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Minime. 29
- Subject: Minime. 29
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 15 Mar 2007 00:08:42 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 29 del 15 marzo 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Liberte', egalite', fraternite' 2. Enrico Piovesana: Un'operazione militare italo-spagnola in Afghanistan 3. Giovanna Providenti: Carla Lonzi attraverso le pagine del suo diario 4. Murray Bookchin: Per una societa' ecologica 5. A proposito di diritti umani 6. Riletture: Franco Basaglia, Conferenze brasiliane 7. Riletture: Franco Basaglia, L'utopia della realta' 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. LIBERTE', EGALITE', FRATERNITE' [Daniele Mastrogiacomo, giornalista, e' stato rapito alcuni giorni fa in Afghanistan] Liberate Daniele Mastrogiacomo. Non perche' e' un giornalista di un paese ricco: perche' e' un essere umano. E liberate il popolo afgano. * Cessate di fare la guerra. Cessate di rapinare, reprimere, uccidere i poveri. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 2. GUERRA. ENRICO PIOVESANA: UN'OPERAZIONE MILITARE ITALO-SPAGNOLA IN AFGHANISTAN [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 14 marzo 2007. Enrico Piovesana, giornalista, lavora a "Peacereporter.net", per cui segue la zona dell'Asia centrale e del Caucaso; nel maggio 2004 e' stato in Afghanistan in qualita' di inviato] Soldati italiani e spagnoli della Forza di Reazione Rapida (Qrf) - basata ad Herat e comandata dal generale italiano Antonio Satta - sono impegnati in un'operazione militare nell'ovest dell'Afghanistan volta a "impermeabilizzare" la frontiera tra le province occidentali (Farah, Herat, Ghor e Badghis) e quella meridionale di Helmand, dov'e' in corso l'offensiva della Nato "Achille". * Lo scopo della missione Stando a quanto dichiarato dal portavoce spagnolo, l'operazione - appena iniziata e che durera' almeno fino al 10 aprile - ha come scopo quello di "ridurre le possibilita'" che i talebani "provino a scappare" dall'offensiva della Nato in Helmand verso "altre regioni del paese, tra cui quelle occidentali". In sostanza, si tratta di sparare contro i guerriglieri che tentano di fuggire dalle bombe Nato. Alla missione partecipano truppe dell'esercito e delle forze di polizia afgane. * Le forze italiane coinvolte Le forze spagnole impegnate nell'operazione sono quelle inquadrate nella "Quick Reaction Force" di Herat, ovvero la Brigata Cacciatori di Montagna "Aragon" 1. Le forze italiane che fanno parte della Qrf - e che quindi parteciperebbero all'operazione - sono i 90 soldati della Prima Compagnia "Cobra" del 66mo Reggimento fanteria aeromobile "Trieste" di Forli' (comandata dal capitano Matteo Luciani, giunta in Afghanistan lo scorso 12 settembre) e i circa 120 soldati delle nostre forze speciali: incursori di Marina del "Comsubin" e para' del "Col Moschin". * Smentite e mezze conferme da Roma Dopo le iniziali smentite del ministero della Difesa italiano, nel pomeriggio il sottosegretario alla Difesa Lorenzo Forcieri ha confermato la partecipazione italiana all'operazione, definendola "un'operazione normale, condotta secondo le regole che sono state stabilite, per cui teniamo sotto controllo le vie di comunicazione in modo da impedire che attraverso di esse ribelli o terroristi inseguiti, possano venire a trovare rifugio in questa zona". "Non c'e' nulla che il governo vuole nascondere", ha concluso Forceri. Ma allora perche' il governo ha parlato solo dopo che la notizia e' trapelata dalla Spagna. E perche', inizialmente, il ministero della Difesa aveva seccamente smentito? 3. MEMORIA. GIOVANNA PROVIDENTI: CARLA LONZI ATTRAVERSO LE PAGINE DEL SUO DIARIO [Dalla rivista mensile "Noi donne" di marzo 2007 riprendiamo il seguente articolo (disponibile anche nel sito www.noidonne.org). Giovanna Providenti (per contatti: g.providenti at uniroma3.it) e' ricercatrice nel campo dei peace studies e women's and gender studies presso l'Universita' Roma Tre, saggista, si occupa di nonviolenza, studi sulla pace e di genere, con particolare attenzione alla prospettiva pedagogica. Ha due figli. Partecipa al Circolo Bateson di Roma. Scrive per la rivista "Noi donne". Ha curato il volume Spostando mattoni a mani nude. Per pensare le differenze, Franco Angeli, Milano 2003, e il volume La nonviolenza delle donne, "Quaderni satyagraha", Firenze-Pisa 2006; ha pubblicato numerosi saggi su rivista e in volume, tra cui: Cristianesimo sociale, democrazia e nonviolenza in Jane Addams, in "Rassegna di Teologia", n. 45, dicembre 2004; Imparare ad amare la madre leggendo romanzi. Riflessioni sul femminile nella formazione, in M. Durst (a cura di), Identita' femminili in formazione. Generazioni e genealogie delle memorie, Franco Angeli, Milano 2005; L'educazione come progetto di pace. Maria Montessori e Jane Addams, in Attualita' di Maria Montessori, Franco Angeli, Milano 2004. Scrive anche racconti e ha in cantiere un libro dal titolo Donne per, sulle figure di Jane Addams, Mirra Alfassa e Maria Montessori. Carla Lonzi e' stata un'acutissima intellettuale femminista, nata a Firenze nel 1931 e deceduta a Milano nel 1982, critica d'arte, fondatrice del gruppo di Rivolta Femminile. Opere di Carla Lonzi: Sputiamo su Hegel, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1974, poi Gammalibri, Milano 1982; Taci, anzi parla. Diario di una femminista, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1978; Scacco ragionato, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1985. Opere su Carla Lonzi: Maria Luisa Boccia, L'io in rivolta. Vissuto e pensiero di Carla Lonzi, La Tartaruga, Milano 1990] Per parlare della fondatrice del femminismo italiano - Carla Lonzi (1931-1982) - alle lettrici di "Noidonne" posso permettermi il lusso di tralasciare i dettagli della sua biografia ed andare al dunque di quello che mi preme dire a proposito di lei: la tensione di vita, intensita' e autenticita' del suo percorso di liberazione fatto di molti e sofferti "passaggi di esperienza". Dal 1972 al 1977 Carla scrive un diario (da lei stessa pubblicato nel 1978) in cui giorno dopo giorno annota il dramma quotidiano della propria vita, non per "far quadrare il cerchio" quanto per dare corpo all'espressione di se'. Per dirla con le sue parole: "le donne osano mostrare il risultato del loro pensiero, ma non il dramma della propria vita. Neppure a se stesse. A me invece interessa in che modo, attraverso quali passaggi di esperienza, quali gesti, tono, decisioni, conflitti, si arriva a quelle conclusioni". Tutta "la tensione della propria vita" e' stata protesa a sperimentare percorsi di liberazione possibili, mettendosi in gioco interamente. Percorsi narrati nelle pagine del diario per comprenderne meglio il senso e, se necessario, modificarne il tragitto: non rinunciando mai a "mettere in scacco i propri pensieri uno a uno", come scriveva all'inizio del suo percorso femminista nella poesia che avrebbe poi dato il titolo alla raccolta poetica: Scacco ragionato. La sua esperienza di affrancazione personale, che cammina di pari passo all'"avventura di capirci qualcosa", e' continua, inesauribile e mai scontata, perche' sempre in contatto con la concretezza, e con l'imprevisto, della vita. Contatto che le ha permesso di stare su "un altro piano", e di accorgersi dei limiti di ogni ideologia, e della complessita' di una liberazione femminista, che prenda corpo dalla autentica messa in discussione dei miti patriarcali, a partire dai condizionamenti (o ambizioni) presenti in noi stesse e dalla difficolta' a liberarcene. "Muoversi su un altro piano: questo e' il punto su cui difficilmente arriveremo ad essere capite, ma e' essenziale che non manchiamo di insistervi". Solo ponendosi su un altro piano e' possibile far perdere alla cultura patriarcale "la certezza della sua opera". L'altro piano e' quello che va oltre la polemica diretta, la contrapposizione, e che privilegi percorsi di autenticita', "smantellando i miti e trovando dentro se stessa la propria integrita'": "ci vuole piu' forza a mostrarsi spogliate che a barricarsi dietro la parola consacrata; ci vuole forza ad avere il coraggio della semplicita'". Nel diario le "fasi di esperienza" trapelano senza filtri, in uno sforzo costante di "vedere le cose come stanno". Lei stessa ne parla come "una specie di vergogna quotidiana, privatissima... non spedivo la maggior parte delle lettere in cui parlavo di me... perche' incepparmi anche li' era angosciante, come angosciante era accorgermi che gira e gira finivo per volere e sapere parlare solo di me. Scoprire questo bisogno irrefrenabile mi umiliava...". E al tempo stesso ne afferma la validita': "Il diario, la presa di coscienza rende tutti uguali. Tutti fragili, tutti ugualmente intelligenti e stupidi, ingannati, ingannabili, umiliati dalla scoperta del trave nel proprio occhio. Nessuno sfugge a questo. Nel diario Hegel e io siamo uguali. Anche Cristo che, sudando sangue dice 'L'anima mia e' triste fino alla morte' e soffre perche' gli amici lo lasciano solo nell'imminenza del martirio, e' uno come me". Questa identificazione con Cristo e con Hegel (di cui Lonzi e' attenta lettrice e su cui ha scritto il saggio Sputiamo su Hegel) non e' un atto di presunzione intellettuale bensi' la conseguenza di processi continui di approfondimento, smascheramento e ricerca di se', consapevole dell'inganno che si puo' celare dietro ogni risposta trovata. In Armande sono io, pubblicato postumo, scriveva: "nella vita ci sento di questi momenti in cui sei costretta a spogliarti non solo dei vestiti, come a dire di un'identita' piu' convenzionale e sociale, fino a restare nuda, ma poi anche quella nudita' va sostituita con un'epidermide piu' fresca, piu' sensibile, meno coriacea. Ti rinnovi anche all'interno della tua identita' piu' vera". * Ecco perche' Carla preferiva usare il termine liberazione che, a differenza di liberta', implica l'idea del processo, dell'aspirazione, che non si accontenta del primo obiettivo raggiunto. "Quello che manca - scriveva nel diario - e' proprio l'autocoscienza e il passare attraverso tante fasi. Ognuno sembra incarognirsi in una che diventa sua tipica". E ancora, paragonandosi poeticamente a Teresa d'Avila scriveva nel diario, il 6 febbraio 1974: "Mi ritrovo nei tormenti/ interiori senza perche'/ nei patimenti e nei dubbi/ generati dall'anima stessa/ via via che cresce./ Lei si chiedeva/ Proviene da Dio o dal Demonio?/ E io: Sono me stessa?/ Si ammalava moriva/ di quella pena poi risorgeva/ e sgrammaticatissima/ ne scriveva" (p. 550). Lo scrivere sgrammaticatissimo e' una scrittura non dettata da fini artistici ma da una esigenza di autenticita' da cui si sviluppa il desiderio di stare in relazioni piu' significative, avendo scoperto dell'altro/a qualcosa di inaspettato. Si accorge che per realizzare la propria presenza nel mondo non le basta "realizzarsi", sentirsi riconosciuta: vuole stare in relazioni di autenticita' e reciprocita' con altri esseri umani. Ed e' ancora il diario a registrare il dialogo, tra lei e coloro con cui sceglie di interloquire. Porsi come interlocutore e interlocutrice per come si e', senza costruirsi muraglie intorno, presuppone un lavoro non indifferente di personale individuazione (che e' diverso della costruzione perche' si svolge dall'interno). Tale lavoro risulta essere gia' in stato avanzato nel diario pubblicato di Carla Lonzi, avendo alle spalle anni e anni di presa di coscienza di se', compiuta dapprima attraverso la scrittura privata, le poesie, e poi attraverso la partecipazione attiva al femminismo, le prese di posizione autonome e originali e un instancabile lavoro di autocoscienza personale e collettiva svolta con le amiche del gruppo di Rivolta Femminile, di cui Carla e' stata fondatrice. * Io credo valga la pena non lasciare che Carla Lonzi rimanga solo un nome noto a tutto il femminismo, ma di cui poche hanno letto i suoi testi (anche perche' e' cosi' difficile reperirli). Cosi' come sono persuasa che la produzione privata di donne come lei vada valorizzata. Non e' possibile ridurre ad un istante fermo cio' che invece sta in un processo in continuo movimento e cambiamento, tra persuasioni, paure, emozioni, riflessioni, ripensamenti: "con tutte le complicazioni e amplificazioni nervose", diceva Carla. Certo, per conoscere tali esperienze c'e' sempre la possibilita' di sperimentarle in prima persona: passaggio dopo passaggio, per arrivare "al miliardesimo attimo" in cui toccando questa terra posso "sentire l'oro", come e' capitato a lei. Le modalita' e i contenuti saranno solo nostri, da Carla potremmo imparare la "tensione di vita", "l'intensita'". E alcuni piccoli suggerimenti pratici: al risveglio ogni mattina trascrivere i sogni sul proprio diario, e poi magari rileggerli dopo mesi, o anni; scrivere lettere ad amici e amiche, anche senza spedirle, per fare emergere quello che e' mancato, i non detti, i fraintendimenti della relazione; e poi osservarsi dentro con molta attenzione e, soprattutto, poco giudizio. Sarebbe bello potere leggere di piu' Carla Lonzi: fare nuovi edizioni dei suoi testi pubblicati e conoscere cosa resta di inedito. Sarebbe un grande dono per tantissime donne di oggi, assetate di autenticita' come lei. E potrebbe essere un'occasione per imparare a non fraintenderla, cogliendo di lei sia la sua "porzione di luce" sia la sua "porzione di cecita'". Scriveva nel diario il 3 febbraio 1974: "nei miei scritti c'erano dignita', castigatezza, commozione oltre che sdegno e dolore che ne facevano un amalgama particolare, non un atteggiamento ideologico e strafottente. Pero' non so quanti saranno ad accorgersene". Io ci sto provando... ad accorgermi di lei. E, attraverso lei, passando da me, a imparare a esigere relazioni umane autentiche. 4. RIFLESSIONE. MURRAY BOOKCHIN: PER UNA SOCIETA' ECOLOGICA [Dalla rivista mensile diretta da Goffredo Fofi "Lo straniero", n. 81, marzo 2007 (disponibile anche nel sito: www.lostraniero.net) riprendiamo i seguenti due estratti dal libro di Murray Bookchin, Per una societa' ecologica (nella traduzione di Roberto Ambrosoli). Il testo e' preceduto dalla nota redazionale che qui trascriviamo: "La stampa italiana ha ignorato del tutto la scomparsa di Murray Bookchin (New York 1921 - Burlington 2006), scienziato, filosofo, militante politico, grande ecologista. Figlio di immigrati russi, fu comunista in gioventu' staccandosi dal partito nel 1939 in seguito al patto tra Molotov e Ribbentrop, cioe' tra Stalin e Hitler, e divento' socialista libertario. Fu attivo organizzatore di lotte nel settore dell'automobile, prima di mettersi a scrivere saggi e pamphlet con vari pseudonimi, in inglese e in tedesco, e di prendere parte attiva nella storia della controcultura e della nuova sinistra negli Usa. Tra i suoi libri editi in italiano, una minima parte di quelli che ha scritto, vanno ricordati I limiti della citta' (Feltrinelli, 1975) e presso Eleuthera L'ecologia della liberta', il suo saggio piu' importante, e Per una societa' ecologica, da cui abbiamo tratto i due brani che seguono e che fu scritto su suggerimento di Amedeo Bertolo e Rossella Di Leo, responsabili della casa editrice milanese, e pubblicato nel 1989, e infine Democrazia diretta. Va anche ricordato L'idea dell'ecologia sociale (Ila Palma). Il discorso ecologico ha trovato in Bookchin la sua elaborazione piu' serrata e insieme piu' aperta, all'interno di una idea di rivoluzione assolutamente moderna e di una piu' vasta riflessione filosofica sulla dialettica della natura. Dal 1974 era uno dei principali animatori dell'Institute for Social Ecology di Plainfield, nel Vermont, da lui fondato assieme all'antropologo culturale Daniel Chodorkoff. Bookchin e' stato molto spesso in Italia per conferenze e convegni". Murray Bookchin, pensatore e militante libertario americano, e' stato tra i principali punti di riferimento della "ecologia sociale"; nato a New York nel 1921, figlio di emigrati russi (la nonna materna era una rivoluzionaria populista), ha fatto l'operaio metalmeccanico, il sindacalista, lo scrittore, il docente universitario; e' deceduto sul finire di luglio 2006. Tra le opere di Murray Bookchin: I limiti della citta', Feltrinelli, Milano 1975; Post-scarcity anarchism, La Salamandra, Milano 1979; L'ecologia della liberta', Eleuthera, Milano 1988 (terza edizione); Per una societa' ecologica, Eleuthera, Milano 1989; Filosofia dell'ecologia sociale, Ila Palma, Palermo 1993; Democrazia diretta, Eleuthera, Milano 1993. Un'ampia scheda biografica e un'ampia bibliografia di Bookchin sono nel n. 1438 de "La nonviolenza e' in cammino"] Le idee fondamentali che ho sviluppato in quasi tutti i miei scritti sono riconducibili al concetto che la maggior parte dei nostri problemi ecologici ha Ie sue radici in problemi sociali e che l'attuale disarmonia tra umanita' e natura puo' essere ricondotta essenzialmente ai conflitti sociali. Non credo che si possa giungere a un equilibrio tra umanita' e natura se non si trova un nuovo equilibrio - basato sulla liberta' dal dominio e dalla gerarchia - in seno alla societa'. Per l'appunto, ho chiamato "ecologica" questa nuova societa' ipotizzata e ho definito il mio pensiero come ecologia sociale. L'ecologia sociale non e' ne' ecologia "umana" ne' ecologia "profonda", termini e concezioni che tendono a deviare la nostra attenzione dagli aspetti sociali dell'attuale crisi ecologica. E' necessario affrontare onestamente il fatto che, se non trasformiamo la societa' in senso libertario, gli atteggiamenti e le istituzioni che ci spingono follemente verso il disastro ecologico continueranno a operare, nonostante tutti gli sforzi che si possono dedicare a riformare il sistema sociale dominante. Quel che ritengo della massima importanza e' di mostrare che l'ecologia sociale e' un corpus teorico coerente, che cerca non solo di spiegare il perche' dell'attuale sfascio ecologico ma anche di trovare un terreno comune, una base unificante per le tematiche ambientaliste, femministe, classiste, urbane e rurali. Fu dal nascente dominio di esseri umani su altri esseri umani, cominciato tanto tempo fa - prima ancora che emergessero le classi economiche e lo Stato - che si sviluppo' l'idea del dominio sulla natura (in realta' non ci e' possibile dominare la natura piu' di quanto ci si possa sollevare tirandosi per le stringhe). Quello che si andava affermando nell'ambito sociale era invece dominio reale: dominio dei vecchi sui giovani nelle gerontocrazie, degli uomini sulle donne nel patriarcato, di un gruppo etnico su un altro gruppo etnico nelle gerarchie razziali, della citta' sulla campagna nelle civilta' urbane... Tutte queste forme di dominio hanno un'origine e una natura comune: sono sistemi di comando-obbedienza basati su istituzioni gerarchiche. Le implicazioni ecologiche di questi sistemi sono piu' rilevanti ancora delle loro determinazioni economiche, in quanto comportano la distruzione di valori ecologici quali la complementarita', il mutuo appoggio, il senso del limite, un profondo sentimento comunitario e una concezione organica fondata sull'unita' nella diversita'. Questi valori e le istituzioni in cui si sono incarnati sono ora sostituiti dalla competizione, dall'egoismo, dalla crescita illimitata, dall'anomia e da una razionalita' puramente strumentale, vale a dire dalla convinzione che la ragione non e' altro che uno "strumento", una "destrezza" nell'adeguare i mezzi ai fini e non un carattere inerente a una realta' ordinata e comprensibile. Questo vasto insieme di categorie "moderne", che gioca un ruolo alienante sia nelle nostre interrelazioni umane sia nel nostro rapporto collettivo con la natura, trova la sua espressione piu' nefasta nel capitalismo - sia il capitalismo privato all'Ovest sia il capitalismo burocratico all'Est - cioe' in un sistema di "crescere-o-morire" (vale a dire di accumulazione senza fine di capitale come funzione di sopravvivenza in un mercato concorrenziale), che minaccia di distruggere tutta la biosfera a meno che non venga sostituito da un nuovo assetto sociale radicalmente diverso. Una tale trasformazione sociale non implica semplicemente l'istituzione di nuove relazioni economiche relative al possesso o al controllo della proprieta'. Essa comporta l'acquisizione di una nuova sensibilita' antiautoritaria, lo sviluppo di nuove tecnologie che armonizzino il nostro rapporto con la natura, di nuove comunita' urbane che vivano in equilibrio con la campagna, di nuovi rapporti sociali basati sull'assistenza e sulla responsabilita' reciproca, di nuove forme di sviluppo qualitativo sostitutive di una crescita quantitativa fine a se stessa. Come queste idee siano tra loro interconnesse e siano alla base di recenti movimenti sociali come quello ecologico, quello femminista e quello comunitario, e come esse consentano anche un nuovo approccio a movimenti tradizionali legati a problemi come la miseria, lo sfruttamento economico, il dominio di classe, il razzismo e l'imperialismo... tutta questa tematica attraversa il presente libro, sviluppata in una prospettiva ecologica. Se il movimento ecologico, alla cui nascita negli Stati Uniti ho contribuito una trentina d'anni fa, si ritraesse dall'arena sociale, alla ricerca di una vita privata "sana", o se ingenuamente si volgesse a una pura pratica elettorale, alla ricerca di influenza e potere, la perdita per tutti noi sarebbe irreparabile. Ho visto i cosiddetti "verdi" europei fare continui compromessi con il sistema sociale dominante, allo scopo di acquisire "potere"... con l'unico risultato d'essere progressivamente assorbiti da quello stesso potere che cercavano di trasformare. Il pensiero ecologico puo' oggi fornire la piu' rilevante sintesi d'idee che si sia vista dopo l'Illuminismo. Puo' aprire prospettive per una pratica che possa veramente cambiare l'intero paesaggio sociale dei nostri tempi. Lo stile "militante" che i lettori troveranno in questo libro nasce da un preoccupato senso d'urgenza. E' urgente e di vitale importanza non lasciare che un modo ecologico di pensiero e il movimento che ne puo' derivare finisca con il degenerare in nuove forme di politica statal-nazionale e in tornei partitici, da un lato, e/o in variopinte mode mistiche e spiritualistiche portatrici di quietismo e passivita' sociale, dall'altro. C'e' una via, che non e' ne' quella della politica convenzionale - cioe' la politica statuale - ne' quella del quietismo mistico: e' la politica diretta, la politica "di base", fondata sulla mobilitazione comunitaria e sul federalismo municipale, un federalismo che puo' mettere in crisi la centralizzazione statalistica e la concentrazione capitalistica che segnano in modo nefasto la nostra epoca. E di questo mi occupo nella parte finale del libro. La verita' non e' mai stata semplice, unidimensionale. Spesso e' un sottile filo rosso, per cosi' dire, che attraversa un labirinto di errori in cui facilmente cadiamo se ci manca una visione chiara e coerente della realta'. E' questo sottile filo rosso che ho cercato di seguire. Ed e' questo filo che il lettore o la lettrice deve cercare e seguire fino alla fine, con la sua propria capacita' di guardare oltre il presente stato delle cose. Per il resto il libro parla da se'. * Lo sviluppo del capitalismo inglese nel XVIII secolo, e la sua vittoria nel XIX, hanno alterato radicalmente tali prospettive. Per la prima volta, la competizione veniva vista come "salutare", il commercio come "libero", l'accumulo di ricchezza come prova di "parsimonia", e l'egoismo come prova di un interesse per se stesso che ha lavorato come "mano nascosta" al servizio del "bene pubblico". Concetti come "salute", "liberta'", "parsimonia" e "bene pubblico" sarebbero serviti a giustificare l'espansione illimitata e il saccheggio spudorato della natura, e degli esseri umani. Durante la rivoluzione industriale i proletari inglesi non hanno sofferto meno delle grandi mandrie di bisonti sterminati nelle praterie americane. I valori e le comunita' umane non sono stati oggetto di minor violenza che gli ecosistemi animali e vegetali distrutti nelle foreste dell'Africa e dell'America Latina. Parlare del saccheggio perpetrato dall'"umanita'" ai danni della natura significa mistificare la realta' della selvaggia spoliazione perpetrata da uomini ai danni di altri uomini, cosi' efficacemente descritta nei romanzi di Dickens e di Zola. Il capitalismo ha separato da se stessa la specie umana altrettanto brutalmente e crudelmente di quanto abbia separato la societa' dalla natura. La competizione ha cominciato cosi' a permeare di se' ogni aspetto della societa', non limitandosi a mettere i capitalisti l'uno contro l'altro per il controllo del mercato. Ha messo i compratori contro i venditori, il bisogno contro l'avidita', l'individuo contro l'individuo ai livelli piu' elementari dei rapporti umani. Sul mercato, ogni persona affronta le altre con un ringhio, anche tra i lavoratori ciascuno dei quali cerca per ragioni di semplice sopravvivenza di avere la meglio sull'altro. Nessun moralismo, nessun pietismo puo' cambiare il fatto che la rivalita', ai livelli financo molecolari della societa', e' una regola borghese di esistenza, nel senso piu' stretto del termine "esistenza". Accumulare per togliere, far fuori o comunque assorbire il concorrente e' una condizione essenziaIe all'esistenza in un assetto economico capitalistico. Che anche la natura sia una vittima di questa furia sociale competitiva, accumulativa ed espansiva, dovrebbe essere ovvio, se non fosse che esiste una forte tendenza a farne risalire le origini alla tecnologia e all'industria come tali. Che la tecnologia moderna esalti certi fondamentali fattori economici, cioe' lo sviluppo inteso come regola di vita in un'economia competitiva e la mercificazione dell'umanita' e della natura, e' un fatto evidente. Ma la tecnologia e l'industria come tali non trasformano ogni ecosistema, specie, porzione di suolo, corso d'acqua, e anche gli oceani e l'aria, in un mero oggetto di sfruttamento. Essi non monetizzano ne' danno un prezzo a tutto cio' che puo' essere sfruttato nell'ambito della lotta competitiva per la sopravvivenza e lo sviluppo. Parlare di "limiti di crescita" in seno a un'economia di mercato capitalistica non ha alcun senso, cosi' come non ne ha parlare di limiti della guerra in una societa' guerriera. Gli scrupoli morali cui oggi danno voce tanti ambientalisti sapientoni sono tanto ingenui quanto quelli delle multinazionali sono fasulli. Il capitalismo non puo' essere "persuaso" a porre un freno al suo sviluppo, cosi' come non si puo' "persuadere" un essere umano a smettere di respirare. I tentativi di realizzare un capitalismo "verde", o "ecologico", sono condannati all'insuccesso a causa della natura stessa del sistema, che e' un sistema di crescita continua. In effetti, i concetti piu' fondamentali dell'ecologia, come l'attenzione all'equilibrio, lo sviluppo armonioso verso una maggiore differenziazione, e infine l'evoluzione verso una maggiore soggettivita' e consapevolezza, si contrappongono radicalmente a un'economia che omogeneizza citta', natura e individuo, e che mette gli esseri umani gli uni contro gli altri e contro natura, con una ferocia che finira' per distruggere il pianeta. Per generazioni i pensatori di sinistra hanno detto la loro circa i "limiti intrinseci" del sistema capitalistico, i meccanismi "interni" che l'avrebbero portato inevitabimente all'autodistruzione. Marx si e' guadagnato il plauso di schiere infinite di autori per aver previsto che il capitalismo sarebbe crollato e sarebbe stato sostituito dal socialismo, in seguito a una crisi cronica che avrebbe comportato perdita di profitto, stagnazione economica e lotta di classe da parte di un proletariato sempre piu' impoverito. Osservando oggi gli immensi squilibri biogeochimici che hanno aperto buchi nello strato di ozono dell'atmosfera e innalzato la temperatura del nostro pianeta in seguito all'"effetto serra", tali Iimiti appaiono chiaramente di natura ecologica. Quale che possa essere il destino del capitalismo come sistema con i suoi specifici "limiti interni" sul piano economico, possiamo comunque affermare apertamente che esso ha dei limiti esterni sul piano ecologico. Certo, il capitalismo incarna totalmente la nozione bakuniniana di "male", senza peraltro essere "socialmente necessario". Dopo il sistema capitalistico non ci sono altre "svolte" della storia. Esso segna il termine del percorso di un lungo sviluppo sociale in cui il male ha permeato di se' il bene e l'irrazionalita' ha prevalso sulla razionalita'. Per la societa' e il mondo naturale, in effetti, il capitalismo costituisce un punto di negativita' assoluta. Non e' possibile migliorarlo, ricostruirlo o rinnovarlo, semplicemente aggiungendo al termine un prefisso di moda ("eco-capitalismo"). L'unica alternativa possibile e' distruggerlo, perche' esso incarna tutte le malattie della societa', patriarcato, sfruttamento, statalizzazione, egoismo, militarismo, sviluppo fine a se stesso, che hanno afflitto la "civilta'" e inquinato tutte le sue conquiste. 5. LE ULTIME COSE. A PROPOSITO DI DIRITTI UMANI Quando verranno aboliti i campi di concentramento per gli immigrati in Italia? Quando cessera' l'Italia di partecipare a guerre terroriste e stragiste? 6. RILETTURE. FRANCO BASAGLIA: CONFERENZE BRASILIANE Franco Basaglia, Conferenze brasiliane, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000, pp. XXII + 266, lire 26.000. A cura di Franca Ongaro Basaglia e Maria Grazia Giannichedda, la trascrizione delle conferenze (ma si tratta piuttosto di colloqui corali, di assemblee aperte) tenute da Franco Basaglia nel 1979 a San Paolo, Rio de Janeiro e Belo Horizonte, con note introduttive delle curatrici e una postfazione sui movimenti per la salute mentale in Brasile dagli anni Ottanta di Fernanda Nicacio, Paulo Amarante, Denise Dias Barros. 7. RILETTURE. FRANCO BASAGLIA: L'UTOPIA DELLA REALTA' Franco Basaglia, L'utopia della realta', Einaudi, Torino 2005, pp. LVIII + 332, euro 22. A cura di Franca Ongaro Basaglia e con un'ampia introduzione di Maria Grazia Giannichedda, un'essenziale antologia degli scritti di Franco Basaglia, che a diciassette dei circa sessanta saggi gia' raccolti nella fondamentale ed insostituibile edizione degli Scritti (2 volumi, Einaudi, Torino 1981-1982, a cura di Franca Ongaro Basaglia) aggiunge il fin qui inedito in italiano saggio a quattro mani di Franca e Franco "Condotte perturbate" scritto nel 1978 per l'Encyclopedie de la Pleiade. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 29 del 15 marzo 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html e anche alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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