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Minime. 125
- Subject: Minime. 125
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 19 Jun 2007 00:41:53 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 125 del 19 giugno 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Osvaldo Caffianchi: La guerra preventiva 2. Leela Jacinto: Donne in Marocco 3. Stefano Catucci ricorda Rudolf Arnheim 4. Laura Colombo presenta "Sessi e genealogie" di Luce Irigaray 5. Francesco Tomatis presenta "Essere e avere" di Gabriel Marcel 6. Sara Sesti presenta "La strada di Levi" di Davide Ferrario e Marco Belpoliti 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. OSVALDO CAFFIANCHI: LA GUERRA PREVENTIVA Dice la televisione che un raid aereo della coalizione di buona volonta' ha colpito una scuola in Afghanistan assassinando sette bambini. Ammazzarli da piccoli e' l'essenza della guerra preventiva. Sara' lieto di tanta lungimiranza il colto pubblico. 2. MONDO. LEELA JACINTO: DONNE IN MAROCCO [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo dal titolo originale "I diritti delle donne marocchine indossano vesti regali". Leela Jacinto, giornalista indipendente esperta di affari mediorientali, e' stata reporter internazionale per "Abc News" ed ha insegnato giornalismo per l'agenzia "Pajhwok Afghan News Service" a Kabul in Afghanistan] Casablanca, Marocco. La frase che gira sulle strade di Casablanca, l'affaccendata capitale commerciale del Marocco e': l'imperatore ha dei nuovi vestiti. Ha anche una nuova bimba, e la stampa marocchina si e' gettata a capofitto sull'evento. Dopo la nascita della sesta figlia di re Mohammed VI, la principessa Khadija, il 28 febbraio scorso, due importanti riviste femminili hanno offerto servizi fotografici in omaggio alla piccola altezza reale. Raffigurando l'intera famiglia abbigliata negli squisiti indumenti tradizionali, i servizi hanno dato un raro sguardo al mondo privato di Mohammed VI, il diciottesimo re della dinastia Alauita, una delle piu' antiche del pianeta. "Si', ho comprato copia di entrambe le riviste", dice Botoul Sahli, insegnante quarantaduenne, "Sono immagini bellissime. Adoro le vesti tradizionali, cosi' preziose. Sua maesta' non da' importanza al velo. Sua moglie e le sue sorelle non lo indossano. Queste donne sono esempi importanti per noi, donne musulmane marocchine". Salutato come una luminosa speranza per la modernizzazione araba quando e' salito al trono sette anni fa, Mohammed VI ha da allora percorso una strada che potremmo definire mista, ma persino i suoi critici piu' accaniti riconoscono che le sue iniziative a sostegno dei diritti delle donne hanno avuto un clamoroso successo. Il 10 ottobre 2003, il re presento' al Parlamento un Codice di famiglia riformato. Il sistema di leggi che comprendeva il matrimonio, il divorzio ed i diritti ereditari (detto "mudawana") era stato un campo di battaglia per decenni fra i laici fautori della modernita' ed i conservatori islamisti, i quali avevano definito lo scontro "una guerra tra i credenti e gli apostati". Fu il terribile 16 maggio 2003, con gli attacchi terroristici a Casablanca, che probabilmente volse la questione a favore dei modernisti in modo definitivo. Sfruttando l'ondata anti-fondamentalista seguita agli attacchi suicidi, il re usci' con fermezza a favore dei diritti delle donne, sostenendo i propri argomenti anche con il canone islamico. In un paese in cui il monarca e' l'arbitro finale e sacrosanto del potere, il Codice di famiglia modificato era cosa fatta. Alcuni mesi piu' tardi, il Parlamento lo approvo'. Considerato uno dei codici piu' progressisti del mondo arabo, esso garantisce alle donne eguaglianza di genere, diritti familiari condivisi e la possibilita' di divorziare o sposarsi senza il permesso di un membro maschio della famiglia. Sul fronte strettamente politico, il Codice elettorale del 2002 introduceva invece una nuova "lista nazionale", che riservava il 30% dei seggi alle donne. Attualmente dei 35 seggi su 325 che le donne occupano alla Camera dei deputati, 30 sono dovuti a tale lista, mentre cinque sono stati vinti nei distretti locali. Mentre il paese si prepara alle elezioni parlamentari del prossimo settembre, Nouzha Skalli, deputata per il Pps (Partito del progresso e del socialismo), ricorda la lunga strada fatta dalla seconda meta' degli anni '70, quando inizio' la sua carriera politica: il Parlamento precedente, ad esempio, contava solo due donne alla Camera dei deputati. Ma Skalli e' assai svelta a far notare che una rappresentanza femminile di circa il 10% puo' essere solo il primo passo. "Il Marocco deve avere almeno il 30% di donne in Parlamento entro il 2015. Per raggiungere questo scopo dobbiamo fare molto, molto di piu'. Persino per le donne che ci sono gia' entrate bisogna fare di piu'". Skalli spiega che per i posti nelle Commissioni c'e' una continua lotta di potere tra gli uomini. "A noi donne non piace lottare per questo". Sebbene il nuovo Codice di famiglia