[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
La domenica della nonviolenza. 104
- Subject: La domenica della nonviolenza. 104
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 25 Mar 2007 12:09:11 +0200
- Importance: Normal
============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 104 del 25 marzo 2007 In questo numero: 1. Ricordando Hans-Georg Gadamer 2. Dario Antiseri ricorda Hans-Georg Gadamer 3. Maurizio Assalto ricorda Hans-Georg Gadamer 4. Donatella Di Cesare ricorda Hans-Georg Gadamer 5. Marino Freschi ricorda Hans-Georg Gadamer 6. Bruno Gravagnuolo ricorda Hans-Georg Gadamer 1. MEMORIA. RICORDANDO HANS-GEORG GADAMER [Hans-Georg Gadamer (Marburgo 1900 - Heidelberg 2002) e' il principale esponente della cosiddetta ermeneutica filosofica ed uno dei pensatori piu' influenti del secondo Novecento. Opere di Hans Georg Gadamer: nella sua vasta produzione segnaliamo particolarmente l'opera fondamentale, Verita' e metodo, del 1960 (nuova edizione italiana con testo a fronte, Bompiani, Milano 2000); un recente libro-intervista utile per un'introduzione e' L'ultimo Dio. La lezione filosofica del XX secolo, Reset, Roma 2000; la casa editrice Marietti sta curando la pubblicazione in traduzione italiana delle Opere di Hans-Georg Gadamer (Gesammelte Werke, Tuebingen 1976 e sgg.). Opere su Hans Georg Gadamer: per la biografia, Jean Grondin, Hans-Georg Gadamer. Eine Biographie, Tuebingen 1999; un volume di saggi brevi di autori vari in omaggio al filosofo per il suo centenario e' AA. VV., Incontri con Hans-Georg Gadamer, Bompiani, Milano 2000; Donatella Di Cesare, Gadamer, Il Mulino, Bologna 2007. Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo la seguente scheda: "Hans Georg Gadamer nasce a Marburg l'11 febbraio del 1900. Studia a Breslavia (1918) con Richard Hoenigswald e a Marburg (1919) con Nicolai Hartmann e Paul Natorp, con cui si laurea, nel 1922, discutendo una tesi dal titolo: L'essenza del piacere nei dialoghi di Platone. Nel 1923, a Freiburg, conosce Husserl e Heidegger, del quale frequenta i corsi universitari a Marburg tra il 1923 e il 1928. Diventa professore ordinario di filosofia nel 1937 e, nel 1939, ottiene una cattedra presso l'Universita' di Leipzig, di cui diventa rettore nel 1946. Nel 1947 insegna a Frankfurt e nel 1949 ad Heidelberg, dove succede a Jaspers. Divenuto professore emerito nel 1978, Gadamer ha insegnato presso alcune universita' straniere e negli Stati Uniti. Nel 1979 entra a far parte del comitato scientifico dell'Istituto italiano per gli studi filosofici di Napoli - citta' di cui diventa cittadino onorario nel 1990 - dove, da allora, ogni anno, ha tenuto lezioni e seminari, vivendo quella che egli stesso ha definito 'una seconda giovinezza'. Autorita' indiscussa della filosofia contemporanea, l'illustre filosofo e' stato recentemente onorato con la pubblicazione della sua Opera omnia della quale sono usciti finora sette volumi (1986-1991) ed e' tutt'ora in corso di stampa. E' morto all'eta' di 102 anni ad Heidelberg il 14 marzo 2002. Opere di Hans Georg Gadamer: Platos dialektische Ethik (L'etica dialettica di Platone), Leipzig, 1931; Plato und die Dichter (Platone e i poeti), Frankfurt am Main, 1934; Volk und Geschichte im Denken Herders, (Popolo e storia nel pensiero di Herder), ibid., 1942; Bach und Weimar (Bach e Weimar), Weimar, 1946; Goethe und die Philosophie, (Goethe e la filosofia), Leipzig, 1947; Ueber die Ursprunglichkeit der Philosophie (La nascita della filosofia), Leipzig, 1948; Vom geistigen Lauf des Menschen, Godesberg, l949; Wahrheit und Methode. Grundzuege der philosophischen Hermeneutik (Verita' e metodo .Lineamenti di un'ermeneutica filosofica), Tuebingen, 1960; Hermeneutik und Historismus (Ermeneutica e storicismo), 1962; Die phaenomenologische Bewegung (Il movimento fenomenologico), 1963; Le probleme de la conscience historique (Il problema della coscienza storica), Louvain, l963; Ermeneutica e metodica universale, 1964; Dialektik und Sophistik im siebenten platonischen Brief (Dialettica e sofistica nella Settima Lettera di Platone), Heidelberg, l964; Kleine Scriften (Scritti minori), Tuebingen, 1967 sgg.; Idee und Zahlen (Idea e Numero. Studi sulla filosofia platonica), 1968; Sul mondo concettuale dei presocratici, 1968; Idea e realta' nel Timeo di Platone, 1974; L'idea del bene tra Platone ed Aristotele, 1978; Studi platonici, 1983; La dialettica di Hegel. Cinque studi ermeneutici, 1971; Sentieri heideggeriani. Studi sull'opera tarda di Heidegger, 1983; Chi sono io, chi sei tu?, 1973; Poetica. Saggi scelti, 1977; L'attualita' del bello, 1977; Poesia e dialogo, 1990"] Il linguaggio, il dialogo, l'interpretazione, la comprensione. Il riconoscimento dell'altro. L'alternativa alla violenza. 