stesso tema, quindi non sembra essere una censura sui contenuti). La scoperta di accadimenti fantascientifici, come la pratica di emettere certificati di nascita con i nomi delle co-madri della California, o lo sviluppo dei servizi di inseminazione assistita per lesbiche, mi spinge (per tornare sulla Terra) a intraprendere una ricerca sulla maternita' delle lesbiche in Italia, realizzando interviste in tutta Italia, grazie all'aiuto di molte amiche del movimento, in particolare Giovanna Olivieri. Stanca dell'isolamento (e anche della scarsa considerazione) che la ricerca 'selvatica' ottiene, approdo all'Universita' come dottoranda in sociologia nel 1998, e decido (finalmente! dice il mio palato intellettuale) di cambiare argomento di ricerca, dedicandomi alle politiche sulla prostituzione. Ora si e' chiuso anche questo ciclo, sto preparando il mio corso e studiando autori che occhieggiavano da un po' (magari solo parzialmente letti!) dai miei scaffali: Wallerstein, Arrighi, Boutang, Tobin, Barrington Moore, Diamond, Delphy e molti altri". Pubblicazioni di Daniela Danna: dalla medesima fonte riprendiamo la seguente bibliografia: "a) Pubblicazioni recenti: (a cura di), Prostituzione evita pubblica in quattro capitali europee, Carocci, Roma 2007; Ginocidio. La violenza contro le donne nell'era globale, Eleuthera, Milano 2007. b) Pubblciazioni sulla prostituzione. 1. Saggi: Donne di mondo. Costruzione sociale e realta' della prostituzione e del suo controllo statale, Eleuthera, 2004; Cattivi costumi: Le politiche sulla prostituzione nell'Unione Europea negli anni Novanta, Quaderni del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale, Universita' di Trento, n. 25, 2002; Le politiche sulla prostituzione in Europa negli anni Novanta. Tesi di dottorato di ricerca in Sociologia e ricerca sociale presso l'Universita' degli studi di Trento, 2001. 2. Articoli: La prostituzione di strada nell'Unione Europea: le stime piu' recenti, in "Polis", n. 2, 2000, pp. 301-321; Paradossi della prostituzione, in "Polis", n. 1, 2001, pp. 5-12; La prostituzione come issue politica: l'abolizionismo della legge italiana e le proposte di cambiamento, in "Polis", 1, 2001, pp. 55-75; Danish legislation on prostitution in the context of the policy models in the E. U., in Kvinder, koen og forskning, n. 3, 2001, pp. 34-47. Lo sfruttamento della prostituzione, in La criminalita' in Italia, a cura di Marzio Barbagli e Ubaldo Gatti, Il Mulino 2002, pp. 149-158; Le politiche prostituzionali in Europa, in On the road: Manuale di intervento sociale nella prostituzione di strada, Milano, Franco Angeli 2003; Italy, the never-ending debate in The Politics of Prostitution: Women's Movements, Democratic States, and the Globalisation of Sex Commerce, a cura di Joyce Outshoorn, Cambridge University Press, in corso di pubblicazione. 3. Convegni. Organizzazione della Giornata di studi sulla prostituzione in Italia dell'Istituto Cattaneo (Bologna, 15.9.2000) e partecipazione con il paper La prostituzione di strada nell'Unione Europa: le stime piu' recenti; The position of the prostitutes in E. U. countries law and practice al workshop Ties that Bind: the Law, Economics and the Labour Market della IV Conferenza europea di ricerca femminista (Bologna, 28.9-1.10.2000), vedi in www.women.it/cyberarchive ; Organisations active in the field of prostitution in a comparative Western European perspective. Prostitution and trafficking as political issues Joint sessions dell'Ecpr (14-19 aprile 2000Copenaghen), vedi in www.essex.ac.uk/ecpr/; Models of policies about prostitution in the E. U. member states. Lezione tenuta al College di Vassar 23 aprile 2001; Danish legislation in a E. U. perspective. Sex til salg (28 settembre 2001 Copenaghen); Modelli di regolazione della prostituzione nell'Unione Europea.Rompere il silenzio sulle nuove schiavitu' della strada (17 maggio 2002 Cremona) in corso di pubblicazione negli Atti; Street prostitution and public policies in Milan, Italy. Sex work and public health Conference (18-20 gennaio 2002 Milton Keynes, UK); Trafficking and prostitution of foreigners in the context of the E. U. countries' policy about prostitution. Newr Workshop on Trafficking (25-26 aprile 2003 Amsterdam); Uno sguardo all'Europa. Convegno Nazionale Oltre le terre di mezzo. Ipotesi per nuove politiche sulla prostituzione (22-23 settembre 2003 San Benedetto del Tronto). c) Pubblicazioni sul lesbismo: 1. Saggi: Amiche, compagne, amanti. Storia dell'amore tra donne, Mondadori, Milano 1994 (ristampato nella collana Oscar, 1996). Pubblicato in edizione integrale e aggiornata da Editrice Uni Service, 2003; Matrimonio omosessuale, Erre Emme Edizioni, Roma 1997 (poi Massari Editore, Bolsena); "Io ho una bella figlia..." Le madri lesbiche raccontano, Zoe Edizioni, Forli', 1998. 2. Articoli: "Bisogna difendere la famiglia" Suggerimenti per un dibattito sulla destra al governo e le lesbiche: perche' non ci vogliono bene? Introduzione al dibattito in occasione della Giornata dell'orgoglio gay e lesbico a Milano, giugno 2002; Pregiudizio e orgoglio: gli effetti italiani del world pride, Incontro annuale dell'Associazione Americana di Italianistica, Filadelfia 2001; Cronache recenti di lesbiche in movimento, in "Quaderni viola", n. 4, 1996, pp. 6-17; Italy, in Lesbian motherhood in Europe, a cura di Kate Griffin e Lisa A. Mulholland, London, Cassell 1997, pp. 141-147; Lesbiche in movimento, in Pro/posizioni. Interventi alla prima universita' gay e lesbica d'estate, a cura di Gigi Malaroda e Massimo Piccione, Livorno, 24-30 agosto 1997. Universita' gay e lesbica d'estate, Livorno, 2000, pp. 50-56; The Beauty and the Beast. Lesbian characters in the turn-of-the-century Italian literature, in Queer Italia: Same-Sex Desire in Italian Literature & Film, a cura di Gary P. Cestaro, Palgrave MacMillan, 2004. 3 Convegni: Lesbian mothers in contemporary Italy, alla sezione "GenDerations" convegno internazionale "Women's Worlds '99" (Tromsoe 20-26.6.1999), vedi in www.skk.uit.no/WW99 ; Le modele italien: 20 ans de luttes lesbiennes organisees, in "Espace lesbien. Rencontre et revue d'etudes lesbiennes", n. 2, 2001 (Actes du colloque europeen d'etudes lesbiennes, Toulouse 13-16.4.01), pp.179-194, intervento al convegno "La grande dissidence et le grand effroi. Colloque europeen d'etudes lesbiennes"; Effetti italiani del World Pride al convegno annuale dell'American Association for Italian Studies (Filadelfia 19-22.4); Bisogna difendere la famiglia La destra al governo e le lesbiche. Perche' non ci vogliono bene? Giornata del Pride Glbt (21 giugno 2002 Cdm Milano); Non osava esprimere il suo desiderio: Gertrude Stein anno 1903, intervento al convegno "Dalle grandi madri alle grandi figlie. Storia della letteratura lesbica dal Novecento ad oggi", Roma 26-28.6.02, in corso di pubblicazione negli Atti"] "Ma perche' famiglia? Voi siete una coppia", e' la secca e indignata risposta alla domanda scritta su uno striscione: "Noi ci vogliamo bene. Perche' non possiamo essere una famiglia?". L'imprevista presenza al Family Day e' di due coppie di ragazzi, giovanissimi maschi, che si tengono per mano. Gia', perche' questa ostinazione? La Famiglia e' stata uno dei bersagli della ribellione sessantottina, preparata da Theodor Adorno e Herbert Marcuse e incarnata dalla ricerca di alternative nelle comuni. L'origine stessa della parola suona abbastanza spaventosa: deriva dal latino "famulus", che significa "servo". La famiglia romana infatti era costituita da tutte le proprieta' del capofamiglia: dalla moglie ai figli agli schiavi, appunto. * Il mito violento della famiglia E la costruzione mitologica della "famiglia tradizionale", della cui difesa oggi si fa un gran parlare, ha radici in una forma di famiglia, legittimata dal matrimonio, che in passato si e' difesa dalle alternative con la pura e semplice violenza. Violenza istituzionale iscritta nelle leggi sulle prerogative dell'uomo capofamiglia. Violenza contro mogli e figli a lui disubbidienti. Violenza contro le deviazioni dall'eterosessualita'. Violenza nello stigma sociale sulle donne "cadute" a causa di una gravidanza extraconiugale, violenza nel costringerle ad abbandonare i figli del peccato. Il film Magdalene ha semplicemente divulgato una prassi che allo spettatore risulta deviante solo perche' in Irlanda e' proseguita ancora fino agli anni Settanta, ma che in passato era comune a tutto il mondo cattolico. Eppure nessuno ha il copyright delle parole: se per (alcuni) cattolici "Famiglia" e' una sola, con la lettera maiuscola, e se la sociologia cattolica di Donati nel Manuale di sociologia della famiglia si rifiuta di includervi relazioni non procreative e non matrimoniali, l'uso