abbia ottenuto lodi a livello internazionale, le attiviste marocchine per i diritti delle donne notano che ci sono grossi problemi per implementarlo in tutto il paese, con milioni di donne marginalizzate ed ancora alla merce' dei male informati e reazionari "adoul", i giudici familiari musulmani. A piu' di tre anni dalla conversione in legge del Codice, le organizzazioni delle donne ne stanno misurando i seri limiti, dovuti in primo luogo alla vaghezza di alcuni enunciati, che inizialmente erano stati sommersi dall'euforia. La poligamia, per esempio, non e' interamente abolita. E sebbene il nuovo Codice fissi l'eta' legale per il matrimonio, per uomini e donne, ai diciotto anni, eccezioni vengono permesse qualora i giudici familiari musulmani possano offrire "una ben sostanziata spiegazione in merito agli interessi ed alle ragioni che giustificano il matrimonio". Uno dei piu' gravi limiti, documentato in modo esteso, e' la criminalizzazione del sesso al di fuori del matrimonio: ma solo per le donne. "Questo impone stigmi durissimi, legali e sociali, sulle madri single", spiega Aicha Ech-Channa, fondatrice di "Solidarieta' femminile", una ong con base a Casablanca che e' alla guida dell'attivismo per i diritti delle donne, "Dobbiamo informare meglio le donne, pretendere informazione dai media e far pressione sui politici affinche' la legge cambi. Ma ci vorra' un mucchio di lavoro, perche' l'islamismo sta crescendo in Marocco". Come molte donne laiche marocchine impegnate per i diritti umani, Ech-Channa vede il re come un bastione contro i fondamentalismi: "Per me il re e' un unificatore. Non c'e' vera democrazia nei paesi arabi, e nemmeno in Marocco: probabilmente non siamo neppure pronti a gestire una vera democrazia. Abbiamo una monarchia costituzionale e partiti politici, e il re e' un po' quello che deve tenere insieme il tutto". Altre ed altri dicono che il Marocco non e' neppure una monarchia costituzionale. Tale sistema prevede infatti che il potere del re sia bilanciato da istituzioni politiche forti, ma Mohammed VI non deve fronteggiarne alcun controllo di questo tipo. Come discendente del Profeta, il quarantatreenne monarca porta il titolo di "Comandante dei fedeli", ovvero di capo religioso. Puo' formare e sciogliere sia il Governo sia il Parlamento, indire elezione o governare tramite decreti. La Costituzione, in effetti, gli garantisce un potere assoluto. Negli ultimi anni, una piccola ma assai visibile parte della popolazione e' divenuta apertamente critica della "makzhan" (termine popolare per la corte reale), che si configura come un "governo ombra" dei consiglieri reali e degli anziani che controllano l'economia marocchina. Questa parte della popolazione include due fazioni che non sono in relazione tra loro e che spesso anzi si oppongono l'una all'altra: i laici pro-democrazia, frustrati dalla mancanza di potere delle istituzioni elettive marocchine, e gli islamisti fieramente anti-monarchici che hanno dato vita al movimento "Giustizia e spiritualita'". E' una situazione da post-guerra fredda, che mette due parti che si sospettano a vicenda dallo stesso lato, mentre a contrastare entrambe ci sono i sostenitori e le sostenitrici dei diritti umani delle donne, che si posizionano largamente a sostegno del re. Alcuni laici rassegnati al revival islamista sperano che un partito islamico moderato come il Pjd possa fungere da ponte per le divisioni. Il primo test verra' con le elezioni di settembre. * Per maggiori informazioni: - Human Rights Education Associates: Moroccan Family Code: www.hrea.org/moudawana.html - National Democratic Institute: Morocco Democracy Online: www.moroccodemocracy.org/en/index.aspx 3. LUTTI. STEFANO CATUCCI RICORDA RUDOLF ARNHEIM [Dal quotidiano "Il manifesto" del 14 giugno 2007 col titolo "I concetti visivi orfani di Arnheim" e il sommario "Grazie al lavoro pionieristico di Rudolf Arnheim, morto nel Michigan a centodue anni, sappiamo che il nostro sguardo pensa per forme e configurazioni. In questa prospettiva scrisse anche su cinema e radio, cercando i legami dell'arte con la vita corrente". Stefano Catucci (Roma, 1963) si e' laureato in Filosofia all'Universita' di Roma La Sapienza e ha studiato presso la Freie Universitat di Berlino e l'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, conseguendo il dottorato di ricerca in Estetica all'Universita' degli Studi di Bologna. Ha svolto attivita' didattica nelle universita' di Roma "La Sapienza", "Roma Tre", e all'Universita' di Paris X Nanterre. Alla Facolta' di Architettura dell'Universita' di Camerino insegna Estetica dal 1996. Oltre all'attivita' di ricerca, e' attivo nel campo della saggistica e dell'organizzazione musicale, collaborando con istituzioni quali il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro Carlo Felice di Genova e l'Accademia Filarmonica Romana, del cui Comitato Artistico fa parte dal 1995. Per Rai-Radio3 conduce dal 1989 programmi musicali e culturali, mentre dal 2000, insieme a Michele Dall'Ongaro, e' direttore artistico dei Concerti di Radio3 al Quirinale. Opere di Stefano Catucci: le sue pubblicazioni vertono principalmente sulla storia del pensiero filosofico ed estetico del Novecento francese e tedesco; fra le altre si segnalano i volumi La filosofia critica di Husserl, Guerini e Associati, Milano 1995; Introduzione a Foucault, Laterza, Roma-Bari 2000; Per una filosofia povera. La Grande Guerra, l'esperienza, il senso: a partire da Lukacs, Bollati Boringhieri, Torino; nonche' i saggi "Lukacs lettore della Critica del Giudizio", in P. Montani, a cura di, Senso e storia dell'estetica, Pratiche, Parma 1996; Gli animali di Celine, in "Rivista di Estetica", 1996; Estetica della censura, in "Almanacchi Nuovi", 1997; ha collaborato al progetto e alla scrittura del Dizionario di Estetica, curato da G. Carchia e P. D'Angelo, Laterza, Roma-Bari 1999, curando, fra le altre, la voce "Teorie dell'architettura". Rudolf Arnheim, nato a Berlino nel 1904, dal 1940 emigrato in America, psicologo, illustre studioso delle arti visive, e' deceduto pochi giorni fa. Opere di Rudolf Arnheim: Film come arte, Il Saggiatore, Milano 1960, poi Feltrinelli, Milano 1983; Arte e percezione visiva, Feltrinelli, Milano 1962, 1997; Guernica. Genesi di un dipinto, Feltrinelli 1964; Verso una psicologia dell'arte, Einaudi, Torino 1969; Il pensiero visivo, Einaudi, Torino 1974; Entropia e arte, Einaudi, Torino 1974; La dinamica della forma architettonica, Feltrinelli, Milano 1981; Il potere del centro. Psicologia della composizione nelle arti visive, Einaudi, Torino 1984; Intuizione e intelletto. Nuovi saggi di psicologia dell'arte, Feltrinelli, Milano 1987; La radio. L'arte dell'ascolto, Editori Riuniti, Roma 1987; Per la salvezza dell'arte. Ventisei saggi, Feltrinelli, Milano 1994] Quando a morire e' un uomo di quasi centotre anni si ha l'impressione che insieme a lui si spengano gli ultimi bagliori di un passato ormai troppo lontano perche' altri testimoni possano ancora raccontarcelo. Se pero' quell'uomo e' un protagonista della cultura del '900 come Rudolf Arnheim, questa impressione si scinde subito in due sentimenti contrapposti. Perche' da un lato sappiamo che l'intera costellazione dei suoi maestri e dei suoi interlocutori si e' allontanata da noi di un altro, decisivo passo: Max Wertheimer, la prima scuola della psicologia della Gestalt, Aby Warburg, Erwin Panofsky, ma poi anche le vicende di un'intero secolo di arte che Arnheim ha osservato e studiato nel momento stesso in cui si producevano, in un ventaglio di esperienze che va dall'astrattismo alla pop art e al cinema. Dall'altro lato siamo consapevoli che non potremmo neppure parlare di quell'arte senza l'orizzonte concettuale da lui messo a punto e, soprattutto, senza quel processo di educazione allo sguardo che ci ha trasmesso lungo il filo dei suoi libri. * Lontano da ogni ortodossia Da almeno cinquant'anni, cioe' da quando usci' la prima edizione di Arte e percezione visiva (1954), tradotta in italiano nel 1962 grazie all'insistenza di Gillo Dorfles, guardiamo ai fenomeni dell'arte con gli occhi di Rudolf Arnheim e da quasi quaranta, cioe' da quando apparve Il pensiero visivo (1969, tradotto nel 1974), sappiamo che il nostro e' uno sguardo che pensa per configurazioni e forme, elaborando tramite il lavoro dell'immaginazione anche quei contenuti percettivi solitamente considerati primari, elementari, solo passivi. All'Istituto di Psicologia dell'universita' di Berlino, dove Arnheim si era formato negli anni '20 con i fondatori della teoria della Gestalt, l'arte non costituiva un territorio di ricerca privilegiato, benche' avere di mira lo studio del modo in cui la nostra psiche forma strutture di significato ordinate alludesse gia', implicitamente, al campo dell'estetica. Arnheim non ricordava pero' che qualche lezione saltuaria di Wertheimer sull'argomento e un solo saggio di Kurt Koffka: niente che potesse valere per lui come un punto di riferimento gia' consolidato. Per questo, fin dai suoi primi studi sull'arte e dai suoi interventi sulla rivista "Die Weltbuehne", Arnheim appare lontano da qualsiasi ortodossia di scuola e di indirizzo. Se la teoria della Gestalt riecheggiava Husserl nel reclamare un ritorno "alle cose stesse", Arnheim interpreto' questo richiamo come un invito a far parlare l'arte senza costruirle attorno preventivamente una teoria, nella convinzione che proprio da un'analisi concreta dell'arte potessero emergere indicazioni preziose sul funzionamento generale dei nostri processi psichici. In questa prospettiva Arnheim guardo' al cinema in un libro pionieristico, Il film come arte (1932), nel quale appunto si sosteneva che il flusso e il montaggio delle immagini cinematografiche portano al livello dell'evidenza percettiva un meccanismo profondo del nostro modo di pensare e di costruire concetti. E fu sempre per il suo desiderio di rimanere aderente al verificarsi di nuovi fenomeni nel campo dell'estetica e della comunicazione che scrisse, nel 1936, un epocale saggio sulla radio pubblicato quando gia' era esule dalla Germania nazista. Del fatto che la concretezza fenomenologica del suo modo di accostarsi all'arte fosse in netta controtendenza rispetto alle estetiche filosofiche del primo '900 Arnheim era pienamente consapevole, cosi' come aveva coscienza del rischio di essere considerato solo come uno psicologo prestato all'arte, un acuto collezionatore di nozioni empiriche, se non proprio come un positivista post litteram. Conosceva molto bene la situazione italiana, avendo vissuto per cinque anni a Roma prima di riparare a Londra e poi negli Stati Uniti: fino all'approvazione delle leggi razziali, nel 1938, aveva insegnato nel Centro Sperimentale di Cinematografia. Cosi', mentre si preparava la traduzione italiana di Arte e percezione visiva, scrisse a Gillo Dorfles una lettera nella quale esprimeva qualche timore sull'accoglienza che avrebbe trovato in un paese "dove l'approccio alle teorie estetiche e' ancora subordinato a una distinzione filosofica tra materia e spirito" ed esclude "le scoperte della scienza esatta". Il libro, invece, ebbe un impatto sensazionale e ando' incontro a un destino singolare, in Italia come fuori: a farlo proprio furono non tanto i critici o gli studiosi di discipline estetiche, ma gli artisti stessi, i quali trovarono nelle pagine di Arte e percezione visiva un discorso che parlava la loro stessa lingua, che entrava nelle opere cercando di estrarne gli effetti percettivi e la trama pensante, che elaborava una grammatica capace di esprimere i rapporti di continuita' che legano l'arte, anche la piu' ermetica, alla dimensione della vita corrente. La visione "non e' solo una registrazione meccanica di elementi", ma un modo di "afferrare strutture significanti", dunque di elaborare "concetti percettivi". Avviene cosi' ogni volta che guardiamo, non importa se cedendo in tutto o in parte alle nostre abitudini consolidate, ma a maggior ragione avviene cosi' in quella forma "esaltata" della nostra visione "che conduce alla creazione delle grandi opere d'arte", dunque per l'"occhio creativo" dell'artista. Chiaro che, su questa base, il maggiore indiziato di tutta la storia dell'estetica sia, per Arnheim, il concetto di imitazione, e con esso il suo moderno surrogato, il naturalismo. La visione dell'artista non imita mai nulla, e proprio per questo le cosiddette arti mimetiche del passato, che pretendevano di raffigurare la realta', sono del tutto analoghe alle arti che si dicono astratte, nelle quali ci sono pur sempre linee che esprimono "significati visibili" e c'e', soprattutto, la concretezza "del colore, della forma, del movimento", dunque di un pensiero che non procede affatto per astrazioni, ma lavora su strutture simboliche rese fisicamente percepibili. Non c'e' nulla, in un'immagine, che riposi sull'ovvieta' della riproduzione, che non rinvii ai processi dell'immaginazione che la costituiscono e le danno senso. Da una simile convinzione si potrebbe far derivare una politica dell'immagine e una critica del modo in cui, oggi, essa tende a spacciarsi per semplice realta'. * Un artigianato della visione Arnheim ha esplicitato un passaggio di questo tipo pensando, pero', a una funzione educativa dell'arte, alla sua capacita' di mettere in luce appunto le dinamiche di montaggio e di selezione percettiva che sono alla sua base. Ma la sua massima ambizione era piu' schiettamente artistica che politica, piu' preoccupata di quello che potremmo definire un artigianato della visione che non di problemi di critica sociale. Poche righe lo dicono chiaramente, tratte dalla prefazione con la quale, nel 1974, licenziava una versione ampiamente riscritta del suo capolavoro, Arte e percezione visiva: "tutto sommato la mia sola speranza e' che questo libro continui a giacere... sporco di colori e di gesso, sul tavolo di chi si occupa attivamente di teoria e pratica dell'arte". Il riferimento ai colori e al gesso non lasciano dubbi: Arnheim si rivolgeva prima di tutto agli artisti, e sono stati proprio loro, in fondo, ad ascoltarlo meglio. 4. LIBRI. LAURA COLOMBO PRESENTA "SESSI E GENEALOGIE" DI LUCE IRIGARAY [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it). Laura Colombo e' una delle animatrici della Libreria delle donne di Milano ed insieme a Sara Gandini e' "webmater" del sito www.libreriadelledonne.it. Luce Irigaray, nata in Belgio, direttrice di ricerca al Cnrs a Parigi, e' tra le piu' influenti pensatrici degli ultimi decenni. Tra le opere di Luce Irigaray: Speculum. L'altra donna, Feltrinelli, Milano 1975; Questo sesso che non e' un sesso, Feltrinelli, Milano 1978; Amante marina. Friedrich Nietzsche, Feltrinelli, Milano 1981; Passioni elementari, Feltrinelli, Milano 1983; Etica della differenza sessuale, Feltrinelli, Milano 1985; Sessi e genealogie, La Tartaruga, Milano 1987, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2007; Il tempo della differenza, Editori Riuniti, Roma 1989; Parlare non e' mai neutro, Editori Riuniti, Roma 1991; Io, tu, noi, Bollati Boringhieri, Torino 1992; Amo a te, Bollati Boringhieri, Torino 1993; Essere due, Bollati Boringhieri, Torino 1994; La democrazia comincia a due, Bollati Boringhieri, Torino 1994; L'oblio dell'aria, Bollati Boringhieri, Torino 1996] Luce Irigaray, Sessi e genealogie, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2007, pp. 231, euro 8,90. Finalmente e' stato ripubblicato questo testo che ci introduce al pensiero di Luce Irigaray in modo molto affascinante, perche' sta nel registro dell'oralita' - tradotta in scrittura. Sono infatti dieci conferenze che l'autrice tenne in diverse citta' tra il 1980 e il 1986. Qui per la prima volta troviamo sviluppata l'idea delle genealogie femminili, che avra' molta fortuna nelle pratiche politiche del femminismo della differenza. Secondo Irigaray e' essenziale dar vita a un ordine etico fra donne, il quale avra' una dimensione verticale nella linea genealogica madre-figlia. L'etica e' concepita da lei come cio' che oltrepassa la morale e comprende il diritto, le consuetudini, le leggi scritte e non scritte, la religione. Per essere libere, infatti, non basta ribellarsi all'oppressione, o rivendicare diritti; bisogna anche avere un intento proprio e alcuni strumenti. Irigaray pone accanto alla necessita' di costruire un mondo etico tra donne, l'esigenza della costruzione di un mondo etico di donne e uomini insieme. Le due prospettive naturalmente non sono in contrapposizione, e' il pensiero di Irigaray - essenzialmente politico - che ci conduce nella molteplicita' della vita. Mi fermo a queste poche suggestioni sul libro, vale la pena leggerlo direttamente, ma voglio accennare al senso di forza che si trae dal testo: ci regala la possibilita' di porci nei confronti della (nostra) vita e del mondo che abitiamo in modo attivo, facendo perno sulla ricchezza che abbiamo e non sull'eterno nemico da combattere. Luce Irigaray e' francese. E' direttrice di ricerca in filosofia presso il Centro nazionale della ricerca scientifica di Parigi. Ha una formazione multidisciplinare: filosofia, linguistica, letteratura, psicologia e psicanalisi. Ha lavorato sull'analisi del linguaggio a livello poetico, patologico e sessuato. Da Speculum si e' dedicata alla costruzione di una cultura a due soggetti, maschile e femminile, portatori di valori differenti ma di equivalente importanza per l'elaborazione di legami e di civilta', sia nell'ambito privato che in una comunita' umana mondiale. Il suo lavoro si esprime in modo filosofico (Speculum, Etica della differenza sessuale, Amo a te, Essere due), scientifico (Parlare non e' mai neutro), letterario (Passioni elementari, Preghiere quotidiane) e politico (La democrazia comincia a due). Per La Tartaruga ha pubblicato Sessi e genealogie. 5. LIBRI. FRANCESCO TOMATIS PRESENTA "ESSERE E AVERE" DI GABRIEL MARCEL [Dal quotidiano "Avvenire" del 16 giugno 2000. Francesco Tomatis e' nato a Carru' (Cuneo) nel 1964, laureato in filosofia teoretica all'Universita' di Torino, poi dottore di ricerca in filosofia e scienze umane presso l'universita' di Perugia, ha insegnato filosofia contemporanea, metafisica e teologia filosofica allo Studio teologico Interdiocesano di Fossano (Cuneo), attualmente insegna ermeneutica filosofica all'Universita' di Salerno. Nel 1996 e' stato professore ospite in Argentina, nelle Universita' di Cordoba e Mendoza, nel 1997 ricercatore della Alexander von Humboldt Stiftung presso l'Universita' di Friburg i. Br. Fa parte della redazione di "Paradosso", collabora con il quotidiano "Avvenire", a Cuneo ha fondato il seminario "Angelus Novus"; e' membro del comitato editoriale del Centro studi filosofico-religiosi "Luigi Pareyson" per l'edizione delle Opere complete di Luigi Pareyson. Tra le opere di Francesco Tomatis: (con Aldo Giordano), Cristianesimo ed Europa. La sfida della mondialita', Citta' Nuova, Roma 1993; Ontologia del male. L'ermeneutica di Pareyson, Citta' Nuova, Roma 1995; Kenosis del Logos. Ragione e rivelazione nell'ultimo Schelling, Citta' Nuova, Roma 1995; L'argomento ontologico. L'esistenza di Dio da Anselmo a Schelling, Citta' Nuova, Roma 1997; Bibliografia pareysoniana, Trauben, 1998; Escatologia della negazione, Citta' Nuova, Roma 1999; Pareyson. Vita, filosofia, bibliografia, Morcelliana, Brescia 2003; Friedrich Schelling. Invito alla lettura, San Paolo Edizioni, 2004; Filosofia della montagna, Bompiani, Milano 2005; Come leggere Nietzsche, Bompiani, Milano 2006. Gabriel Marcel (Parigi, 1899-1973), filosofo, saggista, drammaturgo. Dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo la seguente scheda: "Gabriel Marcel (Parigi 1889-1973) e' stato un filosofo e scrittore francese. Studio' al Liceo Carnot ed alla Sorbona, dove risenti' dell'influenza di Leon Brunschvicg e di Henri Bergson. Si laureo' con una tesi su L'influence de Schelling sur les idees metaphisiques de Coleridge, svolse l'attivita' di professore di liceo fino al 1923, insegnando a Vendome, Sens, Parigi e Montpellier. Nel suo itinerario filosofico si e' dovuto spesso confrontare con la riflessione filosofica di Heidegger e Jaspers, accogliendo alcune istanze della corrente esistenzialista, ma senza per questo riconoscersi del tutto in questo orientamento di pensiero. Nel 1927 ha pubblicato a Parigi il suo Giornale metafisico, una sorta di diario filosofico in cui e' documentata e svolta in maniera personale la riscoperta dell'esistenza. Di origine ebraica, nel 1929 si e' convertito al cattolicesimo. Nel 1935 pubblica un'altra opera importante, introdotta dalla pubblicazione di poco precedente del saggio Posizione e approcci concreti del mistero ontologico: Essere e avere, in cui approda al tema dell'esistenza in rapporto all'essere e all'avere, nonche' alla distinzione tra problema e mistero. In tutta la sua opera e' chiara l'ispirazione religiosa del suo pensiero, volto al rapporto tra uomo e uomo e tra uomo e Dio, e a rifiutare qualsiasi oggettivazione possibile di tali rapporti, in una logica che concepisce l'esistenza come dono e non come problema, aprendo l'uomo al mondo in una dimensione dell'essere che si puo' scorgere e cogliere nei due fondamentali momenti della fedelta' e dell'amore, che dunque fondano la soggettivita' rivolta verso l'altro e verso Dio". Tra le opere di Gabriel Marcel: Giornale metafisico (1927), Abete, Roma 1966, 1980; Essere e avere (1935), Guanda 1943, poi in traduzione integrale Edizioni scientifiche italiane, 1999; Dal rifiuto all'invocazione (1940), Citta' Nuova, Roma 1976; Filosofia della vita, Bocca, Milano 1943; Diario e scritti religiosi, Guanda, 1943; Homo viator (1944), Borla, Torino 1967, Roma 1980; Il mistero dell'essere (1951), Borla, Torino 1970-1971, 1987; Gli uomini contro l'umano (1951), Volpe, Roma 1963; Il declino della saggezza (1951); L'uomo problematico (1955), Borla, Torino 1964, Roma 1992; Presenza e immortalita' (1959); La dignita' umana e le sue matrici esistenziali (1964); Pour une sagesse tragique et son au-dela' (1968); (con Paul Ricoeur), Per un'etica dell'alterita'. Sei colloqui (1968), Edizioni Lavoro, 1998; En chemin vers quel eveil? (1971); Percees vers une ailleurs (1973); Manifesti metodologici di una filosofia concreta, Minerva Italica, 1973; La dignita' umana e le sue matrici esistenziali, Elledici, 1983; (con Louis Lavelle e Rene' Le Senne), Lo spiritualismo esistenziale, Ferraro, 1990; (con Emmanuel Levinas e Paul Ricoeur), Il pensiero dell'altro, Edizioni Lavoro, 1999; Tu non morirai, Casini, 2005. Opere su Gabriel Marcel: Pietro Prini, Gabriel Marcel e la metodologia dell'inverificabile, Edizioni Studium, Roma 1950, 1977; Marco Lancellotti, Marcel. Antinomie e metafisica, Edizioni Studium, Roma 2003] A Jean-Paul Sartre che lo defini' "esistenzialista cristiano" replico' che "non ci si annuncia cristiani, si cerca di esserlo". Gabriel Marcel (Parigi 1889-1973), "filosofo di soglia", come si autodefini', intese incarnare la propria fede cristiana nel dubbio e nella ricerca filosofica, nel domandare e mostrare l'irrappresentabile mistero della vita umana, ad esempio nelle sue numerosissime opere teatrali. Quando il 23 marzo 1929 Gabriel Marcel, di religione ebraica per tradizione familiare, riceve il battesimo cattolico non sancisce quindi sacramentalmente un dato acquisito, ma nella piena maturita' spirituale dei suoi quarant'anni accoglie la grazia che alimentera' incessantemente la sua stessa interrogazione filosofica. Prima e profonda testimonianza della ricerca filosofica di Marcel, immediatamente successiva alla matura e libera scelta di accogliere la fede cristiana, e' Essere e avere, libro uscito nel 1935 e soltanto ora tradotto integralmente in italiano, a cura di Iolanda Poma, presso le Edizioni Scientifiche Italiane (pagine 292, lire 38.000). Il volume si compone infatti di un Diario metafisico scritto da Marcel fra il 1928 e il 1933 e di alcune conferenze tenute fra il 1930 e il 1934. Temi principali: la fede cristiana e l'irreligiosita' contemporanea, l'esistenza e la trascendenza, la corporeita' e l'anima, l'incarnazione e il mistero, l'essere e l'avere. L'avere riduce la realta' ad oggetto, a cosa da possedere o problema da risolvere, limitando l'uomo a soggettivita' convinta sino alla disperazione e al suicidio della propria autonomia. L'essere e' invece inoggettivabile, impossedibile, trascendente. Ma l'essere appartiene all'uomo piu' che qualsiasi realta' arbitrariamente possedibile o piu' ancora che lui a se stesso, in quanto lo precede come il suo mistero piu' grande. All'essere si accede infatti attraverso le esperienze piu' profonde che una persona possa fare: la fedelta' e la fede, la speranza, l'amore. "L'amore, in quanto distinto dal desiderio, opposto al desiderio, in quanto subordinazione di se' a una realta' superiore - realta' che nel mio profondo e' piu' me di me stesso - in quanto rottura della tensione che lega il medesimo all'altro, mi si presenta come cio' che si potrebbe chiamare il dato ontologico essenziale". Tuttavia "l'avere e' di fatto una condizione indispensabile del progresso verso l'essere": "non avere niente significa non essere niente". Non si tratta quindi di contrapporre manicheisticamente l'essere all'avere come il bene al male. Piuttosto occorre comprenderne la differenza, fermo restando la priorita' dell'essere rispetto all'avere. La differenza sta nell'esercizio di liberta' a cui l'uomo e' chiamato dall'essere stesso, dalla trascendenza misteriosa a cui puo' aprirsi, facendosi egli stesso creatore, oppure sottrarsi. L'ambiguita' a cui e' soggetta la liberta' umana incarnata nel mondo dell'avere e' la stessa a cui deve sottoporsi l'anima di fronte alla scelta di fede. La fede non e' infatti una qualita' riscontrabile in taluni soggetti, qualcosa di possedibile o meno da parte dell'uomo. La fede implica una sua continua attestazione, presuppone la fedelta', il continuo e libero esercizio di fiducia in cio' che tuttavia ci trascende. La fede e' "atto libero con il quale l'anima accetta o meno di riconoscere il principio superiore che in ogni istante la crea, la fa essere, per il quale essa si rende o meno permeabile a un'azione insieme intima e trascendente, fuori della quale essa e' niente". 6. FILM. SARA SESTI PRESENTA "LA STRADA DI LEVI" DI DAVIDE FERRARIO E MARCO BELPOLITI [Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo la seguente recensione. Sara Sesti, insegnante di matematica, fa parte dell'associazione Donne e scienza e collabora con la Mathesis. Ha curato, per il centro di ricerca Pristem dell'Universita' Bocconi, la mostra "Scienziate d'Occidente. Due secoli di storia", e ha fatto parte della redazione delle riviste "Lapis" e "Il Paese delle donne". Ha pubblicato con Liliana Moro il libro Donne di scienza. 55 biografie dall'antichita' al duemila", Pristem - Universita' Bocconi, Milano 2002. Tiene i corsi di informatica della Libera Universita' delle Donne di Milano. E' una delle webmaster del sito www.universitadelledonne.it, per cui cura la ricerca delle immagini e le rubriche "Scienza e tecnologie", "Libri, film, Mostre" e Pensiamoci". Opere di Sara Sesti: con Liliana Moro, Donne di scienza. 55 biografie dall'antichita' al duemila, Pristem - Universita' Bocconi, seconda edizione 2002. Davide Ferrario (Casalmaggiore, 1956) e' regista e sceneggiatore cinematografico, saggista e scrittore. Dal sito www.mymovies.it riprendiamo la seguente scheda: "Davide Ferrario (Casalmaggiore,26 giugno 1956). Dopo la laurea in Letteratura angloameriacana all'Universita' Statale di Milano, comincia ad occuparsi di cinema. Nei primi anni Ottanta, oltre alle collaborazioni giornalistiche, organizza rassegne, eventi, festival. Nel 1984 pubblica una monografia su Rainer Werner Fassbinder ed entra in stretto contatto con l'ambiente dei cineasti indipendenti americani. Come loro agente importa in Italia opere di Jim Jarmusch, John Sayles, Susan Seidelman e film come Atomic Cafe, Koyaanisqatsi. Nel 1985 scrive la sua prima sceneggiatura per 45o parallelo di Attilio Concari, premio 'De Sica' a Venezia '86 e protagonista del Festival di Berlino 1987. Nel 1987 dirige il suo primo cortometraggio, Non date da mangiare agli animali, un film acquistato dalla Rai. Scrive sceneggiature per altri registi, nel 1989 dirige il suo primo lungometraggio, La fine della notte, che ottiene il premio 'Casa Rossa' al Festival di Bellaria quale miglior film indipendente italiano del 1990. Nel 1990 realizza due cortometraggi per la serie Civilta' di Raisat, intitolati La casa e Colors e una serie in sei puntate per Italia 1: American Supermarket, uno sguardo tra l'ironico e il grottesco sull'America degli anni '50 attraverso cinegiornali e vecchi film industriali. Nel 1991 realizza Lontano da Roma, un disincantato documentario sul fenomeno della 'Lega Lombarda', successivamente acquistato e trasmesso da Rai 3. Nel 1992 viene presentato alla Mostra di Venezia Manila Paloma Blanca, un film di Daniele Segre, prodotto dall'Istituto Luce, di cui Ferrario firma la sceneggiatura. A settembre del 1994 escono in contemporanea il suo secondo lungometraggio, Anime fiammeggianti, ed il suo primo romanzo: Dissolvenza al nero. Il film partecipa alla Mostra del Cinema di Venezia ed e' l'unico italiano invitato al Sundance Film Festival. Nel 1995, oltre ad alcuni cortometraggi e programmi tv, produce e codirige con Guido Chiesa il documentario Materiale resistente, un lavoro che sovrappone rock ed inchiesta sulla memoria partigiana. Nel 1997 esce il suo terzo film, Tutti giu' per terra, tratto dall'omonimo romanzo di Giuseppe Culicchia. Il film e' presentato al Sundance Film Festival oltre che al Festival di Locarno '97 dove Valerio Mastandrea vince il Pardo d'oro come migliore attore protagonista. Al Festival di Venezia 1997 presenta Sul 45o parallelo, film documentario sulla musica dei C. S. I., girato tra Mongolia ed Italia. Nel marzo 1998 esce il film Figli di Annibale, con Diego Abatantuono, Silvio Orlando e Valentina Cervi. Prima di Guardami, del 1999, di cui e' sceneggiatore e regista, Ferrario ha realizzato due documentari: il primo, per la serie 'Alfabeto italiano', intitolato Loro, e poi Comunisti, codiretto con Daniele Vicari. Sono targate entrambe 2004 le sue due ultime uscite: Dopo mezzanotte, girato interamente in digitale e con protagonista una Torino da favola e Se devo essere sincera, una 'commedia col morto' tratta dal romanzo di Margherita Oggero La collega tatuata". Tra le opere cinematografiche di Davide Ferrario: La fine della notte, 1989; Anime fiammeggianti, 1994; Materiale resistente, 1995; Tutti giu' per terra, 1997; Figli di Annibale, 1998; Guardami, 1999; Fine amore mai, 2002; Dopo mezzanotte, 2003; Se devo essere sincera, 2004; La strada di Levi, 2006. Marco Belpoliti (Reggio Emilia, 1954), narratore e saggista, studioso della letteratura italiana, docente di sociologia della letteratura presso l'Universita' di Bergamo, condirettore della rivista "Riga"; negli ultimi anni ha notevolmente contribuito allo studio e all'edizione delle opere di Primo Levi (come editore in particolare curandone l'edizione in due volumi delle Opere, Einaudi, 1997; e il volume di Interviste e conversazioni 1963-1987, Einaudi 1997). Tra le opere di Marco Belpoliti: Quanto basta, Rusconi Libri, 1989; Storie del visibile. Lettura di Italo Calvino, Luise', 1990; Antonio Delfini, Marcos y Marcos, 1994; (con Elio Grazioli), Alberto Giacometti, Marcos y Marcos, 1996; L'occhio di Calvino, Einaudi, 1996; Primo Levi, Bruno Mondadori, 1998; Settanta, Einaudi, 2001; Doppio zero. Una mappa portatile della contemporaneita', Einaudi, 2003; Crolli, Einaudi, 2005. Primo Levi e' nato a Torino nel 1919, e qui e' tragicamente scomparso nel 1987. Chimico, partigiano, deportato nel lager di Auschwitz, sopravvissuto, fu per il resto della sua vita uno dei piu' grandi testimoni della dignita' umana ed un costante ammonitore a non dimenticare l'orrore dei campi di sterminio. Le sue opere e la sua lezione costituiscono uno dei punti piu' alti dell'impegno civile in difesa dell'umanita'. Opere di Primo Levi: fondamentali sono Se questo e' un uomo, La tregua, Il sistema periodico, La ricerca delle radici, L'altrui mestiere, I sommersi e i salvati, tutti presso Einaudi; presso Garzanti sono state pubblicate le poesie di Ad ora incerta; sempre presso Einaudi nel 1997 e' apparso un volume di Conversazioni e interviste. Altri libri: Storie naturali, Vizio di forma, La chiave a stella, Lilit, Se non ora, quando?, tutti presso Einaudi; ed Il fabbricante di specchi, edito da "La Stampa". Ora l'intera opera di Primo Levi (e una vastissima selezione di pagine sparse) e' raccolta nei due volumi delle Opere, Einaudi, Torino 1997, a cura di Marco Belpoliti. Opere su Primo Levi: AA. VV., Primo Levi: il presente del passato, Angeli, Milano 1991; AA. VV., Primo Levi: la dignita' dell'uomo, Cittadella, Assisi 1994; Marco Belpoliti, Primo Levi, Bruno Mondadori, Milano 1998; Massimo Dini, Stefano Jesurum, Primo Levi: le opere e i giorni, Rizzoli, Milano 1992; Ernesto Ferrero (a cura di), Primo Levi: un'antologia della critica, Einaudi, Torino 1997; Ernesto Ferrero, Primo Levi. La vita, le opere, Einaudi, Torino 2007; Giuseppe Grassano, Primo Levi, La Nuova Italia, Firenze 1981; Gabriella Poli, Giorgio Calcagno, Echi di una voce perduta, Mursia, Milano 1992; Claudio Toscani, Come leggere "Se questo e' un uomo" di Primo Levi, Mursia, Milano 1990; Fiora Vincenti, Invito alla lettura di Primo Levi, Mursia, Milano 1976] Il 27 gennaio 1945 lo scrittore Primo Levi viene liberato dal campo di concentramento di Auschwitz. Dopo un anno di prigionia, riacquista la liberta' e puo' tornare a casa. Mentre il ricordo di tutto quello che e' accaduto rimane indelebile nella sua memoria, impossibile da cancellare, Levi inizia un lungo viaggio di dieci mesi per rientrare nella sua Torino. Attraversa Polonia, Ucraina, Bielorussia, Moldavia, Romania, Ungheria, Austria e Germania, fino a tornare finalmente in Italia, incontrando personaggi enigmatici che ritrarra' nel suo romanzo La tregua. Sessanta anni dopo il regista Davide Ferrario, accompagnato dallo scrittore Marco Belpoliti, compie lo stesso tragitto attraverso l'Europa di oggi segnata dal post-comunismo. Il loro "viaggio della memoria" si intreccia con il ritratto dei moderni paesi europei, in cui i resti dell'impero sovietico si alternano alla sconcertante poverta' dei villaggi di emigranti, alla devastazione nei dintorni di Chernobyl e al timore che il seme neonazista stia attecchendo. La voce narrante di Umberto Orsini legge le pagine toccanti di Primo Levi, dando cosi' voce ai moltissimi deportati ammutoliti dal dolore e dall'orrore come mio padre Carlo Sesti, deportato per motivi politici a Mauthausen quando aveva 21 anni e liberato il 14 aprile 1945... 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 125 del 19 giugno 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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