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Minime. 39
- Subject: Minime. 39
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 25 Mar 2007 00:36:21 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 39 del 25 marzo 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Il 27 marzo a Roma un sit-in contro la guerra 2. Enrico Piovesana: Primavera di sangue 3. Emergency: la vicenda non e' conclusa 4. Emergency: Rahmatullah e Adjmal 5. Marta Petrusewicz ricorda Jacek Kuron 6. Il sangue degli altri 7. Il valletto 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. INIZIATIVE. IL 27 MARZO A ROMA UN SIT-IN CONTRO LA GUERRA [Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo il seguente comunicato del "Comitato 17 marzo", il comitato promotore della manifestazione pacifista svoltasi a Roma il 17 marzo 2007 in occasione della giornata internazionale contro la guerra promossa dal Forum sociale mondiale (per contatti: nowar17marzo at libero.it)] Non votate la guerra, via le truppe ora. Per il ritiro immediato delle truppe dall'Afghanistan e dagli altri fronti di guerra. Liberta' per il popolo afgano, liberta' per Adjmal e Hanefi. Chiusura della basi Usa e Nato. No alle spese militari. I senatori e le senatrici eletti ed elette con i voti del popolo no-war, non si coprano di vergogna tradendo il mandato elettorale, e votino contro il decreto che finanzia le missioni di guerra. Il 27 marzo a Roma sit-in davanti al senato (piazza Navona). * Comitato 17 marzo 2. AFGHANISTAN. ENRICO PIOVESANA: PRIMAVERA DI SANGUE [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 23 marzo 2007. Enrico Piovesana, giornalista, lavora a "Peacereporter", per cui segue la zona dell'Asia centrale e del Caucaso; e' in Afghanistan in qualita' di inviato] "Proseguono i combattimenti tra talebani e forze governative e Nato a Babaji, Loi Manda, Yakh Chal, Upasciak e in altri piccolissimi villaggi, tutti pochi chilometri a nord di qui, risalendo il corso del fiume Helmand", racconta Luca De Simeis, logista dell'ospedale di Emergency a Lashkargah. "Per tutta la notte abbiamo sentito il rombo dei jet che passavano a bassa quota, senza sosta, e i decolli e gli atterraggi dei grandi elicotteri Chinook dalla base britannica qui vicino. Sono invece cessati intorno a mezzogiorno gli scontri e i bombardamenti aerei nella zona di Grishk, che erano continuati per tutta la mattina impedendo al personale del pronto soccorso locale di Emergency di andare a recuperare i feriti nei villaggi colpiti. Operazione che oggi pomeriggio e' stata finalmente possibile". * Trenta civili feriti ricoverati da ieri mattina "Nella giornata di oggi - dice De Simeis - abbiamo ricevuto una decina di feriti, quasi tutti vittime del fuoco incrociato, quasi tutti provenienti da Babaji. Feriti che si vanno a sommare ai venti ricevuti ieri. Parliamo di civili, maschi e femmine, di eta' compresa tra i 12 e gli 80 anni. Molti di loro versano in gravissime condizioni. Alcuni non sono sopravvissuti nonostante le cure immediate, o sono arrivati morti: quattro in tutto da ieri mattina, tra cui un bambino di un anno e mezzo, colpito alla testa da una pallottola. Ma i morti di questi due giorni di battaglie e bombardamenti sono molti di piu', soprattutto tra i militari afgani impegnati sul fronte di Grishk, che pero' vengono direttamente trasportati alla base militare britannica. Questa mattina, la capo-infermiera dell'ospedale mi ha raccontato che i tre soldati afgani che erano stati ricoverati da noi, e dei quali uno era poi deceduto, erano stati portati qui da un furgone militare nel quale giacevano i cadaveri di altre sette militari afgani". "Ci tengo a dire - aggiunge il logista di Emergency - che i nostri medici, i nostri infermieri, tutto il nostro personale afgano e internazionale sta lavorando da giorni in condizioni difficilissime, con ritmi davvero pesanti da sostenere, senza mai un problema o una discussione: sono davvero ammirevoli". * "Incidenti" di guerra a Kabul e dintorni Mentre in Helmand, complice il ritorno del bel tempo, la guerra infuria, anche a Kabul e dintorni la situazione si fa sempre piu' tesa. E a farne le spese sono, come al solito, i civili. Ieri sera tardi, qui in citta', i soldati della Nato hanno sparato contro un'auto civile, colpendo a morte un bambino di dodici anni. La tragedia, l'ennesima di questo tipo, e' avvenuta sulla Jalalabad Road, nota come "la strada dei kamikaze". E' qui, infatti, che avviene la maggior parte degli attentati, come quello contro il convoglio dell'ambasciata Usa di domenica mattina. Per questo i militari Isaf che pattugliano questa strada sono molto nervosi e hanno il grilletto facile. Pare che, nel caso di ieri sera, l"unico motivo per cui i soldati hanno aperto il fuoco sia stato che l"auto viaggiava troppo vicina al convoglio. Poco prima, un altro bambino afgano era morto travolto da un convoglio di blindati Nato che attraversava ad alta velocita' l'abitato di Pul-i-Alam, il capoluogo della provincia di Logar, poco a sud di Kabul. I comandi Isaf si sono detti "molto dispiaciuti" e hanno porto le scuse alla famiglia. Ma questo non basta certo a placare il montante risentimento della popolazione afgana verso le truppe della Nato. Un risentimento che fa aumentare di giorno in giorno il sostegno popolare alla guerriglia talebana. 3. APPELLI. EMERGENCY: LA VICENDA NON E' CONCLUSA [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente comunicato di Emergency, l'organizzazione umanitaria presente con presidi sanitari in zone di guerra in Afghanistan e in altri paesi, del 22 marzo 2007] Contrasti nella politica interna italiana e contrasti tra governo italiano e governi di altri paesi sono emersi, a quanto si apprende da organi d'informazione, in relazione ad alcuni aspetti della vicenda creata dal sequestro di Daniele Mastrogiacomo. Per avere svolto qualche ruolo in alcune fasi della vicenda, Emergency e' citata in queste discussioni e in alcuni casi pare costituire uno dei motivi di attrito. Emergency e' entrata in questa vicenda su richiesta del governo italiano, ha agito da tramite fra governo italiano e sequestratori, agendo in stretto contatto e totale trasparenza con il governo stesso. Ha agito in coerenza con la sua identita' e con i suoi principi, certamente noti a tutti gli interlocutori. Rientra in questi criteri e principi la convinzione che nulla sia comparabile al valore di un'esistenza umana e che, quando concretamente sia in pericolo un'esistenza umana, per salvarla si debba compiere ogni atto che non ne distrugga direttamente altre. Singole azioni coerenti con questi nostri principi sono risultate coincidenti con le aspettative e le richieste di altri soggetti, che non necessariamente condividono integralmente le nostre convinzioni. Abbiamo ritenuto doveroso compierle, nei limiti delle nostre possibilita', ma non sottraendoci a nessuna di esse, chiedendo e ottenendo da persone del nostro staff in Afghanistan una generosa e impegnativa collaborazione. Si e' subita, nel corso della vicenda, una sconfitta per tutti, nella morte di Said Agha, l'autista di Mastrogiacomo, sequestrato con lui e ucciso dai sequestratori: un peso gravissimo per tutti, indipendentemente da responsabilita' morali o penali. Conseguito, per l'impegno di piu' parti, l'esito piu' vistoso dell'azione con la liberazione di Mastrogiacomo, la vicenda non e' conclusa. Di Adjmal Nashkbandi, sequestrato con il giornalista italiano, con cui collaborava come interprete, e liberato con lui, non si hanno notizie. Rahmatullah Hanefi, dipendente di Emergency nell'ospedale di Lashkar-Gah, che si e' impegnato per rendere effettive le azioni richieste dal governo italiano, e' stato arrestato dalla polizia del governo afgano all'alba di martedi' 20 marzo. Il perdurare incomprensibile della sua detenzione e' motivo di estrema preoccupazione per la sua sorte. Entrambe queste situazioni si collocano all'interno delle azioni compiute dal governo italiano per ottenere la liberazione di Mastrogiacomo e deve ritenersi scontato, non semplicemente auspicabile, che il governo italiano consideri questi problemi urgenze sue, sulle quali immediatamente intervenire. Per parte sua, Emergency ribadisce di avere semplicemente svolto azioni delle quali era richiesta, ritenendole compatibili e doverose in relazione alla propria natura, senza assumere alcuna iniziativa autonoma, restando assolutamente estranea a qualsiasi azione di politica interna o internazionale. 4. APPELLI. EMERGENCY: RAHMATULLAH E ADJMAL [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente comunicato di Emergency, l'organizzazione umanitaria presente con presidi sanitari in zone di guerra in Afghanistan e in altri paesi, del 23 marzo 2007. Rahmatullah Hanefi, manager dell'ospedale di Emergency a Lashkargah, artefice fondamentale della salvazza della vita di Daniele Mastrogiacomo, e' stato sequestrato dai servizi segreti afgani. Adjmal Nashkbandi, l'interprete afgano che era stato rapito con Daniele Mastrogiacomo, sembra sia ancora sequestrato, o dai talebani o dai servizi segreti afgani] Da lunedi' 19 non si hanno notizie di Adjmal Nashkbandi, l'interprete afgano che era con Daniele Mastrogiacomo. Adjmal dovrebbe essere stato liberato insieme a Daniele Mastrogiacomo, a detta dello stesso inviato de "La Repubblica" che lo ha visto allontanarsi libero dai loro carcerieri. Alcuni dicono che sia ancora nelle mani dei Talebani. Il giornalista pachistano Rahimullah Yusufzai, in una intervista con mullah Dadullah riportata dal settimanale tedesco "Der Spiegel", riferisce che mullah Dadullah avrebbe dichiarato di detenere ancora Nashkbandi, per scambiarlo con un altro prigioniero del governo afgano, Mohammed Hanifi. Altri sostengono che sia nelle mani, come Rahmatullah Hanefi, dei servizi di sicurezza afgani. Lo hanno confermato, in modo informale, anche i Ros dei carabinieri che operano a Kabul. Da martedi' 20 non si hanno notizie di Rahmatullah Hanefi, manager dell'ospedale di Emergency a Lashkargah. E' stato prelevato senza nessuna giustificazione legale ne' tantomeno ufficiale dai servizi di sicurezza afgani alle 5,30 di martedi' mattina, davanti alle case dello staff di Emergency, e da allora e' stato trattenuto senza possibilita' di comunicare e senza che alcuna informazione sulla sua detenzione e sui motivi che l'hanno determinata fosse comunicata alla sua famiglia o a Emergency. Solo le pressioni dell'ambasciatore italiano a Kabul, Ettore Sequi, hanno permesso di avere una conferma che Rahmatullah Hanefi si trova nella sede del National Security Department a Lashkargah per essere interrogato. Emergency ha ribadito, in una nota diffusa giovedi', la sua "estrema preoccupazione per il perdurare incomprensibile della detenzione di Rahamtullah Hanefi" e per la sorte di Adjmal Nashkbandi. La cosa importante e' che non cali l'attenzione sulla sorte di queste due persone, e che non cali in generale l'attenzione sulla realta' di un paese che non e' un pezzo di una carta geografica, ma un luogo reale dove milioni di persone stanno da decenni subendo la guerra. 5. MEMORIA. MARTA PETRUSEWICZ RICORDA JACEK KURON [Dalla bella rivista di interviste "Una citta'", n. 144, dicembre 2006 - gennaio 2007 (disponibile anche nel sito www.unacitta.it) riprendiamo il seguente ricordo. Marta Petrusewicz e' docente di Storia moderna presso l'Universita' della Calabria e alla City University of New York. Jacek Kuron (1934-2004), intellettuale e militante polacco, strenuo oppositore del totalitarismo, lungamente perseguitato, piu' volte incarcerato, fondatore del Kor - Comitato di difesa degli operai (poi Kss - Comitato di autodifesa sociale), poi tra gli animatori di Solidarnosc, nell'autunno 1989 e' ministro del lavoro nel governo Mazowiecki. Opere di Jacek Kuron: La mia Polonia, Ponte alle Grazie, Firenze 1990] E' difficile dire in due parole cosa rappresenti per me Jacek Kuron. Credo che Jacek sia la persona che piu' si avvicina alla figura del santo laico, o del profeta, tra tutte quelle che ho conosciuto. Lo conobbi quando avevo otto anni. Frequentavo la seconda o la terza elementare, ed entrai a far parte dei Walterowcy, una specie di organizzazione scoutistica che aveva creato Jacek e che rispecchiava la sua impostazione pedagogica. Per lui l'impostazione pedagogica e quella politico-sociale erano una cosa sola. I Walterowcy sorsero nel 1956, ed io vi entrai quasi subito. Era il momento del disgelo - c'era gia' stato l'ottobre polacco - e anche di un processo di riappacificazione tra il potere e la Chiesa. Vi era stato una specie di patto tra Gomulka ed il cardinale Wyszynski che aveva ricondotto le organizzazioni scoutistiche polacche alla tradizione patriottica e religiosa e le aveva allontanate da quella pionieristica, che veniva vista, invece, come imposta dai sovietici. Jacek, in qualche modo, porto' avanti per tutta la vita il sistema educativo dei Walterowcy. Secondo lui i bambini avevano certamente dei diritti, ma anche dei doveri. Avevano il diritto di autogestirsi, di percepire la giustizia e l'ingiustizia, e di organizzarsi in maniera giusta. E la maniera giusta era quella della protezione del piu' debole, sempre e comunque; era condividere tutte le cose che si hanno. Non vi era alcun richiamo cristiano in questa impostazione, che si basava, invece, sulla sua concezione delle attitudini naturali della persona. Successivamente Jacek trovo' supporto a queste sue concezioni pedagogiche intuitive nelle letture di Piaget e nelle scuole linguistiche di impostazione saussuriana. Secondo lui, i bambini vogliono agire in gruppo, vogliono condividere, vogliono proteggere piu' che prevalere perche' questo e' un bisogno naturale della persona umana. La prepotenza non e' naturale. Cio' che nel bambino e' naturale e' la voglia di fare. Se il bambino e' prepotente, quindi, lo e' per ragioni dettate dalla frustrazione o dall'infelicita', e queste vanno capite. Per lui era naturale anche che i bambini potessero assumersi delle responsabilita'. * Io entrai nei Walterowcy da piccolissima, ma a dieci-undici anni ero gia' responsabile dei piu' piccoli. Mi ricordo, ad esempio, che quando partivamo per dei bivacchi o per le vacanze, i genitori venivano da me - che avevo undici anni - per raccomandarsi che i loro figli, che magari ne avevano otto, prendessero delle pillole. Mi affidavano la responsabilita' totale dei loro figli. Jacek pensava, infatti, che nelle persone fosse naturale anche usare il potere in maniera responsabile. Di nuovo, per lui la prepotenza era una devianza, non un istinto. Ovviamente, pero', era compito dell'educatore tirare fuori queste attitudini naturali. Mi ricordo un episodio che avvenne durante una di queste vacanze. Al campo c'erano delle grandi tende, ma era nostro compito costruire i letti dove avremmo dormito la notte. Noi dovevamo costruire i letti per un altro gruppo, che a sua volta doveva farlo per noi. Quando finimmo, Jacek ci disse di andare a dormire. Durante la notte le brande crollarono e ci e' sempre rimasto il dubbio di non aver fatto abbastanza bene il nostro lavoro a causa del fatto che nei letti che avevamo costruito non avremmo dormito noi. Fu proprio Jacek ad insinuarci questo dubbio... In questi campi noi trascorrevamo le vacanze. Spesso si trovavano in mezzo alle foreste, anche se sempre relativamente vicini ad un villaggio, dove poi andavamo a lavorare. L'idea era di dare una mano ai contadini durante i raccolti. Non si trattava tanto di partecipare ai raccolti, perche' eravamo troppo piccoli, ma piuttosto di accudire i bambini in modo tale da permettere alle madri di andare a lavorare. Era bello quando la sera ci mettevamo attorno al fuoco a raccontare. Jacek, che scriveva male, era invece bravissimo a raccontare. Era un leader orale, e raccontava cose, raccontava storie, talvolta della sua vita, talvolta della vita di altri. Io parlo sempre di noi piccoli, ma in realta' i Walterowcy non erano composti solamente da ragazzini. C'erano persone di tutte le eta', giovani comunque. I piu' grandi avevano l'eta' di Jacek, o qualche anno in piu'. Per loro i Walterowcy rappresentavano un progetto politico-educativo. Erano anche un modo di pensare alla politica dopo il 1956. Per quelli che allora avevano dodici-tredici anni era l'iniziazione ad una futura opposizione. Per noi piccoli, invece, erano un'esperienza di crescita, di educazione e di istruzione. Un'esperienza formativa fondamentale. * Jacek credeva molto nell'amore. L'amore era una delle parole chiave della sua vita, cosi' come la giustizia sociale o la tolleranza (anche se per lui la tolleranza era una cosa a monte). Ci presento' Gajka, che era piu' giovane di lui di qualche anno. Quando l'abbiamo conosciuta, credo che avesse 18 anni. Era molto bella: aveva grandissimi occhi scuri e una pelle olivastra, denti bianchissimi, sembrava una gazzella. Era timida, ma aveva un sorriso grandissimo. Jacek ce l'aveva presentata come un miracolo dell'amore. Si sposarono quasi subito e poi nacque Maciej, un altro miracolo dell'amore. Abitavano nella casa dove Jacek e' vissuto sino alla morte, e dove ora abita Danuta, la seconda moglie. Era nello stesso quartiere dove ho abitato anch'io. La casa di Jacek si trovava al pianterreno di un grande palazzo molto lungo, ma non molto alto (credo che avesse quattro piani in tutto). Era un palazzo grandissimo, con un immenso cortile interno e diversi ingressi. In questa casa vivevano, oltre a Jacek, i suoi genitori, Gajka, Maciej e Felek, il fratello piu' piccolo di Jacek. Ad un certo punto, poi, ci ando' ad abitare anche il cosiddetto "piccolo Jacek", il fratello minore di Gajka. La casa, che non era affatto grande, ha sempre avuto la capacita' di contenere un numero sconfinato di persone perche' questo era il modo di fare di Jacek, ma anche dei suoi genitori. Non si trattava solamente di ospitalita'. Era una casa aperta, che e' una cosa diversa. Di fronte all'abitazione c'erano i cassonetti della spazzatura, ma, visto che il palazzo era molto grande, questi si trovavano in una specie di casetta in muratura che aveva attorno a se' due o tre panchine. Vicino a quei cassonetti c'era stato il Dalai Lama e tutti i grandi della terra, la', seduti a confabulare con Jacek di fronte alla spazzatura. Anche il corteo funebre parti' dai cassonetti della spazzatura davanti a casa. Per un certo periodo si trasferi' a casa di Jacek anche Joanna Szczesna, che adesso e' giornalista alla "Gazeta Wyborcza". Si stava nascondendo dalla polizia, e l'idea di farlo a casa di Jacek non era molto sensata, perche' era sempre sorvegliata a vista. Ad ogni modo anche lei rimase li' per un po'. Questa casa, come dicevo prima, aveva la sconfinata possibilita' di espandersi e poi, ogni tanto, si restringeva. Questo accadde, ad esempio, negli anni Ottanta, dopo che Jacek era uscito di galera: i suoi genitori erano morti cosi' come Gajka, Maciej non viveva piu' li' e Jacek, per la prima volta, era solo. Questa cosa mi colpi' e rattristo' moltissimo. Negli anni Settanta in quella casa si erano svolti anche i corsi dell'universita' volante. La casa veniva invasa continuamente dalla polizia. Una volta picchiarono Gajka, ed in due occasioni Maciej, quando era ancora molto piccolo. Questa cosa era tra le poche che Jacek non aveva mai perdonato. Lui aveva il perdono facile... Come diceva Jozef Tischner, un prete straordinario, non aveva importanza se Jacek credesse in Dio; era importante che Dio credesse in Jacek. Visto che la casa si trovava al pianterreno, tutti noi entravamo dalle finestre che si affacciavano sulla strada, di giorno, di notte... La porta era sempre aperta (e continua ad esserlo poiche' Danuta porta avanti questa tradizione) pero' spesso, magari perche' era notte ed in casa dormiva qualcuno, noi entravamo dalle finestre. Era una cosa naturale. Anche la polizia entrava dalle finestre. * Nei Walterowcy abbiamo sempre cantato molto. Agli inizi degli anni Sessanta cominciarono ad arrivare alcune canzoni russe che erano proibite in Unione Sovietica: cantautori come Vysotsky, Okudzhava, Galich... Erano i canti dei campi di concentramento, dei lager. Cantavamo moltissimo in russo, e poi i vari canti rivoluzionari delle diverse epoche: canti spagnoli, polacchi, russi... Il passaggio da questi canti di lager ai canti di opposizione fu abbastanza immediato. Insomma, noi a tredici-quattordici anni eravamo gia' in opposizione. Contemporaneamente, poi, nascevano anche altri luoghi del dissenso ai quali, attraverso Jacek e anche grazie a questa preparazione, ci legavamo in maniera naturale. Le nostre storie si intrecciarono con quelle dell'opposizione "revisionista", come veniva definita allora, cioe' con la generazione di Pomian, Kolakowski, Geremek... Erano quelli che avevano dato vita ad un'opposizione in seno al partito comunista aprendo un dibattito all'interno del marxismo. Di conseguenza rappresentavano anche un'opposizione rispetto alla posizione che aveva assunto Gomulka e che avrebbe portato alla svolta autoritaria che questa generazione considerava come un tradimento dell'ottobre polacco. Nello stesso periodo anche altre persone legate a Jacek, come Adam Michnik, avevano iniziato un dibattito che io considero assolutamente unico. Avevano fondato un gruppo che si chiamava "il club dei ricercatori di contraddizioni". Avevano quattordici anni, io ne avevo dodici. Voglio dire, eravamo veramente piccoli, pero' il momento - e anche l'educazione di Jacek - facevano si' che, sebbene le nostre idee fossero certamente confuse, avessimo alcuni principi in testa. Di sicuro volevamo sapere. Ci eravamo gia' resi conto che c'erano delle cose che non ci venivano dette, che ci venivano nascoste. Cosi' cominciammo a cercare nuove letture, e devo dire che non c'e' modo migliore per far studiare un giovane che quello di proibire. Noi ci ingegnavamo in tutti i modi possibili per trovare questi libri. Erano libri in polacco che venivano pubblicati soprattutto a Parigi e che entravano in Polonia per vie clandestine. Succedeva cosi' che magari avevi un libro in prestito per una notte, preso all'altro capo di Varsavia e il giorno dopo, alle nove di mattina, qualcuno veniva a prenderlo da te. Era una cosa che invogliava a leggere cose differenti, ma si trattava soprattutto di letture politiche sulle prime critiche al regime. Ancor prima di questo periodo leggevamo Trotsky, Rosa Luxemburg, Gilas. Poi, negli anni Sessanta, uscirono le prime cose dei russi scampati ai lager che venivano pubblicate in Occidente. * Nel 1964, in un clima che si era inasprito gia' a partire dal 1962, Kuron e Modzelewski scrissero una lettera che indirizzarono ai compagni del partito. Poi la lettera comincio' a circolare, copiata con le macchine da scrivere; un'avventura dato che ce n'erano pochissime. Utilizzavamo anche le lavatrici di vecchio tipo, che avevano un sistema che funzionava con dei rotoli a manovelle che serviva per strizzare la biancheria. Non esisteva ancora la centrifuga. Era un procedimento che si faceva a mano: mettevamo dei phon e facevamo passare la carta carbone attraverso questi rotoli. In questo modo venivano fuori 4-5 copie, di cui la quinta era gia' praticamente illeggibile. Poi Kuron e Modzelewski vennero arrestati. Per noi questo rappresento' una specie di rito di passaggio. Significava soprattutto che da quel momento saremmo passati completamente all'opposizione. In quel periodo ascoltavamo sempre le notizie di Free Europe. Non ci importava nulla di tutta la propaganda americana che faceva, ma era una fonte di informazioni assolutamente straordinaria. Ascoltavamo tutte le radio e poi, pian piano, cominciammo a trasmettere noi le notizie e ad incontrare i primi giornalisti stranieri. Era molto divertente, perche' non erano abituati ad avere a che fare con dei ragazzini. Si stupivano di trovare dei quindicenni e dei sedicenni che dicevano di rappresentare l'opposizione. La verita' e' che c'eravamo noi e pochi altri. Organizzavamo le proteste, andavamo in tribunale quando si svolgevano le udienze. In quello stesso periodo cominciarono i primi arresti. Adam rimase in carcere qualche mese. Per noi quel periodo rappresento' una sorta di apprendistato dell'opposizione politica. Il fatto che Karol e Jacek avessero subito una condanna di tre anni per la "lettera aperta" era una cosa veramente spropositata, pero' i tempi non erano ancora terribili. Vennero rilasciati un po' prima, vero la fine del 1967, ma finirono di nuovo in carcere a marzo. Attraverso la loro lettera cominciammo anche ad organizzare incontri, a discutere di come organizzare l'opposizione. Nell'ottobre del 1966, ad esempio, preparammo una celebrazione per il decimo anniversario dell'ottobre polacco. Allora Jacek si trovava in carcere, ed io avevo appena cominciato il primo anno di universita'. Il senso generale di quella manifestazione era che vi era ben poco da celebrare. Era una sfida aperta a Gomulka, che secondo noi aveva violato tutte le promesse dell'ottobre polacco. Durante quella celebrazione ciclostilammo e distribuimmo un pezzo della lettera aperta. Sapevamo che alcuni professori erano dalla nostra parte, gli stessi che nel 1968 vennero poi espulsi dall'universita'. * Nel periodo in cui Jacek si trovava in carcere, noi continuammo ad andare a trovare Gajka tutti i giorni. Lei poteva vederlo solo una volta al mese, erano visite programmate, e poteva portare un solo pacco ogni volta, e questo non doveva superare i due chili. Cosi', ad esempio, mi ricordo che ci trovavamo tutti insieme per sgusciare le noci in modo che pesassero di meno. Dalle lettere di Jacek, poi, imparavamo a conoscere l'universo carcerario. Sin dal periodo dei Walterowcy conoscevamo storie di persone che erano state in carcere, pero' attraverso le sue lettere imparammo, ad esempio, il linguaggio carcerario. Ovviamente non tutto il gergo, ma solamente alcune espressioni che continuiamo ad usare tuttora e attraverso le quali ci riconosciamo. In carcere Jacek aveva degli ottimi rapporti con gli altri detenuti, cosi' come li aveva sempre avuti con tutti. La gente si e' sempre fidata di lui e anche a distanza di anni alcune delle persone che lo avevano conosciuto in carcere andavano a trovarlo quando uscivano, oppure gli mandavano degli amici che entravano in casa cosi' come entravano tutti. Spesso in carcere i suoi compagni di cella avevano il compito di relazionare su cio' che diceva, e alcuni glielo facevano anche capire. Lui diceva loro che non si sarebbero dovuti preoccupare. Potevano riferire apertamente le sue parole, perche' Jacek ha sempre fatto tutto allo scoperto. Erano pochissime le cose che teneva nascoste. Lui faceva quello che gli sembrava giusto, niente di piu'. Non pensava di essere l'avanguardia di qualche movimento. Si considerava parte del movimento, per cui le cose dovevano essere a misura di tutti, cosi' come di tutti era la responsabilita'. Per questa ragione Jacek rifiutava gli estremismi, perche' sono azioni di avanguardia, perche' non sono di tutti. Mi ricordo che in un certo periodo ci fu un movimento polacco che porto' a termine le prime azioni armate. Misero una piccola bomba rudimentale vicino al monumento di Lenin, a Poronin, e poi vennero arrestati. Io credo che sia stato anche grazie a Jacek se la violenza non prese mai piede in Polonia. Discusse all'infinito con queste persone del movimento e credo sia stato lui a spingerli verso la strada dell'opposizione nonviolenta. * Jacek non riusciva a tenersi un soldo addosso. Non era ricco, ma ci fu un periodo all'epoca di Solidarnosc in cui Jacek era, per cosi' dire, "di moda". C'erano giornalisti stranieri che gli pagavano le interviste in dollari, che in Polonia valevano tantissimo. Una volta gli pagarono i diritti sulla traduzione in francese del suo libro La fede e la colpa. Gli diedero centomila dollari, una somma assolutamente sconvolgente per l'epoca. Nel giro di un mese l'aveva gia' distribuita. Ad un certo punto, dopo la morte di Gajka, decidemmo di creare una specie di stipendio mensile, ma non lo davamo a lui, perche' l'avrebbe regalato alla prima persona che glielo avesse chiesto. * Durante la sua permanenza in carcere, siamo cresciuti un po' tutti. Nel frattempo era iniziata la primavera cecoslovacca ed i nostri primi rapporti con i cechi. Mi ricordo che nel 1967 ci fu un'attivita' quasi febbrile. Eravamo assolutamente convinti che dalla Cecoslovacchia sarebbe passato tutto il blocco sovietico, per cui piu' tempo passava, piu' si ritardava il "passaggio". All'inizio del 1968 in Polonia ci furono tutta una serie di eventi a favore della Cecoslovacchia, ma anche di critica interna al regime e di rivendicazione di una autonomia di tipo culturale. Nel gennaio del 1968 venne messa in scena una piece teatrale di Mickiewicz, che rappresentava uno dei capisaldi della cultura polacca ottocentesca. Era un dramma assolutamente romantico e molto antirusso. Una delle particolarita' del comunismo polacco era il suo forte nazionalismo. I capisaldi della letteratura nazionalista romantica erano letture obbligatorie a scuola. Nello stesso tempo, pero', gli insegnanti avevano il compito di attirare l'attenzione solamente sui significati patriottici o rivoluzionari, e di tralasciare quelli antirussi. Durante questa rappresentazione teatrale, che si teneva al Teatro Nazionale di Varsavia, la sala era strapiena. La gente stava in piedi e batteva le mani ogni volta che dal palcoscenico arrivavano espressioni antirusse. L'allora ambasciatore dell'Unione Sovietica in Polonia intervenne quindi per chiedere la cancellazione della piece, ma questo non avvenne subito, ma solamente dopo qualche giorno, dando cosi' il tempo alla notizia di diffondersi. Non so se in questa decisione vi fossero degli elementi di provocazione, fatto sta che gia' da alcuni giorni si sapeva quando ci sarebbe stata l'ultima rappresentazione. Cosi' andammo tutti al teatro, anche se i biglietti erano finiti. La piece fini' con un'ovazione che duro' non so quanto. Ci sentivamo tutti sulle barricate. Dal teatro, che si trova nel centro di Varsavia, parti' poi un corteo a cui la polizia rispose intervenendo ed arrestando diverse persone. Eravamo nell'autunno del 1967. * Sin dal processo a Kuron e Modzelewski, e durante la loro permanenza in carcere, avevamo imparato qualcosa delle garanzie e dei diritti costituzionali, qualcosa del codice penale sui diritti politici e anche del codice di procedura penale. Sapevamo, ad esempio, che le perquisizioni in casa non potevano avvenire prima delle sei di mattina e che non ci potevano interrogare prima di averci detto per quali ragioni volevano farlo. Ci arrestarono alla fine di gennaio. Io dovevo avere il processo per direttissima, ma in realta' si svolse molto piu' tardi. Intanto avevano chiesto la nostra espulsione dall'universita' - Michnik era gia' stato espulso. Subito dopo la guerra dei sei giorni Gomulka comincio' a pronunciare i primi discorsi dai toni "antisionisti". Erano ancora abbastanza velati, pero' si intuiva che erano diretti certamente ai "revisionisti" del partito, come Pomian e Bauman, che avevano sostenuto Kuron e Modzelewski, i quali erano gia' stati espulsi. Si poteva insomma gia' intuire che vi sarebbe stato un inasprimento della lotta intestina al partito, all'interno del quale Gomulka stava cedendo sempre di piu' alla fazione nazionalista e anticosmopolita. Era un po' la linea Ceausescu, pero' molto piu' esplicitamente antisemita. L'8 marzo venne convocata un'assemblea all'universita' per protestare contro le espulsioni, le prime condanne e la mancanza della liberta' di cultura. Quella mattina io mi trovavo in ospedale. A meta' febbraio avrei dovuto avere il processo per direttissima, ma il procuratore mi aveva dato un permesso e, visto che non sapevamo cosa ci sarebbe successo dopo, decidemmo di andare a sciare. Eravamo una ventina di persone. Fu in quell'occasione che mi ruppi una gamba, cosi' trascorsi gli otto mesi successivi in ospedale. Mi trattennero piu' del dovuto per salvarmi dall'arresto, e per questo motivo seguii gli avvenimenti di marzo dall'isolamento in ospedale. Durante le agitazioni di marzo vennero arrestate moltissime persone e, all'interno delle universita', si susseguirono le assemblee, i cortei e le agitazioni a cui facevano seguito gli interventi della polizia. Gli slogan contro gli ebrei ed i sionisti apparvero l'ultima settimana di marzo, quando venne assunta la linea ufficiale del partito: secondo il partito le sommosse erano opera di elementi estranei alla "sana" nazione polacca, cioe' di ebrei sionisti e di schiavi degli americani. Bisognava epurare, depurare. In quello stesso periodo comincio' una durissima repressione politica. * Jacek non e' mai stato una persona di partito e neppure gli piaceva esserlo. In realta' lui amava il movimento. Aveva cercato di essere leale verso il partito di cui faceva parte - l'Unione democratica - ma era una cosa che non gli risultava naturale. Alla fine degli anni Novanta, dopo l'ictus che lo aveva colpito durante la campagna presidenziale, si allontano' molto dalla politica. Non si era mai voluto curare e il fatto che avesse dovuto farlo tanto negli ultimi anni era una cosa che lo umiliava, che lo angosciava enormemente. Sembra che una volta avesse avuto contemporaneamente un ictus ed un infarto. Era successo dopo un'incursione della polizia. Aveva rifiutato di farsi portare all'ospedale e se ne era andato a dormire. Gli amici, allora, avevano chiamato Edelman, che era l'unica persona di cui Jacek accettava i consigli. Edelman disse: "Lasciatelo stare". E la mattina si sveglio'. Se un giorno dovessero farlo santo, sono questi i miracoli che si racconteranno. * Negli ultimi anni di malattia, Jacek era sempre piu' in dissenso. Si era allontanato dalla politica ufficiale. Era ancora in parlamento solo perche' voleva far passare la legge sulle minoranze, e sapeva di essere l'unico che lo avrebbe potuto fare giocando brutalmente sull'affetto, la stima ed il rispetto che tutti avevano nei suoi confronti. Anche in mezzo ad una situazione politica che si stava deteriorando, Jacek rimaneva comunque una specie di vacca sacra. La legge poi passo', anche se non era esattamente come lui l'aveva sognata. Negli ultimissimi anni si era avvicinato agli Alter Global, i No Global polacchi. Era molto interessato al movimento, ma le sue ultime scelte politiche sono state come messe da parte, trascurate anche dai suoi amici piu' cari. Jacek se ne rendeva conto, ma non riusciva a comunicare a nessun altro se non ai giovani. Il suo ultimo libro, Azione, l'aveva voluto scrivere fortemente. Diceva che in realta' era il libro che scriveva da sempre. Mentre era malato, lui in realta' pensava ad una grande rivoluzione mondiale. Era convinto che la rivoluzione informatica avrebbe potuto dare la possibilita' a tutti i ragazzi di avere accesso all'istruzione. Pensava che questo avrebbe liberato quella voglia di fare comune che le persone hanno dalla nascita. E' sempre lo stesso discorso: le persone preferiscono l'azione collettiva, preferiscono fare piuttosto che non fare, e fare il bene comune piuttosto che non farlo. Credo che questo non sia stato apprezzato fino in fondo. Il discorso che Adam Michnik ha fatto al funerale, ad esempio, fa terminare l'azione di Jacek con Solidarnosc, con l'inizio degli anni Novanta, e non prende sul serio i suoi ultimi anni, che per me, invece, sono importantissimi. * Kuron ha passato quasi tutta la propria vita all'opposizione. Non per una scelta personale, ma per la situazione dell'epoca. Quando abbiamo "vinto", lui non era convinto che si trattasse realmente di una vittoria, pero' non aveva la forza di contrapporre un'idea operativa alternativa al piano del nuovo governo. Il fatto di entrare nella politica istituzionale fu per lui una scelta estremamente difficile, ma che dovette compiere. A differenza di Modzelewski, Jacek ritenne di doversi assumere la responsabilita' in prima persona, e cosi' divenne ministro del lavoro. Fu una scelta difficilissima, ed io credo che questa sia stata una delle cose piu' eroiche che abbia fatto. Ogni martedi', quando andava in televisione, per lui era una sofferenza. Aveva sempre avuto un rapporto molto facile con le persone, cosa che riusci' a mantenere per tutta la vita. Jacek, ad esempio, non accetto' mai la scorta. Quando divenne ministro del lavoro fu costretto ad accettare di chiudere la porta. Era una misura obbligatoria per le persone che facevano parte del governo, perche' dovevano essere sorvegliate. La gente, comunque, continuava a fermarlo per strada anche nel periodo in cui era ministro del lavoro e candidato alla presidenza. Gli chiedevano perche' le cose andassero male, e lui prendeva quel rimprovero come se fosse diretto a lui, come se fosse lui il destinatario giusto, e lo accettava. 6. AUT AUT. IL SANGUE DEGLI ALTRI Quelle forze politiche che ancora nel 2005 si opponevano alla guerra afgana "senza se e senza ma". E che dal 2006 la sostengono (naturalmente sempre "senza se e senza ma"). Cosa e' cambiato? Che ora sono al governo. Il sangue degli altri e' una vile moneta con cui si fanno buonissimi acquisti. 7. MELODRAMMI. IL VALLETTO "Mentre allo specchio s'aggiusta la cravatta benevolo sorride l'assassino" (Le buone maniere spiegate ai governanti e ai cortigiani, fr. I) Il valletto che furbetto l'occhio e il labbro stretto stretto dal suo pero in mezzo ai rami sbuffa, ghigna e guarda in giu' E che audace si compiace della guerra eppero' pace preferisce la si chiami e non se ne parli piu' quel valletto meschinetto come puoi credergli tu? 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 39 del 25 marzo 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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