comune del termine e una societa' assolutamente cambiata rispetto a quarant'anni fa hanno dato a "famiglia" molti e diversi significati. E anche le definizioni ufficiali si sono allargate: e' risaputo che l'anagrafe parla di famiglia nel momento in cui si ha una convivenza di persone: e' tale "ogni comunita' fondata su vincoli affettivi, caratterizzata dal rapporto di convivenza e dalla messa in comunione di tutto o di parte del reddito per il reciproco soddisfacimento dei bisogni". Ne parliamo anche in assenza di figli, e non solo per relazioni che includono la sessualita', ma anche per le nostre relazioni amicali profonde (spesso le ex). Diciamo che la nostra famiglia sono gli affetti che ci siamo scelte e scelti, sia omo che eterosessuali. Persino i giornalisti televisivi della Rai, in una delle trasmissioni domenicali di propaganda religiosa, hanno parlato di "famiglia del papa" presentando le persone con cui convive. E' famiglia di fatto per l'Istat l'insieme di "persone coabitanti, legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinita', adozione, tutela o da vincoli affettivi". I censimenti parlano anche di famiglie unipersonali, che nel 2001 sono risultate essere il 24,3% di tutte le famiglie. Perche' una coppia dello stesso sesso non puo' chiamarsi famiglia, allora? O meglio, perche' non puo' essere considerata una famiglia dai nostri politici e anche dai religiosi? La risposta solitamente e': perche' non ha figli. La discriminante risulta pero' artificiosa, in tempi in cui le donne che fanno figli senza gli uomini non sono piu' rinchiuse in istituti per essere "rieducate" da suore sadiche, ne' la coppia eterosessuale senza figli viene piu' stigmatizzata e oppressa dalla vergogna per non poterne (o volerne) avere. La tutela, che poi in definitiva e' il riconoscimento pubblico della relazione di maggiore prossimita', in Italia e' riservata ancora solo alle coppie che possono e vogliono sposarsi, con o senza figli: tutti gli altri mai riescono a distaccarsi dalla famiglia di origine. E persino concedendo che la "famiglia" sarebbe solo la struttura sociale che accoglie i nuovi nati, cioe' il loro gruppo primario, allora le coppie (e le singole) lesbiche che decidono di avere bambini (in Italia poche in confronto ad altri paesi, ma non trascurabili) vi rientrano a pieno titolo. * Le famiglie lesbiche Parliamo allora un po' meglio delle famiglie lesbiche, apparentemente sconvolgenti e nuove, ma che in realta' presentano forti analogie con diverse situazioni: innanzitutto perche' i figli sono sempre stati "affare di donne", poi perche' i ruoli genitoriali nella storia sono in evoluzione continua, persino se sono ricoperti sempre da uomini o sempre da donne, poi perche' gli omosessuali sono sempre stati anche genitori, poi perche' tra le stesse famiglie ricostituite ve ne sono una parte in cui vi e' un "terzo genitore" convivente, necessariamente dello stesso sesso dell'uno o dell'altro ex coniuge. E parliamo anche dei vantaggi che le ricerche degli psicologi hanno evidenziato nelle famiglie lesbiche primarie, cioe' con bambini nati nella coppia, utilizzando gruppi di controllo di famiglie eterosessuali. Vi e' la maggiore soddisfazione delle lesbiche rispetto agli etero per la relazione di coppia, che ha effetti benefici sul benessere del bambino; la piu' equa divisione dei compiti materiali tra le due donne, che abbassa il livello dello stress grazie alla condivisione di questa fatica; la maggiore vicinanza ai bambini della figura della seconda madre rispetto a quella del padre, secondo la belga Katrien Vanfraussen. Una ricerca di Breaweys in Olanda con due gruppi di controllo con figli concepiti naturalmente e artificialemente ha mostrato che le madri sociali interagiscono piu' con i bambini rispetto ai padri dei due tipi di famiglia eterosessuale. Negli Usa l'equipe di Flaks ha trovato che le coppie di madri lesbiche sono piu' consapevoli di quelle di genitori eterosessuali di quali siano le qualita' necessarie per l'allevamento dei bambini, che sono molto piu' attente ad identificare le questioni problematiche in una situazione in cui i bambini sono affidati a qualcuno, che formulano meglio le soluzioni ai problemi. In Olanda Henny Bos ha messo a confronto 100 famiglie di lesbiche che hanno procreato con l'inseminazione assistita e 100 famiglie eterosessuali