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Nonviolenza. Femminile plurale. 95
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 95
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 29 Mar 2007 12:36:31 +0200
- Importance: Normal
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 95 del 29 marzo 2007 In questo numero: 1. Cristina Papa: Ciudad Juarez, la citta' della morte 2. Rossana Rossanda: Attraversare 3. Lucetta Scaraffia: I femminismi sono tanti 4. Eva Cantarella: Contro il pensiero unico 5. Libreria delle donne di Milano: Un commento 1. MONDO. CRISTINA PAPA: CIUDAD JUAREZ, LA CITTA' DELLA MORTE [Dal sito de "Il paese delle donne on line" (www.womenews.net/spip3) riprendiamo il seguente articolo. Cristina Papa, intellettuale femminista da sempre impegnata per la pace e i diritti umani, fa parte della redazione de "Il paese delle donne" ed e' curatrice del sito e della versione elettronica della rivista (www.womenews.net/spip3)] Esce oggi nei cinema distribuito da Medusa e patrocinato da Amnesty International, Bordertown, il film-denuncia diretto da Gregory Nava e interpretato da Jennifer Lopez e Antonio Banderas che racconta 14 anni di omicidi seriali di donne in Messico. Bordertown racconta in tutta la sua atrocita' una storia vera: quella di 430 donne (di eta' compresa tra i 6 e i 25 anni) trovate massacrate nei campi intorno a Ciudad Juarez, e di altre 600 scomparse dal 1993. Le vittime, quasi tutte giovani, carine, magre e con i capelli lunghi, provenivano da famiglie povere ed erano originarie di altre citta'. Nella maggior parte dei casi i corpi, ritrovati a settimane di distanza dalla scomparsa, portano le tracce delle violenze estreme e delle torture subite in aggiunta alla violenza sessuale di cui tutte sono state vittime. Spesso il viso appare massacrato e irriconoscibile e in alcuni casi il corpo bruciato e mutilato secondo modalita' che ricordano fin troppo da vicino l'operato di un serial killer. Molte tra le ragazze scomparse erano arrivate a Ciudad Juarez con la speranza di essere assunte come operaie da una delle numerose fabbriche che assemblano, per societa' multinazionali, prodotti per l'esportazione (maquiladoras) che costituiscono la fonte principale di sostentamento per gli e le abitanti della citta'. Altre erano impiegate, domestiche, studentesse, commesse, segretarie, etc. che, come il 35% della popolazione economicamente attiva di Ciudad Juarez, si erano trasferite in quella citta' perche' il salario delle maquiladoras, in media di 4 dollari al giorno per dieci ore di lavoro, sembrava comunque meglio della poverta' e dell'isolamento in cui vivevano nei loro villaggi. Le maquiladoras attingono da questo stesso bacino di popolazione impoverita la mano d'opera di cui hanno bisogno ma, malgrado tutti i vantaggi (fiscali, infrastrutture moderne e gratuite, salari bassi) di cui beneficiano, non partecipano in nessun modo allo sviluppo della citta', tanto che il 14% della popolazione non ha ancora un accesso diretto all'acqua potabile, mentre il 44% delle strade sono ancora senza asfalto e prive di illuminazione notturna. Ciudad Juarez e' una citta' violenta attraverso cui transita l'80% della cocaina proveniente dalla Colombia e destinata al mercato nordamericano e in cui piu' di 500 bande di strada si dedicano ad attivita' criminali di ogni genere, spesso imponendo lo stupro di una giovane ragazza come rito di iniziazione ai nuovi membri del gruppo. In questa citta', in cui il predominio maschile caratterizza ogni livello dell'organizzazione sociale, la violenza verso le donne si esprime tanto nell'ambiente domestico quanto in quello lavorativo, creando un facile contesto per gli assassini che possono contare sull'indifferenza assoluta, che sfiora la complicita', della polizia locale. Cosi', omicidio dopo omicidio Ciudad Juarez e' diventato per le donne il luogo piu' pericoloso del mondo, soprattutto da quando, a partire dal 2001, con il moltiplicarsi delle inchieste di organismi internazionali i corpi delle vittime violentate e strangolate hanno cominciato a scomparire nel nulla. Polizia, magistratura, governo locale e federale minimizzano il numero di omicidi e anzi indicano nelle vittime le vere responsabili che passeggiavano in luoghi bui e indossavano minigonne o altre mises provocanti... Alla fine del 1999, alcuni cadaveri di donne e bambine furono ritrovati vicino ai ranch di proprieta' di trafficanti di cocaina. Tale coincidenza sembrava stabilire un legame tra gli omicidi e la mafia del narcotraffico, a sua volta legata alla polizia e ai militari, ma le autorita' rifiutarono di seguire questa pista preferendo piuttosto incolpare consapevolmente degli innocenti, tanto per placare un po' l'opinione pubblica. Coperti dalla piu' assoluta impunita' gli assassini hanno minacciato di morte, e a volte ucciso, avvocati e talvolta i loro familiari, giudici, procuratori, giornalisti per costringerli ad abbandonare le inchieste sugli omicidi delle donne. Secondo alcune fonti federali, sei importanti imprenditori di El Paso, del Texas, di Ciudad Juarez e di Tijuana assolderebbero sicari incaricati di rapire le donne e di consegnarle nelle loro mani, per poterle violentare, mutilare e infine uccidere. Questi ricchi imprenditori sarebbero vicini a certi amici del presidente Vicente Fox e avrebbero contribuito ai finanziamenti occulti della campagna elettorale che ha portato Fox alla presidenza del paese, mentre Francisco Barrio Terrazas, ex governatore di Chihuahua diventava suo ministro. Questo spiegherebbe perche' nessun vero colpevole ha mai avuto fastidi con la polizia dopo la morte di oltre 400 donne. Bordertown e' un film bello, duro, coraggioso e importante perche' tenta di far arrivare al grande pubblico le storie delle ragazze uccise, restituendogli un nome e la dignita' di persone sottratta dallo scempio dei loro cadaveri, e che invita tutte e tutti a fare qualcosa per farmare la catena di omicidi. In molte delle sale in cui sara' proiettato il film, gli spettatori potranno ritirare una cartolina, firmarla e spedirla ad Amnesty International. In questo modo, prenderanno parte alla campagna di Amnesty International per porre fine al femminicidio in Messico, assicurare giustizia ai familiari delle vittime e proteggere le sopravvissute alla violenza. L'organizzazione per i diritti umani consegnera' all'ambasciata del Messico in Italia tutte le cartoline ricevute. 2. RIFLESSIONE. ROSSANA ROSSANDA: ATTRAVERSARE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 marzo 2007. Rossana Rossanda e' nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio Banfi, antifascista, dirigente del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per aver dato vita alla rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in rapporto con le figure piu' vive della cultura contemporanea, fondatrice del "Manifesto" (rivista prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di piu' drammatica attualita' e sui temi politici, culturali, morali piu' urgenti. Tra le opere di Rossana Rossanda: L'anno degli studenti, De Donato, Bari 1968; Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o della politica come educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me. Donna, persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con Pietro Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995; con Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita', Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri, Torino 1996; La ragazza del secolo scorso, Einaudi, Torino 2005. Ma la maggior parte del lavoro intellettuale, della testimonianza storica e morale, e della riflessione e proposta culturale e politica di Rossana Rossanda e' tuttora dispersa in articoli, saggi e interventi pubblicati in giornali e riviste] Si da' grande rilievo all'emergere di figure femminili nei ruoli politici di comando: Angela Merkel e' cancelliera in Germania, Michele Bachelet premier in Cile e Segolene Royal candidata alla presidenza della repubblica in Francia, Hillary Clinton corre per la presidenza del 2008 negli Stati Uniti. Ida Dominijanni ("Il manifesto" del 13 marzo 2007) segnala una riflessione di Luisa Muraro e Lia Cigarini: sarebbe un effetto del femminismo. Si' e no. Certo il ritardo con il quale approdano ai governi e' la piu' manifesta confessione che il sistema dichiarato di diritti universali non e' tale affatto, o che qualcosa di non detto e' riuscito a eluderlo se neppure i giuristi all'esclusione delle donne hanno dato grande attenzione. Non e' straordinario che, a oltre due secoli dalla dichiarazione dei diritti del 1789, secondo la quale ogni uomo nasceva "uguale in diritti" (per "uomo" si intendeva membro della specie umana), ci si feliciti caldamente se qualche donna avanza nel governo della cosa pubblica? Gia' fra il 1789 e l'ammissione delle donne al suffragio universale, diritto primo ed elementare, era passato mediamente piu d'un secolo e mezzo. Le donne erano uscite dalla casa e dai campi, dilagavano nel lavoro e nelle reti sociali, ma filosofia e costume facevano come se non fosse. E all'inizio del Duemila ci si stupisce che questo avvenga anche nella sfera politica. Dove peraltro le donne restano assai minoritarie, come dimostra la discussione fra quote e non quote, quasi che i sessi non fossero manifestamente due e uguale dovesse esserne la rappresentazione. Di fronte a questa macroscopica distanza fra principi e realta' degli umani rapporti, alcune femministe hanno detto che il ritardo del diritto e' stato tale che le piu avvedute lo rifiutavano, stabilendo i veri e decisivi rapporti solo fra di loro, in una comunita' altra. * Sarebbe l'accumulo simbolico di questa comunita' critica di donne ad avere sfondato il muro dei poteri pubblici cui stiamo assistendo? Non so. Lo sfondamento e' denso di valori e di interrogativi. Fa riflettere che esso si sia verificato nel secolo scorso, e prima che in occidente, in sistemi che dire di democrazia imperfetta e' poco. E' con la fine del dominio coloniale inglese che si ha la prima donna capo di stato - se non sbaglio - a Ceylon, Sirimavo Bandanaraike. E poi Indira Gandhi in India e Benazir Bhutto in Pakistan. Sono contesti tumultuosi ed e' determinante il carisma familiare; Indira Gandhi e' figlia del Pandit Nehru, seguace del Mahatma e primo capo dello stato indipendente. Benazir Bhutto, pakistana, e' figlia di Ali Bhutto, impiccato dal colpo di stato del generale Zia. La Bandanaraike vedova del leader dell'opposizione appena ucciso. Anche Violeta Chamorro in Nicaragua e Cory Aquino nelle Filippine sono ereditiere d'un capo. Tuttavia se in tutte il nome che portano e' stato decisivo nell'accedere alla carica, nessuna di esse governa come schermo di un altro uomo. Indira Gandhi diventa anzi una figura di rilievo nel secolo (finira' assassinata come uno dei suoi figli), ma anche altre hanno governato i loro paesi da se' e per se'. Regine a parte (e anche queste poche, e madri o vedove) questo non era accaduto sino a meta' del Novecento, a indipendenze e borghesie nazionali installate. Nell'ambito occidentale, tolta Golda Meir che diventa premier in Israele dopo la guerra dei sei giorni, nel 1969, ci vorranno altri dieci anni per avere la prima donna premier in Europa: e' il 1979 quando entra, a Downing Street, Margaret Thatcher. Nel suo caso non contano affatto ne' padre ne' marito e figli, come piu' tardi per la norvegese Gro Brundtland, oggi per Michele Bachelet e Angela Merkel e forse domani Segolene Royal, cui l'essere in coppia con Francois Hollande, segretario del partito socialista nuoce piu' che non giovi. Conta invece negli Stati Uniti, che non hanno mai avuto una donna presidente, se Hillary Clinton si candida con il nome del marito piuttosto che con il suo, Rodham. E soltanto da quest'anno una donna, Nancy Pelosi, presiede il Congresso a Washington. In Italia sono molte e da un pezzo le donne sindaco, ma non si delinea una figura di premier. * Se ne possono trarre delle conclusioni? Per esempio che una figura femminile emergerebbe piu' facilmente in situazioni sociali arcaiche e nel corso di acuti conflitti identitari? Che, salvo nel caso di Golda Meir, proveniente dalla sinistra politica e sindacale del Mapai e dell'Histadruth, sono i partiti conservatori a portare alle massime cariche una donna? Qualche nostra femminista s'era innamorata dell'Irene Pivetti quando la Lega l'ha imposta come presidente della Camera: giovane e bella, era sembrata "diversa" da Nilde Jotti, che aveva coperto la stessa carica, o di Rosy Bindi, che ha molto piu' protagonismo oltre che sale in zucca. E' sicuro che Margaret Thatcher ha avuto piu' fegato del suo partito nel demolire quel che poteva delle conquiste sociali del Labour, non per niente l'hanno chiamata la lady di ferro. Ma questo vorrebbe dir solo che le donne di destra hanno piu' chances di quelle di sinistra. In un registro piu soft e' lo stesso per Angela Merkel, la cui ascesa e' stata contrastata con tutti i mezzi, e non i piu' puliti, da Gerhard Schroeder e Joschka Fischer. E in chiave antiprogressista sono passate Violeta Chamorro in Nicaragua e Cory Aquino nelle Filippine. Farebbe eccezione il Partito socialista in Francia - breve e infelice era stato il passaggio di Edith Cresson su chiamata di Mitterrand - se Segolene Royal non si fosse scelta da sola come candidata alla Presidenza della repubblica, creandosi una sua base attraverso il suo blog "Desir d'avenir" e battendo i maschi di famiglia. Infine, di queste donne femminista non e' nessuna, eccezion fatta per Gro Brundtland e per un iniziale impegno, smentito poi da quel che ha fatto al governo, Benazir Bhutto. Ad avere la meglio e' l'empowerment proposto da Hillary Clinton, con tutte le sue ambiguita'. * Non direi dunque che il femminismo - a stare alla formulazione degli anni '70-'80 come movimento di liberazione della donna che ha denunciato l'emancipazionismo come spinta a ottenere gli stessi ruoli dei maschi - sia stato l'elemento decisivo. Esso ha avuto e mantiene un ruolo assai piu determinante nella crisi della politica novecentesca che nella ascensione delle donne in politica. Questa si deve ancora in grandissima parte a quell'emancipazione femminile che e' innestata nella crescita della borghesia occidentale. Innestata e rispondente alla logica del sistema economico, ma incapace di obliterare il conflitto sessuale. Esso domina esplicitamente nelle culture estreme: i neocon strepitano contro il burka ma hanno tenuto fermo il patriarcato in forme fin derisorie, come il giuramento di castita' fatto dalle figlie ai padri in cerimonie molto d'elite, fra fiori e nastri, precluso l'ingresso alle madri, a mo' di garanzia che la consegna della fanciulla passi da uomo a uomo. La chiesa di Ratzinger si impegna ossessivamente contro il sacerdozio femminile. Tutti i fondamentalismi si basano sulla inferiorita' della donna, e se mai c'e' da chiedersi perche' oggi si manifestino piu' di ieri. Ma fuori di essi non cessa una opaca misoginia, mista alla confusione degli uomini su di se' e il timore d'un crescere di qualche potere femminile. Queste inconfessate paure sono non meno cogenti del bisogno di forza di lavoro, fisica e intellettuale, delle donne. In Francia, la candidata Segolene Royal e' seguita dai media con un voyeurismo compulsivo, dagli abiti che porta alla minima parola che dice o non dice, e le donne, che non votano mai con giubilo per le donne, non si privano dei se e dei ma - ma veste troppo elegante, no troppo noiosa, ma fa troppo professoressa, no troppo madre, ma e' troppo femminista, no non lo e' affatto, ma (ed e' il dubbio piu seminato) sara' poi in grado di dirigere un grande paese? Domanda che nessuno si porrebbe per un maschio con un curriculum come il suo, due volte ministra, con Mitterrand e con Jospin, e presidente d'una grande regione. Il patriarcato e' incrinato, ma lungi dall'essere finito. Soprattutto la macchina del governo trita tutto cio' che non sta gia' nelle sue articolate maglie. E non perche' vecchia e non funzionante, ma perche' complessa e coinvolgente. Molte sono state le donne portate avanti da Mitterrand, incluse femministe storiche come Antoinette Fouque e Veronique Neiertz, molte sono state ottime ministre in dicasteri essenziali come economia e lavoro (Aubry) o giustizia (Guigou), ma nel sistema politico nulla hanno cambiato, non dico le forme o il metodo, ma neppure nelle proporzioni fra contenuti. Esso e' impermeabile: anche il presentarsi di Cicciolina a Montecitorio nuda sotto la bandiera nazionale ha turbato un momento, e' scivolata via come la pioggia sulle piume di un'anitra. Se la societa' civile, quale che sia il senso che si voglia dare alla parola, se ne ritira, esso continua a macinare le decisioni, ed e' penoso sentir ripetere che esso sarebbe in crisi. Non e' in crisi, l'astensione essendo un suo meccanismo di funzionamento messo in conto. Cosi' e' anche quando se ne ritirano le donne dichiarandolo inessenziale. O se ne cambiano i codici o si subiscono. * Ma come si cambiano? Il discorso sarebbe lungo. Mi ha colpito la morte di Angela Putino, cui Luisa Muraro ha dedicato una bella e affettuosa pagina sul "Manifesto" del 17 gennaio scorso. Angela era esile come un uccello e il suo ragionare era un volo di rondine che lasciava senza fiato. Ma la sua riflessione sul farsi del soggetto, dell'idea di se' nelle culture e nel tempo mi pare la piu fertile; avviene, essa scrive, come similmente all'evoluzione delle forme biologiche, vista piu' da Cuvier che da Darwin, per attriti e inclusioni, non sorretta da un disegno finale ma disegnando piu' fini, via via formantisi e formatori. La "differenza" delle donne sarebbe "l'estraneita'" alla storia, guidata finora da un solo sesso, e oggi affiorata alla coscienza e non piu' subita. Cosi' ne parlava Virginia Woolf e Putino reinterpreta: essa produce uno sguardo diverso, una lettura altra. Nella "societa' delle estranee" avevo, a suo tempo, veduto un rifiuto di ingerirsi. Putino lo vede un'ingerenza permanente, uno sguardo da un altro punto di fuga, un approccio via via modificato da quel che vede e che a sua volta modifica. E' un farsi, una storicita' senza alcun determinismo, che liquida il dilemma fra omogeneizzarci al pensato politico o voltargli le spalle. A condizione che non pensiamo a noi stesse come un progetto finale ma inattuato, quale e' suggerito dall'ordine della madre, o da chi ci vede come portatrici di sentimenti e passioni che romperebbero con l'astrazione del maschile (e quindi del politico, peraltro traversato fin troppo da passioni e sentimenti, alti e bassi). Le soggettivita' di Angela sono differenti e connesse per frizione, chiuse e aperte, mai ripetentisi tali e quali. E' una chiave per ricontrattare e riscrivere le regole del pensare e fare politico. Che dunque dovremmo riattraversare tutto sempre da chi guarda venendo da un punto diverso, ma guarda, non si distrae, vuol vedere tutto. E nel farlo persegue, per cosi' dire, umanamente, un conflitto che non approdi a un suicidio o a una messa a morte, anche se molto deve cadere. In questa chiave leggerei l'affermarsi di alcune donne dentro gli schemi di un'emacipazione che ha modificato la scena anche per l'accumulo di un'esperienza di se' femminista, andata oltre di essa. Anche e oltre. 3. DIBATTITO. LUCETTA SCARAFFIA: I FEMMINISMI SONO TANTI [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso sul "Corriere della sera" del 20 marzo 2005 col titolo "I femminismi sono tanti, ma l'Italia non lo sa". Lucetta Scaraffia, nata nel 1948, insegna storia contemporanea all'universita' "La Sapienza" di Roma. Socia fondatrice della Societa' italiana delle storiche, si e' occupata, oltre che di storia della religiosita', di storia della famiglia e della comunita' contadina. Tra le opere di Lucetta Scaraffia: La santa degli impossibili, Rosenberg & Sellier, Torino 1990; con Gabriella Zarri, Donne e fede, Laterza, Roma-Bari 1994, traduzione inglese Women and faith, Cambridge University Press, 1999; Il Concilio in convento, Morcelliana, Brescia 1996; Rinnegati. Per una storia dell'identita' occidentale, Laterza,1993; Il giubileo, Il Mulino, Bologna 1999 (tradotto in spagnolo per l'editore Acento); con Anna Bravo, Donne del '900, Liberal libri, 1999; con Anna Bravo e Anna Foa, I fili della memoria, Uomini e donne nella storia, Laterza, Roma-Bari 2000 (manuale di storia, in tre volumi); con Anna Bravo, Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Storia sociale delle donne nell'Italia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001] In Italia sembra esistere un solo femminismo, sempre vigile nella difesa della legge 194 e favorevole a ogni svolta del pensiero progressista: dai Pacs all'ideologia del gender, dalla vendita degli ovociti all'inseminazione eterologa. Negli altri paesi occidentali, invece, i femminismi sono tanti, e talvolta profondamente diversi. Per la Francia, un esempio clamoroso e' offerto dall'ultimo libro di Sylviane Agacinski (Engagements, Seuil), nel quale la filosofa affronta due temi di fondo: l'uguaglianza dei due sessi, intesa come uguale possibilita' di rappresentare l'umanita', e l'idea che ciascuno e' il suo corpo, e che questo corpo non e' ne' uno strumento ne' una merce. La studiosa francese si contrappone con nettezza all'ipotesi della neutralita' sessuale tipica dell'ideologia del gender, correndo consapevolmente il rischio di essere considerata colpevole, come scrive, di "militantismo eterosessuale". Infatti l'autrice sostiene che la parita' non si ottiene facendo entrare le donne in una categoria astratta di individuo, ma, al contrario, tenendo conto che il cittadino e' sia uomo sia donna. In questo modo la Agacinski respinge come falsa l'opposizione tra universalismo e differenzialismo, e attribuisce alla differenza sessuale quel ruolo di differenza universale tanto criticato, invece, dalle sostenitrici del gender. Del resto, la filosofa sa bene che senza distinzione non e' possibile elaborare alcun processo cognitivo. Ma, dal momento che essa opera includendo ed escludendo, mentre rende possibile la cognizione attiva, al tempo stesso, la simmetria e, di conseguenza, la normativita'. Il problema che la Agacinski si pone, e che risolve con la concezione di un genere umano che comprende una differenza interna, e' quello di accettare la distinzione fra i sessi senza tradurla in un sistema di potere. Non si tratta di una affermazione da poco, se si pensa che tutte le proposte di riconoscimento di diritti alle coppie omosessuali - incluse l'adozione e la procreazione assistita - si fondano sull'idea che la polarita' eterosessuale non sia fondante della cultura e della societa', ma in sostanza un arbitrio da cancellare. Non stupisce allora la requisitoria della filosofa contro la legalizzazione dell'utero in affitto, "come se la gestazione fosse un lavoro artigianale e il bambino stesso un prodotto fabbricato del quale si puo' fissare un prezzo". Ne' meraviglia il fatto che la Agacinski affermi con chiarezza - contro l'opinione di chi sostiene che per fare i genitori e' sufficiente l'amore per il figlio - che "le regole della filiazione sono state costruite sulla bilateralita' della coppia uomo-donna, e non sui sentimenti che i genitori potevano provare l'uno per l' altro. Non e' mai l'amore ne' il desiderio in quanto tale che spiega la binarieta' della coppia di genitori". I ruoli di madre e padre, infatti, non hanno solo una valenza psicologica ma svolgono un'importante funzione simbolica perche' definiscono il posto del nuovo nato fra le generazioni e fra i sessi, in sostanza definiscono il suo posto nell'umanita'. * Attento alle suggestioni di un femminismo critico di matrice anglosassone e' invece il libro di Alessandra Nucci (La donna a una dimensione, Marietti), meno approfondito dal punto di vista teorico, ma ricco di informazioni interessanti e poco note in Italia. Una parte importante del volume e' infatti dedicata alla dettagliata ricostruzione dell'azione svolta dalle Nazioni Unite per diffondere in tutte le culture del mondo il concetto neutro di gender in sostituzione della polarita' maschio-femmina. Interessante e' la critica della Nucci al modo in cui viene diffusa, su impulso di una agenzia dell'Onu (la Cedaw), l'educazione sessuale in eta' molto precoce: un modo che non si limita a lottare contro i tabu', ma punta a "demolire la comune sensibilita'", per arrivare a "desensibilizzare i giovani al legame affettivo e spirituale che e' insito nei rapporti sessuali", producendo in loro una "maturazione forzata". A riprova di cio' l'autrice cita quanto accadde nel 2002 durante l'assemblea generale sull'infanzia, quando l'Unicef fu accusata di aver finanziato un libro in cui non solo si promuove l'aborto ma si incoraggiano i bambini ad avere relazioni sessuali con omosessuali, con altri minori e con animali. * La cultura femminista e' insomma piu' interessante e articolata di quanto appaia se la si vede solo come risorsa politica della sinistra, e dunque fatalmente spinta a un progressismo esasperato. E sono importanti tutte le occasioni che permettono di arricchire il dibattito, sfuggendo al pensiero unico che tende a stendere su questi temi uno spesso velo di conformismo. 4. DIBATTITO. EVA CANTARELLA: CONTRO IL PENSIERO UNICO [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso sul "Corriere della sera" del 22 marzo 2005 col titolo "Platone contro il pensiero unico femminista". Eva Cantarella, docente universitaria di diritto romano e di diritto greco; ha pubblicato molte opere sulla cultura antica ed e' autrice di fondamentali ricerche sulla condizione della donna nelle culture antiche. Dall'enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche riprendiamo la seguente scheda: "Nata nel 1936 a Roma, Eva Cantarella si e' laureata in giurisprudenza nel 1960 presso l'universita' di Milano. Ha compiuto la propria formazione postuniversitaria negli Stati Uniti all'Universita' di Berkeley e in Germania all'universita' di Heidelberg. Ha svolto attivita' didattica e di ricerca in Italia presso le universita' di Camerino, Parma e Pavia e all'estero all'Universita' del Texas ad Austin ed alla Global Law School della New York University. E' professore ordinario di Istituzioni di diritto romano presso la facolta' di giurisprudenza dell'universita' di Milano, dove insegna anche diritto greco. Partendo dalla ricostruzione delle regole giuridiche, le ricerche di Eva Cantarella, sia in campo romanistico che grecistico, tendono da un lato a individuare la connessione tra le vicende politiche ed economiche e la produzione normativa, e dall'altro a verificare la effettivita' delle norme stesse, analizzando lo scarto tra diritto e societa', la direzione di questo scarto e le ragioni di esso". Tra le opere di Eva Cantarella: La fideiussione reciproca, Milano 1965; Studi sull'omicidio in diritto greco e romano, Milano 1976; Norma e sanzione in Omero. Contributo alla protostoria del diritto greco, Giuffre', Milano 1979; L'ambiguo malanno. Condizione e immagine della donna nell'antichita' greca e romana, Editori Riuniti, Roma 1981; Tacita Muta. La donna nella citta' antica, Editori Riuniti, Roma 1985; Pandora's Daughters, Bpod, 1987; Secondo natura. La bisessualita' nel mondo antico, Editori Riuniti, Roma 1988; I supplizi capitali in Grecia e a Roma, Rizzoli, Milano 1991; Diritto greco, Cuem 1994; Passato prossimo. Donne romane da Tacita a Sulpicia, Feltrinelli, Milano 1996; (con Giulio Guidorizzi), Profilo di storia antica e medievale, Einaudi Scuola, 1997; Pompei. I volti dell'amore, Mondadori, Milano 1998; (con Luciana Jacobelli), Un giorno a Pompei. Vita quotidiana, cultura, societa', Electa, Napoli 1999; Storia del diritto romano, Cuem, 1999; Istituzioni di diritto romano, Cuem, 2001; (con Giulio Guidorizzi), Le tracce della storia, Einaudi Scuola, 2001; Itaca. Eroi, donne, potere tra vendetta e diritto, Feltrinelli, Milano 2002; (con Lorenzo Gagliardi, Marxiano Melotti), Diritto e sessualita' in Grecia e a Roma, Cuem, 2003; (con Giulio Guidorizzi), L'eredita' antica e medievale, Einaudi Scuola, 2005; L'amore e' un dio, Feltrinelli, Milano 2006; Il ritorno della vendetta, Rizzoli, Milano 2007; altre opere a destinazione scolastica: (con Giulio Guidorizzi), Corso di storia antica e medievale, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Il mondo antico e medievale, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), La cultura della storia. Laboratorio, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Lo studio della storia. Laboratorio, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Storia antica e medievale, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Antologia latina, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi, Laura Pepe), Letteratura e storia di Roma antica. Antologia degli autori latini, Einaudi Scuola; (con G. Martinotti), Cittadini si diventa, Einaudi Scuola; (con E. Varni, Franco Della Peruta), La memoria dell'uomo, Einaudi Scuola] In un articolo pubblicato su questo giornale martedi' 20 marzo, Lucetta Scaraffia ricordava che mentre in Italia sembra esistere un solo femminismo, favorevole a ogni svolta del pensiero progressista, negli altri Paesi occidentali i femminismi sono tanti, talvolta profondamente diversi. E su questo (vale a dire sul fatto che i femminismi sono molti) non si puo' che consentire: c'e' il femminismo afroamericano, essenzialista, evolutivo, islamico, liberale, marxista, radicale, separatista, psicoanalitico, socialista, esistenzialista, postmoderno (riprendo l'elenco dal recentissimo libro di due filosofe, Pieranna Garavasco e Nicla Vassallo, Filosofia delle donne, Laterza 2007). Piu' problematico invece, per quanto mi riguarda, il discorso - che segue - sui femminismi che rifiutano soluzioni progressiste a problemi quali l'aborto, i Pacs, i Dico, la vendita degli ovociti, l'inseminazione eterologa e i diritti delle coppie omosessuali. Con riferimento a questi ultimi diritti, e contro l'ipotesi di concederli, viene citata la filosofa Sylviane Agacinski. Se ho colto esattamente il suo pensiero, Agacinski ritiene che concedere diritti alle coppie omosessuali mal si concilierebbe con il carattere fondante della cultura e della societa' che ella attribuisce alla polarita' eterosessuale: peccato che ipotesi come questa siano ignote nel nostro Paese, dice Lucetta Scaraffia; conoscerle e discuterle permetterebbe di sfuggire "al pensiero unico che stende su questi temi un velo di conformismo". Riesce molto difficile, in verita', condividere questa valutazione: se un pensiero unico su questi temi esiste, nel nostro Paese, e' proprio quello che da' per scontato il carattere fondante di cultura e societa' della polarita' eterosessuale. Nel dibattito in corso in Italia non mi e' mai capitato di leggere che la divisione biologica in due soli sessi e' poco giustificata sotto il profilo empirico, perche' non rende conto degli esseri umani intersexed, ovvero sotto il profilo teorico, perche' non rende conto dei soggetti "eccentrici" (vedi Teresa De Lauretis, Eccentrics Subjects, 1990). Eppure ci sono femminismi che sostengono queste tesi: un' ottima ricognizione del problema si puo' trovare, ancora una volta, ne La filosofia delle donne. Ma quel che piu' mi sorprende e' che vi siano femminismi che sembrano aver dimenticato la lezione della storia: piu' in particolare, della storia ateniese. Il rapporto interpersonale piu' importante, in quella cultura (anche ai fini riproduttivi: vedremo poi in che senso), non era quello tra un uomo e una donna. Era quello tra due persone di sesso maschile. Quando tra due uomini esisteva una differenza di eta' che consentiva all'adulto di insegnare al piu' giovane le virtu' civiche, questo rapporto, ad Atene, era considerato lo strumento piu' importante e piu' nobile di riproduzione del corpo cittadino. A ricordarlo, nel Simposio di Platone, e' una donna, la sacerdotessa Diotima: Amore, dice Diotima, garantisce l'immortalita' attraverso la riproduzione. Ma la riproduzione non e' solo quella biologica: infatti "quelli che sono fecondi nel corpo si rivolgono di preferenza alle donne, e in questo modo realizzano il loro amore, credendo, a loro avviso, di raggiungere, mediante la procreazione dei figli, l'immortalita', il ricordo e la felicita' per tutto il tempo futuro. Quelli invece che sono fecondi nell'anima... si rivolgono a quelle cose che e' proprio dell'anima concepire e partorire... la saggezza e ogni altra virtu', cioe' quelle cose di cui sono produttori i poeti e quanti tra gli artigiani vengono chiamati inventori. E la grande e la piu' bella forma di saggezza e' quella che riguarda gli ordinamenti delle citta' e delle case, il cui nome e' temperanza e giustizia". Generare saggezza dunque, e' importante quanto se non di piu' che generare corpi (la sola generazione affidata alle donne). Come dicevo, dire che ad Atene la polarita' eterosessuale era fondante della natura e della societa' sarebbe quantomeno azzardato. A evitare il rischio di un pensiero unico, ancora una volta possono esserci di aiuto i greci. 5. DIBATTITO. LIBRERIA DELLE DONNE DI MILANO: UN COMMENTO [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente commento della redazione del sito stesso ai due interventi apparsi sul "Corriere della sera" sopra riportati] Siamo abituate, purtroppo, al fatto che il "Corriere della sera", almeno per quel che riguarda il femminismo, conosca poco e informi male. Ultimissimo esempio, il titolo ("Platone contro il pensiero unico femminista") dato all'articolo con cui Eva Cantarella replica alla Scaraffia, titolo che tradisce il pensiero della Cantarella per ridare ragione alla tesi della Scaraffia: bel modo di condurre i dibattiti! Non siamo abituate pero' che al servizio della disinformazione si mettano donne che sono informate e hanno il dovere di far conoscere i fatti, come Lucetta Scaraffia, storica di professione. Pochi come la Scaraffia, infatti, sono in posizione per sapere che il femminismo italiano e' un luogo di discussione aperta e plurale sui temi che la interessano: aborto, matrimonio, tecnologie della riproduzione. Una parte delle femministe, per citare un solo esempio, non sono andate a votare, o hanno votato parzialmente o interamente contro le modifiche proposte dai referendum sulla legge 40. Come lo sappiamo? Perche' queste posizioni sono emerse in un dibattito pubblico, prima dei referendum, alla Libreria delle donne. Non erano maggioranza ma si sono espresse, del resto noi non usiamo fare la conta, usiamo ascoltare e discutere. Non c'e' bisogno di ricorrere al plurale dei tanti femminismi perche' la pluralita' fiorisca, anzi. Dagli inizi del movimento la pratica femminista alla quale in Italia molte sono rimaste fedeli, rende possibile e chiede che c'incontriamo con le nostre differenze per uno scambio piu' difficile ma piu' ricco, cosi' come chiede che cerchiamo risposte rispondenti alla pluralita' delle voci. Tutte le posizioni che la Scaraffia attribuisce a Sylviane Agacinski, secondo lei in contrasto con una nostra presunta uniformita', sono emerse nel dibattito pubblico del femminismo italiano. Alcune di noi, per fare un altro esempio, hanno manifestato serie obiezioni all'estensione dell'istituto matrimoniale alle coppie omosessuali, senza ovviamente giustificare che a queste coppie venga negato ogni riconoscimento sociale, come ora accade. Quello che non intendiamo fare, e' di entrare negli schieramenti contrapposti, il che ci obbliga spesso a tenerci in disparte da una scena mass-mediatica che semplifica, contrappone, inventa finte provocazioni (come questo articolo). Al colmo dei colmi della finta provocazione si arriva quando Lucetta Scaraffia loda l'autrice francese per il suo pensiero della differenza sessuale, senza dire che questo pensiero, ben piu' che in Francia, ha avuto sviluppi in Italia, da Carla Lonzi in avanti, fino alla comunita' filosofica Diotima, passando per la traduzione e diffusione dei libri di Luce Irigaray, da cui documenti, libri, dibattiti, incontri, scontri, con un seguito che si estende ad altri paesi. Cara Lucetta, dove vuoi arrivare? Sappiamo che, sulle questioni citate sopra, tu sei d'accordo con le prese di posizione della gerarchia cattolica, posizioni che hanno suscitato polemiche e opposizioni anche fra donne e uomini cattolici. A maggior ragione, no? Se il tuo scopo e' di ottenere ascolto e, attraverso questo, un vero dibattito per un cambiamento liberamente consentito, guarda che sei fuori strada, perche' hai raccontato una storia falsa, guarda che la politica delle donne, riguardo all'uso delle parole e ai rapporti con quello che le altre sono e fanno, e' molto esigente. ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 95 del 29 marzo 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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