[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Minime. 36
- Subject: Minime. 36
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 22 Mar 2007 00:18:44 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 36 del 22 marzo 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Ancora un'antica favola orientale 2. Un appello di Emergency 3. Enrico Piovesana: Daniele a casa, gli altri no 4. Emily Dickinson: La legge 5. Ivan Tassi presenta le "Memorie" di Sergej Ejzenstejn 6. Riletture: Giuliana Sgrena, Alla scuola dei taleban 7. Riletture: Giuliana Sgrena, Il fronte Iraq 8. Riletture: Giuliana Sgrena, Fuoco amico 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. STORIE. ANCORA UN'ANTICA FAVOLA ORIENTALE La logica della guerra: chi ha le armi ordina, chi dispone di eserciti comanda, chi uccide decide. Il potere e' sempre e solo il potere di dare la morte. Il potere e' sempre e solo il potere della morte. La logica della guerra, che sempre e solo assassina l'umanita'. La logica della pace: non chi uccide qui ha voce in capitolo, bensi' chi salva le vite. Non chi uccide qui e' degno di ascolto, ma chi all'uccidere si oppone. La logica della pace: la voce e lo spazio dell'umanita'. * Non rappresentano nulla, se non la barbarie, quei foschi messeri che si incontrano alla corte imperiale. Poiche' a quella corte solo e' ammesso chi si prostituisce alla morte e se ne fa giannizzero, pretoriano, ministro; chi si prostituisce alla guerra; chi si dimentica che una e' l'umanita'. Quale pena, quale vergogna, quanto dolore, che somma empieta'. * Cosi' mi diceva Giufa', una volta, al pozzo. - E la favola? chiedevo io. - Non e' una favola, rispondeva. 2. APPELLI. UN APPELLO DI EMERGENCY [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente appello del 20 marzo 2007. Daniele Mastrogiacomo, giornalista, rapito due settimane fa in Afghanistan, e' stato liberato lunedi' Rahmatullah Hanefi, manager dell'ospedale di Emergency a Lashkargah, artefice fondamentale della salvazza della vita di Daniele Mastrogiacomo, e' stato sequestrato dai servizi segreti afgani. Adjmal Nashkbandi, l'interprete afgano che era stato rapito con Daniele Mastrogiacomo, sembra sia stato ora sequestrato dai servizi segreti afgani] Da piu' di 30 ore non si hanno notizie ne' di Rahmatullah Hanefi, manager dell'ospedale di Emergency a Lashkargah, ne' di Adjmal Nashkbandi, l'interprete afgano che era con Daniele Mastrogiacomo. Il primo dovrebbe essere stato liberato insieme a Daniele Mastrogiacomo, a detta dello stesso inviato de "La Repubblica" che lo ha visto allontanarsi libero dai loro carcerieri. Alcuni invece dicono che sia ancora nelle mani dei Talebani. Ha subito la stessa sorte di Rahmatullah Hanefi: nelle mani dei servizi di sicurezza afgani che lo detengono dalle 5,30 di martedi' mattina senza dare alcuna notizia sulla sua sorte. Lo hanno confermato, in modo informale, anche i Ros dei carabinieri che operano a Kabul. Un modo strano, magari afgano, per sentire una "persona informata sui fatti". La cosa importante e' che non cali l'attenzione sulla sorte di queste due persone, entrambe fondamentali in questa brutta storia finita bene, e che non cali in generale l'attenzione sulla realta' di un paese che non e' un pezzo di una carta geografica, ma un luogo reale dove milioni di persone stanno da decenni subendo la guerra. * Questo e' il comunicato di Emergency sulla scomparsa di Rahmatullah Hanefi, diramato martedi' mattina: "Questa mattina all'alba agenti della sicurezza afgana hanno arrestato il manager dell'ospedale di Emergency a Lashkargah, Rahmatullah Hanefi. Rahmatullah ha la sola colpa di avere fatto tutto il possibile per salvare vite umane in immediato pericolo. Emergency fa appello ai mezzi di informazione perche' sostengano con forza la liberazione di Rahmatullah Hanefi, che ha contribuito in modo determinante al rilascio di Daniele Mastrogiacomo". 