socio-demograficamente simili, trovando grandi differenze tra madri sociali e padri, in quanto le madri sociali hanno un desiderio piu' intenso di essere genitrici, un coinvolgimento emotivo maggiore, una preoccupazione maggiore per i figli, usano piu' la persuasione della costrizione e mostrano piu' rispetto per l'autonomia dei figli. Il livello di benessere e di adattamento dei figli nei due tipi di famiglie e' invece indistinguibile. In Gran Bretagna l'equipe di Golombok ha fatto uno studio su un campione di famiglie con figli di 7 anni tramite un questionario somministrato a genitori, figli e maestri di scuola, mostrando che i figli di madri lesbiche non hanno nessun maggiore problema rispetto agli altri bambini. In breve: siamo in regola con i requisiti funzionali del gruppo primario che alleva bambini, persino in assenza del padre. * Il ritardo della politica Che cosa aspetta il legislatore italiano a dare dignita' di famiglia, nell'accezione affettiva, anagrafica, statistica, alle coppie gay e lesbiche, con o senza figli? E a riconoscere che laddove vi sono anche bambini cresciuti da due donne, la potesta' genitoriale (o la responsabilita' genitoriale, in presenza di un altro genitore che detiene la potesta', come nelle famiglie ricomposte dopo un divorzio) va condivisa dalle due donne, come nei paesi del Nord Europa e in alcuni stati degli Usa? 3. MEMORIA. BIANCA POMERANZI: ALL'ULTIMO RESPIRO [Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente scritto gia' pubblicato in "70, gli anni in cui il futuro incomincio': n. 8, il 1977", supplemento al quotidiano "Liberazione". Bianca Maria Pomeranzi, intellettuale femminista, esperta di cooperazione allo sviluppo, opera presso il Ministero degli affari esteri] Per raccontare bene il femminismo italiano e la sua particolarita', occorrerebbe uno strumento come il grandangolo, capace di cogliere il panorama di idee e iniziative di quel movimento politico "separatista" che fu il femminismo degli anni Settanta. Da questo punto di vista il 1977 e' probabilmente l'anno che segna un passaggio di fase e anche quello piu' pericoloso politicamente perche' il movimento si trovo' preso nella complicata stagione della politica istituzionale italiana, con l'esplosione del movimento del '77 e il terrorismo diffuso, ma soprattutto si trovo' a dover fare i conti con la propria crescita esponenziale. Quello che stava dettando le proprie condizioni alla politica istituzionale in tema di diritto di famiglia, di aborto di pari dignita' nel lavoro e di violenza sessuale era un "movimen?to tutto nostro", di donne che avevano iniziato a parlare di se' in prima persona, che cercavano la propria "singolare" liberta', che praticavano i testi e i contesti del femminismo cercando di scegliere da che parte stare nella vita. Almeno cosi' ero io, sbarcata a Roma dalla provincia toscana, dove ero stata folgorata dalle letture e dalle frequentazioni di femministe romane, quasi tutte lesbiche e comunque molto radicali. Le mie amiche venivano proprio da uno dei gruppi piu' radicali e separatisti di Roma, ovvero il Movimento femminista romano di via Pompeo Magno che inizialmente era stato uno dei collettivi di Lotta femminista, ma, dopo il 1971, aveva preferito procedere con una pratica politica in cui si alternava la "presa di coscienza" con le azioni pubbliche e l'incontro con le donne nei quartieri e nei mercati. Era un collettivo con una sua storia gia' consolidata a cui io mi avvicinai con rispetto e una grande voglia di imparare attraverso i racconti delle altre, dando in cambio il mio tempo e la mia disponibilita' alla "militanza". All'indomani del mio arrivo in pianta stabile a Roma, il 3 aprile 1976, in coincidenza con la manifestazione sull'aborto che provoco' la caduta del governo, mi trovai al centro dell'organizzazione e capii subito che quel movimento di donne non nasceva dal nulla ne' era una esplosione casuale, piuttosto l'esito di una pratica politica difficile con tanto di personalita' e gruppi leader, capaci di dettare una agenda politica autonoma e di scendere in piazza aprendo un conflitto diretto anche con i partiti egemoni del movimento operaio. Lo spirito dei tempi consentiva tutto questo, anzi forse lo esigeva perche' l'Italia aveva un grande bisogno di modernizzazione e le donne stavano vincendo in tutto il mondo. Gia' nel 1975 le femministe - riunite in un forum a Citta' del Messico per la prima Conferenza Onu - avevano dimostrato di essere un movimento internazionale, di avere capacita' di trasformare le istituzioni, anche le piu' lontane. Quello che fu nuovo in Italia e quasi inaspettato fu la capacita' di portare il conflitto non solo nella vita familiare e nelle relazioni private, ma anche e soprattutto nelle piazze, nello spazio che fino allora aveva risuo?nato di voci maschili e che divenne il teatro del femminismo diffuso. Nonostante la diversita' dei linguaggi che derivavano dalle appartenenze iniziali - piu' o meno vicine alla sinistra extraparlamentare, piu' o meno legate al Partito radicale e alla lotta per il divorzio e per i diritti liberali, piu' o meno sensibili alla cultura cattolica o ai movimenti emancipazionisti della sinistra tradizionale - il movimento femminista riusciva a far tesoro delle differenze e a creare una massa critica visibile e autonoma "politicamente". Usando il separatismo come uno strumento di aggregazione e senza entrare nelle istituzioni, il movimento delle donne dal 1975 al 1977 condusse "negoziati autorevoli" con la politica istituzionale e con il mondo dei media. Fu il punto piu' alto del movimento fatto di tanti piccoli collettivi, diffuso capillarmente sul territorio, ma anche l'inizio delle divisioni. * Il 1977 e' cruciale proprio per questo motivo. Alla manifestazione notturna contro la violenza "Riprendiamoci la notte" nel novembre del 1976, a Roma, erano comparse le donne dei gruppi dell'autonomia operaia, "casseuses" ante litteram, a spaccare le vetrine di via Sistina. Nel dicembre dello stesso anno, a Paestum, al terzo e ultimo convegno femminista, si erano sentiti i primi scricchiolii nei conflitti tra Roma, coinvolta nella politica, e Milano, con la sua rigorosa pratica dell'inconscio. Tuttavia fu proprio nel corso del '77 che le differenze (a cui nel frattempo era stata intitolata una rivista romana, gestita autonomamente e solidarmente da diversi gruppi) esplosero. Quando in maggio, a Roma, fu decisa l'adesione dei collettivi femministi all'occupazio?ne del Governo Vecchio, gia' avviata dall'Mld, vi aderirono piu' di 70 gruppi. Le numerose manifestazioni realizzate tra il '75 e il '76, oltre a scuotere i Palazzi della politica istituzionale, avevano dunque coinvolto un gran numero di donne. C'era indubbiamente una "potenza" attrattiva in quelle manifestazioni separatiste che si montavano in pochissimi giorni, anzi in poche ore, come quella che facemmo all'Alberane nell'aprile del '77 quando Claudia Caputi, gia' vittima di stupro da parte di un branco, fu di nuovo violentata. Era una trappola oscura che non capimmo e che in seguito produsse divisioni. Noi invece lavoravamo per unire. Stavamo ricucendo un nuovo legame anche con i collettivi del salario al lavoro domestico che in giugno avevano organizzato a Roma un Congresso internazionale su "lavoro, sessualita', prostituzione". Le manifestazioni erano preparate collegialmente, al punto che la vecchia distinzione tra il gruppo marxista di via Pomponazzi e quello radicale di via Pompeo Magno aveva perso senso e anche le sedi si erano avvicinate. Nel 1977 molte di quelle di Pomponazzi avevano una sede a via Germanico, a non piu' di 300 metri da via Pompeo Magno. Si lavorava spalla a spalla, insieme per molta parte della settimana, ma stavamo bruciando i tempi di riflessione. Alcuni collettivi si spaccavano sulla questione del lesbismo. Verso la fine del 1977 il n. 4 di "Differenze", redatto dal Pompeo Magno e dedicato alla sessualita', aveva una intera sezione sul lesbismo. Ma intorno cresceva troppa violenza e le assemblee al Governo Vecchio diventavano difficili. A febbraio Lama era stato cacciato dall'universita' di Roma, a marzo a Bologna durante gli scontri tra Comunione e liberazione e gli studenti la polizia aveva ucciso Francesco Lorusso, a maggio era stata assassinata "per errore" Giorgiana Masi. Il centro di Roma era quasi sempre assediato dalla polizia e il terrorismo diffuso lambiva frange di donne. Si crearono nuove alleanze tra quelle che volevano un movimento femminista autonomo e separatista. Eravamo forti e continuammo cosi' fino alla normalizzazione che segui' la morte di Moro e alla proposta di legge di iniziativa popolare contro la violenza sessuale. Poi quel movimento politico si perse in una miriade di associazioni. Ancora oggi mi chiedo se sia stata l'incapacita' di gestire la nostra potenza o gli eventi esterni a farci perdere l'occasione di cambiare per sempre la storia, pero' e' certo che allora vincemmo una vita nuova. 