Minime. 110



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 110 del 4 giugno 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Angela Dogliotti Marasso: Donne ed educazione alla pace
2. Normanna Albertini: Di Cindy, della voce, del lievito buono
3. Norma Bertullacelli: Cara Cindy
4. Un appello alla sottoscrizione per il Comitato di lotta per la casa "12
luglio" di Palermo
5. Il 9 giugno a Bologna
6. Il 16-17 giugno a Camposampiero
7. Letture: Hubert Kennedy, Karl Heinrich Ulrichs
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. RIFLESSIONE. ANGELA DOGLIOTTI MARASSO: DONNE ED EDUCAZIONE ALLA PACE
[Ringraziamo Angela Dogliotti Marasso (per contatti: maradoglio at libero.it)
per averci messo a disposizione il suo intervento al convegno svoltosi a
Novello il  2-3 giugno 2007 sul tema "Uno sguardo pedagogico alla cultura
della nonviolenza. Donne ed educazione alla pace".
Angela Dogliotti Marasso, rappresentante autorevolissima del Movimento
Internazionale della Riconciliazione e del Movimento Nonviolento, svolge
attivita' di ricerca e formazione presso il Centro studi "Sereno Regis" di
Torino e fa parte della Commissione di educazione alla pace
dell'International peace research association; studiosa e testimone,
educatrice e formatrice, e' una delle figure piu' nitide della nonviolenza
in Italia. Tra le sue opere segnaliamo particolarmente Aggressivita' e
violenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino; il saggio su Domenico Sereno Regis,
in AA. VV., Le periferie della memoria, Anppia - Movimento Nonviolento,
Torino-Verona 1999; con Maria Chiara Tropea, La mia storia, la tua storia,
il nostro futuro, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2003; Con Elena Camino (a
cura di), Il conflitto: rischio e opportunita', Edizioni Qualevita, Torre
dei Nolfi (Aq) 2004]

Non si parla spesso di "Donne ed educazione alla pace". Da un lato,
l'educazione alla pace si pone in genere in modo "neutro"; dall'altro, il
pensiero femminista non sempre si muove a proprio agio in un ambito che
ricorda troppo un ruolo tradizionalmente assegnato alle donne, quello
educativo.
E' pero' interessante provare a mettere in relazione questi due ambiti, che
sono, nella realta', strettamente connessi. Provo allora a sviluppare in
modo schematico alcune riflessioni in questa direzione, senza pretesa di
esaustivita', ma come spunti per un cammino da approfondire.
1. Anche se quando si parla di educazione e nonviolenza si pensa subito a
figure come Aldo Capitini o Danilo Dolci, c'e' stata in Italia  una grande
educatrice come Maria Montessori, che quest'anno viene ricordata nella
ricorrenza dei cento anni dall'apertura della prima Casa dei bambini, che ha
sviluppato un pensiero pedagogico molto prossimo alla cultura della
nonviolenza, su cui ha scritto in piu' occasioni Giovanna Providenti (1).
L'esperienza montessoriana e' poi stata praticata e  sviluppata in Italia,
in ambito nonviolento, soprattutto da Grazia Honegger Fresco (2), in molti
anni di intenso e proficuo lavoro. Esiste dunque uno specifico patrimonio di
esperienze e di cultura portato avanti da donne in questa direzione, che
andrebbe ripreso e approfondito e che forse ci porterebbe a scoprire aspetti
non ancora messi in luce dell'educazione nonviolenta.
2. Se si recupera in positivo la storia e l'esperienza quotidiana delle
donne si scopre, come osserva Evelina Savini in un intervento sul notiziario
telematico "Minime", una grande capacita', acquisita nel corso di una storia
di emarginazione e di subordinazione, a "pluralizzare e integrare le
emozioni e i punti di vista, ad articolare le capacita' adattive e
interattive" (3). E' un patrimonio prezioso, perche' significa aderenza alla
vita concreta, al di la' delle ideologie e delle affermazioni "di principio"
che pretendono di tagliare in due la realta', dividere i buoni dai cattivi,
imporre, nelle relazioni, la logica binaria violenta
dell'integrazione/assimilazione o dell'esclusione/distruzione. Nella vita si
sceglie ad ogni passo e cio' che ci porta a fare una scelta anziche'
un'altra non e' facilmente predeterminabile. Cio' non significa naturalmente
che non ci siano orientamenti e convinzioni, anche forti, che ci guidano.
Ma, come nell'esperienza gandhiana la nonviolenza non e' un assoluto, ma un
costante e continuo sperimentare e sperimentarsi, cosi' mi pare che, in
genere, nell'esperienza quotidiana delle donne ci sia questo patrimonio di
concretezza che ci rende piu' duttili e capaci di generare cambiamento (il
documentario curato da Anna Gasco che vedremo al termine della tavola
rotonda, sulle strategie di sopravvivenza, di difesa e di resistenza delle
donne durante l'ultima guerra in Italia e' molto significativo al riguardo,
cosi' come lo sono gli studi di Anna Bravo e Anna Maria Buzzone sulla
resistenza civile delle donne (4) nello stesso periodo).
3. Un'altra esperienza importante, presente nella storia delle donne, anche
di diverse culture e civilizzazioni, e' quella del "prendersi cura". Alcune
studiose hanno fatto risalire a questo tipo di vissuto, profondamente
incardinato nella cultura di genere, una particolare attitudine delle donne
a sviluppare una prospettiva relazionale anziche' individualistica nei
rapporti sociali.
