Minime. 44



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 44 del 30 marzo 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: Italiani, brava gente
2. Franco Volpi ricorda Hans-Georg Gadamer
3. Muhammad Yunus: Una banca per uscire dalla poverta'
4. Augusto Cavadi presenta "Fede e nonviolenza" di Jean Goss
5. Maria Paola Fiorensoli presenta il "Piccolo dizionario dell'ineguaglianza
femminile" di Alice Ceresa
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: ITALIANI, BRAVA GENTE

Una volta in Afghanistan gli italiani erano quelli che facevano gli
ospedali, curavano tutti i feriti, salvavano tutte le vite; gli italiani
erano quelli di Emergency. Compagni di tutti i vulnerati, i debilitati, gli
oppressi; disarmati, solidali, nonviolenza in cammino.
*
Ora gli italiani sono anche truppe di occupazione; soldati
dell'internazionale razzista, imperialista, neocoloniale; al servizio dei
fascisti planetari di Hiroshima e di Falluja.
C'e' ancora anche Emergency, per fortuna: Italia contro Italia, come nella
Resistenza. C'e' ancora anche Emergency, per fortuna: nonviolenza contro
sterminio. C'e' ancora anche Emergency per fortuna. Ma c'e' anche la Nato
stragista e terrorista, e i militari italiani nella Nato inquadrati,
collaborazionisti del terrorismo imperiale, complici del terrorismo globale.
C'e' la Nato, e con la Nato, nella Nato, l'Italia fascista di sempre.
Non sono solo i talebani in Afghanistan a violare i diritti umani. Non sono
solo i talebani in Afghanistan a commettere crimini infami e abominevoli.
Non sono solo i talebani in Afghanistan a praticare il terrorismo.
E ad opporsi, fin disperatamente, all'occupazione militare straniera dei
bombardamenti e dei rastrellamenti, alle stragi compiute dagli Usa e dalla
Nato oggi come dall'Armata Rossa ieri, non sono invero solo terroristi
sanguinari (che pure vi sono, e la cui ferocia quella violenza rispecchia e
riproduce: tutti i terrorismi si assomigliano, tutte le stragi la stessa
strage, tutti gli assassini sono tra loro complici nella comune intrapresa
di annientare l'umanita'), ma innanzitutto ed autenticamente la popolazione
civile che violenza e stragi subisce, la popolazione civile due volte
vittima, due volte oppressa, due volte martoriata, una popolazione che da
molti, molti anni soffre e resiste alla guerra e al sopruso, alle dittature
degli uni e degli altri, alle mafie locali e planetarie, una popolazione nel
cui dolore si rispecchia l'umanita' intera. Una popolazione che difende il
proprio diritto alla vita e all'umana dignita'.
*
Oggi in Afghanistan Garibaldi combatterebbe anche contro i soldati italiani.
Oggi in Afghanistan Mazzini inciterebbe alla lotta anche contro i soldati
italiani.
Oggi in Afghanistan Piero Gobetti e Antonio Gramsci guiderebbero la
Resistenza anche contro i soldati italiani.
*
C'e' un solo modo per sconfiggere il fascismo talebano come quello dei
signori della guerra, e dell'oppio: cessare di fare la guerra al popolo
afgano e portare massicci aiuti umanitari e non morte.
C'e' un solo modo per sconfiggere il terrorismo islamista: far cessare anche
il terrorismo dei regimi cristiani.
C'e' un solo modo per liberare l'Afghanistan dai due totalitarismi che se lo
contendono: far cessare le stragi, promuovere il riconoscimento di tutti i
diritti umani per tutti gli esseri umani.
C'e' solo un modo per far cessare il terrorismo globale: cessare di
praticarlo.
La pace e' la via.
Il disarmo e' il metodo.
La smilitarizzazione dei conflitti e' la regola aurea.
L'aiuto umanitario a tutte le vittime e' il programma costruttivo.
La nonviolenza e' la scelta da fare.
*
Ci sta a cuore la vita degli afgani, come degli italiani, come di ogni
essere umano.
Ci sta a cuore la vita dei soldati italiani mandati li' a uccidere e morire
per conto di governi fascisti e assassini.
Ai soldati italiani diciamo: di divenire vittime e assassini rifiutate,
tornate a casa, ripudiate questa guerra sciagurata, fatevi forti della
fedelta' che avete giurato alla Costituzione della Repubblica Italiana che
"ripudia la guerra come strumento  di offesa alla liberta' degli altri
popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali".
Al cittadini italiani diciamo: rovesciare occorre questa politica di guerra,
questa politica stragista, questa politica immorale e illegale,
irresponsabile e terrorista.
E' l'ora della resistenza nonviolenta: in difesa della legalita'
costituzionale, in difesa della democrazia sostanziale, in difesa del
diritto alla vita di ogni persona e dell'umanita' intera.
Solo la pace ferma la guerra.
Solo la nonviolenza sconfigge la violenza.
*
In Afghanistan occorrono case, scuole, ospedali; non eserciti e stragi.
In Afghanistan occorre sostenere i movimenti e le esperienze di impegno per
la democrazia e i diritti umani, in primo luogo i movimenti e le iniziative
delle donne; non bombardare i villaggi.
In Afghanistan, come ovunque, occorre sostenere chi rispetta e promuove la
dignita' e i diritti di ogni persona; non chi tortura ed uccide.
In Afghanistan, come in Italia, come ovunque: occorre scegliere di salvare
le vite anziche' distruggerle.
*
Pace e Costituzione. Verita' e disarmo. Tutti i diritti umani a tutti gli
esseri umani.
Vi e' una sola umanita'.

2. MEMORIA. FRANCO VOLPI RICORDA HANS-GEORG GADAMER
[Dal quotidiano "La repubblica" del 15 marzo 2002 riprendiamo il seguente
articolo li' apparso col titolo "L'erede della tradizione umanistica".
Hans-Georg Gadamer (Marburgo 1900 - Heidelberg 2002) e' il principale
esponente della cosiddetta ermeneutica filosofica ed uno dei pensatori piu'
influenti del secondo Novecento. Opere di Hans Georg Gadamer: nella sua
vasta produzione segnaliamo particolarmente l'opera fondamentale, Verita' e
metodo, del 1960 (nuova edizione italiana con testo a fronte, Bompiani,
Milano 2000); un recente libro-intervista utile per un'introduzione e'
L'ultimo Dio. La lezione filosofica del XX secolo, Reset, Roma 2000; la casa
editrice Marietti sta curando la pubblicazione in traduzione italiana delle
Opere di Hans-Georg Gadamer (Gesammelte Werke, Tuebingen 1976 e sgg.). Opere
su Hans Georg Gadamer: per la biografia, Jean Grondin, Hans-Georg Gadamer.
Eine Biographie, Tuebingen 1999; un volume di saggi brevi di autori vari in
omaggio al filosofo per il suo centenario e' AA. VV., Incontri con
Hans-Georg Gadamer, Bompiani, Milano 2000; Donatella Di Cesare, Gadamer, Il
Mulino, Bologna 2007. Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze
filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo la seguente scheda: "Hans Georg
Gadamer nasce a Marburg l'11 febbraio del 1900. Studia a Breslavia (1918)
con Richard Hoenigswald e a Marburg (1919) con Nicolai Hartmann e Paul
Natorp, con cui si laurea, nel 1922, discutendo una tesi dal titolo:
L'essenza del piacere nei dialoghi di Platone. Nel 1923, a Freiburg, conosce
Husserl e Heidegger, del quale frequenta i corsi universitari a Marburg tra
il 1923 e il 1928. Diventa professore ordinario di filosofia nel 1937 e, nel
1939, ottiene una cattedra presso l'Universita' di Leipzig, di cui diventa
rettore nel 1946. Nel 1947 insegna a Frankfurt e nel 1949 ad Heidelberg,
dove succede a Jaspers. Divenuto professore emerito nel 1978, Gadamer ha
insegnato presso alcune universita' straniere e negli Stati Uniti. Nel 1979
entra a far parte del comitato scientifico dell'Istituto italiano per gli
studi filosofici di Napoli - citta' di cui diventa cittadino onorario nel
1990 - dove, da allora,  ogni anno, ha tenuto lezioni e seminari, vivendo
quella che egli stesso ha definito 'una seconda giovinezza'. Autorita'
indiscussa della filosofia contemporanea, l'illustre filosofo e' stato
recentemente onorato con la pubblicazione della sua Opera omnia della quale
sono usciti finora sette volumi (1986-1991) ed e' tutt'ora in corso di
stampa. E' morto all'eta' di 102 anni ad Heidelberg il 14 marzo 2002. Opere
di Hans Georg Gadamer: Platos dialektische Ethik (L'etica dialettica di
Platone), Leipzig, 1931; Plato und die Dichter (Platone e i poeti),
Frankfurt am Main, 1934; Volk und Geschichte im Denken Herders, (Popolo e
storia nel pensiero di Herder), ibid., 1942; Bach und Weimar (Bach e
Weimar), Weimar, 1946; Goethe und die Philosophie, (Goethe e la filosofia),
Leipzig, 1947; Ueber die Ursprunglichkeit der Philosophie (La nascita della
filosofia), Leipzig, 1948; Vom geistigen Lauf des Menschen, Godesberg, l949;
Wahrheit und Methode. Grundzuege der philosophischen Hermeneutik (Verita' e
metodo .Lineamenti di un'ermeneutica filosofica), Tuebingen, 1960;
Hermeneutik und Historismus (Ermeneutica e storicismo), 1962; Die
phaenomenologische Bewegung (Il movimento fenomenologico), 1963; Le probleme
de la conscience historique (Il problema della coscienza storica), Louvain,
l963; Ermeneutica e metodica universale, 1964; Dialektik und Sophistik im
siebenten platonischen Brief (Dialettica e sofistica nella Settima Lettera
di Platone), Heidelberg, l964; Kleine Scriften (Scritti minori), Tuebingen,
1967 sgg.; Idee und Zahlen (Idea e Numero. Studi sulla filosofia platonica),
1968; Sul mondo concettuale dei presocratici, 1968; Idea e realta' nel Timeo
di Platone, 1974; L'idea del bene tra Platone ed Aristotele, 1978; Studi
platonici, 1983; La dialettica di Hegel. Cinque studi ermeneutici, 1971;
Sentieri heideggeriani. Studi sull'opera tarda di Heidegger, 1983; Chi sono
io, chi sei tu?, 1973; Poetica. Saggi scelti, 1977; L'attualita' del bello,
1977; Poesia e dialogo, 1990".
Franco Volpi e' docente e saggista. Dal sito www.emsf.rai.it riprendiamo la
seguente scheda: "Franco Volpi e' nato a Vicenza nel 1952. E' attualmente
professore di Storia della filosofia nell'Universita' di Padova. E' stato
visiting professor nell'Universita' Laval del Quebec (1989) e in quelle di
Poitiers (1990) e di Nizza (1993). Ha tenuto conferenze e seminari in
numerose altre universita' europee e americane. E' membro della consulta
scientifica delle riviste: "Philosophischer Literaturanzeiger", "Brentano
Studien", "Husserl Studien", "Les Etudes Philosophiques", "Internationale
Zeitschrift fuer Philosophie", "Iride", "Filosofia politica", "Informazione
filosofica". E' consulente per la filosofia della casa editrice Adelphi,
come specialista del pensiero tedesco contemporaneo. Nel 1989 gli e' stato
assegnato il premio Montecchio per la traduzione letteraria. Collabora al
quotidiano 'La Repubblica'. Opere di Franco Volpi: Heidegger e Brentano.
L'aristotelismo e il problema dell'univocita' dell'essere nella formazione
filosofica del giovane Martin Heidegger, Cedam, Padova 1976; La rinascita
della filosofia pratica in Germania, Francisci, Abano 1980; Heidegger e
Aristotele, Daphne, Padova 1984; Lexikon der philosophischen Werke, Kroener,
Stuttgart 1988; (con A. Arslan) La memoria e l'intelligenza, Il Poligrafo,
Padova 1989; (con E. Berti) Storia della filosofia, Laterza, Roma-Bari 1991;
Sulla fortuna del concetto di Decadence nella cultura tedesca. Nietzsche e
le sue fonti francesi, Il Mulino, Bologna 1995; Il nichilismo, Laterza,
Roma-Bari 1996. Ha curato: Ars majeutica. Studi in onore di Giuseppe Faggin,
Neri Pozza, Vicenza 1985; Ansia per l'uomo. Riflessioni sul pensiero di
Romano Guardini, Gualandi, Vicenza 1987; Hegel e i suoi critici, Laterza,
Roma-Bari 1998. Ha tradotto e curato opere di Gadamer, Heidegger,
Schopenauer, Carl Schmitt e Rosa Luxemburg. Gli interessi di Franco Volpi
vertono soprattutto sul pensiero tedesco e sulla filosofia di tradizione
aristotelica, che si prolunga fin dentro la fondazione brentaniana della
psicologia da un punto di vista empirico e la riflessione heideggeriana
sulla fisica. Recentemente ha affrontato il problema del nichilismo, inteso
non come semplice corrente di pensiero o avventura di avanguardie
intellettuali, ma espressione di un piu' generale malessere della nostra
cultura"]

Se ne va con Gadamer il testimone piu' rappresentativo e l'ultimo grande
maestro della filosofia del Novecento. Nato nel 1900, formatosi alla scuola
del neokantismo e della filologia classica, e soprattutto a quella di
Heidegger, aveva raggiunto la celebrita' solo nella tarda maturita' con la
pubblicazione di Verita' e metodo (1960). Nel suo capolavoro aveva
sviluppato il programma di un'"ermeneutica filosofica", ossia il tentativo
di considerare la "comprensione non soltanto come il tipo di sintesi
conoscitiva che si attua nell'interpretazione e nella traduzione di testi,
bensi' come l'articolarsi stesso della vita umana nel suo essere nel mondo e
nella storia. La sua prospettiva filosofica e' compendiata nella tesi
secondo cui "l'essere che puo' essere compreso e' linguaggio". Sentenza,
questa, che nella sua provocatoria acutezza rimane l'indice di un problema
ancor oggi tutto da discutere.
Certo, Gadamer aveva tratto gran parte delle proprie convinzioni filosofiche
da Heidegger. Eppure, evitando ogni scolasticismo, le aveva declinate
secondo la misura e i valori della tradizione classico-umanistica in cui si
era originariamente formato. Questa sua "urbanizzazione della provincia
heideggeriana" e' stata uno dei motivi che maggiormente hanno contribuito
alla fortuna dell'ermeneutica, accolta e recepita non solo in ambito
strettamente filosofico, ma anche in quello delle scienze umane e in
particolar modo della giurisprudenza.
Dalla sua cittadella, costruita sull'eredita' della grande filosofia greca
ed europea che padroneggiava come pochi, Gadamer ha toccato problemi
centrali del mondo d'oggi, invocando su di essi la nostra attenzione
critica: il ruolo di compensazione che la cultura umanistica puo' svolgere
nel "deserto che cresce" della razionalizzazione e del disincanto del mondo;
l'ingovernabile complessita' del progresso tecnologico e la sua incapacita'
di generare risorse simboliche di senso; il conflitto delle culture e delle
confessioni, e la rinnovata esigenza di tolleranza e solidarieta' nel mondo
della globalizzazione.
Da grande erede della tradizione umanistica, Gadamer ha osservato questi
problemi con pacatezza, ma tenendo sempre viva una moderata inquietudine:
quella di chi era consapevole di parlare di una storia e di un destino che
ci riguardano tutti, ma sapeva pure che chi oggi va alla ricerca di
colpevoli per le miserie del mondo, evidentemente non ha ancora capito la
gravita' della situazione.
Di fronte allo svanire dei modelli tradizionali di orientamento, dopo
Verita' e metodo egli ha sottolineato l'urgenza di una riflessione sulla
ragione pratica, rivendicando l'attualita' del "sapere pratico
aristotelico". Nel contempo ha intessuto un elogio della teoria, prendendo
le difese del "protofilosofo" contro il riso delle "servette tracie" che
oggi si motteggiano dell'estraneita' del teoreta al mondo.
Ma che cosa vuol dire riabilitare la saggezza pratica e al tempo stesso la
teoria? Evidentemente si tratta di due strategie convergenti per affrontare
i problemi di cui e' costellato il cammino della finitudine umana in vista
della sua riuscita, ovvero la felicita'. In questo senso, Gadamer ha
ricordato che il raggiungimento di una condizione felice presuppone la
riuscita di quella prassi che e' la vita. E che essa e' possibile in
quell'attitudine eccelsa, praticabile dall'uomo, che e' la teoria. Ma la
teoria non e' una facolta' di cui noi disponiamo, bensi' una condizione di
serenita' e di pienezza d'essere a cui bisogna prepararsi e formarsi. E il
cui senso, purtroppo, sembra essere scomparso dall'orizzonte delle
esperienze dell'uomo contemporaneo.
*
Gadamer non ha parlato pero' solo da ammiratore del mondo classico. E' stato
anche un filosofo del ventesimo secolo. Voglio dire: il problema che lo
inquietava non era unicamente l'eredita' dell'Europa, ma anche il suo
futuro. Sapeva bene che il compiersi dell'avventura tecnologica non
significa il recupero della felicita' adamitica originaria, ne' equivale
alla guarigione dagli esiti nichilistici cui la modernita' ha condotto. Se
e' vero che "con il pericolo cresce anche cio' che salva", come canta
Hoelderlin, e' altrettanto vero che l'estenuarsi della ragione nella mera
strumentalita' e l'esplicarsi del nichilismo nelle sue ultime conseguenze -
Dostoevskij a Manhattan - non producono necessariamente l'alternativa
risolutrice, il ritrovamento del mito o l'aprirsi di nuove esperienze
sostanziali di senso.
Sappiamo quanto facilmente l'inquietudine per il futuro, specialmente nei
momenti di consunzione degli ordinamenti tradizionali, puo' indurre a toni
apocalittici o nostalgici. Nulla impedisce tuttavia che lo stato di
deperimento si protragga a lungo, possa stagnare o cristallizzarsi. E in
ogni caso noi ancora non conosciamo gli esiti ai quali il decorso della
malattia, breve o lungo che sia, portera'.
Con il suo senso per la finitudine umana e la sua sobrieta' di pensiero,
Gadamer ci ha insegnato la prudentia dell'attesa.

3. TESTIMONIANZE. MUHAMMAD YUNUS: UNA BANCA PER USCIRE DALLA POVERTA'
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 marzo 2007 riprendiamo i seguenti
stralci dalla lectio magistralis tenuta all'Universita' di Roma Tre da
Muhammad Yunus.
Muhammad Yunus e' l'ideatore e fondatore della Grameen Bank; nato e
cresciuto a Chittagong, principale porto mercantile del Bangladesh,
economista, docente universitario negli Usa poi in Bangladesh; fondatore nel
1977 della Grameen Bank, un istituto di credito indipendente che pratica il
microcredito senza garanzie, grazie a cui centinaia di migliaia di persone -
le piu' povere tra i poveri - si sono affrancate dalla miseria e dall'usura
e sono riuscite a prendere nelle proprie mani il proprio destino. Opere di
Muhammad Yunus: Il banchiere dei poveri, Feltrinelli, Milano 1998. Opere su
Muhammad Yunus e la Grameen Bank: Federica Volpi, Il denaro della speranza,
Emi, Bologna 1998. Una intervista a Muhammad Yunus e' nel n. 396 de "La
nonviolenza e' in cammino", un'altra nel n. 1473. Dal quotidiano "Il
manifesto" del 2 novembre 2006 riprendiamo la seguente scheda: "Muhammad
Yunus, inventore della Grameen Bank, ha ricevuto il Premio Nobel 2006 per la
pace come riconoscimento ai suoi 'sforzi per creare sviluppo economico e
sociale a partire dal basso'. Nato nel 1940 nell'attuale Bangladesh, si e'
laureato in economia nel 1969 alla Vanderbilt University di Nashville. Dopo
una breve esperienza di insegnamento in Tennessee e Colorado, torna in
patria nel 1971 per dirigere il Dipartimento di economia rurale
dell'universita' di Chittagong. Del 1974 e' l'ideazione di una forma di
governo rurale, il primo passo verso il sistema dei microcrediti. Vista
l'indisponibilita' delle banche, inizio' con il prestare l'equivalente di 30
euro a testa a 42 donne che non potevano acquistare la materia prima per
creare i loro oggetti d'artigianato. Il buon esito dell'esperimento
incoraggio' Yunus ad allargare il sistema. Nel 1983 nasce la Grameen Bank
(banco rurale, o del villaggio). Oggi le cifre raccontano il successo
strepitoso dell'iniziativa: 1.084 filiali nel mondo dove lavorano 12.500
persone. Oltre 7 milioni i clienti, sparsi in 37.000 villaggi. Il 94% sono
donne. Negli ultimi 20 anni l'istituto ha erogato prestiti per oltre 2.000
miliardi di euro. Tasso di restituzione oltre il 90%"]

Ho cominciato a occuparmi della poverta' non come politico ne' come
ricercatore. Ho cominciato a occuparmi della poverta' perche' era attorno a
me, e non potevo girarmi dall'altra parte.
Nel 1974 trovai che era difficile insegnare eleganti teorie economiche nelle
aule universitarie, sullo sfondo di una terribile carestia in Bangladesh.
Improvvisamente, sentii l'inutilita' di queste teorie di fronte alla fame e
alla poverta' schiaccianti. Volevo fare qualcosa subito per aiutare la gente
intorno a me, anche solo un singolo essere umano, ad affrontare il giorno
dopo con un po' di agio in piu'. Questo mi ha portato a contatto con la
lotta quotidiana dei poveri per procurarsi quei pochi soldi necessari a
sostenere i loro sforzi per sbarcare il lunario.
Fui scioccato quando scoprii che una donna del villaggio aveva preso in
prestito meno di un dollaro da un usuraio, a condizione che lui avrebbe
avuto l'esclusivo diritto di comprare tutto quel che lei produceva, al
prezzo che lui avrebbe deciso. Questa era per me una forma di schiavitu'.
Decisi di fare una lista delle vittime degli usurai nel villaggio vicino al
nostro campus universitario. Quando la mia lista fu completata, c'erano i
nomi di 42 vittime per un ammontare totale dei prestiti di 27 dollari. Ero
scioccato. Offrii 27 dollari dalle mie tasche per togliere le vittime dalle
grinfie degli usurai. L'entusiasmo che si diffuse tra la gente in seguito a
questa piccola azione mi incoraggio' ad andare avanti. Se potevo far felice
tanta gente con cosi' poco denaro, perche' non fare di piu'?
Questo e' quel che ho provato a fare da allora in poi. Per prima cosa,
provai a persuadere la banca che era nel campus a prestare soldi ai poveri.
Non funziono'. Non erano d'accordo. La banca disse che i poveri non erano
affidabili. Molti mesi dopo, essendo falliti tutti i miei tentativi, mi
offrii come garante dei prestiti ai poveri. Fui stordito dai risultati. I
poveri ripagarono tutte le rate dei prestiti, puntuali, ogni volta! Tuttavia
continuavo ad avere difficolta' ad espandere il programma attraverso le
banche esistenti.
Fu allora che decisi di creare una banca a se' per i prestiti ai poveri,
cosa che riuscii poi a fare nel 1983. La chiamai Grameen Bank o Banca del
Villaggio.
Oggi, Grameen Bank da' prestiti a quasi 7 milioni di poveri, il 97% dei
quali sono donne, in 73.000 villaggi del Bangladesh. Grameen Bank da' alle
famiglie povere, senza garanzie collaterali, prestiti per generare redditi,
mutui per la casa, prestiti per studenti e prestiti per microimprese, e
offre ai suoi membri un gran numero di programmi per risparmi, fondi
pensione e assicurazioni. Da quando sono stati introdotti nel 1984, i mutui
sono stati usati per costruire 640.000 case. La proprieta' di queste case
appartiene alle stesse donne. Ci siamo concentrati sulle donne perche'
abbiamo visto che prestare soldi alle donne porta sempre maggiori benefici
alle famiglie. Il totale cumulato dei prestiti dati finora dalla banca
ammonta a 6 miliardi di dollari. Il tasso di rimborso e' del 99%.
Grameen Bank fa profitti normali. Finanziariamente, e' autosufficiente e non
ha piu' preso denaro dai donatori dal 1995. I depositi e le risorse proprie
della Grameen Bank adesso ammontano al 143% di tutti i prestiti. Secondo le
ricerche interne della Grameen Bank, il 58% dei nostri debitori ha superato
la soglia della poverta'...
*
Seconda generazione
Abbiamo cominciato trenta anni fa. Da un po' guardiamo ai figli dei nostri
debitori, per vedere qual e' stato l'impatto del nostro lavoro sulle loro
vite. Le nostre debitrici mettono sempre i figli in cima alle loro
priorita'. Una delle decisioni sviluppate e seguite e' stata quella di
mandare i figli a scuola. La banca le ha incoraggiate, e in breve tempo
tutti i ragazzi sono andati a scuola, molti con risultati eccellenti.
Abbiamo voluto celebrare questo risultato, introducendo borse di studio per
studenti di talento. Adesso Grameen Bank da' 30.000 borse di studio
all'anno.
Molti di questi ragazzi hanno proseguito verso l'istruzione superiore,
diventando medici, ingegneri, insegnanti. Abbiamo introdotto altri prestiti
per gli studenti universitari, molti di loro adesso hanno il PhD.
Attualmente i prestiti agli studenti sono 13.000, e ogni anno se ne
aggiungono 7.000. Abbiamo creato una generazione completamente nuova che
sara' ben equipaggiata a tenere la propria famiglia fuori dalla poverta'.
Vogliamo rompere la continuita' storica della poverta'.
*
L'economia di mercato
Molti dei problemi del mondo oggi, poverta' inclusa, persistono a causa di
un'interpretazione troppo stretta del capitalismo. Il capitalismo si
incentra sul libero mercato. Si proclama che piu' libero e' il mercato,
migliore e' il risultato del capitalismo nel risolvere le questioni del
cosa, come e per chi. Si dice anche che la ricerca individuale del profitto
porta al risultato collettivo ottimale.
La teoria del capitalismo assume l'imprenditore come un essere umano a una
sola dimensione, che e' dedito a una sola missione nella sua vita e nel suo
business - massimizzare il profitto. Questa interpretazione del capitalismo
isola l'imprenditore da tutte le altre dimensioni della vita: quelle
politiche, emotive, sociali, spirituali, ambientali. Molti dei problemi del
mondo derivano da questa restrizione imposta agli attori del libero mercato.
Siamo rimasti cosi' colpiti dal successo del libero mercato che non abbiamo
mai osato esprimere alcun dubbio su quell'assunto di base. Abbiamo lavorato
sodo per trasformare noi stessi, il piu' possibile, negli essere umani a una
sola dimensione concettualizzati nella teoria, per permettere che tutto
scorresse liscio nel funzionamento del capitalismo.
Il capitalismo e' una storia raccontata a meta'. Definendo l'imprenditore in
un senso piu' largo possiamo cambiare radicalmente il carattere del
capitalismo, e risolvere molti dei problemi economici e sociali non risolti
all'interno del libero mercato. Supponiamo per un momento che un
imprenditore, invece di avere una sola motivazione (cioe', massimizzare il
profitto) abbia due fonti di motivazione, che si escludono reciprocamente ma
sono entrambe cogenti: a) massimizzare il profitto; b) fare del bene alla
gente e al mondo.
Ciascun tipo di motivazione portera' a un differente tipo di economia.
Possiamo chiamare il primo tipo l'economia che massimizza il profitto, la
seconda economia sociale. Quest'ultima sara' un nuovo tipo di economia,
introdotta nel mercato con l'obiettivo di rendere il mondo differente. Gli
investitori nell'impresa sociale potranno avere indietro il denaro
investito, ma non prenderanno alcun dividendo dalle societa'. I profitti
saranno reinvestiti nella compagnia per espandere il suo campo d'azione e
migliorare la qualita' del suo prodotto o servizio. Un business sociale
dara' vita a societa' senza perdite e senza dividendi.
Una volta riconosciuta per legge l'economia sociale, molte compagnie
esistenti proporranno di creare business sociali che andranno ad aggiungersi
alle loro attivita' fondative. Anche molti attivisti del settore no profit
troveranno attraente questa prospettiva. Al contrario del settore no profit,
nel quale c'e' bisogno di raccogliere donazioni per mandare avanti le
attivita', un business sociale si potra' autosostenere e creare surplus per
espandersi, giacche' e' un'impresa non in perdita. Il business sociale
dovra' avere un nuovo tipo di borsa, un suo mercato dei capitali per
finanziarsi...
Non possiamo affrontare il problema della poverta' all'interno
dell'ortodossia del capitalismo venerata e praticata finora. Con il
fallimento di tanti governi del terzo mondo nel mandare avanti affari,
sanita', istruzione e welfare, da ogni parte arriva la raccomandazione:
"fatelo fare ai privati". Sottoscrivo di tutto cuore questa raccomandazione.
Ma ho una domanda in proposito: di quale settore privato stiamo parlando? Il
settore privato basato sul profitto ha la sua propria agenda, chiarissima.
Che entra in serio conflitto con l'agenda pro-poveri, pro-donne,
pro-ambiente. La teoria economica non ci ha dato alcuna alternativa a questo
settore privato ben conosciuto. Io penso che possiamo creare una potente
alternativa - un settore privato socialmente consapevole, creato da
imprenditori sociali...

4. LIBRI. AUGUSTO CAVADI PRESENTA "FEDE E NONVIOLENZA" DI JEAN GOSS
[Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi at alice.it) per averci
messo a disposizione questo suo articolo apparso nella cronaca di Palermo
del quotidiano "La Repubblica" del 7 marzo 2007.
Augusto Cavadi, prestigioso intellettuale ed educatore, collaboratore del
Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e'
impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a
Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di
problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia.
Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della
consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a
questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo,
Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad.
portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera,
Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad.
portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico,
ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa
puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, nuova
edizione aggiornata e ampliata Dehoniane, Bologna 2003; Il vangelo e la
lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A
scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze
didattiche, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo
1994; Essere profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza
cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain
fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo.
Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di
documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce
"Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie,
Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici.
Naufragio della politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000;
Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001; Volontariato
in crisi? Diagnosi e terapia, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2003; Gente
bella, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2004; Strappare una generazione alla
mafia, DG Editore, Trapani 2005; E, per passione, la filosofia, DG Editore,
Trapani 2006. Vari suoi contributi sono apparsi sulle migliori riviste
antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il sito:
http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con bibliografia completa).
I coniugi Jean Goss (1912-1991) e Hildegard Goss-Mayr (1930-vivente) sono
tra i maggiori testimoni della nonviolenza, segretari itineranti del
Movimento Internazionale della Riconciliazione (in sigla: Mir) e di numerose
esperienze e gruppi di azione liberatrice nonviolenta in varie parti del
mondo. Jean Goss e' nato a Lione nel 1912 ed e' scomparso a Parigi nel 1991;
Hildegard Mayr e' nata a Vienna nel 1930 (il padre, Kaspar Mayr, e' stato
uno dei fondatori del Movimento Internazionale della Riconciliazione). Opere
di Jean Goss e Hildegard Goss-Mayr: Une autre revolution, Cerf, Paris 1969;
La nonviolenza evangelica, Edizioni La Meridiana, Molfetta (Bari) 1991; in
francese cfr. anche (con Jean Lasserre), Une revolution pour tous les
hommes, Centre d'Information pour l'ouverture au tiers-monde, Tolosa 1969;
Evangile et luttes pour la paix, Les Bergers et les Mages, Parigi 1989;
opere di Jean Goss: Fede e nonviolenza, L'Epos, 2006; opere di Hildegard
Goss-Mayr: Come i nemici diventano amici, Emi, Bologna 1997. Opere su Jean
Goss e Hildegard Goss-Mayr: si veda il libro-intervista curato da Gerard
Houver, Jean e Hildegard Goss. La nonviolenza e' la vita, Cittadella, Assisi
1984, nuova edizione accresciuta, Edizioni Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq)
1994]

Si puo' essere praticanti della nonviolenza senza avere una "fede"? Jean
Goss, storico animatore del "Movimento internazionale per la
riconciliazione", offre una risposta profonda: una fede e' necessaria, ma
non e' necessario che sia religioso-confessionale. Basta  credere che ogni
essere umano non sia riducibile al suo errore e che ci si possa appellare
alla sua coscienza morale seppellita sotto la montagna di male che egli
compie.
Niente buonismi, pero'. Il nonviolento e' attivo, a suo modo "aggressivo":
denuncia i responsabili delle ingiustizie; se non e' sufficiente, si rifiuta
di collaborare a ogni genere di sopruso; in extremis, disobbedisce alle
leggi ingiuste e si sottopone alle sanzioni previste. Perche' dietro ogni
situazione di violenza ci sono due gruppi (uno che la compie, un altro che
la subisce) e se uno solo si sottrae, l'altro crolla. Tutti i ceti dominati
sono corresponsabili, con la propria vilta', dell'arroganza di chi li
domina. E questo vale anche "per tutti coloro che nel mondo ci dirigono, sia
che si tratti di governo, sia che si tratti di Chiesa".

5. LIBRI. MARIA PAOLA FIORENSOLI PRESENTA IL "PICCOLO DIZIONARIO
DELL'INEGUAGLIANZA FEMMINILE" DI ALICE CERESA
[Dal sito de "Il paese delle donne on line" (www.womenews.net/spip3)
riprendiamo la seguente recensione.
Maria Paola Fiorensoli, prestigiosa intellettuale e militante femminista,
storica e giornalista, e' presidente dell'associazione "Il paese delle
donne".
Alice Ceresa (1923-2001), scrittrice, giornalista, traduttrice e consulente
editoriale italiana di origini svizzere, ha vissuto prevalentemente a Roma.
Opere di Alice Ceresa: La figlia prodiga, Einaudi, Torino 1967; La morte del
padre, Einaudi, Torino 1979; Bambine, Einaudi, Torino 1990; La figlia
prodiga e altri scritti, La Tartaruga, Milano 2004; Piccolo dizionario
dell'ineguaglianza femminile, Nottetempo, 2007)]

Di Alice Ceresa, traduttrice, giornalista e consulente letteraria per la
casa editrice Longanesi, esce postumo Piccolo dizionario dell'ineguaglianza
femminile (Nottetempo, 2007), curato da Tatiana Crivelli, con postfazione di
Jacqueline Risset.
*
In una lettera all'amica e traduttrice francese Michele Causse, scritta nel
1976 e conservata nell'Archivio svizzero di letteratura (perche' Ceresa e'
nata a Basilea e cresciuta in Ticino), e' la frase in cui scopre di "non
poter piu' scrivere un libro tutto di seguito, come spiegato nella figlia
prodiga", ritiene che le donne "non dovrebbero mai scrivere libri tutti di
seguito, vale a dire per esempio romanzi, perche' ho il forte sospetto che
non corrisponda loro questa forma presuntuosa di creazione organizzata
banalmente come la banale vita che ci hanno fatta", ipotizza che "le donne
dovrebbero fare filtri, come le streghe. Io, per ora, distillo".
Trent'anni di distillazione, una vita spesa nella tensione
politico-letteraria, fra "ricerca della concisione e ambizione a un valore
universale delle definizioni proposte" ed ecco il Dizionario, frutto
disincantato e incantevole dette tante parole che "in spietato e
ordinatissimo estratto alfabetico, attraverso la figura femminile si incarna
esemplarmente la grottesca innaturalita' in cui la societa' moderna si e'
andata strutturando".
Nelle carte del Dizionario, mai dato dall'autrice alla stampa, anche la
storia di un work in progress: scalette, cambi di progetto sulle voci da
inserire, varie riflessioni sui termini, innumerevoli redazioni
dattiloscritte che certificano un esercizio costante di revisione critica.
Negli anni in cui non ha mai smesso di accrescere e migliorare le sue
"voci", che gia' nel 1976 erano numerose. Alice Ceresa non si e' mai
concessa la soddisfazione di porsi davanti a un compiuto, pur nella continua
intenzionalita' di pubblicare, come accadde con le cinque voci stampate in
traduzione francese nel 1977 e tedesca nel 1993.
L'autrice scrisse all'amica: "Adesso ti spiego come la vedo io: per me
l'inuguaglianza femminile non e' fatta dei temi delle rivendicazioni, ma e'
ancorata nella intera visione del mondo; ergo, se io faccio un dizionario
(che comprende le parole dello scibile), devo fare il giro anzitutto delle
radici di quest'albero dell'inuguaglianza. Anzi ti diro' che la mancanza di
questo giro d'orizzonte e' la maggiore debolezza delle femministe anche se
capisco che chi si batte (fortunatamente per noi tutte) nelle strade non
puo' avere di queste preoccupazioni. Io pero' le posso avere, anzi, direi
che debbo... in conclusione, il piccolo dizionario io non lo scrivo per le
donne; lo scrivo perche' va scritto. E siccome io scrivo difficile, ebbene,
sara' difficile; non mi risulta che le cose, e neanche quelle da capire,
siano facili. Se poi non mi vogliono leggere, ne fanno a meno. Di chi devo
avere pieta'? E in nome di che cosa? Della stupidita'? Abbasso la
stupidita'".
*
Avvertiamo, come la curatrice, che tutto il fascicolo contenente l'apparato
filologico e' gratuitamente scaricabile in formato pdf dal sito dell'editore
(www.edizioninottetempo.it/Ceresa_Crivelli.pdf).
Segnaliamo che poche curatrici si dimostrano tante attente a fornire
indicazioni sui materiali e sulla formulazione della loro opera quanto
Tatiana Crivelli che, in appendice, non solo giustifica i motivi della
pubblicazione dell'inedito ma propone le versioni espunte dalle carte di
lavoro di Ceresa e filologicamente significative.
Jacqueline Risset infatti nota che, "benche' sia stato ideato e iniziato
negli anni Settanta, il Piccolo dizionario non offre traccia di risentimento
ne' di esaltazione monovalente, es. 'donna e' bello', ecc. Furore e ironia
dominano, piu' ancora che negli altri scritti della stessa autrice; e si
dovrebbe forse scrivere quei due nomi con la maiuscola... come avviene per
alcune voci particolari, cosi' che nozioni astratte come Biologia o
Letteratura diventano allegorie femminile in azione". Si legge: "Assetata di
ordine e di plausibilita', la biologia, che allora ignorava di portare
questo nome, si aggirava disperata nel mondo". Ancora: "La letteratura vive
in caverne tappezzate di libri e molto raramente esce allo scoperto...
Agisce in solitudine, non le si conoscono complici o amici e svolge le sue
alchemiche attivita' lontano dagli occhi di tutti".
Cosa ha fatto Alice Ceresa se non continuare a "usare parodisticamente il
linguaggio del diritto, della legge, della norma, facendo apparire
l'arbitrarieta' e l'aberrazione della norma"? Cosa e quanto ci ha lasciato
attraversando quella cultura che definisce "la somma della tradizione e del
sapere di un popolo o dell'umanita' intera", che consiste "in qualsiasi
manifestazione dell'umana natura purche' abbracciata da un numero
sufficiente di individui" e che, qui lo scarto, "e' quindi un fatto
quantitativo e non qualitativo come si vorrebbe farci credere"? Il
Dizionario, assicura l'autrice, conferma la curatrice, non fornisce
risposte. A partire dall'anima.
Anima: "organismo non soltanto invisibile, inodore, asonoro, impalpabile e
insipido, ma anche razzista... Studiata da apposite discipline e
amministrata da specifiche istituzioni quali filosofie e psicologie da una
parte, chiese e manicomi dall'altra, per non citare che le piu'
appariscenti; e partecipa per estensione a tutte le attivita' umane, dalla
riproduzione della specie alla guerra, nonche' a quelle piu' squisitamente
sociali, dalla politica ai tribunali, senza che le sia concesso di dire bah.
L'anima infatti, essendo immateriale, non puo' parlare e neanche e tantomeno
mordere".
Veramente un sollievo.

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 44 del 30 marzo 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
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