4. RIVISTE "VIA DOGANA" N. 81 [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)] Milano, giugno 2007. E' uscito il numero 81 di "Via Dogana", monografico sul tema "Lo svantaggio maschile". * Da Guardare indietro, rubrica di Vita Cosentino Del cambiamento che stiamo vivendo, questo numero coglie e interroga un aspetto inedito: Lo svantaggio maschile. Certamente poco indagato - nel mare magnum di internet si trova solo il punto della scuola e quello della mortalita' - e' forse anche difficile da credere. Pure da almeno un decennio le statistiche segnalano, per esempio, che su 10 bocciati, o tossicodipendenti, o certificati di handicap, 8 sono maschi. Oppure ce ne parla il cinema, che da tempo ha abbandonato gli agenti segreti conquistatori di belle donne, per proporre invece maschi eroi depressi. Il tema e' articolato in una costellazione ampia che di per se' segnala di non andare per vie facili: per esempio mostra come lo svantaggio maschile non corrisponda necessariamente a un vantaggio femminile, oppure individua un'antimaschilismo che fa ingombro. * Da Lo svantaggio di lui non e' il vantaggio di lei, di Marina Terragni Lo svantaggio maschile puoi avvertirlo d'istinto, quando metti al mondo un figlio maschio, nonostante i festeggiamenti che accompagnano la fortuna che hai avuto, di non esserti semplicemente "sdoppiata" facendo un'altra femmina ma di aver saputo generare il "tuo" fallo: tra le madri del Mediterraneo la faccenda spesso viene messa in questo modo. Del resto, se non vi fosse uno svantaggio maschile originario - riconducibile, immagino, al confronto-scontro con la potenza materna -, i maschi non sarebbero costretti a impegnarsi fin da subito in quella lotta di differenziazione che dovranno sostenere per tutta la loro vita: le reiterate messe alla prova - la virilita' non e' mai data una volta per tutte -, il ciclo degli eroi, le molte narrazioni che ci raccontano questa guerra strenua. Fino al dominio sulle donne, che abbiamo patito e di cui ancora patiamo il colpo di coda. In fondo, ho pensato una volta, il fatto che noi donne oggi ci sentiamo costrette ad abbandonare il nostro sesso e la madre come da sempre l'abbandonano loro, a girovagare in terra straniera, a patire il loro stesso sradicamento, non potrebbe essere almeno in parte una loro vendetta? * Da Io, di Stefano Sarfati Nahmad Caduta tutta l'impalcatura del patriarcato, noi uomini ci troviamo senza una rete di protezione, come operai inglesi durante il governo Thatcher: se una ditta non ha piu' bisogno di noi ci licenzia a cuor ancora piu' leggero visto che tanto oggi lavora anche lei; se cadiamo in questa situazione e non reggendola chiediamo la separazione, i figli e la casa restano a lei, cosi' vuole la legge; se in seguito a tutto cio' cerchiamo conforto per la nostra virilita' ferita in una figura paterna, non lo troviamo perche' ai tempi dei nostri padri il patriarcato c'era ancora e oggi sono piu' impreparati di noi. Lo svantaggio maschile e' uno scacco da cui non e' facile uscire e a questo si deve aggiungere una sessualita' difficile da gestire e un'inferiorita' relazionale che non permette agli uomini di fare rete raccontandosi. * Da Non e' piu' possibile. Allora, come? Di Gian Piero Bernard Le opere letterarie sono state spesso utilizzate dalle donne per ricavarne elementi di conoscenza di se' e del mondo. Anch'io, come tanti altri maschi, mi sono nutrito del pensiero e dei racconti di molte scrittrici. Pero' mi e' mancata in questi anni una riflessione maschile a partire dall'opera di scrittori, per vedere se avevano da dirci qualcosa che facesse luce su di noi, sul nostro cammino, sulle nostre difficolta'. Forse ha giocato la tendenza di molti maschi a precedere per astrazioni e generalizzazioni, anche nel considerare opere singolari come quelle narrative. Oppure la preoccupazione di restare invischiati nel soggettivo, senza saper fare il salto che a partire da cio' che si dice di se', permette di dire per tutti. * Da Gli uomini muoiono di piu', dati forniti e elaborati da Francesco Siliato Uno dei mutamenti piu' profondi nel XX secolo della dinamica demografica