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Minime. 124
- Subject: Minime. 124
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 18 Jun 2007 03:15:48 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 124 del 18 giugno 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Giobbe Santabarbara: Quale sinistra. Tre tesi 2. Giulio Vittorangeli: Carnefici, vittime e spettatori impotenti 3. Katia Ricci: La vita alle radici dell'economia 4. Lea Melandri: Elvio Fachinelli, la politica del desiderio 5. Fabio Massimo Parenti presenta "Metafisica cristiana e neoplatonismo" di Albert Camus 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. GIOBBE SANTABARBARA: QUALE SINISTRA. TRE TESI 1. Una "sinistra" ministeriale che fa la guerra e se ne vanta, che viola la Costituzione e se ne vanta, che riarma e nuove guerre e nuovo terrorismo prepara, che in tutto cio' che e' sostanziale e' subalterna all'eversione berlusconiana, ebbene, non solo e' una "sinistra" destinata alla sconfitta, semplicemente non e' piu' una sinistra. E del resto da oligarchie corrotte o totalitarie (e talvolta sia corrotte che totalitarie) cosa ci si puo' aspettare? Altro oggi occorre, e urgentemente. Cosi' come una "sinistra" ambigua e parassitaria, frivola e irresponsabile, cialtrona e funzionalmente asservita ai media della societa' dello spettacolo, che ammette lo squadrismo e ammira il fascismo - tanto quello stalinista quanto quello fondamentalista -, e' una "sinistra" che serve solo alla destra eversiva, al sovversivismo dall'alto, al regime dei vampiri, al disordine costituito. Altro oggi occorre, e urgentemente. * 2. Se, come a noi sembra, la questione decisiva e' quella della pace e della guerra, ovvero della salvezza dell'umanita' dall'onnicidio (e dicendo questo intendiamo ad un tempo i diritti umani di tutti gli esseri umani, la difesa della biosfera, la socializzazione dei mezzi di produzione e l'affermazione di un'umanita' di persone libere, eguali e responsabili) si pone qui e adesso la necessita' della costruzione di una sinistra che s'incardini sulla scelta della nonviolenza come principio fondamentale del proprio pensare ed agire politico. * 3. La nonviolenza che e' stata il cuore pulsante della tradizione del movimento operaio; la nonviolenza che e' stata la chiave di volta delle lotte antirazziste ed antimperialiste; la nonviolenza che e' il nucleo e la matrice dell'ecologia politica; la nonviolenza che e' il primo motore della resistenza antifascista e dei movimenti antimafia; la nonviolenza di cui le esperienze e le riflessioni del movimento delle donne sono la corrente calda, l'inveramento storico maggiore. La nonviolenza come teoria e pratica della liberazione, come concrezione agente del principio responsabilita'. E non le ripugnanti pagliacciate di quei tre partiti politici che siedono in parlamento e al governo avallando la guerra, il razzismo e lo sfruttamento, e che oscenamente si proclamano "nonviolenti" senza neppure accorgersi di quanto grottesco sia questo loro mentire, ed infame. E non le grottesche furbizie di chi usa l'etichetta "nonviolenza" per far mercato di quattro trucchi o salire qualche gradino in penose carriere di asservimento proprio ed altrui. Ben altro e' la nonviolenza: la nonviolenza come idea e prassi - proposta e lotta concreta e dialettica, dialogica e contestuale - cui consentono persone diverse con motivazioni diverse che tutte convengono sul principio comune che vi e' una sola umanita' e che a tutti gli esseri umani tutti i diritti umani riconosciuti vanno. La scelta della nonviolenza, cosi' come Aldo Capitini la definiva nella sua "carta ideologico-programmatica del Movimento Nonviolento" che in ogni numero di questo foglio nuovamente riproduciamo. La nonviolenza in cammino. 2. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: CARNEFICI, VITTIME E SPETTATORI IMPOTENTI [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell’Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"] Sappiamo che la realta' in cui viviamo, il capitalismo, di cui la globalizzazione e' espressione, ha poco da offrire alla stragrande maggioranza dei popoli del Sud: vantaggiosa per una minoranza di persone, esige in contropartita l'impoverimento degli altri, in particolare delle societa' contadine, che costituiscono quasi meta' dell'umanita'. Sappiamo che, su scala globale, la logica del profitto porta alla progressiva distruzione delle basi naturali della riproduzione della vita sul pianeta. Privatizzando i servizi pubblici, riduce anche i diritti sociali delle classi popolari. Quello che troppo spesso ignoriamo, e' che noi apparteniamo a questa realta' globalizzata da un lato come carnefici, dall'altro come vittime. "Abitatori dei cosiddetti Paesi del benessere, non solo sappiamo di vivere una vita piu' agevole e garantita di quella della enorme maggioranza dei nostri simili, ma anche che questa nostra condizione deriva dalla sottrazione di risorse appartenenti ad altri popoli e alle future generazioni; e che questa rapina e' continua e organizzata dalla progettazione di meccanismi che respingono enormi masse ai margini estremi del sistema in cui viviamo, li riducono a scarti della cosiddetta civilta', a popoli in esubero, a serbatoi da cui trarre manovali di morte, soldati per le guerre imperiali, e regioni da trasformare in enormi discariche di rifiuti tossici. Noi siamo i consumatori, cioe' i beneficiari di questo assetto mondiale, e del resto finiamo spesso per accettare come dogma la sua ideologia, per la cui attuazione, ogni tre o quattro anni, eleggiamo i nostri rappresentanti. E pero', nello stesso tempo, noi sentiamo di appartenere al gruppo delle vittime. Dai mutamenti climatici alla distruzione dell'habitat, da una dura selezione di classe per cui aumenta la distanza fra ricchi e poveri, dalla parcellizzazione del lavoro alla sua delocalizzazione verso i Paesi dei bassi salari, dalla diffusione della precarieta' nel mondo giovanile alle guerre fra civilta' che ormai travagliano enormi regioni, alla caduta di senso della vita, di un'etica forte e di una forte identita' che reggevano - o sembravano reggere - le nostre modalita' di esistenza sino a qualche anno fa, noi ci sentiamo spesso in balia di un'epoca che travolge buona parte del nostro assetto psichico e della nostra liberta'" (Ettore Masina, da "Missione Oggi" dicembre 2006). Sottrarci a questa doppia identificazione e' la strada rappresentata dalla solidarieta' internazionale, quella che esige di rendere pronta giustizia a chi soffre, perche' il suo dolore e' avvertito come nostro dolore, e quindi ci pare intollerabile. Una solidarieta' che non puo' essere (come purtroppo viene veicolata e rappresentata dai grandi mezzi d'informazione) la carita' pelosa fatta dei messaggini sms. Quell'occuparci del resto del mondo con un messaggio sms da 1 euro e' un po' poco; serve, nel migliore dei casi, a mettere a posto la coscienza. L'elemosina umilia, anche quella promossa con le migliori intenzioni. Non sbaglia il proverbio che dice "La mano che riceve e' sempre sotto la mano che da'". * Ma neanche la migliore solidarieta' politica, in determinati contesti storici (che hanno un ruolo cruciale), riesce a rappresentare un interlocutore credibile per gli oppressi. Pensiamo allo scontro fratricida tra Hamas e Fatah che si sta consumando in Palestina, nei Territori martoriati dall'occupazione israeliana che dura da 40 anni. In quel carnaio, in quel cumulo di rovine, nulla riesce piu' a distinguersi, quanto a progetti, futuro, speranza, orizzonte condiviso. Certo ci sono le responsabilita', da chi questa guerra civile l'ha accuratamente cercata (Tel Aviv e Washington), a chi non ha fatto nulla per evitarla (le classi dirigenti del mondo arabo e l'Unione europea), per finire con gli errori imperdonabili commessi dalla stessa leadership palestinese. Ma tutto questo non ci assolve, non ci puo' assolvere; ci lascia solo spettatori impotenti. Quel che fa piu' male, come ha scritto Angela Pascucci (nell'editoriale del 13 giugno de "il manifesto): "e' la conferma che si finisce sempre, in piu' di un modo, per assomigliare al proprio nemico, soprattutto quando questo non intende assumere nessun'altra identita', perche' anche solo la convivenza gli sembra una sconfitta e una minaccia. Confrontarsi con un nemico che giorno dopo giorno erode la terra su cui vivi, minaccia la tua sopravvivenza, vive della tua paura, si sente rassicurato solo dalla tua debolezza, non puo' che indurre uno stravolgimento interiore, una paralisi dell'anima. Alla fine, qualunque diverbio, qualunque conflitto, anche quello con tuo fratello, si trasformera' in una sfida mortale per il controllo di quella terra su cui pensi di voler vivere e per la quale sei disposto a uccidere". 3. INCONTRI. KATIA RICCI: LA VITA ALLE RADICI DELL'ECONOMIA [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo questo intervento. Katia Ricci e' saggista, studiosa dell'arte delle donne, docente di storia dell'arte in un liceo classico di Foggia. Opere di Katia Ricci: Mary Cassatt. Da Pittsburgh a Parigi, Selene, 2003; Charlotte Salomon. I colori della vita, Palomar di Alternative, 2006] Ci si puo' commuovere ad un convegno sull'economia? Si', e' successo a molte e molti di quelli che ascoltavano Babacar Mbow sabato 12 maggio presso la sala convegni della Banca Popolare di Verona. Il convegno, durato l'11 e il 12, e' stato organizzato da varie associazioni, tra cui: Mag di Verona, Rete delle Citta' Vicine (di cui fa parte anche La Merlettaia di Foggia), l'Universita' del Bene Comune e la Libera Universita' dell'Economia Sociale. Il titolo del convegno racchiude una riflessione, che e' anche un invito agli economisti: far diventare centrale nell'economia degli specialisti quello che si fa nel quotidiano. La commozione nasceva dall'ascoltare parole autentiche, vere, aderenti alla realta', quelle di Babacar Mbow, senegalese, figura carismatica e ieratica, capo spirituale dei Bay Fall, una confraternita religiosa musulmana legata al sufismo, che ha presentato l'esperienza del villaggio di N'dem, situato a 150 Km. da Dakar, al limite del deserto del Sahel. A un certo punto della sua vita Babacar, che viveva con la moglie in Francia, ha deciso di fare qualcosa di concreto per il suo paese di origine, rifacendo il percorso inverso di tanti, troppi giovani senegalesi, ritornando con la moglie Aissa in quella regione che da 35 anni soffre di una siccita' devastante. Che cosa ha spinto Babakar e Aissa? "L'amore - dice in un francese asciutto e senza ombra di retorica, tradotto con calda partecipazione da Serena Sartori -. Al centro dei grandi eventi del mondo c'e' l'amore. Solo attraverso l'amore le difficolta' del mondo possono essere risolte". E di difficolta', risolte man mano, se ne sono presentate davvero tante. E tanti i problemi urgenti: le malattie, a cui ha cercato di far fronte Aissa, creando subito un centro di cura, la desertificazione, l'insufficienza di acqua potabile sia per gli uomini che per le bestie, l'emigrazione di massa dalle campagne... Ma dal 1985, quando Babakar comincio' a far rivivere il villaggio, insieme alle donne, vecchi e bambini, che erano rimasti, il risultato e' oggi sotto gli occhi di tutti, documentato durante il convegno dalla proiezione di un video sulla vita del villaggio di N'dem. Vi vivono stabilmente 8.500 persone, dedite a varie attivita' artigianali, tessili, di strumenti musicali, oggetti, mobili per arredamento e giocattoli. Quasi tutti i prodotti sono realizzati con materie non importate. Attorno al villaggio e' stata creata un'associazione che raggruppa 15 villaggi da cui e' derivato il Gie, gruppo di interesse economico, con l'obiettivo di migliorare le condizioni di vita, realizzando un centro di mestieri artigianali, una scuola e un'attivita' di ortocoltura. Tra i risultati positivi e' da segnalare il piccolo prestito senza interessi, messo in atto da una cassa di solidarieta' e il potenziamento di attivita' varie, dall'allevamento al rimboschimento, all'invenzione di un combustibile, ottenuto mescolando le cortecce di arachidi, il prodotto locale, con una particolare argilla. * Sembra, dunque, vinta la scommessa di Babakar di rivitalizzare l'humus e le risorse locali di donne e uomini di un villaggio, che chiede di non stare nella competizione del mercato globalizzato, come ha sottolineato la filosofa Luisa Muraro, che e' intervenuta subito dopo Babakar. Ci sono paesi dell'Africa e di altre parti del mondo che vogliono essere "dignitosamente poveri", vogliono un'economia di sussistenza, che il mondo globalizzato non vuole lasciare vivere. Per la filosofa e' fondamentale porre con forza agli economisti questioni importanti, essenziali perche' vicine alle forme di vita e al quotidiano. Le donne, che in alcune zone dell'Africa sono il volano della rinascita, possono farlo, a patto di far vivere una forte soggettivita' femminile, che, invece, oggi si presenta debole, come dimostrano quelle che sono nei posti di potere, dove hanno difficolta' a "esserci con la competenza simbolica della loro umanita' di essere donne". Molte le pratiche del femminismo ancora vitali: il partire da se', il rapporto tra donne, la costruzione delle relazioni, tutte ancora buone e forti, se sono trasformatrici di se' e della realta'. L'invito e' a non chiudersi in "piccole chiese", ma a tenere aperti i rapporti se si ha il desiderio di "fare grandi cose", di stare in un orizzonte ampio. Non bisogna demonizzare nulla, raccomanda Luisa Muraro, neanche il demonio, tantomeno il denaro, ma restituirgli "il valore di segno". Il denaro, infatti, porta con se' una promessa di felicita', e' "un sacramento di felicita'". Negativo e' concentrarsi sul denaro come valore in se', dimenticando cio' di cui e' segno. E' necessario, invece, risalire ai moventi, a cio' che davvero ci interessa e consideriamo importante. * Il giorno prima, M. Teresa Giacomazzi della Mag, associazione no-profit, di Verona, introducendo i lavori, si e' richiamata alla necessita' che l'economia affondi le radici nella vita. Il frutto del lavoro e' certo produrre ricchezza e denaro, che pero' non e' la misura di tutto. La misura e' vivere con agio, lavorare, dando spazio alle passione e alle relazioni. Ma spesso i luoghi di lavoro sono fonte di sofferenze, mentre sacche di miseria si estendono anche nel ricco Nordest, dove iniziano a diffondersi forme di microcredito. * L'economista Bruno Amoroso nel suo intervento ha mostrato come applicare all'economia le regole delle casa. La chiarezza del discorso rispecchiava il suo punto di partenza, appreso dal suo maestro, l'economista Caffe': fare un'economia per le persone comuni. Partire dalla vita ancora oggi (Caffe' lo diceva negli anni Sessanta) appare come una rivoluzione copernicana. Premessa indispensabile e' superare le ideologie, intese come falsa coscienza, e l'individualismo, a favore dell'essere comunitario, che non ha interessi individuali da difendere perche' "la sua identita' include la diversita' dell'altro". Obiettivo e' la costruzione del bene comune, che nasce dal mettere in comune sia i beni necessari sia tutto cio' che e' centrale per la vita delle comunita': acqua, foreste, energia, conoscenza, salute, trasporti, attivita' finanziarie di base... In molti settori c'e' bisogno di deprivatizzare, che significa risocializzare e demercificare, valorizzando la nascita di forme di economia associativa, come "altra economia" e "economia degli affetti". Non si tratta di creare zone di nuovi privilegi e nicchie di sperimentazione, ma incentivi che aiutino a riportare il mercato dentro la comunita' e a rafforzare i legami sociali. Amoroso ha esaminato l'ingiustizia di fondo della globalizzazione, che ha sostituito il modello di crescita estensivo del capitalismo tendente all'acquisizione di nuovi mercati, con il modello intensivo basato sul restringimento dei mercati ai paesi della Triade (Stati Uniti, Giappone, Unione Europea) e dei consumatori ai ceti sociali piu' ricchi. Il nuovo meccanismo per essere efficiente deve essere imposto e riguardare solo una parte dell'umanita' che comprende circa 800 milioni di persone della Triade (all'interno della stessa vengono esclusi vasti gruppi sociali) a fronte di 6 miliardi di persone del "resto del mondo". In questo sistema stanno mostrando forti limiti i tentativi, pur generosi e spesso utili, della cosiddetta universalizzazione, messa in atto dalle ong, organismi non governativi, per limitare i danni ai paesi e gruppi piu' deboli. Le campagne per i diritti "universali" e le politiche di cooperazione contengono elementi contraddittori e spesso sono l'esportazione di principi occidentali. Il limite della Banca Etica e' non partecipare al rischio dei progetti che finanzia. * La teologa svizzera Ina Praetorius insiste sull'applicazione all'economia delle "regole" dell'ambiente domestico, inteso come frutto della relazione tra donne e uomini, che sono interdipendenti. Se partiamo dalla domanda "chi siamo" scopriamo di essere tutti "partoriti da madre, di essere liberi nella dipendenza, mortali, bisognosi e pieni di limiti". Di qui occorre ripartire. 4. MEMORIA. LEA MELANDRI: ELVIO FACHINELLI, LA POLITICA DEL DESIDERIO [Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo gia' pubblicato sul quotidiano "Liberazione" del 12 febbraio 2007. Lea Melandri, nata nel 1941, acutissima intellettuale, fine saggista, redattrice della rivista "L'erba voglio" (1971-1975), direttrice della rivista "Lapis", e' impegnata nel movimento femminista e nella riflessione teorica delle donne. Opere di Lea Melandri: segnaliamo particolarmente L'infamia originaria, L'erba voglio, Milano 1977, Manifestolibri, Roma 1997; Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli, Milano 1988, Bollati Boringhieri, Torino 2002; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga, Milano 1991; La mappa del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile, Franco Angeli, Milano 2000; Le passioni del corpo, Bollati Boringhieri, Torino 2001. Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene corsi presso l'Associazione per una Libera Universita' delle Donne di Milano, di cui e' stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. E' stata redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla problematica dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni: L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997); Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 ( ristampato da Bollati Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991; La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000; Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: 'Ragazza In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto', 'L'Unita''. Collaboratrice della rivista 'Carnet' e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione femminile', di cui ha curato, insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista, Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle donne scrive per le rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'". Elvio Fachinelli (Luserna, 1928 - Milano, 1989), intellettuale critico, laureato in medicina a Pavia, si specializza in neuropsichiatria presso l'Universita' di Milano; nel 1966, dopo il training analitico con Cesare Musatti, diventa membro della Societa' psicoanalitica italiana. A partire dal 1965, per piu' di un ventennio, collabora a riviste quali "Il corpo", "Quaderni piacentini", "Quindici", ed anima la rivista "L'erba voglio" (1971-1977); promuove iniziative di pedagogia non autoritaria, come l'asilo autogestito di Porta Ticinese e il convegno "Esperienze non autoritarie nella scuola". "La sua ricerca, espressa in una scrittura via via piu' personale, esplora il territorio ai limiti della psicoanalisi e soprattutto il problema della temporalita'" (Rovatti, Dizionario Bompiani dei filosofi contemporanei); "Allievo di Musatti, ricerca, da un punto di vista psicoanalitico, una risposta alle grandi contestazioni studentesche che hanno costellato l'orizzonte politico italiano degli anni Sessanta. Ravvisa nei movimenti di massa giovanili alcuni aspetti positivi che tendono a una ricostruzione di un mondo diverso. Notevoli le sue indagini sul significato del tempo e del rifiuto di esso in certi particolari tipi di sofferenza psichica" (Carotenuto, Dizionario Bompiani degli psicologi contemporanei). Opere di Elvio Fachinelli: (con Luisa Muraro e Giuseppe Sartori), L'erba voglio. Pratica non autoritaria nella scuola, Einaudi, Torino 1971; Il bambino dalle uova d'oro. Brevi scritti con testi di Freud, Reich, Benjamin e Rose The', Feltrinelli, Milano 1974; La freccia ferma. Tre tentativi di annullare il tempo, L'erba voglio, Milano 1979, Adelpghi, Milano 1992; Claustrofilia. Saggio sull'orologio telepatico in psicanalisi, Adelphi, Milano 1983; La mente estatica, Adelphi, Milano 1989; Intorno al '68. Un'antologia di testi, Massari, Bolsena (Viterbo) 1998] "La difficolta' del marxismo di fronte al '68 fu dovuta al fatto di trovarsi davanti masse che chiedevano la rivoluzione e, contemporaneamente, non erano ancora entrate nel sistema della produzione sociale, non erano dunque immediatamente e chiaramente inquadrabili in termini di classe... E' questa diversa logica di comportamento rispetto al reale e al possibile che io chiamai 'desiderio dissidente'... l'aspetto iniziale, e si potrebbe dire genetico, del movimento, che viveva contrapponendosi alla logica del soddisfacimento dei bisogni fino allora dominante" (Elvio Fachinelli, Il bambino dalle uova d'oro, Feltrinelli 1974). Nel 1973 Elvio Fachinelli decide di raccogliere in un unico libro - definito nella prefazione "un viaggio attraverso la psicanalisi e oltre" - scritti pubblicati per lo piu' su riviste, a partire dal 1965. Quando si accinge a scrivere le note, che affiancheranno in corsivo articoli e saggi, e' ormai nella condizione di chi, avendo percorso "nuovi paesaggi", mosso da una "curiosita' spinta", puo' guardarli alla distanza, descrivere i mutamenti che vi ha intravisto, indicarne a linee generali lo sviluppo. Al centro compaiono i due articoli, usciti a distanza di alcuni mesi su "Quaderni piacentini", in cui, in modo piu' diretto, "tira aria di '68": Il desiderio dissidente (febbraio 1968), Gruppo chiuso o gruppo aperto? (novembre '68). Il '68 era ormai lontano, ma per il movimento non autoritario che faceva riferimento alla rivista "L'erba voglio", e per i gruppi femministi in continua espansione in quegli anni, si puo' dire che era appena cominciato o mai finito. Eppure Elvio, per quella folata di futuro che vi aveva colto, per la lettura originale che ne aveva fatto, sente il bisogno di aggiungere: "e credo non ci sia motivo di vergognarsene". A quali censori pensasse e' detto nel seguito del discorso: per molti, la categoria del desiderio aveva ascendenze culturali sospette, e la felicita' sembrava non aver niente a che spartire con l'impresa del socialismo. I due articoli, legati peraltro alla partecipazione di Fachinelli al controcorso che si era tenuto all'Istituto di Scienze Sociali di Trento nell'inverno '67-'68, erano stati attaccati "sia dai rappresentanti della psicanalisi istituita, sia da marxisti piu' o meno ortodossi". Cio' che e' sentito come disturbante, da due saperi fondamentali per un'idea di "politica portata alle radici dell'umano", ma divenuti ormai ideologie contrapposte, e' l'aver cercato connessioni tra ambiti apparentemente separati: natura e cultura, individuo e collettivo, inconscio e coscienza, sogno e realta'. "Gli psicanalisti furono scandalizzati dal brusco allacciamento che facevo tra la figura dell'autorita' famigliare e lo stato di questa autorita' nelle societa' capitalistiche avanzate... Da parte dei marxisti alcuni mi rimproverarono di non aver tenuto conto della specificita' del conflitto di classe da cui sorgeva il movimento degli studenti". Benche' consapevole che bisogno e desiderio sono sempre presenti l'uno nell'altro, Fachinelli non puo' evitare di nominarli separatamente, quando si tratta di evitare che la nuova forma di rivoluzione, espressa dalla dissidenza giovanile, venga forzatamente riportata dentro vecchi schemi: "come se la spinta del desiderio fosse meno 'materialistica', o addirittura un'astuzia dell'avversario". Di politica del desiderio e del bisogno si parla in entrambi gli scritti. Dietro la contestazione di un padre forte e autoritario - figura gia' sbiadita - si profila un "bersaglio piu' lontano" e piu' difficile da portare allo scoperto, un fantasma di societa' che abbina a un'offerta di sicurezza immediata, "completa liberazione dal bisogno", una prospettiva inaccettabile: "la perdita di se' come progetto e desiderio". Al culmine del suo sviluppo, la societa' dei consumi sembra configurarsi immaginariamente come una madre "saziante e insieme divorante", che offre cibo in cambio di una dipendenza incondizionata, a cui si accompagnano senso di impotenza e angosce di inglobamento. Antiautoritarismo diventa, nelle pratiche della dissidenza, appello contro l'"integrazione", smascheramento delle logiche di dominio che, interiorizzate precocemente, producono consenso, accettazione passiva di un sistema "la cui regolazione e' gia' prevista in anticipo". * Per aver trascurato i bisogni di sicurezza, protezione, affidamento, passivita', che si erano riprodotti al suo interno, il movimento che nel '68 aveva conosciuto modi di agire fluidi, come improvvise folate, la straordinaria capacita' di rinascere dalle proprie ceneri, la forza di allargarsi "senza far uso di bibbie", si ritrovera' in un tempo brevissimo diviso, isolato, irrigidito nelle maglie di vecchie ideologie marxiste-leniniste: le "fortezze" di aristocratiche avanguardie che si allineano "al limite del deserto" - come si legge in apertura di uno dei saggi piu' interessanti del libro, Il paradosso della ripetizione. Gia' nell'esperienza del gruppo di analisi, che Fachinelli aveva fatto a Trento, nell'Universita' occupata, si era visto quanto fosse radicata la tendenza di ogni collettivita' a chiudersi di fronte alla minaccia attribuita a esterni o estranei, la ricerca di una perfetta omogeneita' al proprio interno e il riprodursi di fenomeni di frammentazione, espulsione del diverso. Perche' il gruppo potesse mantenersi in uno "stato di desiderio", era necessario che nessun leader se ne facesse rappresentante unico o ne incarnasse l'ideale unita'; era importante che la "comunanza" - trovare l'eguale nell'estraneo - fosse sentita come "un bene da estendere". La logica del desiderio e dell'accomunamento, nella stagione "breve, intensa, esclusiva" della dissidenza giovanile del '68, aveva capovolto il piu' antico riflesso sedimentato nella collettivita': "l'esercito agguerrito che schiaccia la setta diventa per esso la massa sterminata offerta alla propria comunicazione". Era stata un'esperienza transitoria, ma capace di percepire, come l'utopia di Walter Benjamin, le "esigenze radicali del presente" - "il possibile attualmente impossibile" -, che proprio perche' soffocate torneranno a ripresentarsi con sempre nuova urgenza. "La rivoluzione, come il desiderio, e' inevitabile e imprevedibile, e non finira' mai di sconvolgere i custodi del terreno dei bisogni". Il desiderio e la dissidenza oggi sembrano essersi inabissati nella bocca vorace di una civilta' che, pur dando segni di visibile decadenza, macina ogni segnale di cambiamento, ogni forma nuova di socializzazione, ogni sapere che non sia funzionale alla sua conservazione. Non resta che sperare che la logica del desiderio, come la "passione" di Marx, la spinta ad autorealizzarsi da parte dell'uomo, lavori sotterraneamente, da vecchia talpa, e torni a sorprenderci, quando meno ce l'aspettiamo. 5. LIBRI. FABIO MASSIMO PARENTI PRESENTA "METAFISICA CRISTIANA E NEOPLATONISMO" DI ALBERT CAMUS [Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 luglio 2004. Fabio Massimo Parenti e' ricercatore e saggista. Opere di Fabio Massimo Parenti: Sviluppo sostenibile e comunita' rurali nel nord-ovest del Vietnam, L'Harmattan Italia, Torino 2002: (a cura di, con Umberto Melotti, Roberto Panizza), Gli spazi della globalizzazione. Flussi finanziari, migrazioni e trasferimento di tecnologie, Diabasis, Reggio Emilia 2004. Albert Camus, nato a Mondovi (Algeria) nel 1913, nel 1940 a Parigi, impegnato nella Resistenza con il movimento "Combat" (dopo la liberazione sara' redattore-capo del quotidiano con lo stesso titolo), premio Nobel per la letteratura nel 1957, muore nel 1960 per un incidente automobilistico. Lo caratterizzo' un costante impegno contro il totalitarismo e per i diritti umani, che espresse sia nell'opera letteraria e saggistica, sia nel giornalismo e nelle lotte civili (oltre che nella partecipazione alla Resistenza). In un articolo a lui dedicato ha scritto Giovanni Macchia (citiamo da Camus e la letteratura del dissenso, in Giovanni Macchia, Il mito di Parigi, Einaudi): "L'assurdo fu per Camus un punto di partenza... Poiche' non si puo' immaginare una vita senza scelta, e tutto ha un significato nel mondo, anche il silenzio, e vivere 'en quelque maniere' significa pur riconoscere l'impossibilita' della negazione assoluta, la prima cosa che noi non possiamo negare e' la vita degli altri. Nell'interno dell'esperienza assurda nasce come prima evidenza (credere al proprio grido) la rivolta: slancio irragionevole contro una condizione incomprensibile e ingiusta, e che pur rivendica l'ordine nel caos. E ricordo la gioiosa impressione che provoco' la formula cartesiana di Camus, con la sua aria di limpido giuoco, quando la leggemmo la prima volta. Non 'je me revolte, donc je suis': ma 'je me revolte, donc nous sommes'. Risollevare gli uomini dalla loro solitudine, dare una ragione ai loro atti; mettersi non dalla parte degli uomini che fanno la storia ma di coloro che la subiscono... Rivolta come fraternita'". Opere di Albert Camus: tra le opere di Camus particolarmente significative dal nostro punto di vista ci sembrano Il mito di Sisifo, Caligola, La peste, L'uomo in rivolta, tutti piu' volte ristampati da Bompiani. Utile anche la lettura dei Taccuini (sempre presso Bompiani). Si veda anche (con Arthur Koestler), La pena di morte, Newton Compton, Roma 1981. Opere su Albert Camus: numerose sono le monografie su Camus; si vedano almeno la testimonianza di Jean Grenier, Albert Camus, souvenirs, Gallimard, e per una sommaria introduzione: Pol Gaillard, Camus, Bordas; Roger Grenier, Albert Camus, soleil et ombre, Gallimard; Francois Livi, Camus, La Nuova Italia; una recente vasta biografia e' quella di Olivier Todd, Albert Camus, una vita, Bompiani] Mettere a confronto il mondo ellenico con quello cristiano e' il passaggio obbligatorio di chi, come ha fatto Albert Camus a soli 23 anni, intenda studiare "l'evoluzione del cristianesimo" nei suoi primi secoli di vita. "La Grecia trova seguito nel cristianesimo. Ed esso si trova preformato nel pensiero greco": e' quanto si comprende bene leggendo Metafisica cristiana e neoplatonismo, l'opera con cui Camus ha conseguito il diploma di studi superiori di filosofia nel 1936, un testo rimasto inedito per decenni e da poco pubblicato, a cura di Lorenzo Chiuchiu', da Edizioni Diabasis. Nei tempi della compenetrazione/competizione storica tra mondo greco e mondo cristiano non era per nulla scontato che il cristianesimo sopravvivesse. La diversita' e la comunanza dei temi tra civilta' cristiana e greca non fanno tuttavia ragionare Camus in termini di sistemi di pensiero in contrapposizione, bensi' di piani interagenti, di reciproca influenza, in una parola, di sincretismo. Sono quattro le fasi che, spesso contestuali e sovrapposte, Camus individua nell'evoluzione del cristianesimo: 1. Gesu' e le rivelazioni evangeliche; 2. la Gnosi come tentativo greco di rispondere all'aspirazione a Dio 3. il neoplatonismo, rappresentato da Plotino che, tra razionalismo e misticismo, prepara il terreno per il costituirsi di una "metafisica cristiana dell'incarnazione" (con sant'Agostino); 4. e infine l'agostinismo, definito come seconda rivelazione, senza la quale probabilmente il cristianesimo non ce l'avrebbe fatta ad arrivare fino ad oggi. Se il mondo ellenico crea un sapere che pretende di spiegare il rapporto tra l'uomo e il Bene, tra l'uomo e l'Uno, il cristianesimo si oppone come un dato di fatto: Dio che scende sull'uomo incarnandosi in esso. Tuttavia al di la' di questa contrapposizione tra fede e filosofia, il testo di Camus dimostra che e' proprio sul terreno della filosofia che le due civilta' s'incontrarono. Le resistenze che il cristianesimo si trovo' a dover affrontare gli furono di stimolo. E con sant'Agostino, che si servi' del plotinismo, il cristianesimo riusci' a dare risposta alla necessita' di umanizzare e intellettualizzare i suoi temi. Un'operazione tentata peraltro dallo stesso gnosticismo che, al centro delle contraddizioni espresse dall'incontro dei pensieri, divenne - nell'arco dei due secoli attraverso cui si sviluppo' - piu' uno sforzo di giustapposizione di argomenti diversissimi che una sistematizzazione intellettuale efficace. Non a caso Camus definisce lo gnosticismo un "cristianesimo mostruoso". Su un altro versante invece la soluzione di Plotino (una serie di principi tra loro sempre in equilibrio, grazie al principio connettivo della "partecipazione", dei quali Plotino fornisce delle immagini), pur essendo irriducibile al pensiero cristiano, rappresenta un momento fondamentale per la sua evoluzione. "A ben guardare Plotino si propone di fare, con le sole risorse della filosofia greca, cio' che a stento sono riusciti a fare dieci secoli di cristianesimo". E ancora: "A meta' strada tra le due dottrine, Plotino e' designato a fare da intercessore". * Nelle conclusioni Camus ribadisce nuovamente tutta l'originalita' del cristianesimo e la constatazione del fatto che i primi secoli abbiano determinato una "cristianizzazione dell'ellenismo decadente" (e non viceversa come alle volte potrebbe sembrare): un'evoluzione attraverso cui il cristianesimo si e' costituito in filosofia. Allo stesso tempo pero' lo scrittore ci ricorda con estrema chiarezza la difficolta' di avere un quadro ben definito: "In verita', e' un paradosso tipico dello spirito umano cogliere gli elementi senza poterne abbracciare la sintesi: paradosso epistemologico d'una scienza certa nei fatti, ma comunque insufficiente: sufficiente nelle sue teorie, ma comunque incerta, ovvero paradosso psicologico di un io percettibile nelle sue parti, ma inaccessibile nella sua profonda unita'". Calando poi questa lettura nel dibattito attuale (e in parte superato) sulle origini cristiane dell'Europa, possiamo affermare che la processualita' storica nell'evoluzione del cristianesimo, seppure non nega una sua essenziale originalita', rende tuttavia impossibile identificarlo in maniera monolitica e indipendente. Se e' vero che tra la fine del primo secolo e l'inizio del secondo esso s'innesta nel preesistente mondo greco-romano (dopo aver rotto con il giudaismo) e viene variamente influenzato da un contesto storico-geografico carico di movimenti e correnti di pensiero, risulta a maggior ragione insensato stabilire un'unica radice cristiana nel lungo, articolato, multiforme, incompleto e mutevole processo di formazione europea, come hanno evidenziato molti intellettuali, da Cacciari a Todorov a Maria Zambrano. Infine, sia che si tratti d'immergersi nella metafisica cristiana di Agostino, sia che si preferisca la soluzione plotiniana (neoplatonica), la lettura di questo testo di Camus, accessibile anche a coloro che non sono specialisti o cultori della materia, stimola il ragionamento e la riflessione esistenziale (su temi che veramente possiamo definire universali) nella direzione di una conversione possibile, di una elevazione dell'anima per rientrare con piu' consapevolezza entro i propri limiti. D'altronde la filosofia, che troppo spesso impaurisce i piu', e' la madre di tutti i saperi, ed e' o dovrebbe essere il canale privilegiato per amare il sapere e riflettere sulla condizione dell'essere umano. 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 124 del 18 giugno 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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