3. AFGHANISTAN, ENRICO PIOVESANA: DANIELE A CASA, GLI ALTRI NO [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 21 marzo 2007. Enrico Piovesana, giornalista, lavora a "Peacereporter", per cui segue la zona dell'Asia centrale e del Caucaso; e' in Afghanistan in qualita' di inviato. Gino Strada, medico chirurgo impegnato in aree di guerra, fondatore dell'associazione umanitaria "Emergency", e' una delle voci piu' nitide e influenti del movimento pacifista italiano; tra le sue pubblicazioni: Pappagalli verdi, Feltrinelli, Milano; Buskashi', Feltrinelli, Milano] A ritardare il trasferimento di Daniele a Kabul, ieri, non sono state tanto le difficolta' a trovare un volo, che comunque non sono mancate, quanto gli inquietanti fatti avvenuti in mattinata a Lashkargah, dove Mastrogiacomo ha passato la sua prima notte da uomo libero, ospite in casa dello staff internazionale di Emergency. * Alle sei di mattina il trentacinquenne Rahmatullah Hanefi, capo del personale afgano e responsabile della sicurezza dell'ospedale di Emergency a Lashkargah, figura chiave nella trattativa che ha portato alla liberazione dell'inviato di "Repubblica", arriva nella casa di Emergency per concordare con Gino Strada le modalita' del trasferimento di Mastrogiacomo a Kabul. Uscendo, Rahmat - come lo chiamano tutti - si e' trovato davanti gli agenti dei servizi segreti afgani, che lo hanno caricato su una macchina e portato via. Dalla sede locale dei servizi, riesce a far fare una telefonata di nascosto a Gino Strada, perche' gli dicessero che era stato arrestato. * "Doveva essere una giornata di festa e di quasi tranquillita'", dice il chirurgo italiano precipitandosi alla sede della National Security di Lashkargah e al governatorato provinciale per protestare, chiedere spiegazioni e ottenere l'immediato rilascio del suo manager, dell'uomo senza il quale Daniele, oggi, sarebbe ancora in mano ai talebani. La trattativa con il mullah Dadullah infatti e' stata possibile solo grazie alla sua fondamentale opera di intermediazione telefonica. "E' una cosa grottesca e provocatoria - dice Gino Strada, furioso - che chi ha maggiormente contribuito alla liberazione di Daniele si trovi oggi arrestato dal governo afgano. L'unica colpa di Rahmattullah e' stata quella di essersi messo a disposizione per salvare le vite di due persone. Se questo e' un reato, allora si', e' colpevole, e lo sono anche io". Ma non c'e' stato verso: le autorita' afgane si sono rifiutate di rilasciare Hanefi. * Gino Strada chiama anche, per l'ennesima volta in questi giorni, l'ambasciatore italiano a Kabul, Ettore Sequi. Che subito si mette in contatto con i vertici dei servizi afgani. "Mi hanno spiegato - riferisce Sequi a Strada - che si tratta di una normale procedura per sentire una persona informata dei fatti nell'ambito dell'inchiesta che la magistratura afgana ha aperto sul caso Mastrogiacomo. Garantiscono che Hanefi verra' presto rilasciato. Hanno aggiunto - prosegue l'ambasciatore - che per lo stesso motivo anche l'inviato di 'Repubblica' verra' sentito dalle autorita' afgane al suo rientro in Italia". Normale procedura, insomma: non un arresto, nemmeno un fermo; solo una semplice richiesta di testimonianza. Meno normale appare pero' la scelta dei modi - l'arresto all'alba in mezzo alla strada e la detenzione prolungata - e dei tempi - proprio nel bel mezzo della delicata fase del trasferimento di Mastrogiacomo a Kabul. * Subito dopo, Strada e altri responsabili della ong italiana, tornando a casa dall'ennesima "missione diplomatica" di questi giorni, si trovano una folla di persone davanti alla casa di Emergency. Gente del posto, tra cui i parenti di Sayed Agha, l'autista afgano di Daniele Mastrogiacomo sgozzato dai talebani venerdi' davanti agli occhi dell'inviato, e quelli di Adjmal Nashkbandi, l'interprete di cui si sono perse le