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Minime. 41
- Subject: Minime. 41
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 27 Mar 2007 00:17:59 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 41 del 27 marzo 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Il paese dei passi perduti 2. Loris Campetti: Emergency, un bisturi per la pace 3. Franco Marcoaldi ricorda Hans-Georg Gadamer 4. Fabio Polidori ricorda Hans-Georg Gadamer 5. Giovanni Reale ricorda Hans-Georg Gadamer 6. Riletture: AA. VV., Una cotona de manta blanca 7. Riletture: Dieci anni di Nicaragua nella poesia di Gioconda Belli 8. Riletture: Gioconda Belli, Della costola di Eva 9. Riletture: Mariana Yonusg Blanco, Io nasco donna, e basta 10. Riletture: Annamaria Novello, Tiziana Negri, Donna in Nicaragua 11. Annibale Scarpante: Chi vvota pe la guerra, pe la morte 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento 13. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. IL PAESE DEI PASSI PERDUTI Passeranno queste ore, questi giorni e qualcuno sara' morto per sempre. Passeranno i mesi e gli anni e forse di nuovo c'incontreremo e ci ricorderemo di adesso e ci diremo tu votasti la guerra, tu facesti morire tanti innocenti e nulla varra' piangere ora insieme. 2. ESPERIENZE. LORIS CAMPETTI: EMERGENCY, UN BISTURI PER LA PACE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 marzo 2007. Loris Campetti, nato a Macerata nel 1948, e` laureato in chimica e ha lavorato come insegnante nella scuola; lavora come giornalista dal '78, per circa dieci anni ha diretto la redazione torinese del "Manifesto", attualmente e' responsabile delle pagine d'inchiesta e di storia dello stesso giornale] Curare tutte le vittime delle guerre, che come si sa sono soprattutto civili, a prescindere dall'appartenenza politica, dalla cultura, dalla religione, dalla nazionalita', dall'etnia. E' questa, in sintesi, la filosofia di Emergency, la piu' nota organizzazione umanitaria italiana che si caratterizza per la sua totale autonomia, economica e politica. In poche parole, l'organizzazione fondata da Gino Strada e presieduta da Teresa Sarti, non si muove a rimorchio dei governi, tanto meno di quelli che esportano guerre nel mondo o portano l'acqua - anzi le armi e i soldati - a chi le esporta. Ne' accetta protezioni (o confusioni) militari dal governo, che si chiami Berlusconi o Prodi non importa. A volte segue le guerre, altre le precede con il suo esercito di ospedali, presidi sanitari, chirurghi e volontari. Emergency e' un bisturi di pace nel mondo, non riconosce guerre giuste o umanitarie, preventive o classiche. La guerra e' guerra, un crimine contro l'umanita'. Non lo mandano a dire, Gino Strada e i suoi collaboratori, quel che pensano del concetto secondo cui la guerra sarebbe la continuazione della politica sotto altre forme, in particolare in una stagione in cui e' vero l'opposto: la politica e' la continuazione della guerra sotto altre forme. La parola d'ordine "politica" di Emergency potremmo riassumerla cosi': "si vis pacem para pacem" [se vuoi la pace prepara la pace, lavora per la pace - ndr]. E la pace, per essere conquistata e difesa, ha bisogno di medici, di aiuti, di politica. Non di armi e soldati. Emergency e' nata a Milano nel 1994 come associazione umanitaria, finalizzata a portare aiuto alle vittime civili delle guerre. Ha operato in 13 paesi, "costruendo 8 ospedali, 4 centri di riabilitazione, un centro di maternita', 55 posti di primo soccorso e centri sanitari", oltre a contribuire alla ristrutturazione e all'equipaggiamento di strutture sanitarie esistenti. Nei suoi primi dodici anni di vita, Emergency ha portato aiuto a duemilionitrecentomila persone. Se in Italia sono state messe al bando le mine antiuomo, di cui abbiamo disseminato mezzo mondo, lo si deve anche e soprattutto all'impegno di Gino Strada e della sua organizzazione, giuridicamente riconosciuta onlus nel 1998 e ong l'anno successivo, l'anno della guerra "umanitaria" contro la Serbia. Dal 2006, Emergency e' riconosciuta come ong partner delle Nazioni Unite. Il simbolo di Emergency, "uno straccio di pace", affisso alle finestre o legato al braccio nel 2001, non e' riuscito a fermare la guerra in Afghanistan, cosi' come il simbolo che un anno dopo prese il posto di quello straccio, le bandiere arcobaleno, non e' riuscito a fermare la guerra in Iraq. La parola d'ordine "Fuori l'Italia dalla guerra" ha portato in piazza milioni di italiani e italiane, ha mobilitato organizzazioni politiche, sociali, sindacali, umanitarie e, naturalmente, Emergency. Oggi Emergency opera in Afghanistan, Cambogia, Iraq, Sierra Leone, Sri Lanka, Sudan. E in Italia, per esempio a Palermo con un centro ambulatoriale per gli immigrati, senza verificare se le persone bisognose di cure mediche siano "regolari" o "clandestini". In Italia operano duecento gruppi e quattromila volontari. L'organizzazione ha un sito internet molto visitato e un bollettino trimestrale che vanta 120.000 abbonati. I soldi necessari all'attivita' di Emergency arrivano dal sostegno di decine di migliaia di persone, ricche e povere. Il costo della tessera "Amici di Emergency" e' di 20 euro, e per qualsiasi informazione, dalle iniziative al conto economico, si puo' consultare il sito www.emergency.it Da una costola di Emergency (l'altra costola e' di un'agenzia missionaria, "Misna") e' nato il giornale on-line "PeaceReporter" (www.peacereporter.net). Dell'impegno di Gino Strada in Afghanistan e in Iraq, i lettori del manifesto sono stati regolarmente informati. Vale la pena segnalare il centro di cardiochirurgia di Khartoum, in Sudan: si tratta di un centro d'eccellenza che ha l'ambizione di coprire un bacino d'utenza di 300 milioni di persone che vivono in ben nove paesi africani confinanti con il Sudan. Poi ci sono alcune curiosita'. Per esempio, l'intervento di Emergency negli Stati Uniti dove si sono costituiti ben tredici gruppi in altrettante citta' americane. Per ora non ci sono ospedali, anche se nella testa di qualcuno e' passata l'idea di costruire centri d'assistenza per le vittime del sistema sanitario statunitense. Attualmente questi gruppi oltreoceano di Emergency sono impegnati sia nella raccolta di fondi (cosicche' nessuno potra' dire che Gino Strada non e' pagato dagli americani...), sia nell'allargamento della comunicazione sulle vittime delle guerre. 3. MEMORIA. FRANCO MARCOALDI RICORDA HANS-GEORG GADAMER [Dal quotidiano "La repubblica" del 15 marzo 2002 riprendiamo il seguente articolo li' apparso col titolo "La grande lezione di un pensatore che credeva nel primato del dialogo ". Hans-Georg Gadamer (Marburgo 1900 - Heidelberg 2002) e' il principale esponente della cosiddetta ermeneutica filosofica ed uno dei pensatori piu' influenti del secondo Novecento. Opere di Hans Georg Gadamer: nella sua vasta produzione segnaliamo particolarmente l'opera fondamentale, Verita' e metodo, del 1960 (nuova edizione italiana con testo a fronte, Bompiani, Milano 2000); un recente libro-intervista utile per un'introduzione e' L'ultimo Dio. La lezione filosofica del XX secolo, Reset, Roma 2000; la casa editrice Marietti sta curando la pubblicazione in traduzione italiana delle Opere di Hans-Georg Gadamer (Gesammelte Werke, Tuebingen 1976 e sgg.). Opere su Hans Georg Gadamer: per la biografia, Jean Grondin, Hans-Georg Gadamer. Eine Biographie, Tuebingen 1999; un volume di saggi brevi di autori vari in omaggio al filosofo per il suo centenario e' AA. VV., Incontri con Hans-Georg Gadamer, Bompiani, Milano 2000; Donatella Di Cesare, Gadamer, Il Mulino, Bologna 2007. Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo la seguente scheda: "Hans Georg Gadamer nasce a Marburg l'11 febbraio del 1900. Studia a Breslavia (1918) con Richard Hoenigswald e a Marburg (1919) con Nicolai Hartmann e Paul Natorp, con cui si laurea, nel 1922, discutendo una tesi dal titolo: L'essenza del piacere nei dialoghi di Platone. Nel 1923, a Freiburg, conosce Husserl e Heidegger, del quale frequenta i corsi universitari a Marburg tra il 1923 e il 1928. Diventa professore ordinario di filosofia nel 1937 e, nel 1939, ottiene una cattedra presso l'Universita' di Leipzig, di cui diventa rettore nel 1946. Nel 1947 insegna a Frankfurt e nel 1949 ad Heidelberg, dove succede a Jaspers. Divenuto professore emerito nel 1978, Gadamer ha insegnato presso alcune universita' straniere e negli Stati Uniti. Nel 1979 entra a far parte del comitato scientifico dell'Istituto italiano per gli studi filosofici di Napoli - citta' di cui diventa cittadino onorario nel 1990 - dove, da allora, ogni anno, ha tenuto lezioni e seminari, vivendo quella che egli stesso ha definito 'una seconda giovinezza'. Autorita' indiscussa della filosofia contemporanea, l'illustre filosofo e' stato recentemente onorato con la pubblicazione della sua Opera omnia della quale sono usciti finora sette volumi (1986-1991) ed e' tutt'ora in corso di stampa. E' morto all'eta' di 102 anni ad Heidelberg il 14 marzo 2002. Opere di Hans Georg Gadamer: Platos dialektische Ethik (L'etica dialettica di Platone), Leipzig, 1931; Plato und die Dichter (Platone e i poeti), Frankfurt am Main, 1934; Volk und Geschichte im Denken Herders, (Popolo e storia nel pensiero di Herder), ibid., 1942; Bach und Weimar (Bach e Weimar), Weimar, 1946; Goethe und die Philosophie, (Goethe e la filosofia), Leipzig, 1947; Ueber die Ursprunglichkeit der Philosophie (La nascita della filosofia), Leipzig, 1948; Vom geistigen Lauf des Menschen, Godesberg, l949; Wahrheit und Methode. Grundzuege der philosophischen Hermeneutik (Verita' e metodo .Lineamenti di un'ermeneutica filosofica), Tuebingen, 1960; Hermeneutik und Historismus (Ermeneutica e storicismo), 1962; Die phaenomenologische Bewegung (Il movimento fenomenologico), 1963; Le probleme de la conscience historique (Il problema della coscienza storica), Louvain, l963; Ermeneutica e metodica universale, 1964; Dialektik und Sophistik im siebenten platonischen Brief (Dialettica e sofistica nella Settima Lettera di Platone), Heidelberg, l964; Kleine Scriften (Scritti minori), Tuebingen, 1967 sgg.; Idee und Zahlen (Idea e Numero. Studi sulla filosofia platonica), 1968; Sul mondo concettuale dei presocratici, 1968; Idea e realta' nel Timeo di Platone, 1974; L'idea del bene tra Platone ed Aristotele, 1978; Studi platonici, 1983; La dialettica di Hegel. Cinque studi ermeneutici, 1971; Sentieri heideggeriani. Studi sull'opera tarda di Heidegger, 1983; Chi sono io, chi sei tu?, 1973; Poetica. Saggi scelti, 1977; L'attualita' del bello, 1977; Poesia e dialogo, 1990". Franco Marcoaldi e' scrittore e giornalista. Dal sito www.festivaletteratura.it riprendiamo la seguente scheda: "Franco Marcoaldi, poeta, storico, critico letterario, inviato del quotidiano 'La Repubblica', vive e lavora a Roma. Opere di Franco Marcoaldi: A mosca cieca, Einaudi, 1992; Voci rubate, Einaudi, 1993; Amore non amore, Bompiani, 1997; Un mese col Buddha, Bompiani 1997; Il vergine, Bompiani, 1998; Prove di viaggio, Bompiani 1999; L'isola celeste, Einaudi 2000; Benjaminowo: padre e figlio, Bompiani, 2004; Gaetano Cipolla. Carte a proposito di Seneca, Lubrina, 2005; Animali in versi, Einaudi 2006"] Anche se puo' sembrare il momento meno opportuno, la prima osservazione che viene da fare su Hans Georg Gadamer nel giorno della sua morte, e' che sara' ricordato come il "filosofo della salute" del Novecento. Forse sono condizionato da uno dei suoi ultimi libri usciti in Italia (Dove si nasconde la salute, Raffaello Cortina Editore). E ancora di piu' dall'incontro tra noi che ne segui', quando mi trovai al cospetto di un novantacinquenne perfettamente lucido, ironico, curioso. Al quale, davanti a un bicchierino di Calvados, chiesi in modo diretto e un po' brutale: professore, ma la sua personale ricetta della salute, qual e'? "Il costante uso della mente. La filosofia non come pratica accademica, ma come Lebensphilosophie. Una pratica che riguarda ogni singolo uomo nel suo rapporto col mondo. E che lo porta a preservare il proprio giudizio sulle cose. Ad accettare le condizioni date, ma allo stesso tempo a cercare continuamente nuove ragioni per cui vale la pena - nel senso letterale - di sentire, pensare, immaginare". Si', saro' senz'altro condizionato da questi ricordi. Ma non credo di andare tanto lontano dal vero se parlo di Gadamer come "filosofo della salute". L'assunto da cui partiva il pensatore di Marburgo (classe 1900) e' difficilmente contestabile: il nostro tempo si e' espresso in modo pressoche' esclusivo attraverso il linguaggio della tecnica. La stessa "seconda guerra dei trent'anni" - come lui chiamava il periodo che va dal 1915 al 1945 - ha visto trionfare, prima che l'una o l'altra nazione, questa potenza impersonale e planetaria, cui l'uomo del Novecento pare essersi completamente abbandonato nella speranza di ritrovare un qualche senso, una qualche idea di futuro. Peccato invece che proprio l'uomo del Novecento non appaia piu' in grado di indicare un qualche cammino di salvezza. Per Gadamer e' la conferma che l'avvenuta "colonizzazione" del sapere tecnico-scientifico a danno di tutte le altre nostre forme espressive, ha finito per amputare la natura umana. E proprio contro questa "prepotenza", l'ultimo patriarca della filosofia ha combattuto per decenni. A partire dal suo libro forse piu' noto e importante, Verita' e metodo (1960), in cui ribaltando l'accezione comune ci ha parlato della filosofia come disciplina di verita', e della scienza come disciplina del metodo, visto che solo nelle esperienze extrascientifiche (segnatamente quelle artistiche) l'uomo fa esperienza compiuta di verita', uscendo modificato dall'incontro personale con l'opera. Lo sbilanciamento a favore dello sviluppo tecnico-scientifico, invece, ha portato questo paradosso: quanto piu' le forme di vita vengono organizzate razionalmente su basi astratte generali, tanto meno viene esercitata la facolta' di giudizio del singolo cittadino. Cio' che finisce per mettere in crisi la stessa forma politica della democrazia. * L'ho presa un po' alla lontana; ma alla fine siamo arrivati alla parola-chiave per cui la filosofia di Gadamer verra' ricordata: ermeneutica, parola che ha contribuito piu' di ogni altro a popolarizzare, sino a farne il volano dell'indirizzo teorico oggi tra i piu' seguiti al mondo. Detta in soldoni: ermeneutica sta per interpretazione. Ma mentre un tempo essa rappresentava una disciplina specialistica affidata agli interpreti dei testi "sacri" di una societa', con Gadamer - ci ha ricordato tante volte Gianni Vattimo, che e' uno dei suoi piu' attenti studiosi - essa diventa teoria generale della comunicazione, dell'ascolto, della comprensione dell'Altro. "L'intesa tra gli uomini avviene infatti sulla base di un orizzonte comune che vive nella lingua che parliamo, e nei testi eminenti che costituiscono il patrimonio di questa lingua". Pensare insomma, per Gadamer, e' pensare insieme. Ascoltare l'altro. "Piegare la propria intenzione per integrarla con quella di chi ci e' di fronte. L'esperienza di verita', pertanto, si da' solo nel dialogo, in quella dialettica di domanda e risposta che alimenta il movimento circolare della comprensione". Eppero', primo intoppo: mentre nella nostra societa' cresce la comunicazione, con essa cresce pure un profondo senso di solitudine. Per forza, risponderebbe Gadamer: perche' viviamo nell'epoca degli esperti, dei tecnici e dei funzionari. E l'autorita' della scienza e degli esperti ci porta a liberarci dal peso della responsabilita' connessa all'azione. Siamo dunque nel pieno di quella che negli anni Trenta Jaspers chiamo', al suo cominciamento, eta' della responsabilita' anonima. E che cosi' Gadamer sintetizza, in un brano da ritagliare e mandare a memoria: "La qualita' maggiormente richiesta, ormai, e' l'adattabilita', il funzionariato. Funzionario e' colui che sorveglia l'andamento di uno specifico apparato, sia esso di tipo tecnico-scientifico, o relativo alla pubblica amministrazione. Per questo viene scelto, e in questo risiedono le sue possibilita' di carriera. Anche se e' chiaro a tutti che sono sempre meno coloro che prendono decisioni, mentre sono sempre piu' quelli che seguono semplicemente il funzionamento dell'apparato. E ciononostante la moderna societa' soggiace alla necessita' interna anche se irrazionale di questo stato di cose. Il conformismo che ne discende, come hanno dimostrato tutti i regimi di massa, e' una straordinaria arma per il potere, in grado di uccidere qualunque creativita' e spontaneita' del singolo". Stando cosi' le cose - frantumazione dei linguaggi specialistici e atomizzazione dell'esistenza - sara' solo attraverso questa filosofia del "dialogo sociale", del sapere comune, che potremo garantire la sopravvivenza della democrazia. E di un individuo ancora consapevole delle proprie scelte. * Sono riflessioni che affondano molto indietro nel tempo, riportandoci inevitabilmente all'incontro capitale del 1923 con Martin Heidegger, allora giovane assistente di Edmund Husserl. Quell'incontro - malgrado le dure critiche rivolte poi da Gadamer al maestro per la sua scelta filonazista - restera' decisivo dal punto di vista teorico: "Heidegger mi ha insegnato che cos'e' l'espressione linguistica di un pensiero, la differenza tra la convenzionalita' dei linguaggi scientifici e la ricchezza dei linguaggi filosofici e artistici, la ridondanza del problema della verita' rispetto al problema della verita' scientifica". Si tratta di un debito talmente evidente, che l'intera produzione gadameriana verra' letta - da Habermas, ad esempio - come tentativo di "urbanizzare" l'esistenzialismo heideggeriano, spurgandolo dagli eccessi metafisici e riconducendolo dentro il territorio di una piu' moderata filosofia del dialogo. Presa per buona questa interpretazione, l'"urbanizzazione" e' andata decisamente molto in la'. Tanto che se infine una timidissima obiezione puo' essere mossa all'opera di questo grandissimo maestro, riguarda un eccesso ottimistico di fondo: la convinzione cioe' che l'ermeneutica, il dialogo, l'interpretazione, abbiano avanti a se' un campo d'azione praticamente illimitato. Un esempio per tutti: la lettura che il filosofo tedesco ha dato della poesia di Paul Celan. Se ci si pone davvero in una posizione di ascolto, si potra' pervenire - nel libero gioco dell'immaginazione e dell'intelletto - a una sua comprensione coerente e comunicabile agli altri. Non e' forse lo stesso Celan a parlare della "necessita' di un faccia a faccia" con il lettore? Per Gadamer e' la conferma migliore della bonta' del proprio principio teorico. Eppure lo strazio dell'esistenza di Celan non parrebbe indicare la stessa assoluta fiducia riposta nel linguaggio. Quando il poeta scrive ad Hans Bender "non vedo differenza tra una stretta di mano e un poema", pare semmai avvicinare la sua forma espressiva a un tipo di comunicazione che sfonda gli abituali codici linguistici. Quasi ribadisse: una poesia non puo' essere spiegata. E' come un abbraccio, uno sguardo complice. So bene che questa obiezione non convincerebbe Gadamer. Lo so, perche' ebbi modo di fargliela. E lui, sorseggiando ancora un po' di Calvados, mi rispose con la consueta amabilita': "Lei dice che sono troppo ottimista. Ma l'ottimismo non e' una pecca. E neppure una virtu'. E' un bisogno connaturato alla natura dell'uomo. Il pessimismo invece, quello si' che e' un lusso. Soltanto due 'borghesi' come Schopenhauer e Leopardi se lo potevano permettere...". 4. MEMORIA. FABIO POLIDORI RICORDA HANS-GEORG GADAMER [Dal quotidiano "Il piccolo" del 15 marzo 2002 riprendiamo il seguente articolo li' apparso col titolo "Gadamer, sulle tracce della verita'". Fabio Polidori, nato a Trieste, saggista e docente, redattore della rivista "aut aut"; insegna all'Universita' di Trieste; ha tradotto e curato opere di Bergson, Deleuze, Foucault e altri. Opere di Fabio Polidori: (con Pier Aldo Rovatti e Federica Sossi), Dizionario Bompiani dei filosofi contemporanei, Bompiani, Milano 1990; Necessita' di una illusione. Lettura di Nietzsche, Milano 1995; L'ultima parola. Heidegger/Nietzsche, La Nuova Italia, Firenze 1998] Hans Georg Gadamer e', in un certo senso, la filosofia del Novecento. In un certo senso: ovviamente non tutta la filosofia del Novecento si riconosce in lui o a lui puo' ricondursi. Lui pero' - questo si' - l'ha attraversata tutta, ne ha respirato inquietudini, esplosioni, lacerazioni. E poi ne ha decisamente segnato il percorso, con quella idea di "ermeneutica" che ha modificato - e sicuramente in maniera per certi aspetti irreversibile - il rapporto con la questione della verita'. Se, infatti, l'eredita' filosofica del Novecento puo' riconoscersi in un tratto particolare, essenziale, esclusivo, questo potrebbe venire indicato proprio nelle profonde trasformazioni del rapporto, o meglio dei rapporti, con la verita'. Certo non solo a opera di Gadamer: pensiamo anzitutto all'onda lunga dei testi di Nietzsche (che sarebbe morto pochi mesi dopo che Gadamer era nato), nei quali la verita' viene fatta saltare in tanti pezzi, fino a non distinguerla piu' dalla menzogna, dall'inganno, dall'arte; pensiamo poi a Heidegger, in cui Gadamer riconobbe sempre un maestro insuperato, e per il quale la "verita'" e' un colloquio con la storia, con il linguaggio. Pensiamo, poi, anche a Husserl e alla fenomenologia, al neokantismo di inizio secolo ed ecco che abbiamo alcuni degli ingredienti fondamentali con i quali Gadamer costruira' Verita' e metodo. Lineamenti di un'ermeneutica filosofica (Bompiani), quello che egli stesso defini' "il libro della sua vita". L'anno in cui fu pubblicato per la prima volta era il 1960, e da allora la nozione di ermeneutica, fino a quel momento utilizzata in settori di studio particolari (come quello religioso, o quello giuridico), divenne un prezioso strumento critico per il pensiero filosofico. La verita' insomma veniva sottratta alle pretese universali, astratte; e veniva a perdere quel preteso carattere "definitivo" che, in certa misura, le era stato attribuito. L'ermeneutica, ovvero in origine "arte e tecnica dell'interpretazione", diventava con Gadamer il modo in cui condurre il pensiero filosofico non verso la ricerca di verita' assolute e universali, ma a valorizzare le esperienze della nostra esistenza finita. L'arte, la storia, la letteratura sono tutti ambiti dai quali non ricaviamo verita' illusorie o tutt'al piu' approssimative, come si potrebbe pensare se le confrontassimo con le verita' che sono in grado di fornirci i metodi rigorosi delle scienze esatte; ma sono anzi le dimensioni nelle quali ciascuno di noi ha la possibilita' di fare un'esperienza "extrametodica" - non delimitata cioe' entro i confini della "esattezza" - della verita'. Come per esempio rendersi conto che abitare un mondo non significa conoscerlo scientificamente, ma interpretarlo: essere anzi presi in un "gioco" continuo di interpretazioni. Interpretazioni infinite: ma in grado di restituirci a una dimensione in cui non siamo "soggetti" che stanno di fronte a "oggetti", che li osservano o li usano per cosi' dire dall'esterno. Siamo sempre, anche, in un rapporto di dialogo, di interpretazione appunto, con cio' che ci circonda e con gli stessi strumenti interpretativi che usiamo per interpretarlo. E l'ermeneutica diventa un movimento circolare, un "circolo ermeneutico"; infinito, e all'interno del quale si aprono prospettive di "verita'" finite (come quelle dell'opera d'arte, come quelle della storia). Ed ecco perche' questo movimento trova per Gadamer nel linguaggio la dimensione piu' propria: il linguaggio come luogo assoluto dell'interpretare, dove l'interpretare e' sempre una prospettiva, una verita' finita, in continuo dialogo con la propria storia e la propria tradizione. Al punto che Gadamer affermera' che "l'essere, che puo' venir compreso, e' linguaggio", frase con cui, spesso in maniera troppo frettolosa e semplificata, si ricorda la sua prospettica "ontologico-ermeneutica". Inutile dire che una proposta teorica di questo tipo pose Gadamer al centro del dibattito filosofico della seconda meta' del Novecento: non solo filosofi gia' molto sensibili a questioni e problemi riguardanti il "linguaggio" - e comunque gia' al lavoro sulle prospettive che si aprivano grazie a un rilancio della verita' (e di "essere") in termini non gia' assoluti ma come "mediazione" - cominciarono a dialogare assiduamente con l'autore di Verita' e metodo (tra questi vanno senz'altro ricordati Paul Ricoeur, Karl-Otto Apel, Juergen Habermas, Jacques Derrida, Luigi Pareyson, Gianni Vattimo: quest'ultimo, tra l'altro, fu il primo traduttore in assoluto di Verita' e metodo). Ma notevoli suggestioni influirono sull'ambito delle ricerche di estetica (soprattutto attraverso gli studi raccolti in L'attualita' del bello, Marietti editore), di storia e critica della letteratura (Gadamer scrisse anche di letteratura, e fu "interprete" di poeti come Goethe, Hoelderlin, Kleist, Celan e altri, come si puo' vedere negli studi di Interpretazioni di poeti, Marietti), e sicuramente grande attenzione ebbero anche le sue osservazioni intorno alla scienza contemporanea (La ragione nell'eta' della scienza, Il Melangolo). Resta, comunque, difficile delimitare il raggio della sua influenza sulla cultura del "suo" secolo; anche perche', negli anni piu' tardi, oltre a continuare un lavoro di divulgazione della filosofia (sono, per esempio, molto numerose le interviste raccolte dai programmi televisivi, italiani e non, per l'educazione), si dedico' anche a questioni di interesse culturale piu' vasto, come quella del futuro del nostro continente alla luce delle sollecitazioni presenti all'orizzonte e, soprattutto, risalendo alle radici della nostra civilta' (L'eredita' dell'Europa, Einaudi) o quella del nostro rapporto con la medicina, con il corpo, con la morte (Dove si nasconde la salute, Raffaello Cortina). Ma in questi ultimi lavori, in questi ultimi interventi, Hans-Georg Gadamer non si discosta affatto dalla filosofia; non smette l'abito del filosofo per indossare quello dell'opinionista o dell'intellettuale a tutto campo. Semmai, in perfetta coerenza con la propria indole intellettuale, indossa le vesti che forse meglio si attagliavano alla sua personalita', al suo pensiero, anche alla sua eta': forse non tanto le vesti del filosofo, quanto invece quelle del saggio, dell'ultimo saggio dell'Occidente. 5. MEMORIA. GIOVANNI REALE RICORDA HANS-GEORG GADAMER [Dal quotidiano "Il sole 24 ore" del 15 marzo 2002 riprendiamo il seguente articolo li' apparso col titolo "La sofferenza e l'ermeneutica". Giovanni Reale e' un illustre filosofo, saggista e docente. Dal sito www.emsf.rai.it riprendiamo la seguente scheda: "Giovanni Reale e' nato a Candia Lomellina (Pavia) il 15 aprile 1931. Ha frequentato il liceo classico a Casale Monferrato e si e' laureato in filosofia presso l'Universita' Cattolica di Milano nel l954. Si e' poi perfezionato in Germania dal 1954 al 1956 a Marburg an der Lahn e nel 1957 a Monaco di Baviera. Ha ricoperto la cattedra di Storia della filosofia presso l'Universita' di Parma dove ha insegnato anche per un triennio Filosofia morale. Attualmente e' ordinario di Storia della filosofia antica presso l'Universita' Cattolica di Milano. Dirige la collana 'Testi a fronte' dell'editore Rusconi e la sezione 'Filosofia classica e tardo-antica' della collana 'I classici del pensiero' dello stesso editore. Dirige inoltre la collana 'Temi e problemi del pensiero antico. Studi e testi' del Centro di ricerche di metafisica dell'Universita' Cattolica di Milano, per la casa editrice Vita e Pensiero. Fra le sue opere di maggiore impegno si segnalano:Introduzione a Proclo, Laterza, Roma-Bari 1989; Per una nuova interpretazione di Platone. Rilettura della metafisica dei grandi dialoghi alla luce delle dottrine non scritte, Milano, Vita e Pensiero 1991; I paradigmi storici nell'interpretazione di Platone e i fondamenti del nuovo paradigma, Istituto Suor Orsola Benincasa, Napoli 1991; Ruolo delle dottrine non scritte di Platone. Intorno al Bene nella "Repubblica" e nel "Filebo", Istituto Suor Orsola Benincasa, Napoli 1991; Il concetto di filosofia prima e l'unita' della "Metafisica" di Aristotele, Vita e Pensiero, Milano 1994; Saggezza antica. Terapia per i mali dell'uomo d'oggi, Raffaello Cortina, Milano 1995; Eros demone mediatore. Il gioco della maschere nel "Simposio" di Platone, Rizzoli, Milano 1997; Guida alla lettura della "Metafisica" di Aristotele, Laterza, Roma-Bari 1997; Per una nuova interpretazione di Platone, Vita e Pensiero, Milano 1997; Raffaello,"La "Scuola di Atene". Una nuova interpretazione dell'affresco con il cartone a fronte, Rusconi, Milano 1997. Reale ha curato inoltre i seguenti classici: Melisso, Testimonianze e frammenti, La Nuova Italia, Firenze 1970; Parmenide, Poema sulla natura, I frammenti e le testimonianze indirette, Rusconi, Milano 1991; Platone, Tutti gli scritti, Rusconi, Milano 1991; Aristotele, Metafisica, Vita e Pensiero, Milano 1993; Seneca, Tutti gli scritti filosofici, Rusconi, Milano, 1994. Giovanni Reale ritiene che la cifra spirituale che caratterizza il pensiero occidentale, sia costituita dalla filosofia creata dai Greci. E' stato infatti il logos greco a caratterizzare le due componenti essenziali del pensiero occidentale e precisamente a fornire gli strumenti concettuali per elaborare la Rivelazione cristiana e a creare quella peculiare mentalita' da cui sono nate la scienza e la tecnica. Ma se la cultura occidentale non si capisce senza la filosofia dei Greci, questa a sua volta non si capisce senza la metafisica come studio dell'intero. Il lavoro che Reale svolge, studiando i grandi pensatori del passato, vuole servire a un confronto con la metafisica antica e moderna. La preferenza che accorda a Platone dipende dal fatto che il filosofo ateniese e', con la 'seconda navigazione' di cui parla nel Fedone, il vero creatore di questa problematica"] Sulla figura di Gadamer ci sarebbe molto da dire. Ma, nel momento della sua morte, io mi soffermero' soprattutto su un episodio che non e' molto noto e che invece e' fondamentale per capire la sua statura morale. In occasione della prima intervista che gli ho fatto (pubblicata nel "Sole - 24 ore" del 6 ottobre 1996), gli ho posto, fra le altre, la domanda su come erano nate le bellissime pagine dedicate alla sofferenza, incentrate sul richiamo al verso di Eschilo in cui si dice che all'uomo e' toccata la dura sorte di "imparare attraverso il dolore". Sono, infatti, pagine di uno straordinario spessore morale, che, piu' che in un'opera di ermeneutica, ci si aspetterebbe di leggere in un'opera di etica, e per questo la cosa mi incuriosiva in maniera particolare. La sua risposta e' stata molto bella, ma spostata da un piano personale a uno generale: "La sua domanda - mi disse - e' attualissima. E' molto vero, occorre ritrovare il senso del dolore e della sofferenza, nell'educazione di oggi. Manca la resistenza. E' una tentazione e una minaccia di prim'ordine. Nei giovani questa mancanza porta a cercare rifugio nella droga. Anche questo deriva da una mancanza di resistenza, necessaria per sviluppare la propria personale autodisciplina". Ma a pranzo (ero seduto alla sua sinistra) si rivolse verso di me e mi diede una risposta precisa a quella domanda che gli avevo fatto, che mi ha lasciato a lungo senza parole. "Quando ero sui vent'anni - mi disse - fui colpito dalla poliomielite e rimasi a lungo completamente paralizzato, con tutte le conseguenze che lei puo' bene immaginare". La cosa mi sorprese e mi turbo' al punto che fui improvvisamente colto anche dal dubbio di non aver ben compreso quanto mi aveva detto. Gadamer camminava, infatti, con un bastone; ma pensavo che questo fosse dovuto all'eta' e al fatto che era alto e di grossa corporatura. Per di piu', camminava molto, e passeggiava ogni giorno a lungo. Dopo il pranzo mi sono percio' rivolto ai suoi assistenti per avere conferme e informazioni precise e dettagliate. E le risposte datemi sono state altrettanto sorprendenti. Gadamer, non appena gli fu possibile, inizio' a tentare di fare piccoli passi, giorno per giorno sempre piu' numerosi; successivamente intensifico' quei movimenti in quantita' e in qualita', fino a giungere a misurarsi con rudimentali esercizi connessi con il gioco del tennis in modo sistematico, e incomincio' a fare passeggiate sempre piu' lunghe, in maniera ben calcolata. E con una forza di volonta' straordinaria, e' riuscito a ricostruire l'apparato motorio in maniera eccezionale. Mi e' stato detto che, alla fine, gli e' rimasta solo una gamba un poco piu' piccola dell'altra, e proprio per questo camminava con il bastone. E dal momento che e' diventato famoso solo in eta' matura, dopo che con la forza dello spirito aveva ricreato il suo fisico, e per di piu' si spostava da ogni parte e viaggiava spesso e molto volentieri, solo pochi ebbero conoscenza del fatto. Questo evento e il modo in cui Gadamer l'ha vissuto e l'ha spiritualmente trasformato costituiscono il fulcro della sua grandezza di uomo. Conviene pertanto rileggere uno dei passi essenziali del suo capolavoro, Verita' e metodo, in cui spiega in che senso l'esperienza che include la sofferenza determina lo stesso essere dell'uomo. Si tratta di un passo di cui gli chiedevo nella prima intervista ma che si comprende bene solo dopo che si conosce quell'evento. Ecco il testo: "Se si vuole un testo significativo per comprendere questo momento costitutivo dell'esperienza che qui intendiamo evidenziare, esso andra' cercato senz'altro in Eschilo. Egli ha trovato, o meglio riconosciuto nel suo senso metafisico, la formula che esprime l'intima storicita' dell'esperienza: imparare attraverso la sofferenza (pathei-mathos). Questa formula non significa soltanto che attraverso il male che si subisce si diventa accorti e che solo attraverso illusioni e delusioni si acquista una piu' accorta conoscenza delle cose. Intesa cosi', la formula e' vecchia come l'uomo. Ma Eschilo vuole dire di piu'. Egli vuole esprimere le ragioni di questo fatto. Cio' che l'uomo deve apprendere attraverso la sofferenza non e' una nozione qualunque, e' l'intendimento giudizioso dei limiti dell'uomo, la comprensione dell'insopprimibilita' della sua distanza dal divino. E', in definitiva, una conoscenza religiosa, la stessa da cui e' derivata l'origine della tragedia greca". 6. RILETTURE. AA. VV.: UNA COTONA DE MANTA BLANCA AA. VV., Una cotona de manta blanca. Storie e poesie di donne nel nuovo Nicaragua, Dimensione donna - Associazione Italia-Nicaragua, Como 1986, pp. 66. Una raccolta di testimonianze e di versi di donne nel Nicaragua della rivoluzione sandinista. Con interventi di Licia Badesi, Rosa De Rosa, Mimma Palermo, Cristina Ronzoni, Graziella Bevilacqua, Elisabetta Radice. 7. RILETTURE. DIECI ANNI DI NICARAGUA NELLA POESIA DI GIOCONDA BELLI Dieci anni di Nicaragua nella poesia di Gioconda Belli, Associazione Italia-Nicaragua - Edizioni Associate, Roma 1989, pp. 126, lire 12.000. Una raccolta di versi della scrittrice nicaraguense, con testo a fronte, traduzioni di Giovanna Barile e Valeria Manca (che e' anche la curatrice del libro e l'autrice dell'introduzione). 8. RILETTURE. GIOCONDA BELLI: DELLA COSTOLA DI EVA Gioconda Belli, Della costola di Eva. De la costilla de Eva, Edizioni Mondo Nuovo, Milano 1990, pp. 220, lire 16.000. Con testo a fronte, traduzione e cura di Edda Cicogna, con un'introduzione di Dacia Maraini. 9. RILETTURE. MARIANA YONUSG BLANCO: IO NASCO DONNA, E BASTA Mariana Yonusg Blanco, Io nasco donna, e basta. Poesie, La piccola editrice, Celleno (Viterbo) 1991, pp. 160, lire 22.000. Le poesie di Mariana Yonusg Blanco, con testo a fronte, traduzione di Cristina Ronzoni, prefazione di Giancarla Codrignani e un contributo di Dacia Maraini. 10. RILETTURE. ANNAMARIA NOVELLO, TIZIANA NEGRI: DONNA IN NICARAGUA Annamaria Novello, Tiziana Negri, Donna in Nicaragua. Tra quotidiano e rivoluzione, Edizioni Gruppo Abele,Torino 1985, pp. 160, lire 14.000. All'ascolto delle voci delle donne nicaraguensi impegnate nella costruzione del nuovo Nicaragua della rivoluzione sandinista negli anni Ottanta. 11. LE ULTIME COSE. ANNIBALE SCARPANTE: CHI VVOTA PE LA GUERRA, PE LA MORTE [Ospitiamo del nostro buon amico Annibale Scarpante questa ennesima caterva d'improperi. Compatiscano le gentili lettrici, ed i lettori egregi] Chi vvota pe la guerra, pe la morte vota, e condanna a mmori' ammazzati 'na massa de pori ciuchi che nun so' peggio d'esso. Chi vvota pe la guerra e' un mascarzone che ppe gusto je va' de sfragne all'antri le zucche loro che ccome la sua so' vvote e de bbrutti penzieri bullicheno. Chi vvota pe la guerra e' 'n'assassino je pozza pija' 'n corpo che je secchi quela manaccia quanno s'arza a di' ammazzamole. 12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 13. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 41 del 27 marzo 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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