[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Minime. 45
- Subject: Minime. 45
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 31 Mar 2007 00:32:45 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 45 del 31 marzo 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Emergency: "Liberi anche loro". Sabato 31 marzo a Roma 2. Rossana Rossanda ricorda Giuseppe Barbaglio 3. Eugenio Melandri ricorda Joseph Ki-Zerbo 4. Dario Antiseri: Ancora un ricordo di Hans-Georg Gadamer 5. Gianni Vattimo: Ancora un ricordo di Hans-Georg Gadamer 6. Marina La Farina e Paola Guazzo: Alice Ceresa 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. APPELLI. EMERGENCY: "LIBERI ANCHE LORO". SABATO 31 MARZO A ROMA [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente appello di Emergency (per contatti: www.emergency.it) del 29 marzo 2007. Adjmal Nashkbandi, il giornalista ed interprete afgano che era stato rapito con Daniele Mastrogiacomo, e' ancora sotto sequestro e in pericolo di vita. Rahmatullah Hanefi (Rahmat per le persone amiche), manager dell'ospedale di Emergency a Lashkargah, artefice fondamentale della salvezza della vita di Daniele Mastrogiacomo, e' stato sequestrato dai servizi segreti afgani] Sabato 31 marzo 2007, ore 14,30, Roma, piazza Navona. Sulla spinta dell'appello lanciato da Emergency e che in soli tre giorni ha avuto oltre 90.000 adesioni, amici del mondo della cultura, dello spettacolo e dell'informazione insieme a tanti cittadini si riuniscono sabato a Roma, in Piazza Navona, per chiedere tutti insieme la liberazione di Rahmatullah Hanefi e Adjmal Nashkbandi scomparsi in Afghanistan successivamente alla liberazione del giornalista italiano Daniele Mastrogiacomo. Sono molte le amministrazioni locali, le associazioni ed i cittadini comuni che in queste ore drammatiche si stanno mobilitando. A loro Emergency chiede di partecipare anche in questa occasione, la prima a carattere nazionale. Di Adjmal Nashkbandi interprete di Daniele Mastrogiacomo con il quale aveva condiviso i lunghi giorni del sequestro e con lui liberato, si sono perse le tracce il giorno stesso. Rahmatullah Hanefi, responsabile afgano dell'ospedale di Emergency a Lashkar-gah ed il cui ruolo e' stato determinante nella liberazione del giornalista italiano, e' stato invece prelevato dai servizi segreti afgani all'alba del 20 marzo senza alcuna giustificazione. Emergency ha ripetutamente chiesto al governo italiano di impegnarsi al pari di quanto fatto per Daniele Mastrogiacomo perche' siano rispettati i diritti umani di queste persone, compreso quello a tornare subito in liberta'. Siamo convinti che tanti di coloro a cui sta a cuore la pace e che credono che la via della solidarieta' sia l'unica percorribile, vorranno partecipare portando cosi' il proprio importante contributo alla definitiva conclusione di questa drammatica vicenda. Per Rahmatullah e Adjmal, per poter chiedere per la prima volta insieme: "liberi anche loro". 2. LUTTI. ROSSANA ROSSANDA RICORDA GIUSEPPE BARBAGLIO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 29 marzo 2007. Rossana Rossanda e' nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio Banfi, antifascista, dirigente del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per aver dato vita alla rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in rapporto con le figure piu' vive della cultura contemporanea, fondatrice del "Manifesto" (rivista prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di piu' drammatica attualita' e sui temi politici, culturali, morali piu' urgenti. Tra le opere di Rossana Rossanda: L'anno degli studenti, De Donato, Bari 1968; Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o della politica come educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me. Donna, persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con Pietro Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995; con Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita', Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri, Torino 1996; La ragazza del secolo scorso, Einaudi, Torino 2005. Ma la maggior parte del lavoro intellettuale, della testimonianza storica e morale, e della riflessione e proposta culturale e politica di Rossana Rossanda e' tuttora dispersa in articoli, saggi e interventi pubblicati in giornali e riviste. Giuseppe Barbaglio (1934-2007), illustre biblista, docente, saggista, e' stato una delle figure piu' vive della riflessione teologica contemporanea; nato nel 1934 a Crema, ha studiato a Roma, Gerusalemme e Urbino, conseguendo la laurea in teologia, la licentia docendi in scienze bibliche e la laurea in filosofia; partecipe di molte rilevanti esperienze di pensiero, di molte e molti educatore. Tra le molte opere di Giuseppe Barbaglio: Fede acquisita e fede infusa secondo Duns Scoto, Occam e Biel, Brescia 1968; (con Rinaldo Fabris e Bruno Maggioni), I Vangeli, Cittadella, Assisi 1975; Le lettere di Paolo, voll. I-II, Roma 1980, 1990; Paolo di Tarso e le origini cristiane, Cittadella, Assisi 1987; Nuovo Testamento greco e italiano, Bologna 1990, 1991; Dio violento? Lettura delle scritture ebraiche e cristiane, Cittadella, Assisi 1991; La teologia di Paolo, Dehoniane, Bologna 2001; Gesu' ebreo di Galilea. Indagine storica, Dehoniane, Bologna 2002; Il pensare dell'apostolo Paolo, Dehoniane, Bologna 2004] Si e' spento ieri Giuseppe Barbaglio, grande biblista, amico carissimo incontrato a Montegiove. Chi ci leggera' il Vecchio e Nuovo Testamento con quel rigore filologico e quella letizia interna che ne afferrava il messaggio sapienziale? E in piu' un senso della grazia che manca a me e ad altri, che pur si ritrovavano in quell'eremo, e lo faceva insistere sul Dio amoroso che correrebbe come un filo rosso in tutta la Bibbia e che gli atei impenitenti gli contestavano, eccezion fatta per il luminoso Genesi? Non so come la chiesa la mettesse con lui, cristiano e cattolico, sul cui libro maggiore Gesu', un ebreo di Galilea (Edizioni Dehoniane, 2002) il Vaticano aveva calato il silenzio. Ricerca storica senza reticenza, aveva avuto una grande diffusione ed era stato seguito da piu' d'un volume su Paolo, che in verita' Barbaglio prediligeva, trovando probabilmente troppo semplice la sensibilita' dei non credenti al fascino del Nazareno piu' che all'elaborazione che ne aveva fatto l'ebreo folgorato sulla via di Damasco. E senza la quale il cristianesimo non sarebbe quel che e', ne' avrebbe sfondato cosi' rapidamente i confini dell'ebraismo e dell'ellenismo del suo tempo. Il pensiero di Paolo (La teologia di Paolo, Edizioni Dehoniane 2001) e' quello che non ha cessato di interrogare e verificato nella sterminata letteratura che e' seguita. Al cui centro resta, credo, il problema posto da Bultmann se il cristanesimo sarebbe quel che e', anche senza la divinita' di Cristo o se sia essa a determinarlo. Credente, non si poneva questa domanda, come prendeva con rassegnazione le sortite di colui che alcuni uomini in saio chiamano il professor Ratzinger. Altro gli interessava e certo lo confortava da uomo di fede. Come da storico andava a fondo nel confronto fra leggenda e prove testimonate, fra canone e testi apocrifi. Quel primo secolo di tumulti interiori, attese e rimandi di una salvezza che non veniva, sprofondamento in una interiorita' dell'umano che la laicita' avrebbe definito molti secoli dopo, mi pareva prendere nelle sue parole tutti gli spessori che lo avvicinano alle moderne eta' dell'ansia. E che a chiesa trionfante del dopo e di adesso mi sembra avere perduto. Non abbiamo avuto tempo di parlarne. Il cancro lo ha divorato senza aver ragione del suo sorriso finche', per la prima volta, due mesi fa lo ha privato per qualche minuto della parola. Non della lucidita', con la quale ha vissuto le ultime ore facendo segno sino alla fine a coloro che amava. 3. MEMORIA. EUGENIO MELANDRI RICORDA JOSEPH KI-ZERBO [Dalla rivista "Nigrizia" di marzo 2007 (disponibile anche nel sito www.nigrizia.it) riprendiamo questo ricordo, aperto dalla seguente nota redazionale: "L'intellettuale burkinabe', morto lo scorso dicembre, e' ritenuto il maggiore storico dell'Africa. Nel denunciare le colpe del colonialismo, non e' mai stato tenero con le classi dirigenti africane. Convinto che il riscatto del continente puo' venire solo dal recupero dell'identita' e dalla coesione dei suoi popoli. La famiglia e gli amici vogliono costituire una Fondazione che conservi e continui la sua opera". Eugenio Melandri, religioso saveriano, giornalista, impegnato nei movimenti di pace, di solidarieta', contro il razzismo, per la nonviolenza. Tra gli animatori di "Chiama l'Africa". Opere di Eugenio Melandri: segnaliamo almeno I protagonisti, Emi, Bologna 1984. Joseph Ki-Zerbo (Toma, Alto Volta, 1922 - Ouagadougou, Burkina Faso, 2006) e' stato uno dei piu' grandi intellettuali africani del Novecento; impegnato nella lotta anticoloniale, storico, docente, militante politico, organizzatore di esperienze di cultura e democrazia; strenuo lottatore per la pace e i diritti umani di tutti gli esseri umani. Opere di Joseph Ki-Zerbo: Storia dell'Africa nera, Einaudi, Torino 1977; A quando l'Africa? Conversazioni con Rene' Holenstein, Emi, Bologna 2005] L'ultimo ricordo che ho di lui mi riporta nella sua casa a Ouagadougou (Burkina Faso), nel novembre 2005. Tre giorni passati ad ascoltarlo. A cercare di cogliere dalla sua voce, ormai tanto flebile da dover essere amplificata, quel distillato di saggezza che sempre rappresentavano le sue parole e le sue lezioni. Joseph Ki-Zerbo, morto lo scorso 4 dicembre a 84 anni, non e' stato soltanto il piu' grande storico africano. Lo studioso burkinabe' potrebbe essere ricordato per sempre come colui che ha ridato la storia all'Africa. Era soprattutto un uomo saggio, che dagli studi e dai libri, ma anche dalle esperienze, aveva colto l'essenziale, cio' che veramente conta. Si incontrava, quando si stava con lui, innanzitutto l'uomo. Figlio della sua terra. Ricordava spesso suo padre. Primo cristiano e primo catechista del Burkina Faso. Morto a oltre cent'anni, il giorno stesso in cui per la prima volta un papa, Giovanni Paolo II, poneva i piedi nel suo paese. Quasi a significare la conclusione naturale di una vita, che si identificava con la presenza stessa del cristianesimo in questo paese dell'Africa occidentale. "Siete partiti da casa vostra e siete arrivati a casa vostra". Ci accolse cosi' a casa sua in quel caldo pomeriggio di Ouagadougou. Quell'anno non aveva potuto, per via della salute, venire al convegno dell'associazione Chiama l'Africa ad Ancona. "Se pero' venite da me, saro' lieto di passare qualche giornata con voi". Era cominciato cosi' quel viaggio, e furono tre giorni intensi di lezione e di ascolto, parola per parola. Sulla sua Africa. Per la quale si era speso, anche politicamente, prima e dopo la decolonizzazione. Gli anni '60 lo avevano visto impegnato, con altri intellettuali africani e con alcuni politici piu' lungimiranti, a lavorare per costruire l'unita' del continente africano. Un suo pallino che mai gli si togliera' dalla testa. Soltanto unita l'Africa avrebbe potuto parlare al mondo, diventare interlocutrice degli altri continenti, ci disse in un seminario nel 1999: "In Africa il progetto di regionalizzazione e' in corso, anche se molto lento, anche perche' ogni leader africano vorrebbe rimanere il padrone indiscusso. I leader africani sono molto legati alla formula della sovranita' nazionale. Sanno che di fatto non esiste alcuna sovranita' nazionale, ma amano illudersi. Come e' possibile parlare di sovranita' nazionale laddove la gente muore di fame, non dispone di acqua potabile, laddove i responsabili politici sono alla merce' delle multinazionali, sempre pronti a cambiare idea a seconda delle bustarelle?". Aveva anche fondato un partito politico e per molti anni era stato deputato. Ma l'Africa - quante volte glielo abbiamo sentito dire - aveva bisogno di una ventata di democrazia. Dopo ogni elezione in Burkina era solito dire: "Normalmente, nelle democrazie, chi governa ha sempre delle difficolta' alle elezioni. Perche' la gente si aspetta sempre qualcosa di piu'. Solo in Africa chi governa, una volta che e' al potere, ad ogni elezione ha sempre percentuali piu' grandi. Significa proprio che qualcosa non funziona". Disincantato, quindi, ma nello stesso tempo impegnato. E' rimasto sulla breccia politica fino a pochi mesi prima della sua morte. * Centralita' della parola Ma Joseph Ki-Zerbo e' stato soprattutto un grande storico. Il piu' grande storico che l'Africa abbia mai avuto. Di piu', colui che ha dato una storia all'Africa. Perche' per la prima volta ha messo in dubbio quell'assunto razzista, tipico degli storici occidentali, secondo cui la storia comincia con la scrittura. Condannando in questo modo i popoli che non hanno tradizione scritta a non avere una storia. "Ritengo che la tradizione orale africana sia una fonte storica valida, credibile e che, come tale, vada difesa. Soprattutto considerando che nella maggior parte dei paesi africani una buona parte della popolazione non sa leggere ne' scrivere. Ma di piu': l'oralita' e' legata anche a una certa concezione della parola, soprattutto del nome. L'africano riconosce alla parola in genere un impatto ontologico". E, facendone la storia, ha cercato di capire in profondita' il perche' degli accadimenti. Soprattutto per richiamare ciascuno, gli europei innanzitutto, alle proprie responsabilita'. "Fino al XVI secolo, l'Africa poteva validamente paragonarsi agli altri continenti. Poi e' intervenuta una frattura che si e' andata progressivamente allargando. La progressiva immissione di strutture politiche ed economiche provenienti dall'esterno ha finito per paralizzare le forze vive e le energie vitali del continente africano". Una frattura che per il continente africano ha significato prima la tratta degli schiavi, poi l'epopea coloniale. E pensare che l'Africa aveva iniziato prima di tutti gli altri continenti il movimento storico vitale. E' in Africa che nasce l'homo erectus ed e' dall'Africa che l'Europa ha ricevuto tante cose: "L'Europa e' arrivata alla fine e ha potuto beneficiare di tutto quanto l'Africa e l'homo erectus hanno offerto in materia di strumenti e invenzioni. Il fuoco, la parola, la scrittura e molte altre cose sono state offerte all'Europa dagli altri continenti, o perlomeno dall'Africa, su un piatto d'argento". Ma la storia del continente africano che, prima dell'arrivo degli europei, aveva avuto momenti di grande splendore (sono molto belle le pagine in cui nel suo testo Storia dell'Africa nera, descrive i regni del Mali, del Ghana e di Gao), si scontra con lo schiavismo e la tratta dei neri. Una tratta che trova la sua ragione in un altro genocidio, quello degli indigeni del Nuovo Mondo. L'Africa non ha probabilmente ancora finito di pagare il prezzo della tratta, che ha spopolato e dissanguato il continente. Ma soprattutto la tratta "ha riguardato la parte piu' vitale, dinamica e inventiva della popolazione. E' stata una sorta di megaemorragia della popolazione africana che ha dissanguato il continente, lo ha menomato definitivamente fino ai nostri giorni". Poi e' arrivata la colonizzazione, che "e' servita a porre fine alla tratta, ma non ha cambiato la situazione. Gli africani hanno continuato a essere dominati e si e' arrivati fino a efferati genocidi". Ki-Zerbo ha fatto parte di una commissione dell'Unione africana che si e' occupata della riparazione dei torti fatti all'Africa negli ultimi quattro secoli. Al riguardo diceva: "Non si tratta di far luce sui danni materiali, ma piuttosto sul grave torto fatto all'Africa con la sistematica violazione dei diritti umani della persona del nero africano. Egli e' stato trattato in modo tale che in lui e' stata calpestata, umiliata, sradicata la specie umana. Come si e' riconosciuto il genocidio e l'Olocausto degli ebrei, cosi' si deve riconoscere il genocidio e l'Olocausto del popolo africano. La tratta e la colonizzazione hanno lasciato tracce fin nel subconscio dell'uomo africano. Mancanza di fiducia in se stesso, mancanza di rispetto per se stesso. L'immagine che un uomo ha di se' e' un elemento essenziale per il suo sviluppo". * Essere prima che avere Di fronte a questa situazione di stallo, Ki-Zerbo faceva appello agli africani perche' riscoprissero la loro identita' e ai popoli ricchi perche' li agevolassero. "A salvare veramente l'Africa non saranno i fondi e gli aiuti. Salveranno vite umane, permettendo loro di sopravvivere, ma non salveranno la vita dell'Africa. Cio' che importa non sono i mezzi, ma le condizioni. Bisogna permettere all'Africa di ricostruirsi. Bisogna aiutarla a ricostruirsi. L'Africa deve essere prima che avere". Impossibile ripercorrere in poche righe il suo pensiero: storico, politico, soprattutto saggio e legato alla propria terra. Ha amato l'Africa e ha insegnato ad amarla a tutti quelli che lo hanno incontrato. Una persona che si e' spesa in tutti i modi, dallo studio, fino all'impegno politico, per dare corpo al sogno di un'Africa capace di stare nel mondo e di parlare al mondo. Che ha saputo cogliere dalla tradizione della sua gente quegli elementi di saggezza e di novita' da cui partire per fare un cammino di rinnovamento. Quante volte l'abbiamo sentito citare i proverbi popolari per coglierne un insegnamento. Un uomo che ha creduto fino in fondo all'unita' africana. "Un proverbio burkinabe' dice: 'i legni bruciano solo quando stanno vicini'. Noi ora siamo divisi e nessun paese da solo puo' farcela ad uscire dalla crisi. Dobbiamo unirci per accendere il fuoco. Solo allora potremo dare un colore nuovo all'arcobaleno". E tutto questo senza complessi di inferiorita'. Interrogato sul Nepad (Nuova partnership per lo sviluppo dell'Africa, un progetto elaborato nel 2001 da alcuni leader africani), una volta ha risposto: "Non l'ho studiato bene. Ma mi consta che piaccia molto ai paesi ricchi. Un nostro proverbio dice che quando il leone ti sorride non lo fa certo perche' gli sei simpatico". Adesso che, come hanno scritto i giornali africani, "la grande quercia e' caduta", occorre fare in modo che il suo lavoro non vada perduto. Aveva istituito un centro di ricerca culturale, che lungo gli anni ha prodotto moltissimo materiale, la maggior parte del quale non ancora pubblicato. Ci diceva che fra i suoi documenti ci sono ancora migliaia di manoscritti che andrebbero ordinati e catalogati, anche in vista di eventuali pubblicazioni. Per questo, insieme con la sua famiglia e i tanti amici che in ogni parte del mondo lo hanno conosciuto e stimato, stiamo studiando di costituire una fondazione che continui, anche in nome suo, l'impegno per restituire all'Africa quella storia e quella dignita' che lungo i secoli abbiamo saccheggiato e derubato. 4. MEMORIA. DARIO ANTISERI: ANCORA UN RICORDO DI HANS-GEORG GADAMER [Dal quotidiano "Il giornale" del 15 marzo 2002 riprendiamo il seguente articolo li' apparso col titolo "Una civilta' che ha perso la dimensione del dialogo". Dario Antiseri, docente e saggista, e' da decenni uno degli studiosi di filosofia e di metodologia delle scienze sociali piu' acuti e influenti. Dal sito della Luiss (www.luiss.it) riprendiamo la seguente scheda: "Dario Antiseri, nato a Foligno il 9 gennaio 1940. Laurea in filosofia presso l'Universita' di Perugia, nel 1963. Professore ordinario di Metodologia delle scienze sociali presso la Facolta' di Scienze Politiche della Luiss 'Guido Carli'. E' stato preside della Facolta' di Scienze Politiche della Luiss dal 1994 al 1998. E' membro dell'Istituto accademico di Roma e membro dell'Accademia italo-tedesca di Merano. Nel 1986 e' stato chiamato dalla Facolta' di Scienze politiche della Luiss 'Guido Carli' a ricoprire la cattedra di Metodologia delle Scienze Sociali. E' direttore del Centro di Metodologia delle Scienze Sociali presso la medesima Universita'. Ordinario di Filosofia del linguaggio presso l'Universita' di Padova (1975-'86), ha qui insegnato anche Filosofia della scienza presso la Scuola di specializzazione in Filosofia della scienza, di cui e' stato direttore nel biennio 1980-'82. Libero docente nel 1968 in Filosofia teoretica, ha insegnato materie filosofiche presso le Universita' di Roma 'La Sapienza' e Siena. Dopo la laurea in Italia, ha studiato (1963-'67) Filosofia della scienza, Logica matematica e Filosofia del linguaggio rispettivamente presso le Universita' di Vienna, Muenster i. W. e Oxford. Alcune pubblicazioni recenti: Razionalita': nella scienza, in metafisica e in etica, in AA.VV., Acta 2003-2004 dell'Istituto Accademico di Roma, Roma 2004; Idee fuori dal coro, Di Renzo, Roma, 2004; Cristiano perche' relativista, relativista perche' cristiano, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2004; Principi liberali, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2004; trad. russa, 2005; trad. bielorussa 2005; trad. serbo, 2005; trad. spagnola 2005; Ragioni della razionalita', Rubbettino, Soveria Mannelli, 2005". Hans-Georg Gadamer (Marburgo 1900 - Heidelberg 2002) e' il principale esponente della cosiddetta ermeneutica filosofica ed uno dei pensatori piu' influenti del secondo Novecento. Opere di Hans Georg Gadamer: nella sua vasta produzione segnaliamo particolarmente l'opera fondamentale, Verita' e metodo, del 1960 (nuova edizione italiana con testo a fronte, Bompiani, Milano 2000); un recente libro-intervista utile per un'introduzione e' L'ultimo Dio. La lezione filosofica del XX secolo, Reset, Roma 2000; la casa editrice Marietti sta curando la pubblicazione in traduzione italiana delle Opere di Hans-Georg Gadamer (Gesammelte Werke, Tuebingen 1976 e sgg.). Opere su Hans Georg Gadamer: per la biografia, Jean Grondin, Hans-Georg Gadamer. Eine Biographie, Tuebingen 1999; un volume di saggi brevi di autori vari in omaggio al filosofo per il suo centenario e' AA. VV., Incontri con Hans-Georg Gadamer, Bompiani, Milano 2000; Donatella Di Cesare, Gadamer, Il Mulino, Bologna 2007. Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo la seguente scheda: "Hans Georg Gadamer nasce a Marburg l'11 febbraio del 1900. Studia a Breslavia (1918) con Richard Hoenigswald e a Marburg (1919) con Nicolai Hartmann e Paul Natorp, con cui si laurea, nel 1922, discutendo una tesi dal titolo: L'essenza del piacere nei dialoghi di Platone. Nel 1923, a Freiburg, conosce Husserl e Heidegger, del quale frequenta i corsi universitari a Marburg tra il 1923 e il 1928. Diventa professore ordinario di filosofia nel 1937 e, nel 1939, ottiene una cattedra presso l'Universita' di Leipzig, di cui diventa rettore nel 1946. Nel 1947 insegna a Frankfurt e nel 1949 ad Heidelberg, dove succede a Jaspers. Divenuto professore emerito nel 1978, Gadamer ha insegnato presso alcune universita' straniere e negli Stati Uniti. Nel 1979 entra a far parte del comitato scientifico dell'Istituto italiano per gli studi filosofici di Napoli - citta' di cui diventa cittadino onorario nel 1990 - dove, da allora, ogni anno, ha tenuto lezioni e seminari, vivendo quella che egli stesso ha definito 'una seconda giovinezza'. Autorita' indiscussa della filosofia contemporanea, l'illustre filosofo e' stato recentemente onorato con la pubblicazione della sua Opera omnia della quale sono usciti finora sette volumi (1986-1991) ed e' tutt'ora in corso di stampa. E' morto all'eta' di 102 anni ad Heidelberg il 14 marzo 2002. Opere di Hans Georg Gadamer: Platos dialektische Ethik (L'etica dialettica di Platone), Leipzig, 1931; Plato und die Dichter (Platone e i poeti), Frankfurt am Main, 1934; Volk und Geschichte im Denken Herders, (Popolo e storia nel pensiero di Herder), ibid., 1942; Bach und Weimar (Bach e Weimar), Weimar, 1946; Goethe und die Philosophie, (Goethe e la filosofia), Leipzig, 1947; Ueber die Ursprunglichkeit der Philosophie (La nascita della filosofia), Leipzig, 1948; Vom geistigen Lauf des Menschen, Godesberg, l949; Wahrheit und Methode. Grundzuege der philosophischen Hermeneutik (Verita' e metodo .Lineamenti di un'ermeneutica filosofica), Tuebingen, 1960; Hermeneutik und Historismus (Ermeneutica e storicismo), 1962; Die phaenomenologische Bewegung (Il movimento fenomenologico), 1963; Le probleme de la conscience historique (Il problema della coscienza storica), Louvain, l963; Ermeneutica e metodica universale, 1964; Dialektik und Sophistik im siebenten platonischen Brief (Dialettica e sofistica nella Settima Lettera di Platone), Heidelberg, l964; Kleine Scriften (Scritti minori), Tuebingen, 1967 sgg.; Idee und Zahlen (Idea e Numero. Studi sulla filosofia platonica), 1968; Sul mondo concettuale dei presocratici, 1968; Idea e realta' nel Timeo di Platone, 1974; L'idea del bene tra Platone ed Aristotele, 1978; Studi platonici, 1983; La dialettica di Hegel. Cinque studi ermeneutici, 1971; Sentieri heideggeriani. Studi sull'opera tarda di Heidegger, 1983; Chi sono io, chi sei tu?, 1973; Poetica. Saggi scelti, 1977; L'attualita' del bello, 1977; Poesia e dialogo, 1990". Karl Popper, nato a Vienna nel 1902 e deceduto a Londra nel 1994, filosofo della scienza e pensatore politico liberale. Fino a due o tre decenni fa era di moda essere pro o contro il Popper "politico" sulla base di uno schieramento a priori: la destra liberale con Popper, la sinistra socialista contro. Poi la catastrofe intellettuale di tanta parte della sinistra ha portato ad una generale esaltazione acritica del filosofo. Noi pensiamo invece che taluni suoi limiti restino; che le sue posizioni non debbano essere contraffatte e quando siano incondivisibili allora vadano criticate con chiarezza; ma che alcune sue opere e tesi costituiscano un contributo di indubbia utilita' per tutte le persone impegnate per la pace, la democrazia, la dignita' umana. Opere di Karl R. Popper: con riferimento alla riflessione politica popperiana segnaliamo particolarmente La societa' aperta e i suoi nemici, Armando, Roma; Congetture e confutazioni, Il Mulino, Bologna (ed in questa raccolta di saggi soprattutto i seguenti: L'opinione pubblica e i principi liberali; Utopia e violenza; La storia del nostro tempo: visione di un ottimista); Miseria dello storicismo, Feltrinelli, Milano. Cfr. anche La lezione di questo secolo, Marsilio, Venezia 1992, 1994 (libro-intervista con due saggi in appendice); tra i suoi ultimi interventi cfr. Una patente per fare tv, in Popper, Condry, Cattiva maestra televisione, Reset, Milano 1994. Ovviamente il Popper pensatore politico non e' separabile dal Popper filosofo della scienza e metodologo, di cui cfr. in particolare la fondamentale Logica della scoperta scientifica, Einaudi, Torino. Una recente raccolta di saggi e' Tutta la vita e' risolvere problemi, Rcs, Milano 2001, Fabbri, Milano 2004. Opere su Karl R. Popper: segnaliamo una buona antologia scolastica di testi popperiani, a cura di Dario Antiseri, Logica della ricerca e societa' aperta, La Scuola, Brescia; tra le monografie sul Popper pensatore politico cfr. Girolamo Cotroneo, Popper e la societa' aperta, Sugarco, Milano 1981; due buone introduzioni al Popper filosofo della scienza sono Arcangelo Rossi, Popper e la filosofia della scienza, Sansoni, Firenze 1975, e Luciano Dottarelli, Popper e il "gioco della scienza", Erre emme, Roma 1992] Anche Hans Georg Gadamer, come Karl Popper, non mostrava troppa simpatia per il piu' diffuso dei media. "La televisione - dichiaro' in un'intervista al settimanale tedesco "Die Woch" (10 febbraio 1995) - e' la catena da schiavi alla quale e' legata l'odierna umanita'". Gadamer era uno degli ultimi grandi filosofi del Novecento. E di questo secolo si portava dietro paure, contraddizioni, una certa stanchezza, il timore per il destino della democrazia, sempre cosi' strutturalmente fragile, conquista da difendere continuamente. La realta', annota tristemente Gadamer, "e' che la cultura nel senso di un'educazione dello spirito scompare sempre di piu'. Ed e' cosi', allora, che forse si dovrebbe (...) parlare di fine della cultura, della fine dell'apprezzamento del passato. Forse anche della fine dell'esperienza del dialogo". E la fine dell'esperienza del dialogo equivale alla distruzione dei meccanismi di formazione della mente critica. "Al nostro sistema di comunicazione - sostiene Gadamer - manca la spontaneita'. Tutti sono passivi. La funzione politica della televisione consiste nell'addomesticare le masse, nell'addormentare la capacita' di giudizio, il gusto, le idee. E' una delle forme della burocratizzazione della societa' prevista da Max Weber". Certo, Gadamer e' pronto a riconoscere che forme di burocratizzazione della vita sociale e della comunicazione "sono inevitabili", ma la tragedia, a suo avviso, e' che "ora purtroppo gli automatismi e la burocrazia si sono spinti troppo avanti". E la tv "e' l'opposto di quello che serve per sviluppare esperienza, spontaneita', motivazioni. Se la gioventu' e' oggi tanto pessimista, questo dipende dalla mancanza di spontaneita' nello stile della sua educazione". Il problema e' quello della formazione - creazione di menti creative e critiche. Se non che - fa presente Gadamer - "Il sistema educativo del mondo contemporaneo si e' inceppato, la formazione non funziona, su scala globale produciamo masse di telespettatori, di burocrati, di ragazzi e ragazze che con il massimo sforzo di fantasia riescono a dire 'okay'". Anche la vita politica - commenta Gadamer - e' dominata dalla tv. E la tv e' il contrario del dialogo, il contrario di una comunicazione reciproca. Gadamer non cerca nella televisione il capro espiatorio di tutti i mali della societa' contemporanea: "Io - confessa - non odio la tv, guardo le partite di tennis, mi piacciono i polizieschi, adoro l'ispettore Derrick". E tuttavia diffida della televisione. Date siffatte considerazioni, ben si comprende la funzione che, nel pensiero di Gadamer, dovrebbe assolvere la scuola: "Le nostre speranze stanno nella educazione orale, in una scuola che riesca a diventare tanto attraente da spingere alla partecipazione attiva piu' di una piccola parte di studenti. Ma, purtroppo, le classi sono troppo numerose". 5. MEMORIA. GIANNI VATTIMO: ANCORA UN RICORDO DI HANS-GEORG GADAMER [Dal quotidiano "L'Unita'" del 15 marzo 2002 riprendiamo il seguente articolo li' apparso col titolo "Un filosofo che parlava alla gente comune". Dal sito www.giannivattimo.it riprendiamo la seguente scheda biografica di Gianni Vattimo: "Gianni Vattimo e' nato nel 1936, a Torino, dove ha studiato e si e' laureato in filosofia; ha poi seguito due anni i corsi di Hans Georg Gadamer e Karl Loewith all'universita' di Heidelberg. Dal 1964 insegna all'Universita' di Torino, dove e' stato anche preside della facolta' di Lettere e filosofia. E' stato visiting professor in alcune universita' americane (Yale, Los Angeles, New York University, State University of New York) e ha tenuto seminari e conferenze in varie universita' di tutto il mondo. Negli anni Cinquanta ha lavorato ai programmi culturali della Rai. E' membro dei comitati scientifici di varie riviste italiane e straniere; e' socio corrispondente dell'Accademia delle Scienze di Torino. Laurea honoris causa dell'Universita' di La Plata (Argentina, 1996). Laurea honoris causa dell'Universita' di Palermo (Argentina, 1998). Laurea honoris causa dell'Universita' di Madrid (2003). Grande ufficiale al merito della Repubblica italiana (1997). Attualmente e' vicepresidente dell'Academia de la Latinidade. Nelle sue opere, Vattimo ha proposto una interpretazione dell'ontologia ermeneutica contemporanea che ne accentua il legame positivo con il nichilismo, inteso come indebolimento delle categorie ontologiche tramandate dalla metafisica e criticate da Nietzsche e da Heidegger. Un tale indebolimento dell'essere e' la nozione guida per capire i tratti dell'esistenza dell'uomo nel mondo tardo moderno, e (nelle forme della secolarizzazione, del passaggio a regimi politici democratici, del pluralismo e della tolleranza) rappresenta per lui anche il filo conduttore di ogni possibile emancipazione. Rimanendo fedele alla sua originaria ispirazione religioso-politica, ha sempre coltivato una filosofia attenta ai problemi della societa'. Il "pensiero debole", che lo ha fatto conoscere in molti paesi, e' una filosofia che pensa la storia dell'emancipazione umana come una progressiva riduzione della violenza e dei dogmatismi e che favorisce il superamento di quelle stratificazioni sociali che da questi derivano. Con il piu' recente Credere di credere (Garzanti, Milano 1996) ha rivendicato al proprio pensiero anche la qualifica di autentica filosofia cristiana per la post-modernita'. Una riflessione che continua nelle ultime pubblicazioni quali Dialogo con Nietzsche. Saggi 1961-2000 (Garzanti, Milano 2001), Vocazione e responsabilita' del filosofo (Il Melangolo, Genova 2000) e Dopo la cristianita'. Per un cristianesimo non religioso (Garzanti, Milano 2002). Recentemente ha pubblicato Nichilismo ed emancipazione (Garzanti, Milano 2003). Con la volonta' di battersi contro i dogmatismi che alimentano violenze, paure e ingiustizie sociali si e' impegnato in politica... [anche come eurodeputato]. Collabora come editorialista a La Stampa, Il Manifesto, L'Unita', L'Espresso, El Pais e al Clarin di Buenos Aires"] Gadamer e' stato uno dei pochi filosofi del Novecento che sia stato capace di costruire una filosofia molto "tecnica" nel senso accademico, come poche altre fondata su una discussione della grande tradizione filosofica occidentale, e insieme tale da parlare alla gente comune. Il suo pensiero e' davvero stato "il proprio tempo colto in concetti", secondo una espressione hegeliana. La sua ermeneutica, che concepisce l'esperienza della verita' come interpretazione, e' senz'altro la filosofia dell'esistenza contemporanea, quella in cui piu' si puo' riconoscere e anche trovare una guida, un filo conduttore, l'uomo del nostro tempo. Secondo una proposizione famosa del suo libro piu' fondamentale, "l'essere, che puo' venir compreso, e' il linguaggio" (Sein, das verstanden werden kann, ist Sprache). Che non si deve leggere solo in senso limitato, come se ci fosse anche un essere diverso da quello che si incontra nel linguaggio. Ora, questa identificazione dell'essere con il linguaggio, che Gadamer riprende da Heidegger, e' nello stesso tempo la descrizione della nostra situazione nel mondo attuale e un criterio per le scelte che ci troviamo ad operare. Da un lato, infatti, il mondo in cui viviamo e' sempre piu' esplicitamente un intrecciarsi di messaggi; mai l'esperienza e' stata "immediata", ma oggi questo e' ormai chiaro ed esplicito; tutto e' interpretazione, e la verita' e' solo cio' su cui le interpretazioni concordano. D'altra parte la sola prospettiva di emancipazione e di umanizzazione del mondo che abbiamo di fronte e' quella della sempre piu' totale "riduzione" del reale a linguaggio: cioe' trasformare gli oggetti, la "natura", in cultura, in temi di dialogo, di accordo, di consenso, di cooperazione intersoggettiva. Ogni filosofia che si propone di farci sapere "come stanno le cose", pensando che cosi' saremo piu' liberi, e' falsa. Ci interessa sapere come stanno le cose solo se abbiamo un proposito di trasformazione. E il senso generale della trasformazione che l'ermeneutica ci indica e' appunto quello di far si' che la natura diventi cultura; che l'esteriorita' bruta (compresa quella della malattia, della miseria, della morte, di ogni forma di violenza) sia riportata alla ragione, diventi qualcosa che la coscienza umana sottomette a se' e ai propri scopi. Una simile filosofia e' anche estremamente attuale dal punto di vista politico: non solo oppone il dialogo a pretese di verita' assoluta che tutti gli automatismi hanno sempre avanzato; ma aiuta anche a non lasciarsi ingannare dalle varie forme di naturalismo che oggi sono particolarmente attive sulla scena politica. Non solo e' naturalismo il razzismo, ovviamente; e' naturalismo anche la fiducia nella mano invisibile del mercato; e, soprattutto, l'idea che le disuguaglianze "naturali" tra gli uomini debbano essere utilizzate per promuovere lo "sviluppo" attraverso la competizione. Le disuguaglianze sono proprio quella oggettivita' che deve essere trasformata in linguaggio, cultura, societa' della solidarieta' e delle regole. 6. PROFILI. MARINA LA FARINA E PAOLA GUAZZO: ALICE CERESA [Dal sito www.fuorispazio.net riprendiamo il seguente breve profilo. Marina La Farina e' attivista per i diritti umani, traduttrice, studiosa dei movimenti e delle culture glbt. Paola Guazzo e' scrittrice e giornalista, saggista e storica, specializzata in Gay and Lesbian Studies, consulente editoriale e curatrice di eventi culturali, collabora a varie riviste. Alice Ceresa (1923-2001), scrittrice, giornalista, traduttrice e consulente editoriale italiana di origini svizzere, ha vissuto prevalentemente a Roma. Opere di Alice Ceresa: La figlia prodiga, Einaudi, Torino 1967; La morte del padre, Einaudi, Torino 1979; Bambine, Einaudi, Torino 1990; La figlia prodiga e altri scritti, La Tartaruga, Milano 2004; Piccolo dizionario dell'ineguaglianza femminile, Nottetempo, 2007] Alice Ceresa (1923-2001), scrittrice, giornalista e traduttrice italiana, di origini svizzere, ha vissuto a Roma. Figlia di un impiegato delle ferrovie, nata a Basilea il 25 gennaio 1923 (ma originaria di Cama, in Mesolcina), dopo aver frequentato la scuola di commercio a Bellinzona ebbe un primo impiego presso il quotidiano "Il dovere". Si trasferi' quindi a Losanna e nel 1946 a Zurigo, dove tra l'altro frequento' i circoli dei fuoriusciti italiani. Comincio' a lavorare per la "Weltwoche" che la mando' in Italia come redattrice culturale durante gli anni '46-'50. In seguito svolse corrispondenze culturali dalla Francia e dall'Italia per riviste svizzere e francesi. Nel 1950 si stabili' definitivamente a Roma. Entro' in contatto con gli intellettuali e artisti del "Gruppo 63", lavoro' come redattrice per la rivista "Tempo presente" diretta da Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte, per l'Unione Nazionale contro l'Analfabetismo e come consulente e traduttrice per Longanesi. Autrice del romanzo La figlia prodiga (Einaudi, Torino 1967; recentemente ripubblicato in una stesura precedente a quella del 1967 col titolo La figlia prodiga e altri scritti, La Tartaruga, Milano 2004), portato a termine gia' nel 1960 in anticipo sui tempi della storia letteraria tanto sul piano espressivo che su quello tematico; testo che impiego' quasi sette anni per trovare un editore e vinse poi l'ambito premio "Viareggio opera prima". Altri suoi lavori sono il racconto "La morte del padre" apparso su "Nuovi Argomenti", n. 62, aprile-giugno 1979 (poi edito da Einaudi, Torino 1979) e il romanzo breve Bambine (Einaudi, Torino 1990), che avrebbe dovuto segnare la seconda tappa di una trilogia rimasta incompiuta. Su La figlia prodiga Maria Corti ha scritto su "Strumenti Critici": "Alice Ceresa (...) contempla degli ipotetici genitori e un'ipotetica figlia prodiga per ricavare da un complesso astratto di possibili situazioni il suo trattato sulla prodigalita' della figlia prodiga. La materia del libro, quindi, si risolve in un astratto al quadrato". Tema dell'opera sono la famiglia e i suoi ingranaggi che comprimono l'esistenza dei soggetti diversi, in primis femminili, ma la cura dell'autrice e' concentrata soprattutto sul linguaggio e sull'enigma della "scrittura di se'". E' stata una delle scrittrici italiane che per prime hanno indagato il ruolo del genere in letteratura e la complessa tematica delle genealogie femminili. Alice si definiva femminista; frequento' il "Circolo della Rosa". "Occorre disegnare, per incominciare, una piccola citta'", estratto da Bambine, e' stato inserito da Gianni Celati nell'antologia Narratori delle riserve, Feltrinelli, Milano 1992. Alice e' morta il 22 dicembre 2001. Dal 2003 l'Archivio Svizzero di Letteratura di Berna conserva le sue carte edite e inedite. Ha scritto di lei Rosanna Fiocchetto in un articolo su www.fuorispazio.net: "Meditazione amara, fieramente ironica, sull'inutilita' delle cose in genere e sulla perdita di senso vitale della realta', l'opera di Alice Ceresa si incastona come un gioiello raro nel panorama della scrittura lesbica. In silenzio, senza rumore, lasciando lo spazio della scoperta". Bibliografia: "Gli altri", racconto pubblicato su "Svizzera Italiana", 1946; "Sabina e il fantasma", racconto pubblicato su "Botteghe Oscure", 1952; La figlia prodiga, Einaudi, Torino 1967; La morte del padre, Einaudi, Torino 1979; Bambine, Einaudi, Torino 1990; "Occorre disegnare, per incominciare, una piccola citta'", estratto da Bambine, in AA. VV., Narratori delle riserve, a cura di Gianni Celati, Feltrinelli, Milano 1992; La figlia prodiga e altri scritti, La Tartaruga, Milano 2004 (La figlia prodiga in una stesura precedente a quella del 1967). Traduzioni: La fille prodigue, trad. di Michele Causse, Des femmes, Paris 1975; Scenes d'interieur avec fillettes, trad. di Adrien Pasquali, Editions Zoe', Carouge-Geneve 1993; Bambine: Geschichte einer Kindheit", trad. di Maja Pflug, eFeF-Verlag, Bern 1997. [Recentemente e' apparso il volume postumo Piccolo dizionario dell'ineguaglianza femminile, Nottetempo, 2007]. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 45 del 31 marzo 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html e anche alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: Minime. 44
- Previous by thread: Minime. 44
- Indice: