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Minime. 30
- Subject: Minime. 30
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 16 Mar 2007 01:01:52 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 30 del 16 marzo 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Hannah Arendt: Ci siamo accorti 2. Giovanni Bastianini: Un contributo al dibattito sul servizio civile 3. Amelia Rosselli: Contiamo infiniti cadaveri 4. La "Carta" del Movimento Nonviolento 5. Per saperne di piu' 1. MAESTRE. HANNAH ARENDT: CI SIAMO ACCORTI [Da Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, Edizioni di Comunita', Milano 1967, 1996, pp. 410-411. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l ’anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell’edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004, e la recente Antologia, Feltrinelli, Milano 2006. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000] Ci siamo accorti dell'esistenza di un diritto ad avere diritti (e cio' significa vivere in una struttura in cui si e' giudicati per le proprie azioni e opinioni) solo quando sono comparsi milioni di individui che lo avevano perso e non potevano riacquistarlo a causa della nuova organizzazione globale del mondo. 2. DIBATTITO. GIOVANNI BASTIANINI: UN CONTRIBUTO AL DIBATTITO SUL SERVIZIO CIVILE [Attraverso Antonino Drago (per contatti: drago at unina.it) riceviamo - e riportiamo pressoche' integralmente - il seguente documento di Giovanni Bastianini del 31 gennaio 2007, apparso anche nel sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org). Giovanni Bastianini e' responsabile nazionale per il servizio civile del Dipartimento della protezione civile] Lettera aperta al Governo, al Direttore dell'Ufficio nazionale per il servizio civile e ai suoi collaboratori, alle Regioni interessate e a quelle trascinate ad occuparsene, ai rari politici che seguono questa vicenda, agli enti della Consulta e della Consulta nazionale degli enti di servizio civile, agli Enti accreditati a prescindere dalla casta loro attribuita, ai volontari in servizio civile e ai loro rappresentanti, a quanti si occupano di servizio civile oppure occupano il servizio civile ovvero lo usano, come "Contributo al dibattito sul servizio civile" (che non c'e' ma sarebbe assai utile se ci fosse; il dibattito, dico). * 1. Cos'e' il "servizio civile"? Come tutti sappiamo, per il lungo periodo durante il quale a prestare servizio civile sono stati solo gli obiettori di coscienza nessuno ha sentito il bisogno di dare una definizione al concetto stesso di servizio civile. Del resto, il bisogno non c'era, dal momento che si trattava soltanto di assicurarsi che le attivita' svolte dagli obiettori non avvenissero con mezzi e strumenti "militari": qualsiasi azione, progetto, forma di impiego andava bene purche' rispettasse quest'unica clausola. Se per prestare servizio non si frequentavano mitra e cannoni, andava bene, ed era tutto cio' che allora occorreva sapere. Per "servizio civile", stando cosi' le cose, si intendeva semplicemente l'insieme delle attivita' svolte dagli obiettori: questa semplicita' definitoria, ricavata per differenza da cio' che era "armato e militare", non ha creato problemi finche' "servizio civile" era espressione breve della piu' lunga "servizio civile degli obiettori di coscienza". Con la nascita del servizio civile volontario, dove il "servizio civile" non poteva piu' essere ricavato in maniera residuale - qualsiasi cosa, qualsiasi attivita' e progetto purche' non armato e non militare - e' diventato necessario cercare di definire con una qualche maggiore precisione cosa lo Stato italiano intendesse per servizio civile, diventato un "anno riempito di attivita' varie" da proporre alla libera scelta delle ragazze e poi anche dei ragazzi di questo Paese. Il tentativo fatto non e' riuscito benissimo, per la fretta assoluta e la mancanza di una tradizione culturale alle spalle dalla quale gli estensori della norma potessero attingere. Il meglio che si e' pensato, elencando alcuni "ingredienti" ritenuti utili al confezionamento del prodotto "servizio civile", e' stato sintetizzato nell'articolo 1 della legge 64. La sommatoria di elementi diversi, alcuni "primari", altri probabilmente solo accessori, ha diluito la sinteticita' necessaria ad una definizione. Su questa difficolta' di dire in sintesi cos'e' il servizio civile si e' mantenuta ben salda la tradizione, gia' solida al tempo degli obiettori, di affidare a ciascun ente interessato la liberta' di decidere in proprio cosa sia il servizio civile, rispettando ancora una volta solo i confini del concetto, che da un lato si arresta alla soglia di qualsiasi cosa sia militare ed armata, e dall'altra obbliga a non sconfinare nel mondo delle attivita' con fini di lucro. Cosi' oggi e' appurato, in generale, che per servizio civile si intendono attivita' non armate, e che non si puo' prestare servizio civile presso un soggetto che, per natura giuridica, sia "profit". Per maggior sicurezza, lo stesso articolo 1 della legge istitutiva indica i settori o le aree di intervento suscettibili di essere oggetto di interesse di enti e volontari: sono le stesse del "vecchio" servizio civile, con la sola botta di creativita' parlamentare che aggiunge alla lista l'agricoltura nelle zone montane (forse perche' si considera che una tale attivita', comunque gestita, non possa dare alcun profit a chi vi si dedica). * 2. La Difesa della Patria, concetto di proprieta' della sola Corte Costituzionale? Eppure, gia' nell'articolo 1 della legge e' contenuto un elemento diverso dagli altri, adatto ad una definizione sintetica e chiara, quando si fa riferimento alla difesa della Patria. Cos'e' il servizio civile? Un anno dedicato alla difesa della Patria, con mezzi ed attivita' non militari. Basterebbe questa sola riga a "spiegare" il fondamento teorico del concetto di servizio civile, a fornire il principio costitutivo, il fondamento sul quale mettersi a progettare e costruire un "servizio civile" che risponda in pieno alla definizione. A ribadire la centralita' di questo comma dell'articolo 1 della legge 64 ha provveduto, nel 2004, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 228: il servizio civile nazionale e' di competenza esclusivamente statale, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, proprio perche' riguarda attivita' che concernono la "difesa", che evidentemente non e' materia delegata o concorrente. Di fatto, con quella sentenza, la Corte ha stabilito un parallelismo tra il Ministero della Difesa, competente per la "difesa militare", e l'Ufficio nazionale per il servizio civile, competente per la difesa della Patria con mezzi ed attivita' non militari. Se si prende sul serio questo contenuto primario e specifico del servizio civile, si aprono diverse linee da approfondire ed articolare, per dare al concetto di difesa della Patria con mezzi non militari le gambe di una reale concretezza. Ma nessun dibattito si e' aperto sul concetto indicato come fondamento del servizio civile nazionale dalla Corte Costituzionale. Non e' accaduto nulla, se non qualche modesta e privata espressione di quanti lavorano all'Ufficio nazionale per il servizio civile perche' la loro struttura non e' stata dichiarata ente inutile, dal momento che la acclarata competenza esclusivamente statale sulla materia "difesa" gli garantiva la sopravvivenza, e il disappunto di qualche esponente regionale per nulla convinto dei contenuti della sentenza e disponibile a cercar di riprendersi il servizio civile in altri modi ed in altre occasioni. Accanto all'Ufficio nazionale per il servizio civile una serie di enti, soprattutto quelli nazionali e storici del servizio civile, hanno applaudito alla sentenza questa volta per ragioni di condivisione ideale con le scelte della Corte, ma questo non si e' tradotto in nessuna iniziativa che ponesse al centro del dibattito la necessita' di dare al concetto di difesa della Patria, assolutamente teorico, una traduzione pratica efficace. Si e' preferito, ancora una volta, far riferimento, in termini generici, al bagaglio di esperienze maturate con il servizio civile degli obiettori di coscienza, come se queste potessero essere considerate univoche, tanto qualificate da qualificare anche il nuovo servizio civile su base volontaria. A dar giustificazione al tutto, l'urgenza di procedere in fretta, rapidamente, sollecitamente, per non perdere lo scaglione, per non frenare la crescita del Servizio civile nazionale, per recuperare i ritardi... Non e' la prima volta che accade, nell'esperienza di ciascuno di noi, di incontrare situazioni, persone, organizzazioni, che manifestano il disagio di pensare in termini strategici aumentando a dismisura le cose da fare, le urgenze, gli impegni indifferibili, cercando in un primato della pratica la supplenza a un difetto di pensiero. Ma prima o poi, se non ci si da' il tempo di studiare il percorso, ci si perde. * 3. Difesa della Patria in termini "civili": un concetto fastidioso? C'e' un altro problema: il concetto di Patria a molti risulta fastidioso. Nonostante la paziente didattica che Carlo Azeglio Ciampi ha profuso per l'intera durata del suo settennato per riaccreditare la "Patria", l'amor di Patria, il servizio alla Patria presso gli italiani, "Patria" resta un termine ostico a molti, per qualcuno superato se non obsoleto, per molti del tutto avulso dalla propria tradizione culturale. Del resto il clima che caratterizza la cultura dominante non sa che farsene della Patria, avendo al centro il solo individuo che considera il mondo, altri esseri umani compresi, solo un serbatoio di opportunita' da sfruttare o di vincoli da superare. Patria e' termine escluso dal linguaggio e dalla tradizione della sinistra, sia quella tradizionale, ancora idealmente radicata nell'internazionalismo costitutivo di quel pensiero, sia quella moderna o postmoderna, cresciuta lungo percorsi e periodi che tutto avevano a cuore tranne lo Stato, la Nazione, la Patria, tutte considerate segmentazioni improprie ed inadeguate per cogliere la realta' dei tempi nostri. Solo ogni tanto, negli ultimi tempi, qualcuno si e' posto il problema della sconvenienza di lasciare il monopolio dell'idea alla tradizione della subcultura di destra piu' tradizionalista, ai ricordi dei reduci di El Alamein e ai tanti che possono essere accomunati nella categoria dei "nostalgici", che mette insieme giovani e vecchi e persone che alla fine hanno nostalgia di cose assolutamente diverse tra loro. Il pensiero pacifista piu' intelligente, poi, si e' confrontato spesso con il tentativo di passare dall'individuo alla persona, e dalla persona a dimensioni universalistiche. Altre scuole di pensiero, sia cattoliche che laiche, sono arrivate ad una riconsiderazione della dimensione sociale e comunitaria dell'essere umano, alla necessita' del servizio e della solidarieta', ma senza sentire il bisogno di immaginare la traduzione di questi valori entro confini geografici e valoriali precisi. Per molti, alla fine, Patria era ed e' un concetto inutile ad esprimere sia gli orientamenti della vita quotidiana sia le prospettive future per se' e per gli altri di cui ci si occupa. Difesa della Patria, infine, risulta per i piu' un concetto eccessivamente compromesso dall'uso abituale di questa espressione, che rimanda quasi inevitabilmente ad una attivita' propria delle Forze Armate. Se si vuole conferma della assoluta mancanza di lavoro teorico attorno all'idea di Patria come soggetto per il quale spendersi in termini di difesa, basta chiedere ai volontari che hanno prestato servizio cosa pensano della Patria, se si riconoscono nel concetto, se la difesa della Patria stava tra le motivazioni che li hanno spinti ad affrontare questa esperienza e questa scelta: credo francamente che le risposte positive si potrebbero ricordare a memoria, per la loro scarsa frequenza. * 4. Conseguenze In sintesi, l'Ufficio nazionale, le Regioni, gli stessi enti ed anche i giovani hanno preferito farsi carico della sentenza della Corte Costituzionale per le sue conseguenze organizzative, di ripartizione di compiti e competenze, anziche' esplorare le potenzialita' del concetto di "difesa della Patria con mezzi non militari". Il passato Governo e' arrivato cinicamente a insediare ufficialmente un gruppo di persone incaricate di lavorare attorno all'idea di difesa non armata e nonviolenta: come a dire, in attesa che i saggi ci dicano cos'e' questa benedetta difesa della Patria "non militare", andiamo avanti sulla base dell'esperienza passata e delle convenienze di oggi. Il cinismo dell'operazione a mio avviso consiste nell'aver scaricato completamente la responsabilita' di interpretare correttamente il concetto di difesa della Patria con mezzi civili, che risulta essere l'obiettivo e la finalita' propria e specifica della costruzione legislativa e poi amministrativa del servizio civile nazionale, su un gruppo di esperti e saggi "terzi" rispetto ai soggetti coinvolti nel servizio civile, vincolandoli nel loro lavoro alla tradizione del pensiero pacifista e nonviolento, che non e' mai uscito, nella sua storia, da una condizione di sparuta minoranza culturale. Resta invece vero, a mio avviso, che la responsabilita' di fornire risposte non banali alla domanda: chi difende la Patria con mezzi non militari, facendo cosa e come? resta in capo a tutti i soggetti impegnati nel servizio civile, senza alcuna esclusione. Anche perche' le conseguenze di questa dismissione di responsabilita' sono evidenti, e non di segno positivo. * 5. Mettendo da parte la difesa della Patria, come normare il Servizio civile nazionale? La rinuncia a cercare una risposta adeguata all'oggi al concetto di difesa della Patria con mezzi non militari, che fosse ad un tempo approfondita, partecipata e condivisa, ha creato le condizioni per "allungare il brodo" del servizio civile. Se l'elemento portante dell'articolo 1 della legge istitutiva resta privo di contenuti reali e di riferimenti pratici ed operativi, e' logico prevalgano gli altri ingredienti affastellati nello stesso articolo, dall'attuazione dei principi di solidarieta' sociale alle finalita' di "partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio della nazione" alla formazione civica, sociale e professionale dei giovani. Agricoltura di montagna a parte, nei commi da b) ad e) del primo articolo della legge 64 c'e' di tutto e di piu', c'e' una griglia nella quale chiunque si puo' riconoscere. Se sei un'amministrazione pubblica o un soggetto non profit, e lavori direttamente o indirettamente per una qualsiasi delle finalita' indicate in quei commi, le strade del servizio civile ti sono aperte. Per ridurre il potenziale universo degli enti che propongono servizio civile senza garanzie, queste sono state cercate e costruite attraverso due percorsi che alla fine si sono incontrati: quello dell'accreditamento degli enti, da un lato, e quello dei criteri di approvazione dei progetti di servizio civile, dall'altro. Tutti e due i percorsi hanno ottenuto i risultati di qualsiasi norma che si ponga come obiettivo quello di separare il grano dal loglio, come si diceva una volta: le norme si allungano, si infittiscono, si aggrovigliano, ma non riescono mai a impedire che il male si mischi col bene. Basta pensare a qualsiasi tipo di normativa, da quella sanitaria, dove la stessa norma e' all'origine di sistemi sanitari efficaci e "in nero" e a sistemi che mettono a rischio la vita degli utenti riuscendo contemporaneamente a produrre voragini nei bilanci, a quella antimafia, che non impedisce ai mafiosi di farsi promotori di cooperative sociali per non perdere il controllo dei loro beni sequestrati. Lo abbiamo imparato nei giorni scorsi grazie al convegno organizzato a Roma da don Ciotti. Come sempre, non e' la complicazione delle norme a fornire garanzie, ma la partecipazione, il controllo dal basso, il controllo istituzionale effettuato in modi efficaci, la chiarezza delle sanzioni e la loro effettiva applicazione. Per il servizio civile non puo' che essere cosi', come per tutto il resto delle dimensioni e delle realta' della nostra vita. * 6. La soluzione all'italiana: mediamo sugli interessi E' gia' difficile, nel nostro Paese, circoscrivere e limitare il gruppo degli utenti reali o potenziali di qualsiasi flusso, ancorche' modesto, di denaro pubblico. Se si guarda un qualsiasi terremoto, o una qualsiasi alluvione, stupisce sempre constatare come le prime relazioni tecniche riferiscano di danni in dieci Comuni, mentre le norme che stabiliscono i contributi e i rimborsi ne riguardano sempre almeno cinquanta. Anche questa, da noi, e' politica, per molti solo questo e' la politica. Non c'e' da stupirsi pertanto che anche il servizio civile, con le sue risorse minuscole - se resta valido il parallelo col Ministero della Difesa sul piano della dignita' costituzionale, e' anche vero che il direttore dell'Ufficio nazionale per il servizio civile dovrebbe inalberare, vista la differenza di risorse a disposizione, le sue insegne al massimo su un'Ape Piaggio usata, anche se blu - sia diventato un terreno di confronto e di dispute sulla base degli interessi dei partecipanti al sistema: interessi economici, politici, strategici, tattici, di convenienza momentanea o durevole, senza distinzione alcuna. La soluzione che il nostro sistema politico porta connaturata nel suo stesso dna, a questo punto, e' stata facile: di fronte ad interessi diversi, compresi i miei - magari, questi ultimi, non detti - si avvia una sana attivita' di mediazione. C'e' sempre posto per tutti, nobili e plebei, onesti e disonesti, grandi e piccoli, "valori" altisonanti e valori bollati, lo sappiamo a priori: la mediazione serve esattamente ad ottenere questo risultato. Come sempre, i partecipanti ad una attivita' di mediazione non sono obbligati ad abbozzare fin dal primo momento: c'e' spazio per proclami, invettive, gesti plateali, incontri riservati, indignazioni vere o presunte, abbandono di tavoli o creazione di altro simile mobilio, proposte, riavvicinamenti, alleanze rotte o create ex novo, etc., tutto l'armamentario che anche un partecipante alle riunioni di condominio conosce. Ma nessuno lascia volentieri il suo ruolo di partecipante al processo: esserci e' gia' un risultato, da ottimizzare e quantificare nel corso dei lavori. Non a caso le discussioni piu' accese vertono sulle procedure della mediazione e la loro correttezza, e sono particolarmente vive quando si tratta di far posto a nuovi interlocutori: per definizione l'unico vero rischio di una mediazione e' esserne esclusi. La mediazione c'e' stata e c'e': il risultato e' la situazione attuale, un sistema di servizio civile con dentro enti accreditati che rispondono tutti in modo piu' o meno "fisiologico" ai criteri dell'accreditamento, progetti approvati sulla base di criteri oggettivi, ed esclusivamente in base a quelli, l'allargamento delle risorse economiche ottenuto grazie alla minaccia di alcuni esclusi di bloccare il lavoro di tutti, la minaccia di veder crollare il sistema finanziato di volta in volta con la legge finanziaria. I primi a non credere che il servizio civile sia la difesa della Patria con mezzi non militari sono il Governo e il Parlamento, che pure hanno varato e approvato la sua istituzione, che pure non smettono mai di trattare con i guanti bianchi la Corte Costituzionale, probabilmente non per il valore delle sue sentenze e per il contributo dato alla manutenzione costante della legge che ci tiene insieme come cittadini italiani, ma si direbbe soprattutto perche' un pronunciamento negativo della Corte obbliga a rifare faticose istruttorie, di fatto a ricominciare daccapo. O non credono che il servizio civile sia "la" difesa della Patria con mezzi non militari, o non credono che una tale difesa aggiuntiva possa servire a qualcosa: in entrambi i casi il servizio civile non e' affatto riuscito a mettersi al riparo, grazie alla sua dignita' costituzionale cosi' solennemente riaffermata e sancita, dal trattamento normale riservato a tante delle materie nelle quali il servizio civile si puo' esercitare: se avanzano soldi, ben volentieri, altrimenti... e via con la retorica dei tempi duri, dei vincoli europei, della congiuntura, di tutti gli argomenti usuali per dichiararti affetto e non spendere un soldo per dimostrarlo. * 7. Il nuovo Governo Dopo la gestione degli interessi fatta con cura e con qualche soddisfazione, per alcuni almeno tra i portatori degli interessi medesimi, dal precedente Governo, con l'arrivo del Governo Prodi il servizio civile finisce nella lista delle materie affettate e suddivise per creare abbastanza competenze da consentire ad una coalizione insolitamente numerosa ed esigente di sistemare i propri rappresentanti in maniera adeguata. Cambia il Ministro, arriva un nuovo sottosegretario, cambia il direttore dell'Ufficio, ma le nuove energie sembrano appena sufficienti a far fronte alle esigenze della continuita'. In questi mesi, in concreto, il tempo e' stato impiegato a non bloccare il bando in corso, reperire le risorse necessarie ad evitare il blocco che sarebbe provocato da eventuali probabili massicci ricorsi, intensificare il negoziato per garantire la riuscita della spesa delle risorse aggiuntive, rivedere in corsa i criteri di approvazione dei progetti, cercare in fretta di avviare attivita' previste e fatte poco come quella ispettiva, organizzare una manifestazione "popolare" per far benedire il servizio civile dal nuovo Presidente della Repubblica. Poi, sempre pressati dalle scadenze e dalla logica politica, si e' intensificato il negoziato con le Regioni per dare attuazione al Decreto Legislativo nella parte in cui prevede una sorta di delega operativa alle stesse Regioni affidando loro l'approvazione e la gestione dei progetti di servizio civile che interessano il loro territorio e sono presentati da enti accreditati operanti solo nell'ambito regionale. Esclusi, per intenderci, i soli "Enti nazionali". Si e' anche parlato di una nuova fase di riprogettazione, di ripensamento, ma questa stenta ad avviarsi, in un quadro dove sembra prevalere l'idea che tutto debba svolgersi in fretta, in modo da dare risultati utili senza comportare conseguenze sul funzionamento della macchina, e in economia, perche' le risorse pubbliche, e' ben noto, sono al momento insufficienti a quasi tutto. Si e' parlato anche di arrivare ad una "nuova legge 64", ma l'obiettivo che la renderebbe necessaria non e' stato neppure indicato. Se la fase di ripensamento dovesse essere questa, non sarebbe di grande utilita'. Occorre prendere atto che abbiamo esaurito la pragmatica spinta iniziale che ha permesso al servizio volontario di esistere. In Italia la politica si fa con le cose ed i numeri, non con le idee. Se Guido Bertolaso non avesse avuto il realismo di far partire le prime volontarie a pochi mesi dall'approvazione della legge, senza aspettare regolamenti e norme accessorie, e non avesse poi incrementato di furia la dimensione quantitativa del servizio civile, oggi probabilmente parleremmo di una realta' assai modesta, largamente comparabile con i numeri del servizio volontario europeo. Abbiamo "tirato dentro" tutti, per dar consistenza al servizio civile al suo nascere, per farlo crescere in fretta, prima che gli spazi si chiudessero. Si e' pagato un prezzo, non dando peso eccessivo alla qualita' dei soggetti e delle proposte, com'era logico visto che la priorita' era un'altra. Oggi questa fase e' finita, il servizio civile volontario e' una realta' e le risorse disponibili sono decisamente inferiori alla domanda, sia degli enti che dei volontari: continuando con gli schemi e i criteri della prima fase oggi si rischia di far implodere il sistema. Occorre invece riprendere oggi una analisi attenta e precisa dei criteri di "ammissione" al sistema, avendo cura di dare un fondamento teorico al servizio civile dal quale derivare indicazioni organizzative ed operative. Se questo lavoro venisse preso sottogamba, o liquidato con una qualche iniziativa "fai da te", con qualche incontro o convegno dove ognuno dice la sua e nulla di sistematico ed organico viene tradotto a livello normativo e amministrativo, resterebbe soltanto in piedi il compromesso tra Governo e Governi regionali sull'unica cosa che sembra interessare veramente questi ultimi: la spartizione delle risorse economiche e il non essere tagliati fuori da una linea di gestione di un tema sensibile perche' si rivolge ad un pubblico che politicamente interessa tutti, i giovani. Considero un quadro del genere decisamente insoddisfacente, e mi sento in dovere di proporre, a chi ne abbia desiderio, una ipotesi di soluzione, anche a sostegno di un Governo che non accetto come sola testimonianza delle difficolta' politiche del Paese. * 8. Che fare? L'iniziativa che mi sento di proporre e' di chiedere al Vicepresidente emerito della Corte Costituzionale Fernanda Contri, che e' stata il relatore della sentenza che prima indicavo, di presiedere una sorta di "minicostituente" sul servizio civile, composta da rappresentanti - che abbiano una qualche propensione all'analisi e al pensiero e non solo doti organizzative - degli Enti accreditati, sia di terzo settore che pubblici, da quei pochi docenti universitari che hanno studiato e studiano sia la Costituzione che il servizio civile, dai rappresentanti dell'Ufficio nazionale e delle Regioni, da rappresentanti dei volontari, lasciando al Governo la scelta di partecipare all'organismo o di attenderne i risultati dopo averne definito gli obiettivi all'atto dell'insediamento. * 8. a. Una "minicostituente" Affidare ad un organismo del genere la fase di ripensamento, avvalendosi di una Presidenza di sicura competenza, consente di separare e non confondere la continuita' e le scadenze con le idee: non si bloccano Governo e Ufficio nella continuita' della gestione, ma si assicura a chi esamina, analizza, riflette, elabora idee, ragiona sull'esperienza passata per individuare le linee da seguire in futuro, di non tenere conto dei bandi, delle scadenze, dei ritmi normali di una amministrazione e di garantire risultati credibili in tempi rapidi. Se usciranno dei risultati buoni per quest'anno, bene, se non si fara' in tempo, e l'applicazione dei risultati del lavoro della "minicostituente" dovesse slittare al prossimo anno, bene ugualmente: cio' che e' lecito aspettarsi da un simile organismo non e' il rispetto di scadenze temporali rigide e strette, ma l'avvio di un lavoro di "fondazione" teorica del servizio civile e la declinazione organizzativa, operativa e funzionale degli aspetti pratici conseguenti. * 8. b. L'agenda dei lavori di questo organismo Dal momento che il servizio civile e' difesa della Patria con mezzi non militari, si tratta in primo luogo di rispondere alle stesse domande che stanno dietro l'esistenza e il funzionamento delle Forze Armate: - ha senso oggi una "forza non armata" di difesa della Patria? - c'e' un nemico dal quale difendersi, cosa e chi mette a rischio la Patria, tanto da doversi organizzare a sua difesa? - quali sono gli obiettivi prioritari per chi deve organizzare il sistema di difesa non militare? - qual e' la conseguente struttura delle azioni da attivare per avere una soglia minima-media-ottimale di difesa della Patria da questi "nemici"? chi e' coinvolto nella struttura, con quali ruoli e funzioni? - quale organizzazione e gerarchia ha o deve avere la difesa non militare della Patria? - chi e' "forza di difesa non armata"? quali sono i criteri per decidere chi e' dentro e chi e' fuori il sistema nazionale di difesa non militare? - di quali risorse dispone la difesa non armata? quali sono i costi reali di tale difesa? chi li sostiene oggi, e in quale misura? quale puo' essere una diversa ripartizione dei costi? - come ci si prepara? come si formano i "soldati"? come devono essere equipaggiati? E' evidente che, partendo dalle risposte ad ognuna di queste domande, si avvia un percorso che va a toccare i punti cardini del sistema cosi' come oggi esiste, con il risultato di avere un quadro di riferimenti puntuali che aiuta, progressivamente, a sciogliere i nodi controversi. * I punti toccati saranno necessariamente: 8. c. L'accreditamento Forse se la prima richiesta ad un ente fosse quella di chiedere cosa intende per Patria, che contributo puo' dare a difenderla, come, facendo cosa, quante risorse mette a disposizione per questa finalita', che ruolo pensa di avere nel sistema di difesa, qualcosa fin dall'origine cambierebbe. Non avremmo Province che sono enti nazionali, enti nazionali che sono specializzati in forme di difesa di dubbia priorita', potremmo decidere a ragion veduta se ci servono oppure no organizzazioni che assomigliano troppo alle "compagnie di ventura" in funzione in Italia all'epoca del Rinascimento, e cosi' via. * 8. d. I progetti e i criteri di approvazione dei progetti Oggi si scaricano sul "progetto" di servizio civile una serie infinita di obblighi puramente formali, come e' gia' accaduto in tutti i settori dove il "progetto" e' diventato la modalita' di rapporto tra un percettore di risorse e lo Stato (o l'istituzione sovranazionale che le eroga), come la cooperazione internazionale, le iniziative comunitarie della Commissione europea e i relativi bandi, le risorse messe a gara dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni. L'enfasi sul "progetto", nella sua versione codificata e scritta, con lo schema scaricabile da internet e i risultati valutabili in automatico, come i test degli esami nelle universita' americane, si presta come risultato determinante solo a mettere in risalto una nuova competenza professionale, quella del "progettista", il cui know how consiste nel saper usare i termini, le parole, i ragionamenti e il "modo di porgere" piu' graditi al burocrate destinatario della pratica. Si realizza, col progetto, il sogno di ogni burocrazia, di avere una riproduzione fedele del mondo messa su carta, e poter giudicare il bene e il male senza guardare in faccia nessuno, senza spostare il sedere dalla sedia, semplicemente leggendo "le carte". In origine (2001-2002), si era addirittura discusso sull'opportunita' di lasciar perdere il progetto e le leggi ferree della sua coerenza interna, per pensare che la parte progettuale fosse, in molti casi, riducibile alla stessa natura dell'ente che decide di reclutare volontari. Io li avevo chiamati "progetti di partecipazione", che si riducevano ad una semplice descrizione dell'attivita' svolta dall'ente e all'invito rivolto ai giovani a condividere quella attivita', lasciando scatenare la fantasia progettuale solo per nuove attivita' che un qualsiasi ente abbia intenzione o possibilita' di avviare. Resto, dopo anni, della mia opinione: un'associazione che assiste cinque disabili in un paese dell'Appennino puo' solo proporre al volontario di condividere questa esperienza, che parla da sola, senza bisogno di indicatori di sorta per valutarne "l'impatto sociale". * 8. e. Le priorita' del servizio civile Senza un ragionamento condiviso sul sistema di difesa della Patria con mezzi non militari, non e' stato possibile finora neppure affrontare questo argomento. Se non si sa chi e' il nemico, o qual e' il rischio, da dove puo' nascere il pericolo, non c'e' ragione di spostare le caserme da dove sono, sopravvalutare l'aeronautica a discapito delle truppe alpine coi muli, ridurre le compagnie a cavallo preferendo quelle motorizzate, rinunciare agli obici in favore dei razzi e cosi' via. Eppure e' immaginabile che vi siano differenze anche significative sui rischi e sulla loro distribuzione, sulle minacce alla Patria e i possibili "fronti caldi" sui quali schierare uomini e mezzi: il sistema della Protezione Civile ha trovato da tempo il modo per evitare che il Piemonte si senta escluso ingiustamente dalla ripartizione delle risorse necessarie a tenere sotto controllo il rischio vulcanico. Per far fronte alla non infinitezza delle risorse disponibili, umane e materiali, occorre avere chiaro da cosa bisogna proteggersi, da cosa bisogna difendersi, e apprestarsi a farlo in modo ragionevole, partendo dall'evidenza che non esistono risorse sufficienti per far fronte al 100% a qualsiasi tipo di rischio da qualsiasi parte si manifesti. Un esercizio che, per il servizio civile, non e' stato neppure mai tentato, per il timore di dover arrivare a dire, prima o poi, che l'osservazione degli uccelli di passo, in alcune regioni italiane - per carita', usiamo dosi massicce di sano relativismo, almeno su base geografica - non e' prioritario rispetto al problema del disagio sociale o della poverta'. In questo campo, la corresponsabilizzazione delle Regioni potrebbe finalmente fondare in termini non strumentali il criterio base del loro coinvolgimento nella gestione del servizio civile nazionale. * 8. f. Il mercato La scarsita' di risorse e la sproporzione tra quanto un ente riceve e quanto deve fare per realizzare un "buon" servizio civile e' stata in parte compensata da una sorta di apertura al mercato per rendere conveniente la fornitura di alcuni servizi, che possono essere offerti "a pagamento" ad altri enti. Come per il progetto, e la implicita figura professionale del "progettista", che e' logico pensare non debba e non possa accontentarsi di vivere d'aria, cosi' anche per tutti gli altri aspetti del servizio civile che richiedono prestazioni specialistiche, come la formazione, ad esempio, e' bene analizzare la situazione attuale, dare un giudizio di efficienza, efficacia ed eticita', esaminare e proporre eventuali soluzioni alternative. Se il quadro e' chiaro e sotto controllo, sara' piu' facile evitare abusi e distorsioni. * 8. g. Le figure professionali I meccanismi attualmente in uso prevedono una serie piuttosto lunga di figure "professionali" di cui gli Enti accreditati devono disporre per attivare progetti di servizio civile: si va dai vari "responsabili del servizio civile" ai formatori, ai tutor, agli "operatori locali di progetto". Ritengo sarebbe assai utile una revisione di questo sistema di figure e di funzioni, con la liberta' di rivalutarne alcune - credo che, in una attivita' che deve consentire ai giovani di "imparare facendo", vada rivalutata la figura dell'operatore locale di progetto, cioe' la persona con la quale il volontario lavora quotidianamente e dalla quale apprende "facendo" - e di ridimensionare il ruolo di altre, come anche di definire meglio, per tutte, i profili e le caratteristiche. * 8. h. La carta di impegno etico (...) Etica non puo' essere una carta, puo' essere una dimensione espressa da ogni ente, puo' essere un modo di vivere, di trasmettere le proprie esperienze, di sentirsi impegnati in una sfida condivisa, di farsi carico che la cittadinanza delle giovani generazioni non si riduca ad imparare a non alzare la testa, ad essere ossequienti, a baciare le mani... Si comincia dalle mani, non occorre dire dove si finisce. Se per arrivare a questo risultato di non esclusione di nessuno dobbiamo pagare il prezzo di una forte burocratizzazione delle procedure, dell'indistinzione degli enti, della creazione di nuovi "mestieri" come il progettista di servizio civile e di altre figure accessorie, della lettura della realta' solo attraverso gli incartamenti, del timore costante di ricorsi al Tar (signore e padrone ultimo dell'idea di giustizia nel nostro Paese), della partecipazione a riunioni rese insopportabili da una sproporzione evidente tra tempo impiegato e risultati attendibili, della felice coesistenza di patrioti e di mercenari, credo francamente che il conto sia troppo salato. Meglio rinunciare. Se invece si continua a credere che la trasmissione alle giovani generazioni dei valori costituzionali sia una dimensione "etica" implicita nelle dinamiche e nella ragion d'essere del servizio civile, bisogna pensare ai modi per non rendere la firma della carta etica una mera formalita', coinvolgendo in particolare in questa vicenda gli "operatori locali di progetto", che alla fine, a mio avviso, sono la figura chiave dell'intero sistema: e' da loro, infatti, che i giovani volontari possono e debbono "imparare facendo". * 9. Epilogo Nell'idea che mi son fatto, la "minicostituente" puo' avviare la revisione e il ripensamento organico e sistematico del servizio civile, puo' partire dall'inizio, per arrivare poi, tirando ad ogni passaggio le conseguenze di quello precedente, ad un assetto del servizio civile chiaro, che renda possibile a qualcuno decidere di non avere interesse ad entrarvi, togliendo illusioni a chi e' bene non ne abbia, e che dia a quanti si riconoscono nelle finalita' del servizio civile nazionale la prospettiva di lavorare ad un "sistema di difesa" permanente, destinato a durare nel tempo, strutturato in funzione dei suoi obiettivi prioritari. A cominciare dall'aver chiaro cos'e' la Patria che ci accingiamo a difendere. Mi verrebbe voglia di dire che, se si accetta di camminare con i piedi e non sulle mani, il percorso proposto non e' proibitivo, non richiede sospensioni o "anni sabbatici" rispetto alla necessaria continuita', ma semplicemente uno sforzo concentrato nel tempo gestito con cuore largo e lungimiranza "politica". Non posso finire senza citare due obblighi che non sono mai stati presi sul serio ne' ai tempi dell'obiezione di coscienza ne' dopo: dar voce ai giovani, e far conoscere il servizio civile ai cittadini. Anche per questo non ci sono risorse abbastanza, e per la prima voce si immaginano eventi anziche' canali di comunicazione e coinvolgimento permanenti, e per il secondo si privilegia come unica la comunicazione pubblicitaria, come se il servizio civile volontario, la Patria difesa con mezzi non militari, fosse un nuovo brand da lanciare sul mercato. La pubblicita' e' marketing, e il marketing e' la scienza della convinzione del prossimo a prescindere dalla verita' di cio' che si comunica. Forse le Forze Armate possono usare la pubblicita', come hanno fatto il 4 novembre scorso, per dar di se' l'immagine che preferiscono: una soldatessa che coccola un bambino, perche' la Forze Armate sono forze di pace. La pubblicita' permette proprio questo: di far passare l'immagine che vuoi, stordendo di emozione il destinatario del messaggio per aiutarlo a non pensare che l'abbraccio tra la donna e il bambino forse sarebbe piu' gratificante e vero se non ci fosse un'uniforme di mezzo, un casco che neanche in moto e un mitragliatore a bandoliera. Forse uno degli strumenti necessari alla difesa della Patria, con mezzi non militari, consiste proprio nel rifiutare gli strumenti e i modi della comunicazione corrente e del marketing, per obbligarci a cercarne con pazienza degli altri. Per cio' che riguarda la proposta che ho avanzato, mi aspetto una risposta chiara. Non e' detto che debba arrivare subito, con un si' o un no piu' o meno motivati. Mi basta, nel breve periodo, un segnale. Potrebbe consistere, d'iniziativa del Governo o dell'Ufficio nazionale, anche soltanto nella decisione, non onerosa e non tale da costituire un precedente pericoloso o una direzione predeterminata, di pubblicare sul sito dell'Ufficio nazionale per il servizio civile, in mezzo a tutte le circolari, le disposizioni, i chiarimenti, i Decreti del presidente del consiglio dei ministri e i bandi ordinari e suppletivi anche le sentenze della Corte Costituzionale. 3. POESIA E VERITA'. AMELIA ROSSELLI: CONTIAMO INFINITI CADAVERI [Da Amelia Rosselli, Le poesie, Garzanti, Milano 1997, 2004, p. 201. Amelia Rosselli (Parigi 1930 - Roma 1996), poetessa, figlia dell'eroe antifascista Carlo Rosselli; una delle voci piu' intense ed originali della poesia del Novecento, una delle testimonianze piu' intime e sofferte della storia del secolo. Opere di Amelia Rosselli: Variazioni belliche, Garzanti, Milano 1964; Serie ospedaliera, Mondadori, Milano 1969; Documento, Garzanti, Milano 1976; Primi scritti 1952-63, Guanda, Parma 1980; Impromptu, San Marco dei Giustiniani, 1981; Appunti sparsi e persi, Aelia Lelia, 1983, 1996; La libellula, SE, Milano 1985; Diario ottuso, 1996; la sua opera poetica e' ora raccolta ne Le poesie, Garzanti, Milano 1997, 2004] Contiamo infiniti cadaveri. Siamo l'ultima specie umana. Siamo il cadavere che flotta putrefatto su della mia passione! La calma non mi nutriva il solleone era il mio desiderio. Il mio pio desiderio era di vincere la battaglia, il male, la tristezza, le fandonie, l'incoscienza, la pluralita' dei mali le fandonie le incoscienze le somministrazioni d'ogni male, d'ogni bene, d'ogni battaglia, d'ogni dovere d'ogni fandonia: la crudelta' a parte il gioco riposto attraverso il filtro dell'incoscienza. Amore amore che cadi e giaci supino la tua stella e' la mia dimora. Caduta sulla linea di battaglia. La bonta' era un ritornello che non mi fregava ma ero fregata da essa! La linea della demarcazione tra poveri e ricchi. 4. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 5. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 30 del 16 marzo 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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