Non e' questa la sede per approfondire, ma ci sono studi sviluppati negli
anni Ottanta nell'ambito della ricerca per la pace che sembrano confermare
questa ipotesi, come ha in seguito mostrato anche Carol Gilligan (5) nelle
sue ricerche sullo sviluppo morale in un'ottica di genere, che evidenziano
modelli significativamente diversi tra maschi e femmine, mettendo in
discussione i modelli "neutri" elaborati nell'ambito della psicologia
dell'eta' evolutiva, in particolare i sei stadi di sviluppo morale di
Kohlberg (6): "Una moralita' intesa come cura degli altri pone al centro
dello sviluppo morale la comprensione della responsabilita' e dei rapporti,
laddove una moralita' intesa come equita' lega lo sviluppo morale alla
comprensione dei diritti e delle norme. Questa diversa interpretazione del
problema morale da parte delle donne spiega come il loro sviluppo appaia
bloccato se considerato entro i limiti imposti dallo schema di Kohlberg".
Non si puo' dunque utilizzare come universale un modello che in realta' e'
quello maschile (dal primato dell'individuo all'affermazione di principi
generali) e non quello relazionale-femminile (dal primato della relazione
alla salvaguardia di relazioni e valori).
Un pensiero che sottolinei la differenza di genere come significativa anche
in ambito educativo potrebbe riscoprire e dare valore a questo tipo di
attitudini, ricollocandole in un contesto nuovo e piu' ampio.
*
Pero' tutto cio' non basta, perche' processi positivi come la messa in
discussione dei ruoli tradizionali da un lato, ma anche processi negativi
come la forte pressione all'omologazione a modelli dominanti connotati da
forme di competitivita' e di violenza piu' o meno esplicite, fanno si' che
oggi sia piu' facile che anche i comportamenti delle ragazze tendano a
caratterizzarsi come fortemente competitivi, quando non apertamente violenti
(il caso piu' evidente e' forse quello del bullismo, fenomeno fino a poco
tempo fa prevalentemente maschile, almeno nelle sue forme piu' esplicite,
che ora si sta diffondendo rapidamente anche tra le ragazze).
Allora forse si tratta di recuperare con forza il valore simbolico di alcune
attitudini relazionali tipicamente nonviolente e "femminili" e proporle come
punto di riferimento essenziale per far crescere donne e uomini capaci di
costruire rapporti di pace.
Nella cultura della nonviolenza ci sono infatti alcuni principi metodologici
che hanno una forte valenza educativa e che sono proprio di questo tipo (si
potrebbe sostenere che "la nonviolenza e' donna"!), come:
- La capacita' di empatia, che presuppone una visione binoculare;
- L'affermazione positiva, o assertivita', o combattivita' nonviolenta, che
si colloca in una prospettiva relazionale: non far violenza agli altri e non
lasciarsi fare violenza, ma affermare con una forza, diversa dalla violenza,
i propri fondamenti (punti di vista, valori, bisogni, sentimenti, visioni
del mondo...);
- Capacita' di indignazione depurata dall'odio, che implica un lavoro su di
se' per saper gestire, con lo sviluppo della propria forza interiore, le
emozioni e saper distinguere tra l'errore e la persona che lo compie;
- Il riconoscimento e l'accettazione del conflitto dentro di se', per
evitare le proiezioni esterne di cio' che non ci piace in noi;
- L'assunzione di responsabilita' personale, che, collocandosi
nell'orizzonte dell'etica di cura, e' una sorta di traduzione "politica" di
tale atteggiamento.
Si tratta, se vogliamo assumere un modello fortemente simbolico, di
preservare e alimentare l'Antigone che e' in noi per "riattivare la forza
dirompente della sua pietas e la sua capacita' di commuoversi" (7) contro le
derive dell'indifferenza e della violenza.
In altre parole, affermare la forza della fragilita', la "forza del debole",
come fa la nonviolenza, potrebbe essere una bella prospettiva, orientata da
una consapevolezza di genere, nell'educazione.
*
Note
1. Giovanna Providenti, "La dimensione ecologica dell'educazione
montessoriana", in  Centro studi montessoriani, Linee di ricerca sulla
pedagogia di Maria Montessori, Annuario 2004, Angeli, Milano 2004;
"L'educazione come progetto di pace in Maria Montessori e Jane Addams", in
Annuario  2003, Angeli, Milano 2003; si veda anche, a cura di Giovanna
Providenti, La nonviolenza delle donne, Quaderni Satyagraha - Libreria
Editrice Fiorentina, Pisa-Firenze 2006.
2. Grazia Honegger Fresco, Maria Montessori, una storia attuale, L'Ancora
del Mediteraneo, Napoli 2007.
3. Evelina Savini, Le donne, la nonviolenza, in "Minime", n. 73/2007.
4. Anna Bravo, Anna Maria Bruzzone, In guerra senza armi. Storie di donne
1940-'45, Laterza, Roma-Bari 1995.
5. Carol Gilligan, Con voce di donna. Etica e formazione della personalita',
Feltrinelli, Milano 1987.
6. Ivi, p. 27.
7. Elena Pulcini, La violenza senza emozioni, in "La domenica della
nonviolenza", n. 110/2007.

2. RIFLESSIONE. NORMANNA ALBERTINI: DI CINDY, DELLA VOCE, DEL LIEVITO BUONO
[Ringraziamo Normanna Albertini (per contatti: normin56 at aliceposta.it) per
questo intervento.
