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La domenica della nonviolenza. 114
- Subject: La domenica della nonviolenza. 114
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 3 Jun 2007 11:35:09 +0200
- Importance: Normal
============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 114 del 3 giugno 2007 In questo numero: 1. Ancora alcuni recenti interventi di Umberto Santino 2. Umberto Santino: Il '77 a Palermo 3. Umberto Santino: Razzismo, mafia e calcio violento 4. Umberto Santino: Il Centro Impastato e Libera 1. EDITORIALE. ANCORA ALCUNI RECENTI INTERVENTI DI UMBERTO SANTINO [Umberto Santino ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo. Da decenni e' uno dei militanti democratici piu' impegnati contro la mafia ed i suoi complici. E' uno dei massimi studiosi a livello internazionale di questioni concernenti i poteri criminali, i mercati illegali, i rapporti tra economia, politica e criminalita'. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000; Dalla mafia alle mafie, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006; Mafie e globalizzazione, Di Girolamo Editore, Trapani 2007. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su "La nonviolenza e' in cammino" nei nn. 931-934] Come gia' gli ultimi due precedenti numeri de "La domenica della nonviolenza", anche questo dedichiamo alla riproduzione di alcuni recenti interventi di Umberto Santino, che costituiscono rilevanti contributi di riflessione. 2. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: IL '77 A PALERMO [Dal sito del Centro impastato (www.centroimpastato.it) riprendiamo il seguente intervento gia' pubblicato nell'edizione palermitana del quotidiano "La Repubblica" del primo febbraio 2007] Le prime avvisaglie di quello che viene ricordato come il "movimento del '77" cominciarono a Palermo. Gia nel dicembre del '76 per le strade della citta' manifestano 10.000 studenti medi. Si parlava di riflusso, ma a quanto pare non c'e' nessuna voglia di rifluire. Il 3 dicembre viene pubblicata la circolare Malfatti che attacca la liberalizzazione dei piani di studio. Il Senato accademico di Palermo e' il primo in Italia a deliberare l'applicazione della circolare. Il 21 gennaio comincia l'occupazione a Lettere. Salta il collettivo politico, giudicato burocratico e staccato dai reali bisogni, e viene contestato il rappresentante degli studenti al consiglio di facolta'. Nell'assemblea le studentesse dicono che bisogna "partire da se'" ma i maschi dicono che si tratta di "sfoghi emotivi". Si formano le commissioni per studiare i vari problemi. Ma l'occupazione non e' solo fatta di discussioni e assemblee, e' una festa che si protrae fino a notte alta. Una manifestazione di vitalita' che si vuole godere, attimo per attimo. I problemi che pongono gli studenti di Lettere riguardano tutta l'Universita', una grande macchina burocratica con 5.000 dipendenti e 27.000 fuorisede, con soli 1.000 posti-letto nei pensionati. E dall'Universita' si allargano al quadro politico. Al governo c'e' Andreotti, con l'astensione del Pci, in nome delle "grandi intese" e della "solidarieta' nazionale". Gli studenti contestano il governo, contestano il Pci e non si sentono rappresentati da una "sinistra rivoluzionaria" in piena crisi. Nel 1976 si e' sciolta Lotta continua e molti non vogliono rifugiarsi nel "privato", anche se si sostiene che "il privato e' politico", e non condividono le scelte di chi altrove passa alla clandestinita' e alla lotta armata. Nelle commissioni viene respinta la riforma Malfatti e nei primi di febbraio l'agitazione si estende a tutto l'ateneo, prima a Farmacia, poi a Matematica, quindi ad Architettura, ad Agraria, a Legge, a Geologia, infine a Medicina, Scienze e Ingegneria. A Lettere gli studenti rifiutano il confronto con la Cgil.scuola, perche' non accettano una "piattaforma elaborata fuori dalle commissioni". Nel corso del mese di gennaio entrano in scena anche i docenti precari, prima a Napoli, poi a Palermo. Chiedono l'immissione in ruolo e la formazione di un ruolo unico dei docenti e impiego a tempo pieno. A febbraio il movimento si estende a tutta l'Italia. Nel '77 palermitano non si registrano atti clamorosi come la contestazione di Lama a Roma (17 febbraio) e la "creativita'" non reca firme famose, come a Bologna, dove Radio Alice, la piu' nota delle radio libere che proliferano dappertutto, detta la colonna sonora del movimento, tra mao-dadaismo e trasgressione. Anche a Palermo si contesta il Pci (si scrive e si grida lo slogan: "Pci = Nuova Polizia", a cui si risponde con: "Via via la falsa autonomia") e Avanguardia operaia e Partito di unita' proletaria vengono considerati "bracci del Pci, contro il movimento". Anche a Palermo ci sono scontri, ma non ci sono morti come in altre citta'. Il 15 febbraio c'e' un corteo dei disoccupati e c'e' uno scontro tra i servizi d'ordine di alcuni gruppi e quello del Pci. Il segretario della Fgci Mario Azzolini