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Minime. 40
- Subject: Minime. 40
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 26 Mar 2007 00:15:32 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 40 del 26 marzo 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. La scelta 2. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 3. Wlodek Goldkorn ricorda Nelly Norton 4. Teresa Sarti: Un appello per Rahmatullah 5. Enrico Piovesana: Morire di guerra ancor prima di nascere 6. Domenico Jervolino ricorda Hans-Georg Gadamer 7. Pietro Kobau ricorda Hans-Georg Gadamer 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. LA SCELTA Il voto che il Senato della Repubblica dovra' esprimere domani non verte sulle alchimie del ceto politico italiano come la macchina propagandistica degli assassini vorrebbe far credere. Verte sul proseguire la partecipazione italiana alla guerra terrorista e stragista, immorale e illegale, o farla cessare. La scelta e' tra la guerra e la pace, tra il sopprimere vite umane o salvarle. Chi vota per la prosecuzione della partecipazione italiana alla guerra afgana vota contro la Costituzione della Repubblica Italiana e vota contro quel primo diritto che fonda tutti gli altri diritti umani che a tutti gli esseri umani la Dichiarazione universale del 1948 riconosce: il diritto a non essere uccisi. Chi vota per la guerra vota per il terrorismo. Chi vota per la guerra vota per la commissione di omicidi. Chi vota per la guerra e' un assassino. 2. AGENDA. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dagli amici del Movimento Nonviolento (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org o anche azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) riceviamo e diffondiamo] Con la dichiarazione dei redditi si ha la possibilita' di devolvere il 5 per mille dell'irpef a favore del Movimento Nonviolento. Non si tratta di pagare tasse in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi che comunque dovranno essere versati allo Stato. Il o la contribuente puo' destinare la quota del 5 per mille della sua imposta sul reddito delle persone fisiche, relativa al periodo di imposta 2006, apponendo la firma nell'apposito spazio destinato a "sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilita' sociale" e indicando il codice fiscale della nostra associazione di promozione sociale. Il codice fiscale del Movimento Nonviolento e': 93100500235. Coloro che si fanno compilare la dichiarazione dei redditi dal commercialista, o dal Caf, o da qualsiasi altro ente preposto (sindacato, patronato, Cud, ecc.) devono dire esplicitamente che intendono destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento, e fornire il codice fiscale della nostra associazione, poi il modulo va consegnato in banca o in posta. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante per sostenere attivita', campagne ed iniziative nonviolente che si basano esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno del Movimento Nonviolento con particolare riferimento alle iniziative culturali e formative, di approfondimento della cultura e dell'informazione nonviolenta, e di diffusione della rivista "Azione nonviolenta". Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. * Movimento Nonviolento Per ulteriori informazioni e contatti: sede nazionale, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org o anche azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org 3. LUTTI. WLODEK GOLDKORN RICORDA NELLY NORTON [Dal blog di Wlodek Goldkorn (http://goldkorn.blogautore.espresso.repubblica.it) riprendiamo il seguente ricordo del 13 febbraio 2007. Wlodek Goldkorn, polacco, intellettuale e giornalista, dopo aver lasciato la Polonia nel 1968 da oltre trent'anni vive a Firenze; e' il responsabile del settore cultura del settimanale "L'Espresso", di cui e' stato anche corrispondente da New York; acuto saggista, si e' occupato di questioni internazionali e di cultura; negli anni Ottanta e' stato il fondatore e l'editore di riviste sull'Europa centrale e orientale, "L'ottavo giorno" e "L'Europa ritrovata"; ha collaborato anche con varie altre riviste, tra cui "Micromega", "Mondoperaio", "Limes", "Fine secolo". Opere di Wlodek Goldkorn: Uscire dal ghetto, Reverdito, 1988; (con Rudi Assuntino), Il guardiano. Marek Edelman racconta, Sellerio, 1998; (con Massimo Livi Bacci, Mauro Martini), Civilta' dell'Europa orientale e del Mediterraneo, Longo, 2001; La scelta di Abramo. Identita' ebraiche e postmodernita', Bollati Boringhieri, 2006. Nelly Norton, intellettuale e militante per la dignita' umana, dal 1968 ha vissuto a Torino, dove lavorava come psicologa presso il Dipartimento di salute mentale; e' deceduta il 10 febbraio 2007. Un suo ricordo di Jacek Kuron e' nel n. 38 di queste "Minime"] Sabato 10 febbraio se ne e' andata Nelly Norton. In questa foto [qui non riprodotta - ndr] la vedete con Marek Edelman, l'uomo che nel 1943 guido' l'insurrezione nel ghetto di Varsavia. Nelly aveva 59 anni. Era arrivata dalla Polonia a Torino nel 1968. Era una donna coraggiosa, non mi ricordo di averla mai sentito dire: ho paura. Soprattutto era una persona, come ce ne sono sempre meno, e che hanno creato quello che possiamo chiamare la cultura e l'identita' europea (la Torino antifascista ha conosciuto altre persone simili a Nelly). Si muoveva con la stessa facilita' e naturalezza nella cultura italiana e in quella polacca. Era di casa a Torino come a Varsavia, ma anche a Parigi o a Londra. Era una di quelle persone che diffidano di ogni potere costituito e di cui nessun potere costituito si fida. E' stata una donna che ha vissuto tutta la sua vita da militante: a Varsavia, a Parigi nel maggio '68, a Torino, e per certi versi di nuovo a Varsavia. Se Solidarnosc e' riuscita a sopravvivere in clandestinita', negli anni Ottanta, lo si deve in gran parte a Nelly: era lei a organizzare, da Torino, il trasporto di macchine tipografiche, carta, soldi e di tutto quanto occorresse per tenere viva la resistenza al regime. Rimane la mamma Bronka che ha dato a Nelly la vera educazione europea (per usare un termine caro a Romain Gary, ebreo polacco lituano e grande scrittore francese). E c'e' Olek che fa un ottimo vino: un piemontese polacco (o polacco piemontese). 4. APPELLI. TERESA SARTI: UN APPELLO PER RAHMATULLAH [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente appello del 25 marzo 2007. Teresa Sarti e' presidente di Emergency. Un'ampia intervista a Teresa Sarti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 42. Rahmatullah Hanefi, manager dell'ospedale di Emergency a Lashkargah, artefice fondamentale della salvazza della vita di Daniele Mastrogiacomo, e' stato sequestrato dai servizi segreti afgani. Adjmal Nashkbandi, l'interprete afgano che era stato rapito con Daniele Mastrogiacomo, sembra sia ancora sequestrato, o dai talebani o dai servizi segreti afgani] Siamo angosciati per la sorte di Rahmatullah Hanefi. Il responsabile afgano dell'ospedale di Emergency a Lashkargah e' stato prelevato all'alba di martedi' 20 dai servizi di sicurezza afgani. Da allora nessuno ha potuto vederlo o parlargli, nemmeno i suoi famigliari. Non e' stata formulata nessuna accusa, non esiste alcun documento che comprovi la sua detenzione. Alcuni afgani, che lavorano nel posto in cui Rahmatullah Hanefi e' rinchiuso, ci hanno detto pero' che lo stanno interrogando e torturando "con i cavi elettrici". Rahmatullah Hanefi e' stato determinante nella liberazione di Daniele Mastrogiacomo, semplicemente facendo tutto e solo cio' che il governo italiano, attraverso Emergency, gli chiedeva di fare. Il suo aiuto potrebbe essere determinante anche per la sorte di Adjmal Nashkbandi, l'interprete di Mastrogiacomo, che non e' ancora tornato dalla sua famiglia. Oggi, domenica 25, il Ministro della sanita' afgano ci ha informato che in un "alto meeting sulla sicurezza nazionale" presieduto da Hamid Karzai, e' stato deciso di non rilasciare Rahmatullah Hanefi. Ci hanno fatto capire che non ci sono accuse contro di lui, ma che sono pronti a fabbricare false prove. Non e' accettabile che il prezzo della liberazione del cittadino italiano Daniele Mastrogiacomo venga pagato da un coraggioso cittadino afgano e da Emergency. Abbiamo ripetutamente chiesto al Governo italiano, negli ultimi cinque giorni, di impegnarsi per l'immediato rilascio di Rahmatullah Hanefi e il governo ci ha assicurato che l'avrebbe fatto. Chiediamo con forza al Governo italiano di rispettare le parola data. Teresa Sarti Strada, presidente di Emergency 5. AFGHANISTAN. ENRICO PIOVESANA: MORIRE DI GUERRA ANCOR PRIMA DI NASCERE [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 25 marzo 2007. Enrico Piovesana, giornalista, lavora a "Peacereporter", per cui segue la zona dell'Asia centrale e del Caucaso; e' in Afghanistan in qualita' di inviato] In Afghanistan si muore di guerra ancor prima di nascere. Sadika, la giovane donna afgana ferita ieri in un bombardamento aereo della Nato, e' fuori pericolo, ma ha perduto il figlio che da cinque mesi portava in pancia. "I medici hanno provato a salvare il feto, ma non c'e' stato nulla da fare", racconta Luca De Simeis, logista di Emergency a Lashkargah. * Decine i civili uccisi in Helmand in questi giorni Oggi i combattimenti nella provincia di Helmand si sono placati. Una pausa, si spera la piu' lunga possibile, che consente di fare una prima conta delle vittime civili di tre giorni di battaglie e bombardamenti aerei. "I parenti dei feriti giunti qui nel nostro ospedale - dice il logista - ci hanno riferito che nel solo villaggio di Babaji, pochi chilometri a nord di Lashkargah, sono morte diciotto persone, tutti civili, tutti uccisi dalle truppe governative afgane, sotto gli occhi dei soldati britannici che guidavano le operazioni. Non si sa quanti altri morti civili ci siano stati negli altri villaggi in cui si e' combattuto in questi giorni, ma la gente di qui sostiene che siano molte decine". * Battaglia notturna per le strade di Lashkargah La notte scorsa, si e' combattuto anche per le strade di Lashkargah, la citta' dove si trova l'ospedale di Emergency. L'esercito stava conducendo un rastrellamento alla periferia della citta', quando e' scoppiata una sparatoria che, secondo il ministero della Difesa afgano, e' terminata con la morte di undici "nemici della pace", ovvero talebani. Non e' chiaro se l'operazione dei militari afgani fosse connessa con il rapimento, avvenuto in citta' poche ore prima, di una poliziotta afgana: una secondina della prigione di Lashkargah, il cui cadavere, senza testa, e' stato recapitato questa mattina all'ospedale pubblico cittadino. * Scontri anche nella zona sotto controllo italiano La situazione e' sempre piu' critica anche nella vicina provincia occidentale di Farah, dove sono dispiegate le truppe italiane, con il compito di impedire ai talebani di fuggire dall'offensiva della Nato in Helmand. Ieri sera un gruppo di talebani ha attaccato un cantiere nei pressi della diga di Bala Baluk, scatenando la reazione della popolazione locale che ha respinto l'offensiva talebana, uccidendo almeno tre guerriglieri. Scontri, nella notte, anche nell'est dell'Afghanistan: almeno dodici talebani sarebbero stati uccisi dalle forze Usa in una battaglia di tre ore scoppiata nel distretto di Gain, in provincia di Paktika. 6. MEMORIA. DOMENICO JERVOLINO RICORDA HANS-GEORG GADAMER [Dal quotidiano "Liberazione" del 16 marzo 2002 riprendiamo il seguente articolo li' apparso col titolo "Il linguaggio della verita'". Hans-Georg Gadamer (Marburgo 1900 - Heidelberg 2002) e' il principale esponente della cosiddetta ermeneutica filosofica ed uno dei pensatori piu' influenti del secondo Novecento. Opere di Hans Georg Gadamer: nella sua vasta produzione segnaliamo particolarmente l'opera fondamentale, Verita' e metodo, del 1960 (nuova edizione italiana con testo a fronte, Bompiani, Milano 2000); un recente libro-intervista utile per un'introduzione e' L'ultimo Dio. La lezione filosofica del XX secolo, Reset, Roma 2000; la casa editrice Marietti sta curando la pubblicazione in traduzione italiana delle Opere di Hans-Georg Gadamer (Gesammelte Werke, Tuebingen 1976 e sgg.). Opere su Hans Georg Gadamer: per la biografia, Jean Grondin, Hans-Georg Gadamer. Eine Biographie, Tuebingen 1999; un volume di saggi brevi di autori vari in omaggio al filosofo per il suo centenario e' AA. VV., Incontri con Hans-Georg Gadamer, Bompiani, Milano 2000; Donatella Di Cesare, Gadamer, Il Mulino, Bologna 2007. Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo la seguente scheda: "Hans Georg Gadamer nasce a Marburg l'11 febbraio del 1900. Studia a Breslavia (1918) con Richard Hoenigswald e a Marburg (1919) con Nicolai Hartmann e Paul Natorp, con cui si laurea, nel 1922, discutendo una tesi dal titolo: L'essenza del piacere nei dialoghi di Platone. Nel 1923, a Freiburg, conosce Husserl e Heidegger, del quale frequenta i corsi universitari a Marburg tra il 1923 e il 1928. Diventa professore ordinario di filosofia nel 1937 e, nel 1939, ottiene una cattedra presso l'Universita' di Leipzig, di cui diventa rettore nel 1946. Nel 1947 insegna a Frankfurt e nel 1949 ad Heidelberg, dove succede a Jaspers. Divenuto professore emerito nel 1978, Gadamer ha insegnato presso alcune universita' straniere e negli Stati Uniti. Nel 1979 entra a far parte del comitato scientifico dell'Istituto italiano per gli studi filosofici di Napoli - citta' di cui diventa cittadino onorario nel 1990 - dove, da allora, ogni anno, ha tenuto lezioni e seminari, vivendo quella che egli stesso ha definito 'una seconda giovinezza'. Autorita' indiscussa della filosofia contemporanea, l'illustre filosofo e' stato recentemente onorato con la pubblicazione della sua Opera omnia della quale sono usciti finora sette volumi (1986-1991) ed e' tutt'ora in corso di stampa. E' morto all'eta' di 102 anni ad Heidelberg il 14 marzo 2002. Opere di Hans Georg Gadamer: Platos dialektische Ethik (L'etica dialettica di Platone), Leipzig, 1931; Plato und die Dichter (Platone e i poeti), Frankfurt am Main, 1934; Volk und Geschichte im Denken Herders, (Popolo e storia nel pensiero di Herder), ibid., 1942; Bach und Weimar (Bach e Weimar), Weimar, 1946; Goethe und die Philosophie, (Goethe e la filosofia), Leipzig, 1947; Ueber die Ursprunglichkeit der Philosophie (La nascita della filosofia), Leipzig, 1948; Vom geistigen Lauf des Menschen, Godesberg, l949; Wahrheit und Methode. Grundzuege der philosophischen Hermeneutik (Verita' e metodo .Lineamenti di un'ermeneutica filosofica), Tuebingen, 1960; Hermeneutik und Historismus (Ermeneutica e storicismo), 1962; Die phaenomenologische Bewegung (Il movimento fenomenologico), 1963; Le probleme de la conscience historique (Il problema della coscienza storica), Louvain, l963; Ermeneutica e metodica universale, 1964; Dialektik und Sophistik im siebenten platonischen Brief (Dialettica e sofistica nella Settima Lettera di Platone), Heidelberg, l964; Kleine Scriften (Scritti minori), Tuebingen, 1967 sgg.; Idee und Zahlen (Idea e Numero. Studi sulla filosofia platonica), 1968; Sul mondo concettuale dei presocratici, 1968; Idea e realta' nel Timeo di Platone, 1974; L'idea del bene tra Platone ed Aristotele, 1978; Studi platonici, 1983; La dialettica di Hegel. Cinque studi ermeneutici, 1971; Sentieri heideggeriani. Studi sull'opera tarda di Heidegger, 1983; Chi sono io, chi sei tu?, 1973; Poetica. Saggi scelti, 1977; L'attualita' del bello, 1977; Poesia e dialogo, 1990". Domenico Jervolino, nato a Sorrento nel 1946, discepolo di Pietro Piovani, studioso ed amico di Paul Ricoeur e Hans Georg Gadamer, due fra i maggiori filosofi del Novecento, insegna ermeneutica e filosofia del linguaggio all'Universita' di Napoli Federico II. Fa parte degli organismi dirigenti dell'Associazione internazionale per la Filosofia della Liberazione (Afyl) e della International Gramsci Society (Igs). E' stato recentemente eletto membro della Consulta filosofica italiana (organismo rappresantivo della comunita' scientifica nel campo degli studi filosofici). Nell'ambito dell'impegno politico e nelle istituzioni e' stato consigliere regionale della Campania dal 1979 al 1987 e membro della presidenza del Consiglio regionale. E' stato anche nel corso degli anni tra i promotori del movimento dei Cristiani per il socialismo, dirigente delle Acli e della Cisl Universita', membro della direzione nazionale della Lega delle Autonomie Locali e della segreteria nazionale di Democrazia