Normanna Albertini e' nata a Canossa nel 1956, vive e lavora a Castelnovo
ne' Monti, insegna in un Centro territoriale permanente di educazione agli
adulti ("in parole povere: insegno italiano agli stranieri immigrati, e lo
trovo bellissimo, perche' vivo nella verita' del mondo, non in un mondo
virtuale"); e' impegnata nel gruppo di Felina (Reggio Emilia) della Rete
Radie' Resch, e quindi in varie iniziative di solidarieta', di pace, per i
diritti umani e per la nonviolenza; scrive da anni su "Tuttomontagna",
mensile dell'Appennino reggiano. Opere di Normanna Albertini: Shemal,
Chimienti Editore, Taranto-Milano 2004; Isabella, Chimienti Editore,
Taranto-Milano 2006.
Cindy Sheehan ha perso il figlio Casey nella guerra in Iraq; per tutto il
successivo mese di agosto e' stata accampata a Crawford, fuori dal ranch in
cui George Bush stava trascorrendo le vacanze, con l'intenzione di parlargli
per chiedergli conto della morte di suo figlio; intorno alla sua figura e
alla sua testimonianza si e' risvegliato negli Stati Uniti un ampio
movimento contro la guerra; e' stato recentemente pubblicato il suo libro
Not One More Mother's Child (Non un altro figlio di madre), disponibile nel
sito www.koabooks.com; sta per uscire il suo secondo libro: Peace Mom: One
Mom's Journey from Heartache to Activism, per Atria Books; in italiano e'
disponibile: Mamma pace. Contro la guerra, per i nostri figli, Sperling &
Kupfer, Milano 2006.
Arundhati Roy, scrittrice indiana, impegnata contro il riarmo, in difesa
dell'ambiente e per i diritti delle persone e dei popoli. Opere di Arundhati
Roy: il romanzo Il Dio delle piccole cose, Guanda, Parma 1997, Superpocket,
Milano 2000; i saggi di testimonianza e denuncia raccolti ne La fine delle
illusioni, Guanda, Parma 1999, Tea, Milano 2001, poi recuperati nella piu'
ampia raccolta di saggi di intervento civile, Guerra e' pace, Guanda, Parma
2002; Guida all'impero per la gente comune, Guanda, Parma 2003; Ahisma [sic,
refuso tipografico per Ahimsa]. Scritti su impero e guerra, Datanews, Roma
2003; cfr. inoltre L'impero e il vuoto. Conversazioni con David Barsamian,
Guanda, Parma 2004]

La lettera di Cindy sa di disfatta per chi continua cocciutamente a
confidare nella forza della nonviolenza, prima ancora di risultare la
sconfitta di una madre e di una donna. "Ho dovuto sopportare un bel po' di
scherno e di odio da quando Casey fu ucciso, - inizia Cindy - e soprattutto
da quando divenni il cosiddetto 'volto' del movimento statunitense contro la
guerra. In special modo da quando ho reciso ogni residuo legame che mi
collegava al partito democratico, sono stata ulteriormente insultata sui
blog 'liberali' come 'Democratic Underground'. I rilievi piu' miti vanno da
'meretrice dell'attenzione' a 'finalmente ci liberiamo di questa
immondizia'". Insulti, scherno, umiliazioni piovono come pietre, vomitati
dall'arroganza del Potere su chiunque provi a metterne in discussione le
azioni e l'eticita' degli obiettivi. E la prepotenza diventa ancora maggiore
se a parlare, a ribellarsi, a palesare l'imbroglio del Potere e' "solo" una
donna, una madre. Per chi si riconosce nella fede in Cristo, ricordando il
discorso della montagna, l'accanimento, l'irrisione, la denigrazione, la
persecuzione subite sono proprio lo stigma di chi cammina sulla strada
giusta, di quegli "ingenui" che insistono a credere nella possibilita' di un
mondo di giustizia e pace. Viene in mente Arundhati Roy, nel suo Guerra e'
pace del 2002, duramente attaccata per le sue battaglie contro la
globalizzazione selvaggia dell'economia mondiale:
"Ci sono enormi sovvertimenti politici e sociali che stanno scuotendo il
mondo. Non siamo coinvolti perche' scrittori o attivisti. Siamo coinvolti
perche' siamo esseri umani... E' ora di riprenderci il nostro futuro
strappandolo agli 'esperti'. E' ora di formulare, in parole semplici, una
domanda pubblica e di esigere, in parole semplici, una pubblica risposta.
"Francamente, per quanto tagliente, per quanto furiosa, per quanto
combattiva possa essere l'esposizione, in fin dei conti lo scrittore e' solo
uno, fra i tanti cittadini, che chiede pubblica informazione, esige una
pubblica spiegazione.
"Io, dal canto mio, non ho alcun tornaconto personale. Non devo proteggere
alcun interesse professionale. Sono pronta a farmi persuadere. Sono pronta a
cambiare idea. Ma invece di una discussione, o di una spiegazione o di una
contestazione dei fatti, si ricevono solo insulti, invettive, minacce legali
e l'Inno dell'Esperto: 'Non capisci, ed e' troppo complicato da spiegare'.
Il cui vero significato naturalmente e': 'Non turbare la tua testolina con
questi pensieri. Torna ai tuoi giocattoli. Lascia il mondo vero a noi'".
*
Ma ancora piu' paurosamente affini al modo di pensare di chi ha costretto
Cindy a gettare la spugna, perche' piu' vicine a noi nel tempo e nello
spazio, mi sono sembrate le due risposte che, una da sinistra e una da
destra, hanno ricevuto un giovane palermitano e un'insegnante calabrese che
chiedevano spiegazioni sul perche' non vengono licenziati i parlamentari
italiani condannati in via definitiva. Le risposte ottenute hanno lo stesso
sapore di arroganza, lo stesso "Torna ai tuoi giocattoli. Lascia il mondo
vero a noi" che ha ricevuto la "meretrice dell'attenzione" Cindy Sheehan.
Ricordo in breve. Allo studente palermitano Francesco, il ministro Amato ha
detto, tra l'altro, riferendosi ai 25 condannati presenti in Parlamento:
"Bisogna distinguere tra condannati e condannati, alcuni dei quali possono
esserlo per reati minori e compatibili con la legge una volta che la pena e'
stata scontata con una piena riabilitazione. Una volta che cio' e' avvenuto
e' inammissibile che vengano esiliati dalla vita pubblica. Se non fai questa
distinzione diventi un giustizialista ingiusto". Piu' o meno la stessa cosa
e' capitata a Rosa Chiricosta, di Locri, insegnante a Firenze, durante un
incontro, quando il leader di An Fini ha risposto alla domanda di Fabrizio,
studente di Cuneo: "Perche' non licenziate i parlamentari condannati in via
definitiva?". E Fini: "Un conto e' la corruzione, un conto la calunnia. Si
puo' tenere fuori dal Parlamento uno che magari ha sostenuto che qualcun
altro e' un mascalzone?". Rosa e' intervenuta: "Ai ragazzi bisogna
trasmettere il valore della legalita'". La risposta e' stata: "Lei e'
un'insegnate militante, pericolosa; sa cos'e' l'ostracismo?".
"Giustizialista ingiusto" e "insegnante militante, pericolosa". E gia': "Non
turbare la tua testolina con questi pensieri. Torna ai tuoi giocattoli.
Lascia il mondo vero a noi".
Il mondo va lasciato agli Esperti, a questi geni, menti superiori che ci
stanno seppellendo nell'immondizia, come nel 1854 aveva profeticamente
annunciato, nella sua ingenua religiosita', incentrata sul culto della
terra, il capo Seattle della tribu' dei Dwamish al presidente Usa Franklin
Pierce: "Contaminate il vostro letto ed una notte vi troverete soffocati dai
vostri rifiuti". Gli Esperti, gli Eletti devono essere lasciati tranquilli
mentre svolgono il loro lavoro; non si pongono minimamente il problema che,
forse, siamo ancora una democrazia (noi, cosi' come gli Usa) e che in una
democrazia lo Stato deve rispondere al "popolo" perche' e' dal "popolo" che
egli  promana. Il "laikos", "proprio del popolo", sembra, invece, non avere
piu' diritto di parola nei confronti dei suoi rappresentanti che si
comportano come "kleros", parte separata, eletta (elite). Il "popolo" e'
"profanum" come coloro che, nell'antica Roma, stavano "davanti all'altare",
anziche' dietro, dove i sacerdotes sacrificavano agli dei; e come "profanum"
pare avere perso i suoi diritti. Perche' uno Stato, quando si sente "kleros"
e perde il contatto e il dialogo con il "laos", finisce per rispondere solo
a quel Potere che sta avvelenando l'aria, prosciugando i fiumi, riempiendo
gli arsenali di bombe e che ci seppellira' nell'immondizia.
*
Continuava, nel suo libro, Arundhati Roy: "Per frenare una bestia, le
spezzate le zampe. Per frenare una nazione, spezzate la sua gente. La
derubate della volonta'. Dimostrate il vostro assoluto dominio sul suo
destino. Fate in modo che sia chiaro che, alla fine, tocca a voi decidere
chi vive, chi muore, chi prospera e chi no. Per dimostrare le vostre
capacita' mettete in mostra tutto cio' che sapete fare e con quale facilita'
lo fate. Con che facilita' potete schiacciare un bottone e annullare la
Terra. Come potete iniziare guerra, o implorare la pace. Come riuscite a
portar via il fiume a uno per regalarlo a un altro. Come riuscite a rendere
verde il deserto, ad abbattere una foresta e a piantarne un'altra piu'
lontano. Usate l'arma del capriccio per mandare in frantumi la fede della
gente nelle cose antiche: terra, foresta, acqua, aria.
"Dopodiche', cosa rimane a questa gente? Solo voi. Si rivolgeranno a voi,
perche' siete tutto cio' che hanno. Vi ameranno anche se vi disprezzano. Si
fideranno di voi anche se vi conoscono bene. Voteranno per voi anche se
avete strizzato fuori dai loro corpi anche l'ultimo respiro. Berranno quello
che darete loro da bere. Respireranno quello che darete loro da respirare.
Vivranno dove getterete alla rinfusa le loro cose. Sono costretti a farlo.
Cos'altro possono fare? Non c'e' un tribunale piu' alto a cui rivolgersi.
Voi siete per loro madre e padre. Giudice e giuria. Voi siete tutto il
mondo. Voi siete Dio. Il potere si rafforza non solo con cio' che distrugge,
ma anche con cio' che crea. Non solo con quello che prende, ma anche con
quello che da'. E la Mancanza di Potere e' riconfermata non solo
dall'impotenza di chi ha perso, ma anche dalla gratitudine di coloro che
hanno (o credono di aver) guadagnato".
*
Colpisce, nella lettera di Cindy, la sua delusione e l'indignazione per aver
"scoperto" che alla fine nessuno era veramente disposto ad ascoltarla e ad
aiutarla e che, dopo un primo momento di apparente interesse, ma di
effettiva strumentalizzazione politica dei democratici, anch'essi le abbiano
voltato le spalle. E', purtroppo, un'esperienza comune a molti e a molte,
ormai, che forse dipende proprio dalla perdita di reciprocita' tra lo Stato
e il "popolo", di cui le istituzioni dovrebbero essere espressione. Ma e'
anche un cattivo segno dei tempi che si ripete sempre piu' spesso
nell'indifferenza generale: mentre in televisione e sui giornali vanno le
notizie piu' insulse o la sola cronaca nera, questi atteggiamenti
antipolitici, come la non risposta al dissenso di Cindy, o le pseudorisposte
sulle ultimi disgraziate vicende di Emergency in Afghanistan, passano in
secondo piano e non scatenano nessun movimento di piazza, nessuna presa di
posizione plateale di nessuno. Tutto muore nel silenzio del frastuono dei
media.
Cindy si e' sentita strumentalizzata dai democratici; Ayaan Hirsi Ali,
rifugiatasi recentemente negli Usa dopo le minacce ricevute in Europa a
seguito della sua collaborazione col regista Theo Van Gog, accusa la
sinistra europea di accogliere e tollerare, in nome di un presunto
multiculturalismo, il fanatismo religioso e i conseguenti crimini contro i
diritti umani, ed e' interessante la riflessione di Adriano Sofri nella
prefazione del penultimo libro della scrittrice, Non sottomessa, a proposito
di una "guerra mondiale sulla pelle delle donne": "Che il corpo delle donne
sia il campo di battaglia e insieme la posta del famoso scontro di civilta'
sembrava fino a qualche tempo fa un'idea balzana, o provocatoria: ora e'
quasi un'ovvieta'. Ci siamo accorti che anche gli ultimi, quelli che non
avevano da perdere che le loro catene, hanno da perdere almeno le loro
donne. Quel che piu' conta, se ne sono accorti loro, gli ultimi: da quando
le distanze si sono cosi' accorciate da renderli spettatori di un mondo in
cui le donne diventano padrone di se'".
Mi chiedo cosa sarebbe il mondo se non ci fossero le voci forti del
dissenso, se gli Esperti non avessero nemmeno questi freni, se si
estinguessero gli ingenui che credono sia indispensabile, per il fututo
dell'umanita' e perche' l'umanita' abbia un futuro, un contratto sociale
basato sul dialogo e sull'interazione popolo- Stato, con l'obiettivo di
perseguire un giusto benessere e una possibilita' di vita per tutti, nella
pace e nella giustizia, non soltanto la vita di pochissimi sui cadaveri di
tanti.
La lettera di Cindy sa di disfatta. Non lo e'. Voci come la sua sono il
lievito buono che puo' continuare a far fermentare la pasta di quel "resto
d'Israele" costituito dagli ingenui di tutti il mondo, quelli che non si
adeguano, che insistono nel dire che il re e' nudo. Voci come quella del
"giustizialista ingiusto", dell'"insegnante militante, pericolosa", della
"meretrice dell'attenzione": i "profanum" a cui viene ripetuto
sprezzantemente  l'Inno dell'Esperto: "Non capisci, ed e' troppo complicato
da spiegare".
*
Concludeva il suo libro Guerra e' pace la scrittrice indiana Arundhati Roy:
"I cinici dicono che la vera vita e' una scelta fra la rivoluzione fallita e
l'accordo spregevole. Non so... forse hanno ragione. Ma anche loro
dovrebbero sapere che non c'e' limite a quanto spregevole possa essere
quell'accordo. Quel che abbiamo bisogno di cercare e di trovare, quel che
abbiamo bisogno di levigare e perfezionare in qualcosa di magnifico e
brillante e' un nuovo genere di politica. Non la politica di governo ma la
politica della resistenza. La politica dell'opposizione. La politica di
imporre la responsabilita'. La politica di rallentare le cose. La politica
di prendersi per mano da un capo all'altro del mondo e di impedire una
distruzione certa. Nelle attuali circostanze, direi che l'unica cosa che
meriti di essere globalizzata e' il dissenso. Il miglior prodotto da
esportazione dell'India".

3. LETTERE. NORMA BERTULLACELLI: CARA CINDY
[Ringraziamo Norma Bertullacelli (per contatti: norma.b at libero.it) per
questo intervento.
Norma Bertullacelli, insegnante, amica della nonviolenza, presidente del
Centro ligure di documentazione per la pace, collaboratrice di questo
foglio, e' impegnata nella "Rete controg8 per la globalizzazione dei
diritti" di Genova]

Cara Cindy,
credo di capire le tue ragioni.
Hai potuto sopportare la stanchezza, la fatica, l'intervento dei poliziotti
che ti hanno trascinata via da tanti luoghi dove davi fastidio,
l'incomprensione, l'ostilita' di tanti. Ma dover affermare che "tanto sono
tutti uguali" ti fa troppo male e ti sembra di non poter sopportarlo.
A tutti e tutte fa piu' male dover lottare contro chi abbiamo creduto amico
che contro un avversario forte ed agguerrito.
Ma non credo che resterai a lungo a casa. Presto o tardi sentirai di nuovo
di non poter mancare ad un'iniziativa, ad una manifestazione. E tornerai
sulla strada.