viene ferito alla testa. Un comunicato del Pci attribuisce il ferimento agli "autonomi", l'ala dura del movimento. Il giorno dopo la polizia carica un corteo di studenti universitari e medi che tentano di aggregarsi a un corteo sindacale, ma non ci sono spari. Invece il 7 marzo, quando un centinaio di studenti manifesta davanti al Teatro Biondo per contestare il prezzo del biglietto per il concerto del cantautore Bennato, proprio quando una delegazione incontra il cantante e ottiene la promessa di un concerto all'universita', la polizia spara e cinque studenti vengono arrestati per detenzione di armi improprie. A Bologna l'11 marzo viene ucciso lo studente di Lotta continua Francesco Lorusso. Figlio di un generale, faceva pure il barelliere a Lourdes. C'e' qualche tafferuglio durante un'assemblea di Comunione e liberazione; interviene la polizia, chiamata dal rettore, che carica gli studenti sciamati per le strade della citta'. Un carabiniere in servizio di leva risponde alle bottiglie molotov con dei colpi di pistola e colpisce Lorusso. Il carabiniere non sara' punito, in omaggio alla legge Reale sull'ordine pubblico, passata l'anno precedente. Seguono tre giorni di scontri. Gli studenti di Palermo rispondono con un corteo in cui si fa ricorso all'ironia: sfilano in tremila e molti hanno sul petto un cartoncino con il tiro a segno. A Roma la manifestazione del 12 marzo, con cinquantamila partecipanti, diventa guerriglia urbana. Gli studenti lanciano le molotov, la polizia carica. Il ministro dell'Interno Cossiga e' per la linea dura (ora dichiara che quella linea porto' alla sconfitta degli autonomi ma spinse molti di loro verso la lotta armata, come dire che la toppa fu peggiore del buco). Lo stesso giorno a Torino le Brigate combattenti (sono quelli di Prima linea) uccidono il brigadiere della Digos Giuseppe Ciotta. Ci saranno altri morti: il 21 aprile a Roma una pistola 7,65 colpisce a morte l'allievo sottufficiale Settimio Passamonti; il 27 aprile ancora a Torino le Brigate rosse uccidono il presidente dell'ordine degli avvocati Fulvio Croce, reo di aver nominato i difensori d'ufficio per il processo ai brigatisti; il 12 maggio a Roma durante una manifestazione dei radicali la polizia uccide Giorgiana Masi; due giorni dopo a Milano negli scontri con autonomi viene ucciso il poliziotto Antonino Custra' (e l'immagine del ragazzo con la pistola puntata scattata quel giorno fara' il giro delle prime pagine). Sempre a Milano, il 2 giugno, le Br gambizzano (il termine diverra' abituale) Indro Montanelli, il giorno dopo a Roma feriscono il direttore del Tg1 Emilio Rossi; a Roma, il 30 settembre, i neofascisti uccidono il militante di Lc Walter Rossi; il primo ottobre a Torino gli autonomi incendiano un bar e muore lo studente Roberto Crescenzio; il 16 novembre ancora a Torino i brigatisti feriscono a morte il giornalista Carlo Casalegno. Il quotidiano "Lotta continua" intervista il figlio Andrea, gia' militante di Lc. Ormai il '77 e' in piena crisi. L'assemblea nazionale che si svolge a Bologna dal 23 settembre fa registrare dissensi e spaccature insanabili, ma il corteo finale si conclude senza scontri. Tra i protagonisti del movimento ci sono anche a Palermo gli autonomi e gli "indiani metropolitani", l'ala creativa, incline alla provocazione verbale e all'autoironia. In quei giorni tra gli occupanti di Lettere compare Nino Gennaro che tappezza i muri con i suoi tatzebao e le sue poesie. Aveva lasciato Corleone, dove aveva vissuto anni di impegno e di provocazione, culminati con la condanna del padre di Maria Di Carlo, denunciato dalla figlia per abuso della patria potesta'. Maria ha vinto la causa ma deve lasciare il paese con Nino che e' stato il suo mentore e sara' il suo compagno. In una fotografia pubblicata nel libro Le compagne, i compagni, il movimento del '77 a Palermo, pubblicato dal Centro siciliano di documentazione, nato in quell'anno, si vede Peppino Impastato seduto nel cortile della Centrale in via Maqueda. Ha fatto parte di Lotta continua, ora e' vicino all'area dell'Autonomia. La sua radio, aperta a maggio di quell'anno, si chiama Radio Aut, ma considera la violenza brigatista "il partito della morte, della paura, dell'espropriazione della lotta di massa". E contesta l'uso di stupefacenti, a cominciare dallo spinello, che e' diventato una sorta di eucarestia nelle aule occupate. Dice che e' l'inizio del disimpegno. Anche Peppino andra' a Bologna per vivere l'ultimo atto del movimento. Le delusioni ormai sono tante e pensa al suicidio. Ma continuera' il suo lavoro finche' i mafiosi per chiudergli la bocca lo faranno saltare sul tritolo. Nel libro del Centro i protagonisti si raccontano e provano a dialogare. Parlano di due culture diverse, di "trip diversi" (tra chi e' favorevole e contrario al fumo), di due modi di concepire la politica e di vivere la vita. Dicono che a Palermo si vive "la crisi piu' grave" e teorizzano il rifiuto del lavoro e della professionalita'. Confessano la delusione. I fuorisede si dicono isolati da tutto, dalla citta', ma pure dai compagni (e le immagini fotografiche testimoniano lo squallore, con i cessi trasformati in abitacoli e scritte come: "Il pensionato fa puzza di merda, pazzia e morte"). Le femministe dicono che non sono riuscite a scardinare la "logica politica maschile" e che anche tra le donne si ripropone il leaderismo, ma o rmai gli "angeli del ciclostile" hanno preso il volo e i loro girotondi (ante litteram) continueranno. Maria Di Carlo e' l'esempio di uno sbocco positivo; Barbara Poli, morta a 15 anni nella sua ribellione alla famiglia che le vieta di uscire di casa, e' l'emblema di un destino di repressione che si vuole archiviare. In realta' gia' quando i protagonisti vengono invitati a raccontare la loro esperienza c'e' aria di smobilitazione. Molte copie del libro andranno al macero. Sono stati indicati come caratteri nuovi del '77 la creativita' e l'antiburocratismo, in contrapposizione a un '68 giudicato iperpoliticizzato e dominato da gruppi e gruppuscoli. Quel che e' certo e' che i due movimenti cadono in tempi diversi: il '68 e' internazionale e apre una fase storica, animata da grandi speranze. C'e' il Vietnam, c'e' Che Guevara, c'e' la scoperta della politica come partecipazione, della sessualita' come liberazione da vincoli e conformismi. Nel '77, che e' solo italiano, sono gia' cadute molte certezze, anche se dalla Cina arriva l'eco di una rivoluzione culturale vissuta come una ventata sburocratizzante e liberatoria, e la "creativita'" spesso reca il segno della disillusione e della bestemmia contro un dio morto o moribondo. Si disse allora e si dice anche oggi, in occasione del trentesimo anniversario: il '77 e' stato un parricidio, nei confronti delle organizzazioni storiche del movimento operaio; una manifestazione di diciannovismo, a ricordo degli estremismi degli anni che prelusero al fascismo; l'epifania di due societa': quella degli occupati e quella dei non garantiti, nella lettura di Asor Rosa, il saggista rientrato nel Pci dopo l'esperienza operaista; la morte della politica e la nascita dell'antipolitica; una metafora del comunismo e della sua crisi. La politica non e' ancorata a schemi fissi ma non puo' essere neppure una capanna su un cumulo di macerie. Il comunismo di cui si parla in quegli anni e' insieme egualitarismo, partecipazione diffusa, democrazia diretta, coniugava i Manoscritti del giovane Marx e Porci con le ali, il diario sessuo-politico di due adolescenti extraparlamentari, scritto da Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera, ma troppo spesso l'utopia era avvilita dal velleitarismo e stravolta dal culto della violenza con l'ostensione della P38. Quello dei brigatisti era ancora piu' truce e mortifero del socialismo reale che si apprestava a consumare la sua parabola. Le istanze di partecipazione e di protagonismo, poste soprattutto dalle femministe e dai soggetti piu' svantaggiati, come i fuorisede e i precari, con un precariato allargatosi a dismisura, sono ancora attuali. Pratiche di quegli anni, dall'assemblearismo all'irrisione, rivivranno nei movimenti pacifista e noglobal, ma ieri come oggi non sono riuscite a maturare un progetto alternativo. 3. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: RAZZISMO, MAFIA E CALCIO VIOLENTO [Dal sito del Centro Impastato (www.centroimpastato.it) riprendiamo il seguente intervento gia' pubblicato nell'edizione palermitana del quotidiano "La Repubblica" del 10 febbraio 2007] In seguito ai fatti di Catania si e' parlato di rapporti tra mafia e tifoserie violente come pure del ruolo di alcune formazioni politiche, in particolare di estrema destra, nell'organizzazione dei gruppi di ultras. Il tema era gia' stato affrontato soprattutto per alcune squadre come la Lazio, il Verona e l'Inter e alcune citta' come Roma, Verona e Milano, dove risulta evidente l'ispirazione neofascista e dichiaratamente razzista delle tifoserie, con striscioni che recano scritte come: "Squadra de negri, curva d'ebrei" (contro la Roma), "Hitler: con gli ebrei anche i napoletani" (interisti allo stadio di San Siro), "Negro go away" (i tifosi del Verona che mostrano un pupazzo di colore impiccato). Ora i giornali hanno dato notizia della comparsa dell'acronimo Acab (All cops are bastards) in varie citta' e di scritte inneggianti all'uccisione del poliziotto catanese. A Torino ci si augura "un altro Raciti" e a Livorno qualcuno che si autodefinirebbe "di sinistra" ha scritto: "Vendicato Carlo Giuliani". Sono state pubblicate mappe delle tifoserie, classificate a seconda dell'appartenenza. I gruppi ultras sarebbero 700 e mobiliterebbero sessantamila persone. Ce ne sono di destra, di estrema destra, di sinistra e di estrema sinistra. Sono di estrema destra i Viking juventini e interisti, gli Irriducibili laziali, i Boys romanisti, i Decisi e gli Ultras Ghetto di Catania. A destra si collocano vari club di Torino, Milano, Udine, Firenze, Roma, Reggio Calabria, Palermo. Gruppi di tifosi di sinistra a Empoli, Livorno, Roma, Palermo; di estrema sinistra a Bergamo, Livorno e Roma. Ce ne sono anche di non politicizzati. Siano veritiere o meno queste etichette, i tifosi violenti hanno in comune l'aggressivita', la voglia di scontro con le forze dell'ordine e l'attrezzatura per sostenerlo, dal coltello alla spranga, dall'arma da fuoco alla bomba carta. Questa pratica della violenza avrebbe matrici diverse, ma con una netta prevalenza di quella neofascista, e sarebbe transclassista, coinvolgendo gli emarginati dei sobborghi e i giovani bene. Fa da carburante l'uso di stupefacenti, dalla cocaina all'ecstasy. A Catania si stanno esplorando gli ambienti di estrema destra, delle bande giovanili presenti in alcuni quartieri (Librino, San Giorgio, Monte Po), piu' o meno direttamente legate ai fascisti di Forza nuova. Di rapporto di organizzazioni mafiose con le tifoserie ha parlato in un'intervista Enzo Bianco, ma i riferimenti sono generici. Sara' bene avere un'idea, anche approssimativa, di cosa e' stata e cos'e' la mafia a Catania. Fino a qualche anno fa si diceva che la citta' faceva parte della Sicilia babba, cioe' senza mafia, in base a una rappresentazione della Sicilia nettamente divisa tra occidentale e mafiosa e orientale e non mafiosa. Com'e' noto, un giornalista e scrittore come Giuseppe Fava ha avuto problemi a far accettare le sue analisi secondo cui la mafia c'era anche a Catania, almeno a partire dagli anni Settanta. Nell'analisi di Fava la congerie dei gruppi che praticavano le estorsioni su una citta' prevalentemente mercantile compie un salto di qualita' entrando nel business della droga e il conflitto tra i clan Santapaola e Ferlito, conclusosi con l'uccisione di quest'ultimo sulla circonvallazione di Palermo, nel giugno dell'82, consacra il comando del primo nella Cosa nostra catanese. Contestualmente i rapporti con le banche e le grandi imprese (i "cavalieri"), con il mondo politico-istituzionale, segnano la nascita di una borghesia mafiosa. L'ultima Commissione antimafia non e' stata in missione a Catania e le informazioni sul quadro attuale possono ricavarsi da altre fonti e dalle indagini in corso. Il clan Santapaola, decimato ma ancora in vita, sarebbe diviso in due: il gruppo Ercolano-Mangion e i figli di Santapaola da un lato, dall'altro i fratelli del boss. Altri gruppi, al di fuori di Cosa nostra: il clan Laudani, alleato di Santapaola; contrapposti: il clan dei "cursoti" di Giuseppe Garozzo, il clan dei "carcagnusi" di Santo Mazzei e dei luogotenenti Angelo Privitera e Sergio Gandolfo, i clan Sciuto, Cappello-Pillera. In provincia operano il clan Toscano-Mezzaglia-Tomasello, Santangelo (Paterno') e La Rocca (Caltagirone). Il sistema di rapporti va dai soggetti altolocati, con le infiltrazioni nella pubblica amministrazione, il condizionamento degli appalti e il coinvolgimento di politici, agli strati marginali del centro e delle periferie. Bisognerebbe saperne di piu': i clan mafiosi finanziano i club dei tifosi, li forniscono di armi e di esplosivi, partecipano agli scontri, hanno in comune affiliati e "simpatizzanti", o ne condividono soltanto la cultura della violenza e l'odio per gli "sbirri"? Le bande giovanili dei quartieri degradati che rapporto hanno con i gruppi mafiosi? Sono un vivaio, sono collaterali o concorrenti, possono evolversi in mafie? Per rispondere a questi interrogativi non si aspetti il prossimo morto. C'e' voluto l'assassinio di Filippo Raciti per scoprire che il custode dello stadio era un pregiudicato e dava man forte ai teppisti custodendone l'arsenale. Comunque, se si vuole combattere la mafia in tutte le sue articolazioni, bisogna evitare i discorsi generici e d'occasione, che ripropongono lo stereotipo "tutto e' mafia", con il rischio di non vederla quando c'e' realmente. Non e' una novita'. Ma quello che bisognerebbe capire e' che, con o senza mafia, il calcio e' diventato, di per se', un fenomeno criminogeno. 4. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: IL CENTRO IMPASTATO E LIBERA [Dal sito del Centro Impastato (www.centroimpastato.it) riprendiamo il seguente intervento del 14 maggio 2007. Luigi Ciotti e' nato a Pieve di Cadore nel 1945, sacerdote, animatore a Torino del Gruppo Abele; impegnato contro l'emarginazione, per la pace, contro i poteri criminali; ha promosso numerosissime iniziative. Riportiamo la seguente piu' ampia scheda biografica dalla Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche: "Luigi Ciotti nasce il 10 settembre 1945 a Pieve di Cadore (Bl), emigra con la famiglia a Torino nel 1950. Nel 1966 promuove un gruppo di impegno giovanile, che prendera' in seguito il nome di Gruppo Abele, costituendosi in associazione di volontariato e intervenendo su numerose realta' segnate dall'emarginazione. Fin dall'inizio, caratteristica peculiare del gruppo e' l'intreccio dell'impegno nell'accompagnare e accogliere le persone in difficolta' con l'azione educativa, la dimensione sociale e politica, la proposta culturale. Nel 1968 comincia un intervento all'interno degli istituti di pena minorili: l'esperienza si articola in seguito all'esterno, sul territorio, attraverso la costituzione delle prime comunita' per adolescenti alternative al carcere. Terminati gli studi presso il seminario di Rivoli (To), Ciotti nel 1972 viene ordinato sacerdote dal cardinale Michele Pellegrino: come parrocchia, gli viene affidata "la strada". Sulla quale, in quegli anni, affronta l'irruzione improvvisa e diffusa della droga: apre un Centro di accoglienza e ascolto e, nel 1974, la prima comunita'. Partecipa attivamente al dibattito e ai lavori che portano all'entrata in vigore, nel 1975, della legge n. 685 sulle tossicodipendenze. Da allora, la sua opera sul terreno della prevenzione e del recupero rispetto alle tossicodipendenze e all'alcolismo non si e' mai interrotta. E' invitato in vari Paesi (Gran Bretagna, Usa, Giappone, Svizzera, Spagna, Grecia, ex Jugoslavia) per tenere relazioni e condurre seminari sul tema ed e' chiamato per audizioni presso il Parlamento europeo. Nei primi anni Ottanta segue un progetto promosso dall'Unione internazionale per l'infanzia in Vietnam. Sempre sul piano internazionale, promuove programmi di cooperazione sul disagio giovanile e per gli ex detenuti in alcuni Paesi in via di sviluppo. Nel 1982, contribuisce alla costituzione del Coordinamento nazionale delle comunita' di accoglienza (Cnca), presiedendolo per dieci anni: al coordinamento, oggi, aderiscono oltre 200 gruppi, comunita' e associazioni. Nel 1986 partecipa alla fondazione della Lega italiana per la lotta all'aids (Lila), nata per difendere i diritti delle persone sieropositive, di cui e' il primo presidente. Nel marzo 1991 e' nominato Garante alla Conferenza mondiale sull'aids di Firenze, alla quale per la prima volta riescono a partecipare le associazioni e le organizzazioni non governative impegnate nell'aiuto e nel sostegno ai malati. Nel marzo 1995 presiede a Firenze la IV Conferenza mondiale sulle politiche di riduzione del danno in materia di droghe, tra i cui promotori vi e' il Gruppo Abele. Nel corso degli anni Novanta intensifica l'opera di denuncia e di contrasto al potere mafioso dando vita al periodico mensile "Narcomafie", di cui e' direttore responsabile. A coronamento di questo impegno, dalle sinergie tra diverse realta' di volontariato e di un costante lavoro di rete, nasce nel 1995 "Libera - Associazioni, nomi e numeri contro le mafie", un network che coordina oggi nell'impegno antimafia oltre 700 associazioni e gruppi sia locali che nazionali. Sin dalla fondazione, "Libera" e' presieduta da Luigi Ciotti. Il primo luglio 1998 riceve all'Universita' di Bologna la laurea honoris causa in Scienze dell'educazione; Ciotti accoglie il conferimento del titolo accademico come un riconoscimento significativo dell'opera di tutto il Gruppo Abele. Alle attivita' del Gruppo Abele, di cui Ciotti e' tuttora presidente, attendono oltre trecentocinquanta persone che si occupano di: accoglienza, articolata in due servizi di pronto intervento a Torino; in otto comunita' che ospitano persone con problemi di tossicodipendenza, di alcolismo o malate di aids; in un servizio di accoglienza notturno per persone senza fissa dimora. Il gruppo Abele ha anche promosso e gestito l'esperienza di una "Unita' di strada" a Torino, la seconda attivata in Italia; lavori di tipo artigianale, informatico, agricolo, condotti attraverso la costituzione di cooperative sociali e di uno specifico progetto Carcere e lavoro; interventi di cooperazione internazionale in Costa d'Avorio, Guatemala, Messico; iniziative culturali, informative, educative, di prevenzione e formazione, che si svolgono attraverso l'Universita' della Strada, l'Universita' Internazionale della Strada, il Centro Studi, documentazione e ricerche, l'Ufficio Stampa e comunicazione, la casa editrice Edizioni Gruppo Abele, la libreria Torre di Abele, le riviste "Animazione sociale" e "Narcomafie", l'Ufficio scuola. Luigi Ciotti e' stato piu' volte membro del Consiglio Presbiteriale ed e' attualmente membro del Consiglio Pastorale della Diocesi di Torino. Da alcuni anni tiene corsi di formazione presso la Scuola per vigili urbani di Torino e provincia. Nei primi anni Ottanta e' stato docente presso la Scuola superiore di polizia del ministero dell'Interno. Giornalista pubblicista dal 1988, Ciotti e' editorialista e collabora con vari quotidiani e periodici (tra cui: La Stampa, L'Avvenire, L'Unita', Il Manifesto, Il Sole-24 Ore, il Mattino, Famiglia Cristiana, Messaggero di Sant'Antonio, Nuovo Consumo), scrive su riviste specializzate per operatori sociali e insegnanti, interviene su testate locali". Opere di Luigi Ciotti: e' autore di vari libri a carattere educativo, di impegno sociale, di riflessione spirituale; tra le sue pubblicazioni segnaliamo: Genitori, figli e droga, Edizioni gruppo Abele, Torino 1993; Chi ha paura delle mele marce?, Edizioni gruppo Abele - Sei, Torino 1992; Persone, non problemi, Edizioni gruppo Abele, Torino 1994; Terra e cielo, Mondadori, Milano 1998; naturalmente ha anche contribuito con propri interventi a numerosi testi collettanei] 1. Il Centro Impastato e il Gruppo Abele I rapporti tra il Centro Impastato e il Gruppo Abele cominciano nei primi anni '90, quando il Centro e il Ciss (Cooperazione internazionale sud-sud) erano impegnati nella realizzazione del "Progetto droga". Dovevamo pubblicare un libro in quattro lingue e per le edizioni in italiano, in inglese e in francese, abbiamo trovato la disponibilita' dell'Ega, la casa editrice del Gruppo. Il libro e' stato pubblicato nel 1993, le spese sono state interamente pagate con il finanziamento della Comunita' Europea. Tolte le presentazioni a Torino e a Milano, la casa editrice non ha organizzato nessun'altra iniziativa e non ha fatto nessuna pubblicita'. La nostra proposta di presentare i volumi in tre lingue alla Fiera del libro di Torino non e' stata accolta. Il libro e' finora il testo piu' completo sull'argomento e al Progetto avevano collaborato 13 ong di nove Paesi di tre continenti e i maggiori studiosi. Ci risulta che al Salone sono state presentate pubblicazioni dell'Ega molto meno significative. Nel corso di un incontro a Palermo, nella sede del Centro, con don Ciotti e Carla Martino, direttrice editoriale dell'Eda, in cui si parlava del progetto di pubblicazione del libro sulla droga, e' nata l'idea di un mensile, che poi sara' "Narcomafie". Idea che, in seguito alla strage di via D'Amelio, e' stata realizzata, bruciando i tempi previsti che dovevano essere un po' piu' lunghi. Si e' parlato anche di un coordinamento nazionale delle associazioni antimafia. Abbiamo osservato che forse era controproducente parlare di coordinamento dopo la pessima esperienza palermitana, comunque ci sembrava necessario costruire una rete nazionale. L'idea e' stata per il momento accantonata. In "Narcomafie" ci sono stati subito problemi. Nel corso di una riunione organizzativa a Torino Sergio Segio, che doveva occuparsi della rivista, sosteneva che i redattori non dovevano scrivere ma cercare collaborazioni e svolgere un lavoro di tipo organizzativo. Abbiamo fatto una lettera in cui dicevamo che bisognava rivedere questa impostazione e dato una serie di suggerimenti. Forse quella lettera, garbatissima e propositiva, ha gia' guastato i rapporti. Poi ci sono stati problemi con Segio (ex di Prima Linea, condannato per omicidio, che lavorava di giorno al gruppo Abele, la sera tornava in carcere). Alla presentazione del primo numero Segio era accanto a Ciotti, i giornali hanno pubblicato la sua fotografia con il giornale in mano e i parenti delle vittime si sono lamentati, per cui Segio e' stato invitato a essere un po' meno in vetrina. Nel luglio del 1994 riceviamo al Centro una telefonata di Nino Recupero (lo storico catanese, che non faceva parte di nessuna associazione e insegnava a Trieste; purtroppo ci ha lasciati nel 2004). Mi dice: "ho saputo che c'e' un incontro a Roma, sai di che si tratta?". Rispondo che casco dalle nuvole: "nessuno mi ha informato, non ne so nulla". Recupero poi mi scrive: "protestero' con Violante per questo modo veteropartitico di agire". Veniamo a sapere che Violante, Folena e Ciotti hanno convocato un incontro a Roma il 15 luglio per costituire un'associazione nazionale antimafia. Il Centro non e' stato invitato, come del resto le altre associazioni antimafia di Palermo. Violante il 3 ottobre '94 mi scrive, scusandosi e dicendo che non eravamo stati invitati per un "disguido". Che non fosse un "disguido" si vedra' ben presto. * 2.Il Centro e Libera: fase prima Libera nasce sulla base di tre associazioni nazionali: Arci, Acli, Sinistra giovanile del Pds; come si vede, tenendo conto che l'Arci era ancora vicina a Psi e Pds e l'Acli ai Popolari, su una base parapartitica. Il 25 marzo del 1995 partecipo all'assemblea nazionale. Vengono elette le cariche. Mi astengo sull'Ufficio di presidenza. I referenti regionali vengono nominati, non eletti, e siccome eravamo in tempi di Comitati Prodi le scelte ricalcano la loro struttura. In Sicilia tocca alle Acli. Viene nominata Luisa Capitummino, figlia di Angelo, esponente della Dc, per qualche tempo presidente dell'Assemblea regionale. Libera in Sicilia non decolla. In una riunione svoltasi il 20 febbraio 1996 in una chiesa dell'Albergheria, alla presenza di Ciotti, io per il Centro Impastato, Augusto Cavadi, Nino Rocca e Maria Di Carlo per il Centro San Saverio poniamo, tra altre cose, il problema del referente: la Capitummino e le Acli non hanno mostrato un impegno significativo sul terreno dell'antimafia. Ciotti interviene due volte, invita all'unita', alla generosita' e al sacrificio (leggo nei miei appunti sull'incontro) e non entra nel merito della questione. Il Centro Impastato e il Centro San Saverio non entrano in Libera. Negli anni successivi il Centro pero' ha avuto un ruolo di collaborazione con Libera, grazie al rapporto con Leandro Limoccia, conosciuto nelle riunioni, che ogni anno organizzava il campo estivo di formazione: una settimana, con un centinaio di partecipanti. Anna e io abbiamo tenuto relazioni e interventi pubblici, l'opuscolo Oltre la legalita' e' stato distribuito ai partecipanti in centinaia di copie, al campo che si e' svolto in Calabria sono state distribuite cento copie della mia Storia del movimento antimafia. Due parole su queste ultime pubblicazioni. Il dattiloscritto di Oltre la legalita' e' stato dato in lettura a Ciotti e Caselli, che si erano impegnasti a scrivere il primo una prefazione e il secondo un intervento ed e' stato dato a Carla Martino per la pubblicazione con Ega. Attendo ancora gli scritti di Ciotti e Caselli e la risposta dell'Ega. Nel frattempo l'abbiamo ristampato tre volte. La presentazione della Storia a Torino si e' potuta fare grazie a due "amici del Centro" che si sono recati piu' volte alla libreria "La torre di Abele", finche' non hanno ottenuto il consenso. Le nostre richieste precedenti erano andate a vuoto. Ciotti e' intervenuto in varie presentazioni e in piu' occasioni (per esempio a Corleone) ha detto che per l'analisi della mafia io sono l'unico punto di riferimento del Gruppo Abele e di Libera. Affermazione che nessuno gli chiedeva, costantemente smentita. Il Centro non e' stato coinvolto in nessuna ricerca svolta da Libera o da Nomos, il centro studi del Gruppo Abele: ne' in quella sul Ponte sullo Stretto ne' in quella su Gela. * 3. Il Centro e Libera: fase seconda Alle elezioni regionali del 2001 la Capitummino si candida con Forza Italia e si dimette da Libera. Si fa un incontro, a Palermo, alla scuola "Antonio Ugo", con Ciotti e Rita Borsellino, vicepresidente. Qualche tempo prima Claudio Riolo era stato condannato su citazione di Musotto per un articolo su "Narcomafie" e io su citazione di Mannino per il mio libro L'alleanza e il compromesso. "Narcomafie" ha sostenuto la campagna sulla liberta' d'informazione e ricerca che Claudio e io abbiamo avviato. Nel corso dell'incontro, senza infierire sulla scelta di affidare Libera siciliana alla Capitummino, dichiaro la disponibilita' mia e del Centro a riconsiderare il rapporto con Libera. Ciotti (nessuno glielo aveva chiesto) dice che si costituira' un gruppo nazionale su Mafia e politica e lo coordineranno Claudio e io. Non se ne fara' nulla. All'assemblea nazionale del febbraio 2002 vengo a sapere che Limoccia, fino ad allora vicepresidente nazionale, non lavora piu' con Libera. Il problema delle motivazioni non viene minimamente affrontato e non ho ancora capito perche'. Il campo estivo non si fa piu'. Al suo posto c'e' un campo per i referenti, a cui non sono mai stato invitato, nonostante il reingresso ufficiale nell'organizzazione. In questi anni ho fatto parte del consiglio provinciale di Libera Palermo, ma a livello nazionale le nostre pubblicazioni non sono state utilizzate, l'educazione alla legalita' ha continuato a seguire fondamentalmente una linea formale-procedurale (nel 2005 sono stato invitato a tenere un seminario a 14 docenti del Lazio: non avevano mai sentito parlare del Centro; Impastato lo conoscevano dal film); Giovanni Impastato e' stato invitato, sia alle iniziative di Libera che alla Carovana antimafia, a titolo personale. Ho rivisto l'elenco dei nomi che si leggono il 21 marzo, scoprendo o riscoprendo cose davvero incredibili: si e' deciso per anni di cominciare l'elenco dagli anni '40, ignorando Accursio Miraglia (a Corleone era presente il figlio e sono corso sul palco per fare aggiungere il nome) e Portella (per il 1947 c'era solo un Giuseppe Cajola); in tutti questi anni si e' continuato a leggere il nome di Paolo Agnilleri, nonostante avessi segnalato gia' il primo anno che Paolo per fortuna era ed e' vivissimo (una ragazza di Torino, incaricata di redigere il primo elenco, aveva utilizzato il mio Sicilia 102 e non aveva notato che parlo di aggressione non di uccisione: cfr. 29 marzo 1983); c'era due volte il nome di Jevolella, una volta con la I, un'altra con la J, c'erano e ci sono tantissimi nomi di persone di cui non si sa nulla. Per il 2005 ho ottenuto che si cominciasse dal 1893, con Emanuele Notarbartolo, ma si sono ignorati i caduti dei Fasci. In compenso e' stato inserito qualche personaggio che non risulta ucciso per il suo impegno contro la mafia. In seguito a cio' ho proposto di dare un nome e un volto a nomi che per tantissimi non significano nulla, con il progetto dell'Agenda dell'Italia civile. In seguito al via di Libera nazionale ho consegnato il materiale a luglio. A due mie lettere (a Stramaccioni e a Ciotti) non si e' data risposta. Nell'ottobre 2005, ricevo una telefonata: l'Agenda non si fa. Vengo a sapere che delle vittime di mafia si occupa un comitato formato da familiari di vittime. Ho il massimo rispetto per la loro esperienza ma per fare questo lavoro occorre competenza, non basta la buona volonta'. A questo punto, dopo una scorrettezza (non rispondere neppure alle lettere) che viene dopo anni di esclusione o misconoscimento del lavoro mio e del Centro, non ho potuto che prendere atto di una situazione che si e' venuta a creare non certo per mia responsabilita' e ho presentato le mie dimissioni. Per l'adesione del Centro si e' aperta una discussione che non ha portato all'indicazione di un altro rappresentante. * 4. Libera: ultimi avvenimenti Nel frattempo in Libera succedevano eventi significativi: vertenze di lavoro a Roma, esclusione dei referenti nazionali per i Beni confiscati e per la Scuola, senza nessuna spiegazione, "dimissionamento" del gruppo dirigente di Palermo, i cui componenti sono responsabili di aver detto in assemblea: "discutiamo". La richiesta di discussione, avanzata anche da altri, e' stata fatta passare da Ciotti per sfiducia nei suoi confronti. Si e' dimesso per ricandidarsi alla presidenza ed essere rieletto con un plebiscito. Nel novembre del 2006 si e' svolta a Roma la tre giorni di Contromafie. Su sollecitazione di alcuni redattori di "Narcomafie", con cui ho sempre avuto un ottimo rapporto, vengo invitato da Ciotti a partecipare. Nella sua lettera scrive che non ci sono invitati (risulta che ci fossero). Rispondo richiamando una serie di problemi e invitando a una serena discussione e mi dichiaro disponibile alla partecipazione: concordo di prendere parte ai lavori del gruppo Ricerca, anche se e' limitato solo alle universita'. Segnalo che sul sito di Libera e' scomparso il link al sito del Centro. Il link viene ripristinato ma tornera' a scomparire ben presto (mentre vengono segnalati come "siti utili" siti inesistenti o di gruppi poco significativi o di preghiera). Vengo a sapere che in plenaria la relazione introduttiva sul gruppo di lavoro "Per un sapere di cittadinanza", di cui fa parte il sottogruppo "Il mondo dell'universita'", sara' fatta da Maria Falcone e quella consuntiva da Tonino Palmese; che del sottogruppo sara' una professoressa Pellegrini, che ci sono dei relatori che parleranno per 20-30 minuti e io (con cognome sbagliato) dovrei fare un intervento di 10 minuti. Avevo gia' fatto, a mie spese, il biglietto per l'aereo ma preferisco non andare a Roma. Pubblico nell'edizione palermitana de "La Repubblica" del 18 novembre, un editoriale in cui, con molta sobrieta', parlo dei problemi in Libera, dico che il bilancio delle attivita' svolte e' positivo, ma che "una gestione di tipo carismatico rischia di vanificare anni di lavoro e di emarginare esperienze preziosissime". Mi auguro che "si faccia strada una democrazia interna indispensabile in un'organizzazione che piu' che una monarchia dev'essere una confederazione di realta' diverse e un laboratorio di analisi, di progetti e di iniziative, nel rispetto della storia e delle identita' di tutte le componenti" (l'articolo e' nel sito del Centro Impastato). Il 13 febbraio 2007 ricevo una comunicazione dalla coordinatrice della redazione di "Narcomafie". Come ho gia' detto abbiamo collaborato attivissimamente fin dall'inizio, con articoli e con una rubrica fissa, la "Cronologia dei fatti di mafia", tra i servizi piu' apprezzati. Nel 2005 si era costituto un comitato scientifico di cui ho fatto parte. Per quello che mi risulta sono stato l'unico componente del comitato che si e' prodigato per rilanciare la rivista, con proposte concrete: costituzione di redazioni locali (a Palermo si poteva fare subito), presentazioni in varie localita', pagine di servizio sull'attivita' di organismi nazionali e internazionali e delle associazioni antimafia, rassegne bibliografiche che facessero il punto sulle analisi, evitando recensioncine di libri inutili o quasi. Nessuna di queste proposte e' stata accolta o se accolta realizzata. Dovunque sono andato ho portato sempre una copia della rivista, invitando ad abbonarsi. Non ho mai visto la rivista in mano ai dirigenti di Libera. Ho dato un contributo essenziale alla redazione del Dizionario di mafia e antimafia, pubblicato dalla rivista, dando indicazioni di metodo e di contenuto e redigendo dieci voci. La coordinatrice della redazione Manuela Mareso mi comunica di aver appreso da Ciotti "che e' in atto un conflitto fra te e Libera, anche con alcune asprezze, che ha determinato, su sua indicazione, una tua 'sospensione' - sperabilmente provvisoria - dalla partecipazione all'impresa di 'Narcomafie'". Il 14 febbraio ho inviato la lettera con cui mi dimetto dal comitato scientifico e da collaboratore della rivista. ============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 114 del 3 giugno 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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