2. MEMORIA. DARIO ANTISERI RICORDA HANS-GEORG GADAMER [Dal quotidiano "Avvenire" del 15 marzo 2002 riprendiamo il seguente articolo li' apparso col titolo "Il secolo di Gadamer". Dario Antiseri, docente e saggista, e' da decenni uno degli studiosi di filosofia e di metodologia delle scienze sociali piu' acuti e influenti. Dal sito della Luiss (www.luiss.it) riprendiamo la seguente scheda: "Dario Antiseri, nato a Foligno il 9 gennaio 1940. Laurea in filosofia presso l'Universita' di Perugia, nel 1963. Professore ordinario di Metodologia delle scienze sociali presso la Facolta' di Scienze Politiche della Luiss 'Guido Carli'. E' stato preside della Facolta' di Scienze Politiche della Luiss dal 1994 al 1998. E' membro dell'Istituto accademico di Roma e membro dell'Accademia italo-tedesca di Merano. Nel 1986 e' stato chiamato dalla Facolta' di Scienze politiche della Luiss 'Guido Carli' a ricoprire la cattedra di Metodologia delle Scienze Sociali. E' direttore del Centro di Metodologia delle Scienze Sociali presso la medesima Universita'. Ordinario di Filosofia del linguaggio presso l'Universita' di Padova (1975-'86), ha qui insegnato anche Filosofia della scienza presso la Scuola di specializzazione in Filosofia della scienza, di cui e' stato direttore nel biennio 1980-'82. Libero docente nel 1968 in Filosofia teoretica, ha insegnato materie filosofiche presso le Universita' di Roma 'La Sapienza' e Siena. Dopo la laurea in Italia, ha studiato (1963-'67) Filosofia della scienza, Logica matematica e Filosofia del linguaggio rispettivamente presso le Universita' di Vienna, Muenster i. W. e Oxford. Alcune pubblicazioni recenti: Razionalita': nella scienza, in metafisica e in etica, in AA.VV., Acta 2003-2004 dell'Istituto Accademico di Roma, Roma 2004; Idee fuori dal coro, Di Renzo, Roma, 2004; Cristiano perche' relativista, relativista perche' cristiano, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2004; Principi liberali, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2004; trad. russa, 2005; trad. bielorussa 2005; trad. serbo, 2005; trad. spagnola 2005; Ragioni della razionalita', Rubbettino, Soveria Mannelli, 2005"] Si e' spento Hans Georg Gadamer, uno dei piu' grandi filosofi del secolo XX. La notizia e' stata data ieri dalla municipalita' di Heidelberg, dove il filosofo abitava. Gadamer era nato a Marburgo l'11 febbraio del 1900. E, com'egli narra in quella che e' la sua autobiografia intellettuale, Maestri e compagni nel cammino del pensiero, lo sviluppo del suo pensiero e' legato agli "incontri" con pensatori quali Husserl e Natorp, Bultmann, Scheler e Heidegger. Parlando delle lezioni di Heidegger, egli scrive che "non si poteva passare vicino al pensiero senza accorgersene". Professore prima a Lipsia, poi a Francoforte e infine ad Heidelberg - raffinato ed acuto interprete soprattutto della filosofia antica, ma anche di Hegel e degli storicisti - e' nel 1960 che Gadamer pubblica Verita' e metodo, un'opera considerata ormai classica per la teoria dell'ermeneutica. Legata all'ambito della interpretazione dei testi sacri da una parte, e a quello della critica testuale dall'altra, l'ermeneutica (o teoria dell'interpretazione) ha una lunga storia. Senza nemmeno accennare agli spunti rintracciabili nell'antichita' classica, trascurando anche il piu' rapido cenno alle concezioni medioevali dei vari "sensi" posseduti da un testo sacro, diciamo che l'ermeneutica sgorga dalle controversie teologiche che emergono dalla Riforma e, successivamente, si sviluppa sia nel campo della teologia che in quelli dei filologi, degli storici e dei giuristi continuamente alle prese con questioni di interpretazione: che cosa significa questo testo sacro? quale fu l'autentica intenzione dello scrittore sacro? che cosa vuol dire questa o quella iscrizione? e' giusta o sbagliata l'interpretazione usuale di questo o quel brano? e quand'e' che possiamo esser sicuri della adeguatezza o meno di una qualsiasi interpretazione? ci puo' essere una interpretazione definitiva di un testo? Sono questi solo alcuni degli interrogativi tecnici ai quali la teoria dell'ermeneutica deve rispondere. Nel romanticismo Schlegel e Schleiermacher intesero dare all'ermeneutica un posto di rilievo all'interno della filosofia. E, dopo di loro, Dilthey ha cercato di porre l'ermeneutica a fondamento dell'intero edificio delle "scienze dello spirito". Dilthey, a dire il vero, la concepi' non solo come un insieme di questioni tecniche, cioe' metodologiche, ma anche come una prospettiva di natura filosofica da porre a base della coscienza storica e della storicita' dell'uomo. Tuttavia, e' stato Heidegger a comprendere lo statuto filosofico delle concezioni di Dilthey, nel senso che ha visto l'ermeneutica o "il comprendere" non tanto come uno strumento a disposizione dell'uomo quanto piuttosto come una dimensione intrinseca dell'uomo. E' esattamente a partire dalla descrizione che del circolo ermeneutico fa Heidegger in Essere e tempo che Gadamer elabora il nucleo centrale della propria teoria ermeneutica. La mente dell'interprete, egli afferma, non e' affatto da concepire come fosse una tabula rasa. L'interprete accosta il testo con la sua precomprensione, vale a dire con i suoi pregiudizi. In base a questa sua memoria culturale (linguaggio, teorie, miti, ecc.), l'interprete abbozza una prima interpretazione del testo (che, diciamolo, puo' essere un testo vero e proprio - antico o attuale -, ma anche un discorso pronunciato un manifesto, ecc.); l'interprete cioe' dice: "Questo testo significa questo o quest'altro, ha questo o quest'altro significato". Ma questo primo abbozzo di interpretazione puo' essere piu' o meno adeguato, giusto o sbagliato. E come faremo ad accertarci della sua adeguatezza? Ebbene, risponde Gadamer, e' la successiva analisi del testo (del "testo" e del "contesto") che ci dira' se questo abbozzo interpretativo e' o non e' corretto, se corrisponde a quel che il testo dice o no. E se questa prima interpretazione si mostra in contrasto con il testo, se "urta" contro di esso, allora l'interprete elaborera' un secondo progetto di senso, vale a dire una ulteriore interpretazione, che poi mettera' al vaglio sul testo e sul contesto al fine di vedere se essa possa risultare adeguata o meno. E cosi' via all'infinito. Sono gli "urti" tra le sue interpretazioni e il testo a costringere l'ermeneuta a rendersi conto dei propri pregiudizi e a mettere in moto la catena delle interpretazioni sempre piu' adeguate. Per Gadamer noi scopriamo quel che il testo dice, perveniamo a scoprirne la diversita' dalla nostra mentalita', o magari la lontananza dalla nostra cultura, solo partendo da quelle "donazioni di senso" che noi costruiamo a partire dalla nostra "precomprensione" e che correggiamo e scartiamo sotto la pressione del testo. Gli elementi della nostra "precomprensione" ci sono dati dalla tradizione: piu' che i vivi sono i morti che vivono in noi. Per questo la tradizione e' costitutiva di quel che noi siamo. Sbagliano gli illuministi a condannarla; sbagliano i romantici a sacralizzarla. Ma, in ogni caso, il fatto che la "precomprensione" sia sempre un patrimonio costruito e donatoci dai nostri predecessori - e con il quale noi leggiamo noi stessi e il mondo che ci circonda - ci fa capire che l'ermeneutica di Gadamer e' molto piu' che un insieme di tecniche, giacche' essa ci fa comprendere che la natura dell'uomo e' essenzialmente storica, come e' storica la comprensione, appunto, di noi stessi, degli altri, della nostra e delle altrui tradizioni, del mondo naturale. E' cosi', dunque, che anche Gadamer ha contribuito alla demolizione di quei presunti assoluti terrestri che si sono configurati come altrettante negazioni dell'Assoluto trascendente. 3. MEMORIA. MAURIZIO ASSALTO RICORDA HANS-GEORG GADAMER [Dal quotidiano "La stampa" del 15 marzo 2002 riprendiamo il seguente articolo li' apparso col titolo "Il tedesco italiano. Busto di Socrate sorsi di Calvados". Maurizio Assalto scrive di temi culturali su importanti quotidiani italiani] L'arrivo era annunciato da alcuni colpi vigorosi contro la finestra al pianterreno. In strada, appena sbarcato dal taxi, Gadamer alzava uno dei due grossi bastoni su cui sprofondava la sua mole imponente e picchiava contro i vetri per attirare l'attenzione. Da dentro, subito qualcuno si affrettava alla porta, per aiutarlo a salire. Anche a cent'anni, il filosofo che ha attraversato tutto il XX secolo non aveva rinunciato alle bisettimanali visite al suo studio presso Ruprecht-Karl Universitaet, il lunedi' e il mercoledi', per aprire la posta, consultare libri e riviste, incontrare gli allievi. A Heidelberg era una specie di istituzione, una figura tutelare che non era raro incrociare, ancora negli ultimi anni, mentre camminava con sorridente fatica nelle vie del centro. Era arrivato nel '49, per succedere in cattedra a Jaspers, abitava con la moglie (la seconda, ultraottantenne) in una villetta nel sobborgo di Ziegelhausen. Le due figlie - una magistrato, l'altra pittrice - abitavano lontano. Il suo studio nell'universita' piu' antica della Germania era (e') in fondo a un lungo corridoio tappezzato di volumi. Vicino a una delle finestre affacciate su Marsiliusplatz, la sua scrivania ingombra di carte, con un piccolo busto di Socrate e altri scaffali alle spalle. Sul lato opposto, davanti alla finestra che da' sul cortile, un divano, due poltrone, un tavolino. Per terra, la decrepita "Pracla", la vecchissima valigia di cuoio che lo aveva accompagnato dalla gioventa', e che ancora usava per trasportare documenti. Vicino ai termosifoni erano allineate le bottiglie vuote di Calvados, quelle piene erano mimetizzate tra i libri. Gadamer ne attingeva di continuo, mentre riceveva, con una capacita' di assorbimento stupefacente. Una intervista con lui era un'esperienza che poteva durare una giornata intera, e che aveva come momento centrale il pranzo (al Florian, cucina e soprattutto cantina italiana, oppure all'Hackteufel, la locanda della Steingasse vicino al Ponte Vecchio sul Neckar dove avevano sempre pronto per lui un tavolo vicino all'entrata). Gadamer parlava, scrutava l'interlocutore con i suoi occhi cordiali e curiosi, e spesso era lui a fare domande, capovolgendo i ruoli, in una sorta di dialogo platonico, in un confronto ermeneutico. Era un tedesco di indole poco nordica, innamorato dell'Italia e del Sud. Soprattutto di Napoli, dove veniva spesso, ospite dell'Istituto italiano per gli studi filosofici, dopo esserci capitato per caso nel 1972. Amava Capri e il suo sole abbagliante, che pedinava spostandosi di continuo da un lato all'altro del sentiero quando scendeva lentamente verso Marina Piccola (una vera ossessione: "le auguro sole", scriveva nel '25 al suo maestro, in una delle lettere raccolte da Donatella Di Cesare in Caro professor Heidegger, ed. Melangolo). Ma la scoperta della cultura italiana era molto piu' antica, risaliva al periodo degli studi a Marburgo con Karl Loewith che, raccontava, "durante la prima guerra mondiale era stato prigioniero a Genova, e la' era rimasto impressionato dall'umanita' dei guardiani, dal grande senso di solidarieta': percio' pretendeva che i suoi amici imparassero l'italiano. Fu cosi' che cominciai a leggere Dante". Solidarieta', gentilezza, apertura verso l'altro: forse l'immagine dell'Italia e' un po' datata, ma quei valori sarebbero rimasti una costante nella sua personalita' filosofica e umana, la condizione del dialogo, il fondamento della speranza, nonostante tutto. 4. MEMORIA. DONATELLA DI CESARE RICORDA HANS-GEORG GADAMER [Dal quotidiano "Il manifesto" del 15 marzo 2002 riprendiamo il seguente articolo li' apparso col titolo "Le domande di un Socrate del nostro tempo". Donatella Di Cesare, gia' allieva di Gadamer, docente di filosofia del linguaggio, e' acuta studiosa della riflessione filosofica contemporanea; dal sito www.donadice.com riportamo la seguente notizia: "Donatella Di Cesare si e' laureata in Filosofia nel 1979 all'Universita' La Sapienza di Roma. Ha proseguito gli studi all'Universita' di Tubinga dove ha conseguito il dottorato con Eugenio Coseriu nel 1982. Dal 1985 e' stata ricercatrice di filosofia del linguaggio all'Universita' La Sapienza di Roma. Nel 1996 ha ottenuto la borsa di studio Alexander von Humboldt presso Hans-Georg Gadamer all'Universita' di Heidelberg; in questa universita' ha compiuto ricerche anche presso la Hochschule fuer Juedische Studien. Nel 1998 ha vinto il concorso di professore associato, nel 2000 quello di professore ordinario. Dal 2001 e' professore ordinario di filosofia del linguaggio alla facolta' di filosofia dell'Universita' La Sapienza di Roma. E' membro della Societa' italiana di filosofia del linguaggio, della Societa' italiana di studi sul secolo XVIII, della Deutsche Hamann-Gesellschaft, della Academie du Midi, della Associazione italo-tedesca di Villa Vigoni, dello International Institut for Hermeneutics, della Heidegger-Gesellschaft, e' membro fondatore della Walter-Benjamin Gesellschaft. Fa parte della redazione scientifica dello Jahrbuch fuer philosophische Hermeneutik, dirige la rivista di filosofia Eidos. Pubblicazioni di Donatella Di Cesare: segnaliamo i seguenti volumi: Gadamer, Il Mulino, Bologna 2007; Ermeneutica della finitezza, Guerini, Milano 2005; Wilhelm von Humboldt y el estudio filosofico de las lenguas, Anthropos, Barcelona 1999; Die Sprache in der Philosophie von Karl Jaspers, Francke Verlag Tuebingen-Basel 1996; La semantica nella filosofia greca, Bulzoni, Roma 1980; ha inoltre curato i seguenti libri: Filosofia, esistenza, comunicazione in Karl Jaspers, a cura di D. Di Cesare e G. Cantillo, Loffredo, Napoli 2002; L'essere che puo' essere compreso, e' linguaggio. Omaggio a Hans-Georg Gadamer, a cura di D. Di Cesare, Il Melangolo, Genova 2001; "Caro professor Heidegger...". Lettere da Marburgo 1922-1929, a cura di D. Di Cesare, Il melangolo, Genova 2000; Wilhelm von Humboldt, La diversita' delle lingue, a cura di Donatella Di Cesare, Laterza, Roma-Bari 1991, 2000. Wilhelm von Humboldt, Ueber die Verschiedenheit der Sprache, hrsg. und mit einer Einleitung von Donatella Di Cesare, Paderborn, UTB, 1998; Eugenio Coseriu, Linguistica del testo. Introduzione all'ermeneutica del senso, a cura di Donatella Di Cesare, Carocci, Roma 1997, 2000; Lexicon grammaticorum, a cura di T. De Mauro e D. Di Cesare, Niemeyer, Tuebingen 1996; Torah e filosofia. Percorsi del pensiero ebraico, a cura di D. Di Cesare e M. Morselli, La Giuntina, Firenze 1993; Karl Jaspers, Il linguaggio. Sul tragico, a cura di Donatella Di Cesare, Guida, Napoli 1993; Le vie di Babele, a cura di D. Di Cesare e S. Gensini, Marietti, Milano 1987; Iter babelicum. Studien zur Historiographie der Linguistik. 1600-1800, a cura di D. Di Cesare e S. Gensini, Nodus Publikationen, Muenster 1990"] Con Hans Georg Gadamer scompare l'ultima grande figura della filosofia tedesca ed europea del Novecento. Autore di Verita' e metodo e fondatore dell'ermeneutica filosofica, Gadamer ha saputo dialogare con intere generazioni di filosofi: dai maestri Natorp, Hartmann e Heidegger, fino ai compagni di cammino come Loewith, Krueger, Strauss, per arrivare agli interlocutori e allievi piu' giovani, Habermas e Rorty, Derrida e Vattimo. Il suo incontro fondamentale e' quello con Martin Heidegger, il maestro che non rinneghera' mai, ma dal quale sapra' prendere le distanze: dal punto di vista politico, quando Heidegger nel 1933 aderisce ufficialmente al nazismo con il famoso Discorso di rettorato (per quasi sei anni Gadamer interrompe i rapporti con lui) e dal