Un nostro poeta e musicista, Giorgio Gaber, ha scritto:
"C'e' solo la strada su cui puoi contare
la strada e' l'unica salvezza;
c'e' solo la voglia, il bisogno di uscire
di esporsi nella strada, nella piazza.
Perche' il giudizio universale
non passa per le case,
in casa non si sentono le trombe,
in casa ti allontani dalla vita,
dalla lotta, dal dolore e dalle bombe".
Ti offro questi versi con affetto, Cindy ( peccato che tu non possa
ascoltarne la musica, e' molto bella).
Ci ritroviamo su una strada,
Norma

4. APPELLI. UN APPELLO ALLA SOTTOSCRIZIONE PER IL COMITATO DI LOTTA PER LA
CASA "12 LUGLIO" DI PALERMO
[Da Sergio Di Vita (per contatti: sdivita at neomedia.it) riceviamo e
diffondiamo il seguente appello per un sostegno economico al Comitato "12
luglio" che da cinque anni e' il principale motore della lotta per la casa a
Palermo. Chi volesse partecipare alla sottoscrizione puo' scrivere a Sergio
Di Vita - all'indirizzo di posta elettronica: sdivita at neomedia.it - per
concordare una modalita' di versamento.
Sergio Di Vita, amico della nonviolenza, educatore, formatore, e'
infaticabilmente impegnato in molteplici iniziative di pace e di
solidarieta', contro la mafia e per i diritti umani di tutti gli esseri
umani.
Su Tony Pellicane, dal sito della rivista promossa dal Gruppo Abele
"Narcomafie" (www.narcomafie.it) riprendiamo la seguente scheda: "Tony
Pellicane ha 36 anni, e' cresciuto a Brancaccio, uno dei quartieri piu'
difficili di Palermo, e la sua storia - dice - assomiglia a tante altre.
Aveva 14 anni quando suo padre e' morto e per la sua famiglia e' iniziato il
calvario: prima la perdita della piccola attivita' commerciale, poi la
vendita dell'alloggio di proprieta' e infine, nel 1999, lo sfratto. In un
primo momento Tony, con la madre e il fratello, e' stato ospitato a spese
del Comune in una locanda, dove ha vissuto per dieci mesi; poi e' riuscito a
ottenere un contributo alloggiativo, ossia un'assistenza in denaro, e si e'
trasferito con la famiglia in un piccolo appartamento preso in affitto.
Neppure questa sistemazione era pero' destinata a durare a lungo, perche'
nel 2001 il Commissario straordinario, allora amministratore della citta',
decise un taglio drastico alle spese sociali e la famiglia Pellicane, come
centinaia di altre famiglie di Palermo, si trovo' di punto in bianco a non
avere piu' i soldi per pagare l'affitto. Per questo motivo comincio' un
periodo di agitazioni e Tony, una manifestazione dopo l'altra, fini' per
assumere il ruolo di portavoce del 'Comitato di lotta per la casa 12
luglio'"]

Da cinque anni un gruppo di famiglie senza casa lotta incessantemente per
rivendicare il proprio diritto negato alla casa. Il comitato "12 luglio",
con l'appoggio esterno di associazioni e di singole persone, e' riuscito ad
ottenere dalla Commissione antimafia che i beni confiscati alla mafia siano
utilizzati dall'amministrazione pubblica per l'emergenza casa.
Intanto l'emergenza casa esplodeva in tutta Palermo e al comitato si
aggregavano piu' di cento famiglie. Le lotte per la casa nel corso degli
anni hanno visto in prima linea le stesse famiglie che hanno manifestato in
diversi modi, sempre pacifici e senza violenza. La stampa e alcuni elementi
politici hanno riconosciuto al comitato una legittimita' politica, mentre
l'amministrazione comunale ha dimostrato la sua indifferenza e
insensibilita' ai problemi sociali.
La lotta per la casa e' stata condotta dalle famiglie che partecipano al
comitato "12 luglio", in nome di tutte le famiglie della citta' che vivono
lo stesso dramma. I valori che hanno prevalso in questi anni di lotta sono
stati quelli della solidarieta' nei confronti di tutti gli indigenti, e la
consapevolezza che la casa e' un diritto sociale che va rivendicato con gli
strumenti della democrazia da tutti i cittadini.
Il portavoce Tony Pellicane ha dato inizio a questa lotta con un piccolo
gruppo di famiglie senza casa, attendandosi davanti al Comune di Palermo per
qualche mese. Dopo avere ottenuto una casa, sia pure in modo provvisorio, in
attesa di rientrare nella lista per l'assegnazione della casa popolare, ha
continuato, con generosita' e senso della solidarieta' sociale e politica,
la lotta per tutte le altre famiglie. Il suo esempio e' stato seguito anche
da altre famiglie nella sua stessa condizione.
Il comitato ha ottenuto in questi cinque anni 110 case che sono andate alle
famiglie senza tetto, sia appartenenti che non appartenenti al comitato,
inserite in una graduatoria dell'emergenza casa verificata e riconosciuta
dall'amministrazione comunale. Delle 110 case ottenute per l'emergenza casa,
40 sono confiscate alla mafia.
Il Comitato ha sollecitato e ottenuto che dopo 25 anni si riaprisse il bando
per la casa popolare, anche se di fatto le case disponibili per questo bando
sono 20, a fronte di una graduatoria comprendente 10.000 famiglie.
L'emergenza casa continua a Palermo come a Milano, a Roma, a Napoli e nelle
grandi metropoli europee. Rispetto a questa emergenza la sola risposta
possibile all'indifferenza delle istituzioni e' la lotta sociale.
Il comitato e' diventata una realta' sociale e politica perche' conduce una
lotta genuinamente antimafia, che partendo dai bisogni reali rivendica un
diritto attraverso l'opposizione democratica alla politica dell'oppressione
che genera esclusione sociale e poverta'; perche' ha preso coscienza che i
diritti sociali fondamentali si rivendicano senza alcuna sottomissione al
potere mafioso e clientelare che soffoca e uccide.
In prospettiva il comitato si e' coalizzato con altre realta' sociali a
Palermo facendo parte del "Comitato cittadino di lotta per la democrazia a
Palermo".
Con questo strumento si intende portare avanti la campagna sui diritti
negati, lottando ancora per l'utilizzo dell'enorme patrimonio dei beni
confiscati, di cui solo una minima parte e' stata utilizzata ai fini sociali
(casa e lavoro).
E' per queste ragioni che il comitato si rivolge a tutti coloro che vogliano
contribuire a sostenere le lotte sociali e democratiche a Palermo, anche con
un proprio sostegno economico.

5. INCONTRI. IL 9 GIUGNO A BOLOGNA
[Dal sito di "Usciamo dal silenzio" (www.usciamodalsilenzio.org)]

Sabato 9 giugno dalle ore 10 presso il Convento di Santa Cristina, via del
Piombo 5, a Bologna si terra' l'"assemblea delle assemblee" di "Usciamo dal
silenzio".
*
Care delle assemblee di varie citta', la proposta che avete letto sul sito
si e' concretizzata: troviamoci in un'assemblea nazionale che sul sito di
"Usciamo dal silenzio" abbiamo chiamato "assemblea delle assemblee" il 9
giugno, a Bologna, presso il Centro di documentazione, ricerca e iniziativa
delle donne della citta' di Bologna, Convento di Santa Cristina, via del
Piombo 5, dalle 10 alle 18.
A Bologna perche' e' una citta' dove c'e' un'assemblea che si e' convocata
dall'esperienza di "Usciamo dal silenzio", e le bolognesi si sono in questi
giorni attivate per mettere a disposizione di tutte quelle che verranno una
sede accogliente.
Nel corso degli ultimi due anni si e' costituita una rete, si e' rafforzata
quella gia' esistente, si e' rinnovata a partire dalla manifestazione del 14
gennaio 2006.
In molte occasioni in questi ultimi mesi se ne e' parlato, incontrandoci in
qualche riunione, alcune di noi milanesi andando in qualche altra citta'
abbiamo raccolto idee, suggerimenti a riguardo.
Bene, adesso e' il momento.
Prima della pausa estiva, nel momento in cui abbiamo esperienze da mettere
in comune, pratiche da condividere, proposte e azioni da discutere insieme,
per rilanciare la nostra iniziativa e la nostra rete nei prossimi mesi.
Vogliamo aprire un confronto tra tutte le assemblee e su tutti i temi sui
quali ci stiamo impegnando.
"Usciamo dal silenzio" di Milano ha dato la propria adesione alla campagna
proposta dall'Udi "50e50 ovunque si decide", rispetto alla quale a Milano,
in assemblea e in vari incontri di laboratorio, abbiamo individuato molti
motivi, molte specificita' per aderire con un nostro segno. Su questo stiamo
costruendo un " Manifesto dei perche'" che sara' un percorso, nel senso che
evolvera' e si arricchira', raccogliendo nuovi perche' che poi verranno
rimessi in circolo.
L'abbiamo pensato come uno strumento dinamico e interattivo che incrocia e
collega i temi di origine della manifestazione, la liberta' femminile
all'origine della vita e la liberta' femminile come misura della democrazia,
la liberta' di decidere, la nostra esperienza sulla salute riproduttiva e
sul corpo, le varie forme di lotta alla violenza contro le donne, e come
questi temi incrociano la democrazia paritaria, la nostra esperienza di
continua interlocuzione con la politica istituzionale.
Accanto a questo, altri temi si impongono in questo periodo. Dopo il Family
day a San Giovanni e' cambiato qualcosa nello scenario che ci sta di fronte?
Che tipo di famiglie vengono messe al centro di quell'iniziativa, cosa dice
quella piazza del rapporto tra le generazioni, del legame tra precarieta'
lavorativa e proposte di politiche familiari?
Cosa dice della laicita' dello stato, dei diritti delle persone e delle
donne?
Abbiamo molti motivi per incontrarci, continuiamo a scriverci sul sito per
preparare l'assemblea delle assemblee.
A presto, al 9 giugno a Bologna.
"Usciamo dal silenzio"

6. INCONTRI. IL 16-17 GIUGNO A CAMPOSAMPIERO
[Dal sito della Libreria delle donne di MIlano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo il seguente comunicato]

L'associazione culturale "Identita' e differenza" di Spinea (Venezia)
promuove il Convegno "Legami e liberta'. Donne e uomini in relazione di
differenza", tredicesima esperienza formativa residenziale, il 16-17 giugno
2007 a Camposampiero (Padova).
*
Sabato 16 Giugno 2007
Dalle ore 10, arrivi e sistemazione; ore 13, pranzo; ore 15, inizio lavori:
introduzione al convegno, interventi con autopresentazioni; ore 17,15,
lavoro di riflessione personale; ore 17,30, risonanze e scambio in
assemblea; ore 19,30, cena; ore 21, serata libera, scambi e relazioni; ore
22, rinfresco e festa.
*
Domenica 17 Giugno 2007
Ore 8, colazione; ore 9, interventi e mediazioni in contesto; ore 10,30,
intervallo; ore 10,45, scambio in assemblea; ore 12,15, lavoro di
riflessione personale e valutazioni; ore 13, pranzo; pomeriggio: saluti
(baci e abbracci), partenze e arrivederci.
*
La quota di partecipazione al convegno e' di 100 euro e comprende: pranzo,
cena, rinfresco di sabato, pernottamento, colazione e pranzo di domenica
piu' iscrizione e contributo spese organizzative.
*
Legami e liberta'
L'ordine patriarcale e' in crisi e da cio' deriva un disordine rispetto al
quale dovremo essere in grado di pronunciare parole piu' efficaci e dar
luogo a pratiche politiche piu' produttive. Da questo punto di vista il
discorso della relazione tra uomini e donne e' anche il discorso della
liberta' femminile e di un nuovo modo di vivere la liberta' maschile: questo
nuovo tipo di relazione dovrebbe essere in grado di sviluppare nuove forme
di "autorita' sociale", possiamo chiamarle "legami", che aiutino le persone
a riconoscersi, per cosi' dire, in un nuovo possibile ordine sociale e
simbolico.
Abbiamo, oggi, una "strana" situazione: contesti dove donne e uomini si
relazionano in maniera sempre piu' consapevole della loro differenza,
esprimendone il senso libero, e altri contesti dove la differenza di genere
viene completamente ignorata se non addirittura combattuta in base a
principi di uguaglianza e parita'. Questi ultimi hanno la visibilita' e
l'attrattiva delle risposte che promettono pochi rischi e facili soluzioni
dei conflitti.
Se vogliamo che la traduzione nella lingua e nel senso comune di quello che
gia' avviene in alcuni contesti (relazioni di differenza tra donne e uomini)
sia percepibile anche in altri, dobbiamo trovare forme efficaci di
mediazione. La questione non e' nuova, ma forse non sufficientemente pensata
e praticata. Ci si riferisce anche a tutta la discussione attuale riguardo
modalita' diverse di mettersi in relazione (i Dico, i rapporti uomo-donna,
le relazioni omosessuali ecc.) e alla discesa in campo di una sorta di
"reazione" culturale e politica che richiama il valore e la fissita' della
tradizione. Per esempio tutta la discussione sulla posizione della chiesa.
Ci si domanda quale sia la mediazione buona, non quella accomodante, ma
quella creatrice di relazioni e di simbolico perche' il primato non sia di
chi ha il potere e perche' chi teme di perderlo non ricorra alla violenza.
Con quali pratiche riusciamo a tenere assieme la politica nel presente e
l'invenzione di nuovi tipi di relazione? Come vivere i legami tra desiderio
di liberta' e paura della perdita?
Si pagano dei costi per vivere la liberta' di essere se stessi e c'e' la
difficolta' di saper stare in conflitto con l'altro/a assumendoci il rischio
della perdita della relazione. Questo e' un nodo importante che impedisce il
movimento verso la liberta'. La liberta' e' un atto d'amore verso se stessi
che si sperimenta nella relazione: tanto piu' valore ha la relazione quanta
piu' liberta' si riesce ad esprimere.
Ci sono donne che hanno potuto sostenere la fatica della relazione con gli
uomini perche' vivevano gia' in relazione forte con altre donne. Nella
relazione con il maschile, l'affermazione della liberta' femminile viene
spesso negata e avvilita e le conseguenze di questa negazione sono nefaste
non solo per le donne, ma anche per gli uomini che perdono una possibilita'
di essere loro stessi piu' liberi.
Ci sono uomini che si lasciano interpellare dalla liberta' femminile,
mettono in discussione i loro riferimenti patriarcali e si rendono conto di
perdere potere, e anche autorita' negli ambiti tradizionali. Una autorita'
"altra" va ricercata nell'individuazione di una nuova identita' maschile.
Questa si puo' formare in gruppi di soli uomini e/o in gruppi di uomini e
donne insieme, ma il luogo privilegiato per acquisire, riconoscere e
significare la nuova autorita' resta la relazione di differenza, dove si
sperimenta la capacita' di essere se stessi mediando il conflitto con la
diversita' dell'altra/o.
*
Il convegno e' curato dalle/dai partecipanti ai Laboratori di
sperimentazione e ricerca dell'associazione culturale "Identita' e
differenza".

7. LETTURE. HUBERT KENNEDY: KARL HEINRICH ULRICHS
Hubert Kennedy, Karl Heinrich Ulrichs. Pioniere del moderno movimento gay,
Massari Editore, Bolsena (Viterbo) 2005, pp. 384, euro 13. Un'ampia
monografia - di taglio biografico - sull'intellettuale tedesco considerato
tra i fondatori della riflessione e del movimento per i diritti degli
omosessuali; Ulrichs (1825-1895) fu studioso di vasti interessi, giurista e
magistrato, precursore delle scienze umane ed egregio latinista, patriota ed
esule, poliglotta e pubblicista, visse in Italia dal 1880 al 1895. Con
un'introduzione di Massimo Consoli. Per richieste alla casa editrice:
Massari Editore, casella postale 144, 01023 Bolsena (Vt), e-mail:
erre.emme at enjoy.it, sito: www.enjoy.it/erre-emme

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 110 del 4 giugno 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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