tracce. "Erano un centinaio di persone. Inizialmente erano tutti calmi, solo interessati ad avere notizie, da Mastrogiacomo, di Adjmal e Sayed, come se non credessero alla sua morte", racconta Luca, il logista di Emergency a Lashkargah. "Poi la situazione si e' fatta piu' tesa, hanno iniziato a lanciare roba verso la casa e qualcuno ha anche tentato di scavalcare il muro. In tutto questo, la polizia afgana non solo non e' intervenuta, ma se ne stava li' a ridere". * Poi e' tornata la calma, una calma carica pero' di preoccupazione per Hanefi. Per qualche ora, Gino Strada ha dovuto mettere da parte la faccenda del suo manager e amico afgano, per concentrarsi su come fare a portare Daniele a Kabul, visto che le normali linee aeree che volano dal capoluogo di Helmand a Kabul, la Pactec e U. N. non ne vogliono sapere di entrare in questa storia, nemmeno per trasportare Daniele. Un problema risolto solo dopo l'ora di pranzo, grazie alla collaborazione del governo italiano che ha messo a disposizione di Emergency un aereo. * Strada, Mastrogiacomo e altri operatori di Emergency sono decollati da Lashkargah nel pomeriggio, atterrando a Kabul verso le 19, dove tutti si aspettavano una conferenza stampa di Gino e Daniele, assieme all'ambasciatore italiano Sequi, all'ospedale di Emergency di Kabul. Invece Daniele, appena sceso dall'aereo, e' stato preso in consegna dagli uomini dell'intelligence italiana. E' salito su un Falcon del governo diretto a Roma. I magistrati che si occupano del suo sequestro, e anche la moglie di Daniele, Luisella, hanno molto insistito per averlo subito a casa. Gino Strada, tornato al suo ospedale, e' stravolto di stanchezza e non ha nemmeno piu' voce per parlare. "Quando Daniele e' decollato da Kabul ho sentito il presidente del consiglio dei ministri, Romano Prodi, che, dopo aver ringraziato ancora una volta Emergency, mi ha garantito che il governo italiano fara' di tutto per ottenere il rilascio di Rahmat da parte del governo afgano. Rahmat deve essere liberato subito, perche' non ci sono ragioni per trattenerlo. Faro' di tutto per farlo tornare a casa", dice il chirurgo con la voce ridotta ad un soffio. "Come faro' di tutto per capire che fine ha fatto Adjmal, l'interprete di Daniele, che e' stato liberato, ma di cui si sono perse le tracce. Chi dice che sono stati usati due pesi e due misure mente: noi abbiamo sempre chiesto, fin dall'inizio, di risparmiare le vite di tutti gli ostaggi. Tutte le vite hanno lo stesso valore". 4. MAESTRE. EMILY DICKINSON: LA LEGGE [Da Emily Dickinson, Lettere, Bompiani, Milano 2000, p. 296. E' un frammento da una lettera alla signora Holland di fine autunno 1884. Emily Dickinson visse ad Amherst, Massachusetts, tra il 1830 e il 1886; molte le edizioni delle sue poesie disponibili in italiano con testo originale a fronte (tra cui quella integrale, a cura di Marisa Bulgheroni: Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005; ma vorremmo segnalare anche almeno la fondamentale antologia curata da Guido Errante: Emily Dickinson, Poesie, Mondadori, Milano 1956, poi Guanda, Parma 1975, e Bompiani, Milano 1978; e la vasta silloge dei versi e dell'epistolario curata da Margherita Guidacci: Emily Dickinson, Poesie e lettere, Sansoni, Firenze 1961, Bompiani, Milano 1993, 2000); per un accostamento alla sua figura e alla sua opera: Barbara Lanati, Vita di Emily Dickinson. L'alfabeto dell'estasi, Feltrinelli, Milano 1998, 2000; Marisa Bulgheroni, Nei sobborghi di un segreto. Vita di Emily Dickinson, Mondadori, Milano 2002] La Legge e' capace di sospirare? 5. LIBRI. IVAN TASSI PRESENTA LE "MEMORIE" DI SERGEJ EJZENSTEJN [Dal quotidiano "Il manifesto" del 14 marzo 2007. Dalla stessa fonte riprendiamo anche la seguente postilla bibliografica "Chi desiderasse proseguire la ricerca sui metodi di regia messi a punto da Ejzenstejn potrebbe rivolgersi all'ampio ventaglio dei suoi scritti teorici. Presso l'editore Marsilio, sotto la cura di Pietro Montani, e' attualmente in corso l'edizione delle Opere scelte del regista russo: tra i volumi gia' pubblicati figurano testi di importanza decisiva, come La regia, Teoria generale del montaggio, La natura non indifferente, Stili di regia (in cui le tecniche della messa in scena vengono affiancate alle strategie narrative di Leskov, Zola, Dumas, Dostoevskij), Il colore e Il movimento espressivo, dedicato al teatro. Fra i testi in attesa di pubblicazione e' annunciata la raccolta di scritti sul cinema In primo piano e Il metodo dell'arte. Altrimenti, chi tentasse di scampare alle eventuali trappole disseminate nei libri del regista potrebbe cercare riparo nell'occhio distaccato del suo eccellente biografo Victor Sklovskij: Sua maesta' Ejzenstejn. Biografia di un protagonista, e' stato tradotto e pubblicato nel 1974, presso l'editore De Donato". Ivan Tassi e' traduttore e saggista. Sergej Michajlovic Ejzenstejn nacque a riga nel 1898, e si spense nel 1948. Regista cinematografico di cultura vastissima, uomo ardentemente impegnato per la liberazione dell'umanita', e' ad un tempo tra i fondatori ed i vertici dell'arte cinematografica, cosicche' di lui puo' dirsi cio' che Leopardi scrisse di Omero, essere il primo e il principe dei poeti. Opere di Sergej Ejzenstejn: dal punto di vista che qui piu' ci interessa, segnaliamo ovviamente La corazzata Potemkin e l'episodio di rivolta e repressione nell'incompiuto Que viva Mexico!; il dittico realizzato della progettata trilogia su Ivan il terribile e' anche una descrizione corrusca del potere come crimine. Per quanto riguarda l'opera teorica e didattica la casa editrice Marsilio di Venezia sta procedendo alla pubblicazione in traduzione italiana dell'opera omnia di Ejzenstejn. Opere su Sergej Ejzenstejn: per una prima introduzione e' ancora utile il volume di Aldo Grasso, Sergej M. Ejzenstejn, Il Castoro Cinema. Cfr. anche l'agile profilo di Morando Morandini, S. M. Eisenstein, C.E.I., Milano 1966] C'e' un capitolo di Underworld, romanzo-epopea di Don DeLillo, in cui i lettori sono invitati ad assistere a una singolare proiezione. Nella sala gremita del Radio City Music Hall di New York, sotto gli occhi ammirati dell'artista e pittrice Klara Sax, sfilano le immagini meticolosamente restaurate di Unterwelt, un leggendario, perduto film di Sergej Ejzenstejn. Klara, che ignora buona parte delle vicissitudini biografiche del regista russo, si limita a immaginarlo all'epoca delle riprese in Germania con il suo "testone rotondo, gli arti un po' rachitici" e i ciuffi di capelli "da clown" sul capo, mentre scambia "pettegolezzi hollywoodiani" coi travestiti, in qualche bettola della "Berlino bisessuale". A commuoverla e conquistarla, scena dopo scena, e' piuttosto la sua pellicola: quello strano, oscuro e pesante insieme di immagini, senza trama, spesso contraddittorio e "difficile da seguire", riesce a stamparsi nella mente della spettatrice, grazie ai suoi "eccessi di formalismo" e al suo "metodo di caratterizzazione immediata", come il disegno di un tessuto. * Grandi margini di manovra Chi cercasse di recuperare notizie su Unterwelt e sul suo metodo di composizione nelle Memuary di Sergej Ejzenstejn - da poco ripubblicate sotto il titolo Memorie. La mia arte nella vita (a cura di Ornella Calvarese, Marsilio, pp. 716, 38 euro) - rimarrebbe tuttavia spiazzato, dal momento che il film, frutto del genio visionario di DeLillo, appartiene appunto al territorio della finzione. Le ricerche di un inconsapevole lettore, ciononostante, non risulterebbero del tutto fuori luogo o sprovviste di logica. E non solo perche' questa nuova edizione italiana si impegna a tradurre l'intera compagine dell'impresa autobiografica, ma anche perche' le Memuary rappresenterebbero l'itinerario privilegiato per conoscere e riportare alla luce informazioni, tecniche, strategie di montaggio, segreti e aneddoti sul mestiere del regista e sulla gestazione delle sue opere: sarebbe insomma tra le loro pagine che - stando a quanto lo stesso Ejzenstejn si affretta a prometterci fin dall'introduzione - i lettori potrebbero scoprire "come si diventa Ejzenstejn". Cominciate nel 1946, e interrotte dopo due anni di lavoro febbrile, quando Ejzenstejn venne stroncato da un attacco cardiaco, le Memuary si rifanno a una nobile e antica tradizione. Il loro genere letterario - diceva Paul Verlaine ancora nel 1886 - costituisce un raccoglitore elastico, vasto, onnicomprensivo, dove chi dice io, proponendosi come imparziale testimone e ritrattista di un'intera epoca, ha l'occasione di riversare di tutto e di piu', e di scrivere, come ricordera' in seguito anche Virginia Woolf, in un'enorme quantita' di modi. Ed e' proprio grazie a questa provvidenziale ampiezza di margini di manovra se Ejzenstejn potra' servirsi di un peculiare sistema narrativo, che gli consentira' di spingersi a fondo e di raccontarci in maniera esaustiva i retroscena della sua carriera. A questo scopo, le Memuary ci portano a curiosare nei meandri del passato del cineasta, a girovagare - con agio e senza meta prestabilita - nell'universo dei suoi ricordi, secondo il metodo (di derivazione freudiana) delle libere associazioni formulato sulla soglia del testo: "iniziando una pagina, un paragrafo, o persino una frase, non so dove mi portera' il seguito. Lascio che il materiale emerga dalle profondita' del mio bagaglio personale, che le testimonianze dei fatti provengano dall'esperienza personale", senza soluzione di continuita'. C'e' allora il pericolo che il racconto, pronto ad accatastare nel deposito della pagina autobiografica un ammasso eterogeneo e inesauribile di ricordi in libera espansione, non costituisca - come vorrebbe Ejzenstejn - un "avvincente e avventuroso viaggio", bensi' un libro forse prolisso, aperto alle molteplici vie di fuga di una interminabile catena di digressioni analogiche. Un libro, per certi versi, anche "immorale": ma non certo perche' - come torna a garantirci l'introduzione - si diletta nel confessare particolari piccanti, sul modello delle (auto)biografie del jet set hollywoodiano; quanto in virtu' del fatto che all'interno delle Memuary non esiste alcun dispositivo capace di attenuare il narcisismo dell'io, e di abolire in qualche modo il suo atteggiamento piu' provocatorio: la posa di chi, esaudendo la propria innata vocazione didattica, non esita a proporsi agli occhi dei lettori come un maestro leggendario, e assieme al suo passato di trionfi, lotte, geniali creazioni e prestigiosi incontri, non smette di rimirarsi compiaciuto per pagine e pagine in uno specchio autobiografico di cui e' il solo a determinare i principi di riflessione e funzionamento. * Nei meandri di una vita Puo' anche darsi che, per giunta, la lezione del maestro generi un'ardua sovrapposizione degli elementi biografici, e proprio come accadeva con l'immaginario Unterwelt, finisca per rivelarsi troppo difficile da seguire. Sappiamo che Sergej Ejzenstejn, nato a Riga nel 1898, comincio' a prestare servizio come aiuto-regista al teatro d'avanguardia Proletkul't, sotto la guida del maestro Mejerchol'd, dopo aver partecipato alla rivoluzione russa militando nelle file dell'Armata Rossa. Il suo esordio alla regia cinematografica avvenne con Sciopero (1925); ma a renderlo famoso in tutto il mondo fu La corazzata Potemkin (1926) che narra un episodio di ammutinamento occorso durante i moti rivoluzionari del 1905. Quando i film successivi - Ottobre dedicato alla Rivoluzione del '17, e Il vecchio e il nuovo, sulla situazione delle campagne, vennero osteggiati dalla critica di regime per una supposta mancanza di partecipazione ideologica, e per eccesso di sperimentalismo formale, Ejzenstejn decise di accettare incarichi in Europa e a Hollywood. Ricevuto con entusiastica devozione, giro' in Messico buona parte di un film storico-documentario - Que viva Mexico! - che tuttavia, a causa di una incomprensione contrattuale all'inizio del 1932, non venne mai concluso. * L'accusa di leso realismo Una volta tornato in Unione Sovietica, Ejzenstejn continuo', del resto, a subire fino alla morte soprusi e persecuzioni: alterno' epopee registiche di grande successo sulla storia russa - come Alexandr Nevskij e la prima parte di Ivan il Terribile - a collaborazioni di servizio, come la messa in scena della Valchiria di Wagner, nel 1940, al teatro Bol'soj, ma anche a pellicole, come l'incompiuto Prato di Bezin, ispirato a Turgenev, e La congiura dei boiardi, seconda parte dell'epopea sullo zar Ivan. Film, questi, tutti poco graditi al partito, pronti a suscitare i malumori di Stalin e dei responsabili del cinema sovietico, che non esitarono a condannarli, o a distruggerli con l'accusa di leso realismo. C'e' da ammettere, pero', che il lettore privo di questa basilare griglia di coordinate biografiche (reperibili sul Dizionario universale del cinema), quando entra a contatto coi Memuary corre il pericolo di smarrirsi, e di precipitare in un labirinto di evocazioni che si susseguono l'una all'altra senza fornire l'utile bussola della successione cronologica. E' vero che Ejzenstejn mette a nostra disposizione il sottile filo d'Arianna dell'analogia, mediante il quale potremmo pur sempre riguadagnare una via d'uscita. Dal suo racconto manca in ogni caso la suspense, disinnescata da una struttura che vagabonda di ricordo in ricordo e sembra dilettarsi nella libera combinazione di avvenimenti, idee, visioni, incontri, realizzazioni, progetti. E per quante inaspettate scoperte Ejzenstejn ci assicuri, ad attenderci troveremo l'affascinante caos di una narrazione dove qualsiasi gerarchia tematica risulta abolita, e dove reminiscenze personali - come un ramo di ciliegio o di lilla', un carciofo, un negozio di giocattoli - finiscono sullo stesso piano degli insegnamenti di Mejerchol'd, delle preziose note relative alle riprese di Potemkin o di Ottobre, delle riflessioni sulla tecnica dei formalisti russi, o degli incontri fra il regista e Stefan Zweig, Pirandello, Greta Garbo o Charlie Chaplin. La scommessa - si difende ad ogni modo Ejzenstejn - e' un'altra. Non si tratta di ordinare i materiali della vita e di costruire una storia che tenga sulle spine l'uditorio. Si tratta semmai di riprodurre sulla carta un'enorme congerie di pensieri, altrimenti destinata a dissolversi con la morte del regista: bisogna smontare il passato, farlo scorrere sulla pagina utilizzando e alternando le tecniche narrative (primi piani, sequenze, campi lunghi o anche semplici fotogrammi) gia' sperimentate in campo cinematografico. Per poi ricercare le radici di un destino d'artista nell'infanzia dell'io, e nel suo rapporto col padre - un architetto di Riga, divenuto in seguito consigliere di stato - in base al modello appreso sui testi della psicoanalisi (in particolare fra le pagine di Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci, terminato da Freud nel 1910 e studiato da Ejzenstejn durante l'adolescenza). * Non tutto e' svelato Ma come non accorgersi, a questo punto, degli svariati e ingegnosi trabocchetti che un simile circuito autobiografico e' pronto a far scattare sotto i nostri passi? A cominciare dall'adozione dello stesso metodo "freudiano". Eleggendolo, Ejzenstejn ci chiede di trasformarci in psicoanalisti, di situarci alle spalle dell'autobiografo sdraiato su un ideale lettino, e di ascoltarlo - come insegnava Freud - con "attenzione fluttuante", mentre snocciola uno dopo l'altro tutti i ricordi e le osservazioni che gli passano per la mente. Ci chiede inoltre di dimenticarci che, una volta assunto un simile ruolo, rimarremo comunque in una situazione di svantaggio nei confronti dello scrittore analizzato; e di trascurare dunque il fatto che rispetto allo psicoanalista noi lettori di autobiografie non potremo dialogare concretamente con chi dice "io" tra le righe del testo, non avremo modo di ricondurlo sui suoi passi per far scattare lapsus o contraddizioni rivelatrici, e saremo invece obbligati ad adeguarci a un flusso narrativo imposto con implacabile, coercitiva autorevolezza. Un flusso di pensieri che, se non bastasse, non serve a chiarire l'arcano della creazione artistica, ma arretra di fronte ai suoi nuclei piu' incandescenti o ne infittisce i misteri. Ejzenstejn, infatti, non ci racconta "tutto": con una abile strategia di aggiramento, si preoccupa invece di allontanare dalla sonda investigativa della scrittura autobiografica ogni richiamo a quella sfera sessuale in cui Freud - proprio nel Leonardo - aveva ricercato la radice del genio. E quando poi si decide a inquadrare gli oggetti del passato, e a mettere a fuoco i processi creativi, fa ricorso ai metodi di indagine di quella stessa psicoanalisi che - come ha ricordato Lavagetto, in Freud, la letteratura e altro - aveva in fin dei conti ammesso di non riuscire a spiegare "ne' il genio di un autore (il suo 'dono meraviglioso'), ne' i mezzi e le tecniche con cui vengono realizzate le opere d'arte". * Quel che disse Sklovskij Non c'e' allora da sorprendersi se, a lungo andare, saranno proprio le meticolose spiegazioni tecniche dei Memuary, determinate a farci penetrare nei segreti del metodo di montaggio, che finiscono per confondere le piste, e per complicare sorprendentemente la nostra ricognizione: "lo sapete o no - replica beffardamente Ejzenstejn - che il modo piu' sicuro per nascondere e' di rivelare fino in fondo?!". Come se l'autobiografia costituisse un velo di sillabe, parole, frasi con cui Ejzenstejn/Narciso, intento a ordire una strategia di protezione della propria immagine, occulta, confonde e ricopre il riflesso dello specchio, in onore alla convinzione - gia' formulata da Nietzsche - che "parlare molto di se' puo' anche essere un mezzo per nascondersi". Ecco "l'immoralita'" che ci era stata preannunciata: quella di un percorso autobiografico che non serve a nessun altro che al suo autore, e che ci rende, a tutti gli effetti, girovaghi, perdigiorno, flaneurs nel prodigioso, vulcanico groviglio della mente di un genio. Sta a noi, a questo punto, saperci destreggiare tra le contraddizioni sistematiche pronte ad animare e sostenere - come ha detto una volta Viktor Sklovskij - il complesso del suo pensiero: "la figura di Ejzenstejn - continua Sklovskij in Sua maesta' Ejzenstejn, biografia di un protagonista - non si puo' ne' rifiutare ne' accettare in blocco. Non si aspettava, ne' desiderava, che si fosse d'accordo con lui. Voleva che si pensasse con lui. Camminava conversando in mezzo a una folla che non lo capiva pienamente, ma finira' per comprenderlo". 6. RILETTURE. GIULIANA SGRENA: ALLA SCUOLA DEI TALEBAN Giuliana Sgrena, Alla scuola dei taleban, Manifestolibri, Roma 2002, pp. 176, euro 9,50. Un libro la cui lettura vivamente raccomandiamo. 7. RILETTURE. GIULIANA SGRENA: IL FRONTE IRAQ Giuliana Sgrena, Il fronte Iraq. Diario di una guerra permanente, Manifestolibri, Roma 2004, pp. 184, euro 12,50. Una testimonianza diretta, un'analisi sul campo. 8. RILETTURE. GIULIANA SGRENA: FUOCO AMICO Giuliana Sgrena, Fuoco amico, Feltrinelli, Milano 2005, pp. 160, euro 12. L'esperienza del rapimento, un'intensa riflessione. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 36 del 22 marzo 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html e anche alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: Minime. 35
- Next by Date: Nonviolenza. Femminile plurale. 94
- Previous by thread: Minime. 35
- Next by thread: Nonviolenza. Femminile plurale. 94
- Indice: