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Minime. 44
- Subject: Minime. 44
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 30 Mar 2007 00:23:25 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 44 del 30 marzo 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini: Italiani, brava gente 2. Franco Volpi ricorda Hans-Georg Gadamer 3. Muhammad Yunus: Una banca per uscire dalla poverta' 4. Augusto Cavadi presenta "Fede e nonviolenza" di Jean Goss 5. Maria Paola Fiorensoli presenta il "Piccolo dizionario dell'ineguaglianza femminile" di Alice Ceresa 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. PEPPE SINI: ITALIANI, BRAVA GENTE Una volta in Afghanistan gli italiani erano quelli che facevano gli ospedali, curavano tutti i feriti, salvavano tutte le vite; gli italiani erano quelli di Emergency. Compagni di tutti i vulnerati, i debilitati, gli oppressi; disarmati, solidali, nonviolenza in cammino. * Ora gli italiani sono anche truppe di occupazione; soldati dell'internazionale razzista, imperialista, neocoloniale; al servizio dei fascisti planetari di Hiroshima e di Falluja. C'e' ancora anche Emergency, per fortuna: Italia contro Italia, come nella Resistenza. C'e' ancora anche Emergency, per fortuna: nonviolenza contro sterminio. C'e' ancora anche Emergency per fortuna. Ma c'e' anche la Nato stragista e terrorista, e i militari italiani nella Nato inquadrati, collaborazionisti del terrorismo imperiale, complici del terrorismo globale. C'e' la Nato, e con la Nato, nella Nato, l'Italia fascista di sempre. Non sono solo i talebani in Afghanistan a violare i diritti umani. Non sono solo i talebani in Afghanistan a commettere crimini infami e abominevoli. Non sono solo i talebani in Afghanistan a praticare il terrorismo. E ad opporsi, fin disperatamente, all'occupazione militare straniera dei bombardamenti e dei rastrellamenti, alle stragi compiute dagli Usa e dalla Nato oggi come dall'Armata Rossa ieri, non sono invero solo terroristi sanguinari (che pure vi sono, e la cui ferocia quella violenza rispecchia e riproduce: tutti i terrorismi si assomigliano, tutte le stragi la stessa strage, tutti gli assassini sono tra loro complici nella comune intrapresa di annientare l'umanita'), ma innanzitutto ed autenticamente la popolazione civile che violenza e stragi subisce, la popolazione civile due volte vittima, due volte oppressa, due volte martoriata, una popolazione che da molti, molti anni soffre e resiste alla guerra e al sopruso, alle dittature degli uni e degli altri, alle mafie locali e planetarie, una popolazione nel cui dolore si rispecchia l'umanita' intera. Una popolazione che difende il proprio diritto alla vita e all'umana dignita'. * Oggi in Afghanistan Garibaldi combatterebbe anche contro i soldati italiani. Oggi in Afghanistan Mazzini inciterebbe alla lotta anche contro i soldati italiani. Oggi in Afghanistan Piero Gobetti e Antonio Gramsci guiderebbero la Resistenza anche contro i soldati italiani. * C'e' un solo modo per sconfiggere il fascismo talebano come quello dei signori della guerra, e dell'oppio: cessare di fare la guerra al popolo afgano e portare massicci aiuti umanitari e non morte. C'e' un solo modo per sconfiggere il terrorismo islamista: far cessare anche il terrorismo dei regimi cristiani. C'e' un solo modo per liberare l'Afghanistan dai due totalitarismi che se lo contendono: far cessare le stragi, promuovere il riconoscimento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani. C'e' solo un modo per far cessare il terrorismo globale: cessare di praticarlo. La pace e' la via. Il disarmo e' il metodo. La smilitarizzazione dei conflitti e' la regola aurea. L'aiuto umanitario a tutte le vittime e' il programma costruttivo. La nonviolenza e' la scelta da fare. * Ci sta a cuore la vita degli afgani, come degli italiani, come di ogni essere umano. Ci sta a cuore la vita dei soldati italiani mandati li' a uccidere e morire per conto di governi fascisti e assassini. Ai soldati italiani diciamo: di divenire vittime e assassini rifiutate, tornate a casa, ripudiate questa guerra sciagurata, fatevi forti della fedelta' che avete giurato alla Costituzione della Repubblica Italiana che "ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". Al cittadini italiani diciamo: rovesciare occorre questa politica di guerra, questa politica stragista, questa politica immorale e illegale, irresponsabile e terrorista. E' l'ora della resistenza nonviolenta: in difesa della legalita' costituzionale, in difesa della democrazia sostanziale, in difesa del diritto alla vita di ogni persona e dell'umanita' intera. Solo la pace ferma la guerra. Solo la nonviolenza sconfigge la violenza. * In Afghanistan occorrono case, scuole, ospedali; non eserciti e stragi. In Afghanistan occorre sostenere i movimenti e le esperienze di impegno per la democrazia e i diritti umani, in primo luogo i movimenti e le iniziative delle donne; non bombardare i villaggi. In Afghanistan, come ovunque, occorre sostenere chi rispetta e promuove la dignita' e i diritti di ogni persona; non chi tortura ed uccide. In Afghanistan, come in Italia, come ovunque: occorre scegliere di salvare le vite anziche' distruggerle. * Pace e Costituzione. Verita' e disarmo. Tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani. Vi e' una sola umanita'. 2. MEMORIA. FRANCO VOLPI RICORDA HANS-GEORG GADAMER [Dal quotidiano "La repubblica" del 15 marzo 2002 riprendiamo il seguente articolo li' apparso col titolo "L'erede della tradizione umanistica". Hans-Georg Gadamer (Marburgo 1900 - Heidelberg 2002) e' il principale esponente della cosiddetta ermeneutica filosofica ed uno dei pensatori piu' influenti del secondo Novecento. Opere di Hans Georg Gadamer: nella sua vasta produzione segnaliamo particolarmente l'opera fondamentale, Verita' e metodo, del 1960 (nuova edizione italiana con testo a fronte, Bompiani, Milano 2000); un recente libro-intervista utile per un'introduzione e' L'ultimo Dio. La lezione filosofica del XX secolo, Reset, Roma 2000; la casa editrice Marietti sta curando la pubblicazione in traduzione italiana delle Opere di Hans-Georg Gadamer (Gesammelte Werke, Tuebingen 1976 e sgg.). Opere su Hans Georg Gadamer: per la biografia, Jean Grondin, Hans-Georg Gadamer. Eine Biographie, Tuebingen 1999; un volume di saggi brevi di autori vari in omaggio al filosofo per il suo centenario e' AA. VV., Incontri con Hans-Georg Gadamer, Bompiani, Milano 2000; Donatella Di Cesare, Gadamer, Il Mulino, Bologna 2007. Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo la seguente scheda: "Hans Georg Gadamer nasce a Marburg l'11 febbraio del 1900. Studia a Breslavia (1918) con Richard Hoenigswald e a Marburg (1919) con Nicolai Hartmann e Paul Natorp, con cui si laurea, nel 1922, discutendo una tesi dal titolo: L'essenza del piacere nei dialoghi di Platone. Nel 1923, a Freiburg, conosce Husserl e Heidegger, del quale frequenta i corsi universitari a Marburg tra il 1923 e il 1928. Diventa professore ordinario di filosofia nel 1937 e, nel 1939, ottiene una cattedra presso l'Universita' di Leipzig, di cui diventa rettore nel 1946. Nel 1947 insegna a Frankfurt e nel 1949 ad Heidelberg, dove succede a Jaspers. Divenuto professore emerito nel 1978, Gadamer ha insegnato presso alcune universita' straniere e negli Stati Uniti. Nel 1979 entra a far parte del comitato scientifico dell'Istituto italiano per gli studi filosofici di Napoli - citta' di cui diventa cittadino onorario nel 1990 - dove, da allora, ogni anno, ha tenuto lezioni e seminari, vivendo quella che egli stesso ha definito 'una seconda giovinezza'. Autorita' indiscussa della filosofia contemporanea, l'illustre filosofo e' stato recentemente onorato con la pubblicazione della sua Opera omnia della quale sono usciti finora sette volumi (1986-1991) ed e' tutt'ora in corso di stampa. E' morto all'eta' di 102 anni ad Heidelberg il 14 marzo 2002. Opere di Hans Georg Gadamer: Platos dialektische Ethik (L'etica dialettica di Platone), Leipzig, 1931; Plato und die Dichter (Platone e i poeti), Frankfurt am Main, 1934; Volk und Geschichte im Denken Herders, (Popolo e storia nel pensiero di Herder), ibid., 1942; Bach und Weimar (Bach e Weimar), Weimar, 1946; Goethe und die Philosophie, (Goethe e la filosofia), Leipzig, 1947; Ueber die Ursprunglichkeit der Philosophie (La nascita della filosofia), Leipzig, 1948; Vom geistigen Lauf des Menschen, Godesberg, l949; Wahrheit und Methode. Grundzuege der philosophischen Hermeneutik (Verita' e metodo .Lineamenti di un'ermeneutica filosofica), Tuebingen, 1960; Hermeneutik und Historismus (Ermeneutica e storicismo), 1962; Die phaenomenologische Bewegung (Il movimento fenomenologico), 1963; Le probleme de la conscience historique (Il problema della coscienza storica), Louvain, l963; Ermeneutica e metodica universale, 1964; Dialektik und Sophistik im siebenten platonischen Brief (Dialettica e sofistica nella Settima Lettera di Platone), Heidelberg, l964; Kleine Scriften (Scritti minori), Tuebingen, 1967 sgg.; Idee und Zahlen (Idea e Numero. Studi sulla filosofia platonica), 1968; Sul mondo concettuale dei presocratici, 1968; Idea e realta' nel Timeo di Platone, 1974; L'idea del bene tra Platone ed Aristotele, 1978; Studi platonici, 1983; La dialettica di Hegel. Cinque studi ermeneutici, 1971; Sentieri heideggeriani. Studi sull'opera tarda di Heidegger, 1983; Chi sono io, chi sei tu?, 1973; Poetica. Saggi scelti, 1977; L'attualita' del bello, 1977; Poesia e dialogo, 1990". Franco Volpi e' docente e saggista. Dal sito www.emsf.rai.it riprendiamo la seguente scheda: "Franco Volpi e' nato a Vicenza nel 1952. E' attualmente professore di Storia della filosofia nell'Universita' di Padova. E' stato visiting professor nell'Universita' Laval del Quebec (1989) e in quelle di Poitiers (1990) e di Nizza (1993). Ha tenuto conferenze e seminari in numerose altre universita' europee e americane. E' membro della consulta scientifica delle riviste: "Philosophischer Literaturanzeiger", "Brentano Studien", "Husserl Studien", "Les Etudes Philosophiques", "Internationale Zeitschrift fuer Philosophie", "Iride", "Filosofia politica", "Informazione filosofica". E' consulente per la filosofia della casa editrice Adelphi, come specialista del pensiero tedesco contemporaneo. Nel 1989 gli e' stato assegnato il premio Montecchio per la traduzione letteraria. Collabora al quotidiano 'La Repubblica'. Opere di Franco Volpi: Heidegger e Brentano. L'aristotelismo e il problema dell'univocita' dell'essere nella formazione filosofica del giovane Martin Heidegger, Cedam, Padova 1976; La rinascita della filosofia pratica in Germania, Francisci, Abano 1980; Heidegger e Aristotele, Daphne, Padova 1984; Lexikon der philosophischen Werke, Kroener, Stuttgart 1988; (con A. Arslan) La memoria e l'intelligenza, Il Poligrafo, Padova 1989; (con E. Berti) Storia della filosofia, Laterza, Roma-Bari 1991; Sulla fortuna del concetto di Decadence nella cultura tedesca. Nietzsche e le sue fonti francesi, Il Mulino, Bologna 1995; Il nichilismo, Laterza, Roma-Bari 1996. Ha curato: Ars majeutica. Studi in onore di Giuseppe Faggin, Neri Pozza, Vicenza 1985; Ansia per l'uomo. Riflessioni sul pensiero di Romano Guardini, Gualandi, Vicenza 1987; Hegel e i suoi critici, Laterza, Roma-Bari 1998. Ha tradotto e curato opere di Gadamer, Heidegger, Schopenauer, Carl Schmitt e Rosa Luxemburg. Gli interessi di Franco Volpi vertono soprattutto sul pensiero tedesco e sulla filosofia di tradizione aristotelica, che si prolunga fin dentro la fondazione brentaniana della psicologia da un punto di vista empirico e la riflessione heideggeriana sulla fisica. Recentemente ha affrontato il problema del nichilismo, inteso non come semplice corrente di pensiero o avventura di avanguardie intellettuali, ma espressione di un piu' generale malessere della nostra cultura"] Se ne va con Gadamer il testimone piu' rappresentativo e l'ultimo grande maestro della filosofia del Novecento. Nato nel 1900, formatosi alla scuola del neokantismo e della filologia classica, e soprattutto a quella di Heidegger, aveva raggiunto la celebrita' solo nella tarda maturita' con la pubblicazione di Verita' e metodo (1960). Nel suo capolavoro aveva sviluppato il programma di un'"ermeneutica filosofica", ossia il tentativo di considerare la "comprensione non soltanto come il tipo di sintesi conoscitiva che si attua nell'interpretazione e nella traduzione di testi, bensi' come l'articolarsi stesso della vita umana nel suo essere nel mondo e nella storia. La sua prospettiva filosofica e' compendiata nella tesi secondo cui "l'essere che puo' essere compreso e' linguaggio". Sentenza, questa, che nella sua provocatoria acutezza rimane l'indice di un problema ancor oggi tutto da discutere. Certo, Gadamer aveva tratto gran parte delle proprie convinzioni filosofiche da Heidegger. Eppure, evitando ogni scolasticismo, le aveva declinate secondo la misura e i valori della tradizione classico-umanistica in cui si era originariamente formato. Questa sua "urbanizzazione della provincia heideggeriana" e' stata uno dei motivi che maggiormente hanno contribuito alla fortuna dell'ermeneutica, accolta e recepita non solo in ambito strettamente filosofico, ma anche in quello delle scienze umane e in particolar modo della giurisprudenza. Dalla sua cittadella, costruita sull'eredita' della grande filosofia greca ed europea che padroneggiava come pochi, Gadamer ha toccato problemi centrali del mondo d'oggi, invocando su di essi la nostra attenzione critica: il ruolo di compensazione che la cultura umanistica puo' svolgere nel "deserto che cresce" della razionalizzazione e del disincanto del mondo; l'ingovernabile complessita' del progresso tecnologico e la sua incapacita' di generare risorse simboliche di senso; il conflitto delle culture e delle confessioni, e la rinnovata esigenza di tolleranza e solidarieta' nel mondo della globalizzazione. Da grande erede della tradizione umanistica, Gadamer ha osservato questi problemi con pacatezza, ma tenendo sempre viva una moderata inquietudine: quella di chi era consapevole di parlare di una storia e di un destino che ci riguardano tutti, ma sapeva pure che chi oggi va alla ricerca di colpevoli per le miserie del mondo, evidentemente non ha ancora capito la gravita' della situazione. Di fronte allo svanire dei modelli tradizionali di orientamento, dopo Verita' e metodo egli ha sottolineato l'urgenza di una riflessione sulla ragione pratica, rivendicando l'attualita' del "sapere pratico aristotelico". Nel contempo ha intessuto un elogio della teoria, prendendo le difese del "protofilosofo" contro il riso delle "servette tracie" che oggi si motteggiano dell'estraneita' del teoreta al mondo. Ma che cosa vuol dire riabilitare la saggezza pratica e al tempo stesso la teoria? Evidentemente si tratta di due strategie convergenti per affrontare i problemi di cui e' costellato il cammino della finitudine umana in vista della sua riuscita, ovvero la felicita'. In questo senso, Gadamer ha ricordato che il raggiungimento di una condizione felice presuppone la riuscita di quella prassi che e' la vita. E che essa e' possibile in quell'attitudine eccelsa, praticabile dall'uomo, che e' la teoria. Ma la teoria non e' una facolta' di cui noi disponiamo, bensi' una condizione di serenita' e di pienezza d'essere a cui bisogna prepararsi e formarsi. E il cui senso, purtroppo, sembra essere scomparso dall'orizzonte delle esperienze dell'uomo contemporaneo. * Gadamer non ha parlato pero' solo da ammiratore del mondo classico. E' stato anche un filosofo del ventesimo secolo. Voglio dire: il problema che lo inquietava non era unicamente l'eredita' dell'Europa, ma anche il suo futuro. Sapeva bene che il compiersi dell'avventura tecnologica non significa il recupero della felicita' adamitica originaria, ne' equivale alla guarigione dagli esiti nichilistici cui la modernita' ha condotto. Se e' vero che "con il pericolo cresce anche cio' che salva", come canta Hoelderlin, e' altrettanto vero che l'estenuarsi della ragione nella mera strumentalita' e l'esplicarsi del nichilismo nelle sue ultime conseguenze - Dostoevskij a Manhattan - non producono necessariamente l'alternativa risolutrice, il ritrovamento del mito o l'aprirsi di nuove esperienze sostanziali di senso. Sappiamo quanto facilmente l'inquietudine per il futuro, specialmente nei momenti di consunzione degli ordinamenti tradizionali, puo' indurre a toni apocalittici o nostalgici. Nulla impedisce tuttavia che lo stato di deperimento si protragga a lungo, possa stagnare o cristallizzarsi. E in ogni caso noi ancora non conosciamo gli esiti ai quali il decorso della malattia, breve o lungo che sia, portera'. Con il suo senso per la finitudine umana e la sua sobrieta' di pensiero, Gadamer ci ha insegnato la prudentia dell'attesa. 3. TESTIMONIANZE. MUHAMMAD YUNUS: UNA BANCA PER USCIRE DALLA POVERTA' [Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 marzo 2007 riprendiamo i seguenti stralci dalla lectio magistralis tenuta all'Universita' di Roma Tre da Muhammad Yunus. Muhammad Yunus e' l'ideatore e fondatore della Grameen Bank; nato e cresciuto a Chittagong, principale porto mercantile del Bangladesh, economista, docente universitario negli Usa poi in Bangladesh; fondatore nel 1977 della Grameen Bank, un istituto di credito indipendente che pratica il microcredito senza garanzie, grazie a cui centinaia di migliaia di persone - le piu' povere tra i poveri - si sono affrancate dalla miseria e dall'usura e sono riuscite a prendere nelle proprie mani il proprio destino. Opere di Muhammad Yunus: Il banchiere dei poveri, Feltrinelli, Milano 1998. Opere su Muhammad Yunus e la Grameen Bank: Federica Volpi, Il denaro della speranza, Emi, Bologna 1998. Una intervista a Muhammad Yunus e' nel n. 396 de "La nonviolenza e' in cammino", un'altra nel n. 1473. Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 novembre 2006 riprendiamo la seguente scheda: "Muhammad Yunus, inventore della Grameen Bank, ha ricevuto il Premio Nobel 2006 per la pace come riconoscimento ai suoi 'sforzi per creare sviluppo economico e sociale a partire dal basso'. Nato nel 1940 nell'attuale Bangladesh, si e' laureato in economia nel 1969 alla Vanderbilt University di Nashville. Dopo una breve esperienza di insegnamento in Tennessee e Colorado, torna in patria nel 1971 per dirigere il Dipartimento di economia rurale dell'universita' di Chittagong. Del 1974 e' l'ideazione di una forma di governo rurale, il primo passo verso il sistema dei microcrediti. Vista l'indisponibilita' delle banche, inizio' con il prestare l'equivalente di 30 euro a testa a 42 donne che non potevano acquistare la materia prima per creare i loro oggetti d'artigianato. Il buon esito dell'esperimento incoraggio' Yunus ad allargare il sistema. Nel 1983 nasce la Grameen Bank (banco rurale, o del villaggio). Oggi le cifre raccontano il successo strepitoso dell'iniziativa: 1.084 filiali nel mondo dove lavorano 12.500 persone. Oltre 7 milioni i clienti, sparsi in 37.000 villaggi. Il 94% sono donne. Negli ultimi 20 anni l'istituto ha erogato prestiti per oltre 2.000 miliardi di euro. Tasso di restituzione oltre il 90%"] Ho cominciato a occuparmi della poverta' non come politico ne' come ricercatore. Ho cominciato a occuparmi della poverta' perche' era attorno a me, e non potevo girarmi dall'altra parte. Nel 1974 trovai che era difficile insegnare eleganti teorie economiche nelle aule universitarie, sullo sfondo di una terribile carestia in Bangladesh. Improvvisamente, sentii l'inutilita' di queste teorie di fronte alla fame e alla poverta' schiaccianti. Volevo fare qualcosa subito per aiutare la gente intorno a me, anche solo un singolo essere umano, ad affrontare il giorno dopo con un po' di agio in piu'. Questo mi ha portato a contatto con la lotta quotidiana dei poveri per procurarsi quei pochi soldi necessari a sostenere i loro sforzi per sbarcare il lunario. Fui scioccato quando scoprii che una donna del villaggio aveva preso in prestito meno di un dollaro da un usuraio, a condizione che lui avrebbe avuto l'esclusivo diritto di comprare tutto quel che lei produceva, al prezzo che lui avrebbe deciso. Questa era per me una forma di schiavitu'. Decisi di fare una lista delle vittime degli usurai nel villaggio vicino al nostro campus universitario. Quando la mia lista fu completata, c'erano i nomi di 42 vittime per un ammontare totale dei prestiti di 27 dollari. Ero scioccato. Offrii 27 dollari dalle mie tasche per togliere le vittime dalle grinfie degli usurai. L'entusiasmo che si diffuse tra la gente in seguito a questa piccola azione mi incoraggio' ad andare avanti. Se potevo far felice tanta gente con cosi' poco denaro, perche' non fare di piu'? Questo e' quel che ho provato a fare da allora in poi. Per prima cosa, provai a persuadere la banca che era nel campus a prestare soldi ai poveri. Non funziono'. Non erano d'accordo. La banca disse che i poveri non erano affidabili. Molti mesi dopo, essendo falliti tutti i miei tentativi, mi offrii come garante dei prestiti ai poveri. Fui stordito dai risultati. I poveri ripagarono tutte le rate dei prestiti, puntuali, ogni volta! Tuttavia continuavo ad avere difficolta' ad espandere il programma attraverso le banche esistenti. Fu allora che decisi di creare una banca a se' per i prestiti ai poveri, cosa che riuscii poi a fare nel 1983. La chiamai Grameen Bank o Banca del Villaggio. Oggi, Grameen Bank da' prestiti a quasi 7 milioni di poveri, il 97% dei quali sono donne, in 73.000 villaggi del Bangladesh. Grameen Bank da' alle famiglie povere, senza garanzie collaterali, prestiti per generare redditi, mutui per la casa, prestiti per studenti e prestiti per microimprese, e offre ai suoi membri un gran numero di programmi per risparmi, fondi pensione e assicurazioni. Da quando sono stati introdotti nel 1984, i mutui sono stati usati per costruire 640.000 case. La proprieta' di queste case appartiene alle stesse donne. Ci siamo concentrati sulle donne perche' abbiamo visto che prestare soldi alle donne porta sempre maggiori benefici alle famiglie. Il totale cumulato dei prestiti dati finora dalla banca ammonta a 6 miliardi di dollari. Il tasso di rimborso e' del 99%. Grameen Bank fa profitti normali. Finanziariamente, e' autosufficiente e non ha piu' preso denaro dai donatori dal 1995. I depositi e le risorse proprie della Grameen Bank adesso ammontano al 143% di tutti i prestiti. Secondo le ricerche interne della Grameen Bank, il 58% dei nostri debitori ha superato la soglia della poverta'... * Seconda generazione Abbiamo cominciato trenta anni fa. Da un po' guardiamo ai figli dei nostri debitori, per vedere qual e' stato l'impatto del nostro lavoro sulle loro vite. Le nostre debitrici mettono sempre i figli in cima alle loro priorita'. Una delle decisioni sviluppate e seguite e' stata quella di mandare i figli a scuola. La banca le ha incoraggiate, e in breve tempo tutti i ragazzi sono andati a scuola, molti con risultati eccellenti. Abbiamo voluto celebrare questo risultato, introducendo borse di studio per studenti di talento. Adesso Grameen Bank da' 30.000 borse di studio all'anno. Molti di questi ragazzi hanno proseguito verso l'istruzione superiore, diventando medici, ingegneri, insegnanti. Abbiamo introdotto altri prestiti per gli studenti universitari, molti di loro adesso hanno il PhD. Attualmente i prestiti agli studenti sono 13.000, e ogni anno se ne aggiungono 7.000. Abbiamo creato una generazione completamente nuova che sara' ben equipaggiata a tenere la propria famiglia fuori dalla poverta'. Vogliamo rompere la continuita' storica della poverta'. * L'economia di mercato Molti dei problemi del mondo oggi, poverta' inclusa, persistono a causa di un'interpretazione troppo stretta del capitalismo. Il capitalismo si incentra sul libero mercato. Si proclama che piu' libero e' il mercato, migliore e' il risultato del capitalismo nel risolvere le questioni del cosa, come e per chi. Si dice anche che la ricerca individuale del profitto porta al risultato collettivo ottimale. La teoria del capitalismo assume l'imprenditore come un essere umano a una sola dimensione, che e' dedito a una sola missione nella sua vita e nel suo business - massimizzare il profitto. Questa interpretazione del capitalismo isola l'imprenditore da tutte le altre dimensioni della vita: quelle politiche, emotive, sociali, spirituali, ambientali. Molti dei problemi del mondo derivano da questa restrizione imposta agli attori del libero mercato. Siamo rimasti cosi' colpiti dal successo del libero mercato che non abbiamo mai osato esprimere alcun dubbio su quell'assunto di base. Abbiamo lavorato sodo per trasformare noi stessi, il piu' possibile, negli essere umani a una sola dimensione concettualizzati nella teoria, per permettere che tutto scorresse liscio nel funzionamento del capitalismo. Il capitalismo e' una storia raccontata a meta'. Definendo l'imprenditore in un senso piu' largo possiamo cambiare radicalmente il carattere del capitalismo, e risolvere molti dei problemi economici e sociali non risolti all'interno del libero mercato. Supponiamo per un momento che un imprenditore, invece di avere una sola motivazione (cioe', massimizzare il profitto) abbia due fonti di motivazione, che si escludono reciprocamente ma sono entrambe cogenti: a) massimizzare il profitto; b) fare del bene alla gente e al mondo. Ciascun tipo di motivazione portera' a un differente tipo di economia. Possiamo chiamare il primo tipo l'economia che massimizza il profitto, la seconda economia sociale. Quest'ultima sara' un nuovo tipo di economia, introdotta nel mercato con l'obiettivo di rendere il mondo differente. Gli investitori nell'impresa sociale potranno avere indietro il denaro investito, ma non prenderanno alcun dividendo dalle societa'. I profitti saranno reinvestiti nella compagnia per espandere il suo campo d'azione e migliorare la qualita' del suo prodotto o servizio. Un business sociale dara' vita a societa' senza perdite e senza dividendi. Una volta riconosciuta per legge l'economia sociale, molte compagnie esistenti proporranno di creare business sociali che andranno ad aggiungersi alle loro attivita' fondative. Anche molti attivisti del settore no profit troveranno attraente questa prospettiva. Al contrario del settore no profit, nel quale c'e' bisogno di raccogliere donazioni per mandare avanti le attivita', un business sociale si potra' autosostenere e creare surplus per espandersi, giacche' e' un'impresa non in perdita. Il business sociale dovra' avere un nuovo tipo di borsa, un suo mercato dei capitali per finanziarsi... Non possiamo affrontare il problema della poverta' all'interno dell'ortodossia del capitalismo venerata e praticata finora. Con il fallimento di tanti governi del terzo mondo nel mandare avanti affari, sanita', istruzione e welfare, da ogni parte arriva la raccomandazione: "fatelo fare ai privati". Sottoscrivo di tutto cuore questa raccomandazione. Ma ho una domanda in proposito: di quale settore privato stiamo parlando? Il settore privato basato sul profitto ha la sua propria agenda, chiarissima. Che entra in serio conflitto con l'agenda pro-poveri, pro-donne, pro-ambiente. La teoria economica non ci ha dato alcuna alternativa a questo settore privato ben conosciuto. Io penso che possiamo creare una potente alternativa - un settore privato socialmente consapevole, creato da imprenditori sociali... 4. LIBRI. AUGUSTO CAVADI PRESENTA "FEDE E NONVIOLENZA" DI JEAN GOSS [Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi at alice.it) per averci messo a disposizione questo suo articolo apparso nella cronaca di Palermo del quotidiano "La Repubblica" del 7 marzo 2007. Augusto Cavadi, prestigioso intellettuale ed educatore, collaboratore del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e' impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia. Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo, Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad. portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera, Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad. portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico, ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, nuova edizione aggiornata e ampliata Dehoniane, Bologna 2003; Il vangelo e la lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze didattiche, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Essere profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce "Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie, Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici. Naufragio della politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000; Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001; Volontariato in crisi? Diagnosi e terapia, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2003; Gente bella, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2004; Strappare una generazione alla mafia, DG Editore, Trapani 2005; E, per passione, la filosofia, DG Editore, Trapani 2006. Vari suoi contributi sono apparsi sulle migliori riviste antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il sito: http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con bibliografia completa). I coniugi Jean Goss (1912-1991) e Hildegard Goss-Mayr (1930-vivente) sono tra i maggiori testimoni della nonviolenza, segretari itineranti del Movimento Internazionale della Riconciliazione (in sigla: Mir) e di numerose esperienze e gruppi di azione liberatrice nonviolenta in varie parti del mondo. Jean Goss e' nato a Lione nel 1912 ed e' scomparso a Parigi nel 1991; Hildegard Mayr e' nata a Vienna nel 1930 (il padre, Kaspar Mayr, e' stato uno dei fondatori del Movimento Internazionale della Riconciliazione). Opere di Jean Goss e Hildegard Goss-Mayr: Une autre revolution, Cerf, Paris 1969; La nonviolenza evangelica, Edizioni La Meridiana, Molfetta (Bari) 1991; in francese cfr. anche (con Jean Lasserre), Une revolution pour tous les hommes, Centre d'Information pour l'ouverture au tiers-monde, Tolosa 1969; Evangile et luttes pour la paix, Les Bergers et les Mages, Parigi 1989; opere di Jean Goss: Fede e nonviolenza, L'Epos, 2006; opere di Hildegard Goss-Mayr: Come i nemici diventano amici, Emi, Bologna 1997. Opere su Jean Goss e Hildegard Goss-Mayr: si veda il libro-intervista curato da Gerard Houver, Jean e Hildegard Goss. La nonviolenza e' la vita, Cittadella, Assisi 1984, nuova edizione accresciuta, Edizioni Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 1994] Si puo' essere praticanti della nonviolenza senza avere una "fede"? Jean Goss, storico animatore del "Movimento internazionale per la riconciliazione", offre una risposta profonda: una fede e' necessaria, ma non e' necessario che sia religioso-confessionale. Basta credere che ogni essere umano non sia riducibile al suo errore e che ci si possa appellare alla sua coscienza morale seppellita sotto la montagna di male che egli compie. Niente buonismi, pero'. Il nonviolento e' attivo, a suo modo "aggressivo": denuncia i responsabili delle ingiustizie; se non e' sufficiente, si rifiuta di collaborare a ogni genere di sopruso; in extremis, disobbedisce alle leggi ingiuste e si sottopone alle sanzioni previste. Perche' dietro ogni situazione di violenza ci sono due gruppi (uno che la compie, un altro che la subisce) e se uno solo si sottrae, l'altro crolla. Tutti i ceti dominati sono corresponsabili, con la propria vilta', dell'arroganza di chi li domina. E questo vale anche "per tutti coloro che nel mondo ci dirigono, sia che si tratti di governo, sia che si tratti di Chiesa". 5. LIBRI. MARIA PAOLA FIORENSOLI PRESENTA IL "PICCOLO DIZIONARIO DELL'INEGUAGLIANZA FEMMINILE" DI ALICE CERESA [Dal sito de "Il paese delle donne on line" (www.womenews.net/spip3) riprendiamo la seguente recensione. Maria Paola Fiorensoli, prestigiosa intellettuale e militante femminista, storica e giornalista, e' presidente dell'associazione "Il paese delle donne". Alice Ceresa (1923-2001), scrittrice, giornalista, traduttrice e consulente editoriale italiana di origini svizzere, ha vissuto prevalentemente a Roma. Opere di Alice Ceresa: La figlia prodiga, Einaudi, Torino 1967; La morte del padre, Einaudi, Torino 1979; Bambine, Einaudi, Torino 1990; La figlia prodiga e altri scritti, La Tartaruga, Milano 2004; Piccolo dizionario dell'ineguaglianza femminile, Nottetempo, 2007)] Di Alice Ceresa, traduttrice, giornalista e consulente letteraria per la casa editrice Longanesi, esce postumo Piccolo dizionario dell'ineguaglianza femminile (Nottetempo, 2007), curato da Tatiana Crivelli, con postfazione di Jacqueline Risset. * In una lettera all'amica e traduttrice francese Michele Causse, scritta nel 1976 e conservata nell'Archivio svizzero di letteratura (perche' Ceresa e' nata a Basilea e cresciuta in Ticino), e' la frase in cui scopre di "non poter piu' scrivere un libro tutto di seguito, come spiegato nella figlia prodiga", ritiene che le donne "non dovrebbero mai scrivere libri tutti di seguito, vale a dire per esempio romanzi, perche' ho il forte sospetto che non corrisponda loro questa forma presuntuosa di creazione organizzata banalmente come la banale vita che ci hanno fatta", ipotizza che "le donne dovrebbero fare filtri, come le streghe. Io, per ora, distillo". Trent'anni di distillazione, una vita spesa nella tensione politico-letteraria, fra "ricerca della concisione e ambizione a un valore universale delle definizioni proposte" ed ecco il Dizionario, frutto disincantato e incantevole dette tante parole che "in spietato e ordinatissimo estratto alfabetico, attraverso la figura femminile si incarna esemplarmente la grottesca innaturalita' in cui la societa' moderna si e' andata strutturando". Nelle carte del Dizionario, mai dato dall'autrice alla stampa, anche la storia di un work in progress: scalette, cambi di progetto sulle voci da inserire, varie riflessioni sui termini, innumerevoli redazioni dattiloscritte che certificano un esercizio costante di revisione critica. Negli anni in cui non ha mai smesso di accrescere e migliorare le sue "voci", che gia' nel 1976 erano numerose. Alice Ceresa non si e' mai concessa la soddisfazione di porsi davanti a un compiuto, pur nella continua intenzionalita' di pubblicare, come accadde con le cinque voci stampate in traduzione francese nel 1977 e tedesca nel 1993. L'autrice scrisse all'amica: "Adesso ti spiego come la vedo io: per me l'inuguaglianza femminile non e' fatta dei temi delle rivendicazioni, ma e' ancorata nella intera visione del mondo; ergo, se io faccio un dizionario (che comprende le parole dello scibile), devo fare il giro anzitutto delle radici di quest'albero dell'inuguaglianza. Anzi ti diro' che la mancanza di questo giro d'orizzonte e' la maggiore debolezza delle femministe anche se capisco che chi si batte (fortunatamente per noi tutte) nelle strade non puo' avere di queste preoccupazioni. Io pero' le posso avere, anzi, direi che debbo... in conclusione, il piccolo dizionario io non lo scrivo per le donne; lo scrivo perche' va scritto. E siccome io scrivo difficile, ebbene, sara' difficile; non mi risulta che le cose, e neanche quelle da capire, siano facili. Se poi non mi vogliono leggere, ne fanno a meno. Di chi devo avere pieta'? E in nome di che cosa? Della stupidita'? Abbasso la stupidita'". * Avvertiamo, come la curatrice, che tutto il fascicolo contenente l'apparato filologico e' gratuitamente scaricabile in formato pdf dal sito dell'editore (www.edizioninottetempo.it/Ceresa_Crivelli.pdf). Segnaliamo che poche curatrici si dimostrano tante attente a fornire indicazioni sui materiali e sulla formulazione della loro opera quanto Tatiana Crivelli che, in appendice, non solo giustifica i motivi della pubblicazione dell'inedito ma propone le versioni espunte dalle carte di lavoro di Ceresa e filologicamente significative. Jacqueline Risset infatti nota che, "benche' sia stato ideato e iniziato negli anni Settanta, il Piccolo dizionario non offre traccia di risentimento ne' di esaltazione monovalente, es. 'donna e' bello', ecc. Furore e ironia dominano, piu' ancora che negli altri scritti della stessa autrice; e si dovrebbe forse scrivere quei due nomi con la maiuscola... come avviene per alcune voci particolari, cosi' che nozioni astratte come Biologia o Letteratura diventano allegorie femminile in azione". Si legge: "Assetata di ordine e di plausibilita', la biologia, che allora ignorava di portare questo nome, si aggirava disperata nel mondo". Ancora: "La letteratura vive in caverne tappezzate di libri e molto raramente esce allo scoperto... Agisce in solitudine, non le si conoscono complici o amici e svolge le sue alchemiche attivita' lontano dagli occhi di tutti". Cosa ha fatto Alice Ceresa se non continuare a "usare parodisticamente il linguaggio del diritto, della legge, della norma, facendo apparire l'arbitrarieta' e l'aberrazione della norma"? Cosa e quanto ci ha lasciato attraversando quella cultura che definisce "la somma della tradizione e del sapere di un popolo o dell'umanita' intera", che consiste "in qualsiasi manifestazione dell'umana natura purche' abbracciata da un numero sufficiente di individui" e che, qui lo scarto, "e' quindi un fatto quantitativo e non qualitativo come si vorrebbe farci credere"? Il Dizionario, assicura l'autrice, conferma la curatrice, non fornisce risposte. A partire dall'anima. Anima: "organismo non soltanto invisibile, inodore, asonoro, impalpabile e insipido, ma anche razzista... Studiata da apposite discipline e amministrata da specifiche istituzioni quali filosofie e psicologie da una parte, chiese e manicomi dall'altra, per non citare che le piu' appariscenti; e partecipa per estensione a tutte le attivita' umane, dalla riproduzione della specie alla guerra, nonche' a quelle piu' squisitamente sociali, dalla politica ai tribunali, senza che le sia concesso di dire bah. L'anima infatti, essendo immateriale, non puo' parlare e neanche e tantomeno mordere". Veramente un sollievo. 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 44 del 30 marzo 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html e anche alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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