Proletaria di cui e' stato a lungo responsabile nazionale cultura e scuola. In Rifondazione Comunista e' attualmente membro del Comitato politico nazionale e responsabile nazionale Universita'. Assessore all'educazione del Comune di Napoli dal marzo 2000 al marzo 2001. E' autore, nel campo degli studi filosofici, dei volumi: Il cogito e l'ermeneutica. La questione del soggetto in Ricoeur, Procaccini, Napoli 1984, Marietti, Genova 1993 (tradotto in inglese presso Kluwer nel 1990); Pierre Thevenaz e la filosofia senza assoluto, Athena, Napoli 1984; Logica del concreto ed ermeneutica della vita morale. Newman, Blondel, Piovani, Morano, Napoli 1994; Ricoeur. L'amore difficile, Studium, Roma 1995; Le parole della prassi. Saggi di ermeneutica, Citta' del sole, Napoli 1996 (in una collana dell'Istituto italiano per gli studi filosofici); Paul Ricoeur. Une hermeneutique de la condition humaine, Ellypses, Paris 2002; Introduzione a Ricoeur, Morcelliana, Brescia 2003. Ha curato e introdotto l'antologia ricoeuriana Filosofia e linguaggio, Guerini, Milano 1994, e una scelta di scritti di Ricoeur sulla traduzione: La traduzione. Una scelta etica, Morcelliana, Brescia 2001. Ha curato, inoltre, i volumi: Filosofia e liberazione, Capone, Lecce 1992 (con G. Cantillo); e Fenomenologia e filosofia del linguaggio, Loffredo, Napoli 1996 (con R. Pititto); L'eredita' filosofica di Jan Patocka, Cuen, Napoli 2000. Ha partecipato ai principali volumi collettivi pubblicati su Ricoeur negli ultimi anni in Francia, Spagna, Inghilterra e Stati Uniti e continua, attualmente, i suoi studi, lavorando in particolare sull'opera di Jan Patocka e sugli sviluppi della fenomenologia di lingua francese nonche' sul raporto ermeneutica-traduzione. Complessivamente i suoi saggi e articoli di filosofia sono circa ottanta in italiano o tradotti in sette lingue straniere. Nel campo della saggistica politica e' autore dei volumi: Questione cattolica e politica di classe, Rosenberg & Sellier, Torino 1969; Neoconservatorismo e sinistra alternativa, Athena, Napoli 1985; e di una vasta produzione pubblicistica. Collabora a numerose riviste italiane e straniere, tra cui "Concordia" di Aachen, "Actuel Marx" di Parigi, "Filosofia e teologia" e "Studium" di Roma, "Segni e comprensione" di Lecce; dirige la rivista "Alternative" di Roma. E' condirettore della rivista "Il tetto" di Napoli, di cui fa parte da circa trent'anni] Hans Georg Gadamer, uno dei massimi pensatori contemporanei, testimone con la sua lunga vita (era nato nel 1900) dell'intero secolo, non e' piu'. Il suo nome resta legato alla filosofia dell'interpretazione (ermeneutica) e al suo capolavoro Verita' e metodo del 1960. Gia' molti anni fa il filosofo marxista polacco Marek J. Siemek scriveva che il marxismo ha piu' interessi comuni con l'ermeneutica che con ogni altra filosofia, e vi trova piu' che altrove possibilita' di un dialogo profondo. In Italia questo dialogo e' mancato, anche per l'indebita identificazione dell'ermeneutica col cosiddetto "pensiero debole" e per la sua lettura in termini nichilistici o relativistici, lettura che in verita' lo stesso Gadamer non aveva mai accettato. Chi volesse documentarsi su questo punto puo' leggere utilmente l'introduzione di Donatella Di Cesare all'agile volume L'essere che puo' ess ere compreso e' linguaggio, un omaggio a Gadamer pubblicato in occasione del suo centenario (Il melangolo, Genova 2001). Chi scrive ha avuto la fortuna di frequentare il grande filosofo scomparso da circa un trentennio. Egli era del resto di casa a Napoli, dove ha tenuto corsi fino al 1997. Lo scorso anno gli resi visita, come rappresentante dell'amministrazione comunale, nella sua casa di Heidelberg, portandogli una veduta della citta' di cui era cittadino onorario e che egli aveva amata per la sua umanita' dialogante. Da Gadamer abbiamo da imparare il valore del dialogo come elemento costitutivo della comunita' degli umani. Egli amava ripetere la frase di Holderlin: noi siamo dialogo. La sua rivendicazione del valore della cultura umanistica nell'epoca della scienza e della tecnica non si oppone alla scienza in quanto tale ma allo scientismo, a quella che egli chiamava la "superstizione scientista" che riduce l'umano a puro dato fattuale, quindi manipolabile e dominabile. A tale superstizione Gadamer oppone un'idea profonda della prassi. L'agire specificamente umano e' tale proprio perche' eccede cio' che e' meramente necessario per la sopravvivenza ma si conforma consapevolmente a scopi comuni e voluti da tutti, a cio' che e' desiderabile da parte di ogni essere umano fornito di ragione e di linguaggio. La prassi ha una funzione mediatrice e unificante del complesso dell'attivita' umana. Prassi e' "agire nella solidarieta'". La solidarieta' e' percio' la condizione determinante e il fondamento di ogni ragione sociale. Prassi vuol dire che ognuno appartiene alla societa', e all'umanita' intera, e che ne e' responsabile. Il sapere pratico significa capacita' di discernimento nella situazione concreta. Probabilmente non si apprezza a sufficienza l'impegno gadameriano nel riproporre la dimensione etico-pratica della saggezza, se non lo si coglie sullo sfondo delle grandi tragedie del nostro secolo, della storia di distruzioni e di macerie che ha una delle sue radici teoriche anche nella pretesa di conoscere e dominare il mondo. Dietro la serenita' irenica del sapiente umanista di Heidelberg, si scoprira' allora la saggezza tragica di chi "ha imparato attraverso il dolore" ed e' stato partecipe delle grandi tragedie del secolo. Gadamer osserva che la vita della societa' greca ruotava infatti per intero intorno al concetto di "amico": gli amici sono coloro che hanno tutto in comune. Il progresso della scienza e delle sue applicazioni strumentali alla societa' non creera' mai una situazione cosi' nuova da poter fare a meno dell'amicizia, ossia di una solidarieta' di base che renda possibile il sistema della convivenza. C'e' da chiedersi, a nostra volta, quanto di tale "superstizione scientifica" non sia penetrata anche nei ranghi del movimento operaio e nel suo bagaglio ideologico (nell'epoca del positivismo e forse in modo piu' sottile nell'epoca "neo-positivistica" dell'americanismo, genialmente intravista e criticata da Gramsci) e se una rilettura del senso piu' autentico di praxis, come quella che propone Gadamer, non sia estremamente preziosa per concepire un progetto di liberazione da parte di soggetti finiti e storicamente situati, uniti da un vincolo di amicizia. "Gli amici sono coloro che hanno tutto in comune", ci dice il maestro di Heidelberg. Cosa diviene l'idea stessa di "comunismo", pensata nella sua essenza pacifica di amicizia universale, rispetto alle concezioni infette di superstizione scientifica che sono state alla base delle tragiche esperienze del Novecento? 7. MEMORIA. PIETRO KOBAU RICORDA HANS-GEORG GADAMER [Dal quotidiano "Il manifesto" del 15 marzo 2002 riprendiamo il seguente articolo li' apparso col titolo "Il profeta del senso infinito". Pietro Kobau (Trieste 1961), saggista e docente, ha svolto attivita' di ricerca presso le Universita' di Muenchen, Torino, Heidelberg, Halle; ha insegnato estetica presso le Universita' di Trieste e di Torino; dal 1996 e' segretario di redazione della "Rivista di estetica"; dal 1999 fa parte del comitato scientifico di "Etica e politica"; fa parte della Societa' Italiana d'Estetica, dello Slovensko Druotvo za Estetiko ("Societa' slovena di estetica", Accademia slovena delle scienze e delle arti), della Societa' Italiana di Filosofia Analitica; e' membro del Laboratorio di Ontologia dell'Universita' di Torino. Le sue attuali ricerche riguardano i rapporti tra metafisica, psicologia ed epistemologia nella filosofia prekantiana; la filosofia della mente e della percezione; l'ontologia dell'arte. E' autore di varie pubblicazioni] "Gli uomini liberi hanno sempre tempo a disposizione, e svolgono i loro discorsi in pace, con comodo. Come noi che in questo momento stiamo passando da un argomento all'altro cosi' fanno quelli, quando l'argomento che si fa avanti piace di piu' di quello che stanno affrontando. E a loro non importa nulla fare discorsi lunghi o brevi, purche' solo possano cogliere l'essere". Difficile resistere alla tentazione di riferire a Hans-Georg Gadamer queste parole con cui, nel Teeteto, Socrate inizia a dipingere il filosofo ideale, tanto paiono immediatamente corrispondere al suo ritratto, sia di pubblico scrittore, sia di conversatore privato. Quanto a questa seconda virtu', essa sembra attagliarsi perfettamente all'ultimo Gadamer, che nel suo studio al Philosophisches Seminar dell'Universita' di Heidelberg, ingombro di libri per lo piu' donati dai molti che si erano messi nella sua ampia scia, offriva volentieri ai tanti visitatori tutta la propria disponibilita' a discorrere, liberamente variando gli argomenti. Un dialogo che non era mai guidato dall'alto, dunque, semmai una conversazione civilissima, condotta in tono domestico e serio - in cui era difficile riconoscere la filosofia del dialogo solennizzata e celebrata fuori da quello studio; ad esempio, quando nel giorno del compleanno del filosofo, le vetrine dei librai di Heidelberg si addobbavano per i turisti con le sue tante opere. Ma, soprattutto, le parole socratiche si adattano al Gadamer autore: un autore del tutto coerente con quella immagine privata. Sembrano cioe' prefigurare la formula con cui Habermas, nel 1979, colse l'effetto del suo libro capitale, Verita' e metodo (1960), descrivendolo come un'opera che "urbanizza la provincia heideggeriana". Formula quanto mai calzante, ne' da allora messa piu' in dubbio da nessuno. Fra le diverse distanze interpretative, che era vocazione di Gadamer superare - quella tra "discipline che si sono allontanate tra loro", quella che ci separa dai testi che riceviamo dalla tradizione, quella tra lingue e linguaggi diversi - una risultava piu' problematica: la distanza "prodotta dalla violenza del pensiero radicale", impersonata dal suo maestro Heidegger. In questo senso, l'opera di Gadamer non va caratterizzata semplicemente come un "gettare ponti", come un'operazione pedagogica e in fondo generica, indifferente ai contenuti, bensi' come un atto filosofico che guadagna contenuti precisi proprio perche' si colloca in modo urbano tra gli "abissi" di Heidegger e una contemporaneita' che ha conosciuto la fine (o almeno la possibilita' concreta della fine) dell'umanesimo e della sua cultura ermeneutica. Per intendere tutto questo, risultano di nuovo felici le parole di Socrate, il quale, piu' che sul superamento delle distanze, fa perno sulla disponibilita' di tempo propria del vero filosofo. Al tempo, Gadamer attinse senz'altro liberamente nella sua lunga formazione: dagli interessi per la letteratura - quella tedesca e quella greca classica, che inizia a coltivare quando, ventenne, devia dalla carriera militare cui la famiglia intendeva destinarlo; agli studi filosofici a Marburgo, dove la sua conoscenza della scuola neokantiana si sviluppa in parallelo con quella della storia dell'arte; alla frequentazione a Friburgo delle lezioni di Husserl e Heidegger; all'inizio - nel 1949 - del lungo insegnamento a Heidelberg, con la chiamata alla cattedra che fu di Jaspers, fino alla lunghissima gestazione di Verita' e metodo. Un curriculum intellettuale d'altri tempi, quindi, in cui progressivamente matura l'approccio di Gadamer al radicalismo del suo grande maestro. Heidegger, infatti, esce dall'elaborazione dell'analisi esistenziale di Essere e tempo puntando alla formulazione di un progetto antimetafisico, mediante uno scavo della concezione dell'essere come semplice presenza, con tutte le implicazioni che questo pensiero ha comportato. * E qui l'ermeneutica - se non proprio contro la tradizione del pensiero interpretante, tuttavia radicalizzandola fino a trasfigurarla - diventa necessariamente una continua sperimentazione del venir meno del linguaggio in questo compito. Da una tale impostazione Gadamer esce grazie alla celebre formula secondo cui "l'essere che puo' venire compreso e' linguaggio". Ne', dunque, una metafisica della semplice presenza, ne' una tensione irrisolta al dire o al lasciar dire l'essere, bensi' un'attivazione del discorso, che - di nuovo - non e' ne' mero lavoro sul linguaggio, ne' suo ingenuo uso strumentale. Proprio in questa relazione con il linguaggio (costitutivamente diversa da una relazione oggettivante, cosi' come dalla passivita' di un assoggettamento) si compie per Gadamer l'esperienza ermeneutica. La quale e' diversa da quella che deriva dal rapporto tra un soggetto e un oggetto, e sorge piuttosto da un processo di "fusione di orizzonti": un processo continuo benche' coinvolga entita' finite. Dunque, non una tematizzazione della differenza ontologica mediata da esperienze linguistiche estreme e radicali, come era in Heidegger, ma un incontro tra soggetti che si parlano, separati e mediati da una distanza, spaziale ovvero temporale, sostanziata in parole, testi, segni. Forse, anche se Gadamer non l'ha mai presentata come tale, questa risposta a Heidegger ha esercitato il fascino di una soluzione - e una soluzione a qualcosa che Heidegger si e' sempre guardato dal presentare come un problema. E, nel suo non essere affatto appariscente, mostra forse una radicalita' di segno opposto a quella a cui risponde, ma non di grado inferiore. Tutto cio' risalta particolarmente in quel settore esemplare della filosofia gadameriana che e' la sua proposta estetica. L'opera d'arte, infatti, implica costitutivamente un momento produttivo e quindi uno interpretativo, implica un venire consegnata da un soggetto a un altro attraverso una molteplicita' di distanze da colmare, cosi' come il suo venire inscritta fin da prima della sua nascita nella continuita' di una tradizione. Ma, proprio percio', non bisogna stupirsi se poi il carattere proprio dell'arte, cioe' quello di ogni singola opera, viene sacrificato alle esigenze dell'interpretazione. Questo carattere e' riconosciuto dall'estetica ermeneutica unicamente in rapporto alla varieta' delle interpretazioni che hanno diritti da avanzare rispetto a un'opera, cosi' come in rapporto all'inesauribilita' del senso di ogni opera. Il senso dell'opera trascende in tal modo, come una cosa in se', la molteplicita' delle sue interpretazioni. Ma qui rimane fuori da ogni orizzonte il fatto che l'autonomia dell'opera si deve essenzialmente al suo irriducibile essere se stessa - come dimostra la ineliminabile differenza che corre tra la sua genesi e i suoi effetti. * Dice sempre Socrate nel Teeteto, parlando dei non filosofi: "Gli altri, invece, parlano sempre con scarsa disponibilita' di tempo, perche' l'acqua della clessidra, scorrendo, li incalza, e non e' loro concesso di fare i discorsi che riguardano l'argomento che desiderano... E i loro discorsi, che riguardano sempre un compagno di schiavitu', sono rivolti a un padrone che, seduto, ha nelle sue mani una qualche pena". Forse, questa caratterizzazione della liberta' del filosofo, dopo quella della sua ricchezza di tempo, puo' servire a illustrare la differenza tra Gadamer e Heidegger - il quale sembra, a fronte del primo, scontare la propria radicalita' con la coazione a discorrere o a inseguire discorsi sull'essere. Tuttavia, non sara' il caso di condurre il gioco troppo in avanti, come fa - ancora nel Teeteto - Teodoro, amplificando cosi' le immagini socratiche: "Hai detto molto bene che non siamo noi che siamo schiavi dei discorsi, bensi' che sono i discorsi che sono come dei nostri servitori, e ciascuno di loro attende di essere portato a termine quando pare a noi. In effetti, non c'e' ne' un giudice ne' uno spettatore, come per i poeti, che ci faccia da ispettore, per valutarci e darci degli ordini". Qualcosa stona - e qui diventa chiaro che abbiamo a che fare con un'illusione di liberta'. Ecco: l'illusione dell'ermeneutica gadameriana, proprio in quanto risponde al progetto di Heidegger rendendolo finito e praticabile, e' forse quello di una disponibilita' illimitata di tempo per dialogare, di una liberta' illimitata che sarebbe data dall'assenza di un giudice esterno al dialogo. Ma, in effetti, non tutto e' linguaggio e - specialmente - non tutto puo' venire compreso, almeno in un tempo finito. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 40 del 26 marzo 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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