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Minime. 28
- Subject: Minime. 28
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 14 Mar 2007 00:12:45 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 28 del 14 marzo 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Ostaggi 2. Cecilia Strada: Le vittime civili dell'"Operazione Achille" 3. Prime ed ultime risultanze di un'inchiesta privata sulla strage di Nassiriya 4. Una intervista a Jean Baudrillard del 1999 5. Nel nome di Achille 6. Preferenze 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. OSTAGGI Liberate tutti gli ostaggi. Salvate tutte le vite. Distruggete tutte le armi. Salvate l'umanita' altrui e vostra. E' la consegna. 2. AFGHANISTAN. CECILIA STRADA: LE VITTIME CIVILI DELL'"OPERAZIONE ACHILLE" [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 13 marzo 2007. Cecilia Strada, figlia di Gino Strada, impegnata in Emergency, e' giornalista e documentarista] Nella provincia di Helmand e' guerra aperta. A una settimana dall'inizio dell'"Operazione Achille", si contano le vittime civili. Lunedi' sono stati ricoverati nel centro chirurgico della ong Emergency a Lashkargah sei civili, tutti feriti in un raid aereo della Nato nella zona di Grishk. "Vengono dal villaggio di Sarband, che e' stato bombardato la notte tra l'11 e il 12 marzo", racconta a "PeaceReporter" Luca De Simeis, logista di Emergency a Lashkargah. "Erano in casa quando hanno sentito il rumore di un aereo, e dopo pochi istanti la loro casa e' stata colpita da una bomba. Il capo famiglia e il figlio maggiore sono morti nell'esplosione. Altri cinque membri della stessa famiglia sono stati portati nel nostro ospedale. Inayatullah, il figlio di tre anni, e' arrivato in condizioni gravissime e non c'e' stato nulla da fare: le ferite alla testa erano troppo profonde, e' morto poco dopo il ricovero. La madre Gullsina, ventotto anni, e' stata operata per le ferite da scheggia al bacino e ad una gamba e adesso e' fuori pericolo, cosi' come sono stati operati altri tre figli: Marzia, Ishania e il tredicenne Zahir". Ieri l'agenzia di stampa cinese "Xinhua" aveva raccolto la voce di Mira Jan Adil, leader tribale di Grishk, che aveva denunciato la morte di cinque civili uccisi e il ferimento di altri quattro in un raid aereo sulla casa di Hajji Yar Mohammad. * Raid continui L'ufficio stampa della missione Isaf non conferma ne' smentisce le morti di civili, ma si limita a scaricare la responsabilita' sul comando statunitense: "E' un aereo degli americani che ha condotto il raid, dovete chiedere a loro". "Enduring Freedom", che dal 5 ottobre scorso e' passata sotto il comando Nato, "non ha notizie di vittime civili", ma ha assicurato che "stanno investigando". Certo e' che, secondo i bollettini del Comando statunitense, i raid aerei proseguono senza sosta. La scorsa settimana l'aviazione Usa ha effettuato piu' sortite in Afghanistan (330) che in Iraq ("solo" 327): le bombe teleguidate da 227 chili continuano a cadere - sempre su "postazioni nemiche", a leggere i comunicati stampa - nelle zona di Qurya, Garmsir, Sangin, Kajaki, Washir. * Kamikaze Intanto, martedi' mattina, la provincia di Helmand si e' svegliata con due attentati suicidi. A Lashkargah un kamikaze ha colpito un convoglio davanti alla sede del Provincial Reconstruction Team gestito dai soldati inglesi: i militari sono rimasti illesi, mentre un afgano, lavoratore a giornata nella sede del Prt, e' stato ucciso dall'esplosione, che ha causato altri tre feriti - tutti afgani. Solo quindici minuti dopo un altro attentatore suicida si e' fatto saltare in aria davanti al comando della polizia locale, ferendo in modo non grave due poliziotti afgani. Un terzo kamikaze ha colpito a Spin Boldak, nella confinante provincia di Kandahar, a ridosso del confine pachistano: il bilancio provvisorio e' di almeno quattro civili morti, tra cui un ragazzino di quattordici anni. Una tranquilla giornata di guerra. 3. MEMORIA. PRIME ED ULTIME RISULTANZE DI UN'INCHIESTA PRIVATA SULLA STRAGE DI NASSIRIYA [Riproponiamo il seguente testo gia' apparso su questo foglio nel novembre 2003] 1. Queste sono le certe risultanze di un'inchiesta privata sulla strage di Nassiriya. 2. Ci siamo chiesti: sul luogo del delitto chi trasse le vittime e le espose all'agguato? Ci siamo chiesti: quando una strage in una sequenza si colloca di stragi e' leggendo la sequenza che si coglie chi muove i pezzi, li prende e li sacrifica per quale piano, per quali vantaggi. Quale partita si sta giocando qui? Chi usa vite umane come scacchi? Ci siamo chiesti: le vttime di guerra di chi sono vittime? Ci siamo chiesti: la guerra che uccide, chi la scatena, chi ne trae frutto, chi ne gode i profitti irrorati di sangue? 3. Abbiamo voluto ascoltare il coro dei morti. Dei vivi il frastuono non ci ha distratto. Sappiamo che sul luogo del delitto torna poi l'assassino e con le fanfare. Sappiamo che chi fa morire gli altri poi pretende pronunciarne funebre l'elogio. Sappiamo che chi altri fa morire, per cupo lucro, per ideologia bestemmiatrice, per algida ignavia, altri ancora continuera' a far morire se non lo si ferma. 4. E questo abbiamo concluso: quali siano stati i sicari ci e' ignoto, non cosi' i mandanti. E chi abbia mandato i sicari ci e' ignoto, non cosi' chi ha mandato le vittime a morire. E anche questo abbiamo concluso: prima che altri debbano morire quei mandanti possiamo arrestare: da se stessi si sono smascherati ora essi devon essere arrestati. 5. Era illegale mandare italiani in armi nell'Iraq in guerra. Tutti sapevamo che era illegale, sapevamo che era criminale. Perche' si e' permesso al governo e al parlamento di condannare questi innocenti a morte? Perche' il presidente della Repubblica Italiana non ha loro salvato la vita? Era suo dovere, era in suo potere. Morire li ha lasciati. Perche' nessun magistrato ha impedito quel crimine che e' all'origine di questa strage ancora? Era illegale mandare italiani in armi nell'Iraq in guerra. Ora tornano essi nelle casse non piu' vivi, inerti, per sempre privati della luce dei giorni. 6. Perche' non abbiamo saputo salvarli? Perche' non abbiamo voluto salvarli? 7. Questa relazione inviamo alle piu' alte cariche dello stato italiano, poiche' hanno diritto di sapere di cosa li accusiamo. Questa relazione inviamo ancora ai magistrati cui gravoso incombe ed urgente il dovere di perseguire i mandanti italiani a tutti noti della famosa strage di Nassiriya. Questa relazione inviamo inoltre a tante persone amiche e a tante che amiche non sono ma che hanno parimenti il diritto e il dovere di conoscere questi risultati della nostra inchiesta privata, di valutare se meritino ascolto, di decidere cosa sia in capo a loro fare. Questa relazione inviamo infine ai sopravvissuti, e ai colleghi, agli amici, ai familiari delle vittime, il loro dolore tra tante cose dopo la strage avvenute e' l'unica cosa degna, l'unica cosa umana: in quel dolore e in null'altro noi troviamo la nostra patria: la comune umanita'. 4. MATERIALI. UNA INTERVISTA A JEAN BAUDRILLARD DEL 1999 [Dal sito del programma televisivo "Mediamente" (www.mediamente.rai.it), dedicato alle nuove tecnologie della comunicazione, riprendiamo la seguente intervista a Jean Baudrillard - il pensatore francese deceduto alcuni giorni fa - raccolta a Parigi l'11 febbraio 1999. Non c'e' bisogno di aggiungere che Baudrillard richiede di essere letto con adeguata capacita' critica, con ironia e pazienza, gusto del paradosso e consapevolezza del limite; diremmo in una parola: brechtianamente. Seguendone le acuminate indagini e insieme rammemorando sempre quello che e' oltre e intorno. Altrimenti si corre il rischio di dimenticare che gli esseri umani sono anzitutto corpi affamati, doloranti esistenze, mistura di morte e di amore, meraviglia e paura, concreto creaturale esperire e sogno infinito. Jean Baudrillard (Reims, 20 giugno 1929 - Parigi, 6 marzo 2007), sociologo, filosofo, docente universitario, saggista francese; autore di molte pubblicazioni dedicate ai temi della societa' dei consumi e delle forme della comunicazione; acuto indagatore, teorico e critico della postmodernita'. Dal sito del programma televisivo "Mediamente" riprendiamo la seguente scheda: "Nato nel 1929 a Reims in Francia, Jean Baudrillard inizia la sua formazione come germanista, e successivamente ottiene un dottorato in sociologia. Dal 1966 insegna all'universita' di Paris X-Nanterre, e negli anni successivi entra a far parte dell'Institut de recherche sur l'innovation sociale, laboratorio del Centre national de la recherche scientifique. Sociologo brillante, Baudrillard ha consacrato la sua opera all'analisi della societa' contemporanea studiando in particolare la societa' dei consumi: i suoi miti, le sue strutture. Il consumo e' trattato nei suoi lavori come un 'linguaggio sociale', qualcosa che tende ad aumentare i desideri degli individui piuttosto che a soddisfarli. Nel mondo contemporaneo si assiste ad una dematerializzazione della realta' e l'attenzione dell'uomo e' distolta dal mondo naturale e concentrata sulla televisione, sul mondo della comunicazione che e' divenuta un valore assoluto, un obiettivo in se'. I vecchi miti sono stati rimpiazzati e la societa' e', secondo Baudrillard, dominata da una ideologia fondata sull''estasi della comunicazione'. Violenza, miseria, ignoranza non sono affatto scomparse, ma fanno parte di una realta' quotidiana che gli uomini finiscono per non vedere annebbiati da strategie fatali (il volume esce in Francia nel 1983 e viene subito tradotto in italiano) e 'rassicuranti'. Baudrillard ha svolto un'intensa attivita' di traduzione delle opere di Bertolt Brecht". Tra le opere di Jean Baudrillard: Il sistema degli oggetti, Bompiani, Milano 1972, 2003; Per una critica dell'economia politica del segno, Mazzotta, Milano 1972; La societa' dei consumi, Il Mulino, Bologna 1976; Lo scambio simbolico e la morte, Feltrinelli, Milano 1979, 2006; Lo specchio della produzione, Multhipla, Milano 1979; Simulacri e impostura. Bestie, Beaubourg, apparenze e altri oggetti, Cappelli, Bologna 1980; Il partito comunista o i paradisi artificiali del politico, Bertani, Verona 1982; Le strategie fatali, Feltrinelli, Milano 1984; Dimenticare Foucault, Cappelli, Bologna 1985; All'ombra delle maggioranze silenziose, Cappelli, Bologna 1985; Della seduzione, 1985, 1997; La sinistra divina, Feltrinelli, Milano 1986; L'altro visto da se', Costa & Nolan, Genova 1987; L'America, Feltrinelli, Milano 1987; Il sogno della merce, Lupetti, 1987; La sparizione dell'arte, Politi, 1988; La trasparenza del male. Saggio sui fenomeni estremi, SugarCo, Milano 1991; (con Carlo Formenti e Mario Perniola), Guerra virtuale e guerra reale. Riflessioni sul conflitto del Golfo, Mimesis, Milano 1991; Cool memories. Diari 1980-1990, SugarCo, Milano 1991; (con Federica Di Castro), Art & jeans, Charta, 1994; Il sogno della merce, Lupetti, 1995; Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realta'?, Raffaello Cortina Editore, Milano 1996; Illusione, disillusione estetiche. Il complotto dell'arte, Pagine d'arte, 1999; Cyberfilosofie. Fantascienza, antropologia e nuove tecnologie, Mirnesis, Milano 1999; Taccuini 1990-1995, 1999; (con Joseph Kosuth e Paolo Fabbri), Thinking art. The game of rules - Pensare l'arte. Il gioco delle regole, A&M Bookstore, 2000; Lo scambio impossibile, Asterios, Trieste 2000; Lo spirito del terrorismo, Raffaello Cortina Editore, Milano 2002; Parole chiave, Armando, Roma 2002; (con George Caffentzis e Jeremy Brecher), La guerra dei mondi. Scenari d'Occidente dopo le Twin towers, DeriveApprodi, 2002; (con Luc Delahaye), L'autre, Phaidon, 2002; Power inferno. Requiem per le Twin towers. Ipotesi sul terrorismo. La violenza globale, Raffaello Cortina Editore, Milano 2003; (con Jean Nouvel), Architettura e nulla. Oggetti singolari, Electa Mondadori, 2003; E' l'oggetto che vi pensa, Pagine d'arte, 2003; (con Edgar Morin), La violenza del mondo. La situazione dopo l'11 settembre, Ibis, 2004; Violenza del virtuale e realta' integrale, Le Monnier, 2005; Il patto di lucidita' o l'intelligenza del male, Raffaello Cortina Editore, Milano 2006; Patafisica e arte del vedere, Giunti, Firenze 2006] - "Mediamente": L'immersione totale nello schermo e nel computer del soggetto puo' implicare che la realta' possa scomparire in un generico non-luogo? - Jean Baudrillard: Si', certo, la realta' e' gia' scomparsa in certo modo, ma perche' essa, in fin dei conti, non e' mai altro che l'effetto di uno stimolo, di un modello. C'e' un modello di realta', un principio di realta', che e' stato costruito e che si puo' scomporre molto rapidamente. E' in effetti una sorta di costruzione quella che si e' sgretolata sotto la spinta delle tecnologie moderne, delle nuove tecnologie in particolare. Cio' che viene chiamata la realta' virtuale ha senza dubbio un carattere generale e in qualche modo ha assorbito, si e' sostituita alla realta' nella misura in cui nella virtualita' tutto e' il risultato di un intervento, e' oggetto di varie operazioni. Insomma tutto si puo' realizzare di fatto, anche cose che in precedenza si opponevano l'una all'altra: da una parte c'era il mondo reale, e dall'altra l'irrealta', l'immaginario, il sogno, eccetera. Nella dimensione virtuale tutto questo viene assorbito in egual misura, tutto quanto viene realizzato, iper-realizzato. A questo punto la realta' in quanto tale viene a perdere ogni fondamento, davvero si puo' dire che non vi siano piu' riferimenti al mondo reale. E infine tutto vi si trova in qualche modo programmato o promosso dentro una superformula, che e' quella appunto del virtuale, delle tecnologie digitali e di sintesi. Accade effettivamente che a un certo punto il reale ci sta pur sempre di fronte, e noi ci confrontiamo con esso, mentre con il virtuale non ci si confronta. Nel virtuale ci si immerge, ci si tuffa dentro lo schermo. Lo schermo e' un luogo di immersione, ed ovviamente di interattivita', poiche' al suo interno si puo' fare quel che si vuole; ma in esso ci si immerge, non si ha piu' la distanza dello sguardo, della contraddizione che e' propria della realta'. In fondo tutto cio' che esisteva nel reale si situava all'interno di un universo differenziato, mentre quello virtuale e' un universo integrato. Di certo qui le care vecchie contraddizioni fra realta' e immaginazione, vero e falso, e via dicendo, vengono in certo modo sublimate dentro uno spazio di iper-realta' che ingloba tutto, ivi compreso un qualcosa che sembrava essenziale come il rapporto fra soggetto e oggetto. Voglio dire che nella dimensione virtuale non c'e' piu' ne' soggetto ne' oggetto, ma entrambi, in via di principio, sono elementi interattivi. Parlo in termini un po' approssimativi perche' non appartengo completamente a questo mondo, non ne faccio parte, ma in ogni caso posso parlarne nonostante tutto, e mi sembra di vedere determinate cose che succedono al suo interno. In questo universo il soggetto non ha piu' una sua posizione propria, una condizione vera, in quanto soggetto, di un sapere o di un potere o di una storia. C'e' invece un'interazione, che vuol dire in fin dei conti uno svolgimento o un riavvolgimento di tutte le azioni possibili. Nella realta' virtuale tutto e' effettivamente possibile, ma la posizione del soggetto e' pericolosamente minacciata, se non eliminata. * - "Mediamente": Lei sostiene che nel futuro tutto potra' accadere in un mondo che sara' frutto di operazioni vituali e non avra' piu' bisogno di uno spazio reale e simbolico. In che tipo di mondo avranno luogo le cose? - Jean Baudrillard: Non mi e' possibile descriverlo. E' una dimensione di cui in definitiva si ha un presentimento attraverso vari indizi. Non saprei. In termini di spazio non si ha molto di piu' delle fantasie della fantascienza, che pero' offrono immagini di uno spazio fantastico. Tutta la fantascienza ci ha abituato in qualche maniera a concepire altri spazi con coordinate differenti, multi-spazi, e via dicendo. In relazione al tempo questo e' molto piu' difficile da immaginare, ma in ogni modo si ha l'idea di manipolare il tempo reale. In effetti, il tempo virtuale e' il tempo reale e d'altronde e' del tutto paradossale e ambiguo il fatto che si chiami tempo reale il tempo proprio della virtualita', il quale non e' piu' in alcun modo il tempo della realta', quello cioe' che in ogni caso scandisce la durata dello sviluppo fra passato, presente e futuro. Nessuna di queste tre categorie di tempo ha piu' valore: il tempo reale e' l'istantaneita' dell'operazione, e' il tempo stesso dell'operazione, e percio' ciascuna operazione ha in un certo senso un tempo proprio, che pero' non corrisponde piu' a una cronologia. In effetti non c'e' piu' una memoria, non c'e' piu' la possibilita' ne' di prevedere il futuro in funzione dei dati della realta', per l'appunto, ne' tantomeno di contemplare una memoria vivente di cio' che ha avuto luogo, perche' nel tempo reale non esiste piu' la dimensione storica, ne' tutto quanto si svolge nella storia, nel tempo al cui interno esisteva la storia. Tutto cio' non e' piu' reperibile o recuperabile a livello di tempo reale, e questo pone numerosi problemi in quanto proprio ora, alla fine del XX secolo, siamo impegnatissimi a tentare di recuperare tutta la storia del Novecento, di comprendere cosa ne sia stato, e regolare i conti sospesi, fare un bilancio. In effetti non ci si riesce, si cerca di resuscitare tutto ma senza successo, poiche' ormai non siamo piu' nel tempo storico ma in una diversa dimensione temporale: quella del tempo reale, e il tempo reale e' privo di coordinate, per cosi' dire. E dunque probabilmente non e' l'unico, puo' non essere il modello definitivo, e saremo noi a stabilirlo, ma in ogni caso esso rappresenta comunque una rottura del senso del tempo, questo e' certo. In relazione allo spazio si ha l'impressione che esso si moltiplichi nel mondo virtuale, che si abbia la capacita' di abbracciare tutti gli spazi possibili; per quanto riguarda il tempo, al contrario, si percepisce una contrazione straordinaria, la quale fa si' che tutto si riduca all'istante dell'operazione che avviene in quel momento particolare, e che subito dopo non vi sia piu' ricordo. Beninteso, dico questo non per nostalgia di un oggetto perduto, anche se da un punto di vista esistenziale l'abbiamo effettivamente perduto, ma in base a termini dettati da una situazione diversa, del tutto originale, della quale pero' non abbiamo i mezzi per poterne prefigurare compiutamente le conseguenze. * - "Mediamente": Lei ha descritto il mito della caverna di Platone come chiave di interpretazione del conflitto fra reale e virtuale. Ce ne puo' parlare? - Jean Baudrillard: L'immagine di Platone e' diversa in quanto si riferisce alla figura di una nascita, di qualcosa di irreale in quanto ombra di qualcosa, ma tuttavia il mito parla comunque dell'essere. Ci sono ombre che si muovono in circolo e noi non siamo che il riflesso di un'altra sorgente, che esiste altrove, una fonte luminosa dinanzi alla quale pero' si interpone un corpo, e le ombre sfilano. Nel mondo virtuale, invece, direi che non ci sono ne' apparenze ne' essere, non esistono ombre giacche' l'essere e' trasparente, in un certo senso questo e' il dominio della trasparenza totale. Noi siamo percio' come attraversati in qualche modo dai messaggi, dall'informazione, dai megahertz o che so io, da tutto quel che si vuole, poiche' noi stessi siamo trasparenti all'interno della realta' virtuale, non abbiamo piu' un'ombra. La nostra, se si vuole, e' tipicamente l'epoca dell'uomo che ha perduto l'ombra. La famosa frase, "egli ha smarrito la sua ombra", e' una metafora che sta a indicare che abbiamo perso l'opacita', e in fondo l'essere stesso, lo spessore dell'essere, la sua profondita'. Al contempo si e' perduto anche il significato che l'ombra aveva un tempo, vale a dire la negativita', la morte. Del resto e' vero che di fatto ci troviamo dentro un sistema che si prefigge di eliminare la morte, nel quale non ci dovra' piu' essere nulla di negativo, come la fine dell'esistenza e l'ombra. Un sistema totalmente operativo e positivo al cui interno noi saremo tutti trasparenti, comunicativi, interattivi. In questo ambito, percio', non credo ci sia una scena in cui compaiono queste ombre platoniche. Non so in che contesto ne avevo parlato, ma in ogni caso non sussiste alcun rapporto fra le due immagini se non di contrapposizione, non vi sono analogie. * - "Mediamente": Nel suo libro Il delitto perfetto troviamo la ricostruzione di un delitto, ovvero la morte della realta' e lo sterminio delle illusioni ad opera dei media e delle nuove tecnologie. Ci vuole parlare di questo libro? - Jean Baudrillard: E' difficile parlare di un libro o del tema in esso affrontato. A proposito del titolo, si e' trattato in effetti dell'uccisione della realta', e piu' ancora che della realta', a mio parere, delle illusioni. Voglio dire che la perdita piu' grave e' senz'altro quella dell'illusione, vale a dire di una parte diversa del nostro rapporto con l'esistente. Il concetto di realta' e' relativamente recente, contiene un sistema di valori solo da poco consolidatosi. Per contro, mi sembra che l'illusione sia parte integrante dell'organizzazione simbolica del mondo, ed e' percio' assai piu' dinamica. E' l'illusione vitale di cui parla Nietzsche, costituita da apparenze, fantasie, e tutto cio' che puo' essere la forma di una proiezione, come una scena diversa da quella della realta'. E mi pare che essa sia stata completamente eliminata da questa operazione del virtuale che, in parole semplici, io chiamo "delitto" ma che in fondo non e' che una metafora un poco esagerata e forse persino non troppo giusta, nella misura in cui non si tratta in realta' di un crimine o di un assassinio in senso simbolico. Quando Nietzsche diceva "Dio e' morto", ad esempio, intendeva identificare con l'uccisione di Dio una rivoluzione positiva, se cosi' posso esprimermi, mentre nell'altro caso non abbiamo un omicidio ma una eliminazione, una scomparsa, un annullamento, cosa alquanto piu' grave. Quanto all'aggettivo "perfetto", esso denota come il vero delitto, come sto per dire, consista nella perfezione, perche' vuol dire che e' quest'ultima il risultato finale. Questo universo reale, imperfetto e contraddittorio, pieno di negativita', di morte, viene depurato, lo si rende "clean", pulito; lo si riproduce in maniera identica ma dentro una formula perfetta. Cosi' avremo bambini perfetti grazie alla manipolazione genetica, avremo un pensiero perfetto grazie all'intelligenza artificiale, e cosi' via. La perfezione e' dunque questo ideale in certo modo perverso che rappresenta il vero delitto. A mio avviso, insomma, il delitto consiste nella perfezione di questa specie di modello ideale che si vuole sostituire alla realta' e al contempo all'illusione. * - "Mediamente": La sua posizione nei confronti dei media e' estremamente critica: quali sono, a suo avviso, i rischi maggiori per una societa' dell'informazione come la nostra? - Jean Baudrillard: Si', il mio atteggiamento e' di critica, e certamente lo difendo in quanto e' quello sperimentato piu' a lungo nel tempo, e si richiama un po' all'eredita' del pensiero critico; in fondo, tutto il pensiero critico tradizionale non puo' che essere anti-mediatico, non puo' che muovere obiezioni ai media. Anch'io ho formulato una sorta di critica radicale, ma e' ormai talmente nota che non vale la pena tornarci sopra ancora una volta. In qualche modo e' vero che i media fanno il loro lavoro e sono un elemento essenziale nella strategia del delitto perfetto, in un certo modo ne fanno parte: ma questo e' ancora troppo semplice. Io direi invece che la mia e' piuttosto una posizione ironica in rapporto ai media. I media si frappongono in maniera tale fra la realta' e il soggetto, che, mi pare, non ci sono piu' interpretazioni possibili in quanto l'informazione rende l'accadimento incomprensibile. L'evento storico non si sa piu' cosa sia quando passa attraverso i media, in breve si ha una transustanziazione di questo tipo in tutto cio' che i media fanno, cosi' che ne risulta quel che io chiamerei una simulazione, un simulacro, e percio' non esiste piu' ne' il vero ne' il falso: non si sa piu' quale sia il principio della verita'. Questo e' certamente un dato importante; ma infine, c'e' davvero bisogno della verita'? In fin dei conti, l'obiettivo dei media non e' stato forse di eliminare effettivamente il principio morale e filosofico della verita', per installare al suo posto una realta' completamente ingiudicabile, una situazione di incertezza che, se si vuole, puo' ben essere immorale e difficile da sopportare, ma che in certo modo e' ironica? Se guardiamo alla cosa con ironia, scopriamo che i media si sono dedicati a smontare questo principio di verita', autorita' e certezza che rappresenta del resto, bisogna dire, il fondamento di tutta una civilta' dal carattere autoritario e moralmente rigoroso. Dunque i media svolgono anche questa funzione di scomposizione, e si possono interpretare nell'altro senso. Allo stesso modo tutta la tecnica in generale, non solo i media, ma gli strumenti tecnici, le macchine, eccetera, sono in certo senso anch'essi dei mezzi per togliere realta' al mondo, e inoltre, come ho detto, per instaurare una sorta di incertezza, di gioco, e finalmente di amoralita' delle cose. E forse in tal modo essi ci liberano dal dovere di attenerci ai principi di verita', di obiettivita', e di tutti i principi su cui e' fondata la nostra morale. Tutto questo, evidentemente, e' per noi destabilizzante, non c'e' alcun dubbio, ma e' sempre la stessa storia: da una parte si perde, in misura enorme, ma se si sa affrontare la situazione in una certa prospettiva si puo' pervenire a un'interpretazione ironica, nel senso che l'ironia puo' ispirare una visuale totalmente relativizzata e destabilizzata. Si puo' perdere, certamente, ma forse si possono anche trovare nuove regole per giocare. Sono percio' radicalmente critico contro i media nel quadro del sistema dei valori umanistici, ossia quello che noi conosciamo e che e' nostro: a questo livello bisogna essere assolutamente critici e addirittura spietati. Se pero' si affronta la questione diversamente, e ci si pone al di la' della fine, al di la' di quel principio, in un eventuale altro universo, allora non si puo' dire: puo' darsi che i media, la tecnica, eccetera non siano che operatori di qualcosa che non so descrivere, di un gioco, di ironia, non so. * - "Mediamente": Qual e', se c'e', a suo avviso, la vera seduzione di Internet? - Jean Baudrillard: La seduzione? Beh, io non ho mai parlato di seduzione a proposito di Internet, e mi stupirei se l'avessi fatto. A mio parere non ve n'e' traccia, in alcun modo, poiche' la seduzione in ogni caso suppone appunto una relazione, un rapporto a due; quale che ne sia il carattere la seduzione esiste sempre all'interno di uno scambio duale. In Internet, al limite, c'e' un'interazione, che non e' in alcun modo una relazione duale poiche' non e' fondata sull'alterita', e non e' nemmeno una relazione di confronto, di sfida, eccetera. Abbiamo invece un rapporto di immersione, di interazione: la' dentro non esiste seduzione, al massimo si produce, evidentemente a livello collettivo, una reazione di fascinazione, ma come avviene al cospetto di un universo feticcio, di un oggetto d'adorazione. Non dico questo per negare [questa realta'], anche se e' vero che non vi partecipo, non le appartengo, e in un certo senso sono dunque un cattivo giudice e parlo per partito preso; ma quel che mi sembra chiarissimo e' che per esserci una seduzione bisogna che ci sia una scena della seduzione, e dei veri attori, non semplicemente degli interattivi, ma attori che mettano in gioco la propria identita' al fine della seduzione. Sia nella seduzione amorosa che di altro genere, artistico, estetico, o altro, si verifica una messa in gioco dell'identita', e persino una perdita dell'identita' ma nel contesto di un rapporto duale. Poi esiste un piacere della seduzione che non ha nulla a che vedere con il fascino dello schermo e dell'operazione su Internet. Percio' no, farei una distinzione completa fra le due cose, e certamente non ho mai parlato di seduzione a proposito di Internet, non e' proprio possibile. C'e' semmai una relazione di attrazione, e questo e' evidente, la cosiddetta fascinazione collettiva, questo puo' essere. Ma e' di nuovo il discorso di prima, occorre trasferirsi sul piano dell'ironia e dirsi: "Tutto questo non e' forse un'altra scena su cui noi rappresentiamo la commedia di Internet e di tutto il mondo virtuale, della cibernetica, eccetera?". A livello collettivo forse anche questo e' soltanto un grande gioco, che non occorre necessariamente prendere del tutto sul serio, cosi' come ogni giorno si da' la commedia della politica e di un mucchio di altre cose. Ebbene, esiste una scena della politica, la quale pero' e' ormai diventata l'ambientazione di un teatro se non comico, almeno, in ogni caso, molto meno drammatico, senza dubbio. Internet e' nuovo, originale se si vuole, ma come dico, ne esiste gia' una replica nei media. Internet stesso si trova gia' sdoppiato nel commento mediatico che se ne fa e nel suo consumo globale, e pertanto Internet stesso non e' gia' piu' Internet, ma e' stato attirato nel sistema della simulazione, e in fondo e' gia' stato trasformato. Si entra nella cultura del Web, del Net, e al contempo si e' gia' nell'iper-realta' di queste stesse entita', perche' in quel senso non ci si ferma, ed e' un bene: voglio dire che altrimenti si potrebbe credere che Internet sia la rivoluzione tecnica, l'ultima, quella definitiva, e si potrebbe pensare "Siamo arrivati, ci siamo, questo e' veramente il progresso assoluto, e si e' completato". Ebbene, questo sarebbe la morte, in un certo senso, ma fortunatamente Internet sta ridiventando l'oggetto di un gioco, e in fin dei conti si consuma un po' al modo in cui certe persone pagano per un telefonino cellulare solo per far vedere di averlo. Possono essere milioni le persone che si comportano cosi', si puo' creare in tal modo una nuova cultura, un nuovo ambiente, ma nonostante tutto bisogna stare bene attenti a non prendere troppo sul serio l'idea che i fondamenti dell'uomo e della sua civilta' saranno rivoluzionati da una tecnica, qualunque essa sia, anche Internet. * - "Mediamente": Come pensa sia mutato il nostro rapporto con la realta' in seguito all'accelerazione del progresso tecnologico nel corso di questi ultimi anni? - Jean Baudrillard: Certamente il rapporto con la realta' e' cambiato, ma c'era dunque una realta'? Bisogna anzitutto pensare a questo problema, bisogna credere alla realta' perche' il rapporto con essa si trasformi. Io non sono sicuro, non lo sono mai stato, che si sia veramente creduto alla realta'. La realta' esiste, ma non le si crede: un po' come con Dio, nel senso che potrei dire che esiste ma non ci credo. In qualche modo si e' creato un rapporto al contempo da credente e da incredulo. Questo ovviamente accade piu' velocemente con le nuove tecnologie, perche' si va sempre piu' lontano, al cospetto di questa specie di proliferazione dell'informazione, e si diventa via via piu' scettici. La gente non crede piu' a nulla; in certo modo neppure alla politica, non piu'. In effetti, se si vuol prendere sul serio la realta', almeno nelle apparenze con cui essa ci appare, si scopre di essere ormai sempre piu' lontani, e' evidente. A questo punto, percio', il vero problema e' sapere dove si arrivera', data l'accelerazione con cui si sviluppano quelle tecnologie: perche' e' vero che questo progresso vorticoso c'e' stato nel corso degli ultimi anni, diciamo nell'ultimo ventennio, ma del resto tutte queste cose venivano gia' osservate e analizzate fin dagli anni Sessanta, e dunque di tempo ne e' passato parecchio. Ora pero' si sta verificando una tale accelerazione che ci si domanda in effetti se non stia prendendo forma una configurazione tipica del caos, vale a dire un'accelerazione e una turbolenza tali che non si sa fin dove si andra' avanti e a quale termine si arrivera' naturalmente, con grande rapidita', come a un muro, o a qualcosa di simile al crollo totale della realta'. Possono verificarsi incidenti collettivi? E' probabile, e a tale proposito sara' interessante vedere come una simile catastrofe stia per verificarsi, ad esempio, in occasione dell'anno 2000 con il Bug dei computer. Sara' un evento paradossale: dobbiamo francamente riconoscere l'ironia fantastica, feroce del fatto che invece di presagire la fine del mondo come nell'anno mille, la nostra catastrofe sara' di natura virtuale, e saremo noi ad averla messa in atto per mezzo della nostra tecnica. Seguendo questo esempio possiamo pensare che ugualmente ci aspetta, e a breve scadenza, una forma di implosione collettiva di queste tecniche e tecnologie: ce ne sono le tracce, gia' se ne vedono prefigurazioni nei crack finanziari e delle borse, e lo si vede bene in relazione a certi frammenti del sistema, frammenti interi che possono cadere d'un sol colpo. Ma allo stesso tempo si gioca con l'idea di farsi paura in questo modo: io credo che sia difficile fare previsioni per la ragione detta poc'anzi, ossia che ci troviamo nel tempo reale, e che non siamo in grado di formulare alcuna prefigurazione di quanto accadra' fra dieci anni, questo non e' possibile, dobbiamo fermarci qui. * - "Mediamente": Allora e' vero che si ha paura del "bug del millennio", o no? - Jean Baudrillard: Si', in fondo c'e' anche questo timore, ma e' al contempo come una fascinazione, sicche' allo stesso tempo si ha paura e ci si dice: "Si', mi piacerebbe proprio che accadesse qualcosa nella realta'". Stranamente, infatti, siamo in un mondo che ha una sovrabbondanza di accadimenti e di informazione, eppure si ha l'impressione che non accada piu' nulla ormai, e percio' si va alla ricerca addirittura di un evento totale, di qualcosa che possa fungere da principio di catarsi. E cosi' la scadenza simbolica del millennio serve precisamente a cristallizzare questa ricerca dell'immaginario. Ora, in presenza di una forte cristallizzazione si producono effetti estremamente positivi ed estremamente negativi. Si ha quindi una specie di speranza nell'anno 2000, l'idea che si riazzereranno tutti i computer, che si laveranno i panni di tutto il XX secolo cosi' pieno di violenza, guerre, eccetera, e che si ricomincera' daccapo con una forma di innocenza collettiva. Questa speranza esiste, ma al contempo si affianca a una speranza inversa, credo, ossia non proprio che tutto sprofondi ma che si verifichi un vero disastro, un incidente non so bene di che natura, il quale dia vita a un evento davvero determinante e decisivo. Ecco dunque che tutti gli avvenimenti con i quali si ha a che fare in questa fine secolo sono in fin dei conti dei grandi pseudo-eventi, delle grandi produzioni mondiali, che si tratti di Diana, di Clinton o di altro. In realta' non sono fatti, ma specie di scenari per un consumo di massa, non semplici eventi. Insomma, non saprei dire cosa la gente speri: al contempo ci si aspetta il peggio e il meglio, ed e' una fortuna, perche' vuol dire che c'e' ancora spazio per l'immaginario. * - "Mediamente": Lei ha affermato che la societa' attuale vorrebbe sopprimere l'idea stessa di morte. Cosa rappresenta allora la clonazione? - Jean Baudrillard: Rappresenta una modalita' di questa immortalita' artificiale, se si vuole, una via per passare al di la' della morte, al fine di non subire piu' il triste destino degli esseri viventi, vale a dire sessuati e mortali, per arrivare a trovare un sostituto totale persino dell'esser morti. Ci possiamo riprodurre in maniera identica a quel che siamo e indefinitamente, sicche' finalmente abbiamo ritrovato l'immortalita' degli esseri protozoici, degli organismi anteriori alla riproduzione sessuata, dei tempi della riproduzione per replica identica. Questa e' dunque una forma di immortalita', e non c'e' piu' la morte individuale, al suo posto abbiamo un'impresa tecnica, la quale puo' persino divenire immaginaria. Non so bene quale dei due termini venga prima, se sia la tecnica a trascinare l'immaginario o viceversa, l'immaginario a indirizzare la tecnica; ma l'idea di espellere la morte, di eliminarla dall'ambito della vita, e infine di mantenere della vita nient'altro che i lati positivi, cancellando tutti quelli negativi, tutto questo e' gia' presente, voglio dir e, nell'idea, nella proiezione fantastica. Cosi' questa idea si materializza poi nelle tecniche, che diventeranno quel che diventeranno, ma che certo, necessariamente verranno impiegate in pratica: questo e' evidente, perche' l'attrazione e' troppo forte, e anche se comitati etici e via dicendo si mettono in moto, l'attrazione collettiva e' irresistibile. Dunque succedera', si tentera' di eliminare davvero la morte, quella individuale: e' di essa che parlo, perche' della morte in quanto tale restera' comunque il fantasma, uno spettro che attraversa le varie epoche, e' vecchio come il mondo, e appartiene alla nostra civilta' in quanto essa e' stata la prima a dotarsi dei mezzi tecnici per tentare di realizzare la morte. Finche' un fantasma resta fantasma, bene, fa parte dell'immaginario, ma quando d'un tratto si hanno gli strumenti per farlo divenire realta', allora il pericolo e' massimo, direi, proprio in quel momento perche' davvero si rischia di riscontrare come questo fantasma sia egli stesso mortale, nel senso peggiore del termine. Cio' puo' significare in effetti nientemeno che la scomparsa della specie, ma tale e' la posta in gioco. * - "Mediamente": L'industrializzazione della clonazione rappresenta anche l'industrializzazione dell'uomo, e questa e' una lunga storia. - Jean Baudrillard: Eh si', e' una vecchia storia. In sostanza, in passato l'industrializzazione e' avvenuta in termini piuttosto di forza produttiva e in relazione al lavoro, e la si sfruttava in quel senso. Ma ora, in effetti, si avra' lo sfruttamento di qualcosa di molto piu' profondo, ossia dell'idea di non morire, di perpetuarsi, insomma l'idea dell'eternita', dell'immortalita', e di tutto cio' che elevava a una sorta di trascendenza seppure inaccessibile e puramente ideale, in tale ambito. Tutto quanto era ideale e trascendente si tenta ora di renderlo operativo industrialmente, non e' vero? Percio' la questione assume nel suo complesso anche una rilevanza economica, ma ci sono aspetti che definirei del tutto simbolici, anche se non oso pronunciare troppo questa parola, ma insomma si', persino simbolici, e quelli sono sicuramente i piu' profondi. Ad ogni modo, le due cose forse procedono di pari passo. * - "Mediamente": Da tutto cio' discende una nuova morale? - Jean Baudrillard: Io credo di no. In definitiva, ogni tentativo di opporsi a questo processo, di ricreare, trovare un suo senso etico, oppure di realizzare una sua regolamentazione etica mi sembra sia destinato alla sconfitta. Non vedo la minima possibilita' di recuperare una morale a misura di questo nuovo fenomeno, perche' la morale in fondo presuppone un'essenza dell'uomo in quanto tale, un principio - come dire? - di liberta', di responsabilita', eccetera. L'individuo con la propria liberta', in rapporto con la dimensione sociale, e via discorrendo - tutti questi elementi sono stati largamente marginalizzati nel contesto di questa nuova impresa. Non vedo piu' una morale, ma non trovo che questo debba condurre alla disperazione. Questa impresa e' davvero fondamentalmente amorale, e non penso che alcun comitato etico possa farci nulla. Del resto si vede bene come tutti questi comitati siano immediatamente e a priori votati alla sconfitta, ma si continuera' a crearne in quanto bisogna salvaguardare la finzione di una morale: occorre che nonostante tutto questa societa' si rifletta in una qualche specie di specchio morale e filosofico, perche' non puo' dedicarsi moralmente a un'impresa di quel genere, ma deve contemplare un'immagine simile a se stessa, nutrire - starei per dire - una qualche specie di nostalgia per un sistema di valori. Ma tale sistema di valori viene spazzato via da questa impresa scientifica, o forse para-scientifica. Non posso giudicare il principio scientifico di questa storia, ne' la natura oggettiva delle cose. Ma in termini di conseguenze e' vero che soprattutto l'universo morale, filosofico, ma anche quello sociale si trovino in grave ritardo. 5. LE ULTIME COSE. NEL NOME DI ACHILLE "Non c'e' un al di la' dello specchio, l'orribile immagine del terrorista, che la levigata lastra fedele ti rimanda, signore, e' la tua immagine" (Dalle Prediche del pio barbiere al visir eccellentissimo di questa antica citta' di Samarcanda) Col nome di Achille la bestia assassina chiamano le stragi che vanno menando in terra afgana i nostri eroi assassini. La guerra assassina pretendono chiamare pacificazione, "missione di pace". Governi assassini, parlamenti assassini. Sale dirotto al cielo un pianto infinito. 6. LE ULTIME COSE. PREFERENZE "Non facciamo poesia", disse allora il ministro irritato (e sogghignante: quando lorsignori si irritano sogghignano sempre, chissa' perche'). "Signore, so bene che lei preferisce i bombardamenti", rispose il nostro Annibale Scarpante. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 28 del 14 marzo 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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