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Voci e volti della nonviolenza. 57
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 57
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 17 Apr 2007 14:53:02 +0200
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 57 del 17 aprile 2007 In questo numero: 1. Roberto Tesi: Federico Caffe' venti anni dopo 2. Roberta Carlini: La buona economia 3. Nicola Acocella: L'umanita' coerente di Federico Caffe' 4. Felice Roberto Pizzuti: All'incrocio tra Keynes e l'economia del benessere 5. Giorgio Lunghini: Ne' l'apologeta, ne' il becchino 6. Una breve notizia biografica 7. Una breve notizia bibliografica 8. Et coetera 1. ROBERTO TESI: FEDERICO CAFFE' VENTI ANNI DOPO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 12 aprile 2007] Il professore scelse di sparire alla vigilia di Pasqua. Quel mercoledi' mattina - era il 15 aprile 1987 - quando Alfonso, il fratello, trovo' la stanza vuota, milioni di persone si preparavano a partire. Anche Federico Caffe' aveva deciso di partire per un viaggio del quale a venti anni di distanza non sappiamo l'itinerario e neppure se sia stato aiutato a programmarlo. Le ricerche del professore partirono in ritardo (all'inizio si mossero solo i suoi allievi) perche' in ritardo era stato dato l'allarme e per qualche giorno la notizia della sua scomparsa non fu resa pubblica. Lo fu solo lunedi' 20, il giorno di pasquetta: "E' scomparso il professor Federico Caffe'" titolava il primo dispaccio Ansa. Poi iniziarono ricerche a tutto campo nelle quali fu chiesto anche l'intervento del Vaticano per sapere se la meta dell'ultimo viaggio di Caffe' fosse stato un convento. Piu' volte la trasmissione "Chi l'ha visto" si e' interessata della sua scomparsa, ma e' stato tutto inutile. Pochi giorni prima del suo ultimo viaggio, si era ucciso Primo Levi. Il professore era rimasto sconvolto del tipo di morte che si era dato: il corpo devastato da un interminabile volo nella tromba delle scale. Caffe' non amava il suo piccolo corpo e ha scelto di sparire in un modo meno clamoroso, ma non meno doloroso per chi lo conosceva. E "Il manifesto" era tra questi: Caffe' non era un "compagno", un marxista, ma fu per molti anni uno dei piu' preziosi collaboratori del nostro giornale. Difendeva lo stato sociale, era dalla parte degli emarginati, dell'intervento pubblico nell'economia. E piu' che l'inflazione temeva gli effetti devastanti della disoccupazione. Un po' riduttivamente possiamo definirlo un keynesiano. Caffe' aveva una straordinaria capacita': riusciva a smascherare le falsificazioni del pensiero dominante. I suoi scritti sul giornale sono, a distanza di vent'anni, di grande attualita'. Per questo ve li riproponiamo in un libro che troverete da domani in edicola e poi in libreria: Federico Caffe': scritti quotidiani. 2. ROBERTA CARLINI: LA BUONA ECONOMIA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 aprile 2007] Con queste pagine e con il libro che raccoglie i suoi articoli, "Il manifesto" rende omaggio a Federico Caffe' a venti anni dalla sua scomparsa. E da quel tempo lontano ci arriva, per mano di Giorgio Lunghini, l'ironia postuma di Caffe', con quella beffarda cartolina (riprodotta nella pagina qui a fianco) nella quale l'economista profetizzava su "Caffe', monumentalizzato e riletto". Non vogliamo erigere monumenti ma rileggere si'. E da leggere in questi giorni ne avrete a volonta'. Il ricordo e l'analisi di Nicola Acocella, allievo di Caffe', che insegna Politica economica a Roma e si chiede, in modo non rituale: "Ci serve oggi Caffe'?". Le riflessioni di Roberto Pizzuti, nota firma di questo giornale e voce stabilmente fuori dal coro nel dibattito sulla previdenza pubblica in Italia, sempre della "scuola Caffe'". La rilettura profonda e appassionata di Lunghini, anch'egli amico di Caffe' e del "Manifesto". E ancora: i tanti articoli scritti dal '76 all'85 da Caffe' per "Il manifesto", in sintonia o polemica o vicinanza con un foglio che ha contribuito ad arricchire, raccolti nel libro che e' in edicola col giornale. L'introduzione a questa raccolta, scritta da Pierluigi Ciocca, che spiega lo "strano" rapporto del riformista Caffe' con i rivoluzionari di via Tomacelli. E, alla fine del libro, i ricordi di Valentino Parlato e Galapagos (ultimo allievo di Caffe' qui citato, e ci scusiamo con i troppi non citati - alcuni piu' potenti di Galapagos). Di fronte a tanta abbondanza di testi, non resta molto da aggiungere se non l'augurio di buona lettura. E una avvertenza: non stiamo parlando solo di un economista, non sono pagine per addetti ai lavori. Parliamo di politica economica, insomma di politica. E parliamo di riforme possibili: possibili allora, quando ancora la parola "riformista" era riferita a chi pensa che si possa cambiare lo stato delle cose esistenti, e possibili anche ora, quando dell'aggettivo "riformista" si auto-fregia chi dice che e' meglio lasciare le cose - del mercato, dell'economia, della vita - come stanno. Infine, parliamo di informazione, in particolare di informazione economica, alla cui liberta' e indipendenza di giudizio Caffe' teneva molto. Parliamo meno, invece, del mistero di Caffe' e della malinconia della sua scomparsa. Federico Caffe' usci' di casa nella notte tra il 14 e il 15 aprile dell'87. Nessun messaggio, ma alcuni oggetti sul comodino (gli occhiali, il passaporto, le chiavi di casa) rivelavano l'intenzione di non tornare piu'. E cosi' e' stato. Ma tutte le cose dette e scritte e viste dopo - e anche queste poche pagine leggere - ci dicono anche quanti altri "oggetti" Caffe' ci abbia lasciato. 3. NICOLA ACOCELLA: L'UMANITA' COERENTE DI FEDERICO CAFFE' [Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 aprile 2007] Per chi non abbia avuto la fortuna di conoscere - personalmente o attraverso i suoi scritti - Federico Caffe', appare senz'altro utile anche soltanto un breve cenno al suo profilo umano e professionale in occasione del ventesimo anniversario della sua "scomparsa". Di recente, una mia studentessa di un paio di anni fa, che non lo aveva conosciuto, ma aveva seguito una trasmissione televisiva in suo ricordo, mi domandava se non sarebbe stato utile che ne avessimo parlato diffusamente a lezione. Devo confessare che la cosa non mi riesce facile per i ritmi serrati imposti dall'attuale ordinamento accademico ed ho anche qualche resistenza a farlo, per evitare spettacolarismi, sovraesposizioni e altro, preferendo seguire la sostanza del suo insegnamento, anche senza ricordarlo piu' di tanto esplicitamente. E, invece, evidentemente sbagliavo, se non altro perche' ai giovani - spesso trascurati, ora come prima del 1968, da quelli che dovrebbero essere i loro insegnanti - fa piacere sapere che vi e' stato un docente sempre disponibile e che ha preferito scomparire quando ha perso il contatto con loro, che erano la sua famiglia "acquisita". Potrebbe invece apparire superfluo che si parli di Caffe' a chi lo ha gia' conosciuto e che - per il fascino della persona e delle opere - e' portato certamente a ricordarlo tutte le volte che, e capita spesso, ricorre l'occasione di confrontare l'uomo, l'insegnante e lo scienziato sociale che egli era con cio' che continua a passare il "mercato" di questi tempi. Ma la fretta con la quale siamo spesso costretti a fare i conti e a valutare le situazioni che ci si presentano non rende inutile qualche considerazione piu' meditata e di lungo respiro. Di Caffe' non vanno ricordate soltanto la dedizione all'insegnamento, alla ricerca e ai giovani, ai poveri e agli emarginati, ma anche - e soprattutto - la sua umanita', dalla quale discendevano gli altri aspetti del suo carattere e la sua condotta, anzitutto, nel suo luogo di lavoro, l'universita', e, poi, nella societa'. Era questa umanita' coerente - che e' poi l'unica vera umanita' - che lo portava ad interpretare la professione di pubblico impiegato nel modo piu' pieno e attivo, con orari che egli - in modo eufemistico ma allusivo dei suoi interessi sociali - definiva "da metalmeccanico". Era ancora questa umanita' coerente che lo portava a studiare le opere di chi - pur non sottacendo le distorsioni e le insufficienze nell'intervento pubblico, particolarmente acute nel nostro paese - si occupava dei numerosi aspetti di fallimento del mercato, in termini di efficienza ed equita' sociale, e poi a dare i propri preziosi suggerimenti in merito, mediati dalle sue vaste e profonde conoscenze istituzionali, e ad agire nel concreto in termini di impegno lavorativo, beneficenza e interventi "compassionevoli" (nel significato piu' proprio) nelle sedi scientifiche e pubblicistiche. * Ma nel ricordare Caffe' non bisogna sottrarsi ad una prima domanda essenziale: ci puo' servire il suo pensiero oggi, a distanza di questi venti anni che sembrano essere stati piu' lunghi dei venti anni precedenti, per densita' e qualita' degli avvenimenti, per i rivolgimenti che ne sono conseguiti? La risposta e' indubbiamente positiva, perche' il funzionamento del mercato "trionfante" di questi anni ha confermato le carenze note, forse accentuandole, in Italia e all'estero. Anzitutto, cominciano ad essere palesi i danni provocati dall'ubriacatura delle privatizzazioni: in Italia, in cui le vicende di questi mesi, che hanno interessato Autostrade e Telecom, fanno comprendere come la cessione delle imprese pubbliche, non accompagnata da una incisiva regolamentazione, sia stata soprattutto un affare per i nostri industriali alla ricerca di rendite, e un danno per i lavoratori e i consumatori; all'estero, dove - come ha mostrato un allievo di Caffe' con dovizia di argomentazioni - le privatizzazioni antesignane della signora Thatcher hanno fallito nel conclamato obiettivo di migliorare l'efficienza. Caffe' non e' mai stato, anche negli anni del trionfo completo e acritico di certe forme di intervento pubblico, un assertore della bonta' dell'intervento pubblico a tutti i costi. Egli era consapevole dei limiti sia dell'intervento pubblico - anche nella forma della proprieta' diretta delle imprese - sia del mercato e chiedeva che si riflettesse sulle singole situazioni concrete per suggerire la ricetta piu' appropriata. Ma e' soprattutto il ruolo essenziale dello stato sociale in termini di efficienza e di equita' che questi due decenni hanno ribadito, in termini sia teorici sia empirici, mostrando come - al di la' di talune situazioni di eccellenza in qualche paese ottenute in presenza di istituzioni private - i sistemi sanitari, previdenziali, assistenziali ed educativi pubblici possano portare, nei paesi nei quali essi sono gestiti in modo assennato e per le finalita' istituzionali, a risultati superiori nelle medie e non inferiori nelle punte. * Ma se vogliamo ricordare Caffe' oggi senza compiere un'operazione catartica ne' dare il benche' minimo spazio allo spettacolarismo che egli aborriva, dobbiamo anche chiederci non soltanto in che cosa il tempo gli abbia dato ragione, ma anche quali sono le difficolta' tuttora presenti, o accentuatesi nel frattempo, rispetto a un efficace intervento pubblico nell'economia e nella vita sociale del nostro paese. Alcuni nodi nella struttura sia dell'economia privata sia dell'apparato pubblico permangono o si sono accentuati negli ultimi due decenni. Le carenze strutturali dell'apparato produttivo permangono tutte e si sono forse accentuate; i segnali di miglioramento nel contenuto delle nostre esportazioni che si ravvisano nei dati statistici sono ancora troppo timidi e, per contro, si sono perse quelle posizioni di preminenza in alcuni settori tecnologicamente avanzati (vedi elettronica) che erano ancora presenti verso la meta' degli anni '80. La grande impresa manifatturiera e' stata drasticamente ridimensionata. I servizi privati sono in molti casi meno efficienti ora di allora. Il tasso di disoccupazione e' all'incirca quello stesso della meta' degli anni '80, con l'aggravante della maggiore rilevanza della occupazione precaria. Abbiamo avuto un drastico calo dell'inflazione, ma anche la protezione nei suoi confronti si e' ridotta; che questo abbia prodotto maggiore efficienza o equita' e', nel migliore dei casi, tutto da dimostrare. La poverta' - pur in forme nuove - torna ad essere un problema rilevante e la distribuzione del reddito, in tutti i suoi aspetti, e' decisamente peggiorata. La funzionalita' della Pubblica amministrazione non e' maggiore ora di quanto non lo fosse negli anni '70 o '80 e in alcuni comparti e' decisamente peggiorata. Lo stato sociale ha mostrato segni di crisi che ne richiedono una riforma. Soprattutto, va enfatizzata e non sottaciuta, come si e' portati a fare, la crisi della scuola e dell'universita', non piu' strumento di formazione del cittadino e del capitale umano, non piu' veicolo di promozione sociale. Anche la giustizia, in tutti i suoi aspetti, versa in una situazione comatosa. La democrazia, seppur minacciata in misura apparentemente molto minore oggi di quanto non lo fosse allora dalla violenza di gruppi armati, si e' dimostrata incapace di risolvere casi sconcertanti di attentati e tragedie ed e' appannata da due fatti nuovi maturati negli ultimi decenni: la scomparsa di almeno un grande partito della sinistra, che, nonostante i molti suoi limiti, ha rappresentato un elemento di garanzia democratica di tutto rispetto; il consolidarsi del berlusconismo, che, spettacolarizzando trasformismi, gattopardismi e particolarismi, ne ha facilitato l'assorbimento da parte degli italiani, costituendo un ulteriore strumento di disgregazione sociale. * La constatazione di questa situazione porta a chiedersi come si sia potuto disperdere quel patrimonio di energie e di voglia di miglioramento che si era espresso nelle aule e nelle piazze a partire dal 1968 e, comunque, come e perche' esso sia stato inefficace, o almeno insufficiente rispetto alle pur rilevanti pressioni esterne e alla deriva "borghese". O porta a chiedersi se gli antichi mali italici - accentuazione di mali senza confini - non venissero semplicemente dissimulati da richieste tanto vaghe quanto vociate ed espresse con toni alti. O porta a chiedersi se le battaglie serie ed efficaci nei confronti del sistema non passino per una opera lenta, ma tenace, di educazione e diffusione delle idee; se, pur consapevoli della potenza degli interessi costituiti, non sia possibile individuare alcuni nodi fondamentali per lo sviluppo della democrazia nel nostro paese, la scuola e l'universita' in primis, e farne oggetto di una riforma ampia e penetrante. E, nel porsi queste domande, il pensiero non puo' che essere confortato dalla rilettura de "La solitudine del riformista", che bene ha fatto "Il manifesto" a riproporre, insieme agli altri scritti e alle interviste di Federico Caffe' al giornale, a beneficio non soltanto di coloro che non lo hanno conosciuto, ma anche dei suoi allievi ed estimatori, per testimoniare la forza delle sue argomentazioni nel lungo periodo. 4. FELICE ROBERTO PIZZUTI: ALL'INCROCIO TRA KEYNES E L'ECONOMIA DEL BENESSERE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 aprile 2007] A distanza di vent'anni dalla scomparsa di Federico Caffe', la sua eredita' intellettuale resta quanto mai feconda e utile per interpretare la situazione economica e sociale. Anzi, per molti aspetti, le sue analisi, e purtroppo anche i suoi timori, hanno avuto un carattere premonitore. Come ben ci ricorda il volume edito da "Il manifesto", Caffe' aveva messo in guardia contro diversi rischi presenti nel dibattito e nelle scelte di politica economica, rischi che negli ultimi anni si sono aggravati; la mia impressione e' che, complessivamente, quest'ultimo ventennio non gli sarebbe piaciuto molto. Caffe' credeva fondamentalmente nel diritto-dovere degli uomini di organizzare fattivamente la propria convivenza sociale senza cadere vittima della soggezione verso presunte leggi naturali; da qui la convinzione del ruolo della politica economica quale strumento indispensabile della collettivita' organizzata per regolare i cosiddetti automatismi, falsamente neutrali, del mercato. Da qui, ancora, la sua preoccupazione per le tendenze neoliberiste, che pur traendo conforto da alcune esperienze negative dell'intervento pubblico, ma quasi ignorando il consolidato dibattito teorico sui fallimenti del mercato, escludono la possibilita' di interventi discrezionali se non al prezzo di peggioramenti economici e sociali. Scriveva Caffe': "Poiche' il mercato e' una creazione umana, l'intervento pubblico ne e' una componente necessaria e non un elemento di per se' distorsivo e vessatorio". E ancora: "La recente ondata neoliberista sta ad indicare in quale misura inconvenienti rilevabili sul piano storico, nell'intervento pubblico dell'economia, stiano riproducendo superate ed anacronistiche questioni di principio" ("Note economiche", '79). Queste posizioni di Caffe' non avevano niente a che fare con modelli statalisti o pregiudizialmente contrari al mercato; derivavano invece dal modo in cui aveva coniugato la sua umanita' con i due grandi filoni di teoria economica a cui piu' si era dedicato come studioso: l'economia del benessere e l'economia keynesiana. Credo che queste due correnti del pensiero economico - in particolare i contributi dell'economia del benessere all'analisi dei rapporti stato-mercato - siano colpevolmente sottovalutati. La qual cosa colpisce specialmente da parte della sinistra dove, in presenza di una evidente crisi dei suoi tradizionali punti di riferimento culturali, si e' assistito ad un generico ed indiscriminato recupero di valori di altre tradizioni politiche e di pensiero; ma senza badare come anche in quelle si era e si continua ad andare avanti rispetto alle "anacronistiche questioni di principio" che sono riemerse con toni allarmistici, ma senza il supporto di giustificazioni analitiche significative ed effettivamente nuove. Questa deriva era stata paventata da Caffe': "Nel lavoro scientifico, le difficolta' maggiori sorgeranno non tanto dallo sforzo di progettualita' innovativa da compiersi per la realizzazione di un intervento pubblico efficiente; quanto dal vigile spirito critico necessario nell'esame metodico delle rielaborazioni, politicamente pressanti o filosoficamente accattivanti, di idee vecchie" ("Rivista internazionale di scienze economiche e commerciali", 1985). La passione per i bisogni dell'uomo e il rigore dello studioso che animavano Caffe' spiegano il grande interesse che egli attribuiva ai problemi della disoccupazione e al Welfare State, altri due temi su cui, ancora una volta, il dibattito successivo alla sua scomparsa sembra tornato indietro. In entrambi i casi era grande e inevitabile il ruolo che Caffe' attribuiva alla politica economica e all'intervento pubblico. Ed e' proprio con riferimento al dibattito su queste due questioni cruciali che egli gia' denunciava l'allarmismo economico usato strumentalmente per sopperire, da un lato, alla mancanza di argomentazioni scientificamente risolutive per giustificare il ritorno indiscriminato agli automatismi del mercato e, dall'altro, alla colpevole sottovalutazione dei danni non solo economici della disoccupazione e dell'insicurezza sociale. Per Caffe' era un risultato consolidato della letteratura economica che "il problema dello stato garante del benessere sociale (poiche' un problema indubbiamente esiste) sia quello della sua mancata realizzazione; non gia' quello del suo declino, o del suo superamento" (La fine del Welfare State, 1986). Caffe' non era ne' pensava di essere un rivoluzionario; si "accontentava" di essere un riformista la cui lezione, tuttavia, risulta quanto mai attuale a fronte della crescente diffusione di "conformismo e saggezza convenzionale"; queste sono due sue espressioni con le quali identificava gli atteggiamenti culturali piu' pericolosi in quanto fanno da copertura intellettuale a chi si oppone al prevalere delle idee sugli interessi. 5. GIORGIO LUNGHINI: NE' L'APOLOGETA, NE' IL BECCHINO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 aprile 2007] L'altro mistero, nella vita di Federico Caffe', e' perche' mai un liberale scrivesse soltanto su un quotidiano comunista. Una spiegazione ragionevole e' che Caffe' vedeva nel "Manifesto" l'unico giornale, il cui direttore non poteva imporgli di scrivere, non poteva rampognarlo per quanto avrebbe scritto, e non poteva pagarlo: la condizione ideale, per un uomo libero. Caffe' era un liberale, un liberale aristocratico e progressista come il Keynes che si chiede, in Am I a Liberal?, quale sia la sua parte politica. Dopo aver escluso di potersi acconciare a essere un conservatore ("E' un partito che non ha prospettive, non soddisfa alcun ideale, non si conforma ad alcun modello intellettuale: non riesce neppure a evitare i rischi o a salvare dai vandali quel tanto di civilta' che abbiamo raggiunto"), o di potersi iscrivere al partito laburista ("La lotta di classe mi trova dalla parte della borghesia colta"), Keynes e' propenso a credere che il partito liberale potrebbe essere lo strumento migliore di progresso: se solo avesse una guida forte e il programma giusto. Nel frattempo, "se vogliamo fare qualche cosa di buono, dobbiamo agitarci, mostrarci eterodossi, pericolosi, disobbedienti ai nostri genitori". Gli articoli raccolti in Federico Caffe'. Scritti quotidiani, a cura di Roberta Carlini (Manifestolibri, con una prefazione di Pierluigi Ciocca e con due ricordi di Valentino Parlato e Galapagos), rispondono alla stessa esigenza di fare qualche cosa di buono mediante una critica della "saggezza convenzionale"; una critica fondata sulla padronanza delle teorie e su buone letture, esercitata con imparziale intransigenza e argomentata con scrittura limpida, "pacata e quasi didattica" (cosi' come Caffe' auspicava che fosse l'opera di informazione economica). Dunque una scrittura che consiglia la citazione anziche' la parafrasi. Tra i temi trattati in questa raccolta, ne scelgo tre: le presunte virtu' del mercato in generale e i vizi congeniti del mercato finanziario, la disoccupazione come male supremo del capitalismo, il riformismo. Di tutti questi scritti vorrei sottolineare, non in maniera rituale, la straordinaria attualita'; e lascio al lettore di indovinare quali potrebbero esserne i destinatari, vent'anni dopo. * Il programma giusto, per chi voglia contribuire alla edificazione di "una civilta' possibile", non e' la dottrina del laissez faire; che e' la dottrina dei mercanti e non quella di Keynes e di Caffe'. Quando Colbert chiese al mercante Legendre: "Que faut-il faire pour vous aider?", la risposta di Legendre fu: "Nous laissez faire", lasciate fare a noi; ovvero, come oggi si preferisce dire: lasciate fare al mercato. Su questo tema, Caffe' non ha riguardi per nessuno e mira in alto. Dell'"indubbiamente eminente" Hayek, Caffe' scrive: "allorche' Hayek ha sostenuto che 'la causa della disoccupazione risiede in una deviazione dai prezzi e dai salari di equilibrio che si stabilirebbero automaticamente, in presenza di un mercato libero e di una moneta stabile', si e' di fronte non a una fruttuosa rielaborazione di idee che abbiano radici lontane, ma all'ennesima attestazione dell'atteggiamento del ritorno retrivo di chi ha saputo niente apprendere e niente dimenticare". La smithiana "mano invisibile", ricorda Caffe', e' soltanto una metafora efficace: "Adamo Smith intendeva da un lato sottolineare che non era la generosita' del panettiere o del macellaio a indurli a trattarci bene, ma il desiderio di conservarci come clienti e quindi uno stretto calcolo di tornaconto. Lo stesso Smith, d'altra parte, osserva che ci vuol poco per indurre i negozianti a complottare ai danni del consumatore: talche' dalla trascendenza della 'mano invisibile' il discorso sembra spostarsi sul terreno di inclinazioni al monopolio che sono innate negli operatori economici". In breve: "che il 'mercato' sia una bilancia inesatta non puo' certo sorprenderci; ma sono i suoi difensori tenaci che dovrebbero trovare motivo di riflessione". * Il mercato che Caffe' piu' teme e' il mercato finanziario, per la sua intrinseca fragilita'. Ai tempi del caso Sir-Rovelli e del crack Sindona, per il quale pagarono duramente Baffi e Sarcinelli, scrive: "Il capitalismo monopolistico, nella sua fase odierna, poggia su una struttura finanziaria che e' costantemente sull'orlo di tradursi in una 'deflazione cumulativa dei debiti', analizzata nientedimeno da Irving Fisher, in occasione della grande crisi. Mettere in guardia contro i pericoli di una deflazione cumulativa dei debiti e', per un economista, un dovere civile. Il capitalismo maturo richiede riforme delle istituzioni e non clamorose cacce di capri espiatori. Le esigenze effettive sono quelle di una 'socializzazione delle sovrastrutture finanziarie'". Cio' non soltanto per i rischi di crisi finanziarie generali, ma anche a tutela dei risparmiatori: "La borsa valori in Italia e' una istituzione ormai anacronistica, che favorisce non gia' il vigore competitivo, ma un gioco spregiudicato di tipo predatorio che opera sistematicamente a danno di categorie innumerevoli e sprovvedute di risparmiatori, in un quadro istituzionale che, di fatto, consente e legittima la ricorrente decurtazione e il pratico spossessamento dei loro peculi". "Possibile", si chiede Caffe', "che nessuno riecheggi Einaudi nel raccomandare a categorie inesperte di cittadini di non avventurarsi in un campo manipolato da avventurieri?". Questi scritti di Caffe' suscitarono lo scandalo dei benpensanti; cosi' come l'aveva suscitato l'avvertimento di Keynes nella Teoria generale: "Gli speculatori possono essere innocui se sono delle bolle sopra un flusso regolare di intraprese economiche; ma la situazione e' seria se le imprese diventano una bolla sospesa sopra un vortice di speculazioni. Quando l'accumulazione di capitale di un paese diventa il sottoprodotto delle attivita' di un Casino', e' probabile che le cose vadano male. Se alla Borsa si guarda come a una istituzione la cui funzione sociale appropriata e' orientare i nuovi investimenti verso i canali piu' profittevoli in termini di rendimenti futuri, il successo conquistato da Wall Street non puo' proprio essere vantato tra gli straordinari trionfi di un capitalismo del laissez faire. Il che non dovrebbe meravigliare, se ho ragione quando sostengo che i migliori cervelli di Wall Street sono in verita' orientati a tutt'altri obiettivi". * La questione della disoccupazione, per Caffe' come per Keynes, e' strettamente legata alle questioni monetarie e finanziarie. Come ormai si dovrebbe sapere, il governo della moneta ha conseguenze non neutrali sugli aspetti reali dell'economia, sulla domanda effettiva, dunque sul livello di attivita', dunque sull'occupazione. Posto che i banchieri centrali sostengono che e' necessario mantenere una disciplina finanziaria, come condizione essenziale per fare arretrare l'inflazione e ripristinare la stabilita' dei prezzi, Caffe' si chiede come mai non si affermi, con pari vigore e con analogo intimo convincimento, la necessita' di combattere e ridurre la disoccupazione: "nessun male sociale puo' superare la frustrazione e la disgregazione che la disoccupazione arreca alle collettivita' umane"; per non parlare dello "scoraggiamento di coloro che hanno finito per considerare lo stato di precarieta' e la prestazione occasionale come un fatto abituale e sistematico". * Lo scritto piu' noto tra quelli raccolti nel libro, anche grazie a un titolo magistrale, e' "La solitudine del riformista". Il riformismo veniva deriso allora sia dai rivoluzionari sia dai sostenitori del mercato. Oggi Caffe' si troverebbe spiazzato: di rivoluzionari non ce ne sono piu', e la moltitudine dei riformisti e' costituita proprio dai sostenitori del mercato; i quali, se avessero il tempo e il coraggio di leggere o rileggere Caffe', considererebbero lui, proprio lui, un estremista pericoloso. Capita, a chi tiene ferme le proprie idee. Scrive Caffe': "Il riformista e' convinto di operare nella storia, ossia nell'ambito di un 'sistema' di cui non intende essere ne' l'apologeta, ne' il becchino; ma, nei limiti delle sue possibilita', un componente sollecito di apportare tutti quei miglioramenti che siano concretabili nell'immediato e non desiderabili in vacuo. Egli preferisce il poco al tutto, il realizzabile all'utopico, il gradualismo delle trasformazioni a una sempre rinviata trasformazione radicale del 'sistema'". Per Caffe', d'altra parte, "utopia" non era affatto una brutta parola: "Per uno scienziato quel che gli altri definiscono utopia e' solo anticipazione di esiti che debbono superare le resistenze del presente". Infine una premonizione: "Da molti segni, e anche verosimilmente in vista di non lontane scadenze elettorali, va delineandosi una politica neo-einaudiana 'per i ceti medi', trascurando, fatto non inconsueto, quella per i ceti popolari... Vi e' ormai un chiaro distacco tra azione di politica economica e condizioni della gente comune. E' un distacco preoccupante". * P. S. Nel 1978, sui "Quaderni piacentini", una rivista che allora aveva un buon impact factor, avevo pubblicato una nota "Su un presunto cambiamento, e una differenza reale, nel concetto di equilibrio". Li' scrivevo che c'e' una corrispondenza stretta tra concetto di equilibrio e visione dell'economia; che il concetto di equilibrio e' un concetto "borghese", poiche' tende a descrivere il sistema capitalistico come un sistema retto non dal conflitto ma dall'armonia; e che dunque quella dell'equilibrio e' una categoria analitica di parte. Mal me ne incolse. Ricevetti subito una lettera di Federico Caffe', che mi sento moralmente autorizzato a rendere pubblica: "Caro Lunghini, qualche volta si vorrebbe fermare il tempo. O almeno, lo si ricorda con molta nostalgia. Cosi' io ricordo sempre un pomeriggio autunnale assolato, in cui feci un viaggio in macchina, da Frascati a Roma, con un giovane meraviglioso, ma non immune ai mal di denti, che doveva partire precipitosamente per Milano, dopo aver assistito ai seminari, allora molto belli, presieduti da De Finetti. Dopo, questo ormai maturo giovane, sulla via di Damasco, ha incontrato Marx; e, come raccontano le storie, dopo un periodo di oscurita', Paolo comincio' a farsi apostolo di un nuovo verbo, che non escludeva la distruzione di biblioteche 'pagane' o di statue 'eretiche'. Non so se ora tu ti trovi nella fase della oscurita', o della distruzione. Solo, mi fa sinceramente male sentirti parlare di scienza 'borghese'. Mi rivedo nella bella biblioteca di Gustavo Del Vecchio, con la sua pazienza nell'indicarmi i quattro tipi di indici contenuti nella Teoria dell'interesse di Fisher, o il decennale travaglio occorso nel passare dai concetti di utilita' marginale a quello di produtivita' marginale. Da qualche tempo, mi sono specializzato a portare fiori sentimentali a questi avelli dimenticati. Pensare che, senza intenzioni apologetiche, tutta questa gente intelligentissima abbia portato a risultati apologetici 'perche' interni alla filosofia borghese della scienza' mi fa male. E non riesco piu' a capirti. Questa, come vedi, non e' una risposta, ma una reazione sentimentale. Ma e' proprio l'indice del momento in cui si diventa datati e occorre rassegnarsi al ricambio generazionale. Da parte mia ne riconosco la ineluttabilita': e seguo il vostro cammino con l'antico affetto, ma senza comprensione. Spero che non me ne vorrai per la franchezza e vorrai conservarmi il tuo buon ricordo. Federico Caffe'". Questa lettera mi addoloro' e ne segui' una fitta corrispondenza, da cui estraggo un brano di Caffe': "... In realta' andiamo d'accordo e ci separano forse questioni semantiche, o (come dicono i miei spregiudicati collaboratori) una mia inclinazione a riverire i busti del Pincio. La mia preoccupazione (riferita a coloro che iniziano da ora gli studi economici) e' il constatare quanto la loro cultura si impoverisca, nella misura in cui procedano con sicurezza priva di tentennementi nella direzione prescelta. Un poco di dubbio sistematico forse non fa mai male, nel procedere con poca luce e in un gran cerchio d'ombra...". Questo episodio rinsaldo' l'amicizia. Il dolore si fece pungente quando capii che quel grande cerchio d'ombra si andava allargando. Prima del silenzio, Caffe' mi aveva mandato alcune piccole carte, "in vista della liquidazione ereditaria cui sto provvedendo". Una di queste era un cartolina che riproduceva una terracotta di Armando Sapori, lo storico economico. Alla cartolina, che rappresentava un volto stanco e disperato, Federico Caffe' aveva appiccicato una didascalia: "Caffe', monumentalizzato e 'riletto'". 6. UNA BREVE NOTIZIA BIOGRAFICA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 aprile 2007 riprendiamo la seguente breve scheda biografica li' apparsa col titolo "Professore a tempo pieno, keynesiano convinto"] Federico Caffe' e' nato a Pescara il 6 gennaio 1914. Sulla sua data di nascita una volta scherzo' sopra dicendo: la Befana mi ha lasciato in una calza, ma era piccola, piccola. Il professore fisicamente non era un gigante: arrivava a malapena al metro e mezzo. Ma non ha mai dato segni di soffrire per la sua altezza. Anzi, a volte ci scherzava: al bar quando gli offrivamo un caffe', specificava "corto" o "ristretto". Nonostante la sua statura, Caffe' tra il 1941 e il 1943 svolse il servizio militare come ufficiale: si era gia' laureato e lavorava come assistente alla facolta' di Economia a Roma. Dopo la guerra fu capogabinetto di Meuccio Ruini (ministro della ricostruzione) durante il governo Parri. Ma l'attivita' politica non lo entusiasmava e nel 1946 si trasferi' in Inghilterra per frequentare un corso di specializzazione alla London School of Economics. Tornato in Italia, ebbe incarichi in varie universita': Roma ('49-'52), Bologna ('51-'56), Messina ('54-'56). Nel 1959 gli fu assegnata la cattedra di Politica economica e finanziaria alla facolta' di Economia e commercio dell'universita' di Roma, dove rimase fino al compimento dei 73 anni nel 1987. Oltre all'attivita' accademica, di Caffe' viene ricordata la lunga collaborazione con la Banca d'Italia della quale fu consigliere economico. Se ne allontano' quando la banca centrale accentuo' la linea monetarista. E' stato anche membro dell'Accademia dei Lincei. Caffe' viene a volte definito "riformista radicale". Era di formazione keynesiana e fece sempre una coerente opposizione all'ondata liberista e monetarista che dominava la scena all'inizio degli anni '90. 7. UNA BREVE NOTIZIA BIBLIOGRAFICA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 aprile 2007 riprendiamo la seguente breve scheda bibliografica li' apparsa col titolo "Per saperne di piu'"] Libri di Caffe' Impossibile elencare tutto cio' che ha scritto Caffe'. Tra le oltre 200 pubblicazioni, segnaliamo le seguenti: - Vecchi e nuovi indirizzi nelle indagini sull'economia del benessere, Tecnica Grafica, Roma 1953. - Saggi critici di economia, De Luca, Roma 1958. - Politica economica. Sistematica e tecniche di analisi (2 voll.) Boringhieri, Torino 1966. - Teorie e problemi della politica sociale, Laterza, Bari 1970. - Un'economia in ritardo, Boringhieri, Torino 1976. - Lezioni di politica economica, Boringhieri, Torino 1980. - L'economia contemporanea, Edizioni Studium, Roma 1981. - In difesa del Welfare State, Rosenberg & Sellier, Torino 1986. * Scritti su Caffe' Molti anche gli scritti pubblicati dopo la scomparsa di Caffe', sul suo pensiero e sulla sua vita. I principali: - Nicola Acocella, Guido M. Rey, Mario Tiberi (curatori), Saggi di politica economica in onore di Federico Caffe', tre volumi, Franco Angeli, Milano 1990, 1992, 1999. - Daniele Archibugi, Federico Caffe', solitario maestro, "Micromega", n. 2, 1991. - Ermanno Rea, L'ultima lezione, Einaudi, Torino 1992. - AA. VV., Federico Caffe'. Realta' e critica del capitalismo storico, Donzelli, Roma 1995. - Riccardo Faucci, L'economia per frammenti di Federico Caffe', "Rivista italiana degli economisti", n. 3, 2002. - Bruno Amoroso, La stanza rossa. Riflessioni scandinave di Federico Caffe', Edizioni Citta' Aperta, Troina (Enna) 2004. Dal libro di Rea e' stato anche tratto un film, per la regia di Fabio Rosi, L'Ultima lezione, (2001). * Iniziative A Caffe' e' intitolata la facolta' di Economia dell'universita' di Roma 3, e un istituto tecnico commerciale romano nel quartiere di Monteverde. Dal consiglio di istituto di tale scuola e' partito lo scorso marzo un appello al sindaco di Roma perche' nella capitale sia intitolata una via o una piazza a Federico Caffe'. All'appello, che ha gia' raccolto centinaia di firme, ha aderito il segretario generale della Cgil Epifani. La stessa Cgil pubblichera' a breve un volume antologico di scritti di Caffe', che sara' presentato nel corso di un'iniziativa in ricordo dell'economista, nella facolta' di Economia dell'universita' di Roma La Sapienza, il 16 e 17 maggio. 8. ET COETERA Federico Caffe', nato a Pescara nel 1914, e' stato uno dei piu' illustri economisti italiani del Novecento, dapprima presso la Banca d'Italia, poi docente universitario a Messina, a Bologna ed infine e lungamente a Roma. Come studioso e docente ha lasciato nei suoi interlocutori, colleghi ed allievi un'impronta straordinaria, divenendo una figura quasi leggendaria sia per la sua profonda umanita', sia per il suo rigore morale e intellettuale, sia per il suo intenso ed incessante impegno scientifico, pedagogico e civile. E' scomparso misteriosamente nell'aprile 1987. Opere di Federico Caffe': tra le sue numerose opere scientifiche, didattiche e d'intervento civile segnaliamo almeno: Vecchi e nuovi indirizzi nelle indagini sull'economia del benessere, Tecnica Grafica, Roma 1953; Saggi sulla moderna "economia del benessere", Torino 1956; Saggi critici di economia, De Luca, Roma 1958; Politica economica, due volumi, Boringhieri, Torino 1966 e 1970; Teorie e problemi di politica sociale, Laterza, Bari 1970; Un'economia in ritardo, Boringhieri, Torino 1976; Lezioni di politica economica, Boringhieri, Torino 1978, nuova edizione 1990; L'economia contemporanea, Edizioni Studium, Roma 1981; In difesa del welfare state, Rosenberg & Sellier, Torino 1986; La solitudine del riformista, Bollati Boringhieri, Torino 1990; Scritti quotidiani, Manifestolibri, Roma 2007. Opere su Federico Caffe': si veda in primo luogo la biografia scritta da Ermanno Rea, L'ultima lezione, Einaudi, Torino 1992. A Caffe' sono stati dedicati vari volumi di saggi, lezioni, convegni (ad esempio cfr. Nicola Acocella, Guido M. Rey, Mario Tiberi (a cura di), Saggi di politica economica in onore di Federico Caffe', tre volumi, Franco Angeli, Milano 1990, 1992, 1999; AA. VV., Federico Caffe'. Realta' e critica del capitalismo storico, Meridiana Libri e Donzelli, Catanzaro-Roma 1995; Bruno Amoroso, La stanza rossa. Riflessioni scandinave di Federico Caffe', Edizioni Citta' Aperta, Troina (Enna) 2004). Un consistente archivio di materiali miscellanei di e su Federico Caffe' si trova presso Paolo Lupi (un suo antico allievo che ne mantiene viva la memoria e la lezione), via della stazione, 01013 Cura di Vetralla (Vt). Roberto Tesi, economista, scrive sul quotidiano "Il manifesto" con lo pseudonimo di "Galapagos". Roberta Carlini e' giornalista del quotidiano "Il manifesto"; ha curato la recente raccolta degli Scritti quotidiani di Federico Caffe' (Manifestolibri, Roma 2007). Nicola Acocella (1939), economista, docente all'Universita' di Roma "La Sapienza"; ha svolto studi e ricerche all'estero presso le Universita' di Oxford, Cambridge, Reading, Harvard, Stanford, Toronto, nonche' presso la Commissione Cee e le Nazioni Unite; ha collaborato con varie riviste italiane ed internazionali, case editrici e istituzioni internazionali, fra le quali: Rivista Italiana degli Economisti, International Journal of Industrial Organization, Journal of Public Economics Theory, Transnational Corporations, Cambridge University Press, United Nations; tra i suoi attuali interessi di ricerca: teoria della politica economica; interazioni fra sindacato, banca centrale e governo; estensione, determinanti ed effetti della globalizzazione; teorie della giustizia; beni pubblici globali. Tra le opere di Nicola Acocella: Decisioni economiche in condizioni di incertezza. Strumenti di indagine e applicazione alla teoria del consumatore, Giuffre', Milano 1970; Imprese multinazionali e investimenti diretti. Le cause dello sviluppo, Giuffre', Milano 1975; L'impresa pubblica italiana e la dimensione internazionale: il caso dell'Iri, Einaudi, Torino 1983; (in collaborazione), Le multinazionali italiane, Il Mulino, Bologna 1985; (con altri, a cura di), Sindacato e processi di internazionalizzazione, Ediesse, Roma 1988; (con R. Schiattarella, a cura di), Teorie dell' internazionalizzazione e realta' italiana, Liguori, Napoli 1989; (con altri), Giornate in onore di Pasquale Saraceno, Angeli, Milano 1989; Elementi di politica economica, Kappa, Roma 1989, 1991; (a cura di), L'impresa multinazionale. Prospettive per una teoria, Lint, Trieste 1994; Fondamenti di politica economica. Valori e tecniche, Nuova Italia Scientifica, Roma 1994, 1997, poi Carocci, Roma 1999; Esercizi di politica economica, Kappa, Roma 1995; The foundations of economic policy. Values and techniques, Cambridge University Press, Cambridge, 1998; (a cura di), Globalizzazione e stato sociale, Il Mulino, Bologna 1999; (a cura di), Le istituzioni fra mercato e stato, Carocci, Roma 1999; Politica economica e strategie aziendali, Carocci, Roma 1999; Esercizi di politica economica, Giappichelli, Torino 1999; (con G. M. Rey e M. Tiberi, a cura di), Saggi di politica economica, in onore di Federico Caffe', vol. III, Franco Angeli, Milano 1999; Fondamenti di politica economica. Valori e tecniche, China Renmin University Press, Pechino 2001 (edizione cinese); Elementi di politica economica, Carocci, Roma 2001; La politica economica nell'era della globalizzazione, Carocci, Roma 2001; Economia del benessere: la logica della politica economica, Carocci, Roma 2002; Zasady polityki gospodarczej. Wartosci i metody analizy, Wydawnictwo Naukowe PWN, Warszawa 2002 (edizione polacca di Fondamenti di politica economica. Valori e tecniche); Le politiche microeconomiche, Carocci, Roma 2003; (con E. Sonnino, a cura di), Movimenti di persone e movimenti di capitali in Europa, il Mulino, Bologna 2003; (con G. Ciccarone, M. Franzini, L. M. Milone, F. R. Pizzuti e M. Tiberi), Rapporto sulla poverta' e le disuguaglianze nel mondo globale, Pironti e altri, Napoli, 2004; Economic policy in the age of globalisation, Cambridge University Press, Cambridge 2005; (con R. Leoni, a cura di), Social pacts, employment and growth: A reappraisal of Ezio Tarantelli's thought, Physica-Verlag, 2007. Felice Roberto Pizzuti (Roma 1950), economista, e' docente di Politica economica all'Universita' di Roma "La Sapienza"; nel 1993 ha collaborato con il Dipartimento della Funzione Pubblica per l'attuazione delle deleghe governative sulla riforma degli enti pubblici; nell'autunno del 1994 ha fatto parte della Commissione nominata dal Ministero del Lavoro per studiare i problemi connessi alla formulazione della riforma previdenziale; dal 1995 e' tra i soci fondatori del Enrsp (European Network for Research on Supplementary Pensions); dal 1999 e' tra i soci fondatori della "Societa' italiana per studi di economia ed etica sul farmaco e sugli interventi terapeutici"; dal 2001 al 2004 e' stato condirettore della rivista "G. E. Diritto ed Economia dello Stato Sociale"; negli anni 2001, 2002 e 2003 ha curato il Rapporto annuale sullo stato sociale Inpdap; dal 2005 cura la pubblicazione annuale del Rapporto sullo stato sociale con il patrocinio del Dipartimento di Economia Pubblica dell'Universita' di Roma "La Sapienza" e del Criss (Centro di Ricerca Interuniversitario sullo Stato Sociale); ha collaborato per attivita' di ricerca e informazione con vari enti, tra cui la Camera dei Deputati, il Consiglio nazionale delle ricerche, vari ministeri, la Scuola superiore della pubblica amministrazione; ha organizzato numerosi convegni nazionali ed internazionali sui temi dell'economia italiana, dello stato sociale, della previdenza, della globalizzazione; collaborando a diversi quotidiani e riviste. Opere di Felice Roberto Pizzuti La politica della previdenza sociale in Italia dal 1965 al 1977: evoluzione ed effetti redistributivi, Edizioni Kappa, Roma 1979; (con Mancini), Efficienza e costi di produzione nella pubblica amministrazione, Edizioni Kappa, Roma 1983; Note sule forze che regolano l'accumulazione, le crisi, e la formazione del reddito, Edizioni. Kappa, Roma 1984; (et al.), La produttivita' nella Pubblica Amministrazione. Rapporto al Cnel, Edizioni. del Sole 24 ore, Milano 1987; (con G. M. Rey, a cura di), Il sistema pensionistico. Un riesame, Il Mulino, Bologna 1990; La sicurezza sociale tra previdenza assistenza e politica economica, Liguori, Napoli 1990; Stato e politiche di intervento nell'economia, Edipress, Roma, 1990; (a cura di), L'economia italiana dagli anni '70 agli anni '90, Mc Graw- Hill, Milano 1994; (con Marcello de Cecco, a cura di), La politica previdenziale in Europa, il Mulino, Bologna 1994; (a cura di), Globalizzazione istituzioni e coesione sociale, Donzelli, Roma 1999; (con Maurizio Franzini, a cura di), Globalization, Institutions and Social Cohesion, Springer-Verlag, Heidelberg 2000; (con N. Acocella, G. Ciccarone, G., M. Franzini, L. M. Milone), Rapporto su poverta' e disuguaglianze negli anni della globalizzazione, L'Ancora del Mediterraneo-Colonnese-Pironti, Napoli, 2004. Giorgio Lunghini, economista, docente universitario, saggista; membro dell'Accademia nazionale dei Lincei e presidente della Societa' italiana degli economisti; fa parte dell'Associazione per il rinnovamento della sinistra e della Fondazione Di Vittorio; e' autore di scritti di storia e critica delle teorie economiche, di teoria del valore, del capitale e della distribuzione, di teoria della crescita e della disoccupazione; collabora con vari periodici. Opere di Giorgio Lunghini: ha curato, in collaborazione con Mariano D'Antonio, il Dizionario di economia politica, 16 voll., Boringhieri, Torino; tra le sue pubblicazioni recenti: Valori e prezzi, Utet, Torino 1993; Equilibrio, Bollati Boringhieri, Torino 1993; L'eta' dello spreco. Disoccupazione e bisogni sociali, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Riproduzione, distribuzione e crisi, Unicopli, Milano 1996; (con Giovanni Mazzetti, Bruno Morandi), Disoccupazione e lavori socialmente utili, Manifestolibri, Roma 2000; (con Michel Aglietta), Sul capitalismo contemporaneo. Regolazione e crisi del capitalismo. I nuovi compiti dello Stato, Bollati Boringhieri, Torino 2001. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 57 del 17 aprile 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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