naturale, fenomeno normalmente caratterizzato da notevole inerzia, e' lo straordinario aumento della supermortalita' maschile che puo' essere espressa in termini sintetici dal passaggio della vita media alla nascita da un livello lievemente superiore per il sesso femminile (0,5 anni) a un livello sempre superiore per tale sesso, ma in termini molto piu' consistenti (oltre sei anni di maggiore sopravvivenza). * Da L'antimaschilismo ingombra, di Traudel Sattler Su una rivista tedesca online, bzw-weiterdenken.de, si e' aperta una discussione interessante che tocca alcuni argomenti che stiamo discutendo in "Via Dogana". Partendo dall'osservazione che i rapporti tra i sessi sono "disturbati" e il sapere e le parole delle donne spesso rimangono inascoltate nel mondo, o addirittura apertamente rifiutate perche' "di origine femminista", Dorothee Markert si interroga in che modo lo stesso movimento delle donne abbia contribuito a questa impasse nella comunicazione tra i sessi. Ripercorrendo alcuni episodi della sua storia femminista a partire degli anni '70 constata una serie di "ingiustizie" commesse dalle donne nei confronti degli uomini, in primis la totale esclusione degli uomini dai luoghi e dagli incontri tra donne, una vera e propria "marginalizzazione" del sesso maschile. * Da Il membro maschio, di Pasqua Teora Riguardo alla parita' tra i sessi e ai cambiamenti che ne sono derivati, guardo dentro e fuori il mio affollato ambito professionale (psicoterapico e di consultazione) e cio' che vedo abbastanza chiaramente e' che, attualmente, nella classe media, la collaborazione tra uomo e donna e' fortemente diffusa e che essa e' divenuta nel frattempo indispensabile alla gestione di una famiglia moderna in cui entrambi i coniugi lavorano. Infatti, nelle nuove generazioni ci sono molti giovani trentenni che sanno rapportarsi alle loro coetanee (e viceversa) in modo spontaneamente collaborativo e paritario senza perdere il valore della differenza sessuale. Moltissimi invece sono gli uomini dai quarantacinque in su che nel rapporto con le donne mostrano d'essersi smarriti, autoemarginati, irrigiditi, spaventati con una rabbia malcelata contro un femminino a loro sconosciuto e inconoscibile. * Da Sui Generis: due diversamente abili - Articolo di Sveva Magaraggia (titolo originale: Drag Kings e Drag Queens) tratto da "Diogene Filosofare Oggi" Come molte studiose femministe hanno dimostrato, l'identita' di genere non e' l'espressione di differenze naturali, bensi' nasce dalla soppressione delle similarita' naturali. Costruire il senso comune che determini cio' che comprendiamo come maschile o come femminile vuol dire delimitare un territorio preciso, escludere altre possibilita', costruire il significato di una posizione in relazione all'esclusione di altre. Intraprendere un viaggio attraverso i generi, non rispettare i confini che ci definiscono in quanto uomini o donne, autorizzare i nostri desideri a confondere le acque implica quindi uno spostamento dei parametri sui quali poggiano le codificazioni sociali. Ci sono donne che come forma d'arte trasformano il loro corpo, si appropriano delle regole che determinano la maschilita' e la mettono in scena, la interpretano. Persone nate donne che diventano drag kings, e che attraverso le loro performance, decostruiscono i generi, li mescolano, ne confondono i confini mostrando quello che realmente i generi sono: indefiniti. Il genere e' quello che tu vuoi che sia. * Da Bulli e pupe e un nonno a scuola, di Laura Minguzzi Un giorno, d'accordo con una collega abbiamo chiamato a colloquio i genitori di un ragazzo ingovernabile che si era prefisso lo scopo di impedirmi di parlare o fare lezione con ogni mezzo lecito e illecito. Non proprio il classico bulletto ma un caso gia' trattato l'anno prima dallo psicologo della scuola e senza risultati. Si e' presentato il nonno. Straordinariamente somigliante al nipote, e' evidentemente l'adulto della famiglia che si e' assunto la cura e la responsabilita' del giovane. Parlo con lui, lo ascolto e mi faccio raccontare la storia del ragazzo e come si comporta a casa. Dalle parole del nonno scopro che in una relazione duale di fiducia e di amore il ragazzo rivela una faccia completamente diversa. Cosi' mi si accende una lampadina. Perche' non riproporre in classe la stessa relazione e vedere che effetto fa? * Da Educare al/il maschile, di Raffaele Mantegazza, tratto da "Ecole. Idee per l'educazione" Che cosa significa oggi educare al/il maschile? Che cosa significa studiare percorsi di formazione specifici per il giovane maschio o comunque che tematizzino la questione della specificita' del maschile al di la' dell'appartenenza di genere dei soggetti ai quali vengono rivolti (il che significa, piu' chiaramente, che anche le donne e le ragazze devono essere pensate come destinatarie di nuovi processi di educazione al maschile)? Avviamo con questo articolo alcune tracce di riflessione che proseguiranno nel corso del 2007. * Da Fra lo stipite e la porta, di Oriella Savoldi Ripercorrendo gli anni prima del '70 e quelli successivi, mi rivedo in una posizione che se all'apparenza puo' sembrare identica a quella in cui ancora mi ritrovo, non lo e'. Sono la', fra lo stipite e la porta, per evitare che questa si chiuda. (...) Scioperi, contestazioni, luoghi politici diversi, fiducia e speranza. Potevamo cambiare il mondo, almeno questa era la convinzione. Tuttavia pur in un clima esaltante non potevo confondermi: un'inquietudine profonda a cui non avrei saputo dare parola se non nell'incontro con il femminismo prima e il pensiero della differenza poi, mi segnalava qualcosa di me che restava fuori nonostante il desiderio di entrare fosse grande. Non la fabbrica che in quegli anni era luogo vivo di scommesse di cambiamento, non le lotte mi hanno permesso di riconoscere quell'inquietudine, ma una scoperta: la passione politica che mi animava verso cambiamenti ideali, posti in un orizzonte prossimo, altro non era che l'indisponibilita' a considerarmi superflua. * Da Questi tempi, di Vita Cosentino e Federica Giardini Questi tempi chiedono una politica nuova. Le condizioni di vita conoscono mutamenti talmente rapidi che, spesso, si riescono a cogliere solo o la sofferenza che ne deriva o la mancanza di risposte all'altezza di quegli stessi mutamenti. Pensiamo, per esempio, a quella incapacita' che accomuna, da una parte, le discussioni virulente e asfittiche sulla famiglia, e dall'altra, le soluzioni di corto respiro date al problema dell'ampliamento della base militare americana a Vicenza. Pensiamo anche ai fatti piu' recenti della cronaca scolastica, con i suoi presidi picchiati, ragazzi dipendenti dai cellullari, improvvisati registi minorenni di video violenti, e piccole bulle in erba. Di fronte a questi episodi la politica istituzionale nel correre ai ripari mostra una perdita di quei punti di riferimento che prima orientavano i suoi interventi. Oggi il potere balbetta, e' incerto, talora e' persino incapace di usare i mezzi che ha a disposizione, in una sorta di analfabetismo di ritorno. Insomma, sono tempi di una crisi sociale che accompagna quella delle forme tradizionali della politica. * Da Il problema della paternita', di Giuditta Lo Russo Alla luce dei grandi movimenti strategici che la cultura ha dovuto operare per radicare nel culturale la condizione maschile, inserendo gli uomini in un sistema di relazioni e ruoli socialmente costruiti, in assenza di una loro consapevole precisa collocazione nel sistema genetico naturale, si puo' anche considerare lo squilibrio e l'asimmetria che caratterizza il rapporto tra i sessi nella cultura patriarcale come risultato di un grande movimento di simmetria, teso ad equilibrare l'originario squilibrio, l'esclusione vissuta dagli uomini sul piano biologico. Percepita questa come grande disparita' della natura, le avrebbe fatto riscontro l'altra esclusione, quella della cultura, l'esclusione delle donne sul piano socio-politico-culturale. * Da Ai libri non si resiste, rubrica di Liliana Rampello Poche righe per tanti libri, davanti a noi l'estate, un po' di tempo e allora una scelta ampia. Sicuramente bellissimi due libri Einaudi di Ornala Vorpsi, Il paese dove non si muore mai (2005) e La mano che non mordi (2007): se aprite la vetrina del nostro sito ho gia' ricordato li' la ragione principale del fascino di questa artista di Tirana, cosmopolita nel senso piu' bello del termine, sguardo acuminato sulla realta' che salta sempre dal particolare all'universale quando si sa vedere. ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 110 del 21 giugno 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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