punto di vista filosofico sviluppando, a partire dalla filosofia greca, una propria filosofia che ruota intorno al concetto di "dialogo". Libero docente a Marburgo negli anni Trenta vive il dramma dell'esilio di tutti i colleghi e amici ebrei - a cominciare da Karl Loewith. Lui non emigra, resta. Pensa che la Germania non puo' ne' potra' identificarsi con Hitler. E' una scelta. Puo' essere discussa. Ma quello che e' certo e' che Gadamer non aderisce mai al partito nazista, benche' questo fosse necessario per l'insegnamento. Percio' viene mandato ad un campo di rieducazione sul mare del Nord. Solo dopo avra' finalmente una cattedra a Lipsia. E' in quest'ultima citta' che vive gli anni bui della guerra continuando a insegnare sotto i bombarda?menti. Nei tram che ancora funzionano, per strada, tra gli studenti, non si stanca di ripetere a voce alta: et illud transit. Passera' Hitler, passera' il nazismo, restera' la Germania da ricostruire. Quando l'Armata rossa giunge a Lipsia Gadamer viene eletto rettore dell'Universita': e' l'unico docente che non abbia mai avuto a che fare con il nazismo. Il suo discorso di rettorato e' l'auspicio che la Germania prima di ricostruirsi, per ricostruirsi, in una nuova Europa, faccia i conti con se stessa e con quell'evento unico e enorme che porta un nome incancellabile: Auschwitz. Nel 1947 viene chiamato a Francoforte e di li' passa poi a Heidelberg prendendo il posto prestigioso di Jaspers. Heidelberg diventera' da allora la sua seconda patria. Nel 1948 partecipa al primo congresso internazionale di Filosofia che si tiene nel dopoguerra a Mendoza, in Argentina. Incontra tra gli altri il suo piu' caro amico Loewith, emigrato in Italia, poi in Giappone e infine negli Stati Uniti. Sara' grazie a Gadamer che Loewith negli anni Cinquanta verra' chiamato a insegnare a Heidelberg. E l'amicizia tra i due non verra' mai meno. Dopo la pubblicazione di Verita' e metodo, finiti gli anni di insegnamento, pur conoscendo solo qualche parola di inglese, sbarca in America - e l'ermeneutica con lui. E' un grande successo che verra' via via consolidandosi. E lo sara' ancor piu' in Italia dove la grande tradizione umanistica - come lui non si stancava di ripetere - gli rendera' il compito piu' agevole. Imparera', per quanto gia' tardi, l'italiano. Puo' un "maestro del dialogo" parlare una lingua diversa da quella del suo interlocutore? * Il successo dell'ermeneutica filosofica e' dovuto senz'altro anche al suo fondatore, capace di dialogare per ore e ore, pronto ad ascoltare - senza distinzioni - colleghi e studenti, filosofi e non filosofi, perche' dagli altri si puo' e si deve imparare, perche' assumere il punto di vista dell'altro e' sempre un arricchimento, perche' infine l'altro puo' avere davvero ragione. Cosi' Gadamer, Socrate del nostro tempo, ha saputo tenere viva la tradizione della filosofia classica, senza renderla tuttavia asfittica. E' certo anche grazie all'ermeneutica che la filosofia ha attraversato le frontiere del vecchio continente per aprirsi ad altre tradizioni di pensiero. Ne' e' un caso che Gadamer abbia sostenuto con forza - soprattutto negli ultimi anni - la necessita' urgente di un dialogo interreligioso. In tempi di disorientamento come questi, l'ermeneutica ha saputo prendere la parola anche su argomenti complessi e anche la' dove buona parte della filosofia restava muta o si chiudeva nella soluzione di problemi di logica. Sara' forse anche questo il motivo per cui l'ermeneutica filosofica e' diventata un punto di riferimento al di fuori della filosofia e, a tutt'oggi, e' difficile valutarne il raggio d'azione che va dal diritto alla teologia, dalla letteratura alla psichiatria. Cosi', che lo si voglia o no, l'ermeneutica e' diventata la koine' filosofica di chi non puo' riconoscersi nella filosofia analitica. E nella discussione con la filosofia analitica - a cui Gadamer ha preso parte fino alla fine - l'ermeneutica e' andata semmai guadagnando un profilo sempre piu' nitido. La convinzione che la contraddistingue e' che filosofare non vuol dire dare risposte definite e definitive, risolvere problemi, perche' altrimenti la filosofia sarebbe scienza e perderebbe tutta la sua capacita' critica; filosofare vuol dire piuttosto porre domande. E' questa, rispetto al carattere normativo della filosofia analitica, la forza antinormativa dell'ermeneutica. Gadamer ha inteso sempre la filosofia come vocazione e passione, amore appassionato per la saggezza. Anche in questi ultimi anni non ha mai perso la fiducia che la filosofia possa ritrovare, attraverso nuove vie, questo suo senso originario. E' rimasto lucido fino alla fine - ma consapevole della fine. Perche' l'ermeneutica, che e' filosofia della finitudine, insegna ad accettare l'incompiutezza e il limite. Ha pero' anche vissuto pienamente fino alla fine, perche' amava e apprezzava la vita. E' stato il filosofo che ha scritto "l'inconcepibilita' della morte e' il trionfo della vita". 5. MEMORIA. MARINO FRESCHI RICORDA HANS-GEORG GADAMER [Dal quotidiano "Il giornale" del 15 marzo 2002 riprendiamo il seguente articolo li' apparso col titolo "Tace con Gadamer la parola del Novecento". Marino Freschi e' docente di letteratura tedesca all'Universita' di Roma Tre. Opere di Marino Freschi: Il silenzio del principe. Saggi di letteratura austriaca, Bibliopolis, 1983; (con Aldo Gargani), Kafka, oggi (1883-1983), Guida (Napoli), 1985; Introduzione a Kafka, Laterza, 1993, 2001; Paese, Pironti, 1993; Storia della letteratura tedesca, Newton & Compton, 1995; La Vienna di fine secolo, Editori Riuniti, 1997; La letteratura del Terzo Reich, Editori Riuniti, 1997; Goethe. L'insidia della modernita', Donzelli, 1999; Praga. Viaggio letterario nella citta' di Kafka, Editori Riuniti, 2000; L'utopia nel Settecento tedesco, Liguori, 2004; Thomas Mann, Il Mulino, 2005] Come il suo amico Ernst Juenger, anche lui, Hans Georg Gadamer ha superato i cento anni, essendo nato a Marburgo l'11 febbraio 1900. La sua voce, ancorche' flebile, rivelava una mente vigile e un pensiero ironico e sorvegliato quando il giorno del suo compleanno l'abbiamo ancora ascoltato in una libreria napoletana in collegamento telefonico dalla sua bella casa di Heidelberg. Allora non sapevamo che era il suo ultimo seminario coi discepoli di Napoli, citta' cui il filosofo era particolarmente legato e dove aveva contribuito alla fondazione e alla crescita internazionale dell'Istituto italiano per gli studi filosofici. Con lui muore il Novecento, definitivamente. Muore il secolo che fu di Heidegger, suo maestro, di Jaspers, di Carl Schmitt, di Ernst Juenger, di Thomas Mann, di Stefan George, di Rilke, di Kafka, di Celan. Muore l'ultimo secolo che filosoficamente ha ancora parlato tedesco. Questo in cui viviamo vede una Germania rimpicciolita e curva su se stessa, sul proprio benessere sempre piu' esclusivamente economico. Per Gadamer gia' la parola suonava altrimenti: Bene-essere, quale modalita' da raggiungere con uno sforzo spirituale di separazione dai coinvolgimenti del quotidiano, che spesso erano solo i lacci del banale, o per dirla con una espressione di Goethe, poeta assai amato da Gadamer, dalle "smorfie del giorno". Gadamer sara' ricordato, dunque, come l'estremo rappresentante di una corrente, di una stagione, di una eta' filosofica che va da Kant all'idealismo hegeliano, schellinghiano fino a Nietzsche e alla ripresa neokantiana per inverarsi nelle intuizioni heideggeriane, le cui asprezze e rigidita' proprio Gadamer, lieve ed elegante umanista, ha saputo conciliare con l'idealismo e ancor di piu' con lo spirito democratico del nuovo tempo senza involgarire e svendere l'originale coerenza dell'intensa esperienza intellettuale dello Heidegger del tempo di Marburg. La parola nuova, innovativa, che Gadamer seppe dire a se stesso e alla cultura dell'Occidente e' quella della conciliazione tra teoria e arte, tra teoria e poesia. Le sue interpretazioni letterarie sono animate da una passione rara, oggi pressoche' sconosciuta. Ricordo indimenticabili nottate trascorse all'ultimo piano di un albergo napoletano, di fronte a Castel dell'Ovo, a parlarci dei poeti tedeschi, dopo che per ore nel pomeriggio a Palazzo Serra di Cassano ci aveva insegnato a leggere i filosofi greci. Apparteneva ancora a una generazione che sapeva recitare a memoria, che amava la melodia dei versi e sorprendeva la sua sterminata conoscenza della letteratura europea. Durante il dodicennio della dittatura hitleriana, resto' in Germania, seppe trasfondere il piu' prezioso patrimonio della cultura tedesca ai suoi studenti, mentre la sua vita era caratterizzata dal piu' rigoroso isolamento. Alla sconfitta era a Lipsia dove tento' di salvare l'universita', divenendone per un breve periodo rettore e trattando duramente con le autorita' sovietiche d'occupazione, che seppero rispettarlo, mentre non fece altrettanto il nuovo potere culturale della Repubblica democratica tedesca, che lo costrinse ad abbandonare quell'universita', che tanto amava, per trasferirsi definitivamente a Heidelberg e, fino alla sua scomparsa, la sua casa divenne un punto d'incontro della intellighenzia libera d'Occidente. Nel suo ultimo soggiorno romano di tre anni or sono, ormai il vecchio filosofo era fortemente impedito nella deambulazione, ma volle visitare la cripta del duomo di Anagni, scendendo i gradini seduto, con una forza della volonta', che ignorava ironicamente ed eroicamente gli impedimenti fisici. Il pomeriggio di nuovo a Roma partecipo', anzi, come era suo solito, diresse una tavola rotonda sulla sua proposta filosofica; la sera al ristorante ravvivo' per ore la conversazione con una marea di memorie di uomini, esperienze, libri, opere d'arte, viaggi, citta' e paesaggi. A notte inoltrata si convinse ad abbandonare, per ultimo, il locale solo dopo il bicchiere della staffa, pieno fino all'orlo di grappa. La sua persona, anche in queste piccole memorie, trasmetteva immediatamente l'idea di essere in contatto con una forza straordinaria, una energia eccezionale, che Goethe chiamava il daimon, che lo sosteneva e incorniciava un eterno, adolescenziale, ironico sorriso sul suo volto. Ora ci resta la sua opera, immensa. Gadamer e' uno degli ultimi filosofi che hanno osato creare una loro filosofia, una loro concezione del mondo, che al di la' della storia della filosofia hanno "fatto" filosofia. Lo ricorderemo anche per i suoi splendidi saggi letterari, enigmatiche incursioni dello spirito ermeneutico nelle trame sottili della poesia. Gadamer ha scritto uno dei saggi piu' sorprendenti per comprendere il Flauto magico, come pure decisivi sono i suoi studi sul romanticismo tedesco, su Goethe e Hoelderlin, ma la sua sensibilita' lo ha condotto a confrontarsi con le grandi e marmoree voci della lirica contemporanea. Piu' riservati sono stati i suoi interventi politici. La sua generazione era stata troppo sconvolta da guerre, lotte, rivoluzioni, dittature per non avere appreso il silenzio della meditazione e della prudente riflessione. Ma fu felice con tutti i tedeschi, con tutti gli europei e tutti gli uomini liberi alla caduta del muro di Berlino e alla riunificazione tedesca. Le sue ultime parole che sono debolmente risuonate nella libreria napoletana erano pervase da una stanchezza e da una sola preoccupazione: la pace. Aveva promesso, infine, che sarebbe tornato a Napoli, che gli ricordava il paesaggio simbolico del suo Platone, su cui a ventidue anni aveva scritto una brillante dissertazione sull'essenza dei piaceri nel filosofo greco, discussa con Paul Natorp. Finche' pote' passeggio' sul lungomare Caracciolo, spesso accompagnato dai suoi discepoli a parlare dei filosofi greci e sembrava che con lui la filosofia tornasse all'origine, peripatetica, interrogativa, fraterna: un messaggio e un'interrogazione che andava da uomo a uomo, mentre il suono delle parole in quel suo personalissimo, improbabile eppure seducente italiano si perdeva col suo sguardo e il suo sorriso verso il mare. 6. MEMORIA. BRUNO GRAVAGNUOLO RICORDA HANS-GEORG GADAMER [Dal quotidiano "L'unita'" del 15 marzo 2002 riprendiamo il seguente articolo li' apparso col titolo "Hans Georg Gadamer". Bruno Gravagnuolo e' giornalista del quotidiano "L'Unita'"] Aveva "urbanizzato la provincia hedeggeriana", diceva Jurgen Habermas. Con notazione acidula che lasciava trasparire la profonda distanza tra la sua visione linguistica e neo-kantiana, e quella ermeneutica e post-heideggeriana del filosofo nato a Marburgo nel 1900, scomparso in quella Heidelberg di cui era diventato un nume tutelare. La battuta ambivalente rivelava pero' un recupero parziale della filosofia di Gadamer. In due sensi. Il primo e' legato all'intuizione di fondo che pervade il Logos del maestro dell'ermeneutica: la centralita' del linguaggio come tutto cio' che possiamo apprendere dell'Essere. Vale a dire, secondo la formulazione di Gadamer: "L'Essere che puo' venir compreso e' il linguaggio". E tale motivo non fu estraneo nemmeno alla stessa formazione di Habermas, che aveva respirato, da erede di Adorno, la forte polemica della scuola di Francoforte contro "l'appartenenza all'Essere", tipica della filosofia di Heidegger. L'altro motivo di riabilitazione di Gadamer, da parte di Habermas, riguardava invece un aspetto etico-politico piu' contingente. Vale a dire la controversia in Germania contro il carattere romantico e "proclive" al nazismo della filosofia heideggeriana (rilievo che vale solo per i primi anni Trenta). Aver "urbanizzato" la provincia heideggeriana significava ascrivere a merito di Gadamer l'aver fatto uscire l'heideggerismo dalla tradizione tedesca, liberandolo dal provincialismo di una vulgata incline a ritenere che la filosofia "pensasse solo in tedesco". E che l'eredita' della metafisica occidentale potesse inverarsi soltanto nella temperie della Kultur germanica. Eppure tutto cio' non valse negli ultimi tempi a salvare Gadamer dall'accusa di nazismo. A motivo di un certo lessico heideggeriano giovanile, intriso di tracce semantiche dello Heidegger del celebre discorso filonazista del 1933: "Decisione, vigilanza, servizio". Tracce presenti in uno scritto su Platone del 1934. E in certe tirate anti-Illuministiche risalenti al 1941, nella Parigi occupata, dove Gadamer era stato inviato a tenere una conferenza sulla cultura tedesca in Europa. Quelle accuse, provenienti dagli Usa e riprese in uno scritto recente di "Micromega", erano ingiuste ed esagerate. Infatti tutto quel che si puo' imputare retrospettivamente a Gadamer e' solo una veniale servitu' conformista e accademica allo spirito del tempo, che esaltava in Germania la superiorita' della Bildung tedesca sul filo di una collaudata tradizione romantica ostile alla "ragione illuminista" e al "freddo cosmopolitismo". E tanto varrebbe allora criminalizzare l'intera epoca di Goethe, di Herder, di Hegel, Schleiermacher, su' su' fino al Mann delle Considerazioni di un impolitico. In realta' Gadamer si libera ben presto della retorica germanica, sin da quando a Lipsia durante i tremendi bombardamenti di quella citta' si aggrappa alle Elegie duinesi di Rilke, che come dira' rappresentarono mentalmente un modo di resistere alla storia, al nazismo, alla guerra, e in fondo anche un modo di pensare a un mondo diverso". Di piu'. Gadamer subisce in quegli anni l'influsso dello Jaspers avversario del nazismo, al quale succedera' in cattedra nel 1947. E qual era questo modo di pensare a un mondo diverso? Diverso sia rispetto alla ferinita' della chiusura xenofoba nazista, che a quella totalizzante della Tecnica come onnipotenza che occulta e strania l'Essere? Era una versione indebolita dell'ontologia fenomenologica di Heidegger di cui Gadamer fu allievo a partire dal 1923, anno in cui da Marburgo arriva a Friburgo. A quel tempo Heidegger non aveva ancora pubblicato Essere e tempo, ma era gia' un mito. Come pure un mito era l'altro grande a Friburgo: Husserl. A Friburgo Gadamer si libera dalla sua anteriore formazione neo-kantiana, coltivata all'ombra di Paul Natorp e di Ernst Cassirer. Il rovesciamento di prospettive e' netto. Gadamer passa da una visione categoriale e trascendentale del sapere storico e artistico a una "svolta linguistica" che lo induce a scorgere nella metafisica e nella teoria della conoscenza un cristallo di esperienza storica rappreso nel linguaggio. Qui funziona in Gadamer anche un certo Hegel. Lo Hegel che svela la conoscenza come teoria dell'esperienza della coscienza. Ovvero la verita' non come forma astratta esterna all'oggetto, bensi' come insieme delle possibilita' che l'uomo ha di farne esperienza vissuta e intersoggettiva. E qui si rivela anche una prima differenza rispetto all'ermeneutica di Heidegger. Mentre il lavoro del linguaggio in Heidegger si piega a liberare una qualche rivelativita' dell'Essere - latente come Evento che si mostra nel destino delle epoche - in Gadamer gia' tutto il linguaggio e' Essere. E gia' tutto linguaggio e' il senso dell'Ente. Tessuto perenne con-vissuto che si crea e si disfa nella storia del pensiero e dell'umanita'. Cruciale, fin da subito, in Gadamer e' la funzione assunta dall'arte, banco di prova ontologico della creativita' interpretante. Il processo estetico e' mitopoietico e in esso l'uomo viene coinvolto non quale mero spettatore, ma come attore. Attore di interpretazioni, la cui trama sociale e' il gioco stesso dell'arte. Il nucleo della futura ermeneutica e' qui. * Ermeneuein significa in greco interpretare, tradire, commutare. Come nel simbolismo di Ermes - dio dei traffici delle mediazioni - e' prassi che ha a fare con la memoria interpretante. E che modifica di continuo il gioco in cui consiste il significato di opere, testi, oggetti simbolici. Interpretare un testo o rivivere il senso di un'opera in Gadamer e' attivita' edificante che modifica l'oggetto e il soggetto, liberando le possibili tradizioni tramandate nei reperti. E creando altri sensi eventuali, percezioni altre, destinate a divenire nuovi significati. Sta qui la verita' di Verita' e metodo, opera del 1960 divenuta la Bibbia dell'Ermeneutica. Saggio sull'infinito interpretare, ispirato dalle meditazioni di Schleiemacher. Percio' circolo ermeneutico, dove la circolarita' dell'interpretare cattura l'interprete e l'interpretato, modificandoli assieme. E poi ancora fusione di orizzonti, che e' nient'altro che l'espansione del circolo a tutta la gamma delle interazioni possibili tra i parlanti. Fusione fra le tradizioni e i mondi storici, lungo l'asse cronologico e filologico. E fusione orizzontale, lungo il colloquio senza fine tra le culture e tra gli individui. Un colloquio in cui il linguaggio non e' mezzo, o strumento esterno alla materia del contendere. Ma e' la materia stessa del contendere. Dimensione costitutiva dell'uomo come apertura all'essere che coincide con la sua insuperabile linguisticita'. Di qui in Gadamer la visione ironica e non logico-veritativa della filosofia platonica, un gioco dentro il linguaggio. Modello di uno scambio che genera spostamenti di prospettive e di senso, nel dipanarsi dell'essere-linguaggio. E secondo un'attitudine di ascolto e percio' di interpretazione non agonistica o sofistica. In questo metodo del conoscere - che equivaleva alla saggezza intellettuale e pratica aristotelica - Gadamer confidava integralmente. Sino ad applicarlo all'analisi dei problemi del suo tempo. * Dinanzi al disordine mondiale e alle catastrofi del Novecento raccomandava una forma di realismo non illuminista: l'equilibrio di forze politiche, invece della repubblica kantiana cosmopolita. Ma insieme il filosofo prescriveva anche la ricerca ostinata del dialogo. Quella fusione di orizzonti che ravvisava nella linguisticita' l'unica possibilita' di intesa, conoscenza e tolleranza. Una ricetta debole? Troppo in bilico tra relativismo e universalismo umanistico? Forse, ma ci ha insegnato qualcosa di importante: "Solo chi ha linguaggio ha mondo". E cioe': cambiare il mondo, senza viverlo emotivamente e interpretarlo con gli altri, e' impossibile. ============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 104 del 25 marzo 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html e anche alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: Minime. 39
- Next by Date: Minime. 40
- Previous by thread: Minime. 39
- Next by thread: Minime. 40
- Indice: